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Rakuen

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Shinodari
view post Posted on 12/9/2012, 06:25 by: Shinodari
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Suzushikei
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Dalle nebbie del passato...

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Dalle Cronache
dell'Angelo dal Cuore di Tenebra


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Viaggio in Occidente


Devi proprio andare?

In un altro tempo, in un altro luogo, quella frase sarebbe stata collocata in un contesto melodrammatico fatto di addii, lacrime e promesse che non sarebbero state mai mantenute.
Ma a Taanach ogni sentimentalismo era stato strappato dalle nostre vite qualche tempo prima, per cui le parole appena pronunciate da Mariha, erano suonate atone: una constatazione, più che una vera domanda.
Quei sensi di colpa che mi avevano straziato per giorni per aver reso la bambina orfana dei suoi compagni di giochi, unica testimone di cosa significasse perdere a scacchi quando la posta in gioco era la propria anima, erano ormai scomparsi. Non c'era stata una vera ragione: una mattina mi ero svegliato con il cuore più leggero e il mondo era tornato ad assumere la giusta prospettiva.
Dovevo riprendere ancora una volta in mano la mia vita, ricrearmi un'identità, riscoprire il mio posto in un mondo che non aveva tempo per attendere chi si fossilizzava a piangere su se stesso.
Dovevo tornare a percorrere la mia strada e, per quanto fosse impietoso il solo pensiero, Mariha non poteva farne parte.
Non replicai alle sue parole, concedendomi un sorriso forzato, lasciando che la mano si sollevasse in un cenno di saluto, volgendole le spalle, conscio che da quel momento in poi la bambina se la sarebbe dovuta cavare da sola in quel labirinto di strade malfamate.
Già, un gesto egoistico, bastardo, privo di ogni pietà per colei che mi aveva teso la mano dopo quel giorno, ma era l'unico dono che in tutta onestà potessi farle: non legare per nessuna ragione il suo destino al mio.

Il mio viaggio verso Occidente, un nome adatto al capitolo di quella nuova esistenza, che mi era stata concessa.
I mesi si erano sostituiti ai giorni e il tempo era stato alquanto inclemente, non dandomi tregua, non permettendomi neanche per un istante di abbassare la guardia.
Avevo combattuto le mie battaglie per reinventarmi, sostituendo la mia perdita con altre abilità, convertendo le mie arti arcane in una nuova forma grazie allo studio di antiche pergamene.

Fu proprio durante le ultime fasi di questo cammino, che cominciarono a giungere alle mie orecchie voci che descrivevano scenari degni dalle visioni di un folle.
Appresi di lande un tempo fertili, che ora potevano rivaleggiare con le zone più aride ed inospitali del Plakard; di villaggi misteriosamente scomparsi dal flusso del tempo...
L'inspiegabile aveva quel suo particolare fascino in grado di ingigantire anche l'aspetto più mondano di quanto, probabilmente, stava realmente accadendo nei territori occidentali.
Per quanto ogni storia, anche la più fantasiosa, avesse il suo fondo di verità, veniva più realistico incolpare un gruppo di banditi, ritenuti responsabili di atti efferati nei confronti di innocenti. E sembrava che qualcosa si stesse smuovendo per tentare di arginare questa piaga.
Non era la mia battaglia, ma non potei fare a meno di inciampare in quelle prime avvisaglie quando ebbi la malaugurata idea di dirigermi alla volta di Waulsort, una cittadina dispersa da qualche parte nel Veinn, l'ideale per fare il punto della situazione riguardo i miei progetti futuri.

Avevo scelto quella località per via della sua nomea, se così possiamo definirla: "Un pacifico buco di appena un centinaio di anime, lontano dalle zone più problematiche, dove il pericolo più grave era causato da periodici straripamenti, che sembravano intaccare solo il surplus delle coltivazioni di grano."
Non mi sarei stupito se si fosse trattato di gente sempliciotta, facilmente manipolabile. Non che mi importasse al momento; avevo ben altre priorità, che consistevano in un pasto caldo e un letto comodo. D'accordo mi sarei accontentato anche di una stuoia buttata sul pavimento, purché non infestata da altri abitatori.
Per cui quando giunsi in città al calar della notte, rimasi alquanto interdetto nel ritrovarmi immerso nel baccano più assoluto, provocato da gruppi eterogenei di persone che avevano tutto l'aspetto di mercenari, soldati, uomini di ventura e quant'altro potesse distruggere la mia sospirata idea di un luogo tranquillo, dove l'unico mio problema sarebbe stato quello di rischiare di morire di noia.
D'altra parte non è che avessi molte scelte al riguardo: o cercavo fortuna all'interno della locanda, presumibilmente strapiena fino all'inverosimile viste le premesse, o dovevo fare i conti con la prospettiva di passare una notte all'addiaccio. Quest'ultima ipotesi non mi allettava minimamente.

Una volta varcata la soglia, mi concessi qualche istante per abituarmi all'assalto di quel miscuglio incontrollato di odori e suoni che permeavano la sala comune. Mi accomodai su una sedia di legno che aveva visto tempi migliori, prendendo posto attorno ad uno dei tavoli di fortuna, aggiunti nel tentativo di arginare quel fiume di persone che aveva inondato il locale.

Ordinai una zuppa di verdure, non che ci fosse molta scelta al riguardo, e durante l'attesa lasciai vagare lo sguardo all'interno della sala, sorseggiando distrattamente il mio boccale di birra, recuperato dal bancone, soffermandomi in maniera discreta su quegli avventori che avevano attirato la mia attenzione. Il primo, uno sconosciuto, che risaltava tra la folla per la sua audacia nell'indossare una sopravveste ornata con piume di struzzo, creando una nota dissonante con la maggior parte dei presenti; il secondo, un gruppo di uomini che stavano cantando una ballata, dal ritmo incisivo, trascinante, al suono di uno strumento a fiato, una sorta di sacca di pelle da cui partivano delle canne, che non mi era capitato di vedere prima di allora.

Una persona sensata a questo punto avrebbe cercato di ottenere delle informazioni, ma al momento quello a cui ero veramente interessato era di godermi la mia maledetta cena.

Peccato che, dopo il brindisi in onore della "Regina d'Oriente", la mia pietanza avesse perso ogni sapore.
Non che avessi nulla contro sua Maestosità, neanche la conoscevo, ma cominciavo a percepire quella tipica sensazione, a volte chiamata "paranoia", di quando ci si ritrova nel mezzo di una sfortunata congiunzione astrale, che ha la tendenza ad innescare una catena di eventi dai risultati non propriamente piacevoli.
E non ci voleva molto a capire che quel buco di cento anime avesse improvvisamente smarrito il proprio anonimato a favore di... Già, a favore di cosa?


~Narrato ~Mariha

 
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