Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Rakuen

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Yomi
view post Posted on 6/9/2012, 21:35





Territori Occidentali
— Catena montuosa a nord di Parris —

Cattura-133

« Shinmei-ryuu... »
Impugnò Shisui con un gesto ampio, facendo stridere l'acciaio della spada contro il suo fodero.
« Hyakuretsu Ōkazan »
Una colonna di luce sorse dalla terra, irrompendo nelle sale di roccia polverizzando un'area immane di pietra come l'ascesa di una divinità vendicativa. Dalla distante città di Parris in molti videro stagliarsi contro il cielo notturno l'immane scarica di energia, e per un lungo attimo le montagne si illuminarono a giorno. Nella tana del grande drago Skarbrand, in mezzo a quel fiume di sfolgorii danzarono dozzine di lame di luce, che trapassarono le carni della belva, fra i muggiti di dolore e odio che fecero tremare le pareti, simili ad un terremoto capace di abbattere una città. Ferita e sanguinante, la belva arretrò urlando, mentre la Sesshoseki incastonata nella sua fronte brillava di luce rossa pulsando ed emanando miasma oscuro, tanto denso da essere visibile come una nebbia sporca.
« Prendi la pietra, Rurio! »

asdfsda

Ci fu un tuono metallico, ed il colossale spirito calò la spada sul cranio del mostro, conficcandosi nelle spesse ossa come l'ascia del tagliaboschi sul tronco di una quercia secolare, senza ottenere altro risultato nel mostro se non ulteriore furore. Ne seguì un corpo a corpo titanico, in cui il grande drago Skarbrand si gettò a più riprese contro l'inamovibile spettro metallico, infrangendosi a più riprese su di esso finché, in un atto di forza supremo, lo spirito protettore non lo gettò a terra strappandogli dal suo incavo la Pietra dell'Uccisione, causandogli uno shock tale da ridurlo privo di sensi. La battaglia non era durata più di pochi attimi, devastando la tana del rettile e seppellendone per sempre i tesori accumulati in anni di razzie.

« ... e avresti dovuto stare più attento! »
Ringhiò la donna quando le polveri finalmente calarono sulla scena, per poi chinarsi a raccogliere la Sesshoseki.
« Ci speravo, in quell'oro!!! »
La sagoma che si stagliava là dove si ergeva il fiero titano di metallo era quella di un uomo corpulento, di statura massiccia e dal volto tatuato. Lo spettrale bagliore della sua sagoma e l'evanescenza spettrale ne denunciavano la natura.
« Fammi capire: mi hai detto di recuperare dalle fauci di un drago la fottuta pietra e dovevo anche stare attento a non smuovere qualche sasso? »
Risentito, Rurio rivolse alla sua padrona uno sguardo feroce, che però non venne affatto ricambiato da quest'ultima, che invece -ignorandolo- stava prendendo a calci una terza sagoma distesa poco distante: un giovane mezzo morto fra le macerie che nel giro di pochi istanti aveva preso abbastanza mazzate da averne per tutto il resto della sua vita -ed oltre, se mai gli fosse capitato di diventare uno spettro.

« Non mi riferivo a te! »
Rispose acida la Shinmei, mentre afferrava la carcassa del poveretto per il bavero e lo sollevava in malomodo;
« Stavo parlando con questo idiota!!! E' stato lui a tirare giù mezza caverna seppellendo il tesoro!!! »
Lo scosse malamente, accanendosi su di lui fino a costringerlo a riprendersi.
« Sveglia, Hyakkimaru di Shinaka!!! La tua padrona è furiosa con te e tu osi rimanere svenuto!!! Dovresti vergognarti di esistere!!! »

« Ehi... »
Rurio indicò la sagoma grottesca del drago, che giaceva riversa in un lago di sangue.
« Questo qua è ancora vivo. »
Gli poggiò un piede sul cranio con aria arrogante, su di una scaglia che non era stata martoriata dalla sua spada o da quella della sua padrona.
« Ne hai di forza, vecchio. »

« Ormai ha smesso di essere una semplice bestia. E' stato posseduto e corrotto da un frammento della Sesshoseki, la Pietra dell'Uccisione. Se lo uccidiamo, diventerà uno spirito maligno e tornerà in un'altra forma a tormentare i vivi... »
Rinfoderò la spada e prese dei sigilli, che appose sulla fronte della belva.
« Dovrò sigillarlo. Manderò un messaggio al Protettore d'Oriente affinché invii delle sacerdotesse in questo posto, per costruirci un tempio. La pietra, invece, la consegneremo al Re di questi luoghi... »

« Dovremmo riportarla... »
Ridotto malissimo dalla colluttazione con il drago, Hyakkimaru si rese conto di aver pensato a voce alta, un brutto errore considerando che il suo pensiero
andava a contraddire quello della donna degli Shinmei.
« Dicevo... » balbettò sentendo su di se lo sguardo implacabile di lei, « Dovremmo... insomma, la Sesshoseki... gli occidentali non sanno
quanto è pericolosa, rischiamo... di causare qualche guaio in futuro. No...?
»
Karin Aoyama lo guardò in tralice, poi sospirò rispondendo in tono piccato:

« questa Pietra dell'Uccisione è sotto la responsabilità degli Aoyama. Se tornassi a Kyoto per riconsegnarla, la mia famiglia mi costringerebbe a restare per ereditare il casato. Io però voglio viaggiare ancora un po', ci sono ancora un sacco di cose che voglio fare. »
E aggiunse, sorridendo:

Cattura2-36

« e poi sono sicura che se questa pietra dovesse causare qualche noia, qualche stronzo che sistema le cose lo si trova. »
O nel peggiore dei casi ci crepa qualcuno, poco male.

 
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Lenny.
view post Posted on 6/9/2012, 21:36




Rakuen ~ Prologo


« Manca ancora molto?»
Non c'era altra luce che quella delle stelle. Non c'era altro suono che quello delle loro scarpe sulla terra battuta, e quello dei loro respiri lunghi e affannati per la salita.Se glielo avessero chiesto, Oscar avrebbe risposto che la sua vita sarebbe andata avanti così per sempre. Aveva tredici anni, Oscar, e da circa un terzo della sua vita amava fuggire. Andarsene via, scappare, fuggire insomma, anche se solo per una notte, dalla sua piccola e triste casa del suo piccolo e triste paesino di montagna delle Terre dell'Ovest. Una notte ogni sette notti, in fondo non era troppo, più che sufficiente per nutrire in lui l'illusione di allontanarsi davvero -anche se solo per poco- dalla noiosissima vita del villaggio dei grandi. Una notte ogni sette notti Oscar scavalcava la finestrella di camera sua, camminava a passo felpato tra le straducole polverose, e poi via, sino al monte boscoso alle cui pendici sorgeva il triste villaggio. E lì, sulla cima del monte, Oscar amava contemplare il paesaggio che lo circondava, dormire sul soffice manto dell'erba, studiare l'unghia di luna che tra le nubi faceva capolino, come a volerlo salutare. Ma più di tutto amava stare da solo, finalmente lontano dal mondo dei grandi.

« Allora Oscar, manca ancora molto?»

Ma quella notte avvenne il punto di rottura. Per la prima volta nella sua vita, Oscar aveva portato con sé qualcuno sulla cima del monte. Elisabeth, la figlia del falegname del paese, aveva lunghi capelli ricci color del grano estivo, labbra sottili, occhi nocciola e un viso rotondetto. Non era brutta. Gli era piaciuta sin dal primo istante in cui si erano incontrati. Erano vicini di casa, e fino a quel momento il loro era stato un rapporto fatto di saluti, banali chiacchiericci e ancora saluti. Sino a quando Oscar si era fatto coraggio e, quella stessa mattina, aveva invitato l'amica a seguirlo in un posto segreto. Appuntamento a mezzanotte alle porte del villaggio, tutto qui. Oscar sapeva di essere un ragazzo piacente: perché mai Elizabeth avrebbe dovuto rifiutarlo?

« Tranquilla Eli, siamo quasi arrivati. Vedrai quanto è bello lassù!»

La confortò spavaldo, avanzando tra le frasche. Elizabeth non si mosse di un millimetro. Teneva le labbra socchiuse, sembravano la preistoria di un sorriso. E un'ochiata torva e sospettosa bastò a cancellare l'allegria dal viso di Oscar.

« Devo essere proprio matta, per essermi fatta convincere. Se mio padre scopre che adesso mi trovo qui, a quest'ora, si arrabbierà un sacco. E non solo con me.»

« Questo se tuo padre lo scopre. Io di certo non glielo dirò.»

« Si, certo.» Sbuffò, contrariata. « Non è solo lui a preoccuparmi. Tu non hai paura dei lupi?»

« Naaah.» Oscar fece un gesto vago con la mano, come a voler scacciare l'idea dei lupi. Ovviamente sapeva bene che non ce n'erano da quelle parti, anche se evitò accuratamente di esternare quel dettaglio alla compagna. « Stai tranquilla, semmai loro hanno paura di me.»
E ammiccò con fare complice.
« Come ho fatto a non capirlo prima. » Lo canzonò lei, di rimando. «Proprio non so perché ti ho seguito fin qui. »
Stasi.
Una breve pausa silenziosa, accuratamente studiata dal ragazzo.
« Sicura di non saperlo?»
Elizabeth non rispose. Un improvviso avvampare delle sue paffute guanciotte fu per Oscar una risposta più che eloquente. Perché infondo lui sapeva bene che quella era la notte giusta per combinare, sopra quel monte, una storia di cui presto si sarebbe vantato con i suoi amici.

Ma c'era qualcosa che non andava, sulla montagna. Qualcosa di strano, qualcosa di assolutamente non familiare. Oscar se ne accorse solo in quell'istante: una frangia di rocce nere come la notte sorgeva dal bosco, dritte o inclinate, lunghe pietre levigate che spiccavano contro le stelle, simili a enormi artigli spezzati. Oscar strizzò gli occhi, sforzandosi di vedere meglio. No, non erano affatto rocce. Erano mura, quelle. Alte mura appartenenti a un castello, una fortezza che Oscar, ne era più che certo, sulla sua montagna non erano mai state presenti.

« E quelle cosa sono? Non sapevo che qualcuno abitasse quassù.»
Lo anticipò Elizabeth, col timbro strillante e acuto di una bambina spaventata. Non lo sapevo neanche io, pensò Oscar. Di notte, da sola assieme a un ragazzo conosciuto appena tre giorni prima, la cosa era più che comprensibile. E più che convenevole per lui, che di certo ne avrebbe approfittato per dimostrarsi più che mai eroico e coraggioso ai suoi occhi. Inghiottì duro per nascondere il suo personale timore, e afferrò dolcemente la ragazza per mano.
« Ehi, è proprio quello il posto di cui ti ho parlato. Dai, seguimi.»

Per lunga parte del cammino i ragazzi di dovettero insinuare tra rocce scoperte e la boscosità lussureggiante. C'erano delle piccole pareti da scalare, altre da aggirare sugli orli, lunghi tratti sui quali bisognava adoperare tanto le mani quanto i piedi. Nulla che Oscar non conoscesse bene come le sue tasche, dopotutto. Solo quando arrivarono abbastanza vicino da poter scorgere l'intera fortezza Oscar si pentì della sua temeraria iniziativa. Il suolo sotto di essa era ricoperto di erbacce: dappertutto c'erano alberi caduti, frutti marci e germorgli di rovi dissestati, rovine che, Oscar avrebbe potuto giurarlo, l'ultima volta che era salito sulla montagna non c'erano -proprio come la fortezza- come se, in un certo senso, questa si fosse spostata sino lì. Una costruzione irregolare, minacciosa, assolutamente brutta da vedere. Oscar ne studiò accuratamente l'intera estensione: mura, torrioni, bastioni, pilastri, tetti...non sapeva neanche distinguerli gli uni dagli altri, ma una ambigua impressione gli fece credere, in quel momento, che quel gigante di pietra lo stesse osservando. Un titanico mostro che si perdeva nelle ombre della notte, svegliato da due fastidiosi moscerini.

« Questo..tutto questo non dovrebbe trovarsi qui.»

Fu tutto ciò che riuscì a sussurrare Elizabeth, con gli occhi rivolti al castello, sì tanto sconvolta che abbandonò la presa dalla mano di Oscar senza neanche accorgersene.

« Neanche voi dovreste, piccolini.»

Gracchiò una voce proveniente dalla foresta. Oscar ed Elizabeth, col cuore in gola, ebbero appena il tempo di voltarsi. La sensazione era quella di essere entrati in un sogno, meglio: in un incubo. Un incubo dal quale non riuscivano a risvegliarsi. Perché una serie di creature, in quel momento, emerse dalle ombre della foresta circostante. Creature dalle spoglie umane, ma che di umano avevano ben poco. Ogni traccia di umanità era stata boicottata dai loro occhi fessurati, di un giallo intenso, simile ad oro fuso, e dalla pelle grigiastra butterata, e dalle orecchie inanellate, e dagli affilati denti ricurvi che sporgevano da labbra violacee. Mostri, mostri in vesti da soldati, forse. Né Oscar né Elisabeth ebbero il tempo per studiarli oltre.

« Dovevate aspettarci tutti nel vostro bel villaggio..»

Baraka2
«..ma ormai è troppo tardi.»

Oscar ed Elisabeth ebbero solo tempo per urlare.
Come se quel grido disperato potesse, in qualche modo, risvegliarli dall'incubo.



Edited by Lenny. - 6/9/2012, 23:33
 
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Yomi
view post Posted on 7/9/2012, 16:41




Territori Occidentali
— Gli Eredi dei Grandi Casati —

Cattura-135

La via piegava verso nord-ovest, aggirando le sponde del fiume per ricongiungersi con i crocevia che li avrebbero condotti verso la desolazione sorta ad ovest, ed infine al loro dovere. Una figura solitaria cavalcava nella loro direzione, e intravedendola Motoko tese le redini della propria cavalcatura, fermandosi e lasciando che gli eredi dei casati Takayanagi e Mikado potessero precederla mentre attendeva che la carrozza al centro del gruppo sfilasse al suo fianco. Diverse settimane di marcia non l'avevano resa nervosa, ogni ora di viaggio sembrava un'ora di ritardo in più. Tornare in oriente per chiamare a raccolta i Casati Nobili era stata la cosa giusta, si ripeteva. Ma restare e tentare il tutto per tutto per recuperare la Sesshoseki avrebbe potuto impedire quel disastro, forse.

« Nobile Konoka, »
si schiarì la voce, e si costrinse a chiamare anche l'altra figura all'interno del carro:
« nobile Hekigyoku no kage... »
Quella faccenda era di competenza dei Sette Grandi Casati d'Oriente, quindi non approvava la scelta della Protettrice d'Oriente di inviare il suo maestro delle spie.
D'altronde, quello era un ordine diretto di Lady Dalys del casato Cavendish, quindi discutere o disapprovare non aveva alcun senso.
« E' in arrivo un messo. E' uno dei vostri uomini? »
Si era chiesta se il maestro degli intrighi di palazzo avesse uomini sparsi anche in quei territori. Doveva sicuramente aver comprato occhi e orecchie alla capitale,
ma quei luoghi erano lontani molte leghe, e le spie solitamente molto propense a vendersi o disertare.

Secondo Motoko, inoltre, in quell'impresa sarebbero servite spade, non sussurri. Con le parole non si vincono le guerre, per quello servono eserciti. Aveva avanzato quella lamentela assieme a praticamente ogni altro erede ai Casati Nobili, ma si erano sentiti rispondere che marciare con un'armata in terra straniera avrebbe scatenato non poche perplessità presso gli ambienti reali, e di certo il tutto si sarebbe risolto in un incidente diplomatico potenzialmente rovinoso. Si costrinse a non pensarci, e si concentrò sul messaggero in arrivo, che cavalcò a ridosso della piccola colonna di orientali, facendo vagare lo sguardo sui volti di fronte a lui.

« Cerco l'uomo chiamato Ditarosse. »
Chiese lo straniero, suscitando non pochi sguardi obliqui.
« Lo avete trovato. »
Argun Sivael, Ditarosse, si fece avanti dalla coda della carovana.
« I clan degli altipiani si sono radunati in una città vicina. Potete raggiungerla in mezza giornata, se affrettate il passo. »

« I clan degli altipiani? »
Motoko era la prima a non capire. Ditarosse le rivolse un sorriso affilato:
« avevamo bisogno di un esercito, giusto? »

Territori Occidentali
— Crocevia ad Ovest —

Cittadina di Waulsort.
Un pacifico buco da un centinaio di abitanti situato da qualche parte nelle contee del Veinn, nei pressi della sponda nord del fiume Regen. Qui siamo in quella zona del continente dove elfi, nani e demoni sono a malapena vaghe leggende, dove si sente parlare molto poco di Re e signori oscuri, ma sopratutto dove i pericoli maggiori sono rappresentati dalle periodiche esondazioni del fiume che di tanto in tanto distruggono qualche campo di grano di troppo. Mercanti e viaggiatori sono rari, da queste parti, e siamo distanti dalle usuali rotte percorse dalle compagnie di mercenari. Qui hanno reagito con moderato sgomento quando è circolata la voce di una desolazione di sale sorta all'improvviso là dove un tempo c'erano pianure e foreste lussureggianti. Qualche contadino ha poggiato i suoi attrezzi per invocare il Sovrano o qualsiasi altro Dio fosse in ascolto, i guardiani di porci hanno alzato gli occhi al cielo mentre badavano al bestiame e qualche lavandaia ha speso parole di preoccupazione sull'argomento. Nulla di più: le disgrazie sono cose di poco conto quando appaiono distanti, quando accadono ad altri.
Poi all'improvviso un paio di volti stranieri si erano affacciati all'unica locanda del posto. Poi altri. Ed altri ancora...
Nel giro di una settimana le riserve di vino e liquori erano agli sgoccioli.

L'oste era un omone grasso, dal collo taurino e dal volto sporco, che sembrava avere le guance e la fronte calva unte di grasso. Sulle prime aveva fatto i salti di gioia nel vedere la sua locanda traboccare di persone, poi dopo i successivi giorni di assedio costante -vedendo sempre più spade, pugnali e mazze da guerra in giro per il suo locale- aveva gradualmente iniziato a cambiare idea. Non aveva aiutanti né buttafuori, né tempo e modo per reclutarne di competenti. Aveva provato a chiedere ad uno dei suoi fratelli, che puntualmente si era fatto rompere il naso e parecchi denti alla sua prima serata. Non era abituato ad avere dozzine di persone ai suoi tavoli, e tantomeno mercenari ed avventurieri bizzarri, dagli sguardi truci e dai modi volgari. Prima in taverna si sentivano al massimo canzonacce da osteria. Adesso la sera si udiva il vociare di dozzine di accenti e canti stranieri.



« E' una canzone strana. »
Ammise l'oste, che dato lo strano accento non riusciva a cogliere più di qualche parola qua e là. Il bardo usava uno strano strumento a fiato simile ad una sacca da cui spuntavano cannule. A dirigere i canti una trentina di montanari ospiti fissi da alcuni giorni. Venivano dal nord, dicevano. Alcuni si voltarono per rispondergli, quindi decise di azzardare una domanda:
« di cosa parla? »

« Decanta la leggendaria ospitalità degli Scoti, ovviamente! »
« Aye! »
Fra tonanti risate, gli risposero all'unisono una trentina di uomini dei clan degli altipiani.

« Questo è un gran giorno, amici miei! »
Ridendo con i compagni, Martym Lindsay sollevò la pinta. Poco più in là Gregor il Rosso smetteva di suonava la cornamusa, Konrad beveva la sua birra in silenzio e Gigante ruttava con fragore.
« Pare che presto conosceremo una regina! La regina d'oriente, dicono! Non l'ho mai conosciuta una regina, credo che l'evento meriti un brindisi! »
Nessuno, nel locale, ebbe niente di cui obbiettare alla proposta.


.Rakuen ~ IstruzioniPer Andre03, Desdinova, Chomp, Nihilism e Shinodari la situazione è barbaramente semplice. Scegliete il motivo che vi spinge in questa zona ad ovest. Siete ovviamente liberi di sfruttare il background di fondo -ed anzi è consigliabile. Waulsort è una cittadina isolata e che presenta una singola locanda, l'unico luogo nel raggio di parecchi chilometri dove è possibile reperire un letto, un tetto sopra la testa, un pasto caldo e sopratutto informazioni. Siete incoraggiati ad interagire con i PNG o fra voi, ma nulla vi vieta di limitarvi a presentarvi.

Per Kuro e RockDanieLee invece la situazione è leggermente diversa. Da Miyako, ad oriente, vi siete uniti alla colonna composta dagli eredi dei casati Aoyama, Mikado, Asakura, Takayanagi e Konoe in qualità, rispettivamente, di maestro delle spie e di comandante dei samurai del casato Cavendish ed uomo di fiducia della Protettrice d'Oriente. Per voi si prospetta un turno introduttivo da svolgersi in confronto secondo modalità e modi ormai noti. Potete pormi tutte le domande e richiedere tutti i chiarimenti che volete, sono pienamente disponibile.

Cinque giorni di tempo per postare, fino al 12/09


Edited by Yomi - 8/9/2012, 14:41
 
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Andre_03
view post Posted on 8/9/2012, 14:46




Era giunto all'imbrunire, in una sera piovosa.
Waulsort l'aveva accolto con il suo aspetto peggiore: mercenari a frotte rumoreggiavano ovunque, taluni scopando prostitute ai margini delle strade meno battute, tal altri riversi ubriachi ad ogni angolo della via; contadini preoccupati si affrettavano a tornare nella sicurezza delle mura domestiche; pescivendoli indispettiti dalla scarsità del pescato mormoravano bestemmie; lavandaie dagli abiti strascicanti al suolo, lerci di fango, lanciavano occhiate colme di disgusto agli stranieri. Nessuno in quel trambusto fece molto caso all'uomo che camminava lungo la via principale chiuso in una cappa porpora intarsiata d'oro. I suoi occhi di fuoco scivolavano da un'immagine all'altra senza indugiare mai troppo su un singolo particolare.
Sallahro m'qahor aveva avuto fortuna: forse propiziato dal Dio Rosso, era arrivato al villaggio nel caos più totale.
Altrimenti, ne era certo, il suo aspetto stravagante avrebbe fatto notizia in un sì piccolo centro abitato;
laggiù veneravano déi ben diversi dal suo Signore della Luce.

« ...una foresta, ti dico! Un'intera foresta spazzata via in meno di un giorno!! »
aveva sentito bisbigliare nella pioggia: « Che il Sovrano ci protegga tutti! »

Un brivido freddo gli aveva allora attraversato la spina dorsale.
Laggiù, nelle terre del Toryu, erano devoti alla tenebra più nera.
La stessa oscurità che aveva minacciato di inghiottirli tutti,
ora loro la adoravano come divina.

[...]

Da cinque giorni il prete rosso stava in attesa.
Aveva incarichi precisi da sbrigare in quell'angolo sudicio del mondo: osservare lo scorrere degli eventi e farne rapporto. Si presagiva una tempesta, in senso figurato, fino negli anfratti malsani di Taanach. Chi lo aveva avvicinato era stato molto chiaro in merito ai pericoli che avrebbe potuto affrontare a nord. Ma Salla aveva domandato solo: « Quanto a nord? »
Non aveva fretta di tornare negli inospitali territori del settentrione, al confine con l'Eden.
Non così, a mani vuote; gli servivano informazioni di una certa importanza.
E gli erano state promesse al termine di quella missione.

« Grazie. »

Rispose con un sorriso all'oste che gli aveva portato una pinta di birra e un piatto di brodaglia scura, come ogni sera.
Quello replicava con un grugnito, forse intimorito da tanta cortesia in un uomo armato e profumato. Vaniglia e arance, un connubio agrodolce che il sacerdote aveva scelto per quel giorno per accompagnare le piume di struzzo rosso con cui era adornata la sopraveste di velluto. Destava forse sospetto che un viandante si curasse tanto delle apparenze, abbigliandosi a quel modo eccentrico. Da quelle parti infatti il culto del Dio Rosso non era molto conosciuto, anche se forse due o tre preti erano stati avvistati - e dimenticati - dai pochi abitanti di Waulsort. Lui taceva il più possibile, non rivolgeva la parola ad anima viva e tentava fortemente di stare per conto suo facendosi scudo della propria stravaganza esteriore. Ogni notte sedeva per molte ore dinnanzi al camino della sala comune vuota, e scrutava tra le fiamme ed i tizzoni.
Poi tornava di sopra, alla sua stanza.
Ma non dormiva.
Quella sera avrebbe fatto altrettanto, non appena i manipoli di armigeri si fossero dileguati alla ricerca di altri piaceri o di un immeritato riposo. Eppure qualcosa gli suggeriva, come un sussurro premonitore, che il vento sarebbe cambiato presto. Nell'aria aleggiava una qual certa allegria, ben differente dall'atmosfera cupa dei giorni passati. Il folto gruppo di guerrieri del lontano Nord aveva preso a far fracasso con canti e cornamuse - bizzarri strumenti a fiato di cui aveva una conoscenza marginale - e li si sentiva bisbigliare di regine o principesse d'oriente.
Sallahro guardava quei cani bradi con gli elmi ammaccati divorati dalla ruggine, ma vedeva i compagni d'armi al cui fianco aveva bevuto e combattuto. Si domandò se avrebbe fatto altrettanto con loro, se li avrebbe chiamati fratelli oppure se sarebbe stato costretto a ucciderli tutti. A quel pensiero sorrise, con un pizzico di malizia; rimestò la sua zuppa chinando il capo e richiudendosi in un bozzolo rosso di silenzio.
Negli anni era diventato un mercenario fin nelle ossa, e onestamente
la cosa non gli dispiaceva neanche un po'.

rakuen1copy

Non ho reputato necessario inserire fin da questo primo post di mero GdR lo specchietto riassuntivo, che fornirò dal prossimo turno se richiesto.
Approfitto dell'occasione per augurare buon divertimento (e buona sopravvivenza) a tutti. :v:
 
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view post Posted on 11/9/2012, 12:50
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Eternal Light
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La luce della luna si frammentava sui pallidi fili d’erba, lievemente riflessa dai tetti e dai solidi muri delle case in uno scenario quasi privo di colore. Appariva come se fosse sul punto di soccombere nell’eterno combattimento con il risucchiante potere delle tenebre, finché non fosse giunto ad aiutarla l’amante da cui traeva forza. Ma mancavano ancora molte ore all’alba, dato che il sole era da poco tramontato. Ghin camminava nel buio, posando l’occhio incuriosito sulle emanazioni dorate delle finestre che si affacciavano sulla strada.
Procedeva ammantato nel suo lungo mantello, sul quale la luce si divertiva a giocare cambiando ad ogni passo che il mezz’elfo compiva, in uno spettacolo di ombre sempre diverso. Il cappuccio era abbassato sul viso, a nascondere gli occhi sgargianti quanto rubini nel buio della sera inoltrata ed il suo sorriso che si disfaceva e ricomponeva ad ogni piccolo movimento: colpa del piccolo scoiattolo che con il suo pelo ispido gli causava un leggero solletico al collo.
Pensò di entrare nell’unica locanda della tranquilla Waulsort sperando di riuscire ad ottenere, o in caso di difficoltà rubare, anche solo un piccolo tozzo di pane e magari un mucchietto di paglia sul quale dormire, tra gli animali nelle stalle se non ci fossero state alternative migliori. Stanco delle lunghe notti passate su scricchiolanti letti di foglie e trascorsi a mangiare vivande rafferme, pregò di potersi riposare degnamente, per una volta.

A quanto pareva erano stati il vociare degli ospiti e le loro canzoni a smorzare l’immacolata quiete notturna di quella isolata cittadina. Nonostante il suo aspetto losco in quell’ampio abito nero, varcò la soglia senza che nessuno lo notasse realmente. Venne travolto da un’ondata di aria calda dovuta al fuoco nel camino e al sovraffollamento della stanza, ma con varie torsioni riuscì a raggiungere il bancone senza urtare malamente contro qualcuno: l’ultima cosa che avrebbe voluto era attirare l’ira di qualcuno. Voleva soltanto trascorrere una serata in mezzo alla gente, ma senza le attenzioni di nessun'anima viva, sempre.
Tentando di camuffare la voce con un tono più profondo, chiese all’oste di portargli quel che c’era per cena ed una caraffa d’acqua. Contro ogni aspettativa, l’uomo non fece storie riguardo all’ordinazione di qualcosa di non alcolico, ma anzi i suoi occhi sorrisero nel non sentir richiedere per l’ennesima volta della birra o dell’idromele. Ghin si pentì della propria scelta quando gli vennero posti davanti una zuppa ed una brocca ancora fumante per via del suo contenuto appena bollito. Sarebbe bastata la prima a dissetarlo, a giudicare dai pochi ingredienti che pigramente ci nuotavano dentro.
Fissò con aria avvilita il suo pasto, per poi girarsi lievemente verso quella che ai suoi occhi appariva una morbida pagnotta lì accanto, ma che altro non era se non un po’ di pane azzimo sbriciolato. Sussultò nel sentire lo scoiattolino scivolare contro il suo collo, ma riuscì con un rapido scatto a prenderlo al volo prima che si gettasse sul cibo del vicino. Il movimento dell’animaletto spinse però indietro il cappuccio, facendo ricadere la luce sui suoi capelli in una cascata argentea e rivelando le orecchie leggermente appuntite.

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Non fu sufficientemente veloce nel celarli nuovamente: quello che sembrava un mercenario l’aveva notato e si era avvicinato fino a sfiorargli delicatamente la spalla e chiedergli, in un sussurro roco, cosa ci facesse lì un mezz’elfo.
Ghin rizzò la schiena rabbrividendo e lasciò cadere il cucchiaio nella ciotola della zuppa, schizzando qualche allegra goccia sul legno del bancone. Alzando gli occhi scarlatti per osservare l’uomo, notò che le sue labbra contornate da una corta barba rossa stavano sorridendo e non sembravano suggerire cattive intenzioni: non lì, non dove erano entrambi ospiti ed avevano condiviso lo stesso pasto, non dove c’era tanta gente. Tirò un sospiro di sollievo, rilassandosi un poco e rispose vagamente, anche se in modo sincero.
Era giunto lì da Nord perché aveva sentito che a Sud si erano verificati casi di desertificazione e voleva, in qualche modo, indagare per assicurarsi che il morbo, o qualunque cosa fosse, non si spargesse fino a toccare territori anche lontanissimi. Omise le motivazioni della sua preoccupazione: non poteva certo andare in giro a dire di saper evocare animali e di essere in pensiero per la loro incolumità. Chi non avrebbe riso sentendo di un ragazzino che si divertiva a giocare con le bestie della foresta?

L’uomo dai capelli fulvi rispose in modo semplice e conciso:

Sei nel posto giusto.


Edited by Desdinova - 11/9/2012, 14:06
 
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view post Posted on 11/9/2012, 15:50
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Un giorno di cammino. Un altro ancora.
La lunga marcia proseguiva incessante, ma gli eredi dei Sette Grandi Casati non sembravano perdersi d'animo. Sapevano di dover compiere un dovere ben più importante delle faccende di palazzo che avrebbero svolto in oriente. Una volta dato l'annuncio della partenza decine e decine di uomini di erano offerti volontari per scortarli e portare alto l'onore della propria famiglia. Ma nessuno poteva avere la potenza necessaria per svolgere quell'oneroso compito. Era un bene dopotutto: muovere un intero esercito ad occidente avrebbe lasciato Miyako pericolosamente priva di forze, e nonostante i Sussurri un attacco modesto poteva essere ben più pericoloso del solito.
Anche questa però era un'azione rischiosa: le più grandi personalità del regno orientale erano concentrate in un unico punto, e il pericolo che stavamo andando ad affrontare superava ogni possibile immaginazione. Loro non sapevano nulla, convinti di possedere una potenza sufficiente.

Li osservavo mentre scrutavano con diffidenza la carrozza dove viaggiavo insieme alla nobile Konoka: per loro ero Hekigyoku no kage, lo straniero. Il Maestro dei Sussurri che secondo alcuni plagiava la mente della protettrice allontanandola dagli interessi per la propria terra. Non era corretto che io viaggiassi al fianco dell’autorevolissima figura: le malelingue pensavano che avrei convertito anche lei alla mia causa. Ma d'altronde, come dargli torto?
Secondo altri, una parte minore ma più astuta, la mia presenza era inutile. Li sentivo mormorare durante le pause, si chiedevano perchè utilizzare risorse per portare una spia quando potevo lasciare il posto ad un altro onorevole guerriero orientale. Anche se ero riuscito a confrontarmi alla pari con Motoko Aoyama solo pochi mesi prima, per loro sarei sempre stato inferiore. Se solo avessero conosciuto il pericolo che stavamo andando ad affrontare non avrebbero parlato così a vanvera.
Viktor Von Falkemberg.
Le voci erano state confermate, e molti Sussurri erano scomparsi per riuscire a portare alle mie orecchie quelle preziose informazioni: era giunto con la sua immensa fortezza. Era riuscito a desertificare in pochi attimi uno dei boschi più fitti di quelle terre. Era riuscito ad interrompere ogni contatto con i borghi presenti nella zona. E aveva una fottusa Sesshoseki che lo avrebbe reso ancora più potente.
I nobili d'oriente conoscevano il potere della pietra meglio di chiunque altro, ma non sapevano nulla del vero nemico. Per questo ero nella carovana: io avevo incontrato Viktor, ne portavo il simbolo sulla fronte. Lo avevo affrontato.
Ed ero sopravissuto.

Motoko Aoyama si affacciò all'interno del carro. L'etichetta gli imponeva di essere rispettosa in presenza della nobile Konoka, ma comunque mi lanciò uno sguardo diffidente. C'erano novità, e sembravano interessanti. Risposi alla sua ingenua domanda mostrando un sorriso di cortesia.

No, non credo sia uno dei miei.

Sceso dal carro, avanzai incuriosito verso la nuova figura. Quell'interruzione della marcia creò non pochi scompigli, tanto che tutti si avvicinarono incuriositi. In effetti non conoscevo l'identità dello straniero. Ma anche se fosse stato un Sussurro, Motoko non lo avrebbe certo saputo.

...

Una alleato quindi. Messaggero dell'unica buona notizia dalla nostra partenza. Avevamo un esercito da affrontate, e su una cosa gli orientali avevano ragione: più spade al nostro seguito avrebbero aumentato a dismisura le nostre probabilità di vittoria. Sarebbe stata una guerra, e contro la ferocia dei Falkemberg Korps dovevamo utilizzare sia la disciplina orientale, che la furia indomita dei Clan delle Montagne. Tutto era andato secondo i piani, e sebbene avessi sentito qualcosa sui loro movimenti, solo in quel momento realizzai che avremmo potuto usare la loro forza a nostro vantaggio.
Forse non tutto era perduto.
Forse Viktor Von Falkemberg poteva veramente essere sconfitto.



Riassunto Post
Capacità Straordinarie: 6 - Rapidità: 3 Forza: 2 Percezioni: 1
Energia: 100%
Status Fisico: Illeso
Passive Utilizzate: visione notturna e attraverso nebbie e simili; auspex sensoriale; pelle coriacea; immortalità tranne se soffocato; capacità di osservare l'anima delle persone; capacità di percepire le bugie; capacità di compiere acrobazie e movimenti fuori dall'ordinario; conoscenza degli eventi all'interno del Clan Toryu; risparmio energetico del 3%; non sviene sotto il 10%. di energie
Note:
Metto lo specchietto giusto per dare un'idea delle passive del mio Pg! ^^


Edited by Capitan_Kuro - 11/9/2012, 17:33
 
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Nihilism
view post Posted on 11/9/2012, 19:52




Stavano accadendo molte cose ultimamente. Molte, e troppo in fretta.
L’Arcidemone lo sentiva, non ne aveva la piena certezza, ma sentiva che qualcosa di grosso si stava muovendo. Terribili nuove provenivano dal Nord, non che la cosa lo rendesse triste o adirato per la sorte di quella gente, anzi, tutto questo poteva solo farlo sorridere. Tuttavia dove il dolore e il male dimoravano e spezzavano i deboli, lui doveva intervenire, per ricongiungersi con le tenebre o distruggerle. Quando il sangue chiamava, Chevèl non poteva assolutamente sottrarsi da esso. Era una sera stranamente silenziosa, diversa, e l’Arcidemone conosceva la ragione alla base di questo. Illidan, l’attendente di Fortescuro era venuto da solo nella capitale, ben pochi ormai erano all’oscuro del suo segreto dopo il torneo del regno. Un mostro sotto le spoglie umane, forse un demone sputato da chissà quale inferno, che, stando alle dicerie dei popolani, si era fermato in una biblioteca. Nonostante la brutta fama di Illidan – che di certo non superava quella del cavaliere della lussuria - , l’Arcidemone considerava l’attendente una semplice pedina di un gioco molto vasto. Puntava in alto, paradossalmente verso la persona che più di tutte, forse anche di lui, apparteneva all’oscurità: la Nera Regina. Il suo esercito era il contrario del concetto di bene tanto professato dalla gente, il cuore ancora pulsante del male che Re Ray aveva lasciato in eredità al suo popolo. E lui ne era attratto come un corvo da un cadavere, da quel forte che partoriva demoni e forgiava uomini che traboccavano di male. Finalmente avrebbe trovato un luogo da chiamare casa.

La biblioteca sapeva di vecchio, in fondo non era altro che un insieme di scritti, memorie e storie. Quasi tutti gli scrittori erano defunti da tempo immemore, la stessa sorte era toccata alle persone delle quali vengono narrate le gesta. Era inutile, Chevèl non riusciva a non odiare i libri, un insieme di pagine avvizzite che dovrebbero rendere onore a quello o quell’altro condottiero, a quel tragico amore o magari a una favola inventata. Era come un cimitero, solamente meglio addobbato. Percorreva lentamente la lunga scalinata che portava all’ultimo piano, la penombra lo faceva sentire al sicuro, l’oscurità era come il più caldo abbraccio di una madre. Una luce proveniva dal fondo della stanza, non c’erano rumori oltre a quello prodotto dalle pagine sfogliate.
« Strano posto per trovare un demone, vero? » La voce dell’Arcidemone era un sibilo nel buio, in altre circostanze alle parole sarebbe seguita la morte dell’interlocutore, ma questo era un giorno strano. Questo era il suo momento, la sua occasione di entrare nel cuore marcescente di eventi altrettanto putridi, di nutrirsi di essi per poi vomitare la morte in ogni angolo del continente.
« Chi sei e cosa vuoi? »
Gli rispose pacatamente, senza distogliere lo sguardo dal tomo, ma a Chevèl quella risposta piacque. Era proprio così che si aspettava di trovarlo: freddo e diffidente. Eppure lui gli avrebbe dato di che fidarsi, e lui sarebbe divenuto la porta che, spalancata, gli avrebbe garantito un posto sicuro fra le file della Nera. Silente come un serpente si portò dietro di lui, le sue dita incontrarono la sua spalla, strisciando su di essa con estrema delicatezza.
« Il mio nome non ha importanza » Sussurrò sedendosi davanti a Illidan, il fuoco rendeva il volto di Chevèl folle, terrificante.
« Quanto a ciò che voglio, beh, ti basta sapere che non è il tuo male a interessarmi »
"Almeno, non in queste circostanze"
Invero c’erano parecchie cose che interessavano all’Arcidemone, tuttavia rimase zitto, spesso il silenzio era migliore delle parole più convincenti. « Bel putiferio nell'ovest, non credi? » Le labbra di Chevèl si piegarono in un sorriso, quella era la migliore delle risposte. Una frase che significava intesa, un segno che significava vittoria. Non poteva sperare di avere di meglio. « Io credo che molte cose stanno cambiando, in questi tempi »
"E presto molte altre cose sarebbero cambiate"

« Devo andare a nord, molto a nord » rispose il biondo « sarà un viaggio lungo, mi fermerò a Waulsort »
Partirono ai primi segni dell’alba, su una carrozza che in una manciata di giorni li avrebbe portati in quel paese maledetto. Stranamente non ci furono assalti alcuni, persino in una strada tanto affollata come quella che stavano percorrendo, peccato, qualche bandito con il quale giocare non gli sarebbe affatto dispiaciuto. Avrebbe avuto di che rifarsi comunque, una volta raggiunta la destinazione.

Lo scenario si presentava esattamente come lui lo aveva previsto.
Uomini, donne, vecchi, bambini, soldati, contadini, tutti si muovevano confusamente nelle strade ciottolose. c’era chi era in preda al panico, c’erano quelli che aspettavano l’occasione per intascare qualche pezzo d’oro. Ma soprattutto, non passava certamente inosservata la taverna dalla quale proveniva una cacofonia di musiche e urla tale che le pareti parevano tremare. Doveva esserci di più delle solite scaramucce fra ubriachi, qualcosa che in qualche modo gli ricordava il periodo in cui era stato un cacciatore di draghi. Senza pensarci due volte spalancò la porta, sorridendo, e anche questo sorriso era diverso dal solito.
Gli faceva un effetto agrodolce vedere gli Scroti, suoi compagni di battaglia, inneggiare alla loro prossima avventura. A grandi passi raggiunse Martym e gli altri componenti del quartetto, lanciando al contempo uno sguardo all’oste.

xWxi8

« Una pinta di idromele per il cacciatore di draghi! »
O cacciatore di uomini, a seconda dei casi

Ci tengo a sottolineare che l'autoconclusività sul pg di Chomp è stata concordata con l'utente in questione.
 
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view post Posted on 12/9/2012, 06:25
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Suzushikei
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Dalle nebbie del passato...

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Dalle Cronache
dell'Angelo dal Cuore di Tenebra


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Viaggio in Occidente


Devi proprio andare?

In un altro tempo, in un altro luogo, quella frase sarebbe stata collocata in un contesto melodrammatico fatto di addii, lacrime e promesse che non sarebbero state mai mantenute.
Ma a Taanach ogni sentimentalismo era stato strappato dalle nostre vite qualche tempo prima, per cui le parole appena pronunciate da Mariha, erano suonate atone: una constatazione, più che una vera domanda.
Quei sensi di colpa che mi avevano straziato per giorni per aver reso la bambina orfana dei suoi compagni di giochi, unica testimone di cosa significasse perdere a scacchi quando la posta in gioco era la propria anima, erano ormai scomparsi. Non c'era stata una vera ragione: una mattina mi ero svegliato con il cuore più leggero e il mondo era tornato ad assumere la giusta prospettiva.
Dovevo riprendere ancora una volta in mano la mia vita, ricrearmi un'identità, riscoprire il mio posto in un mondo che non aveva tempo per attendere chi si fossilizzava a piangere su se stesso.
Dovevo tornare a percorrere la mia strada e, per quanto fosse impietoso il solo pensiero, Mariha non poteva farne parte.
Non replicai alle sue parole, concedendomi un sorriso forzato, lasciando che la mano si sollevasse in un cenno di saluto, volgendole le spalle, conscio che da quel momento in poi la bambina se la sarebbe dovuta cavare da sola in quel labirinto di strade malfamate.
Già, un gesto egoistico, bastardo, privo di ogni pietà per colei che mi aveva teso la mano dopo quel giorno, ma era l'unico dono che in tutta onestà potessi farle: non legare per nessuna ragione il suo destino al mio.

Il mio viaggio verso Occidente, un nome adatto al capitolo di quella nuova esistenza, che mi era stata concessa.
I mesi si erano sostituiti ai giorni e il tempo era stato alquanto inclemente, non dandomi tregua, non permettendomi neanche per un istante di abbassare la guardia.
Avevo combattuto le mie battaglie per reinventarmi, sostituendo la mia perdita con altre abilità, convertendo le mie arti arcane in una nuova forma grazie allo studio di antiche pergamene.

Fu proprio durante le ultime fasi di questo cammino, che cominciarono a giungere alle mie orecchie voci che descrivevano scenari degni dalle visioni di un folle.
Appresi di lande un tempo fertili, che ora potevano rivaleggiare con le zone più aride ed inospitali del Plakard; di villaggi misteriosamente scomparsi dal flusso del tempo...
L'inspiegabile aveva quel suo particolare fascino in grado di ingigantire anche l'aspetto più mondano di quanto, probabilmente, stava realmente accadendo nei territori occidentali.
Per quanto ogni storia, anche la più fantasiosa, avesse il suo fondo di verità, veniva più realistico incolpare un gruppo di banditi, ritenuti responsabili di atti efferati nei confronti di innocenti. E sembrava che qualcosa si stesse smuovendo per tentare di arginare questa piaga.
Non era la mia battaglia, ma non potei fare a meno di inciampare in quelle prime avvisaglie quando ebbi la malaugurata idea di dirigermi alla volta di Waulsort, una cittadina dispersa da qualche parte nel Veinn, l'ideale per fare il punto della situazione riguardo i miei progetti futuri.

Avevo scelto quella località per via della sua nomea, se così possiamo definirla: "Un pacifico buco di appena un centinaio di anime, lontano dalle zone più problematiche, dove il pericolo più grave era causato da periodici straripamenti, che sembravano intaccare solo il surplus delle coltivazioni di grano."
Non mi sarei stupito se si fosse trattato di gente sempliciotta, facilmente manipolabile. Non che mi importasse al momento; avevo ben altre priorità, che consistevano in un pasto caldo e un letto comodo. D'accordo mi sarei accontentato anche di una stuoia buttata sul pavimento, purché non infestata da altri abitatori.
Per cui quando giunsi in città al calar della notte, rimasi alquanto interdetto nel ritrovarmi immerso nel baccano più assoluto, provocato da gruppi eterogenei di persone che avevano tutto l'aspetto di mercenari, soldati, uomini di ventura e quant'altro potesse distruggere la mia sospirata idea di un luogo tranquillo, dove l'unico mio problema sarebbe stato quello di rischiare di morire di noia.
D'altra parte non è che avessi molte scelte al riguardo: o cercavo fortuna all'interno della locanda, presumibilmente strapiena fino all'inverosimile viste le premesse, o dovevo fare i conti con la prospettiva di passare una notte all'addiaccio. Quest'ultima ipotesi non mi allettava minimamente.

Una volta varcata la soglia, mi concessi qualche istante per abituarmi all'assalto di quel miscuglio incontrollato di odori e suoni che permeavano la sala comune. Mi accomodai su una sedia di legno che aveva visto tempi migliori, prendendo posto attorno ad uno dei tavoli di fortuna, aggiunti nel tentativo di arginare quel fiume di persone che aveva inondato il locale.

Ordinai una zuppa di verdure, non che ci fosse molta scelta al riguardo, e durante l'attesa lasciai vagare lo sguardo all'interno della sala, sorseggiando distrattamente il mio boccale di birra, recuperato dal bancone, soffermandomi in maniera discreta su quegli avventori che avevano attirato la mia attenzione. Il primo, uno sconosciuto, che risaltava tra la folla per la sua audacia nell'indossare una sopravveste ornata con piume di struzzo, creando una nota dissonante con la maggior parte dei presenti; il secondo, un gruppo di uomini che stavano cantando una ballata, dal ritmo incisivo, trascinante, al suono di uno strumento a fiato, una sorta di sacca di pelle da cui partivano delle canne, che non mi era capitato di vedere prima di allora.

Una persona sensata a questo punto avrebbe cercato di ottenere delle informazioni, ma al momento quello a cui ero veramente interessato era di godermi la mia maledetta cena.

Peccato che, dopo il brindisi in onore della "Regina d'Oriente", la mia pietanza avesse perso ogni sapore.
Non che avessi nulla contro sua Maestosità, neanche la conoscevo, ma cominciavo a percepire quella tipica sensazione, a volte chiamata "paranoia", di quando ci si ritrova nel mezzo di una sfortunata congiunzione astrale, che ha la tendenza ad innescare una catena di eventi dai risultati non propriamente piacevoli.
E non ci voleva molto a capire che quel buco di cento anime avesse improvvisamente smarrito il proprio anonimato a favore di... Già, a favore di cosa?


~Narrato ~Mariha

 
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view post Posted on 12/9/2012, 13:49
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Memento mori.
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La selvaggina dei boschi vicini a Basiledra aveva un succulento sapore che si sposava benissimo con il candido sangue del bestiame lasciato incustodito dagli stolti contadini dei dintorni.
Eppure la notizia è un mostro dai mille occhi e dalle centinaia di tentacoli, che non sì permette di lasciare una cittadina in uno stato di stasi, di pace assoluta. La notizia si diffonde, saetta tra le lingue dei sempliciotti in giro per le strade fino a che non arriva ad un orecchio indesiderato.

Al suo orecchio

- Hai sentito a proposito dell' ovest? -
- Non è possibile! -
- Nel giro di una notte una gran fetta di terra è stata rasa al suolo! -
- Cosa sta succedendo? -



Un potere troppo grande da lasciare in mano alle sue prede, una potenza che nemmeno la più avanzata delle scienze riuscirebbe a sviluppare.
Lo avrebbe ottenuto, a qualsiasi costo.

Basiledra; Notte.



Le strade affollate di Basiledra non gli erano mai piaciute, preferiva camminare nella quiete totale, senza un cane che potesse vedere il demoniaco attendente di Colonius girare per strada.
La notizia si diffuse: Illidan era ufficialmente entrato a Basiledra. Eppure nessuno gli chiese perché fosse venuto lì da solo, forse per puro timore o lodevole intelletto.
Cercò informazioni per varie taverne, sentendo solo ed esclusivamente stupide storielle associate a ciò che successe quella notte. Decise quindi di andare in una biblioteca, almeno lì i libri non gli avrebbero mentito.
Passarono ore prima di rendersi conto che cercare informazioni su ciò che era successo quella notte là dentro era inutile: sarebbe andato sul luogo dell' accaduto, avrebbe trovato le informazioni che gli servivano e ottenuto quel potere.
Sorrise, mentre sfogliò altre pagine, nel tentativo di chiudere il grande tomo che stava consultando.
Delle parole fugaci scivolarono nell' aria, per andare poi ad infrangersi nel nulla più totale.
« Strano posto per trovare un demone, vero? » Non riusciva a riconoscere quella voce tanto sicura quanto fuggevole. Che qualcuno avesse trovato il coraggio di disturbarlo?
Alla domanda del suo interlocutore rispose in modo gelido, composto.
« Chi sei e cosa vuoi? » Continuò a scorrere le pagine, prima di chiudere il libro dalla copertina violacea. Passarono pochi e silenziosi istanti prima che l' Inferi sententia potesse sentire le dita di quello sconosciuto correre sulla sua spalla in modo leggiadro quanto machiavellico.
« Il mio nome non ha importanza. » Mormorò per poi sedersi davanti a lui con estrema noncuranza di ciò che Illidan gli avrebbe potuto riservare.
« Quanto a ciò che voglio, beh, ti basta sapere che non è il tuo male a interessarmi » Così finì la sua frase, con il volto illuminato dalla luce della candela. Illidan lo fissò negli occhi: non era umano, non era affatto una creatura di questo mondo. Questo gli bastò, insieme al probabile odio per gli umani che il suo interlocutore provava, per dargli la sua confidenza.
« Bel putiferio nell'ovest, non credi? » In questo modo ruppe il silenzio Illidan, suscitando una strana smorfia nella faccia del suo interlocutore. Non gli interessavano più i suoi scopi, se lo sarebbe portato appresso e lo avrebbe sacrificato anche al più ignobile dei vermi, se necessario ai suoi scopi.
« Io credo che molte cose stanno cambiando, in questi tempi »
Sorrise, ricordando l' obiettivo che si era prefissato una volta arrivato su Asgradel.
"Pare che tu ti sia fatto un nuovo amichetto, non è così?"
« Devo andare a nord, molto a nord » Rispose con tono oneroso, contemplando la purpurea candela
« sarà un viaggio lungo, mi fermerò a Waulsort »
Però tu potresti morire prima.
Sarebbero partiti all' alba, su una carrozza nero pece proveniente da Fortescuro. Divennero un' oscura stella nel cuore delle affollate strade che percorsero.

Waulsort li accolse di notte nel più totale putiferio. Non chiedeva di meglio. Entrò in una locanda ricolma di gente.
Si aspettava il chaos più totale.
Era eccitato.

C'era qualcosa nell' aria, e non era lui questa volta.





Innanzitutto mi scuso per il ritardo, ma per cause di cui non sono l' artefice non ho potuto fare prima.
E sì, confermo che la scena con Nihilism è accordata.
Gl a tutti =).
 
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RockDanieLee
view post Posted on 13/9/2012, 22:15




La processione di uomini e carri si snodava lentamente lungo le sponde del placido torrente, i flutti che si fondevano quietamente col riluttante zoccolio dei cavalli. Un’andatura incerta quella della piccola spedizione, motivata più dalla prudenza che da un effettivo e concreto impedimento. Gli sguardi di tutti i cavalieri erano tesi, attenti, le dita ansiose di stringersi attorno alle else e alle lance, i muscoli pronti a guizzare al minimo segnale di allarme. Per quanto provati dalla marcia estenuante i soldati d’Oriente non avrebbero mai ceduto la loro lucidità alla stanchezza. Erano membri esperti di alcune tra le famiglie più antiche e potenti dell’Est dopotutto; non potevano permettersi l’umano lusso di rilassarsi. Non in quel momento.
Eppure all’interno del drappello c’era qualcun altro che non la pensava esattamente allo stesso modo. Un ragazzetto dall’aria svampita sonnecchiava disteso supino sulla sommità del cocchio che costituiva il nucleo del corteo, masticando un filo d’erba e scrutando il cielo terso con espressione annoiata.
Yusuke Takeshi non vedeva l’ora di arrivare a destinazione, ovunque essa fosse. Erano ormai trascorse parecchie lune dal giorno in cui il convoglio aveva intrapreso il suo viaggio, e adesso cominciava davvero ad averne abbastanza di rimanersene lì stravaccato senza far nulla; soprattutto da quando le forme vaporose delle nuvole erano sparite all’orizzonte, e con loro anche l’ultima possibilità di un seppur lieve intrattenimento. A differenza degli altri suoi compagni, in effetti, il ragazzo voleva soltanto sbrigarsi e accelerare il passo, per giungere in questo modo alla evidentemente poco agognata meta. Ma forse quella sua fretta di concludere al più presto la spedizione derivava da una scarsa comprensione dello scopo della stessa. Ricordava vagamente l’udienza privata alla quale era stato convocato poco prima della partenza, e durante la quale Lady Dalys in persona l’aveva messo al corrente circa la complicata natura della missione in questione... si trattava di qualcosa di contorto, riguardante chissà quale pietra mortale o qualcosa del genere. Non che il ragazzo ci avesse fatto caso più di tanto, in realtà; ma beh, figuriamoci se Yusuke Takeshi non stava pensando ad altro mentre l’erede dei Cavendish nonché sovrana di uno dei regni più potenti del continente gli stava parlando. Sarebbe proprio da lui.
In ogni caso aveva accettato l’incarico, incapace com’era di sottrarsi alla chiamata del pericolo e dell’avventura. E così, nonostante tutto, il corteo aveva intrapreso la sua lunga marcia verso ovest. In un silenzio greve, quasi surreale, come fosse un velo di stasi con il quale la compagnia aveva scelto di ammantarsi per quelle che da giorni si erano tramutate in settimane intere.

Finché quel giorno, finalmente, sembrò che l’incantesimo dovesse spezzarsi, incrinato dal sottile chiacchiericcio che si era levato al di sotto del vagone, risvegliando Yusuke dal suo torpore. In risposta alle voci sommesse degli occupanti della carrozza ne era intervenuta una squillante e ben familiare. A quanto pareva Motoko Aoyama aveva avvistato qualcosa lungo la strada, qualcosa che doveva averla turbata... tipico di lei, del resto. Quella ragazza era sempre stata fin troppo apprensiva. Ma poco male, era pure ora che succedesse qualcosa a infrangere la noia, no?
Yusuke si rotolò sul tetto, eccitato, nel tentativo di cambiare posizione e disporsi prono, e così facendo osservare quanto stesse accadendo sotto di lui. Ovviamente non poté esimersi dal dare fiato alla sua finora in astinenza parlantina mentre si esibiva in quella piroetta idiota.

Ohilà di sotto, che sta succedendo? Perché rallentiamo? Non sarà mica che siamo arrivARGHHH!!!

SBAM. Il più fedele tentativo di convertire in lettere il sonoro impatto che il cranio di Yusuke produsse a contatto con il suolo. Con l’intenzione di ficcare il naso ai “piani bassi” il ragazzo aveva finito per sporgersi troppo dal bordo del cocchio... con conseguenze quanto mai prevedibili. E dolorose.

Ahiahiahi, la mia povera testa!

Sibilò a denti stretti, massaggiandosi il cucuzzolo e scompigliandosi i capelli più di quanto già non fossero di loro. Si guardò attorno con espressione innocente e sorrise imbarazzato, cercando di dissipare le espressioni di disappunto che progressivamente andavano disegnandosi sulle facce degli astanti.

Eh-eh... ehm, scusate...

Molti distolsero lo sguardo, cercando di convincersi che quanto avevano appena assistito non fosse mai accaduto. Altri scossero la testa, domandandosi perché mai a un tipo del genere, senza disciplina né etichetta, fosse permesso di camminare al fianco di gente come loro. Ma Yusuke questo non lo immaginava. Per lui era semplicemente giunto il momento di sgranchirsi i muscoli, di combattere... o quantomeno ci sperava. E se il tipo ammantato di nero che era appena sceso da cavallo avesse dimostrato anche la benché minima intenzione ostile nei confronti di uno qualsiasi dei membri della spedizione, non avrebbe di certo esitato a...

Cerco l'uomo chiamato Ditarosse.

Proferì l'uomo con voce atona. Un messo dunque, un semplice ambasciatore. Non un nemico. Eppure quello che aveva appena detto...

Aspetta un attimo!

Yusuke si rialzò da terra, cercando di mettere meglio a fuoco la figura incappucciata del nuovo arrivato; cosa non troppo facile considerando i molti guerrieri orientali che gli ostacolavano la vista.

Cos'è che hai appena detto?

Ma una voce dal fondo della carovana sovrastò la sua e lo costrinse a voltarsi.

Lo avete trovato.

Gli occhi di Yusuke si dilatarono all'inverosimile nell'osservare l'uomo che avanzava verso di lui. Ditarosse... quel Ditarosse...

E TU CHE CAVOLO CI FAI QUI???



Devo sistemare i dialoghi e il layout.
Devo rileggere e correggere eventuali errori ortografici.
Ma ora sono distrutto dopo aver sostenuto due scritti all'università. Quindi me ne vado a letto adesso. :facepalm:
 
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Lenny.
view post Posted on 14/9/2012, 20:53




Rakuen ~ I


« Uomini di Falkenberg! »
Con una mano, Hilsa Makoved lavorò di redini per dominare il destriero. Con l'altra, falciò il vento nero della notte con la spada.
« A noi la vittoria! »
Sotto i suoi occhi -o meglio, il suo unico occhio- un paio di centinaia di soldati avanzavano nell'aria che sapeva di ferro e polvere. Centinaia di mostri assetati di strage. L'intero istmo all'esterno di Waulsort era una massa compatta di elmi, picche, spade, bocche da fuoco. Centinaia di bocche pronte a bere sangue
« WHOA! WHOA! WHOA! »
Nessun ostacolo da superare, nessuna porta da sradicare con arieti di sfondamento, non a Waulsort. I pacifici abitanti del villaggio non avevano mai conosciuto una invasione, se non nelle loro insulse storie raccontate in bettole da latrina. Proprio come la gentaglia dei villaggi vicini, che in quella stessa notte stavano per affrontare lo stesso destino di Waulsort. Diversi reparti dei Korps smistati per i Territori dell'Ovest, alla guida di diversi reitermeistern per puntare a diverse cittadine umane. Solo il loro scopo era il medesimo.
Obbedire agli ordini del Beccaio.
« Uomini di Falkenberg, conoscete l'ordine. »
Hilsa Makoved smontò da cavallo. Fece cenni con la spada, puntandola contro le casupole di legno del pacifico villaggio di Waulsort, a neanche venti iarde di distanza.
La bocca butterata si distorse in un'espressione che solo vagamente ricordava un sorriso.
« Nessun prigioniero. »

Oltrepassarono la soglia di Waulsort.
Penetrarono nel ventre di Waulsort.
L'unghia di luna riusciva appena a gettare un alone di tenue luce sulle loro nere giubbe di cuoio bollito, blindate da anelli di ferro grossi come pugni. Al centro dei loro petti, svettava lucido il marchio del teschio delle ali di corvo, primo retaggio del dominio del Beccaio.
Tlin-Tlin, Tlin-tlin.
Le giubbe inanellate tintinnavano nella notte.
Una continua nenia distorta,
una eterna promessa di strage.

Tlin-tlin, tlin-tlin.
Hilsa Makoved e altri cinque demoni di ferro sfondarono i battenti di un portale di legno. Granaglie, smeenti, legname. Era un magazzino. Fuori, gli altri soldati si disperdevano nel villaggio. Non doveva esservi logica in quello che dovevano fare: solo voglia di sangue.
Ma lei era un reitermeister. Ogni sua azione era frutto di premeditazione, doveva esserlo.
Hilsa e i cinque soldati avanzarono nella penombra. Dentro, solamente quiete.
E gemiti. Puro terrore.
Una famiglia. Padre, madre, quattro figli. Anime perse in un angolo oscuro. Non ancora abbastanza oscuro.
La cagna orba piantò all'istante una palla da mezzo pollice nel ventre del padre. Un altro soldato impalò la madre con un rostro di metallo spuntato dall'avambraccio. Assieme, Hilsa e i cinque soldati sgozzarono, sventrarono, inchiodarono i quattro figli.
Il padre in agonia vide tutto questo.
Hilsa lo lasciò a torcersi nel sangue. Quel padre che muore non era importante, in fondo. Subito trovò ciò che cercava: olio da lanterne. Otri e otri. Dietro suoi precisi ordini, i soldati allagarono il pavimento. Dilagare viscido sul lastrico coperto di sangue.
Hilsa lavorò di esche e pietre focaie.
Un nuovo mostro sorgeva per inghiottire il villaggio di Waulsort.
Lo stesso che poco tempo prima aveva divorato la Purgatory.

Il demone del fuoco.

Per una descrizione più approfondita di Hilsa Makoved, rimando a questo post. Per una descrizione più approfondita dei Korps in generale (cfr: Reiter incursore, Reiter tiratore) il link è questo.

In ogni caso attendete l'intervento di Yomi prima di postare.
 
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Yomi
view post Posted on 15/9/2012, 01:43




Territori Occidentali
— Waulsort, città in fiamme —

Era del parere che fosse necessario chiudere le bestie da macello in un recinto ristretto, prima di scannarle, per non rendere lungo e tedioso il compito del macellaio. Sebbene il suo aspetto fosse ferino, aveva in se l'anima nera di coloro che amano il breve attimo in cui il coltello affonda nella carne ancora viva e pulsante, trovando solo tedio in tutto ciò che precede quel momento. Era stato sfortunato, in quegli ultimi giorni: solo tane da poche decine di capi, brevi ammazzatoi incapaci perfino di far risuonare nell'aria il belato delle prede sopra il cozzare delle mannaie. A lui però piaceva, quando urlavano. Alzavano i musi con il terrore negli occhi, e davano gusto alla lama che fende le ossa con colpi secchi. Al pari di una pietanza sopraffina, per godere di una mattanza bisogna appagare tutti e cinque i sensi. Come si può apprezzare un buon sapore se orribile alla vista o disgustoso all'olfatto? Come si può gioire di una carneficina se il bestiame è vecchio e malato o le urla sono sopraffatte dalle fanfare?
Finalmente però ecco uno scenario capace di soddisfare i suoi appetiti. Finalmente bestiame in quantità, ingrassato e chiuso in recinti in modo da essere la gioia del Beccaio.

« Portateli qui!!! »
Ruggì il Reiter Major con furia animale, facendo impennare il destriero al centro del piazzale, mentre gli uomini dei Falkenberg Korps sciamavano ovunque, innaffiando d'olio incendiario le case e gettando torce nelle finestre, stanando il bestiame uno ad uno, per poi infilzarlo senza pietà ammucchiando carcasse in alte pire fumanti. Rivestito del cuoio nero dei Korps, era un'apparizione infernale. L'ala di corvo spiccava sulla tempia rasata, ed un sorriso sadico capeggiava sul volto scarno e affilato. Teneva sollevata come uno stendardo una lancia su cui giaceva la carcassa di una giovane cagna delle tante che infestavano quel nido chiamato Waulsort.
« E voglio sentirli urlare... »
Abbaiò ancora, incitando i suoi uomini a proseguire nel massacro. »

~

« Il fuoco!! Un incendio a nord della città!!! »
Pochi se ne curarono. Di certo non loro. Non era inverno, la serata non era tanto fredda da far gelare il piscio nella latrina, però nessuno di loro vedeva in un incendio motivo sufficiente per allontanarsi dalla propria pinta di birra. Martym Lindsay apparteneva alla minoranza con quel briciolo di buonsenso sufficiente a spingerlo ad una delle finestre, lo sguardo rivolto alle fiamme in lontananza. Poi però il fratello dell'oste si rifece vivo, affacciando di nuovo il suo brutto muso dal naso storto e dagli incisivi mancanti...

« I... i predoni. »
Nella locanda piombò il silenzio. Una trentina di montanari degli altipiani alzarono gli occhi dai boccali per fissare l'omaccione terrorizzato.
« S... SONO ARRIVATI I PREDONI!!! »

Una finestra esplose in fragore di vetri in pezzi ed una torcia impattò le assi del pavimento. Grida di sorpresa, sedie smosse e uomini che balzavano in piedi allarmati e afferrano le armi. Dall'esterno irruppero le tonanti grida dei saccheggiatori, un concerto di fiamme divoratrici e di zoccoli ferrati che percuotono il selciato. Il fratello dell'oste venne scaraventato all'interno da un calcio e due bruti fecero irruzione, infrangendo sul pavimento barili colmi di liquido ambrato. Nella taverna impazzò lo stesso inferno scoppiato in tutta Waulsort.


Territori Occidentali
— Gli Eredi dei Grandi Casati —

« Bensvegliato, Yusuke del clan Takeshi. »
Perfino per Motoko fu impossibile non caricare di ironia la sua voce. Takeshi faceva parte delle guardie personali dello Shogun, eppure per tutto il tragitto aveva oziato e si era tenuto in disparte dimostrandosi inaffidabile perfino per gli incarichi di sentinella. Poiché all'oscuro di tutta la faccenda del drago, l'Aoyama non aveva affatto intuito il motivo di tanta sorpresa da parte del giovane, però era incline a considerarlo responsabile per quella reazione esagerata -in pratica lo riteneva colpevole senza processo pur non sapendo il motivo per cui è imputato.

« Acceleriamo il passo. »
Nessuno fece granché caso alle esternazioni del giovane Takeshi. Higashiyama Takayanagi, il più anziano ed il più massiccio fra i presenti, sollevò la lancia incitando i cocchieri a spronare gli animali, ed i carri avanzarono al trotto, con tutta la colonna che seguiva al passo. Con tutta la fretta possibile per un drappello che si portava appresso due carri di quelle dimensioni, puntarono con decisione verso la cittadina di Waulsort, dove erano promessi ristoro ed alleati.
Ma alla sera, quando giunsero in vista del villaggio, trovarono ben altro.

~

« Un incendio! La cittadina è in fiamme! »
« No... »
Motoko mise mano alla spada.
« Non è un semplice incendio. »

« Alt!! Fermate i carri! Difendete la nobile Konoe! In quattro con me! »
Il Takayanagi si mise alla testa di un drappello di apripista, cui si unirono immediatamente la Aoyama e l'uomo degli Altipiani, quest'ultimo in ansia per la sorte dei suoi compagni.


Waulsort era in fiamme. Quello che fino a poche ore prima era un pacifico buco privo di interesse; ora era un inferno di travi in fiamme e vetri infranti, di corpi straziati e spettri urlanti vestiti di metallo. Lo scempio riempiva di sdegno e faceva crescere la collera. E sebbene fosse ben conscia del motivo per cui era tornata in occidente con gli altri capicasata, Motoko non riuscì a fare a meno di metter mano alla spada, sentendo la necessità di fare qualcosa per arrestare quello scempio.
« Dobbiamo tornare indietro e deviare dal percorso previsto! » Gridò Higashiyama, mentre un edificio alle sue spalle collassava sotto il peso delle fiamme.
« I miei compagni sono in una locanda sull'altra sponda del fiume! » Rispose in affanno l'uomo degli altipiani, lottando per tenere a bada il proprio destriero.
« Sono giunti da lontano per aiutarci, nobile Higashiyama! Non possiamo abbandonarli! »
« Tieni a mente il motivo per cui siamo qui, Motoko Aoyama. »
« Attenti!!! »

Una grandinata di quadrella piovve sul gruppo, mirando indistintamente a uomini e cavalli. I dardi abbatterono il destriero del messaggero, gettando al suolo quest'ultimo con due frecce che gli sbucavano dal petto. Dal fumo emersero sagome ghignanti, armati di mazze, spade e balestre.
Non era più il tempo delle parole.


.Rakuen ~ IstruzioniLa situazione non potrebbe essere più semplice. Vi gettano una torcia in mezzo alla locanda e ci scagliano sopra due otri di olio incendiario: auguri a chi si trova nel mezzo -tutti quanti, per inciso. Dovete difendervi dalla vampata o subire l'equivalente di un danno Basso distribuito su tutto il corpo in ustioni e scottature. Considerate le fiamme come se fossero un normale attacco fisico, privo di livello, una qualsiasi difesa realistica -con tecnica o meno- può bastare a difendervi. Detto questo ci sono due uomini dei Korps armati fino ai denti all'ingresso ed un numero imprecisato all'esterno che sta devastando il paese, agite secondo le vostre inclinazioni senza restrizioni di sorta. Non siete necessariamente obbligati a compiere azioni specifiche, dovete semplicemente muovervi facendo ciò che ritenete opportuno fare in base al vostro personaggio. Non siate autoconclusivi.

Per Kuro e RockDanieLee invece la situazione è diversa: innanzitutto dovete decidere come muovervi, ovvero se offrirvi volontari per seguire il Takayanagi (lui) e Motoko fino a Waulsort, oppure se rimanere indietro con il resto del gruppo di giovani eredi ai Grandi Casati. Nel primo caso, vi ritroverete a cavalcare nel cuore della città ed subire agguati da parte delle truppe dei Korps impegnate a saccheggiare, bruciare, stuprare ed ammazzare a volontà. Vi arriva addosso una salva di quadrella di balestra: tre dardi ai vostri cavalli e tre a voi, tutti al petto. Fatto ciò, compaiono una buona dozzina di soldati e non avete scelta se non quella di ammazzarli o farvi ammazzare. Scegliete un numero a piacere di avversari tenendo conto che si tratta di personaggi non giocanti dotati ciascuno di un proprio livello energetico e di una scheda rudimentale, quindi due slot tecnica ciascuno ed un certo ammontare di energia.

Cinque giorni di tempo per postare, fino al 20/09
 
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Andre_03
view post Posted on 15/9/2012, 09:23




« Il fuoco!! Un incendio a nord della città!!! »

Il sorriso sul suo volto si spense, sostituito da un'espressione corrucciata.
Rivolse lo sguardo alla finestra, e scorse nella notte il baluginare di una fiamma; in cuor suo ne fu lieto, poiché vedeva in essa il bagliore del Signore nel profondo delle tenebre, giunto a bruciare nella fiamma della rettitudine quei corrotti Corvi e il loro dio pagano. Perciò non si mosse, tornò col capo chino a rimestare la sua zuppa saggiandone appena un poco il sapore. E tutto proseguì com'era cominciato, coi canti e i balli dei nordici, e la loro volgarità sovrastò il terrore di un incendio.
All'improvviso però la musica smise di risuonare nell'aria, e una debole eco cedette il passo al silenzio.

« I... i predoni » l'omaccione burbero che aiutava l'oste ai tavoli rabbrividì;
« S... SONO ARRIVATI I PREDONI!!! »

Fu a quel punto che a Waulsort giunse la guerra, impetuosa e impietosa.
Da una vetrata dell'osteria irruppe il fuoco di una torcia, che cadde innocuo sulle assi del pavimento. Dalla porta emersero lesti due bruti in armatura, recanti insegne che Sallahro non aveva mai visto in vita sua, e riversarono su quel tizzone dei barili certamente non pieni d'acqua. Il prete quindi agì in fretta, complici istinto ed esperienza: strinse le mani sul legno del piccolo tavolaccio a cui sedeva e lo rovesciò d'impeto, usandolo come scudo. La fiamma avvolse quella barricata da ogni lato, uccidendo molti commensali nella potente vampata iniziale.
In mezzo a quel calore, a quello strazio sovrumano che giungeva dalle gole riarse degli astanti, Salla pregava.
Rivolse al dio rosso un appello di clemenza per quei poveri disgraziati che bruciavano nel purificante fuoco del giudizio; chiese che fossero valutati come meritavano, ed augurò loro di ardere in eterno di fianco alla prima luce. Mentre sussurrava quella supplica, le sue mani scivolarono sui fianchi della veste - alle spade, alle armi. Repentino come gli invasori, si mosse oltre il riparo improvvisato, scavalcandolo con già le lame strette in pugno. I nemici erano lontani dalla sua posizione,
e già contrastati da un manipolo di armigeri del nord.
Eppure il suo intuito gli suggeriva che non sarebbero stati in grado di sconfiggere quei cani rabbiosi;
avrebbe dovuto aiutarli, perché altri soldati avrebbero raggiunto la locanda di lì a poco.
Già li vedeva: armati in malo modo, con corazze rugginose e facce butterate. Sporchi, sudici bastardi dai denti marci e lo sguardo omicida. Una masnada di assassini indegni d'essere chiamati uomini, schiavi dei più bassi impulsi animali.
Conosceva bene i mercenari di quella risma.
Era stato uno di loro, d'altronde.

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« Tuo è il fuoco che illumina la notte -- » l'olio dei barilotti colava dai tavoli circostanti, dalle colonne del locale;
vi intrise le lame e lasciò che avvampassero, meravigliose « - tua è la luce del giorno, per cui ti siamo grati -- »
sussurrava una preghiera, osservando ammirato le fiamme che reggeva in mano:
« - tuo il giudizio implacabile, di cui io sono strumento. »

In un lampo cremisi nella luce dorata del rogo, Sallahro fu all'altro capo della locanda.
Si erse maestoso innanzi ai bruti, affrontandoli con la furia del dio rosso personificato; le spade fiammeggianti emanavano un calore che lui solo pareva sopportare, e reclamavano sacrifici con urgenza. Mulinò l'arma di destra contro il primo dei banditi, mirando al petto ben sapendo che la lama avrebbe ignorato ogni resistenza per giungere inesorabilmente al cuore e darlo in pasto alle fiamme. Allo stesso tempo abbassò la testa per evitare ritorsioni e spinse la mancina in un affondo che mirava al ventre della seconda carogna senza dio.
Rapido, tanto letale quanto elegante, il prete rosso combatté quegli avversari senza mostrare pietà alcuna.
Con le piume di struzzo intrise di porpora che gli cingevano le spalle,
la veste ampia che spazzava il pavimento incandescente
e il cuore che ardeva di un incendio implacabile.


corollario


condizioni fisiche ottimali;
condizioni psicologiche ottimali;
energie residue 100%;

equipaggiamento 2x spade in fiamme (una per mano - 4x nascoste nella veste); veste rossa (indossata);

capacità speciali maestria nelle armi (4CS); velocità (1CS); agilità (1CS); intelligenza (1CS);
abilità passive qualsiasi oggetto diventa un'arma se impugnato come tale, il personaggio può tagliare le armi nemiche, le sue ferite causano sanguinamento passivo (Danza dell'acciaio); il personaggio non sviene al 10% di energie, resiste alle alte e basse temperature, non ha normale bisogno di mangiare o dormire e resiste alla fatica, i suoi consumi energetici sono ridotti (Benedizione della luce e del fuoco); la veste può nascondere fino a quattro armi al suo interno, e non produce suoni (La veste rossa);
abilità attive -

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note perdonate l'impazienza, ma avevo proprio voglia di scrivere. Ho preso qualche licenza nella gestione del personaggio, e spero che il QM apprezzi piuttosto che incazzarsi. Non cito per intero i testi delle passive per non appesantire oltre misura questo specchietto riassuntivo, mi auguro che non ci siano problemi in merito. Preciso soltanto che l'attacco ai due PnG, non autoconclusivo, è portato senza ausilio di tecniche ma con 7 CS e la passiva del Warrior Style Liv. II (fai te, Mariolone; fai te).

resoconto azioni Sallahro reagisce d'istinto (forte di diverse CS distribuite tra velocità, agilità e intelligenza) quando vede i due armigeri gettare altrettanti barilotti sulla torcia ardente. Capendo la situazione, afferra il tavolo - che viene considerato come arma in virtù della passiva del Warrior Style Liv. I (Danza dell'acciaio) - e lo rovescia per farne uno scudo. Dopodiché intinge le armi dell'olio infiammabile e lascia che vengano lambite dal fuoco, così da combattere con le spade fiammeggianti; ciò non attiva alcuna abilità e, in quanto tale, è un espediente GdR che durerà finché il QM lo riterrà opportuno. In ogni caso, il danno delle spade non è da considerarsi aumentato: conta sempre come attacco fisico non tecnica. Il PG si trova a suo agio nell'incendio grazie a una passiva di resistenza alle alte temperature (Benedizione della luce e del fuoco) e idealmente conclude l'azione di fronte all'ingresso della locanda, ponendosi come primo ostacolo per eventuali altri invasori.
 
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Nihilism
view post Posted on 18/9/2012, 15:42




Aspettava, l’Arcidemone. Seduto su uno sgabello sorseggiava l’idromele locale, aveva un gusto molto forte. Un gusto che gli ricordava l’adrenalina, la guerra e la vittoria, il sapore che lo riempiva d’eccitazione. Attendeva la scintilla della violenza che lui stesso avrebbe tramutato in un incendio gigantesco, bruciando, cancellando vite e sogni. Perché lui era un tra i santi, un antagonista tra gli eroi, e uccidere era il suo più grande dovere e piacere. Arrivarono nel mezzo dei festeggiamenti, due uomini dall’aria tutt’altro che amichevole, appiccando il fuoco e trasformando la ridente locanda in un terribile inferno. Quelle che prima erano risate goliardiche si trasformarono in un coro di terrore e disperazione; tutti si spintonavano e gridavano al fuoco. Una macabra danza dove la gente ballava fra la vita e la morte.

« S... SONO ARRIVATI I PREDONI!!! »
« Ti sbagli » nient’altro che un sussurro nella tempesta cremisi.

kh37e

« sono le tenebre che stanno arrivando »

Lingue di fuoco si gettarono sui presenti, attorcigliandosi sui corpi dei più lenti come serpenti, consumando le loro vite. Gemiti e imprecazioni, dolore e rabbia, uomini che lottavano con le fiamme e uomini che cercavano di resistere. Un palcoscenico perfetto, ideale, dove la morte regnava sovrana, di cui lui era la falce. Rise, rise di tutti coloro che morivano, della loro debolezza e della loro inettitudine. Gettò il boccale in mezzo nel cuore dell'incendio, alzandosi, incurante del fuoco che cercava di divorarlo. Lui possedeva qualcosa di più grande. E quando l’inferno dei Predoni giunse dall’Arcidemone, questo gli mostrò il suo, di inferno. Le tenebre presero a turbinare attorno a Chevèl, invitando il fuoco a danzare con loro. Un tornado di fiamme e oscurità, un turbinio malevolo e piacevole, perché lui era il nero signore della lussuria. E niente poteva rifiutare la sua chiamata, nemmeno la natura stessa. Iniziò a camminare verso il bancone, dietro di lui moriva il connubio che aveva generato, ovunque continuava a divampare l’incendio. Era stranamente attratto dal fuoco, così simile al male che lui generava, così simile al calore provocato dall’unione di due corpi. Oltrepassò il bancone, cercando una via di fuga alternativa; volse un ultimo sguardo all’incendio, pareva quasi un braciere da focolare in confronto a quello dentro l’Arcidemone.

CHEVÈL
archdemon of lust

FORMA UMANA

c o n s u m i
[5] [10] [20] [40]

c s f o r m a u m a n a
4 [Agilità]

c s f o r m a d e m o n i a c a
4 [Astuzia]


Energia 95% ; Stato Fisico illeso ; Stato Mentale perfetto

Passive

- trascendere la forma -
Carne resistente come l'acciaio, armatura naturale. Passiva del dominio vampirismo.

- trascendere i sensi -
Visione nel buio, a meno che questo non sia di natura magica o illusoria. Passiva del dominio vampirismo.

- trascendere l'esistenza -
Immortalità, l'unico punto debole è la lingua. Passiva del dominio vampirismo.

- i am your deepest fear -
Tutti - esclusi i demoni e coloro che hanno un'energia superiore a quella di Chevèl - provano timore nei confronti dell'Arcidemone. Razziale degli avatar demoniaci.

Attive

- the hands -
La sua volontà è quella di corrompere e distruggere, in lei vi sono l’orgoglio dei demoni e la loro brama di sangue e vittoria. Tentatrice e soggiogatrice, solo che a differenza di Lilith, la Madre dei demoni, ella non può manifestarsi fisicamente per irretire le menti dei suoi nemici, può però ucciderli. Può divorare un uomo, ma non un esercito, in quel caso le alternative sono semplici: fuggire o lottare, in quel momento lei verrà in suo aiuto, le sue mani lo proteggeranno o lo aiuteranno a uccidere i suoi nemici. Se l’Arcidemone deciderà di non poter combattere contro intere orde di nemici, oppure di dover fronteggiare un attacco troppo potente, potrà farsi circondare dalle tenebre per poi svanire con loro in un luogo sicuro. (Alto) Al contrario, se conscio della sua superiorità si butterà in campo aperto, Chevèl potrà sfrutta l’oscurità per combattere, liberandola e donandole la forma che desidera; rimarrà comunque una materia densissima del colore della pece, di elemento magico. (Variabile Basso) Vi è inoltre un secondo potere, più insidioso e letale, nascosto celato nelle mani diafane del Sesto. Egli, semplicemente toccando la sua vittima, potrà privare della luce i suoi occhi tramite una malevola influenza psionica. Tale cecità non è permanente, ma in genere nessuno sopravvive abbastanza per raccontarlo. (Alto)

--------------------------------------------------------
Chevèl utilizza la variabile sull'oscurità corrosiva per spazzare via le fiamme e poi oltrepassa il bancone.


 
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view post Posted on 20/9/2012, 15:59
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Yusuke Takeshi.
La guardia personale di Dalys era una persona fin troppo superficiale per quel ruolo. Ogni orientale lo guardava con disappunto mentre mostrava la sua scarsa etichetta e un non rispetto dei protocolli a dir poco disarmante. Se fosse stato diverso avrei potuto pensare a lui come un possibile Sussurro, perchè la sua abilità era grande, ma no. Data la sua inesistente discrezione non era affatto adatto.
A quanto pare conosceva Ditarosse. Nulla d'importante comunque: il Takayanagi ordinò di continuare a marciare come se niente fosse. D'altronde non avevamo motivo per oziare: i clan delle montagne ci aspettavano al villaggio, e il Beccaio non avrebbe atteso a lungo prima di compiere la sua mossa. Ogni minuto perso inutilmente faceva aumentare lo svantaggio che avevamo sul nemico.
Avanti.

. . .


No, quello era decisamente uno spettacolo che non ci aspettavamo di vedere. Il villaggio completamente avvolto da un alone rossastro emanato dalle fiamme che corrodevano le abitazioni. Durante il viaggio mi era sembrato di percepire uno strano calore provenire da quella direzione, ma non gli diedi troppo peso perchè poteva essere causato da qualunque cosa.
Eppure era chiaro come il sole: non poteva essere un semplice incendio. Le fiamme erano estese per tutto il villaggio, e date le dimensioni di questo era impossibile che fossero riuscite a divorare tutti gli edifici senza che gli abitanti riuscissero a domarlo. Dalla nostra posizione potevamo osservare anche un fiume nelle vicinanze. E se l’acqua non mancava voleva dire una cosa sola: quello era un attacco!
Il Takayanagi lo capì immediatamente, e ordinò alla carovana di fermarsi mentre insieme ad un gruppo di volontari sarebbe andato in avanscoperta. Motoko ovviamente lo seguì, e così fece l’uomo che ore prima aveva bloccato il nostro cammino.
Se fossero stati semplici predoni, i due orientali sarebbero bastati per tenerli sotto scacco, eppure le probabilità che fossero i Falkemberg Korps erano notevoli. Data la loro ferocia, un uomo in più poteva fare la differenza.
Sorrisi alla ragazza che avevo accanto, rivolgendole un tono decisamente fuori luogo con la preoccupazione generale.

Nobile Konoe, mi unirò al gruppo di testa per liberare la strada, badi a se stessa.

Non mi piaceva andare a cavallo. Ma per tenere il passo degli altri e non stancarmi prima del tempo non avevo scelta. A dir la verità riuscivo a malapena a tenermi sulla sella senza cadere, e conoscevo solo le basi tecniche per controllare la direzione dell'animale. Non ero certo come i giovani nobili che imparano ad andare a cavallo prima di imparare a camminare!
In un modo o nell'altro però riuscii a seguire il gruppo fino all'entrata del villaggio.

Lo spettacolo era terribile. Era come ritrovarsi nel bel mezzo di una guerra, fra cadaveri abbandonati lungo il ciglio della strada e rumori di vetri infranti troppo spesso accompagnati da sciacallaggi. Il calore emanato dalle fiamme aveva un odore particolare: probabilmente era stato alimentato da qualche sostanza infiammante per far propagare l'incendio con maggiore impeto.
D'un tratto il primo screzio: continuare e salvare i nostri futuri alleati, o lasciarli sopravvivere con le loro forze. Il Takayanagi era stoico nella sua posizione, ma qualcosa si muoveva fra le macerie fumanti. Un agguato!

Con una capriola scesi repentinamente da cavallo, giusto in tempo per evitare la scarica di colpi di balestra. L’animale venne colpito inesorabilmente e crollò a terra. Uno dei motivi per cui detestavo andare a cavallo era quello: in caso di agguato non lo avrei potuto salvare in alcun modo. Ci stavano lentamente circondando, e non avevamo tempo per discutere. Mi portai alle spalle di Motoko. Un bisbiglio.

Quegli uomini ci servono, vivi. Voi pensate a sopravvivere, io raggiungerò l'altra parte del fiume per trovarli e indicargli la nostra posizione.

Veloci passi laterali mi portarono al riparo in un vicolo adiacente. Loro sarebbero stati al sicuro: conoscevo Motoko, e il Takayanagi non doveva essere da meno. La mia sagoma iniziò a cambiare per assumere l'aspetto di un gatto nero. In quella forma non avrei destato sospetti, e con un po' di fortuna sarei riuscito a raggiungere gli uomini degli altopiani indisturbato: in mezzo alle fiamme la sentivo chiaramente. Una lieve ma distinta scia, con lo stesso odore che quell'uomo aveva addosso.




Riassunto Post
Capacità Straordinarie: 6 - Agilità: 4 Percezioni: 2
Energia: 100% - 2% = 98%
Status Fisico: Illeso
Passive Utilizzate: visione notturna e attraverso nebbie e simili; auspex sensoriale; pelle coriacea; immortalità tranne se soffocato; capacità di osservare l'anima delle persone; capacità di percepire le bugie; capacità di compiere acrobazie e movimenti fuori dall'ordinario; conoscenza degli eventi all'interno del Clan Toryu; risparmio energetico del 3%; non sviene sotto il 10%. di energie
Attive Utilizzate: Insegue i Fuggitivi [Pergamena Stella]
Una spia non deve essere impaziente. Colpire in fretta è importante, ma qualche volta lasciare in vita un nemico può essere utile per seguirlo e scoprire l'ubicazione del suo covo. Contro avversari particolarmente elusivi può essere un problema riuscire a seguirli, ma il Primo Sussurro può farlo dove altri falliscono. Le incredibili percezioni che gli dona la Bestia gli permettono di registrare inconsciamente qualunque indizio lasciato da eventuali bersagli, dalle semplici impronte alla flebile scia dell'odore. Grazie ad un consumo basso di energie il Sanguinario potrà isolare e distinguere la traccia, riuscendo così a risalire alla posizione del suo bersaglio, qualunque esso sia: uomo o animale, ma anche l'uscita di un labirinto o l'ubicazione di un oggetto particolare.
Riassunto Azioni: Grazie a passive, CS e simili mi accorgo dei dardi e li evito agilmente. Il Cavallo muore. Decido quindi di allontanarmi dal gruppo per recuperare i clan delle montagne e farli unire a noi. Uso la pergamena Stella per identificarli come obiettivi e seguire la traccia del loro odore. Tutto questo in forma di gatto per evitare di destare sospetti.

 
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60 replies since 6/9/2012, 21:35   2216 views
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