Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Sandstorm; behind enemy lines

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view post Posted on 14/1/2013, 18:12
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Il mio nome è Raymond Lancaster.
Sono un morigerato suddito del Sovrano da più di due dei miei trentaquattro anni, e posso giurare di essermi impegnato nel non mancargli mai una preghiera, tanto nei momenti di pace quanto in quelli di difficoltà. Nonostante non brilli per acume o intelletto, non ho mai trovato difficoltà alcuna nel comprendere il concetto della trama, né quello dell'incomprensibilità dei messaggi del mio Dio. Ho accettato senza questioni l'idea che il Sovrano sia un'entità incompatibile con quella degli uomini, troppo grandemente nobile perché le sue azioni possano avere un senso ai miei occhi.
Eppure quando sto seduto su questa pietra, col sole che mi batte sul capo e la polvere che mi stropiccia gli occhi, a conteggiare le probabilità che quanto mi sia accaduto possa ripetersi, finisco sempre col mettere in discussione la mia fede. Lo faccio timidamente, cercando di nascondere il mio senso di colpa come un bimbo fa con le marachelle combinate alle spalle dei genitori. E' un lento processo di autodistruzione, conscio che sia inconscio.
Com'è possibile che tutto questo stia accadendo a me?

Sono due mesi che sto perso nel deserto dei See per rispondere alla chiamata della mia chiesa e mi è stato portato via già gran parte di ciò che sono. La sabbia ha già soffocato il mio nome, i miei titoli, le mie armi, i miei amici, il mio modo di vestire e di mangiare - quanto ci vorrà ancora prima che riesca a penetrarmi nella pelle per intaccare la mia fede? Già mi vedo sovrastato da una gigantesca statua di ferro nero tutte le volte che mi stendo per coricarmi: un mostro costruito per ricordarmi che ho perso il diritto di dormire fino al giorno in cui non riuscirò a mettermi ordine nella testa; un costrutto che sta lì, a ricordarmi tutte le scelte sbagliate che ho compiuto in vita.
"tempo al tempo" mi dice assumendo l'aspetto di Alexei "hai troppa fretta di ottenere le risposte che cerchi."
"il Sovrano ha mandato un eroe a salvarci" sciorina poi indossando la maschera di un Corvo "non sei forse tu, Sir?"
"sei un drago" ultima poi con la voce di mio padre "e ci si aspetta che ti comporti da tale."

Non ho mai chiesto niente di tutto questo. Io ho solo seguito la strada che il Sovrano ha tracciato davanti a me senza questionarmi alcunché e adesso la notte sogno montagne che bruciano, la sera vedo spettri che mi scrutano impedendomi di dormire e la luce del giorno non fa altro che ricordarmi che sono perso nel mezzo di un deserto, circondato da creature mostruose e con la faccia ancora sporca di verde.
Se la mia vita fosse un racconto, vorrei che venisse rappresentata in maniera tragicomica; vorrei che si sottolineasse quanto assurda fosse la mia situazione, così che chi dovesse soffermarsi a leggerla quantomeno potrebbe farsi una risata su quanto stupidamente traumatico io ritengo sia che non riesco a riportare la mia faccia al suo colore naturale da quando quel goblin me l'ha impiastricciata.
Se fosse cantata da un bardo vorrei che fosse una melodia allegra, piena di smorfie e sussurri. Potrebbe chiamarla "le ansie di Raymond il verde".
Mio padre la adorerebbe.

« Soldaat...? »

Alzai solo in quel momento lo sguardo sul viso spezzato di Brug, un orco brutto persino per i peggiori esponenti della sua razza.
Quand'era comparso?

« Soldaat, ne abbiamo trovati due altri. »
« Bene. » gli dico alzandomi e ripulendomi il viso dalla sabbia « Quant'è che manca alle maree? »
« Halwe maan, dicono gli shamans. Alexei diceva però che noi potere aspettare che... »
« Alexei non è più qui. »
È stato allontanato dal deserto. I tuoi chierici l'hanno portato a Deshi Barasa perché potessero usarlo per riunire le tribù sotto la loro bandiera, e io non lo rivedrò più.
E se manca davvero mezza luna alle maree, allora non ho tempo da perdere.

« e Nazir? »
Quello fa un cenno di diniego con la testa, senza alcun timore di deludere il suo interlocutore. Lo fa con uno sguardo carico di disprezzo, questionandosi sugli ordini di Raymond come lui aveva fatto prima con le vie del suo Dio. I pelleverde non avrebbero imprigionato Nazir; l'avrebbero lasciato libero in mezzo a loro diffidando di lui come un bianco fa di un moro la prima volta che lo incontra. Non l'avrebbero né interrogato né torturato come stava ordinando Raymond per strappargli informazioni. Soprattutto, non avrebbero messo il Soldaat a capo dell'accampamento, ora che i chierici s'erano allontanati.
Gli ordini della reliquia, però, sono sacri e indiscutibili.
Così ora i pelleverde si trovano al centro del deserto dei See a mezza luna dalle maree senza aver ancora impacchettato nulla per migrare al sicuro, solamente perché il loro novello comandante non ha ancora risolto la questione che l'ha portato a meridione prima di ogni altra cosa. E anzi, Raymond ha persino ordinato che si raccolgano tutti i profughi sparsi per il deserto e che si accolgano nel miglior modo tutti i visitatori, dando loro riparo dal cataclisma in arrivo. Così ora le tende sono strapiene e il cibo inizia già a scarseggiare. Ma l'ha mai vista, il Soldaat, una marea?
La fame, si sa, non è buona amica della pazienza.

« Fa in modo che i nuovi arrivati si sentano a loro agio. »

Brug grugnisce.

« Verrò a incontrarli tra poco. »



CITAZIONE
Inizio in medias res. Per la precisione, a qualche settimana di distanza dagli avvenimenti di reunion. I cambiamenti principali sono stati:

• Alexei/Venatrix non c'è più. I chierici l'hanno portato alla "capitale" del popolo orchesco perché possano presentarlo alle tribù come la loro nuova guida. Prima di andarsene, tuttavia, il drago ha chiesto che fosse Raymond a guidare l'accampamento in mancanza dei chierici.
• Nazir non ha ancora parlato. È anzi convinto che lord Vaash manderà qualcuno a salvarlo, benché ormai non si veda segno di nemici da settimane.
• Le maree sono ormai vicine: per chi non se lo ricordasse, le maree sono violente tempeste di sabbia che durano per giorni interi, tipiche del deserto dei See. Solitamente quando arrivano le maree i Pelleverde migrano e si spostano in zone più sicure, per non restare coinvolti nel cataclisma. Come si evince leggendo il post, tuttavia, Raymond ha ordinato il contrario. Questo significa che col peggiorare del tempo - vento più violento, nubi scure etc. - peggiora anche l'umore degli orchi di giorno in giorno. Raymond ha anche ordinato che gli orchi pattugliassero il deserto e che conducano in salvo all'accampamento chiunque venga trovato sperduto; un altro ordine che non fa che peggiorare l'umore dei pelleverde.

J!mmy e Zaide: Il vostro post di presentazione è semplice, poiché ripartiamo esattamente da dove ci siamo lasciati. Voglio che descriviate il vostro "vivere" nell'accampamento orchesco nelle settimane successive alla battaglia coi Rooi Valke. Potete decidere di aver assistito a uno qualsiasi degli eventi non descritti (la partenza di Alexei, gli interrogatori di Nazir etc.): fatemelo sapere in confronto e io vi darò informazioni aggiuntive e chiarificherò qualsiasi vostro dubbio. A tal proposito, ho scritto un post brevissimo proprio per questo: volevo che foste voi a interessarvi dei singoli eventi, in modo da introdurre la quest a tre - io ho appena anticipato alcuni momenti, voi potete viverli. Insomma, sfruttate il topic in confronto anche se non è esattamente un giro quest "da tavolo".
Amesoeurs e ~Fatal_Tragedy~: Per voi il post di presentazione è un po' più complesso. Me ne scuso, ma è necessario per la partenza "in corsa". Per qualche ragione, i vostri personaggi devono essere arrivati nel deserto dei See. Questa ragione potete inventarvela voi di sana pianta, oppure potete dire che sono stati ingaggiati dai Corvi stessi per capire che fine abbia fatto Raymond Lancaster, visto che non hanno sue notizie da mesi. Nel deserto i personaggi - che possono viaggiare insieme o meno, a vostra scelta - vengono avvicinati da un gruppo di pelleverde che li conduce - se necessario con la forza - all'accampamento, dove incontrate Raymond. Quest'ultimo vi spiega la situazione, e poi siete liberi di girare nell'accampamento. Potete impostare il post come preferite: se volete concentrarvi sul vostro arrivo nel deserto e sulla "cattura da parte degli orchi, non ci sono problemi". Se volete concentrarvi sul dialogo con Raymond, sono pronto a intervenire in confronto per aiutarvi nel dialogo. Se invece volete presentare queste due parti come ricordi del pg e concentrare il vostro post sui successivi giorni presi ad ambientarvi nell'accampamento, potete fare anche questo. In tal caso, vi ripropongo una lista di suggerimenti che avevo lasciato anche ai precedenti partecipanti, per capire come muoversi fra i pelleverde:

• I pelleverde vivono in tende di cuoio e poco altro. Il loro accampamento è estremamente "barbaro".
• La vita dei pelleverde è breve e si aggira intorno alle quattro decadi: capite ben presto che la maggior parte delle differenze fra umani e pelleverde può essere ricondotta a questo fattore.
• I pelleverde hanno nomi brevi, generalmente di una sillaba. Solo i vecchi e i generali possiedono nomi lunghi, come "Bara-Katal".
• Gli anziani sono rispettatissimi, e la loro opinione è tenuta di gran conto anche se non fanno parte di una gerarchia: se sono anziani è perché sono sopravvissuti fino ad oggi, quindi sono o benedetti, o fortissimi, o entrambi.
• Si dice "anziani" per modo di dire: il corpo dei pelleverde matura in fretta e non decade fino a che non è prossimo alla morte per vecchiaia, quindi anche chi ha quattro decadi ha corpi forti e tonici come chi ne ha due.
• A tal proposito, gli storpi e chi non è in grado di combattere vengono rinnegati e allontanati dall'accampamento: un po' perché non sono utili, un po' per salvarli dai combattimenti.
• I pelleverde hanno una mentalità incredibilmente agonistica. Buttano qualsiasi cosa sul gioco, e tentano di trasformare qualsiasi discussione in una prova di forza. Persino la guerra per loro non è altro che una competizione.
• I pelleverde non hanno paura di giocarsi la vita, anche per delle sciocchezze: giacché è breve già naturalmente, la maggior parte di loro sostiene che vada dunque vissuta al limite in ogni secondo.
• I pelleverde tendono ad agire prima di pensare. Dove gli umani pianificano, i pelleverde dicono "andiamo lì, poi vediamo cosa fare.". Questo non significa che non siano in grado di creare tranelli o strategie elaborate come quelle a cui avete assistito nella battaglia precedente.
• I pelleverde hanno un rispetto assoluto per il sesso femminile: le donne vengono trattate come veri e propri tesori; alcuni hanno addirittura timore di loro.
• I pelleverde non fanno distinzioni razziali, anche se diffidano degli umani: finché starete nel loro campo, visto che siete stati traditi, sarete considerati a tutti gli effetti dei pelleverde anche voi.
• I pelleverde non tradiscono né danneggiano mai (se non per competizione) altri pelleverde. Il tradimento non esiste neppure nella loro popolazione; non è concepito: la vita è troppo breve per sprecarla a macchinare o usarla per danneggiare i propri simili. E' un abominio umano.
• I pelleverde sono super religiosi, benché il culto dell'Unico non abbia funzioni: ognuno lo venera a modo suo, e questo la rende una religione incredibilmente eterogenea.
• I pelleverde rispettano l'autorità e sono umili e obbedienti, anche con le autorità che non appartengono al loro popolo, come Raymond.
• La vita dei pelleverde ha un regime molto militare, con ampie brecce di cameratismo: si passa dai bambini addestrati con severità a momenti di totale cazzeggio alla mensa comune.
• I pelleverde mangiano sempre tutti insieme nella stessa tenda.
• I figli dei singoli pelleverde sono i figli di tutti i pelleverde e vengono allevati e cresciuti come se ciascun adulto fosse loro padre; non ha importanza chi lo sia biologicamente.
• I pelleverde odiano cani e cavalli, e cani e cavalli odiano loro: ringhiano e si imbizzarriscono, e le diverse razze non possono avvicinarsi.
• Ai pelleverde piace immensamente cantare; peccato che siano cantanti pessimi.
• I pelleverde adorano il fuoco, e lo venerano in maniera mistica: spesso il fuoco fa parte dei loro rituali religiosi.
• I pelleverde credono che la scrittura possa rubare l'anima: pochi sanno leggere, meno ancora sanno scrivere. Quelli che scrivono affiggono poi un timbro a forma di occhio al termine dei loro messaggi, poiché credono che altrimenti la pergamena svuoterebbe la loro testa dalle parole.
• La lingua che parlano gli uomini del deserto e i pelleverde è la stessa; sono stati i pelleverde ad insegnarla agli uomini migliaia di anni prima.

Mi spiace molto di non poter approfondire ulteriormente, ma in questi giorni sono abbastanza tirato. Per qualsiasi domanda, potete usare il topic in confronto dedicato alla quest.
 
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view post Posted on 16/1/2013, 17:52
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h e l l i s n o w
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SANDSTORMv2_zps78bc843d
I

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Un inferno di sabbia cocente: così le era stato descritto il deserto dei See.
E così le appariva dinanzi agli occhi; così lo sentiva sulla pelle.

A una settimana di viaggio il gelo invernale di Basiledra era niente di più che un lontano ricordo, fugato con forza dall'intensa caluria che le ottenebrava i sensi. Distese desolate, aride e senza vita, ammantavano il paesaggio a perdita d'occhio, al punto che più di una volta Veronica si ritrovò ad interrogarsi sulla strada intrapresa appena pochi minuti prima. Forse era lei a non esser avvezza a quel genere di panorama, ma non riusciva a cogliere alcun punto di riferimento neppure fra le guglie rocciose che di tanto in tanto si innalzavano dal terreno. Trovare qualcuno, o anche solo qualcosa, in quel posto era probabilmente un'impresa impossibile. Un genere d'incarico che i Corvi avevano tuttavia ritenuto adeguato per lei e il suo compagno, ora paladini del Sovrano alla ricerca di un fedele e prezioso suddito che pareva esser stato improvvisamente inghiottito da quello stesso inferno.
Raymond Lancaster.

Lo stallone incespicò all'improvviso, e per poco Veronica non rischiò di cadere; reagì in ritardo, tirando le redini appena in tempo per evitare un capitombolo potenzialmente fatale. Era da parecchio che non trovavano un'oasi, e il destriero ne risentiva a quelle temperature assolutamente non congeniali; se cadeva era probabile che non si sarebbe facilmente rialzato, e a dire il vero lo stesso valeva per lei. L'armatura che indossava era diventata a dir poco incandescente. L'acciaio baciava con ardente prepotenza la pelle sottostante, bruciandola al limite dell'ustione. Non era certamente saggio intraprendere una spedizione nel deserto bardati di tutto punto, e soltanto un idiota si sarebbe ostinato a procedere in simili condizioni; ma la verità era che quella sensazione le piaceva. Qualunque cosa che scacciasse la terribile apatia, gelida e strisciante, che troppo spesso soffocava il suo spirito, era la benvenuta. Finché avesse sentito la carne bruciare, se non altro, sarebbe stata certa d'esser ancor viva. Sollevò soltanto la visiera concedendosi un poco più d'aria, consapevole di stare tirando troppo la cinghia.

« Dimmi un po', Neshnak... »
iniziò con voce resa roca da una sete a lungo non soddisfatta
« ...pensi davvero che il Lancaster sia ancora vivo? »

Si costrinse a riprender posizione retta sulla sella, nel tentativo di scacciare il pericoloso torpore che iniziava ad annebbiarle la vista. L'occhio cadde sulla borraccia appesa al fianco del cavallo, e si chiese se vi fosse ancora dell'acqua all'interno. Non ricordava più quando l'avesse ricontrollata l'ultima volta, e non teneva particolarmente a sapere subito la risposta a quella domanda.

« Sinceramente non lo so. Abbiamo girato parecchio, ma con scarsi risultati... »
mentre ascoltava la risposta, Veronica fece scivolare le dita sopra il tappo sfiorandolo appena
« E poi da quant'è che non si fa vedere nella Capitale? Parecchio mi pare. Anche se fosse vivo, probabilmente non sarà più lo stesso. Vivere in questo deserto... Ti cambia. »

Vivere in qualsiasi inferno ti cambia, si ritrovò a pensare.
Resistette alla tentazione e riportò le mani sulle redini, che poi strattonò appena per portarsi al fianco del massiccio guerriero. Lo osservò inclinando il capo verso l'alto, misura necessaria vista la stazza anormale che lo caratterizzava.

« Hai ragione. E sai una cosa? Ammetto che trovo l'idea di riportare ai Corvi un'altra persona... »
sorrise, inclinando leggermente gli occhi
« ...alquanto divertente. »

Non conosceva di persona il Lancaster, ma sapeva abbastanza di lui per capire che i Corvi ci tenevano particolarmente a rivederlo sano e salvo; del resto non si spediscono cavalieri in una ricerca disperata tra dune di sabbia e caldo asfissiante per dei signor nessuno. Chissà se però sarebbero rimasti della stessa idea, nel ritrovarsi dinanzi una persona diversa. Ma purtroppo, la fantasia evocatole dal compagno - lo sapeva, era destinata a rimaner tale; lei non credeva che fosse ancora vivo. Troppi mesi erano trascorsi senza sue notizie, e da quel che vedeva il deserto dei See non era un luogo ospitale. Per quel che ne sapevano, Raymond poteva trovarsi seppellito sotto qualche duna, magari proprio quella che gli zoccoli del suo stallone stavano calpestando. Ucciso dai banditi, assalito dagli orchi, divorato da qualche bestia che dimorava nel ventre di quelle terre, sfiancato dal clima mortale; poteva immaginare fin troppe amare conclusioni a quella vicenda per convincersi del contrario.

« Tuttavia io penso che sia semplicemente morto. »

Terminò lapidaria, riportando gli occhi all'orizzonte. E proprio lì, fra i riverberi brillanti del sole, credette di intravedere qualcosa.

« In quel caso pace all'anima sua. »

Strinse le palpebre, sforzandosi di acuire la vista per quello che poteva fare in quelle condizioni.
Qualcosa prese forma sopra la sabbia.

« Un'anima non può trovar pace all'Inferno, Neshnak. »

Ombre in avvicinamento.
SEPARATOREVERONICA1-1
Deserto dei See
— Campo Pelleverde —



Osservava attraverso le fessure dell'elmo le capanne costruite alla bene e meglio che le sfrecciavano ai lati, mentre i troll facevano strada nell'accampamento; ogni tanto qualche orco particolarmente pittoresco le strappava un'occhiata distratta, ma per lo più era l'indifferenza a dominarla. E non solo lei, a quanto pareva. Nessuno degli individui che la incrociarono si soffermò troppo a squadrarla; sembrava quasi che per loro fosse normale avere dei visitatori del genere calpestare la loro terra. In quello non li trovò molto dissimili dai Jarwhack con i quali aveva convissuto per diversi mesi, in un passato non troppo remoto.

Quando poche ore prima aveva intravisto quelle figure in avvicinamento aveva subito pensato a dei briganti, e invece non solo si erano rivelati orchi non ostili, ma addirittura li avevano invitati a raggiungere il loro campo, mettendoli in guardia su alcune violente tempeste in arrivo. Una strana gentilezza. E dovette ricredersi anche sulla sorte del pupillo dei Corvi, poiché per quanto indubbiamente diverso da come se lo era immaginato, l'uomo dal quale furono scortati corrispondeva grosso modo alla descrizione che le avevano fatto del Lancaster. Si tolse subito l'elmo, sorridendo un po' incredula alla manifestazione concreta di quanto fino a poco prima erano nient'altro che congetture. Vestiti logori, protezioni leggere, spada sprovvista di guaina... e una macchia verde in faccia: Veronica non poté evitare di lanciare un'occhiata piuttosto eloquente a Neshnak, mentre venivano condotti in un posto più appartato. Era sorprendente come talvolta le sembrasse che il mondo decidesse di riplasmarsi per compiacere le sue fantasie perverse.

« Sono spiacente che abbiate dovuto compiere un viaggio così lungo senza che nessuno ora possa accogliervi come meritereste. »
esordì il Lancaster, invitandoli ad accomodarsi su semplici sacchi di farina
« Come avrete potuto intuire, il Sovrano mi ha condotto lungo un sentiero... insolito. »

Probabilmente lei stessa non avrebbe potuto trovare parole più adatte per descrivere la situazione; sembrava quasi esser diventato uno dei Pelleverde, qualcosa di assolutamente inatteso, e dunque anche molto, molto interessante.
Era ansiosa di comprendere in fretta la genesi di quel cambiamento.

« Oh, non c'è nessun problema. Non ci aspettavamo nessuna accoglienza, ser. »
rispose pacata senza attardarsi troppo nel accogliere la proposta
« A dire il vero, cominciavamo anche a perder le speranze di trovarvi. »

Morto e seppelito nella sabbia, così se lo era immaginato.
Per fortuna che non tutte le sue fantasie diventavano poi realtà; in questo caso ne sarebbe stata estremamente contrariata.
Si ricordò peraltro di non essersi ancora presentata, e si affrettò dunque a colmare quella scortese mancanza.

« Può chiamarmi Veronica. »
disse avvicinando la mano al petto, aspettando che anche l'altro viaggiatore si presentasse prima di riaprir bocca
« Come potete facilmente immaginare, a Basiledra vi sono persone piuttosto... »
sorrise appena, divertita dal pensiero
« ...preoccupate per la sua salute, ser. Non riceviamo vostre notizie da mesi. »

Cercò nel frattempo di darsi una sistemata ai capelli appiccicati alla fronte e alle guance; le vecchie abitudini faticavano a morire, e il galateo le imponeva di rendersi almeno un poco presentabile dinanzi a un interlocutore di una certa caratura. Raymond aveva anche il suo fascino, non lo si poteva negare; la pelle resa dura dal sole, le cicatrici, i capelli sfatti, gli davano quell'aria di uomo vissuto che da sempre era capace di ravvivare un certo interesse in lei.

« Lasciatevi dire che siete una coppia di messaggeri ben strana. Non riesco a capire se i Corvi si augurino che io torni sano e salvo... »
la guardò per un istante - poi riserbò le sue attenzioni a Neshnak
« ...o si augurino che io rimanga qui per sempre. »

« Oh no, non avrebbero spedito noi a cercarvi, se fosse così. »

Si affrettò a rassicurarlo sul punto, mentre lui ordinava ai due troll di portar qualcosa per saziare gli appetiti e placare la sete; Veronica fu ben lieta di poter nuovamente buttare giù un po' d'acqua fresca, e non si preoccupò di nasconderlo troppo. Il viaggio era stato sfiancante, anche se per fortuna non inutile, ma pareva esser stato ben poca cosa rispetto a quello che doveva aver patito Raymond, stando a quello che iniziò a spiegare. Così, mentre consumava il frugale pasto, la Vatrich venne rapidamente ragguagliata su tutto ciò era successo nei mesi scorsi, dai presunti piani di Lord Vaash ai danni dei Corvi, alla cattura dell'ostaggio e all'aiuto offerto dai Pelleverde alla causa.
Una trama di eventi nella quale di certo non poteva immaginarsi di finir intrappolata.
L'ennesima, ben gradita, sorpresa - anche se sarebbero stati in pochi a pensarla allo stesso modo.

« Un paio di uomini fidati potrebbero tornarmi comodi. E se i Corvi hanno riposto in voi la loro fiducia, non ho motivo di diffidarvi. Aiutateci ad infiltrarci nella corte di Lord Vaash e quando torneremo a Basiledra vi prometto che lo faremo da eroi. »

« Può contare su di me, ser. Il nostro compito era quello di ritrovarvi e riportavi a Basiledra, dunque non vi è ragione per noi d'esitare nel prestarvi aiuto e fare il possibile per la causa. »

Anche l'impossibile forse, perché no; dopotutto si trattava del primo incarico di una certa importanza che le venisse assegnato da quando era giunta al Toryu, ed era una buona occasione per cominciare a piantar radici, farsi notare. Si salutarono sbrigativamente, e dopo la promessa di un prossimo e più preciso briefing del piano d'azione, si congedarono.
_ __ _____________________________________ __ _

I primi giorni all'accampamento furono piuttosto fastidiosi per Veronica.
Camminando fra i tendaggi affollati da orchi sempre più irrequieti, la coglieva spesso una nostalgia dolceamara di tempi ormai lontani; qualcosa che solamente frammenti di memoria intrisi di forti emozioni riuscivano a risvegliare in lei. Anche se in realtà era tutto molto diverso lì, a partire dalle attenzioni particolari che le venivano rivolte sino a giungere al clima sociale mortalmente differente da quello presente nelle tribù Jarwhack, non poteva fare a meno di ripensare - oggi come allora - a quanto sempre di meno si sentiva parte del mondo degli uomini. La sua affinità alla battaglia e agli spargimenti di sangue, il desiderio di spingere il corpo e lo spirito al limite ogni volta che il fato gliene concedeva la possibilità, l'affannosa ricerca di qualcosa che anche solo per un istante potesse liberarla dalla gabbia d'inedia che la imprigionava in un realtà odiosamente perfetta - quella fatta di comodi giacigli e di pasti caldi tutti i giorni -, erano solamente degli esempi di una filosofia aliena tra la sua gente e certamente più affine a quelle creature che in molti chiamavano bestie.

E lei lo era, una bestia.
Brava a celarsi e a ingannare, senza dubbio, ma che prima o poi decideva di disfarsi di trucchi e menzogne per trovare il proprio naturale sfogo nell'unico modo che conosceva. Eppure, nonostante tutto, era consapevole di non aver posto neanche fra i Pelleverde, così come non lo aveva trovato fra i ben più brutali Jarwhack. Perché a differenza loro, a lei non bastava sapere e accettare com'era fatta. A lei serviva anche un perché.
Una malattia fin troppo umana questa, che si sforzava di lenire come poteva.

Provò a disfarsi di quei fastidiosi pensieri nei giorni successivi, dedicandosi a qualcosa che amava fare: studiare le persone. Comportamenti, modi di porsi, indizi che potessero aiutarla a tracciare a grandi linee le immagini che affollavano i pensieri di chi la circondava. Ma non solo, anche comprendere la cultura e le tradizioni di un popolo potevano aiutare. Così fece in modo di avvicinarsi a quei pochi individui capaci di scrivere, scoprì il loro bizzarro timore di perder per sempre le parole che vergavano sulle pergamene, e senza particolari difficoltà, cominciò anche ad apprendere un po' della loro lingua. Proseguì per questa strada fintanto che gli orchi diventarono meno socievoli, a causa delle imminente maree che sembravano innervosirli parecchio; dopodiché la Vatrich preferì desistere e ritornare a concentrarsi su quanto l'aspettava nel futuro prossimo: una tempesta nella quale si sarebbe gettata con gioia, e dalla quale sarebbe uscita rinvigorita - come solito - o non sarebbe affatto uscita.

VERONICATAG3v2
VERONICA VATRICH | CS: Potenza Fisica (4)
| B:5% - M:10% - A:20% - C:40%


Stato Fisico ~ ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥
                         ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥ [Perfetto]
Stato Mentale ~ ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥ [Perfetto]
Mana Residuo ~ 100%


ABILITA' PASSIVE
CRIMSON MADNESS [Passiva di II e III Livello del Dominio Forza del Toro]
    Resistenza al dolore, sopportazione danni fino a un doppio Mortale.
SYSTEMATIC CHAOS [Passiva Razziale del Mezzodemone]
    Difesa psionica.
SOUL CRACK [Passiva Personale]
    Malia psionica che stimola reazioni, sensazioni ed emozioni primitive.
PAINFUL CARESS [Passiva di I Livello del Dominio Forza del Toro]
    Capacità di maneggiare armi pesanti come stocchi leggeri.


EQUIPAGGIAMENTO
VERMILLION [Integro - Attualmente non equipaggiato]
    Gigantesco martello da guerra a due mani.
NYAR'KHATAP [Integro - Infoderato dietro la cinta]
    Pugnale rituale.
REKSESJATER [Integra - Appesa al fianco sinistro]
    Mazza ferrata.
CORONA D'ARGENTO [Integro - Dietro la schiena]
    Scudo medio/grande.
PEANA TRIONFALE [Integra - Equipaggiata]
    Armatura media completa.



PASSIVE (Integrale)
CITAZIONE
CRIMSON MADNESS.
Chiunque si dovesse trovare a combattere al fianco della donna, non potrà fare a meno di notare che nel suo modo di duellare vi sia qualcosa di decisamente sbagliato. Anche se flagellata da ferite tremende, non una sola ombra di dolore si farà mai strada sul suo viso. Non è raro infatti che anziché gemere di dolore, Veronica lo faccia di piacere quando una lama d'acciaio le penetra le carni. Un malato desiderio di sangue - più genericamente innescato da qualunque cosa ne condivida il colore - che le impedisce di crollare, di incassare fino al doppio di quanto un normale mortale potrebbe sopportare, fintanto che non colpita fatalmente o sfiancata del tutto dalle emorragie e dalla stanchezza. Si tratta di una perversione alla quale la donna non è in grado di sottrarsi, e alla quale deve necessariamente dar soddisfazione. Per questo, anche quando il nemico è restio a combattere, Veronica è in grado di attirare tutte le sue attenzioni su di lei - spendendo un quantitativo Medio di energie. Sia che la provocazione avvenga per mezzo di parole sprezzanti o gesti inconsulti, essa colpirà l'avversario come un vero e proprio attacco psionico (dal quale ci si può proteggere con le adeguate difese) in grado di innescare nel bersaglio una rabbia che avrà fine solamente dopo due turni di combattimento.

SYSTEMATIC CHAOS.
È idea diffusa che più una persona sia mentalmente instabile, e più gli sia difficile nascondere la propria pazzia. Una mancanza di equilibrio comporta una mancanza di controllo. Ma questa non è un'affermazione sempre valida. Nella sua follia, Veronica è sorprendentemente lucida. In grado di mantenere un ferreo autocontrollo in pressoché qualsiasi situazione, nessun tipo di influenza psicologica passiva potrà mai riuscire a penetrare la sua mente, confondendone le capacità di giudizio o alterandone le intenzioni a meno che non sia lei stessa a desiderarlo.

SOUL CRACK.
Non esiste creatura che non covi desideri proibiti, istinti malevoli, perversioni nascoste. Vi sono soltanto persone più capaci di altre a soffocarle nella melma del subconscio, a nasconderle nell'antro più oscuro e remoto della propria anima. Emozioni negative che la sola presenza di Veronica è in grado di far riemergere progressivamente. Quasi come fosse un magnete per questo genere di pulsioni, chi la circonda si vedrà progressivamente vittima di una perdita di controllo sulla propria parte primitiva; pensieri, sensazioni, sogni, istinti, tutto ciò che fino a quel momento era tenuto serrato nel cuore degli astanti si vedrà libero e in grado di esercitare la sua influenza al pieno della sua intensità. Essendo un potere in grado di risvegliare più che indurre, i suoi effetti possono variare da individuo a individuo e generalmente sono più celeri nel sopraggiungere, seppur meno destabilizzanti per ovvi motivi, su personaggi di allineamento negativo (potrebbe manifestarsi come un'invidia e una gelosia crescente, una rabbia insensata, paranoia, desideri sessuali, ecc). Anche l'oggetto di tali desideri può variare a seconda delle circostanze e dei personaggi coinvolti. Le conseguenze di questo potere - essendo puramente interpretativo - sono comunque rimesse all'avversario, che potrà ignorare del tutto gli effetti della malia nel caso sia dotato di difese psioniche passive. Tutt'altra storia nel caso Veronica desideri marchiare permanentemente la mente del bersaglio con tali sensazioni, potenziando la malia con un consumo energetico Variabile; in tal caso, essendo una vera e propria offensiva psionica, i danni riportati resteranno per tutta la durata dello scontro sotto forma di perdità di lucidità proporzionale all'entità dell'influenza, benché le emozioni scatenanti restino sempre a discrezione dell'avversario.

PAINFUL CARESS.
Posando i propri occhi sulle mani e sulle dita della ragazza, apparentemente più adatte a elargire carezze che sberle, non si potrebbe mai pensare che siano in realtà in grado di brandire armi spropositate e sferrare colpi micidiali. E invece, a dispetto delle apparenze, Veronica si trova perfettamente a suo agio nell'agitare il suo martello da guerra in mezzo alla mischia, proprio come se non avesse alcun peso; una capacità innata che si applica anche a qualsiasi altra tipologia di arma simile si dovesse trovare stretta nel suo pugno. E se per caso la forza di cui dispone non si dovesse rivelare sufficiente, Veronica sarà in grado di incrementare ulteriormente la propria potenza muscolare per la durata di un solo turno. In termini di gioco, è in grado di guadagnare 4 CS bonus a Potenza Fisica con consumo Medio, 8 CS con uno Alto, o in alternativa ben 16 CS con uno Critico.

EQUIPAGGIAMENTO (Integrale)
CITAZIONE
VERMILLION
Fedele compagno di mattanza, questo rozzo martello da guerra in acciaio scuro accompagna Veronica ormai da molto tempo. È stato forgiato da qualche parte nel Nord, brandito dal capo di una feroce tribù Jarwhack di cannibali rasa al suolo in una delle tante campagne, e infine razziato dal suo cadavere dalla donna stessa. Pesante, resistente e in grado di spezzare corazze e armature come fossero di cristallo, ha frantumato abbastanza ossa da far paura ai più ferali degli Screamers del Nord. Nessun comune essere umano è anche solo in grado di sollevarlo, nei suoi due metri e mezzo di lunghezza, ma nelle mani di Veronica pare essere leggero come una piuma. La testa del martello è grande all'incirca quanto un torso umano.

NYAR'KHATAP
Pugnale rituale utilizzato durante i sacrifici umani, la lama ricurva e scintillante sembra fatta apposta per cavare cuori ancora pulsanti. Con circa venti centimetri di acciaio tagliente e affilato, e altri dieci di manico color ebano, questo coltello non si rivela un'arma ottimale da impiegare in battaglia tuttavia in caso di necessità è in grado di fare il suo dovere. Vi sono delle incisioni sul filo argentato, somiglianti a grovigli caotici dal dubbio significato, mentre sul fronte del piccolo pomello in oro si trova una raffigurazione di una rosa avvolta dalle fiamme. Nella lingua Jarwhack, il nome di quest'arma significa "Zanna di Diavolo".

REKSESJATER
La traduzione letterale del nome di quest'arma è "scuoiatore", un appellativo apparentemente strano da dare a una mazza ferrata di ottantadue centimetri, ma che in realtà rispecchia alla perfezione la sua natura. Nel processo di forgiatura difatti è stata posta particolarmente cura nella lavorazione di numerose lame e punte metalliche nella parte superiore all'impugnatura, realizzate in maniera tale che una volta colpito il nemico e ritratta l'arma, buona parte della carne sottostante venisse strappata aggravando ulteriormente le ferite inflitte. Inoltre le scanalature incise sulle aguzze sporgenze della mazza - una volta penetrate in profondità nelle difese nemiche - facilitano la fuoriuscita di sangue. Quest'arma venne offerta a Veronica in dono dopo la sua iniziazione nella Rosa.

PEANA TRIONFALE
Originariamente si trattava di un'armatura ornamentale passata di generazione in generazione fra le mani delle comandanti della Guardia d'Argento; forgiata in acciaio e rivestita di una sottile patina d'argento finemente istoriato, non è mai risultata particolarmente utile in guerra per la sua nuova padrona, che l'ha sempre considerata più un pezzo da collezione da sfoggiare in occasioni speciali. Così, quando nel corso di una feroce battaglia campale la corazza andò quasi del tutto in frantumi, Veronica decise di raccoglierne i pezzi per riforgiare dagli scarti una nuova veste protettiva, più adatta al suo scopo. Il set comprende due spallacci lavorati nei quali sono scolpite croci d'argento a braccia eguali; bracciali inferiori conici con manopola rivestita internamente in cuoio; un paio di schinieri dotati di cosciale - che garantiscono la copertura di circa tre quarti di gamba; piastra pettorale e posteriore con l'effige del casato intarsiata all'altezza dello sterno; gorgiera sporgente fino al mento, e un elmo decorativo rinforzato adatto a reggere urti pesanti dalla forma simile a una testa di toro. Le corna - rivolte in avanti - e la visiera composta da diverse piccole sbarre metalliche verticali, sono gli unici due pezzi a presentare un colore scuro. Essendo l'armatura di per sé già piuttosto pesante, per evitare di intralciare ulteriormente i movimenti sono state lasciate scoperte alcune zone, quali ventre-zona bassa della schiena, bacino e la parte superiore delle braccia; inoltre in prossimità delle giunture l'armatura è sostituita da fasce di pelle e reticolati di maglia, per garantire la libertà delle articolazioni.

CORONA D'ARGENTO
Pezzo d'equipaggiamento originariamente abbinato all'armatura e alla spada che ogni comandante della Guardia d'Argento era solita ricevere al momento dell'incoronazione, si tratta al momento anche dell'unico che Veronica non ha gettato o modificato in qualche modo. Difficile dire se sia per una qualche questione affettiva, per quanto distorta possa essere, o se sia invece l'indubbia l'efficacia dello scudo nel smorzare i colpi nemici. Abbastanza grande da coprire tre quarti di braccio, ma non abbastanza da costituire un grosso intralcio nella mischia, l'oggetto presenta un'ampia superficie smaltata d'argento e un'anima in acciaio puro.

ESTASI PURPUREA
Si tratta di un composto allucinogeno realizzato con estratti d'erbe provenienti dal lontano oriente che viene ampiamente utilizzato dalla sua padrona. Contenuto in una boccetta di vetro dotata di tappo, è principalmente usato come droga ed eccitante - l'effetto che se ne ottiene inalandone brevemente i fumi - ma se gettato a terra e liberato tutto in una volta, i suoi effetti stordenti sui malcapitati che lo respirano saranno tali da riuscire a confondere i loro sensi per la durata di due turni. Le esalazioni della mistura sono facilmente riconoscibili una volta che è dispersa nell'etere, per via del suo acceso colorito porpora.



NOTE
Prima di tutto chiedo scusa se il post è un po' lunghetto. Ho fatto di tutto per tagliare il tagliabile, evitando di dilungarmi troppo sui vari punti, ma quando mi si mette tanta carne al fuoco non riesco mai a scegliere cosa prendere (mi sarebbe anche piaciuto approfondire di più i giorni trascorsi all'accampamento, ma poi finivo veramente per farmi odiare con un wallpost xD). Detto questo, Veronica e Neshnak vengono contattati dai Corvi e mandati a investigare sulla presunta sparizione di Raymond; svolgono assieme il viaggio da Basiledra fino al deserto, e dopo aver girato qualche giorno vengono avvistati dalla pattuglia di orchi che li conduce al campo. Il resto è il dialogo con Raymond fatto in confronto, e una breve parentesi su quello che Veronica pensa/fa nei giorni successivi. Ammetto che mi sarebbe piaciuto anche interagire un po' con i personaggi di Jimmy e di Zaide, ma per i motivi già sopracitati ho preferito evitare di romper le balle subito al primo turno xD per quanto riguarda equipaggiamento e passive, come solito cito tutto integralmente solo al primo post - compreso l'equipaggiamento che al momento Veronica non ha con sé (Vermillion), poiché essendo dotata di una tecnica di evocazione dell'equipaggiamento, potrebbe recuperarlo in qualsiasi momento. Finisco rinnovando gli auguri di buon divertimento per tutti.


 
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view post Posted on 18/1/2013, 10:49

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Alzò lo sguardo portandolo verso l'orizzonte, osservando dall'interno dell'elmo quel luogo orribile, quell'Inferno che pareva ripudiare la vita, abbandonato dagli Dei stessi. Si guardò intorno, osservando le dune che circondavano lei e la sua compagna mentre un velato sconforto lo assaliva.

Sabbia, sabbia, sabbia.
Non v'era nient'altro che sabbia, in quel dannato Deserto dei See.



Senza tanti fronzoli era stata convocato da un Corvo insieme ad una donna, una certa Veronica, il quale diede ai due una missione da portare al termine il prima possibile. Nëshnäk si trovava da poco nella Capitale, non conosceva ancora i nomi degli individui più importanti della città, dunque non sapeva di preciso quanto fosse oneroso quell'incarico, ma non faceva nulla - ogni lavoro, dal più umile al più nobile andava eseguito con la stessa serietà e dedizione. Per questo ora viaggiavano dal un bel po' di tempo oramai, circa una settimana, girovagando in lungo e in largo in quella distesa infinita, alla ricerca del prezioso suddito del Sovrano: Raymond Lancaster.
Faceva caldo, troppo, eppure i due non si lamentavano o mostravano infelici l'un l'altro. Forse per orgoglio, forse perché la soglia della sopportazione non era stata ancora sfiorata. Eppure continuavano a viaggiare dì dopo dì senza mostrare segni di cedimento. Quel calore ustionante, acuito dall'acciaio delle armature complete che portavano addosso, anche se graffiava la loro pelle non avrebbe impedito il corretto svolgimento della missione. Il fallimento del resto non era nemmeno contemplato nella mente dell'orco, che avrebbe preferito vagare all'infinito per quel deserto piuttosto che deludere il Clan Toryu, quello che gli aveva permesso di ricrearsi una vita.

Aveva molta sete, non beveva da un pezzo e la borraccia d'acqua era già stata svuotata del tutto. Questa non era la prima volta in cui s'avventurava in quella distesa arida, dunque aveva sviluppato una cerca abilità nel gestire le scorte di primaria importanza, ma ciò non era bastato. L'ultima oasi visitata dalla strana coppia di cavalieri oramai era solo che un ricordo appannato, una sorta di visione onirica. Digrignò i denti, facendoli stridere fra loro, producendo un suono alquanto irritante: da quando si era messo in viaggio né lui nè il suo cavallo si sentivano a proprio agio, qualcosa pareva non andare per il verso giusto. Più il tempo passava e più sentiva una sorta di sinistra frenesia, che nei momenti in cui gli pareva di avvistare qualcuno - spesso a causa di miraggi - esplodeva in scatti rapidi di rabbia. Ciò lo preoccupava, ma non più di tanto, quindi evitò di pensarci più il dovuto, preferendo ignorare la cosa. Sicuramente era merito della temperatura elevata che riscaldava il suo spirito, già bollente di suo.

E niente. Non accadeva niente. Erano circa sette giorni che vedeva solo sabbia, di tanto in tanto qualche disperato, ma niente di speciale. Quella situazione lo snervava oltremodo, facendogli perdere la concentrazione, tanto che nemmeno si rese conto del movimento repentino di Veronica, la quale diede uno strattone alle redini per evitare una caduta rovinosa in quel suolo che poteva cuocerla viva.

« Dimmi un po', Neshnak... »
la mente dell'orco era priva di ogni pensiero, eppure a causa di quel caos calmo nemmeno si accorse delle prime parole della donna, anche lei assetata, come testimoniava la voce rauca.
« ...pensi davvero che il Lancaster sia ancora vivo? »



Gran bella domanda, si ritrovò a pensare. Le possibilità che fosse vivo erano scarse, se non nulle, e nel suo cuor di pietra si ritrovò a sperare nel miracolo. Se da una parte lo voleva per servire il Clan Toryu nel miglior modo possibile, portando al Sovrano persone di cui necessitava, dall'altra lo desiderava perché così, almeno in teoria, il compito sarebbe risultato più breve. Accertarsi della morte di un individuo qualsiasi - come l'esperienza gli aveva insegnato - risultava assai complesso.

« Sinceramente non lo so. Abbiamo girato parecchio, ma con scarsi risultati... »
incominciò a sputacchiare qualche parola, anche lui con la lingua impastata
« E poi da quant'è che non si fa vedere nella Capitale? Parecchio mi pare. Anche se fosse vivo, probabilmente non sarà più lo stesso. Vivere in questo deserto... Ti cambia. »



Concluse alla bene e meglio, calando lo sguardo sul polso sinistro, dove teneva un bracciale sul quale era stato posto un piccolo cannoncino. Gli era costato un bel po' quel gioiellino, ma alla fine il fabbro che lo guardava con così tanto disprezzo e timore reverenziale aveva fatto un ottimo lavoro. Ancora non l'aveva utilizzato, ma non vedeva l'ora di farlo. Portò le dita sui vari ingranaggi, stando bene accorto a non dare strattoni alla cordicella che come gli avevan detto faceva partire il colpo, incominciando a seguire sbadatamente i lineamenti di quel pezzo di ferro con l'indice. La donna poi riprese a parlare, stavolta avvicinandosi con il cavallo verso di lui, guardandolo. Anche lui ricambiò lo sguardo, perdendosi con le proprie iridi rosse in quelle eterocromatiche di Veronica, quella Lady intrigante che non aveva dimostrato ribrezzo nei suoi confronti, quella creatura sconosciuta pure per gli orchi, neppure la prima volta che l'aveva visto di fronte al Corvo.

« Hai ragione. E sai una cosa? Ammetto che trovo l'idea di riportare ai Corvi un'altra persona... »
mentre stava pronunciando quelle parole sentì un qualcosa di sbagliato, fuori posto, eppure non fece trasparire nulla, nemmeno un'emozione che tradisse il pensiero il quale lentamente s'andava formando nella sua mente.
« ...alquanto divertente. »



Voltò il capo, ritornando a fissare davanti a se. Lo trovava divertente, ma non riuscì a cogliere il perché, ma infondo uno dei suoi motti era "Non comprendere, non capire, non appoggiare: ubbidire e basta". Dunque certi concetti sottintesi, oppure le classiche trame di corte fitte ed intricate come dei rovi di Biancospino selvatici, proprio non volevano entrargli in testa. Oltretutto era un tipo che amava farsi gli affari suoi, certo se qualcuno gli rivolgeva la parola rispondeva, ma raramente si sarebbe impicciato di cose che non lo riguardavano. Questo era uno di quei casi.

« Tuttavia io penso che sia semplicemente morto. »
il modo in cui tali parole vennero pronunciate fece divertire non poco Nëshnäk, già provato dalle strane sensazioni che laceravano la sua anima, che senza troppi problemi diede una risposta ugualmente lapidaria.
« In quel caso pace all'anima sua. »



Un modo di parlare simile non era degno della figura di Cavaliere, ma lui non apparteneva a quell'ordine. Forse poteva essere confuso a causa dell'armatura, della dedizione per la battaglia o per l'assoluta fedeltà nei confronti di Basiledra, ma in cuor suo rimaneva pur sempre un mercenario. Certe cose del resto non si potevano cancellare. Una volta che si viene marchiati da qualcosa, da esperienze che toccano nel profondo, queste ci segnano a vita, indirizzando quasi involontariamente determinate scelte. Non c'era spazio per il libero arbitrio.

« Un'anima non può trovar pace all'Inferno, Neshnak. »



Questa era una verità del mondo, ma ce n'era anche un'altra: nulla è impossibile. Forse poteva dare un'altra risposta, ma non lo fece, optò piuttosto per rimanere in silenzio, risparmiando il fiato. Il tutto mentre continuava ad osservare dinnanzi a se, in quelle montagne di sabbia su cui troneggiava il Sole, il quale con la propria lucentezza mise in risalto delle figure. Aguzzò la vista, parandosi gli occhi dai raggi del disco di fuoco, definendo meglio quelle figure. No, non erano di certo miraggi.

Qualcuno si stava avvicinando.
Senza che nemmeno se ne accorgesse la mano scivolò sull'impugnatura di quel grande spadone innominato, la cui lama - se quelle ombre appartenevano ad individui ostili a loro - avrebbe baciato molto sangue da lì a poco.


___ _____ ________ _____ ___
Campo dei Pelleverde



La Meretrice di Visceri rimase al suo posto, dentro il fodero composto da una fitta rete di catene, che rendevano ancor più difficoltoso trasportare quel blocco di ferro già pesante di suo. L'istinto bestiale di caricare a testa bassa quelle ombre che s'avvicinavano era forte, ampliato da un qualcosa di primordiale e sconosciuto di cui nemmeno si rese conto, eppure dovette calmarsi; non era più solo, non era un animale privo di legami - adesso era subordinato al Sovrano, doveva evitare gesta che avrebbero potuto compromettere la sua già vacillante reputazione. Quindi, rimanendo bene accorto, pronto a scattare da un momento all'altro, rimase a fissare quegli individui che si avvicinavano. Ringhiò sommessamente quando distinse i loro tratti orcheschi, sicuro che avrebbe dovuto affrontare quella minaccia con la forza, insieme alla cavallerizza che stava al suo fianco. Ma ciò non accadde. Con immenso stupore gli appartenenti a quella razza belligerante non avevano cattive intenzioni, anzi, volevano preservarli da una minaccia che rispondeva al nome di Marea. La mano pronta a scivolare sull'impugnatura di colpo si rilassò, allo stesso modo dell'animo irrequieto di Nëshnäk: dovevano trovare il Lancaster, quella era un'opportunità imperdibile, una grande fortuna.
Ironia della sorte, quella fortuna sfacciata non si sarebbe fermata lì. Dopo essere stati portati al campo dei Pelleverde - in cui molti li ignorarono, come se fosse una cosa normale o ripetuta cento e più volte, quella di avere estranei a casa - vennero condotti da un uomo, quello che probabilmente gestiva l'insediamento. Sgranò gli occhi quando vide la sua figura, provando a nascondere la sorpresa il più possibile, difficile già di suo da notare per via dell'armatura completa e dell'elmo che gli copriva il volto, celando i lineamenti. La Montagna squadrò da capo a piedi quella persona scortata da una coppia di troll nerboruti, la quale indossava degli abiti da beduino laceri e sotto di essa - come si poteva ben notare nei punti strappati - un'armatura di cuoio scura come la pece. Il suo aspetto pareva quello di un uomo provato: la pelle imbrunita a causa del Sole, in un modo che era raro anche per i contadini del Nord, la barba incolta, le cicatrici che testimoniavano un passato fatto di scontri.. Ma soprattutto una macchia verde sul viso. Diede un'occhiata a Veronica abbastanza eloquente. Un uomo che non poteva essere il nobile Raymond Lancaster, e invece...

« Sono spiacente che abbiate dovuto compiere un viaggio così lungo senza che nessuno ora possa accogliervi come meritereste. »
incominciò a dire il presunto nobile dopo averli scortati in una tenda, la quale come si poteva facilmente intuire dalle merci ivi riposte veniva utilizzata come magazzino. Li invitò ad accomodarsi sopra a quei sacchi, ma egli rifiutò a differenza della signora, era stato fin troppo seduto sopra lo Shire.
« Come avrete potuto intuire, il Sovrano mi ha condotto lungo un sentiero... insolito. »



Quel lemma, "Insolito", appariva molto riduttivo. Erano pochi i signori che chiedevano ad un servitore di condurre uno stile di vita simile, soprattutto ad uno di origini rispettabili. Una fiducia ed un rispetto invidiabile quelli del Lancaster, ma non ci pensò più del dovuto, non era quello il suo lavoro. Magari poteva dire qualcosa, in modo da indurre il suddetto a fidarsi di loro, del resto però non era bravo a parlare, quindi preferì rimanere in un silenzio tombale. Talune volte una o due parole erano meglio di cento.

« Oh, non c'è nessun problema. Non ci aspettavamo nessuna accoglienza, ser. A dire il vero, cominciavamo anche a perder le speranze di trovarvi. »
rispose ella, la quale con tutta probabilità aveva capito sin da subito che doveva essere lei a discutere con il Ser
« Può chiamarmi Veronica. »
concluse, facendo una breve pausa subito colmata dalla voce grottesca e gutturale dell'orco.
« Nëshnäk. »



Qualsiasi altra persona con del sale in zucca e un minimo di buone maniere avrebbe utilizzato un tono più formale, accondiscendente ed elegante per presentarsi. Peccato che la Montagna non rientrasse per bene in tutti e due i gruppi, quindi - rimanendo fedele alla propria scelta di parlare solo se interpellato - rivelò il nome con un tono che ricordava quello del classico soldato chiamato da un superiore. Quindi senza tanti ripensamenti si tolse l'elmo, mostrandogli finalmente i lineamenti spigolosi del volto: fronte alta e corrugata, occhi grandi e rossi come il sangue che fin troppe volte aveva visto nei campi di battaglia, labbra sottili e secche per il caldo, capelli cortissimi e scuri, le zanne inferiori invece non fuoriuscivano dagli angoli della bocca, a meno che non parlasse. Ed in quell'orchestra di lineamenti non aveva una macchia verde impressa sulla pelle come il Lancaster, ma un tatuaggio dal tema tribale che dalla tempia sinistra scivolava fin sotto il collo.

« Come potete facilmente immaginare, a Basiledra vi sono persone piuttosto... preoccupate per la sua salute, ser. Non riceviamo vostre notizie da mesi. »
la risposta dell'individuo che quasi inconsapevolmente nascondeva le proprie nobili origini sotto le spoglie di un comune barbaro non si fece attendere
« Lasciatevi dire che siete una coppia di messaggeri ben strana. Non riesco a capire se i Corvi si augurino che io torni sano e salvo... o si augurino che io rimanga qui per sempre. »
.. E probabilmente, dopo tale esclamazione un campanellino d'allarme suonò per Veronica.
« Oh no, non avrebbero spedito noi a cercarvi, se fosse così. »



A quell'ultimo accenno non si scompose, nemmeno d'un poco. Era ben conscio delle sensazioni che faceva nascere nella coscienza altrui, quindi in un certo senso c'era abituato, eppure la cosa non lo soddisfaceva affatto. Ma sopportò, convinto del fatto che si sarebbe guadagnato almeno un po' della sua fiducia con le proprie azioni. Nel mentre fece portare degli alimenti, un po' di pane e dell'acqua, ai quali il ragazzone non rifiutò. Aveva patito la fame e la sete nelle dune del Deserto dei See, se ora poteva trovare un minimo di sollievo in quel cibo non si sarebbe fatto perdere l'opportunità. Così incominciò a mangiare con calma, ascoltando tra un boccone e l'altro ciò che Raymond aveva da dirgli.

« Immagino che non vi auguriate di ripartire immediatamente per il nord, dopo un viaggio così lungo, quindi lasciate che vi esponga la situazione. »



Iniziò quindi a parlare di un lord, un tale Razelan Vaash, che si trovava da qualche parte nel Deserto dei See, il quale per qualche motivo ignoto era accinto nel complottare alle spalle dei Corvi. Un vile che andava subito denunciato alla Corte del Sovrano, non prima di aver ottenuto prove certe della trama infima che come un ragno disgustoso stava tessendo all'ombra di tutti. Una minaccia che avrebbe visto la sua fine in uno stagno di sangue. Già pregustava il momento in cui la Meretrice di Visceri avrebbe affettato le carni di quei dannati, portandogli via tutto quello di cui avevano più caro. Desiderio che faceva riaffiorare nella sua mente scene di guerriglia, quelle che per lui erano molto care - involontariamente, pure i polpastrelli della mancina scivolarono dietro di se, toccando quello strumento di morte da poco ottenuto. Raymond continuò spiegando che aveva trovato in quel gruppo di Pelleverde un valido aiuto, un qualcosa di alquanto singolare, soprattutto se a chiedere appoggiò è un comune essere umano e non un valido esponente della loro razza; in ogni caso meglio così, gli orchi erano i migliori soldati in assoluto, truppe in alcuni casi difficili da gestire, ma il tutto veniva ripagato con un'efficacia disarmante. Subito dopo disse loro anche di aver catturato un ostaggio, dalla bocca non troppo larga, che lo aveva costretto a elaborare un nuovo piano.

« Un paio di uomini fidati potrebbero tornarmi comodi. E se i Corvi hanno riposto in voi la loro fiducia, non ho motivo di diffidarvi. »
concluse, catturando l'attenzione della Montagna, che senza pensarci troppo sfoderò lo spadone, facendo impattare la punta dell'arma contro il suolo sabbioso.
« Aiutateci ad infiltrarci nella corte di Lord Vaash e quando torneremo a Basiledra vi prometto che lo faremo da eroi. »
chinò il capo, mostrando rispetto nei suoi confronti, poi indurì la presa sull'impugnatura
« Può contare su di me, ser. Il nostro compito era quello di ritrovarvi e riportavi a Basiledra, dunque non vi è ragione per noi d'esitare nel prestarvi aiuto e fare il possibile per la causa. »
adesso era il suo momento.
« Ti giuro una momentanea e assoluta fedeltà, Raymond, fino a che giustizia venga fatta. »



Solitamente bisognava smielare certi concetti, utilizzare modi di parlare educati e formali, o quantomeno un tono servile e accondiscendente. Cosa che Nëshnäk non fece - non per mancanza di rispetto, ma solo perché nessuno gli aveva insegnato certe cose. Del resto era cresciuto nei campi di battaglia, non fra le mura sicure di qualche città come Basiledra et similia.
Gli diede le spalle e dopo averlo salutato insieme alla compagna uscì dalla tenda, sicuro del fatto che li avrebbe fatti convocare per discutere ancor più approfonditamente della missione.

Passarono diversi giorni in quella umile comunità di Pelleverde, dalle tradizioni antiche ed onorevoli, che rispecchiavano appieno la figura del Guerriero definitivo, perfetto. Eppure non strinse nessun legame, piuttosto rimase molto schivo, evitando di entrare in contatto con altri a meno che non fosse strettamente necessario. Passava il tempo ad allenarsi fra le dune, sotto quel Sole infame. Un atto all'orlo dell'autolesionismo, ma questa era la strada che aveva scelto. La Via della Spada.








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 EQUIPAGGIAMENTO

Meretrice di Visceri
Spadone immenso a due mani.
Note: //
Spiedo
Alabarda, anch'essa più grande del normale.
Note: //
Multa Paucis
Piccolo cannoncino, posto nella parte inferiore del bracciale sinistro.
Note: 1xColpo
Memento Mori
Armatura pesante completa.

Note: //
PASSIVE


Si Vir Es
Grande resistenza al dolore.
Note: Passiva di II Livello del Dominio Forza del Toro
Ad Uno Disce Omnes
Possibilità di poter utilizzare armi pesanti come se fossero leggerissime.
Note: Passiva di I Livello del Dominio Forza del Toro
Historia Magistra Vitae
Capacità di combattere in qualsiasi situazione, anche se gravemente ferito.
Note: Passiva razziale degli Orchi, Spirito di Guerra.
CAPACITA' SPECIALI

Forza (2)
 

NESHNAK GRISHNAK
Criticam: 40% Maximum: 20%
Medio: 10% Bassus: 5%

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Corporis: 100%
Mentis: 100%
Vigor: 100%


MERETRICE DI VISCERI
Durante lo scontro con l'Innominato - Medoro - il grande orco subì delle gravi ferite, non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Infatti, la sua grande spadona, quell'arma che utilizzava come se fosse un leggerissimo stocco, venne completamente distrutta, scheggiata in mille e più punti a causa della pioggia di spade richiamata dal Paladino. Provò a difendersi da quest'assalto, ma fu tutto inutile: quei gladi penetrarono l'armatura e la carne, resa ancor più spessa e resistente dalla distruzione di un sigillo che limitava i poteri di Nëshnäk, con una facilità estrema. Tale gesto impressionò il cavaliere, il quale gli permise di entrare nel Clan Toryu, promettendogli che la sua arma sarebbe stata riforgiata. La Meretrice di Visceri, l'attuale arma principale del mercenario, è stata infatti forgiata con il fuoco delle forge di Basiledra, utilizzando i frammenti della Scannabestie. Essa si presenta come una spada grezza, dalla lama - che oltretutto è un pezzo unico con l'impugnatura - lunga due metri e mezzo, larga circa quindici centimetri alla base, e man mano sempre più sottile verso la punta triangolare. L'elsa, saldata alla lama, non presenta particolari temi, piuttosto è decisamente spartana. Intorno all'impugnatura, bella lunga anch'essa per favorire una presa alquanto salda, vi sono delle bende.
SPIEDO
La spada però non è solamente l'unica arma del costrutto, anzi, tutt'altro. Un altro suo oggettino tanto adorato è il caro Spiedo, ovvero un'alabarda adatta alle dimensioni esagerate dell'utilizzatore. Questa in realtà è un'arma un poco particolare, non per le misure, ma per il modo in cui è stata assemblata. Costruita dagli stessi umani che han creato Nëshnäk, lo Spiedo non ha un'asta di legno, come il resto delle altre armi a lungo raggio come questa, bensì d'un ferro grezzo, decorato con strane rune che lo pseudo-orco ha osservato per lunghe ore, senza mai decifrarle, infondo il poveraccio nemmeno sa leggere il proprio nome. Fatto sta che tale strumento di morte l'ha servito a lungo, sia contro i suoi simili che contro gli stessi bastardi che l'han messo alla luce, incluse gli animali della foresta che caccia per vivere. Certo, non è l'essenza della destrezza quando l'usa, ma è capace di adoperarla come una buona scioltezza, anche se prima di riuscirvici diverse volte si è ferito nel farlo. Ma si sa, spesso il dolore è il giusto prezzo da pagare per realizzare ciò che si desidera.
MEMENTO MORI
Però vedete, Nëshnäk non è un barbaro, cioè non del tutto. Lui non ama le armature leggere, come quelle di pelle, tutt'altro. Preferisce sentirsi ricoperto da una dura corazza, capace di resistere agli urti più forti e questa probabilmente è una delle nozioni che gli hanno inculcato in testa quei dannati guerrieri che l'avevan schiavizzato, bardati dalla testa ai piedi con pezzi d'acciaio scintillante. Fatto sta che i suddetti han costruito appositamente per lui un'armatura particolare, ovvero gigantesca, adatta alla sua statura. Essa è un set intero, che ricopre centimetro per centimetro gran parte del suo corpo, eccezion fatta per i fianchi, i lati delle ginocchia, il collo ed infine la parte interna delle braccia. Il tutto per garantire un mix perfetto di mobilità e protezione. E' una copertura rossastra, priva di particolari decorazioni, ma decisamente funzionale. Nëshnäk la porta praticamente sempre con se, eccezion fatta per quelle rare volte in cui particolar preso dalla foga della battaglia preferisce combattere privo di protezione alcuna. Giusto così, per farsi più male.
MULTA PAUCIS
In teoria Nëshnäk preferisce le armi corpo a corpo, solitamente mazze, spade, asce e così via. Eppure dopo aver combattuto contro il biondo Paladino di Basiledra ha capito che non può intestardirsi su certe cose, come per il combattimento. Quel duello infatti è stato illuminante, da questo ha appreso che deve aprire la propria mente a nuovi orizzonti e modi d'affrontare il nemico. Per questo è andato da un fabbro per farsi costruire nel più breve arco di tempo possibile quest'arma: il Multa Paucis, ossia "Molte cose in poche parole", un piccolo cannone posto nel bracciale dell'armatura pesante, per la precisione nella parte interna. Questo meccanismo abbastanza semplice permette di sparare un colpo esplosivo con il piccolo strattone di una cordicella che sbuca da una serie d'ingranaggi.


ABILITA' RAZZIALE: SPIRITO DI GUERRA E II LIVELLO DEL DOMINIO "FORZA DEL TORO"
La Montagna anche se non è un vero e proprio orco, è pur sempre stato costruito con le membra di quest'ultimi, dunque per forza di sangue il sangue di tali creature scorre nelle sue vene con una prepotenza inimmaginabile. E' un sangue sporco vero, di cui pure il potenziale nemico di Nëshnäk si ravvede dallo sporcarvisi, ma in ogni caso è forte. Una forza che trova la quintessenza nell'ostinazione della Montagna, che non gliene importa se è stanca o ferita, poiché rimane lo stesso a combattere. La dedizione alla battaglia, allo scontro, alla violenza, tutto questo è come una sorta di potere razziale, di un dono divino che solo gli orchi - o chi ne possiede il sangue - possono avere. Per tale motivo il guerriero combatte sempre a testa alta, senza arrendersi mai. Se ne frega del dolore, delle ossa rotte, delle contusioni o delle ferite che lacerano i muscoli, rendendoli una putrida poltiglia: egli continua a duellare, a stringere con forza la propria arma. E' il suo essere ancestrale che glielo obbliga, è il suo Spirito di Guerra a farlo. E' come un comando al quale non può resistere, a cui non può non obbedire. Combattere. Sempre e comunque. Non importa dove, non importa in che condizioni. Nëshnäk continuerà sempre a farlo.
I LIVELLO DEL DOMINIO "FORZA DEL TORO"
La Montagna è un essere immondo, una creatura che trova l'affermazione di se stessa solo nella propria forza, su cui infondo ha basato tutta la sua vita artificiale. La sua forza è inaudita, priva di senso alcuno, è semplicemente brutale e diretta. Tale essenza sincera risulta essere anche sinistramente nobile, lontana, a modo suo affascinante. Vederlo combattere, vedere i suoi muscoli che si gonfiano per lo sforzo è uno spettacolo meraviglioso. Per tale motivo riesce ad utilizzare con relativa facilità, in un modo a dir poco passivo armi veramente pesanti, proprio come la sua adorata Meretrice di Visceri come se fossero dei piccoli ed esili rametti di legno.


NOTE
Già come spiegato da ~Fatal_Tragedy~ i nostri due pg incominciano questa missione insieme. Partono da Basiledra con la missione di trovare Raymond Lancaster, quando nel bel mezzo del Deserto dei See incontrano dei Pelleverde, i quali li scortano nell'accampamento. Dopo la discussione con il nobile, Nëshnäk passa i successivi giorni allenandosi in solitudine.
 
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J!mmy
view post Posted on 18/1/2013, 21:06




E dire che soltanto poco più di trenta giorni prima se ne stava distesa su quel suo comodo scranno d’ossa a godersi l’invitante aroma di stufato di agnello e di pesce salato provenire dalla cucina, attraversare il camminatoio interno di settentrione e tuffarsi fin nella Sala dei Teschi. Se c’era una cosa che al sud non mancava di certo, quelli erano senza dubbio i cuochi; basti pensare che le sole cucine della nera fortezza vantavano già oltre una ventina di cucinieri affiancati da altrettanti apprendisti e aiutanti, pronti a servirla e soddisfare ogni sua richiesta.
E invece, guarda come si era dovuta ridurre: sola, sporca e affamata.
Prese un tozzo di pane, lo spezzò e lo sbriciolò tra le dita con aria sdegnata. Era ovvio che fosse raffermo e, benchè il popolo orchesco fosse stato ospitale con lei e con il resto del gruppo, l'arte del cucinare non sarebbe mai entrata nel loro sangue. D’altro canto, erano trascorsi già diversi giorni dall’ultima volta in cui aveva messo qualcosa di commestibile sotto i denti, troppo perché potesse ignorare oltre i crampi allo stomaco e i mancamenti per il caldo, e sapeva anche di aver bisogno di ogni energia possibile per quanto si accingeva a compiere. Si portò il pezzo di pane alla bocca, dunque, e trangugiò fino all’ultima briciola, accompagnando il boccone con un caldo boccale di vino di Monti Ferrosi – come ci fosse giunto, peraltro, in quel lontano deserto continuava a rimanere un mistero.
Quando anche l’ultima goccia di vino si fu asciugata, la Nera si alzò, scrutò il padiglione della mensa e inforcò l’uscio silenziosamente. Era una giornata torrida, quella – difficile trovarne una che non lo fosse, dopotutto – e attorno a lei gli orchi si muovevano quieti e incredibilmente allegri. Il sordo tonfo di mazze che battevano sul legno, di orchi che ricostruivano la propria dimora e quella altrui, si aggrovigliava in maniera assai stonata agli sghignazzi dei cuccioli che giocavano qui e lì per il campo; troppo giovani per lavorare, troppo vecchi per rimanere ciechi a quanto accaduto. Eppure, ogni creatura in quell’accampamento sembrava avere un ruolo ben preciso, come centinaia d’ingranaggi sapientemente oliati ma di un marchingegno privo di scopo o funzionalità.
Già perché, alla fine, persino il loro dio li aveva abbandonati.
Dov’era finito Alexei? Dov’erano gli stramaledetti chierici?
I pelleverde erano un popolo rude, è vero, ma persino laddove ogni società umana sarebbe venuta meno – priva di una qualsivoglia guida – essi si dimostravano straordinariamente capaci, modulati e razionali. Possibile che fosse davvero l’unica ad essere realista in quel villaggio? I signorotti del sud – del suo sud – avevano sradicato loro ogni speranza, devastato ogni famiglia, infranto ogni legge. E cosa stavano facendo, loro, per restituire il favore? Ricostruivano ciò che avevano perduto, cantavano e blateravano di un nuovo capo che li avrebbe condotti chissà dove alla ricerca di chissà cosa. Ma la verità era che da un mese a quella parte non facevano che starsene con la coda tra le gambe, come luridi topi rintananti in quel loro sudicio buco di civiltà a sperare che un nuovo e più devastante attacco non giungesse ad estinguere definitivamente la razza. Non poteva accettarlo, Rekla Estgardel non era fatta per l’inerzia.
Per quanto tutto ciò la sorprendesse alquanto, i pelleverde erano tuttavia una razza ben lungi dalla mera incompetenza. Benché sguainare con facilità l’ascia e sciorinarla ferocemente dinanzi al nemico fosse una loro prerogativa piuttosto nota, essi sapevano anche essere ponderati, astuti, cauti; nulla a che vedere con le ignoranti, grette e primitive bestie di cui narravano i libri di storia delle accademie, insomma. Essi avevano pazienza laddove persino una signora del Toryu non arrivava.
Sembrava che confutare i propri pregiudizi stesse di recente andandole di moda, in verità.

« Hai cinque minuti. »
Krusk, il taciturno gigante posto a guardia del capanno in cui era stato segregato il traditore, fissò Rekla con occhio torvo, domandandosi probabilmente per quale ragione un damerino come Raymond Lancaster - ora loro capo - avesse mai lasciato che quella kriminele lo vedesse, che parlasse al prigioniero. Che fosse davvero tanto disperato?
I panni di cuoio della tenda si spalancarono, per poi richiudersi rapidamente e inondare l’interno di nuova ammorbante oscurità. Aveva visto quel buco troppe volte nelle ultime settimane. Gli orchi avevano torturato Nazir come peggio avevano potuto: fruste, tenaglie, tizzoni incandescenti; nulla era servito a rompere il solido ghiaccio al di là del quale il beduino si era rifugiato. Ma alla Nera, tutto questo, non importava affatto.
La tenda era estremamente piccola, quindi compì giusto un paio di passi prima di arrestrsi di fronte al prigioniero. I suoi polsi erano deboli e assicurati a una pesante catena di metallo, il suo volto trasudava ogni singolo istante delle innumerevoli torture patite e il suo petto si era svuotato a tal punto che le ossa gracili s’indovinavano oltre la tunica sporca di sangue. Dell’aitante uomo che li aveva accolti in principio tra i Rooi Valke non rimaneva oramai che un essere moribondo e provato dalla sconfitta.
Rekla stette lì in piedi per lunghi istanti a contemplarne con totale indifferenza le condizioni. Sentiva quasi pena per quell’uomo del deserto, ma anche odio, collera, furia. Avrebbe voluto strappargli le vene dal corpo a mani nude, se solo fosse stata certa che Krusk non sarebbe accorso a stroncarle il divertimento sul più bello. Si limitò quindi a camminare, ignorandone del tutto la presenza, lanciando uno sguardo a destra e uno a manca. In uno degli angoli vi era un cumulo di fieno secco e povero e, benché avesse tentato invano di coprirlo, il fetore di sterco era inconfondibile e stomachevole. Rekla dovette compiere uno sforzo immane per restare in quella tenda.

« Questo caldo mi uccide » esordì, portandosi una mano al collo e tamponando caldi rivoli di sudore che ruscellavano giù fino alle falde della veste. Trovò un ché di bizzarro in quell’incontro: generalmente, infatti, avrebbe ordinato ai propri uomini di torturare il prigioniero fino alla morte e di appendere i suoi resti alle catene oltre le cinta di Fortescuro per tenere lontani i lupi della sabbia. Ora, invece, era persino costretta a parlarci, a un prigioniero.
Quando tornò su di lui e notò la sua espressione gravida di dubbio, Rekla sgranò gli occhi e sollevò i palmi in avanti.
« Oh, ma non preoccuparti » disse, abbozzando quello che doveva essere un rassicurante sorriso ma che uscì come una smorfia falsa e indefinita « non sono qui per torturarti. »
Flesse le ginocchia, chinò il busto, fece scivolare sinuosamente le dita sul mento puntuto e irto di peluria di lui e allineò i suoi occhi ai propri: un tempo dovevano certo essere stati splendidi occhi color nocciola, profondi quanto bastava a mettere a disagio, ma ora v’erano solo sclere gialle e iridi appannate e stinte dalla fatica.
« Io non sono come loro. A me non importa nulla del tuo esercito, né dei vostri fottuti piani. »
Non più alcun sorriso, non più alcun conforto. Erano vicini a sufficienza da strappargli entrambe le palle degli occhi prim’ancora che il gigante potesse fare irruzione per impedirglielo.
« Un verme della tua levatura merita solo di morire » gli sussurrò all’orecchio, mentre la mancina scivolava placida lungo il fianco, sguainava Vesar e gliel’appoggiava dritta sulla virilità.
Ma la risposta che giunse da Nazir, ahimè, non fu quella sperata.
L’uomo tacque, rivelando un ampio sogghigno e sputando in faccia alla Nera Regina, a lei, alla donna che il più dei popoli temevano e alla cui presenza finanche i più audaci fuggivano. Le vampe della collera crebbero in lei con un morbo inalienabile che matura e si riproduce, annebbiando la vista e corrompendo i pensieri, al punto tale che persino la mano armata iniziò a tremare per la furia.
Togli alla bestia la sua preda e la sua ferocia crescerà oltre ogni immaginazione.
La lama della spada corta trafisse la stoffa delle braghe e raggiunse l’inguine, affondando minacciosamente nella carne e ferendone la superficie.
« Non - sfidare - la - morte. »
Furono le sclere della donna a velarsi adesso di una densa coltre biancastra, sclere di uno spettro, sclere di una creatura dannata e perseguitata dalle tenebre a cui era stata strappata la pace.
« Dov'è? » ringhiò con voce stridula e posseduta « Dov'è Vaash? »

« E dove credi che si nasconda, mia signora? »
Un suono piacevole, infine.
Il sudore imperlava la sua fronte, la voce tremava, gli occhi guizzavano convulsi.
« È nel suo maniero, dove è sempre stato, a raccogliere uomini. »


aWo12

S A N D S T O R M
behind enemy lines


Il sole picchiava duramente.
Al fraterno abbraccio della luce, l’oceano di sabbia risplendeva come un’incontaminata pianura d’oro liquido che si allungava per miglia e miglia, sfuggendo oltre l’orizzonte anche all’occhio avido che tentava invano di bearsene. Per quanto occupasse il meridione ormai da molto, Rekla dovette confessare a se stessa di non aver mai guardato quelle lande dalla giusta prospettiva, probabilmente. C’era qualcosa di straordinariamente pacifico e fastidiosamente calmo al contempo in quel paesaggio, qualcosa di tanto soave e tenero che per un attimo ebbe persino la sensazione che il suo sangue si fosse fatto più caldo. Adesso comprendeva perché i pelleverde odiassero tanto le città, specialmente quelle più imponenti come Basiledra... o Fortescuro.
Scosse il capo, ravviò un ciuffo di cappelli scampato alla presa del turbante e abbassò lo sguardo.
Raymond Lancaster, agghindato di drappi comuni e con la stessa faccia imbrattata di tinta verde, era appollaiato su di una roccia di arenaria rossa ai bordi dell’accampamento e contemplava il deserto con aria stanca e assorta. Pareva non facesse altro, negli ultimi tempi; trovarlo era stato tutt’altro che difficile.

« E’ ora » lo rapì dai suoi pensieri la donna « Io lascio l'accampamento. »
L’uomo si volse e, sebbene il suo volto avrebbe dovuto divertirla, non trovò nulla di che sorridere o rallegrarsi. Perché sembrava così sorpreso dalle sue parole? Perché trovava preferibile starsene seduto su una pietra a guardare l’orizzonte, piuttosto che compiangere i morti e rispondere al nemico? No, guardare quell’uomo – se qualcosa da uomo in lui era rimasto ancora – non faceva che allargare il fosso che la rabbia le aveva già scavato nel petto.
Gli abitanti del deserto erano rimasti a guardare quello splendore per troppo tempo: il sole li aveva resi ciechi, incapaci di vedere ciò che Razelan Vaash aveva fatto. Quella serpe doveva morire - e, cosa ancor più importante, lasciare a lei il completo dominio.
« Ho dato anche troppo a questa gente. Ora devo... »
Torse il collo verso sud-est, là dove ammassi di pietra bianca giacevano gli uni accanto agli altri. Era trascorso poco meno di un mese da quando aveva fatto la sua promessa, giurando vendetta a chi per lei aveva dato la vita senza chiedere.
« ... estinguere un debito. »

« Se è Razelan che vuoi, stavo giusto pensando di mandarvi da lui. »
Le parole del Lancaster la percossero come un manrovescio in piena guancia.
Strinse le palpebre, trattenne il fiatto e serrò la mascella con violenza.
« Per una volta, pare che i nostri obiettivi coincidano, Lady Rekla. »


CITAZIONE
Rekla Estgardel
la Nera Regina
––––––––––––––––––––––
Stato Umano
{ Intelligenza 4 | Forza 1 | Maestria armi da mischia 1 }

––––
« Energie: 100 - 6 = 94%
« Stato fisico: illesa.
« Armi: Constantine • riposta; Vesar "Luna dell'inferno" • riposta

Attive...
Last darkness - L'Apostolo delle Tenebre
E infine giunse il male in persona, nella sua forma più depravata, con quelle sue catene fatte d'ombra e puro ribrezzo. Quatto quatto scivolò tra le lenzuola di lei, in una notte fredda e tempestosa, si avviticchiò alle pallide falangi che tante vite avevano spezzato, penetrò la pelle e trasudò nelle ossa, logorando e scavando più a fondo, sempre più a fondo, corrodendo ogni cellula già deviata dalle vampe. Fu allora che Rekla realizzò quanto effettivamente la tenebra fluisse in lei come gelido sangue, come un'anima divelta dal dolore che ricercava nella vendetta la giustizia che mai aveva avuto. Palpitava, urlava in lei, bisbigliava parole oscene e mostrava scenari grotteschi: l'oscurità divenne un tutt'uno con la Nera Regina, con l'umana che non poté fare alcunché per evitarlo. Chinò il capo, dunque, si sottomise a quell'infinito gorgo di malvagità, assurse a quello che i profani chiamarono presto "L'Apostolo delle Tenebre", la creatura dalle vene nere. Padroneggiando anche l'ultimo stadio di queste abilità, Rekla divenne in grado di plasmare l'ombra stessa a proprio gradimento e immagine, mutandola in tangibile minaccia o in mutuo disagio a seconda di ciò di cui avesse voglia. Spendendo un consumo pari a variabile medio, infatti, la Regina di coloro che più non vivono poteva modellare il male in sé e partorirne un'arma, una sfera, un raggio o qualunque altra immagine la sua perversa volontà fosse capace di generare. Alternativamente, però, la donna poteva anche far sì che quella medesima crudeltà, quel medesimo odio, quel medesimo obbrobrio s'insinuasse nella mente delle sventurate vittime, facendo di loro null'altro che conigli dinanzi a una bestia - la bestia - trasformando finanche il più esile lembo di coraggio in disarmante paura e crescente terrore; un'arma, questo lei lo sapeva assai bene, che le avrebbe assicurato il dominio assoluto. [Pergamene ultime del negromante "Dominio del male" e "Timore".]


... e passive

La connessione tra l'evocatore e il mostro è molto più potente di quella che potrebbe mai avere con qualsiasi altra delle sue creature. Loro sono la stessa cosa, divisasi solamente con l'obiettivo di distruggere il proprio avversario. Per questo, i loro corpi sono legati insieme non solamente dalle mere catene che fuoriescono dal gauntlet. Nel caso in cui Rekla dovesse subire un danno provocato dal proprio avversario (e non autoinflitto tramite tecniche o atti impulsivi) ella potrebbe decidere di suddividere tale ferita e farne subire la metà esatta al proprio colosso, che griderà, alimentando la propria furia. Esemplificando, se Rekla dovesse subire un danno Medio, ella potrebbe decidere di prenderne solamente uno Basso, facendo sì che il mostro, tuttavia, subisca anch'egli un danno Basso. In poche parole, potrà smezzare qualsiasi danno rivolto alla propria persona, purché l'evocazione sia già presente sul campo. Viceversa, potrà anche decidere di suddividere i danni rivolti all'evocazione, subendone la metà, poiché i due non sono che diverse emanazioni dello stesso corpo [Tecnica passiva].

Nel principio, la Riluttanza
Il primo stadio di violenza contrappone il rifiuto della verità al suo viscerale attaccamento alla propria arma, il quale diverrà indissolubile, tanto intenso e profondo da impedire a chiunque di scinderlo. L’arma diviene un ninnolo, un prezioso memento, un tesoro inestimabile per la fanciulla che potrà impiegarlo per evocare istantaneamente l'ombra sotto forma di lorde creature, potenziate di un punto CS addizionale e a un costo energetico ridotto del 5%.


.Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa della gola, come tu vedi, alla pioggia mi fiacco.Il peccato di gola coincide con un desiderio d'appagamento immediato del corpo per mezzo di qualche cosa di materiale che provoca compiacimento. É un'irrefrenabilità, un'incapacità di moderarsi nell'assunzione di cibo o, più in generale, nel desiderio incontrollabile di qualcosa che si brama. E' stato proprio per quest'ultima ragione che Rekla ha accresciuto la propria fame nell'ambito della negromanzia, al punto da strappare il sottile velo che separa ciò che è vivo da ciò che è morto. Più precisamente, in termini di gioco, la Nera Regina acquisisce il potere dell'immortalità; questo non significherà che non sentirà la stanchezza o perderà i sensi una volta al di sotto del 10%.

.Or superbite, e via col viso altero, figliuoli d'Eva, e non chinate il volto sì che veggiate il vostro mal sentero. Il superbo è una persona innamorata della propria superiorità, vera o presunta, per la quale si aspetta un riconoscimento. La superbia affonda le sue radici nel profondo dell'uomo, sempre teso alla ricerca e all'affermazione della propria identità. Quest'ultima non è qualcosa che si elabora al proprio interno, ma che ciascuno negozia nel rapporto con gli altri da cui attende, appunto, il riconoscimento. Tale bisogno nell'essere umano è fortissimo: forte al pari di altri bisogni più esistenziali…
Allo stesso modo Rekla è innamorata di sé, della sua sicurezza, del suo corpo. Così facendo, nonostante le origini ancora sconosciute, la giovane insinua in chi le sta accanto non molta fiducia, oserei dire nessuna piuttosto, ed un timore di non poco conto. Tutto ciò, ovviamente, è efficace laddove chi la affianca non sia un demone né possegga un'energia superiore alla sua.

Vizio dell'Animo • честолюбие
Che sia negativa o positiva, l’ambizione - così come la sua assenza - sottende tutte le azioni umane malvagie o meritevoli che siano. L’ambizione sfrenata può portare all’insoddisfazione perenne, a cambiare schizofrenicamente campo di interesse o obiettivo pur di avere una nuova vetta da scalare, mentre un’accezione positiva di questa attitudine psicologica può coincidere con una sana spinta a migliorarsi e non accontentarsi, a superare i propri limiti. Rekla Estgardel è forse l'essere più ingordo e privo di scrupoli del pianeta, pericoloso e raggelante nell'infinita contaminazione della sua mente. E' proprio grazie a quest'incessante bramosia, però, che la Nera Signora è riuscita a cogliere frutti misteriosi ed unici, rari e preziosi come le più pregiate ricchezze del mondo. In termini pratici, ella è in grado di usufruire delle capacità di una seconda classe: il ladro. A tal modo ciò potrà senz'altro spalancare alla regina dei morti molteplici vie ad un'innumerevole quantità di attacchi e strategie, tutte indubbiamente mirate a stroncare sul nascere l'esistenza del malcapitato avversario. (Tomo furtivo)

An endless guard
In breve, il giovane Shiverata apprese l'orrenda verità su chi fossero i nemici e le prede cui il Magus l'aveva destinato. Non ne fu felice. L'anello gli imponeva di cercare e sconfiggere gli emissari dell'Abraxas: lui era costretto a frapporsi fra il mondo umano e l'Ombra, senza poter abbracciare nessuno dei due. Il dono lo condannava ad una guardia senza fine, perché il fiore di ossidiana, quel cuore del fiato di drago, non conosceva scalfiture. Il Maestro l'aveva definito nero come il peccato e resistente come la roccia. Lo era molto di più. Inoltre lo costringeva ad una percezione impossibile da interrompere, gli donava non la visione esatta ma la totale percezione del nemico, della sua presenza. Era orribile -e per questo maledisse il nome del Maestro.
{ Abilità Passiva: L'anello è indistruttibile. ; Abilità Passiva: Auspex sui non-morti, il portatore sarà sempre a conoscenza della loro presenza nei paraggi. }

Note
Post d'introduzione, nulla di particolare.
Nel breve colloquio con Nazir - precisamente nelle ultime due frasi - Rekla usa l'attiva a potenza media della seconda parte dell'abilità "Last Darkness - L'Apostolo delle Tenebre" per aumentare la persuasione verso il prigioniero. Lo stratagemma funziona e Nazir rivela l'esatta posizione di Razelan (che Rekla conosce già piuttosto bene).
Spero vi sia di gradimento.

 
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view post Posted on 20/1/2013, 20:31

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Un lieve alito di vento notturno sollevò la tenda posta a copertura dell'ingresso della tenda, facendo danzare la luce tremula della candela sulle poche righe tracciate con mano incerta su un pezzo di pergamena.
Zaide chiuse il pugno sulla lettera, accartocciandola in una palla deforme e mandandola a raggiungere una pila di cartacce accatastate sul pavimento di terra battuta. Dannazione, pensò.
Accarezzò col dorso del dito la testa del corvo messaggero che Hyleer D'lig le aveva concesso; il giovane apprendista sciamano aveva il compito di addestrare e accudire gli animali dell'accampamento e riceveva con piacere le rare visite della straniera dai capelli rossi, che arrivavano a durare addirittura ore in cui il tempo volava in questioni teosofiche, domande sulla vita nelle grandi città fuori dal deserto e leggende pelleverde.
A Zaide piaceva quel giovane dallo sguardo attento e curioso, anche se provava un'acuta fitta di nostalgia al pensiero degli insegnamenti senza pari del suo Shaman. Ma gli sciamani anziani, per quanto avessero preso a benvolerle dopo il salvataggio dei bambini pelleverde dalla capanna in fiamme, le mostravano una cortesia distaccata che le rendeva evidente come nessuno di loro fosse disposto ad aprirsi a lei quanto aveva fatto l'anziano sciamano solo poche settimane prima.

Il corvo le becchettò le dita riportandola al presente, lontano dai suoi pensieri.
Fissò l'ennesima pergamena vuota e intinse la penna nell'inchiostro ma non riuscì a tracciare alcuna parola. Doveva scriverle, lo sapeva. Caelian doveva essere preoccupata a morte nel non ricevere sue notizie. Sarebbe dovuta tornare a Grauenhal da almeno una luna, ma gli eventi l'avevano travolta senza che lei potesse, anzi, volesse opporre resistenza. Ripensando al viso pallido e perfetto della sua compagna non provava più lo stesso spasimo di sofferenza di prima; tante novità lo avevano offuscato, e il deserto con i suoi molteplici misteri sembrava attrarre Zaide come un magnete.

- Sei qua, Cae?

La voce gutturale del giovane apprendista la raggiunse nella penombra della tenda.

- Riporta il corvo alla voliera, Hyleer. Non sono proprio in vena di mandare messaggi. E non chiamarmi più Cae, lo sai.

Pochi giorni prima aveva confessato al concilio degli sciamani che il suo vero nome era Zaide, non Caelian. Ora che le carte si erano rimescolate più e più volte, rovesciando destini e verità, non aveva più senso celarsi sotto falso nome. Ma a quanto pareva, era poco importante come si veniva chiamati al campo: contava quello che si sapeva fare, e Zaide era stata prima la Rooivrou, poi la Verraaier, traditrice, e infine la Verlosser, dopo che aveva salvato i giovani dalle fiamme.
Ma era sempre lei, e un nome, vero o falso che fosse, era poca cosa per la profonda semplicità degli sciamani.

- Hai saputo che hanno interrogato il Gyselaar?

- Cosa? Nazir? Di nuovo?

Zaide era sorpresa. Quell'uomo non avrebbe mai parlato, era evidente. Lo avrebbero ucciso di stenti se avessero continuato a tormentarlo così. Una sera, al crepuscolo, la strega si era introdotta con l'approvazione di Krusk, il possente secondino, nella tenda-cella in cui veniva tenuto incatenato, talmente lacero e macilento da non sembrare più nemmeno lui. Dormiva, o forse era privo di sensi. Zaide si era seduta all'ingresso della tenda senza avvicinarsi per il fetore disgustoso che emanava, e lo aveva osservato a lungo chiedendosi da quanto tempo Raymond avesse cessato di fargli visita.
Non credeva che nel cuore del Lancaster ci fosse realmente spazio per una vendetta tanto umiliante, ma dopotutto di Raymond Zaide aveva imparato poco o niente. Tutto sommato aveva deciso di fidarsi di lui: ed ecco perchè non aveva voluto lasciare il campo quando molti di loro se n'erano andati alla fine dell'ultima battaglia.
Hyleer annuì, entusiasta di poter riferire il suo pettegolezzo.

- Indovina chi è andato oggi a torturarlo. Beh, non è che l'abbia proprio torturato, non gli ha torto un capello. Però a me quella donna mette una tale soggezione...

L'attenzione di Zaide fu improvvisamente risvegliata. - Una...donna? Rekla è andata a parlare con Nazir?

- Sì, la Nera...Cosa. - era a disagio nel chiamarla Regina, così ci scherzava su. - A quanto pare, conosce molte persone ai piani alti...

- Che intendi?

- Sai quel nobile di cui si parla sottovoce, quel...Vaash? Ho sentito che lei lo vuole cercare...e uccidere.

Sorrise con aria maliziosa gustandosi la portata della sua notizia. - Ma...e tu come lo sai? - Zaide era sempre sbalordita su come la sua indole introversa la portasse ad essere sempre un passo indietro rispetto agli eventi. - Ho i miei informatori...- ammiccò Hyleer - e so preparare il dolce preferito di Krusk.

Quando Zaide tornò alla sua tenda era ormai quasi l'alba. L'indomani sarebbe andata a parlare con Raymond: voleva sapere da lui cosa stava accadendo, senza più esitazioni né menzogne. Ora era lei che doveva entrare in gioco in prima persona, senza più celarsi come aveva sempre fatto: dietro un falso nome, dietro la figura paterna dello Sciamano, e infine dietro la sua stessa disperazione.
Non voleva continuare ad essere una fragile pedina: voleva conoscere la trama del gioco, e vincere. Qualunque fosse il premio in palio.



Domando umilmente scusa per miliardi di cose: il ritardo, il post penoso, e la mia assenza nell'arco della settimana che mi ha impedito di partecipare attivamente all'opportunità di giocare il turno secondo la modalità da tavolo. So che è un post raccogliticcio ma non voglio tardare ulteriormente e prometto che non sarò sempre così pessima.

Buona quest a tutti!!
 
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view post Posted on 22/1/2013, 14:42
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« Ecco il punto della situazione. »

Erano passati un paio di giorni dall'arrivo nell'accampamento di Nëshnäk e Veronica, e finalmente Raymond si era deciso a convocarli tutti a quello che avrebbe dovuto essere un briefing strategico, ridicolizzato dai sacchi di farina sui quali sedevano e dalla puzza di capra e zolfo della piccola tenda che li circondava. Il Lancaster non aveva più la mente svelta e scattante di un bambino, e dunque tutto ciò che compiva richiedeva sempre giorni di preparazione, riunioni di accorgimento e continue correzioni ai propri piani: fortunatamente avrebbe ben presto lasciato i suoi uomini liberi di agire da soli, così da non rallentarli ulteriormente; mancava solo di rendergli noto cosa avrebbero dovuto fare.

« Razelan Vaash ha attentato alla vita di alcuni dei più importanti esponenti politici dei quattro regni, e ha fatto assassinare brutalmente più di trenta sudditi innocenti. »
« Non contento, ha fatto inseguire i sopravvissuti fino a questo campo di pelleverde dove avevano trovato rifugio, nell'ulteriore tentativo di eliminarli. »

Strinse con indice e pollice l'attaccatura del naso, in un gesto di improvvisa stanchezza.

« Ha comprato la lealtà del gruppo mercenario dei Rooi Valke e ha ordinato loro di eliminare la propria precedente guida. »
« Ha anche chiesto ai Rooi Valke di eliminare qualsiasi forma di vita presente nel deserto dei See e... "epurarlo"; a cominciare dai pelleverde. »

Guardò tutti i suoi interlocutori per qualche secondo, nel tentativo di intuire le loro reazioni.
« Le ragioni dietro a questi gesti ci sono ignote. »
Questo era il punto cruciale della situazione.
« Sembra che Razelan stia quasi cercando di conquistare il deserto dei See, o di liberarlo da qualsiasi presenza estranea. Considerando poi che questo desiderio l'ha spinto ad attaccare e uccidere uomini che avrebbero dovuto essere suoi alleati o addirittura superiori - ed accennò a Rekla col viso - è di fondamentale importanza riuscire a capire cosa lo ha spinto a tali azioni di forza, e fermarlo, qualsiasi siano i suoi piani. »

Passò qualche altro istante di silenzio e si passò il polso destro sotto il naso, cercando di darsi un po' di sollievo contro il prurito provocato dalle polveri che vorticavano nell'aria.
« Purtroppo, le nostre forze non sono abbastanza grandi da permetterci un attacco diretto. »
« La magione di Razelan Vaash, altresì detta "i Sospiri di Ferro", ospita una guarnigione di Shadar-Kai molto numerosa, è protetta da solide mura ed armi d'assedio e dispone di numerose vie di fuga secondarie. I pelleverde di qui sostengono che sia inutile tentare un assalto diretto, poiché Razelan si limiterebbe a fuggire di nascosto mentre ci tiene impegnati con le proprie forze. »

« Ho pensato dunque che l'unico modo per raggiungere il nostro obiettivo sia quello di farvi infiltrare fra le sue forze. »

Poté quasi sentire il rumore della delusione di alcuni di loro, che si aspettavano di scendere sul campo di battaglia. Tuttavia, quella era la soluzione più adatta; giorni di pianificazione gli avevano reso chiaro che qualsiasi assalto diretto sarebbe stato uno spreco di forze e di energie, e che sfruttare ancora i pelleverde sotto il suo comando non avrebbe fatto altro che innervosirli ancora di più, forse al punto dal farli ribellare ai suoi ordini. Se invece un piccolo gruppo di uomini fosse riuscito a raggiungere Razelan, avrebbero potuto farsi rivelare i suoi piani - con qualsiasi mezzo necessario - e addirittura liberarsi di lui prima che i suoi uomini potessero prenderne le difese.

« Nazir si è lasciato sfuggire che Razelan sta tutt'ora arruolando uomini fra le fila dei suoi Shadar-Kai. ...tutti coloro che vogliono sfuggire alla sua "epurazione", di fatto. È un'occasione perfetta per mischiarvi fra loro, seppur opportunamente camuffati. »
Raymond alzò un sacco che teneva lì a fianco e lo svuotò delicatamente sul pavimento in mezzo a loro. Dal suo interno rotolarono in terra quattro boccette ricolme di un liquido denso e verdastro, disgustoso alla vista - e presumibilmente anche al gusto.
« Gli sciamani si sono prestati volentieri a preparare queste quattro potenti pozioni di camuffamento, che voglio utilizziate per nascondervi fra le fila degli uomini di Razelan. Lì dovrete scoprire il più possibile sui suoi piani e, eventualmente, intervenire per fermarlo. »

« È una missione rischiosa, ma non abbiamo alternative. »

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In seguito, una piccola guarnizione di pelleverde avrebbe accompagnato il gruppo ai margini del deserto dei See, poco lontano dai Sospiri di Ferro.
La discussione con Raymond andò avanti ancora a lungo, e il Lancaster si assicurò di informare i suoi uomini su qualsiasi aspetto della personalità di Razelan Vaash di cui fosse a conoscenza. Da ciò che aveva sentito dire in precedenza dai Corvi o a corte, Razelan era il figlio di un cugino appartenente al ramo principale della famiglia Vaash: un parente dimenticato, quindi, che non avrebbe avuto alcunché in eredità, se non la fama del suo nome. Razelan gli era stato sempre descritto come un uomo giovane, dalla pelle scura, alto e magro; schivo, pieno di segreti, introverso e pregno di un forte odio verso il mondo. Una figura che - si diceva - si era chiusa anni fa all'interno della sua magione e da lì non era più uscita; che comunicasse con i propri uomini tramite intermediari, e che pochissimi avessero il permesso di incontrarlo di persona. Una figura quindi anche paranoica e codarda, spaventata da tutto ciò che richiamasse il mondo estraneo ai suoi possedimenti.

I Sospiri di Ferro sono tuttavia una magione imponente, al limitare del deserto dei See. Hanno ottenuto questo inquietante soprannome a causa delle numerose fonderie e armerie che prendevano posto nel cortile della costruzione, molte delle quali sono tutt'oggi attive e sbuffano continuamente nel cielo nubi di fumo scuro. L'edificio è un unica gigantesca villa di pietra bianca, circondata da un'ampia cinta di mura - anch'esse candide come la neve - che lasciano al loro interno spazio perché un gigantesco cortile possa risiedervi, se di "cortile" si può parlare: le costruzioni che stanno all'interno della cinta muraria e tutt'intorno alla magione sono state erette alla maniera del deserto: sono dunque per la gran parte tende di pelle di capra e piccole case quadrate di pietra gialla, quest'ultime adibite più che altro al ruolo di armerie.
Le mura sono costantemente pattugliate da un grande numero di Shadar-Kai, uomini dalla pelle grigio-pallida che usano ornarsi con pendenti di ferro, orecchini metallici e rilievi sottopelle. Questi Shadar-Kaisono presenti in gran numero anche all'interno della cinta muraria, dove passano la maggior parte del loro tempo ad allenarsi, ad assistere alla creazioni di armi e monili alle armerie, o semplicemente a rilassarsi all'ombra delle proprie tende.
Quattro uomini armati di lancia sono a guardia dell'unica apertura nelle mura, ben attenti a non lasciarsi sfuggire alcun movimento imprevisto.
Una struttura prevalentemente militare, dunque, costituita da una villa dedicata unicamente al presidio di Razelan, da un cortile con tende, fumi ed armerie, il tutto cintato da una striscia di alte mura bianche.



CITAZIONE
Bleh. Post veramente indecente; perdonatemi la qualità.
Detto questo, penso che il vostro obiettivo sia chiaro: infiltrarvi all'interno dei Sospiri di Ferro. Se qualsiasi descrizione non dovesse essere sufficiente, potete tranquillamente domandarmi in confronto: il prossimo post andrà condotta a mo' "da tavolo", dunque il suddetto topic andrà comunque utilizzato grandemente.
Tutti voi siete stati dotati di una pozione di camuffamento che non ha limiti di durata: primo passo, quindi, ditemi in confronto come volete trasformarvi: Raymond vi ha consigliato di introdurvi nella magione come soldati/mercenari in cerca di lavoro, ma non è l'unico modo per infiltrarsi. Potreste essere sedicenti mercanti, sapienti maghi venuti a portare consiglio al grande lord, o addirittura vagabondi affamati. A voi la scelta!
Siete liberi di muovervi in gruppo o meno, sia all'interno dei Sospiri di Ferro che nell'approcciarvi alle mura. Anche qui, sta a voi.
Il vostro obiettivo è raggiungere Razelan e entrare in contatto con lui, e anche qui, potete procedere come preferite. Il giro è da tavolo, lo ripeto, quindi avete la possibilità di sbizzarrirvi. Sarò io a dirvi a che punto concludere il vostro post.

Avete tre giorni per postare dopo che si è conclusa la sessione "da tavolo".
 
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J!mmy
view post Posted on 24/1/2013, 18:43




La vendetta è un immenso male
scompone il cuore quando avvampa l'ira
rode la mente e non si sa che sia
come un germe nell'animo s'aggira.

Il bene affoga nell'ipocrisia,
l'essere umano in nera bestia vira
l'animo invade d'ogni ritrosia,
contro Dio per ultimo cospira.

~


Le parole sgorgarono dalle labbra del Lancaster come flutti d’acqua salata che piovevano su ferite ancora fresche, bruciando terribilmente. L’odore di zolfo – un odore che conosceva assai bene – e il puzzo di lercio e capra inondavano le narici della Nera, ostinatasi a rimanere in piedi per assistere da uno degli angoli più bui a quello che doveva essere un raduno delle forze dei pelleverde. Dal ventre dell’oscurità, le braccia incrociate sul seno e i ciuffi di capelli neri a pervaderle il volto, osservava le facce di coloro che erano rimasti, delle poche energie su cui una razza oramai spacciata poteva contare.
Le parvero tutti così ignari, impreparati, inconsapevoli. Persino Raymond, che quanto di più simile a un capo era divenuto per loro, le sembrò dannatamente fiacco, provato da un’immane fatica che era evidentemente incapace di tollerare. Era nelle mani di costui che dovevano realmente riporre la loro fiducia? Poiché era indubbio quanto il macigno del potere pesasse sul suo corpo ben più delle ossa che lo componevano. Era debole, trascurato, incartapecorito a tal punto da sembrare dieci anni più vecchio. Eppure...
... eppure aveva sentito parlare molto chiaramente di cosa quell’uomo fosse in grado di fare, e non le serviva sapere nient’altro per comprendere quanto sconveniente fosse averlo come rivale. Non che lo temesse, certo; semplicemente, aveva bisogno di ogni mezzo utile per raggiungere l'obiettivo: Razelan Vaash doveva morire.

« Sembra che Razelan... »
Razelan. Razelan.
Ripeté quel nome nella propria mente ancora, e ancora, e ancora, e ancora, e ancora, così che lo rammentasse con nitidezza anche quando la propria mente sarebbe stata troppo concitata per farlo, così da poterlo urlare a gran voce mentre la lama della Constantine trafiggeva lembo su lembo ogni pollice del suo torace e ne imprigionava l'anima. Razelan...
« ... stia quasi cercando di conquistare il deserto dei See, o di liberarlo da qualsiasi presenza estranea. Considerando poi che questo desiderio l'ha spinto ad attaccare e uccidere uomini che avrebbero dovuto essere suoi alleati o addirittura superiori... »
Le parve che Raymond l’avesse guardata, ma fu troppo presa a chiudere gli occhi e a contenere la collera – come un botte di polvere da sparo pronta ad esplodere – per dirlo con esattezza. L’uomo continuò a vomitare quante più informazioni possibili, riempiendo la testa dei due nuovi arrivati e della rossa con tutto lo sterco che lei aveva portato a galla. L’accampamento era il luogo meno adeguato a tenere un segreto; per sua fortuna, però, non era stata affatto sua intenzione che l’incontro con Nazir restasse tale.
Gli occhi della Nera non assunsero alcuna espressione per tutta la durata del simposio, né il suo corpo si mosse di un singolo passo dalla posizione in cui si era trovato fin dal primo istante, neppure quando il damerino Lancaster afferrò un sacco apparentemente vuoto e ne rovesciò il contenuto sulla sabbia: quattro ampolle ricolme di nauseante e denso liquido verde rotolarono in terra e si affastellarono le une sulle altre.
Che stessero prendendosi gioco di loro?
Che credessero davvero che avrebbe ingurgitato quella melma?
Oltre ogni sua previsione, non soltanto avevano raggiunto il fondo, ma stavano addirittura raschiandolo.
Fu allora che, finalmente, la Nera sorrise incredula e si decise ad aprir bocca.
Ma Raymond Lancaster, ancora una volta, iniziò a parlare.
« Gli sciamani si sono prestati volentieri a preparare queste quattro potenti pozioni di camuffamento, che voglio utilizziate per nascondervi fra le fila degli uomini di Razelan. Lì dovrete scoprire il più possibile sui suoi piani e, eventualmente, intervenire per fermarlo. »
Sentì il respiro di tutti farsi incredibilmente greve, sentì quasi finanche i loro cuori palpitare ferocemente tra le quattro ossa che li racchiudevano. Sentì la paura farsi sostanza e appollaiarsi sulle loro spalle come corvi dalle ali nere come la notte. Stavano andando a morire, ma Rekla aveva incontrato la morte talmente tante volte che avrebbe potuto dipingerne i connotati persino a occhi chiusi.
« È una missione rischiosa, ma non abbiamo alternative » li congedò lui.
Se esisteva un momento in cui potersi opporre, un momento in cui poter obiettare, quello era il momento.
Avrebbe dovuto parlare, avrebbe dovuto rifiutare, avrebbe dovuto.
E invece.

« Io mi occupo delle guardie. »


[…]

Mezzodì era già trascorso da un pezzo, e i talloni della Nera non carezzavano nient’altro che le staffe della sella oramai da troppi giorni perché potesse tenerne il conto. Quando finalmente la sospirata magione di Lord Vaash apparve all’orizzonte, Rekla ebbe come la sensazione di ripercorrere i medesimi passi che l’avevano guidata dritta alla conquista di Rockwhite: la sfrenata cavalcata fino alle porte, il bianco della struttura che appariva loro fin quasi come un miraggio, il cuore trepidante di eccitazione per le gesta che si accingevano a compiere. Tutto le ricordava quel giorno, quel glorioso giorno in cui la bianca fortezza era stata inevitabilmente piegata.
Sarebbe accaduto lo stesso anche in quell’occasione?
La magione tristemente nota col nome di “Sospiri di Ferro” si ergeva al limitare del deserto dei See, giganteggiando sulla sabbia con quei suoi smisurati pennacchi nivei che le davano più l’aspetto di un’esagerata villa in pietra circondata da mura tanto spesse quanto altrettanto bianche e intaccate dal tempo. Non era il conclamato fortino che si aspettava, certo, ma era ugualmente imponente e inquietante.
Da oltre la cinta s’intravedevano densi nugoli di cenere sollevarsi fino a squarciare il cielo e perdersi tetramente in esso, come fossero dita grigie ed esili che tentavano invano di agguantare le nubi. I camminamenti erano puntellati da talmente tanti Shadar-Kai che le fu semplicemente impossibile calcolarne il numero con esattezza; ciò che importava, dopotutto, era che fossero nel posto giusto. Quegl’uomini, infatti, quelle ombre di polvere erano le stesse che avevano assaltato il campo orchesco poco più di un mese prima: pelle grigia come l’oblio, ninnoli metallici che pendevano da ogni dove e i penetranti occhi scuri tipici degli abitanti della sabbia.
Poté sentire i loro sguardi divorarla man mano che si avvicinavano ai cancelli, dove quattro sentinelle armate di picche li attendevano osservando ogni granello si muovesse nel deserto innanzi a loro.
“Un rifugio troppo maestoso per un codardo come Razelan” si disse, mentre giungevano all’entrata.
La prima ad avvicinarsi fu Rekla. Per chissà quale assurda ragione o sventura, poche lune prima, la donna si era decisa a ingoiare quell’aborro liquido che Raymond aveva osato considerare un filtro: nel preciso istante in cui quella mattina il fluido aveva poi toccato la lingua, i suoi connotati avevano cominciato immediatamente a mutare, deformarsi, invecchiare. Quando ebbe il coraggio di specchiarsi sulla lama della piccola vide un vecchio mendicante ingobbito dall’età e raggrinzito dagli anni, con lividi occhi semicoperti da palpebre cadenti e una ruvida cicatrice che attraversava il destro di questi e piombava dritto fino all’angolo della bocca. Per impedire che non attirasse, dunque, più attenzione di quanto il proprio aspetto già non facesse, optò per un abbigliamento semplice e trasandato: una cappa con cappuccio dalle falde sdrucite che scivolavano giù fino a nascondere abbondantemente le mani. Suo rammarico, difatti, neppure l’intruglio era riuscito a occultare il marchio dei pelleverde.

« Fermo, vecchio. Chi sei? Cosa ti porta qui? » lo spinse una delle guardie.
Rekla serrò le falangi nodose sulle redini del bruno stallone che nitriva tra le sue gambe; persino l’animale, forse, percepiva la tensione di cui era gravida l’atmosfera. Tentò comunque di sembrare naturale, scollando la mancina e sollevando pigramente il cappuccio appena quanto bastò ad esibire il suo occhio buono.

« Mi chiamo Eraya U'dol, ero il primo consigliere di quella che forse conoscete come Nera Regina. » rispose, tentando di dare alla propria voce la tipica, debole screziatura di chi è visibilmente provato dal tempo. Guardò tutti e quattro i soldati attentamente, con circospezione, aggiungendo al proprio sguardo una falsa pennellata color paura.
« Non c'è tempo! » incalzò allarmata « Il vostro signore è in gravissimo pericolo! Portatemi da lui, presto! »
E, a giudicare dalla reazione degl’interlocutori, era stata assai fortunata.
La vita di un lord vale cento volte più la fame del popolo che comanda, pensò, mentre tra i quattro ingenui soldati serpeggiavano occhiate preoccupate e farfugli su quanto il loro signore fosse stato estremamente preciso a riguardo: nessuno doveva vederlo.
Ciononostante, due di loro si decisero presto a scortarla all’interno della roccaforte, verso una delle tende più prossime al presidio centrale ma distanti quanto bastava da renderlo ancora irraggiungibile. Digrignò i denti, mordendosi la lingua per non imprecare, mentre cauti attraversavano piede per piede l’intero agglomerato.
In verità, vista dall’interno, la costruzione perdeva ogni strascico di imponenza: quella che sembrava un’impenetrabile fortezza che tanto le rammentava il fu Bianco Maniero, ora si rivelava invece un lurido ammasso di pellame e casupole in pietra gialla, il più delle quali adibite all’unica funzione di armeria o fonderia. Scivolando tra gli edifici con la fluidità di uno spettro in pieno giorno, districandosi tra la calca di Shadar-Kai – il cui numero superava addirittura quello degli uomini sulle mura – Rekla sentì le mazze dei fabbri tintinnare sulle incudini ed ebbe come l’impressione di trovarsi nello stomaco di un immenso, vibrante accampamento militare. Lanciò uno sguardo dietro di sé e vide nient’altro che nemici: era sola.
Sentì i lembi della tenda sfregare delicatamente e, prima che potesse accorgersene, era già all’interno.

« Eidolon, quest'uomo si è avvicinato al campo sostenendo di essere un consigliere della Nera Regina,
e di avere notizie importanti per Lord Vaash. »
La voce riverente della guardia la riscosse da un lungo torpore.
Al centro del padiglione vi era un grosso bivacco acceso e scoppiettante, i cui tenui riverberi rimbalzavano sulle numerosissime decorazioni metalliche che sgorgavano qua e là dalle pareti, dal suolo, persino dal soffitto; ovunque guardasse, ogni volta che spostava lo sguardo spuntava sempre qualche nuovo ornamento o suppellettile rigorosamente in metallo. Persino quando i suoi occhi incontrarono il fantomatico Eidolon le parve di ammirare solo l’ennesimo, finto e catatonico gingillo; un gingillo alto ben oltre la media, dalla pelle apparentemente dura e levigata, dal volto privo di qualsivoglia forma di espressione o lineamento e una nuca talmente glabra da riflettere la luce delle fiamme. Ad aggravare la situazione accorrevano poi un arto destro totalmente deforme e ricoperto di nauseanti protuberanze e un raccapricciante uncino all'estremità.
Quella... cosa era decisamente inaspettata.
« ... cosa facciamo? »
L’Eidolon spostò lo sguardo sul vecchio. Un brivido gelido scosse la gobba e precipitò dritto sulle ginocchia gracili.
Per un attimo temette che cedessero e la facessero ruzzolare in terra.
Ma Rekla Estgardel aveva visto molto, troppo nella sua breve vita perché potesse stupirsi ancora dell’esistenza di simili artifizi – perché, ne era certa, di artifizio si trattava.

« Servono prove » parlò la creatura.
La Nera aveva previsto fin dal principio che le venisse richiesta una qualche dimostrazione di quelle parole.
Dopotutto, Razelan Vaash era tutto fuorché uno sprovveduto.

« Io sono la prova. »
Allungò una mano verso l’interno della cappa e ne estrasse una piccola spilla bianca a foggia di teschio urlante; un emblema che in pochi avrebbero stentato a riconoscere. Porse l’oggetto a una delle sentinelle e tornò a focalizzarsi sull’Eidolon.
Più lo guardava, più temeva che la scoprissero; ma, prim’ancora, temeva che Razelan codardoVaash sfuggisse alla propria sorte.
Doveva affrettarsi, doveva essere più convincente.
« La donna che servivo ha perso il senno,
blatera di possedere l'intero meridione e manderà questa stessa notte tre spie ad assassinare il vostro lord.
»
Parole dure, aspre, difficili da digerire nonostante il fine - anche se in parte vere.
« Occore avvisarlo, occorre che gli parli subito! So come impedire che questo accada! »
Flesse le ginocchia, adagiò il bastone lungo il fianco, chinò il capo. Non aveva margine alcuno di fallimento. Ogni passo falso era un passo in più che la separava dal lord traditore. Deglutì nervosamente e – per la prima volta in vita sua – la Nera Regina si costrinse a supplicare.
« Le donne sono esseri fragili: io voglio servire un grande signore... il vostro signore. »

...

Ci fu del silenzio
e qualcosa, da qualche parte nella tenda, rise di lei.
L’Eidolon non reagì, non parlò, non respirò neppure; finché non si alzò.

« Avviserò Lord Vaash, dunque. »


CITAZIONE
Rekla Estgardel
la Nera Regina
––––––––––––––––––––––
Stato Umano
{ Intelligenza 4 | Forza 1 | Maestria armi da mischia 1 }

––––
« Energie: 100%
« Stato fisico: illesa.
« Armi: Constantine • riposta; Vesar "Luna dell'inferno" • riposta

Attive...
Nessuna

... e passive

La connessione tra l'evocatore e il mostro è molto più potente di quella che potrebbe mai avere con qualsiasi altra delle sue creature. Loro sono la stessa cosa, divisasi solamente con l'obiettivo di distruggere il proprio avversario. Per questo, i loro corpi sono legati insieme non solamente dalle mere catene che fuoriescono dal gauntlet. Nel caso in cui Rekla dovesse subire un danno provocato dal proprio avversario (e non autoinflitto tramite tecniche o atti impulsivi) ella potrebbe decidere di suddividere tale ferita e farne subire la metà esatta al proprio colosso, che griderà, alimentando la propria furia. Esemplificando, se Rekla dovesse subire un danno Medio, ella potrebbe decidere di prenderne solamente uno Basso, facendo sì che il mostro, tuttavia, subisca anch'egli un danno Basso. In poche parole, potrà smezzare qualsiasi danno rivolto alla propria persona, purché l'evocazione sia già presente sul campo. Viceversa, potrà anche decidere di suddividere i danni rivolti all'evocazione, subendone la metà, poiché i due non sono che diverse emanazioni dello stesso corpo [Tecnica passiva].

Nel principio, la Riluttanza
Il primo stadio di violenza contrappone il rifiuto della verità al suo viscerale attaccamento alla propria arma, il quale diverrà indissolubile, tanto intenso e profondo da impedire a chiunque di scinderlo. L’arma diviene un ninnolo, un prezioso memento, un tesoro inestimabile per la fanciulla che potrà impiegarlo per evocare istantaneamente l'ombra sotto forma di lorde creature, potenziate di un punto CS addizionale e a un costo energetico ridotto del 5%.


.Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa della gola, come tu vedi, alla pioggia mi fiacco.Il peccato di gola coincide con un desiderio d'appagamento immediato del corpo per mezzo di qualche cosa di materiale che provoca compiacimento. É un'irrefrenabilità, un'incapacità di moderarsi nell'assunzione di cibo o, più in generale, nel desiderio incontrollabile di qualcosa che si brama. E' stato proprio per quest'ultima ragione che Rekla ha accresciuto la propria fame nell'ambito della negromanzia, al punto da strappare il sottile velo che separa ciò che è vivo da ciò che è morto. Più precisamente, in termini di gioco, la Nera Regina acquisisce il potere dell'immortalità; questo non significherà che non sentirà la stanchezza o perderà i sensi una volta al di sotto del 10%.

.Or superbite, e via col viso altero, figliuoli d'Eva, e non chinate il volto sì che veggiate il vostro mal sentero. Il superbo è una persona innamorata della propria superiorità, vera o presunta, per la quale si aspetta un riconoscimento. La superbia affonda le sue radici nel profondo dell'uomo, sempre teso alla ricerca e all'affermazione della propria identità. Quest'ultima non è qualcosa che si elabora al proprio interno, ma che ciascuno negozia nel rapporto con gli altri da cui attende, appunto, il riconoscimento. Tale bisogno nell'essere umano è fortissimo: forte al pari di altri bisogni più esistenziali…
Allo stesso modo Rekla è innamorata di sé, della sua sicurezza, del suo corpo. Così facendo, nonostante le origini ancora sconosciute, la giovane insinua in chi le sta accanto non molta fiducia, oserei dire nessuna piuttosto, ed un timore di non poco conto. Tutto ciò, ovviamente, è efficace laddove chi la affianca non sia un demone né possegga un'energia superiore alla sua.

Vizio dell'Animo • честолюбие
Che sia negativa o positiva, l’ambizione - così come la sua assenza - sottende tutte le azioni umane malvagie o meritevoli che siano. L’ambizione sfrenata può portare all’insoddisfazione perenne, a cambiare schizofrenicamente campo di interesse o obiettivo pur di avere una nuova vetta da scalare, mentre un’accezione positiva di questa attitudine psicologica può coincidere con una sana spinta a migliorarsi e non accontentarsi, a superare i propri limiti. Rekla Estgardel è forse l'essere più ingordo e privo di scrupoli del pianeta, pericoloso e raggelante nell'infinita contaminazione della sua mente. E' proprio grazie a quest'incessante bramosia, però, che la Nera Signora è riuscita a cogliere frutti misteriosi ed unici, rari e preziosi come le più pregiate ricchezze del mondo. In termini pratici, ella è in grado di usufruire delle capacità di una seconda classe: il ladro. A tal modo ciò potrà senz'altro spalancare alla regina dei morti molteplici vie ad un'innumerevole quantità di attacchi e strategie, tutte indubbiamente mirate a stroncare sul nascere l'esistenza del malcapitato avversario. (Tomo furtivo)

An endless guard
In breve, il giovane Shiverata apprese l'orrenda verità su chi fossero i nemici e le prede cui il Magus l'aveva destinato. Non ne fu felice. L'anello gli imponeva di cercare e sconfiggere gli emissari dell'Abraxas: lui era costretto a frapporsi fra il mondo umano e l'Ombra, senza poter abbracciare nessuno dei due. Il dono lo condannava ad una guardia senza fine, perché il fiore di ossidiana, quel cuore del fiato di drago, non conosceva scalfiture. Il Maestro l'aveva definito nero come il peccato e resistente come la roccia. Lo era molto di più. Inoltre lo costringeva ad una percezione impossibile da interrompere, gli donava non la visione esatta ma la totale percezione del nemico, della sua presenza. Era orribile -e per questo maledisse il nome del Maestro.
{ Abilità Passiva: L'anello è indistruttibile. ; Abilità Passiva: Auspex sui non-morti, il portatore sarà sempre a conoscenza della loro presenza nei paraggi. }

Note
Nulla più nulla meno di quanto detto in confronto.
Spero vi piaccia.

 
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view post Posted on 25/1/2013, 14:30
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II

SEPARATOREVERONICA1-1
Deserto dei See
— Vicinanze de Sospiri di Ferro —


Il bastione dentro il quale il Lord si era barricato era indubbiamente una visione singolare in un deserto, abbastanza da catturare lo sguardo per diversi minuti. La cintura di pietra bianca avvolgeva il ventre del forte nascondendolo da sguardi indesiderati, lasciando i soli sbuffi nerastri alle congetture degli ignari che si avvicinavano; di certo non si poteva che concordare sull'adeguatezza del nome che gli era stato assegnato. Tuttavia, in quei frangenti la mente di Veronica era immersa in tutt'altri pensieri.

« È una missione rischiosa, ma non abbiamo alternative. »

Quelle parole in particolare continuavano a rimbalzarle in testa.
Sorprendentemente, si era ritrovata incapace di disfarsene, e con esse anche quella strana inquietudine che non percepiva come sua.

Perché?
Si domandava mentre il convoglio si allontava lasciandoli alla mercé del fato.
Quando è cominciato?
Si interrogava mentre la Nera Regina del Toryu decideva di procedere in solitaria.
Quando finirà?
Si tormentava mentre gli zoccoli dello stallone la trascinavano passo dopo passo sempre più vicina alle porte.

Ma una risposta non c'era.
Raymond era stato tanto breve quanto fin troppo esaustivo nelle sue spiegazioni, dando a quelli che già erano discorsi difficili da accettare l'effetto di un pugno allo stomaco. Anche solo considerare la possibilità di fare qualcosa di simile era probabilmente una follia, ma non era tanto stata l'idea di doversi imbarcare in una missione suicida ad averla disturbata così profondamente da smuoverle qualcosa di dimenticato nelle viscere. Morire non la spaventava, né la prospettiva della prigione o - peggio - della tortura. La risposta non poteva giacere tra quelle considerazioni. La verità era che in quella catena di eventi vedeva riflesso lo spettro di un passato non troppo lontano, fatto di menzogne e di lame alla gola; un passato, che nonostante tutto, non desiderava ripetere. O magari si ingannava; poteva essere esattamente l'opposto: fremeva all'idea di esser nuovamente al centro di un focolare d'odio e di morte, di provare ancora la sensazione che ogni decisione presa poteva essere anche l'ultima. Infiltrarsi in una fazione ostile non era infatti mai cosa facile, in particolar modo se lo si doveva fare in punta di piedi; potevano servire settimane, forse mesi, per guadagnare abbastanza fiducia da riuscire ad avvicinare una persona come il Lord che le era stato tratteggiato. Chiaramente, non avevano a disposizione tutto quel tempo. Era anche una delle ragioni per le quali non si era opposta all'idea di presentarsi come traditori Pelleverde: era un metodo rischioso, ma anche potenzialmente capace di portarli subito faccia a faccia con Vaash. E chissà, forse guardandolo negli occhi avrebbe finalmente compreso se era veramente paura a divorarla, o soltanto una tremenda follia.
_ ___ ____________________________________ ___ _

{Pochi minuti dopo}
.


Giunsero in prossimità del fortino senza troppi problemi, nonostante le numerose guardie appostate sulle mura; le due rimaste di guardia all'entrata, tuttavia, reagirono piuttosto bruscamente alla vista di un Pelleverde: sollevarono in fretta le picche puntandole in loro direzione, un gesto che non richiedeva certo d'esser accompagnato a delle parole.
Tutto previsto, si rassicurò Veronica.

« Fermi! Chi diavolo siete?! »
inveì uno di loro, al quale la Vatrich rispose presto
« Ma guardatevi, basta solo la vista di qualche pelleverde a mandarvi in panico. »
sorrise apertamente, benché dentro qualcosa continuasse a ribollire
« Cosa pensate che siamo qui a fare? Un impavido attacco suicida alla fortezza del grande Lord Vaash? In tre? »

Non riuscì a trattenersi e si lasciò andare ad una breve risata, forse nel tentativo di scaricare un po' della tensione che la consumava. La verità non era poi tanto distante, ma vi era forse un metodo migliore di mentire se non fingere di dire il falso? Si sistemò meglio sulla sella, irrequieta.

« Se pensate davvero che le cose stiano così, è evidente che vi serve un certo aiuto per vincere questa guerra. »
aggiunse con arroganza - allungando poi il braccio in direzione di Zaide
« E chi meglio di uno di loro può darvi un simile aiuto? »

Aiuto... davvero Lord Vaash aveva bisogno d'aiuto? Sperò di aver toccato i tasti giusti, ma a giudicare dai fumi densi che si sollevavano dall'interno del forte, l'esercito del signore del deserto doveva esser piuttosto prolifico; abbastanza da poter marciare e vincere da solo, benché non potesse averne certezza. Ciò che vi era oltre le mura restava ancora un mistero.

« Non siamo folli, né disperati in cerca di rogne. Mi chiamo Ekver-Wysnad'lig, ed ero il primo sciamano della tribù pelleverde dove ultimamente ha trovato asilo gente di ogni risma e grado. Non è più il mio luogo: non sono disposto ad assoggettarmi a simili...individui. I miei poteri e la mia esperienza sono al servizio dio Lord Vaash, se me lo concede. Per dimostrarlo, gli ho portato una prova »
tirò fuori qualcosa dalle tasche, qualcosa che Veronica non riconobbe
« Costoro sono miei fidati apprendisti »

Un brivido le serpeggiò sulla schiena a quelle parole; difficile dire se fosse di piacere o di terrore.
Faticava sempre a comprenderlo.

« Dovresti scegliere meglio i tuoi apprendisti, allora, troll; o quantomeno insegnargli il modo corretto di rivolgersi all'autorità. »
altre guardie giunsero nel frattempo, almeno cinque
« Catturateli. »

...questo invece, decisamente non era previsto.

« Bella mossa, apprendista »

Le sibilò a buon ragione la compagna, alla quale non rispose in altro modo se non con un sospiro sconsolato. Era stata breve come avventura sotto mentite spoglie, non c'era che dire. Ad ogni modo non oppose resistenza; scese da cavallo e si lasciò condurre all'interno assieme agli altri, varcando finalmente la soglia dei Sospiri di Ferro. Ciò che vide una volta dentro, tuttavia, deluse in larga misure le aspettative; tende non certo meno spartane di quelle dei Pelleverde - intervallate ogni tanto da agglomerati di mattoni giallastri - disseminavano il gigantesco cortile della villa, mentre innumerevoli Shadar-Kai sciamavano come locuste entrando ed uscendo dalle forgie, principale fonte delle minacciose nubi che ammorbavano il cielo sovrastante alla magione. Non sembrava tanto diverso da un qualsiasi accampamento militare, per quanto il numero delle truppe del Lord fosse tutt'altro che esiguo.
Si chiese fino a che punto fosse riuscita a giungere Rekla.

E la risposta giunse ben presto, quando furono condotti all'interno di una tenda più grande; il vecchio ingobbito e avvolto da vesti lacere che attendeva poco più in là della soglia era lei, evidentemente fermata a sua volta in attesa di qualcosa, un controllo forse. O era stata scoperta a sua volta? Non la guardò che per un secondo, soffocando a forza la tentazione di sghignazzare al pensiero che sotto quello sgorbio si nascondesse lo stesso corpo ben fatto che aveva conosciuto; aveva causato fin troppi problemi con ben poche parole, ed ora era meglio che se ne stesse zitta. Per un po', almeno.

Rimase dunque in silenzio in un angolo, aspettando a braccia conserte; un'attesa che iniziò ben presto a logorarla, al punto tale che si ritrovò senza neppure accorgersene a stringere così forte la pelle delle braccia da arrivare a sanguinare. Si sentiva come una bestia in trappola, il sangue che le bruciava nelle vene. Che senso aveva starsene tranquilli e docili? Ormai le sembrava evidente che avrebbero tentato di ucciderli presto, o al massimo di imprigionarli.
Inaspettatamente, non successe nulla di tutto questo.

Poco dopo una figura umanoide fece il suo ingresso in tenda, trasportando con sé un gingillo di vetro dalla forma sferica. Era grosso, incapace di pareggiare la stazza anormale di Neshnak, ma comunque abbastanza da torreggiare su molti dei presenti; ma i particolari che più balzavano all'occhio erano il braccio deforme e irto di lame, e la faccia - che pareva esser stata grezzamente ricavata da un pezzo di roccia. Pochi lineamenti appena accennati, e il vuoto ad animarli. Veronica sciolse le braccia, seguendo con interesse il movimento della sfera di cristallo che la creatura si premunì di avvicinare a ognuno di loro, e che si accese di un poco rassicurante bagliore vermiglio dinanzi a Rekla e a Zaide. Non le ci volle molto a fare qualche breve considerazione, e giungere alla più ovvia delle soluzioni: quel'artefatto era probabilmente in grado di rivelare i loro camuffamenti.
Di bene in meglio, si ritrovò a pensare.

« Sentitevi liberi di visitare il campo. Lord Vaash vi riceverà tra poco. »
« ...? »

La voce incolore del costrutto vibrò per prima, cogliendola del tutto alla sprovvista. Poteva aspettarsi di tutto dopo una simile procedura, ma non certo che venissero lasciati liberi. Non aveva nessun senso. Il Lancaster era stato chiaro: l'animo di lord Vaash contava ben poche virtù, e fra queste non vi era né coraggio né misericordia. O stava giocando con loro, o era un folle talmente sicuro di sé da consentire a delle spie di vagare liberamente per il suo campo, poiché era ormai quasi certa che fossero stati scoperti. Qualcosa non tornava, e Veronica non era ben certa se prenderla come una gradita sorpresa o se invece prepararsi al peggio.
Nel dubbio, decise che era meglio non allontanarsi; dunque rimase nella tenda, cercando di decifrare dai loro volti i pensieri dei compagni che la circondavano.


VERONICATAG3v2
VERONICA VATRICH | CS: Potenza Fisica (4)
| B:5% - M:10% - A:20% - C:40%


Stato Fisico ~ ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥
                         ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥ [Ferite lievi alle braccia]
Stato Mentale ~ ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥ [Irrequieta]
Mana Residuo ~ 100%


ABILITA' PASSIVE
CRIMSON MADNESS [Passiva di II e III Livello del Dominio Forza del Toro]
    Resistenza al dolore, sopportazione danni fino a un doppio Mortale.
SYSTEMATIC CHAOS [Passiva Razziale del Mezzodemone]
    Difesa psionica.
SOUL CRACK [Passiva Personale]
    Malia psionica che stimola reazioni, sensazioni ed emozioni primitive.
PAINFUL CARESS [Passiva di I Livello del Dominio Forza del Toro]
    Capacità di maneggiare armi pesanti come stocchi leggeri.


EQUIPAGGIAMENTO
VERMILLION [Integro - Attualmente non equipaggiato]
    Gigantesco martello da guerra a due mani.
NYAR'KHATAP [Integro - Infoderato dietro la cinta]
    Pugnale rituale.
REKSESJATER [Integra - Appesa al fianco sinistro]
    Mazza ferrata.
CORONA D'ARGENTO [Integro - Dietro la schiena]
    Scudo medio/grande.
PEANA TRIONFALE [Integra - Attualmente non equipaggiata]
    Armatura media completa.



NOTE
Ho scritto il post parecchio di fretta per timore di esaurire il credito della chiavetta, quindi perdonate eventuali errori/cazzate/imprecisioni sparse qua e là, se ci sono, e in generale la scarsa qualità.



 
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view post Posted on 25/1/2013, 14:49

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« Ecco il punto della situazione. »

La voce chiara di Raymond si espanse per tutta la tenda, la stessa in cui due giorni prima il nobile aveva fatto un resoconto della missione a Nëshnäk e Veronica. Dentro quel perimetro, oltre che il Lancaster e la sopracitata donna, vi erano anche altre due persone di sesso femminile che con tutta probabilità non appartenevano alla Tribù dei Pelleverde. La prima alquanto tenebrosa, la seconda avvolta da un manto di mistero. Volti non propriamente sconosciuti, in quanto le aveva viste di rado aggirarsi fra il popolo orchesco, che le aveva trattate con lo stesso garbo riservato anche a lui, proprio alla Montagna, quell'essere che teneva una sorta di legame empatico con loro.
Il guerriero stava seduto su uno di quei tanti sacchi di farina, comodamente appoggiato sopra quel tessuto, con gli occhi diretti verso il leader del gruppo, quell'uomo dal volto macchiato di verde. Macchia che alla sola vista faceva riflettere Nëshnäk riguardo le possibilità di una persona di mutare se stessa in virtù del proprio Destino. C'era una dannata puzza in quella maledettissima tenda fatta di pelle di capra, il cui odore si mischiava con quello delle varie polveri che disgustosamente venivano respirate da quel gruppetto, non così tanto coeso. Egli stava incominciando a spiegare nei minimi dettagli una missione la cui riuscita li avrebbe fatti apparire come eroi tra le fila del Clan Toryu, eppure, ironia della sorte, essi non si trovavano dentro le mura di un castello, nel palazzo protetto da numerose guardie di un generale, ma in un semplice ed umile magazzino pieno di scorte. Alcune andate a male, fra l'altro.
Iniziò parlando delle malefatte di Razelan Vaash, un verme che oltre ad aver provato a far fuori con chissà quali mezzi alcuni esponenti politici dei quattro regni, s'era anche permesso di far spedire nel regno dei morti circa una trentina - o poco più - di innocenti sudditi del Sovrano. Ma non solo, infatti senza freno inibitore alcuno, aveva sguinzagliato i suoi lacchè in giro per il meridione con l'ordine di ammazzare i sopravvissuti, arrivando pure al punto di giungere nel rifugio dei Pelleverde nel quale si trovavano esattamente ora. Quella sottospecie di uomo non pareva essere intenzionato a guardare in faccia a niente e a nessuno, pur di perseguire i suoi scopi. Un qualcosa di lodevole, se il suo obbiettivo non cozzasse con gl'interessi di quelle persone ivi riunite. Con tutta probabilità fra l'arrivo della marea e questo sorcio che tentava di raggiungere i propri obbiettivi senza paura di spargere litri di sangue, tutta quella tribù era stata privata della gran parte delle loro energie. E poteva ben vederlo - e quindi a sua volta capirlo - dall'atteggiamento estremamente teso di quegli orchi, ma anche della persona che li guidava. Era palesemente malconcio il tipo, provato nel corpo e nello spirito.
Però, ciò che colpì nel vivo Nëshnäk fu la parte successiva del discorso di Raymond, in cui questo asseriva che tale Razelan era stato in grado addirittura di comprare una compagnia mercenaria, chiamata Rooi Valke, i Falchi Rossi, scagliandola contro il loro stesso precedente capo, per poi spingerli a far fuori ogni essere senziente che si trovava nel Deserto dei See. Tutto questo gli pareva assurdo, insensato e soprattutto sinistro. La Montagna stessa aveva combattuto sotto parecchi vessilli - stringendo tra le proprie dita aste di legno nel cui apice vi erano stemmi ogni settimana differenti - ed in molte compagnie, soprattutto quelle più unite, il capo del gruppo non era semplicemente un "leader", un abile schermidore e simili, ma anche qualcosa di più. Un qualcosa che andava semplicemente oltre. Per lui un gesto simile andava punito solamente con la morte, e nemmeno questa infondo sarebbe bastata per un crimine nefando tanto quanto il parricidio.

Il disprezzo per quel traditore cresceva, nemmeno tutta la sua carne ingigantita al massimo sarebbe bastata per contenerla, eppure si sforzò di rimanere in silenzio, composto nel suo trono fatto di sacchi della farina. Si poteva leggere la sua tensione, un poco esternata dalle mani che si stringevano nelle ginocchia.

Credeva che quello fosse il punto principale, il fulcro di tutta quella situazione turpe. Invece non era così.

« Le ragioni dietro a questi gesti ci sono ignote. »

Assurdo, si ripeteva nella mente, convincendosi di non aver capito bene le parole del Lancaster o di averle travisate del tutto. Non era possibile che una persona potesse agire così, senza far trapelare uno schema, un qualcosa che desse un senso a tutto. Ringhiò sommessamente, incrociando le braccia davanti a se. Più sapeva della faccenda e più gli salivano i nervi a fior di pelle. Forse, stava proseguendo il Soldaat, voleva conquistare quella zona sabbiosa o estirpare da questa ogni forma di vita. Ma non quadrava. Perché proprio quel luogo? Cosa aveva di particolare, di unico? Del resto era uno "Scatolone pieno di sabbia", citando un individuo che non c'entrava nulla con la situazione. Chissà, magari in quel lembo di terra era tenuto nascosto un qualcosa che non doveva essere scoperto da nessuno, nemmeno dai suoi superiori. No, dietro quel velo illusorio di Maya doveva esserci qualcos'altro di ancor più grande e terribile. In cuor suo era convinto che molte carte non erano state ancora scoperte.
Dovevano fermarlo.

« Purtroppo, le nostre forze non sono abbastanza grandi da permetterci un attacco diretto. »

Proseguì il Soldaat, l'uomo a cui aveva giurato da poco fedeltà. Questo complicava non poco l'intreccio, ma non era nulla in confronto al resto; per prima cosa il posto in cui risiedeva Razelan, la fortezza chiamata i "Sospiri di Ferro" disponeva di grandi mura, capaci di resistere a molti giorni d'assedio, in più all'interno di queste vi si trovavano numerosi Shadar-Kai. Il vero problema però era un'altro: ovvero le vie di fuga secondarie, da cui il nobile sarebbe potuto scappare facilmente durante un possibile scontro in cui le sue guardie li tenevano occupati.
Fantastico.
Dalle parole di Raymond quel forte appariva inespugnabile.
Inutile attaccarlo in forze, inutile tentare un'offensiva disperata e suicida degna di diversi guerrieri dell'Oriente con cui aveva, ahimè, avuto a che fare.
C'era bisogno d'altro.
Infiltrarsi.

Si morse per un attimo il labbro superiore, guardando in alto. Non ha mai partecipato a questi tipi di missione per motivi facilmente intuibili, insomma, bastava guardarlo per capirlo. Troppo grande e troppo sgraziato per certe imprese, ma come ogni cosa c'era sempre una prima volta nella vita. Non si sarebbe tirato indietro, non ora che aveva attraversato mezzo deserto per servire quell'individuo che fino ad una manciata di giorni fa era un totale sconosciuto. Inoltre era sicuro che quello, in base alle informazioni ottenute, era il metodo migliore per occuparsi di Lord Vaash.
Come infatti spiegò il Lancaster, questo piccolo signorino della guerra stava tentando di ingrandire le proprie fila, rendendo gli Shadar-Kai un gruppo ancor più temibile di quanto già non lo fosse. Opportunità migliore di questa non poteva capitare. Potevano tranquillamente chiedere di arruolarsi, in modo tale da avvicinarsi con più facilità all'obbiettivo. Infatti, senza perdere tempo, colui che stava spiegando la situazione sollevò un sacco e lo svuotò delicatamente lì in mezzo al gruppetto, mostrando il contenuto: quattro ampolle con dentro del liquido verde.

« Gli sciamani si sono prestati volentieri a preparare queste quattro potenti pozioni di camuffamento, che voglio utilizziate per nascondervi fra le fila degli uomini di Razelan. Lì dovrete scoprire il più possibile sui suoi piani e, eventualmente, intervenire per fermarlo.»

Rimase in silenzio. Stupidi trucchetti.

« Io mi occupo delle guardie.»

Affermò la donna dai capelli corvini le cui ombre parevano carezzare dolcemente la sua pelle, scivolando delicatamente nel profilo della lieve muscolatura marcata della stessa. Una figura singolare.
Si volse verso di lei senza proferire parola alcuna, squadrandola dall'alto verso il basso con uno sguardo inquisitorio, il tutto seguito da un cenno affermativo del capo.
No. Ella non era manchevole.


___ _____ ________ _____ ___
i Sospiri di Ferro



Dopo qualche dì, un gruppo di Pelleverde li scortò poco lontano dalla magione, proprio nei margini del Deserto dei See.
Giunsero all'entrata di quella magione, sia lui che Veronica portavano armature differenti, più adatte al deserto. Insieme a loro c'era anche Zaide, che a differenza sua e dell'altra donna aveva ingerito quel filtro, cambiando quindi i suoi connotati in quelli di uno shaman. Al posto dei suoi capelli ramati, della pelle pallida, degli occhi verdi ora c'erano i lineamenti di un orco. Sembrava una violenza al fascino della stessa. D'altronde però il dovere era dovere.
La Nera Regina invece era partita prima di loro, con tutta probabilità già si trovava a discutere con qualche autorità della fortezza.
Qualcuno forse non avrebbe apprezzato il suo gesto, sicuramente non Nëshnäk, il tutto per un semplice motivo: aveva notato il suo sguardo mentre asseriva ciò di cui si sarebbe occupata. Un'occhiata che apparteneva a pochissime persone. Aveva la fiducia dell'orco, per quanto questa potesse valere.
La discussione con il Lancaster - dopo che questi gli aveva mostrato le pozioni - continuò a lungo, ed il fulcro di questa come si poteva facilmente immaginare era Razelan Vaash. La Montagna se lo vedeva come un viscido serpente, di quelli che strisciavano nella terra per attaccare quando la vittima meno se lo aspettava e.. Pensava bene. Quel nobile, sempre se nobile a questo punto si poteva ancor definire, apparteneva ad una famiglia che nemmeno lo considerava, in quanto era imparentato con questa molto alla lontana. Per di più la sua psiche appariva contorta ed al contempo deviata; il ragazzo infatti dava l'impressione di nutrire un odio profondo verso tutto e tutti, tanto che s'era recluso nella propria misantropia, non mettendo più piede fuori la magione. Ma non solo, infatti ad un numero esiguo di pochi era concesso di contattarlo, per il resto gli ordini venivano impartiti con l'utilizzo di intermediari vari. Una figura dispotica, maledetta, pronta a collassare su se stessa da un momento all'altro. Eppure, quel ratto pieno di segreti e manie stava dando un'infinità di problemi. Troppi.
Andava abbattuto come un animale da fattori che a causa della sua vecchiaia non poteva più lavorare nei campi.

Diede uno sguardo alla Meretrice di Anime, l'unico suo effetto personale a disposizione insieme al cannoncino, la quale era ben tenuta dietro le sue spalle.
Quasi gli dispiaceva far baciare alla propria lama il sangue di quel verme, ma non si sarebbe tirato indietro in caso la possibilità si fosse presentata.
I nemici del Sovrano andavano eliminati, costi quel che costi.

« Ppuh.»

Sputò a terra da sopra il cavallo nero quando la coppia di Shadar-Kai adibita a far la guardia ai cancelli del maniero giunse verso di loro. Non promettevano nulla di buono quegli essere lì, dalla pelle pallida come il latte, che senza pensarci due volte sguainarono le proprie armi, puntandogliele contro. La prima reazione dell'orco fu quella d'afferrare con la mancina lo spadone, diminuire la distanza fra loro e colpirne uno a caso fra i due con un manrovescio, decretando dunque la sua morte. Invece non mosse nemmeno un muscolo. Stranamente dentro di lui prevalse la Ragione piuttosto che l'Istinto, quella parte di se che gli aveva permesso di superare innumerevoli avventure. A quanto pare aveva fatto la scelta giusta. Non poteva mandare a monte il piano, doveva avere il sangue freddo anche sotto quel sole cocente, che per qualche motivo a lui sconosciuto non era stato in grado di rendere scura come un mattone la cute di quelle guardie.
Quindi, con sommo rammarico, alzò le braccia come per mostrare che non era un nemico, facendo perno con un piede sulla staffa della sella, scendendo quindi dal suo destriero dal manto color pece. C'era bisogno di persuadere quegli individui, dunque evitò di parlare, preferendo il silenzio - non aveva una lingua svelta, in più, anche a causa del suo spiccato senso dell'onore, non aveva mai mentito in vita sua, questa era la prima volta. Meglio non improvvisare. Non ora.

« Ma guardatevi, basta solo la vista di qualche pelleverde a mandarvi in panico. »
[size=1]volse di scatto la testa, guardandola. Le appariva sicura di se, forse fin troppo.

« Cosa pensate che siamo qui a fare, miei brillanti colleghi? Un impavido attacco suicida alla fortezza del grande Lord Vaash? In tre? »
ora capiva dove stesse andando a parare, eppure quell'atteggiamento poteva non essere visto di buon occhio.
« Se pensate davvero che le cose stiano così, è evidente che vi serve un certo aiuto per vincere questa guerra. E chi meglio di uno di loro può darvi un simile aiuto? »

Concluse, indicando sia lui che lo Shaman. Chinò il capo, togliendosi il cappuccio logoro. Certo, la spiegazione che aveva dato non faceva una piega, eppure sentiva che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Era palese, chiaro. Veronica involontariamente li aveva irritati, e forse aveva compromesso quell'infiltrazione. Non restava altro che sperare nell'abilità di oratrice di Zaide.

« Non siamo folli, né disperati in cerca di rogne. Mi chiamo Ekver-Wysnad'lig, ed ero il primo sciamano della tribù pelleverde dove ultimamente ha trovato asilo gente di ogni risma e grado. Non è più il mio luogo: non sono disposto ad assoggettarmi a simili...individui. I miei poteri e la mia esperienza sono al servizio dio Lord Vaash, se me lo concede. Per dimostrarlo, gli ho portato una prova. »
quindi estrasse un oggetto che ad una prima occhiata gli pareva essere un pezzo di pietra, il quale magari aveva qualche sorta di potere, oppure un certo valore spirituale e morale che attestasse qualcosa che a lui, ora come ora, sfuggiva del tutto.
« Costoro sono miei fidati apprendisti »

Un gran bell'azzardo, che purtroppo non diede i frutti sperati. Boriosa e piena di se, la guardia affermò un qualcosa riguardo gli apprendisti o il rispetto, che Nëshnäk schiettamente non ascoltò. Gli era bastato guardarlo un attimo in faccia per capire le sue intenzioni, quindi prima ancora che chiamasse altri suoi colleghi incominciò a camminare in avanti con calma, evitando di fare movimenti bruschi che avrebbero potuto indispettirle ancor di più. Alle successive parole dello sciamano si fermò, facendolo passare, per poi mettersi subito dietro di lui. La recita era andata a rotoli, o meglio, in parte. In quanto gli Shadar-Kai non dubitavano ancora della falsa identità di Zaide, dunque, per quanto quest'atto fosse inutile, preferì mostrarsi servile con lui senza far cadere la recita, facendo trasparire anche con un lieve inchino il suo ostentato dispiacere.

Vennero scortati all'interno di una grande tenda dagli interni pieni di ornamenti metallici. A quanto pareva, come era stato in grado d'intuire guardando i vari orecchini e le forge da cui provenivano banchi di fumo denso e scuro, quella stirpe di uomini sembrava essere molto abile nella lavorazione del ferro.
All'interno di quell'area non vi era nessuno, eccezion fatta per un vecchio dall'aria malconcia, un uomo abbastanza anonimo oltretutto. Vennero obbligati a mettersi seduti in un angolo di quel posticino, sempre controllati da un manipolo di mercenari. Una situazione a dir poco odiosa, eppure c'era ancora speranza. Il tempo scorreva, eppure non sembrava accadere nulla. Nessuno si faceva vivo, ma poi quella piccola orchestra di suoni frustranti venne interrotta con l'entrata dell'Eidolon. Ringhiò come un animale quando lo vide. Ai suoi occhi appariva come un demone sputato dall'inferno; era alto per gli standard degli esseri umani, non particolarmente statuario, ma di certo con il suo aspetto catturava molta attenzione. Anch'egli aveva la pelle pallidissima, sembrava quasi avesse contratto la malaria, eppure la cute non appariva labile, bensì dura come la pietra. Sembrava quasi una sorta d'armatura naturale, che gli forniva una difesa da qualsiasi attacco di moderata potenza. Inoltre il suo braccio indecentemente troppo grande rispetto al resto del corpo era una vera e propria arma, in quanto dalla carne di questo fuoriuscivano degli spuntoni affilati, come delle protuberanze ossee, con le quali chissà quante persone aveva fatto scuoiato vive, in più l'estremità dell'arto era munito di quello che gli pareva una sorta di grezzo uncino. Tuttavia c'era un'altra ragione per il quale quell'essere appariva disturbante alla vista: la completa inespressività. Era del tutto vuoto. Come se dentro di lui non battesse alcun cuore. Era anomalo, nel vero senso della parola.
In mano teneva un globo, quindi camminando con una calma inquietante lo passò di fronte ai volti di ognuno. Quando questo venne posto di fronte al viso del finto Shaman e dell'anziano sconosciuto - "Sconosciuto" - incominciò a brillare debolmente, assumendo una tonalità rossastra.
Deglutì. Le cose si stavano mettendo male.

« Sentitevi liberi di visitare il campo. Lord Vaash vi riceverà tra poco. »

Esatto. Si stavano palesemente mettendo male.
Razelan non si sarebbe presentato affatto, in quanto questo sarebbe andato contro il profilo fornito da Raymond. Certo, durante questo periodo di reclusione poteva essere cambiato, eppure certe cose non accadevano da un giorno all'altro. No, qualcosa non andava, non gli avevano nemmeno confiscato le armi. Si alzò, avvicinandosi all'Eidolon, fissandolo dall'alto verso il basso per qualche interminabile secondo.

« Bene. »

Non una parola di più. Così, proprio come si era avvicinato a quella marionetta, ora si allontanava da lui e dal resto delle persone dentro quella tenda. Avrebbe girato per qualche minuto all'interno del fortino, in modo tale di avere un'idea più precisa del luogo e del numero di Shadar-Kai che facevano la guardia, per poi ritornare nel luogo dell'incontro dopo qualche minuto d'ispezione, sempre che non avesse trovato qualcosa d'apparentemente importante.




La Montagna esce dalla tenda non appena ottiene il permesso dall'Eidolon. Se troverà ''qualcosa d'importante'' gli darà un'occhiata, in base, appunto, all'apparente importanza di questa poi deciderà se controllare ancora o meno, ritornando dentro la tenda.
Anche io ho postato di fretta e in furia, spero di non aver combinato qualche casino. In caso chiedo venia.
 
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view post Posted on 26/1/2013, 23:18

Esperto
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La cosa che la colpì più di tutte, per la seconda volta, furono le mani.

Quanti anni doveva aver avuto il suo maestro sciamano? Cinquanta, ottanta, cento? La grandezza del suo spirito rivelava un'età certamente venerabile, eppure il suo corpo, come quello dei suoi simili, era ancora elastico e asciutto, la pelle compatta e appena solcata da venature più accentuate. La schiena appena incurvata tradiva il peso di anni di decisioni e sacrifici, ma il bastone nodoso che stringeva tra le mani non serviva certo a sorreggere il passo.
La pozione le aveva lasciato un retrogusto disgustoso in bocca, ma Zaide aveva pensato che fosse meglio celare il proprio aspetto, come aveva fatto Rekla, prima di presentarsi al cospetto di Razelan Vaash. I due nuovi arrivati avevano preferito mantenere il proprio aspetto, nonostante il gigante non passasse di certo inosservato in quella strana comitiva.

La donna si era presentata la sera prima nella sua tenda, entrando con un certo garbo che a Zaide aveva ricordato, con una fitta al cuore di nostalgia, o forse di senso di colpa, la fanciulla bionda che l'attendeva a miglia e miglia da lì. Veronica era cortese ma i suoi occhi sprizzavano fierezza e consapevolezza di sé. Una vera guerriera, aveva pensato subito Zaide. Facile intuire che Raymond avesse voluto avere al suo fianco nuove forze in grado di combattere e portare finalmente in vantaggio quella strana battaglia che, a quanto pareva, conduceva nel cuore di quel palazzo.
Aveva sperato che potessero muoversi assieme, coordinandosi in modo da concordare un piano d'azione comunitario. Ma, ancora una volta, Zaide dovette ammettere che qualcun altro l'aveva superata.

Di nuovo.

Rekla si era ancora una volta distinta per il suo egoismo e la sua mania di protagonismo, precedendo per conto suo la comitiva e lasciando tutti all'oscuro dei suoi piani: certo non lavorava solo per il Lancaster, ma doveva avere dei secondi fini ben precisi. Dal poco che Zaide la conosceva, sapeva che la Nera non faceva nulla senza un sostanzioso tornaconto personale. E questo, naturalmente, senza curarsi di calpestare le persone sul suo cammino.
La strega le rivolse un pensiero astioso mentre camminava in direzione del portone principale affiancata da Veronica e Nëshnäk, rendendosi conto che la loro linea d'azione faceva acqua da tutte le parti e che non sapevano minimamente cosa sarebbe successo se il piano di Rekla non avesse funzionato.
I suoi timori furono rafforzati nel vedere la reazione aggressiva con cui le guardie all'ingresso del palazzo li accolsero senza nemmeno lasciarli avvicinare.

- Fermi! Chi diavolo siete?!

Ma Zaide non ebbe il tempo di escogitare una tattica d'approccio che la giovane guerriera si era già lanciata in un'invettiva che, Zaide ne era certa, avrebbe solo fatto infuriare di più le guardie. Sciocca testa calda, pensò, mentre a parole cercò di raffreddare la tensione spacciandosi per un traditore della propria gente giunto ad offrire i propri servigi a Lord Vaash. Ma fu solo fiato sprecato. Zaide ebbe un istante per riflettere sul fatto che avrebbero potuto sopraffare rapidamente le due sentinelle anche solo contando sulla forza fisica della Montagna, ma presto un piccolo gruppo di uomini armati giunse di corsa a circondarli con fare minaccioso.

- Catturateli.

Con lo sguardo, Zaide cercò di comunicare con i suoi compagni. Assecondiamoli. Era convinta che se si fosse giunti allo scontro, le loro abilità sommate insieme si sarebbero rivelate vincenti su un qualunque contingente armato, ma era certa che in quel momento la cautela fosse la loro arma migliore. Certo le guardie li avrebbero condotti da Razelan Vaash, e allora la partita sarebbe stata ancora tutta da giocare.
Ma con sua sorpresa, la loro destinazione non era l'abitazione del Lord. Esitò un istante, osservando quella che riteneva la direzione giusta, ma la punta di una lancia le pungolò la schiena esortandola a proseguire fino a un'ampia tenda diversa da tutte le altre.

- Muoviti, vecchio.

Zaide sbuffò. I piani erano cambiati, ma la compagnia era sempre la stessa.
Lo sguardo tronfio e arrogante di Rekla, riconoscibile perfino nelle fattezze del suo anziano consigliere, fiammeggiava su di loro come un dardo avvelenato.
Ma l'attenzione della strega fu subito catturata dalla singolare creatura appena entrata nella stanza. Un uomo di statura eccezionale, che di umano possedeva ben poco. Se non fosse bastata la strana consistenza della pelle e la deformazione del braccio, il suo sguardo sarebbe stato di per sé sufficiente a raggelare chiunque.
Non parlò.
Nelle sue mani apparve una sfera cristallina con cui si avvicinò a ciascuno di loro; e quando fu il suo turno, Zaide cercò di ritrarsi ma una guardia la teneva ancora saldamente per le braccia. Aveva già visto uno di quegli oggetti: erano rari ma estremamente efficaci nel rivelare inganni e menzogne: e loro, grazie al travestimento, ne avevano in abbondanza.
Il bagliore rosso che la sfera lampeggiò davanti al suo viso non la sorprese affatto. Ma fu estremamente sorpresa nel sentire la voce distaccata dell'Eidolon:

- Sentitevi liberi di visitare il campo. Lord Vaash vi riceverà tra poco.

Che fosse l'ennesima trappola? Zaide cercò con gli occhi lo sguardo di Rekla, ma incontrò invece quello di Veronica. Intuì che la giovane aveva avuto il suo stesso pensiero: che fosse una trappola? Da quando i carcerieri lasciavano gli ostaggi liberi di scorrazzare a piacimento senza sorveglianza? Si morse il labbro. Ma non sarebbe uscita dalla penombra di quella strana stanza: non voleva perdere di vista nessuno dei suoi compagni, men che meno Rekla.

 
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view post Posted on 29/1/2013, 14:42
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« Omaggiamo il Re di Ferro! »

Un boato festoso accolse quest'affermazione, scuotendo da cima a fondo la tenda dove era stato raccolto il gruppo. Il tuono venne accompagnato dal suono di centinaia di campanelle, dallo sbattere del ferro contro il ferro e dal clangore del metallo; quei suoni così accidentali e banali sembravano ordinarsi e concatenarsi uno dopo l'altro nell'aria, dando vita ad una melodia primitiva che riempiva d'adrenalina le voci di coloro che stavano festeggiando.
L'Eidolon fu inevitabilmente attirato dal caos improvviso. Con la sua ormai consueta mancanza d'espressione volse lo sguardo verso l'esterno della tenda, dove si scorgeva un gran movimento.

« Un nuovo figlio sta per nascere! »

Le guardie nella tenda vennero colte da un improvviso moto d'impazienza, come se non vedessero l'ora di uscire per unirsi ai festeggiamenti.
All'esterno, al centro del cortile, un uomo stava seduto su uno sgabello di metallo, circondato da decine di Shadar-Kai emozionati dal prossimo evento. Molti fra questi suonavano strumenti di ferro incredibilmente rozzi e grossolani, degni delle peggiori tribù primitive, mentre altri stavano faticosamente trascinando un tavolo di metallo su cui poggiavano numerosi strumenti medici.

« Accorrete fratelli, poiché fra qualche minuto, Brenuin sarà rinato! Lasciate che il nostro entusiasmo gli infonda il coraggio necessario per entrare in contatto con il Vero Re! »

Non era chiaro chi stesse urlando tutto ciò, nemmeno per Brenuin, che tremava dal terrore.
Brenuin era un ragazzo alto, magro, dalla pelle incredibilmente chiara per essere nato nel meridione, che non aveva mai chiesto niente se non succedere a suo padre nel mercanteggiare con i diversi villaggi che abitavano nel deserto dei See. Popoli che aveva visto attaccati, ai quali appartenevano amici e conoscenti che ha visto morire prima sotto le lame dei Rooi Valke, e successivamente sotto quelle degli Shadar-Kai. Il tutto in nome dell'"epurazione".
Gli fu chiaro che per sopravvivere avrebbero dovuto abbandonare il deserto, o unirsi a Razelan Vaash. Suo padre era stato considerato troppo vecchio per poter essere di alcuna utilità al signorotto locale, ma lui si era comportato da bravo soldato, e finalmente era entrato a far parte degli Shadar-Kai. Lì avevano iniziato a parlargli di rinascita, di battesimo, del Vero Re, Re di Ferro o Padre di Ferro: un nome che cambiava in continuazione. Avevano tentato di farlo partecipare attivamente a quel culto del quale non aveva mai sentito parlare, fino a fargli capire che se non avesse accettato la sua rinascita, prima o poi avrebbero dovuto sbarazzarsi di lui.
Non gli avevano lasciato molta scelta, dunque.

"non puoi sentire la connessione col Re di Ferro, se non indossi le sue carni"
"come puoi capire? solo chi guarda il mondo con gli occhi di nostro padre comprende le ragioni di questa epurazione"
"solo rinascendo ti libererai di tutto il tuo odio"

Così ora era lì, al centro del cortile, seduto su un freddo sgabello di metallo ad attendere la sua rinascita.
Sapeva perfettamente quello che avrebbero fatto: lo avrebbero vestito con le carni del Vero Re, facendolo diventare un vero Shadar-Kai. Gli avrebbero bucato le orecchie per donargli orecchini di metallo; gli avrebbero perforato la lingua, il naso e le labbra per infilarvi i loro chiodi; gli avrebbero consegnato bracciali che non avrebbe più potuto levarsi; forse gli avrebbero persino inserito una lunga striscia di fil di ferro sottopelle, che avrebbe poi disegnato un rilievo sulla sua cute.
Brenuin non aveva mai sopportato il dolore; la sola vista degli attrezzi medici che erano stati messi poco distante da lui gli dava la nausea.
Per questo aveva paura.

« Quello che sta prendendo piede qui fuori è un rituale importante. » affermò l'Eidolon con la sua voce atona « Sarebbe un peccato perderselo unicamente per ostinazione. »
Si volse verso i suoi prigionieri appena liberati, e il suo viso assunse una fugace sfumatura di gentilezza.
« Vi invito ad uscire dalla tenda e ad assistervi. »

« Potrebbe piacervi e potreste voler rinascere anche voi. Sarebbe un gesto molto apprezzabile per dimostrarci la vostra fede. »



CITAZIONE
Non ho scuse. Io, Ray, ho fatto un ritardo e la mia prole sarà maledetta per questo: i miei figli e i figli dei miei figli saranno destinati a presentarsi in anticipo ad ogni appuntamento, per l'eternità, o altresì essere vittima di imprevedibili imprevisti che causerebbero loro ritardi di ore e ore.
Per scontare questa mia pena avrete più tempo a disposizione per questo giro; per la precisione, quattro giorni dal termine delle azioni nel topic in confronto.

L'Eidolon vi invita a uscire e ad assistere al rituale che, come avrete capito, non è altro che l'applicazione dei numerosi ornamenti di ferro che avete già visto sugli Shadar-Kai. Tutti voi assistete al procedimento, che è l'evento di più grande attrattiva all'interno del cortile. Al termine dello stesso la folla si disperde, e avete un giro "da tavolo". Questo giro "da tavolo" è più che altro di raccolta informazioni/esplorazione/curiosità sui Sospiri di Ferro, e sarete voi a decidere quando concluderlo liberamente, dunque non aspettatevi un mio stop, a differenza di quanto accaduto in precedenza. Limitatevi ovviamente al buon senso e a quanto pensate di poter scrivere in un singolo post.
Ci vediamo in confronto, quindi :DDD
 
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view post Posted on 2/2/2013, 20:51
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h e l l i s n o w
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III

Fu come indossare gli occhi di qualcun'altro.
.

Il bacio gelido del metallo sulla pelle fu la prima cosa che percepì carezzando l'anello; poi, lentamente, mentre scorreva attorno all'indice, il freddo lasciò spazio a uno strano e gradevole tepore. Quando Veronica sollevò il capo, il mondo brillava di nuovi colori, di nuovi significati. Era così che un braccio deforme e un volto quasi cancellato diventavano simboli di coraggio e di fede; era così che un selvaggio rituale mutava nella celebrazione di una comunione mistica, l'abbraccio tiepido a una nuova ragion d'essere; ed era così che il fracasso cacofonico di migliaia di frammenti di ferro sublimava in un peana trionfale, melodia perfetta per accogliere un nuovo nascituro. Prima, osservando l'Eidolon si era chiesta cosa potesse mai spingere un individuo a tanto, una domanda che non poteva ricevere risposte da semplici parole: solo ora infatti riusciva a comprenderlo. Ognuno di loro doveva aver trovato nel Dio di Ferro ciò che da tempo cercavano. E non era forse quello che tutti cercavano, dopotutto?
Uno scopo da potersi incidere sulla pelle - sfregi gloriosi dei quali farsi vanto.

Lasciò vagare lo sguardo per qualche istante per l'accampamento, mossa da una curiosità rinnovata e dall'inaspettata affinità che ora sentiva con l'ambiente, e quando gli occhi caddero sul compagno Neshnak, diventato il fulcro del rituale, Veronica rimase in parte sorpresa. Per quanto fosse semplice al punto di risultare quasi banale, il metodo attraverso il quale tutti gli Shadar-Kai cercavano di diventare tutt'uno con la loro divinità trasudava un certo fascino, e non era difficile comprendere come il colosso ne fosse rimasto catturato; tuttavia arrivare al punto di sottoporsi volontariamente a una simile procedura, così presto, così inaspettatamente... era una buona idea?
Doveva forse provare anche lei?

« ... »

Sollevò la mano al cielo, osservando il monile di ferro brillare sotto la poca luce che filtrava dalle esalazioni scure; di fianco a quello del Titano pareva così inadeguato, come due fedi all'anello della stessa sposa. Era davvero così? Doveva considerarli come offerte di differenti pretendenti al suo corpo e al suo spirito? L'idea la fece sorridere. Anche lei, come gli uomini dalla pelle grigia, aveva sempre cercato un posto nel mondo, un padre e una madre da ringraziare - o da bestemmiare - per averla plasmata e gettata su quello sputo di terra; ma era una ricerca per la quale già qualcuno si era fatto avanti, offrendosi di accompagnarla e sostenerla.
Aveva già un compagno, una presenza troppo ingombrante per concedere ad altri il proprio spazio.

VERONICASMILE3

« Una promessa è una promessa... »
sussurrò tra sé e sé, mentre le dita della mancina si serravano nuovamente sull'anello
« ...ed è un po' troppo presto per infrangerla. »

Delicatamente se lo sfilò di dosso, provando uno strano brivido di malessere nel farlo - quasi come fosse una scelta spiacevole ma obbligata; e dopo averlo lasciato cadere in una delle saccocce, si avvicinò alla calca di persone riunite attorno a Neshnak, ansiosa di vedere quali cambiamenti avrebbe potuto leggere nel suo comportamento.

VERONICATAG3v2
VERONICA VATRICH | CS: Potenza Fisica (4)
| B:5% - M:10% - A:20% - C:40%


Stato Fisico ~ ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥
                         ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥ [Ferite lievi alle braccia]
Stato Mentale ~ ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥ [Normale]
Mana Residuo ~ 90% {100% - 10%}


ABILITA' PASSIVE
CRIMSON MADNESS [Passiva di II e III Livello del Dominio Forza del Toro]
    Resistenza al dolore, sopportazione danni fino a un doppio Mortale.
SYSTEMATIC CHAOS [Passiva Razziale del Mezzodemone]
    Difesa psionica.
SOUL CRACK [Passiva Personale]
    Malia psionica che stimola reazioni, sensazioni ed emozioni primitive.
PAINFUL CARESS [Passiva di I Livello del Dominio Forza del Toro]
    Capacità di maneggiare armi pesanti come stocchi leggeri.


EQUIPAGGIAMENTO
VERMILLION [Integro - Attualmente non equipaggiato]
    Gigantesco martello da guerra a due mani.
NYAR'KHATAP [Integro - Infoderato dietro la cinta]
    Pugnale rituale.
REKSESJATER [Integra - Appesa al fianco sinistro]
    Mazza ferrata.
CORONA D'ARGENTO [Integro - Dietro la schiena]
    Scudo medio/grande.
PEANA TRIONFALE [Integra - Attualmente non equipaggiata]
    Armatura media completa.



ATTIVE IMPIEGATE
GRIMOIRE DISSIPER
Per ogni maestro dell'arcano, i trucchi più infidi da fronteggiare non son fatti di lame e di picche, bensì di una volontà più forte della propria che cerca di penetrare nella mente e ridurla a brandelli. Cos'è un mago senza più il suo intelletto? Nulla. Per questa ragione in questo grimorio specializzato i Müllenkamp hanno infuso i segreti dei loro vecchi metodi per resistere e intralciare qualsiasi tentativo di possessione mentale, doni che tuttavia alla Vatrich son sempre apparsi poco interessanti, spesso incurante della follia che riesce fin troppo facilmente a far breccia nel suo spirito. Ad ogni modo, benché ella non padroneggi quest'arte, può comunque in caso di bisogno attingere ai poteri del grimorio per schermarsi da attacchi psionici di potenza Media, a pari consumo, o ridurre l'efficacia di quelli più potenti.

NOTE
Dal momento che probabilmente il rituale verrà abbondantemente descritto dagli altri miei compagni di quest, ho preferito incentrare il post sulle sensazioni che l'anello ha evocato in Veronica. Benché abbia sortito effetti tutto sommato piacevoli, decide di disfarsi dell'anello (non completamente per via della sua tendenza a conservare memorie "fisiche" di eventi particolarmente interessanti), poiché vede la presenza dietro di esso come un possibile ostacolo tra lei e Pallante (il Titano di Cronos). Non essendo dotata di difese psioniche basse, per farlo è costretta a consumare un Medio.



 
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view post Posted on 3/2/2013, 15:25

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Quando rientrò nella tenda la situazione non era cambiata. I due con cui si era presentato alle porte dei Sospiri di Ferro stavano ancora lì, seduti, circondati da un misero gruppetto di guardie che con tutta probabilità potevano essere sbaragliati dai suddetti senza metterci neanche troppo impegno. Ma invece dovevano mantenere la calma, evitare di dare di matto, in quanto questo avrebbe potuto compromettere tutta la missione, facendo scappare Razelan. Si portò una mano sulla spalla, massaggiandosela con calma, dirigendosi verso loro due, dando una fugace occhiata al vecchio.. Quegli occhi, che fosse lei? Non poteva asserirlo con certezza. Poggiò le ginocchia a terra, tentando di trovare una posizione a lui comoda, sedendosi dietro Zaide e Veronica. Solo ora notò il gesto autolesionista di quest'ultima - un metodo per placare la tensione ed il nervosismo, o perlomeno tale gli appariva.
Sospirò, chiudendo gli occhi e chinando il capo verso il basso. Non c'era nulla da fare, se non attendere. Nulla di nuovo stava accadendo.. Nulla. Fino ad ora. Senza preavviso alcuno percepì un grande trambusto all'infuori di quella tenda decorata con così tanto ferro, che secondo dopo secondo cresceva sempre di più. Per un istante gli parve di essere al centro di una festa popolare. Grida di gioia, d'ovazione, unito ai suoni metallici prodotti da chissà quale arnese costruito dagli Shadar-Kai, quel manipolo di uomini unico nel suo genere - e non nel senso positivo.

« Un nuovo figlio sta per nascere! »

Figlio? Ripeté il lemma nella mente guardandosi intorno, come per avere la conferma di non essere stato l'unico ad aver sentito quella frase nel bel mezzo di tutto il caos di urli e schiamazzi provenienti da là fuori. Fortunatamente non lo era. Il caldo del deserto non gli aveva ancora fritto del tutto il cervello. Sospirò stranito, un poco a disagio per tutto quel turbinio d'emozioni euforiche che vorticavano velocemente intorno a lui, in preda ad una sorta di pazzia isterica, la quale in qualche modo intaccò pure l'interesse dell'Eidolon, il cui sguardo venne volto al di fuori del perimetro ove si trovava. Anche adesso sembrava vuoto, privo di umanità, ma non ci badò molto, l'orco infatti rivolse la sua attenzione verso i soldati messi a fargli la guardia; un moto d'impazienza li travolse tutti quanti, sembravano non vedere l'ora di uscire per assistere a quella cosiddetta rinascita.
Sentiva altre parole, ma non colse il senso di queste. Non gliene importava più di tanto delle farneticazioni di chissà chi, eccezion fatta per quando nominò un certo Vero Re. Nëshnäk assunse un'espressione arcigna, indisposta, come se quella manciata di lettere dell'alfabeto l'avessero punto in una zona in cui era molto sensibile. Si alzò di scatto, fra il furente e l'innervosito, troneggiando su tutti i presenti nel tendaggio, volgendo lo sguardo nel punto in cui sentiva quella voce piena d'enfasi. Non si rese nemmeno conto che gli Shadar-Kai si allontanarono da loro, liberandoli da quella sorta di prigionia che avrebbe dovuto durare fino l'arrivo di Razelan. Fece per grugnire qualcosa, chiedendo spiegazioni, ma preferì tacere, sfruttando più le orecchie che la lingua. Di certo non era la persona del party addetta al fare domande o al convincere - anche se su quest'ultima aveva qualche dubbio.

« Quello che sta prendendo piede qui fuori è un rituale importante. Sarebbe un peccato perderselo unicamente per ostinazione. »
di nuovo quella voce priva di capacità espressiva. Non riusciva a farci l'abitudine, probabilmente non ci sarebbe riuscito ancora a lungo.
« Vi invito ad uscire dalla tenda e ad assistervi. »

Mosse qualche passo al centro del riparo, passando le dita sull'acciaio dello spadone, carezzando il filo per nulla intaccato; era un gesto che ripeteva più e più volte al giorno, soprattutto nei casi in cui la tensione saliva sempre di più. Quel tic era una sorta di valvola di sfogo, che lo arpionava alla realtà, mantenendolo lucido.

« Potrebbe piacervi e potreste voler rinascere anche voi. Sarebbe un gesto molto apprezzabile per dimostrarci la vostra fede. »

Provò a rimanere impassibile quando vide tutta quella gente che si accalcava verso quel tale, Brenuin, ma non ci riuscì. Quel rituale, come lo definiva l'Eidolon, aveva un che di selvaggio, primitivo e famelico che l'attirava dal profondo del suo inconscio. In un primo momento lo trovò anormale, ma subito dopo quel senso di repulsione svanì nel nulla. Non per questo però abbassò la guardia - certo, gli era stato permesso di girare tranquillamente nel fortino, ma non per questo si sentiva a suo agio dentro quelle mura bianche come il marmo più puro. Incrociò le braccia, ponderando sul da farsi, dando una fugace occhiata allo Shaman che senza perdere tempo in chiacchiere si diresse nel luogo in cui si stava svolgendo il tutto. D'altro canto invece sia il vecchio che Veronica incominciarono a parlare con quell'uomo, sempre se così si poteva ancor definire. Meglio ascoltare, pensò. Infatti, evitando di fare gesti bruschi che avrebbero potuto catturare l'attenzione molto più delle sue dimensioni, si mise a debita distanza da loro, quella necessaria per seguire il filo del discorso. L'anziano barbuto si mostrò vistosamente preoccupato, facendo continue pressioni all'interlocutore, in modo tale da poter mettere a conoscenza il Lord Vaash del male che incombeva su di lui... O perlomeno così proferiva di fare. Tali affermazioni puzzavano come un cadavere in decomposizione, soprattutto a causa del globo che un attimo prima si era illuminato davanti al suo volto.
Deglutì rumorosamente quando l'Eidolon rispose con il suo solito modo di fare, completamente sgombro di emozioni, chiamando il Re che anche la Montagna serviva come falso. Tirò all'indietro le labbra, mostrando per qualche istante i denti ingialliti ma forti, capaci di far del male come le zanne di un mastino. Ma sì calmò. Strofinò ancora la mancina sull'acciaio della Meretrice di Visceri, convulsamente, ferendosi i polpastrelli del dito medio e dell'indice. La situazione non gli piaceva, era convinto d'affogare sempre, sempre di più in un abisso senza fondo, ma era sicuro che quello era solo l'inizio. Sospirò, ascoltando il resto della discussione, cogliendo più informazioni possibili da quelle bocche; a quanto pareva il Vero Re, altresì chiamato Padre di Ferro, gli era stato fatto conoscere dal suddetto nobile, il quale poi faceva sottoporre la gente al rituale della rinascita che si stava compiendo anche ora, in modo tale che gli iniziati potessero sentire in qualche modo la sua presenza. Non capiva, come del semplice acciaio poteva dar tutta quella febbrile sicurezza? Infondo erano solo dei monili.. Solo?
Chissà. Intanto continuò a guardare la scena, riuscendo a cogliere qualche momento saliente anche grazie all'altezza esagerata, notando con una facilità allarmante il terrore nella carne di quel ragazzo - era alto, magro, dalla pelle singolarmente pallida.. Forse un soldato, ma da come si stava comportando in questo momento doveva essere uno che ne aveva viste veramente poche di battaglie. Certo, il tavolo pieno di strumenti da medico posti davanti a lui facevano un bell'effetto, nessuno poteva metterlo in dubbio, ma nulla di paragonabile a tutto ciò che si vedeva durante lo scontro fra due eserciti, in cui la vita e la morte spesso sono dettati dal caso ed in minima parte dalle capacità del guerriero in questione.

« Vi invito a provare, qualora foste interessati. »

Quest'ultima affermazione tuonò nella testa di Nëshnäk, con una violenza tale che si sentì rabbrividire. Diede un'occhiata alla scatola appena aperta sotto il naso di Veronica e del vecchio alquanto agitato. Voleva spingersi oltre, voleva scoprire cosa si sentiva nel portare addosso quel metallo particolare - sì, proprio lui che aveva fatto della sua armatura una seconda pelle - inoltre entrare nelle fila degli Shadar-Kai gli avrebbe permesso di potersi avvicinare a Razelan, o perlomeno a qualcuno affiliato a lui. La mano libera scivolò sul volto, le dita invece incominciarono a premere nelle tempie, iniziando a massaggiarle con calma.
Cosa fare, cosa diavolo fare?
Digrignò ancora una volta i denti, facendoli stridere fra loro, poi si decise.
Osare l'inosabile.

Camminò con calma, portandosi ancor più vicino alle spalle di quei due, infine alzò il braccio destro verso il punto in cui si stava volgendo il rituale. Il dito insanguinato era puntato su Brenuin. Già da ora le intenzione di Nëshnäk erano chiarissime, ma per lui non bastava. Gonfiò il petto, fiero, esclamando il suo desiderio a gran voce.

« Io voglio osare. »

Affermò quindi la Montagna, mentre un goccio di sangue cadde a terra come per mancare un punto di non ritorno. Lo sguardo piantato sull'Eidolon era traboccante di decisione. Aveva giurato di servire Raymond, quindi l'avrebbe fatto senza riserva alcuna, anche se il prezzo da pagare era quello di macchiarsi dell'infamia di appartenere - almeno apparentemente - alle truppe di quel ratto misantropo.

« Perfetto allora; »
affermò accennando ad un.. Sorriso? Impossibile.
« Lascia che ti accompagni. »

___ _____ ________ _____ ___
il Rituale, la sottile linea color Ruggine.


Si allontanarono dal resto del gruppo, proseguendo verso la zona del cortile più affollata. C'era parecchia gente in quel punto, la quale venne attraversata dalla strana coppia, finché alla fine giunsero nel bel mezzo di questa, di fronte ad un altro uomo. Quasi sicuramente uno Shadar-Kai come testimoniavano gli accessori che aveva piantati nel volto, stranamente in minor numero rispetto a quelle delle persone lì presenti. La curiosità che lo spingeva a chiedere di questo motivo era tanta, ma l'autocontrollo della Montagna prevaleva, così non chiese nulla. Si guardò intorno a se, ostentando sicurezza anche se era nel bel mezzo dell'attenzione, che vacillò per un solo istante quando vide l'Eidolon farfugliare qualcosa nell'orecchio di quella specie di profeta.

« È una gioia immensa per me che nuovi figli si presentino così spontaneamente al casolare del Padre di Ferro! »
esclamò allargando le braccia, avvicinandosi verso di lui. Provò ad abbracciarlo per qualche secondo, per poi staccarsi. Trovò quel comportamento viscido, così tanto che fece nascere in lui un senso d'imbarazzo.
« E non dubito che farai grandi cose sotto la sua guida! Sembri aver visto molte battaglie prima di oggi, ma non preoccuparti: hai trovato finalmente il luogo che stavi tanto disperatamente cercando! »

La folla esultò contenta, con grida e risate di ovazione. Nëshnäk rimase immobile, completamente apatico in attesa dell'inizio del rituale. Non gli interessava di quel casino in suo onore, non gli interessava del dolore, non gli interessava del rischio. Voleva solamente che il tutto incominciasse il prima possibile. Quelle pause logoravano solo il suo spirito, nient'altro.

« Non desidero di meglio. »
sibilò con uno strano tono di voce, incominciando a togliersi quell'armatura leggera che gli ricopriva il busto e le braccia. La pelle pallida ed opaca sembrò brillare per un attimo quando i raggi caldi del sole la toccarono, straziandola a causa della temperatura elevata. Chiunque ora poteva vedere la lunga fila di cicatrici che coprivano il suo corpo, alcune piccole, altre impressionanti, tutte medaglie che testimoniavano battaglie passate, quando non era sempre al servizio del vincitore. Era un fisico muscoloso, resistente, che aveva sofferto moltissimo, più del dovuto. Sembrava quasi che il dolore fosse una costante di Nëshnäk.
« Quando volete. »

Diede il permesso di procedere con l'operazione, buttando al contempo l'equipaggiamento per terra, nella sabbia bollente. Si mise a sedere nello sgabello di ferro, quello in cui un attimo prima ci si era seduto Brenuin, poi alzò il mento, senza far trapelare alcun segno di titubazione. Duro come una roccia sarebbe rimasto lì tutto il tempo necessario. Ed intanto altri Shadar-Kai si avvicinarono, attirati come delle api dal miele, rendendo quella situazione a dir poco soffocante. Ovunque gli occhi di Nëshnäk si posavano non vedeva altro che quegli individui ricoperti con quei monili, accessori, piercing. Questo Vero Re doveva avergli fatto un lavaggio del cervello o qualcosa di simile per obbligarli a sottoporsi ad uno strazio simile, e lui invece lo stava facendo solo per servire il proprio signore. Sorrise amaro, controllandoli uno ad uno. Quei visi pallidi gli sembravano tutti uguali, tutti insetti.. Non sarebbe mai diventato come uno di loro, mai! Il suo stesso corpo, il suo stesso spirito si sarebbero ribellati a tutto ciò. Per questo lui poteva permettersi di osare così tanto, perché era convinto di essere nella posizione di farlo.

« Un nuovo figlio sta per incontrare il Padre di Ferro, Shadar-Kai! »
ripeté ancora una volta, tutto eccitato. Sembrava abituato a parlare alla folla, a presentare il rito al quale si stava sottoponendo. Chissà a quante persone era toccata questa sorte, chissà che fine avevano fatto..
« Esultate per lui e fate sì che il clamore delle vostre voci soffochi il dolore del rituale! Cullatelo con la vostra gioia! »

Chinò il capo, dandosi un leggero schiaffetto sulla guancia, come per ritornare alla realtà. Non doveva domandarsi questo genere di cose, nemmeno fare pensieri simili. Piuttosto era necessario che lui stesse calmo, impassibile, anche se la situazione andava man mano a scaldarsi. Le vite di quelle delle persone con cui faceva gruppo erano nelle sue mani e viceversa. Non doveva evitare di sbagliare solo per se, ma anche per gli altri. Tutto ciò pesava moltissimo, ma i muscoli dell'orco erano ben allenati per questi tipi di sforzi.
Uno Shadar-Kai si avvicinò verso di lui, impugnando gli strumenti per l'operazione, l'orco già chiuse gli occhi.. Ma non era per l'intervento che doveva prepararsi. Uno strano senso di inquietudine artificiale si manifestò dentro di lui, che mano a mano cresceva sempre di più, diventando un qualcosa di insostenibile. Incominciò a respirare affannosamente, piegandosi un pochino in avanti, sgranando gli occhi. Quello a cui si stava sottoponendo era un vero e proprio abominio, la distruzione del proprio Io. Per un istante la mano che carezzava la tempia incominciò a tremare, il tutto seguito da un sudore freddo. Deglutì ancora, afferrandosi il polso con le dita della mancina.
No.
Non poteva tirarsi indietro.
Il senso di paura mano a mano cresceva sempre di più, ogni passo dell'uomo che avrebbe eseguito l'operazione sembrava come il suono di una campana d'allarme dentro la sua testa. Ma la testardaggine dell'orco era grande. Spinse i piedi a terra, affondandoli nella sabbia, come per obbligarsi a tenersi fisso in quel punto.

L'uomo con un cenno di mano gli indicò i numerosi arnesi che poteva farsi impiantare; doveva stare attento. Alcuni sarebbero stati impossibili da togliere con facilità, come quei bracciali di ferro, rispetto a degli orecchini. Doveva osare sì, ma fino ad un certo punto, le sue azioni non dovevano dar spazio alla stupidità, come gli sembrava suggerire quella sorta di paura che era giunta da lui così inaspettatamente. Senza perdere tempo, sempre con quello strano timore che lo divorava da dentro, indicò rapidamente degli orecchini con l'indice sporco di sangue, decorazioni - "decorazioni" - facili da togliere nel caso fosse necessario. La diffidenza si stava dimostrando una buona amica.
L'individuo non protestò, accettando umilmente la scelta, incominciando a procedere con il rituale. Inizialmente tirò verso di lui la pelle del sopracciglio, infine, con il grosso e spesso ago che teneva stretto a se, lo bucò nella parte interna. Chiuse l'occhio sinistro mentre il suo stesso sangue gli colava giù per il viso, macchiando la guancia, la bocca, il mento ed anche un po' del suo petto. Prima ancora che se ne accorgesse lo Shadar-Kai fece passare l'anello di ferro nel foro appena creato, stringendolo subito. Era ghiacciato, molto, in più bruciava moltissimo a causa del contatto con una zona lesa. Gli avrebbe fatto male a lungo, pensò, invece a quanto pare non era così. Già quando gli bucarono il labbro inferiore il dolore stava scemando, piuttosto sembrava quasi regalargli una sorta di sollievo. Quel metallo lo tranquillizzava, neanche fosse stata una droga, ma quel timore reverenziale non pareva andarsene via. Stava lì a pulsare con forza, in contrapposizione al senso di pace che lo pervadeva tutto. Sussultò a causa di quel gioco di forze interno, come se quel contrasto gli desse una sorta di piacere malato. Chiuse gli occhi, godendosi quella battaglia, tutto eccitato.
Si sentiva... Bene. E non solo lui.
Gli pareva quasi d'avvertire un'altra presenza, quello del Padre di Ferro, il quale l'osservava da chissà dove, forse dallo stesso materiale che ora si trovava nella propria carne, soddisfatto di lui, della sua scelta. Sorrise, sempre con le palpebre calate, mentre la mano dell'uomo toccava il pettorale sinistro, come per saggiare i muscoli, in modo da trovare il punto preciso in cui far trapassare il grosso ago, appena pulito malamente con un panno candido. Il capezzolo era un punto molto sensibile, dunque lo strazio di una ferita ivi diretta risultava assai ampliato, ma non c'era problema alcuno. Avrebbe sopportato provando piacere nel farlo. Poteva tutto ora, sì. Perché.. Perché aveva la benedizione del Vero Re. Nemmeno si sarebbe accorto dell'ulteriore piercing se questo non gli avesse dato un ulteriore senso di estasi, quasi sensuale. Il ferro che prima era freddo come l'inverno adesso era caldo come una meretrice sotto le lenzuola. Stupendo.
Sorrise, alzandosi in piedi.
Voleva continuare con il rituale, magari facendosi penetrare la carne con del fildiferro, oppure poteva farsi impiantare quella coppia di bracciali...



Si alzò, aprendo finalmente gli occhi, osservando con quello sguardo color brace tutti i presenti che avevano concentrato la loro attenzione su di lui, nessuno escluso; dall'Eidolon, agli Shadar-Kai a Zaide.
Non era più lo stesso Nëshnäk - questo si leggeva nello specchio dell'anima.


Toccò nuovamente lo spadone, non provò la stessa pace.




Nulla di nuovo. La Montagna si sottopone al rituale, alla fine di questo una strana esaltazione si fa spazio dentro di lui, di pari passo alla preoccupazione, in parte fatta nascere anche da Zaide.
 
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J!mmy
view post Posted on 4/2/2013, 18:41




Quando il piccolo globo di vetro scorse davanti al suo viso, accendendosi di flebili opalescenze rossastre, Rekla pensò davvero che non avessero più alcuno scampo. A giudicare dall’aspetto, l’oggetto doveva essere un qualche sconosciuto congegno di individuazione, un arnese in grado di mandare tutto a monte nel giro di brevissimi istanti. Il labbro inferiore tremò, mentre il braccio dell’Eidolon si ritraeva e riponeva la sfera su uno dei banchi a qualche falcata di distanza.
Cercò di capire cosa stesse accadendo, il cuore martellante a tal punto che quasi temette che qualcuno potesse udirlo, che qualcuno potesse scoprire la paura che stava sopraffacendola; infine, l’essere di metallo li congedò, lasciandoli... liberi di visitare il campo?
Dapprima, la Nera credette che si trattasse solo di una beffa, un’infida pantomima ideata all’unico scopo di coglierli allo scoperto, una subdola e meschina trappola partorita dalla mente malata di Razelan Vaash, il lord codardo; ma si sbagliava.
Le falde della tenda sfregarono e si spalancarono, e fu allora che il roboante vociare dall’esterno la raggiunse. Del tutto ignara di ciò che stava capitando, si aggrappò alla verga da passeggio come meglio poté e attraversò l’uscita. Le dita fragili e rinsecchite di Eraya si annodarono sul legno voracemente per trovarvi un essenziale sostegno: ogni singolo attimo degli anni che quel corpo flaccido pareva aver patito trasudava a ogni passo che compiva, con il fiato che andava facendosi più greve e la gobba acquistare sempre più sporgenza. Odiò con tutta se stessa l’aver scelto quelle dannate sembianze.
Al centro del cortile che dominava i Sospiri di Ferro, uno spiazzo pressoché circolare contornato da alte mura di pietra bianca e puntellato dalle più scadenti costruzioni abitative che un lord avesse mai potuto permettersi, brulicava una massa indistinta di corpi grigi e ornati della più variegata moltitudine di chincagliera, un groviglio di carne confuso ed eccitato, sbraitante e convulso. Sembrava stessero guardando qualcosa, urlando a qualcuno, ma a Rekla non interessò. Era giunta fin lì per un motivo e uno solo; eppure, finora non avevano fatto altro che dilungarsi in inutili convenevoli, vane formalità e viaggi senza fine.

« Mio signore, dubito che la mia questione possa attendere, data la sua urgenza. »
In una qualche maniera, osò rivolgersi all’Eidolon ancora una volta, rapendolo dall’attenta visione di quello che andava prospettandosi come un bizzarro rituale, probabilmente il frutto delle smanie esagerate di un folle reggente che non bramava altro all’infuori dell’asservimento dei popoli; un archetipo d’uomo che la Nera conosceva oramai fin troppo bene.
« La Nera Dama è una donna meschina e subdola, si avvale dei più temibili mezzi per colpire le proprie vittime. Come un ragno in cerca di mosche da divorare, non conosce sazietà. Lord Vaash potrebbe essere in pericolo anche in questo stesso istante » incalzò preoccupato lui.
Scoccò alcune occhiate a Zaide e agli altri due, che vedeva allontanarsi celermente come a volerle concedere ampia libertà di concentrarsi appieno sul vero obiettivo: era l’Eidolon la chiave per aprire le porte della magione di Razelan. La rabbia, l’impazienza e la collera la rendevano però cieca alla valenza che quel rito pareva avere per gli Shadar-Kai. Un nuovo ululato, infatti, esplose dalla calca.

« La tua questione attenderà i tempi di Lord Vaash, che è già stato informato della questione. »
La risposta della creatura fu a dir poco glaciale. Rekla si scoprì a constatare che più osservava il volto livido dell’artifizio, più questo perdeva di umanità, espressione, calore. Fu sconvolta e infastidita dall’idea che potesse esservi qualcuno dall’animo persino più sterile e gelido di quello della più temibile sacerdotessa del male, dell’Apostolo delle tenebre, della Regina dei defunti;
di Rekla Estgardel.
« Temi troppo la tua precedente padrona, che non può nulla contro il Vero Re » continuò con tono enigmatico « ma non puoi comprenderlo, finché resterai un servo del falso Sovrano, come i tuoi Corvi. »

« Un nuovo figlio sta per nascere! »
Si udì dalla folla.
“Un servo del falso Sovrano”, pensò divertita: non vi era mai stato un misero attimo in cui si fosse considerata tale. L’Eidolon parlava e parlava, quasi come se pretendesse di conoscere tutto ciò che si muoveva intorno a lui, danzando al ritmo di una nenia che lui suonava. Ma la verità era che persino un essere tanto inquietante non era che un burattino nelle grinfie dei ricchi, come lei lo era stata a suo tempo quando il Leviatano era ancora in vita. Represse con forza l’impulso di scoppiare in una sonora risata di scherno e si costrinse a un contegno. Doveva stare al gioco, o le conseguenze sarebbero state ben più gravi di quanto avrebbero anche solo potuto immaginare.

« Quando la mia carne era meno flaccida ed entrambi i miei occhi buoni ero uno straordinario negromante, mio signore. »
Inspira, concedendosi una lunga pausa.
« Io temo solo il male che non mi è dato controllare. »
E questo, benché la bocca che lo proferiva fosse fallace, era la pura verità.
Nel frattempo, da lontano, un terzo e più violento boato s’issò furente squarciando le nubi.

« Accorrete fratelli, poiché fra qualche minuto, Brenuin sarà rinato! Lasciate che il nostro entusiasmo gli infonda il coraggio necessario per entrare in contatto con il Vero Re! »
Torse il capo, guardò nel mezzo della ressa: un ragazzo era seduto, un giovane uomo tanto pallido quanto terrorizzato stava sottoponendosi a un rito di cui aveva un’immane paura. Perché lo faceva, dunque? Ancora una volta quell’epiteto le rimbalzò sulle labbra.

« Ma ditemi: chi è il Vero Re di cui parlate? » domandò quindi.
Questa volta, l’interesse della Nera Regina fu reale. Se esisteva davvero un’entità così potente da suscitare la fedeltà persino di uno dei popoli più devastanti del meridione, lei doveva almeno conoscerne l’identità. Ogni cosa che minacciava il suo dominio meritava di essere conosciuta, dopotutto.

« Niente più che una divinità, come lo è il vostro falso Sovrano » rispose lui flemmatico « Egli ci parla attraverso il ferro; a differenza del vostro Dio, egli si mostra a noi nei sogni e negli incubi per guidarci verso un migliore futuro. »
Si sedette a meno di qualche piede dalla propria tenda, su di una seggiola fatta – tanto per cambiare – di liscio e solido metallo grezzo; non una singola decorazione abbelliva l’oggetto, quasi fosse una chissà quale simbolica scelta dell’artefice. Era vuota, fin quasi un tutt’uno col corpo plumbeo dell’interlocutore.
« È stato Lord Vaash a permetterci di conoscerlo. Lui l'ha portato a noi, e una volta compiuta la rinascita ci è stato chiaro che abbracciarlo come nostro nuovo Dio sarebbe stato ciò che di meglio avremmo mai potuto compiere delle nostre esistenze. »
Fu a quel punto che Rekla notò una terza figura aggiungersi a loro, talmente vicina che non poté fare a meno di domandarsi se lo fosse stata abbastanza da udire l’intera conversazione. D’altronde, odiava avere al seguito pargoli strappati troppo in fretta al seno della madre, e meno le loro strade si sarebbero incrociate, meglio sarebbe stato per tutti.
Quando parlò, tuttavia, capì suo rammarico che il timore era fondato. Il pelleverde scambiò rapide battute con l’Eidolon quasi intendesse proseguire la conversazione di Eraya, domandandogli se fosse realmente necessario sottoporsi a una tortura – perché di tortura si trattava – per entrare in contatto con il fantomatico re di latta.
Ma Rekla fu troppo distratta per ascoltare oltre: il suo sguardo fuggì a nord-est, là dove le spesse mura granitiche giganteggiavano, là dove l’imponente magione di Razelan Vaash si stagliava per sfidare i cieli... là dove cinque guardie, certo meno affabili delle altre, soprintendevano l’accesso. Si morse il labbro e inveì tra sé contro l’ennesimo impedimento, ma l’Eidolon non ebbe neppure il tempo di accorgersene, dacché si era allontanato per ritornare poi con un tintinnante scrigno di cianfrusaglie fra le mani.
« Vi invito a provare, qualora foste interessati. Nessuno può obbligarvi a partecipare a un rito così importante come la rinascita, giacché non siete ancora al servizio di Lord Vaash, ma non c'è nulla di male nell'offrirvi il privilegio di assaporare una labile connessione con il Vero Re. »
Spinse la scatola verso di loro e, per chissà quale assurda ragione, Rekla si convinse che introdurvi la mano, acciuffare un anello e indossarlo potesse giovare al buon esito della messinscena.

« Se è questo che lord Vaash desidera, questo è quello che farò » disse in un sussurro.
Ma, nella stessa minuscola porzione di secondo in cui l’anello cinse l’anulare dell’arto manco, la Nera si era già pentita di ciò che aveva fatto.


[…]

Dolore.
Dapprima fu il dolore ad arrivare. Esplose nella testa come un concetto insalubre, un’idea folle.
Tentò di non dare nell’occhio, di evitare che qualcuno notasse quell'atroce sofferenza, ma alla fine si costrinse a voltarsi di scatto. Nessuno, non c’era nessuno! Nessuno la stava inseguendo, nessuno che la guardasse, nessuno che sapesse chi fosse, nessuno che la odiasse. Eppure, lo sentiva! Erano lì, sulla sua pelle, avidi, incolleriti, feroci. I suoi occhi erano su di lei, le sue sclere erano iniettate di sangue per la furia e trafiggevano la sua carne con cento e più ancora uncini rugginosi.

Ti vedo!
Constantine. Lucifero. Ray. Skjor. L’Eidolon. Razelan.
Razelan. Ma certo! Quel verme... doveva essere lui!
Che si trattasse di un maleficio? Di un inganno? Di uno scherno?
So chi sei!
Tremò, mentre le urla della folla si facevano sempre più ovattate, lontane, cupe. Sentiva il suo respiro sul collo, le sue dita infilarsi sotto le vesti e scorticare quella finta senilità, quella finta pelle di vecchio, fino a raggiungere il cuore – quello vero – e spremerlo come fosse un agrume privo di succo, acido e piccolo il tanto bastante da divenire oramai immangiabile.
Il Demone Bastardo, forse era lui! Forse stava punendola per aver fallito nella sua vendetta, per aver lasciato che Skjor morisse invano; o forse semplicemente per aver ceduto alla compassione di un orco morto come mille prima di lui e mille altri ancora dopo. Si era arresa ai sentimenti, lei, la Nera Regina; si era arresa alla fragilità che la corrodeva, si era arresa al suo insulso essere donna.
Alla fine, dunque, capì: chi la odiava a tal punto non poteva essere che se stessa.

« C-capisco » gracchiò a voce bassa.
Ritrasse la mano sotto l’ampia manica di stoffa logora e fece scivolare l’anello sul palmo, così che nessuno potesse notare il gesto. Finse sommo interesse al rituale, che adesso pareva giungere al proprio culmine, e si allontanò zoppicando; dovette farlo finché era in tempo, giacché l’Eidolon avrebbe presto carpito il suo disagio, e per lei sarebbe stata la fine.
Spari tra la massa, un corpo fra tanti, e quando ne uscì l’imponente residenza le svettava dinanzi.
Il drappello di sentinelle che lo precedeva, invece, non sarebbe stato uno scoglio facile da superare.
« Che sole rovente quest'oggi! » disse loro, sbuffando sonoramente « Da quand'è siete qui impietriti, miei cari ragazzi? »
La cordialità non era certo il suo forte, è vero, ma dovette adoperare tutta se stessa per apparire comunque credibile. Fu per ciò che non le piacque affatto l’espressione contrariata che si dipinse sul volto della maggior parte dei cinque uomini. Uno di loro, specialmente, la guardò come se stesse guardando un mucchio di sterco inaridito dal sole – un lusso che lei sola poteva concedersi.

« Non è più caldo di molti altri giorni, con le maree che si approssimano » la rimbeccò lui « Ma non mi sorprende che un vecchio come te non possa sopportare la calura del deserto per qualche ora. »

« Parole sante, figliuolo. Parole sante! »
Qualcosa di vagamente simile a un sorriso sdentato affiorò tra le grinze della faccia.
« Oh! Oh! Quasi me ne dimenticavo! »
Rekla sollevò la cappa, allungò la mano verso la cintola e ne estrasse un piccolo otre in pelle di cinghiale. Nessuno poteva saperlo, poiché si era assicurata che nessuno potesse vederla, ma la notte prima di levare le tende dal campo dei pelleverde lo aveva riempito con del vino diluendovi insieme svariate gocce dell’infuso paralizzante conferitole da Alexei a suo tempo.
Quella boccetta risiedeva ancora nel taschino sotto il pastrano.
« Sono un mercante, sapete? Il miglior viticoltore del meridione! Ma questo... oh no no, questo non lo vendo affatto. »
Ammiccò, ridacchiò, porse ai cinque uomini il vino, ma nessuno si accorse d’altro.
Le urla ripresero, ma lei fu troppo assorta dal proprio inganno per tenerne gran conto.
« E' vino di Monti Ferrosi. Vi prego, miei cari ragazzi, vi prego, lasciate che vi allieti il gargarozzo con un sorso di questa delizia; un omaggio alla giovinezza e a questo glorioso giorno di rinascita! » sbraitò festosa, agitando le braccia in direzione del centro del cortile e del fantomatico rituale. Quando riprese con sé l’otre, dopo che alcuni degli uomini avevano bevuto, non perse tempo e si dileguò. Accertandosi che nessuno fosse tanto curioso da seguirne i movimenti, scivolò al di là una delle centinaia di anonime casupole in arenaria.
Passarono solo pochi minuti prima che il veleno facesse effetto. Per sua fortuna, però, nessuna delle sentinelle fu abbastanza sveglia da comprendere che la colpa potesse essere sua.
E’ ora, pensò.
Indice e pollice schioccarono in sincronia. La figura di Eraya si disgregò, esplodendo in una nube di fumo nero come la pece. Mentre quest’ultima librava nell’atmosfera e il vento soffiava con forza guidandola ben oltre le mura della magione, Rekla pensò che oramai nulla poteva fermarla.
Razelan Vaash era suo.



CITAZIONE
Rekla Estgardel
la Nera Regina
––––––––––––––––––––––
Stato Umano
{ Intelligenza 4 | Forza 1 | Maestria armi da mischia 1 }

––––
« Energie: 100 - 6 = 94%
« Stato fisico: illesa.
« Armi: Constantine • riposta; Vesar "Luna dell'inferno" • riposta

Attive...
Seventh darkness - Oscurità dell'incubo
Un incubo è pura profondità, inconscio nell'incoscio, debolezza della mente. Rekla è stata in grado di toccare l'essere nell'unico istante in cui costui era più fragile: rievocando le strida e i gemiti dei demoni del più truculento immaginario, ella scompattava il proprio corpo in un ammasso d'ombre scure e beffarde, al fine di eludere un attacco o semplicemente muoverla sul campo. Durante il "trasferimento" non le era possibile essere colpita né colpire, ma doveva ricomporsi nello stesso turno d'attivazione; il tutto con un dispendio d'energia pari a medio e, se usato per schermarsi, in qualità di difesa assoluta.


... e passive

La connessione tra l'evocatore e il mostro è molto più potente di quella che potrebbe mai avere con qualsiasi altra delle sue creature. Loro sono la stessa cosa, divisasi solamente con l'obiettivo di distruggere il proprio avversario. Per questo, i loro corpi sono legati insieme non solamente dalle mere catene che fuoriescono dal gauntlet. Nel caso in cui Rekla dovesse subire un danno provocato dal proprio avversario (e non autoinflitto tramite tecniche o atti impulsivi) ella potrebbe decidere di suddividere tale ferita e farne subire la metà esatta al proprio colosso, che griderà, alimentando la propria furia. Esemplificando, se Rekla dovesse subire un danno Medio, ella potrebbe decidere di prenderne solamente uno Basso, facendo sì che il mostro, tuttavia, subisca anch'egli un danno Basso. In poche parole, potrà smezzare qualsiasi danno rivolto alla propria persona, purché l'evocazione sia già presente sul campo. Viceversa, potrà anche decidere di suddividere i danni rivolti all'evocazione, subendone la metà, poiché i due non sono che diverse emanazioni dello stesso corpo [Tecnica passiva].

Nel principio, la Riluttanza
Il primo stadio di violenza contrappone il rifiuto della verità al suo viscerale attaccamento alla propria arma, il quale diverrà indissolubile, tanto intenso e profondo da impedire a chiunque di scinderlo. L’arma diviene un ninnolo, un prezioso memento, un tesoro inestimabile per la fanciulla che potrà impiegarlo per evocare istantaneamente l'ombra sotto forma di lorde creature, potenziate di un punto CS addizionale e a un costo energetico ridotto del 5%.


.Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa della gola, come tu vedi, alla pioggia mi fiacco.Il peccato di gola coincide con un desiderio d'appagamento immediato del corpo per mezzo di qualche cosa di materiale che provoca compiacimento. É un'irrefrenabilità, un'incapacità di moderarsi nell'assunzione di cibo o, più in generale, nel desiderio incontrollabile di qualcosa che si brama. E' stato proprio per quest'ultima ragione che Rekla ha accresciuto la propria fame nell'ambito della negromanzia, al punto da strappare il sottile velo che separa ciò che è vivo da ciò che è morto. Più precisamente, in termini di gioco, la Nera Regina acquisisce il potere dell'immortalità; questo non significherà che non sentirà la stanchezza o perderà i sensi una volta al di sotto del 10%.

.Or superbite, e via col viso altero, figliuoli d'Eva, e non chinate il volto sì che veggiate il vostro mal sentero. Il superbo è una persona innamorata della propria superiorità, vera o presunta, per la quale si aspetta un riconoscimento. La superbia affonda le sue radici nel profondo dell'uomo, sempre teso alla ricerca e all'affermazione della propria identità. Quest'ultima non è qualcosa che si elabora al proprio interno, ma che ciascuno negozia nel rapporto con gli altri da cui attende, appunto, il riconoscimento. Tale bisogno nell'essere umano è fortissimo: forte al pari di altri bisogni più esistenziali…
Allo stesso modo Rekla è innamorata di sé, della sua sicurezza, del suo corpo. Così facendo, nonostante le origini ancora sconosciute, la giovane insinua in chi le sta accanto non molta fiducia, oserei dire nessuna piuttosto, ed un timore di non poco conto. Tutto ciò, ovviamente, è efficace laddove chi la affianca non sia un demone né possegga un'energia superiore alla sua.

Vizio dell'Animo • честолюбие
Che sia negativa o positiva, l’ambizione - così come la sua assenza - sottende tutte le azioni umane malvagie o meritevoli che siano. L’ambizione sfrenata può portare all’insoddisfazione perenne, a cambiare schizofrenicamente campo di interesse o obiettivo pur di avere una nuova vetta da scalare, mentre un’accezione positiva di questa attitudine psicologica può coincidere con una sana spinta a migliorarsi e non accontentarsi, a superare i propri limiti. Rekla Estgardel è forse l'essere più ingordo e privo di scrupoli del pianeta, pericoloso e raggelante nell'infinita contaminazione della sua mente. E' proprio grazie a quest'incessante bramosia, però, che la Nera Signora è riuscita a cogliere frutti misteriosi ed unici, rari e preziosi come le più pregiate ricchezze del mondo. In termini pratici, ella è in grado di usufruire delle capacità di una seconda classe: il ladro. A tal modo ciò potrà senz'altro spalancare alla regina dei morti molteplici vie ad un'innumerevole quantità di attacchi e strategie, tutte indubbiamente mirate a stroncare sul nascere l'esistenza del malcapitato avversario. (Tomo furtivo)

An endless guard
In breve, il giovane Shiverata apprese l'orrenda verità su chi fossero i nemici e le prede cui il Magus l'aveva destinato. Non ne fu felice. L'anello gli imponeva di cercare e sconfiggere gli emissari dell'Abraxas: lui era costretto a frapporsi fra il mondo umano e l'Ombra, senza poter abbracciare nessuno dei due. Il dono lo condannava ad una guardia senza fine, perché il fiore di ossidiana, quel cuore del fiato di drago, non conosceva scalfiture. Il Maestro l'aveva definito nero come il peccato e resistente come la roccia. Lo era molto di più. Inoltre lo costringeva ad una percezione impossibile da interrompere, gli donava non la visione esatta ma la totale percezione del nemico, della sua presenza. Era orribile -e per questo maledisse il nome del Maestro.
{ Abilità Passiva: L'anello è indistruttibile. ; Abilità Passiva: Auspex sui non-morti, il portatore sarà sempre a conoscenza della loro presenza nei paraggi. }

Note
Niente da aggiungere. Scusate il ritardo.
 
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view post Posted on 6/2/2013, 14:02

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······

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Improvvisamente, l'aria nella tenda parve diventare troppo opprimente per Zaide.
Troppe persone, troppi segreti.
Non era difficile intuire la posizione estremamente precaria in cui si era infilata con i suoi compagni, dato che la copertura con cui si erano presentate lei e Rekla era palesemente stata smascherata con la facilità di un battere di ciglia. Scambiò uno sguardo nervoso con l'uomo dall'aria severa che celava le sinuose fattezze della Nera, ma quando l'Eidolon Zaide si allontanò senza guardarsi indietro.
Cosa stavano facendo? Cosa stavano cercando? Non era così che doveva andare, la strega lo sentiva.

La sua attenzione fu attirata dal tumulto al centro del cortile, dove una folla di Shadar Kai rumoreggiava con entusiasmo attorno a un ragazzo smunto e con in viso il desiderio di essere ovunque, meno che al centro dell'attenzione.

- Accorrete fratelli, poiché fra qualche minuto, Brenuin sarà rinato! Lasciate che il nostro entusiasmo gli infonda il coraggio necessario per entrare in contatto con il Vero Re!

Zaide non poté fare a meno di notare la somiglianza del ragazzo con il giovane guerriero che l'aveva affiancata nella sanguinosa battaglia contro i pelleverde solo un paio di lune prima: come in Lot, anche in questo giovane sconosciuto brillava negli occhi una luce di fanatica convinzione, offuscata solo dalla paura del momento. E come Lot, Zaide sentiva oscuramente che non avrebbe avuto una vita lunga.
Un brivido le corse lungo la schiena. Lasciò correre lo sguardo intorno, e notò che non tutti i presenti inneggiavano al giovane Brenuin. Era facile intuire chi si fosse già sottoposto al rituale, anche se non fosse stato evidente per via dei monili di ferro che bucavano la loro pelle. Il fervore delle loro grida, la luce febbricitante nei loro sguardi mostravano a Zaide ben più di quanto un normale osservatore avrebbe potuto cogliere: non sapeva in cosa consistesse il rituale, ma le era ben chiaro che una volta varcata quella soglia le persone non erano più le stesse.

Si accostò silenziosamente a un gruppetto di ragazzi che non riuscivano a distogliere gli occhi dal centro della scena, come cuccioli ipnotizzati da un serpente velenoso. La loro ansia era palpabile, tanto che sobbalzarono non appena si accorsero della presenza estranea di Zaide accanto a loro. Nonostante il suo gentile cenno di saluto, i giovani si scostarono da lei con ribrezzo.

- Lasciaci in pace... troll. Noi siamo i prossimi a doverci sottoporre alla rinascita e abbiamo bisogno di essere concentrati.

- Non voglio distogliere la vostra attenzione dalla...rinascita. Se sono qui è per imparare e capire. Non dovete temere il mio aspetto...esotico.

La ragazza spostò lo sguardo da Brenuin al volto olivastro dello sciamano, come valutandone la pericolosità. Si tormentava un lembo della cintura con le mani, incapace di rimanere ferma. - Noi non temiamo...- iniziò. Ma un boato più fragoroso dalla folla coprì la sua voce e catturò l'attenzione di tutti.

- Io voglio osare.

La voce tonante del gigante era inconfondibile, e Zaide sgranò gli occhi nel vedere che Neshnak si stava davvero proponendo come prossima vittima del rituale. Era folle o cosa? Non aveva visto la luce tossica di cui brillavano gli occhi degli Shadar Kai?
Si sforzò di mantenere una voce indifferente e controllata, e scherzò con i tre giovani.

- A quanto pare dovrete aspettare ancora un turno prima di finire sulla graticola.

La tensione parve sciogliersi come neve al sole, anche se Zaide sapeva che era solo questione di pochi minuti prima che il panico si rimpadronisse dei suoi giovani interlocutori, che tuttavia continuavano ad esternare il loro ribrezzo per la figura sgraziata del troll. Zaide scosse il capo e parlò loro a bassa voce, provando a instaurare un contatto.

- Un rituale tanto importante richiede menti preparate e soprattutto capaci di vedere oltre la realtà. Non siete in grado di guardare oltre questa scorza deforme?

- Per noi... - sussurrò con voce tremante il primo ragazzo, un bel giovanotto dalla pelle scura e gli occhi sgranati dall'apprensione - ...non è importante.

Si guardavano intorno nervosamente, tutti i senti all'erta per la paura che qualcuno potesse accorgersi di quella conversazione proibita.

- Se non lo facciamo, verremo allontanati dall'accampamento.

- E allora... l'epurazione...

Parlavano a bisbigli e frasi smozzicate che per Zaide non avevano alcun senso: era come se spezzettassero il discorso per dividersi il senso di colpa, ma senza dare un reale significato alle loro parole. La strega era smaniosa di saperne di più: si parlava di un rituale, forze arcane a lei sconosciute erano in atto, e quei tre giovani non ancora contaminati erano la sua chiave per saperne di più.

- Il ferro ci spaventa. - aggiunse improvvisamente la ragazza, come assorta nei propri pensieri. Perchè parlavano al plurale? Ne avevano mai discusso tra di loro, o l'indottrinamento a cui erano stati sottoposti prevedeva una sorta di pensiero, coscienza collettiva che impedisse agli individui di inficiare la compattezza dell'intero esercito?

- Gli uomini che compiono questo rituale... è come...come...

- ... come se perdessero se stessi. - completò il terzo giovane, un ragazzo magro e taciturno. - Forse... c'è qualcosa di demoniaco all'opera.

Qualcosa di demoniaco. Allora sapevano. Eppure si sottoponevano a quella tortura, come se non potessero farne a meno. L'epurazione...Forse chi non accettava il sistema veniva semplicemente eliminato dal gruppo come un frutto marcio. Ma allora Neshnak...
La mente di Zaide lavorava febbrilmente. Se fosse riuscita a dominare le giovani menti dei tre ragazzi forse non si sarebbero sottoposti al rituale, e allora avrebbe saputo come funzionava la perversa società degli Shadar Kai.

- E allora non fatelo. Avere coscienza di sé e delle proprie azioni è l'unica cosa che può salvarvi dall'inferno di questo mondo...Non lasciatevi soggiogare come un branco di pecore!

La sua voce era appena un sussurro, ma sapeva che l'intensità delle sue parole avrebbe colpito quei tre giovani inesperti nel profondo dell'animo. Contemporaneamente, sperò di completare la sua azione manipolando la mente della Montagna: che magnifico e plateale gesto sarebbe stato da parte sua ribellarsi a quella barbarie, mostrando a tutti che era possibile opporsi al sistema e pensare con la propria testa...Ma capì che aveva sottovalutato la resistenza di quella scorza dura di gigante. Lesse il terrore nei suoi occhi, il dubbio e l'esitazione. Ma non fu sufficiente a fargli schiacciare come tanti moscerini gli Shadar Kai che gli si avvicinavano con il ferro tra le mani.

Dannazione. Zaide strinse i denti e tornò a rivolgere la sua attenzione ai ragazzi. Con un tuffo al cuore, notò che qualcosa in loro era cambiato. Quasi impercettibile, un punto interrogativo sembrava aleggiare tra loro, creando una sensazione di incertezza sospesa che Zaide percepiva con estrema chiarezza. Non osò turbare quel meraviglioso processo mentale con altre parole. Attese, e finalmente il ragazzo più magro mosse con convinzione la testa in un cenno d'assenso.

- Ha ragione. - Sembrava che stesse parlando più a se stesso che agli altri. - Nessuno può obbligarmi a farlo.

Quando alzò lo sguardo sui compagni, Zaide vide una nuova luce brillare nei suoi occhi. Speranza, forse. O follia. - E non dovreste farlo neanche voi, ragazzi.

La ragazza lo fissava a bocca aperta.

- No, voi non capite...- sussurrò l'altro giovane. - Loro non esiteranno a ucciderci, se ci rifiutiamo... io... a me non interessa...

L'epurazione, di nuovo. Dovevano averli indottrinati per bene, comprese Zaide. Era chiaro che quel giovane stava prendendo le distanze, ma la strega notò che la ragazza stava riflettendo sull'inedita presa di posizione del suo compagno ribelle.

- Cosa stai facendo, troll?

La voce dello Shadar Kai raggiunse il gruppetto come una doccia fredda. Da quanto tempo fosse in ascolto, Zaide non seppe dirlo: era così concentrata nella sua arringa che aveva scordato le più elementari norme di cautela che la situazione avrebbe imposto.

- Non starai cercando di portare questi uomini sul sentiero del vostro Dio pagano, spero; è già un miracolo che ti abbiano lasciato entrare qui dentro, e come prima cosa tu vai in giro a criticare il Vero Re? Non è un comportamento intelligente...

Il buon senso le suggeriva di lasciar correre e non attaccar briga. Ma il tono saccente dello Shadar Kai le fece scordare dove si trovasse e da quante persone ostile fosse circondata. Osservò i ragazzi impauriti allontanarsi dopo un lungo sguardo scambiato col giovane magro in cui cercò di mettere tutte le parole non dette: coraggio, autonomia, ribellione. Poi si rivolse nuovamente al suo interlocutore, senza nemmeno accorgersi che il suo tono di voce si stava alzando:

- Non critico nulla, Shadar Kai. Tutti gli dei sono un solo dio, e l'unica differenza tra il mio e il tuo è solo il nome. Ciò non impedisce al mio spirito di credere e servire la Luce, senza bisogno di alcuna barbarie come quella che compite su questi giovani: a loro succhiate la vita, li private della volontà, non è così?

- Barbarie agli occhi di un pagano, senza dubbio. - rispose con strafottenza. - Poiché se tu avessi sentito la voce del Vero Re come l'abbiamo sentita noi, allora capiresti che non esiste alcun altro Dio, e quanto sia errata la tua idea di divinità. Non mi aspetto certo che un troll possa comprenderlo, però.
Zaide scosse la testa, frustrata. Quella conversazione non avrebbe portato a nulla, e si era lasciata scappare l'unica opportunità di minare quel sistema dall'interno. Cosa sarebbe successo a Neshnak? E quei tre ragazzi avrebbero provato ad ascoltare se stessi?
Come se potesse leggerle nel pensiero, lo Shadar Kai la ammonì prima di allontanarsi senza nascondere la repulsione che lo sciamano suscitava in lui.

- Lascia in pace questi giovani e assisti in silenzio alla rinascita, piuttosto, prima che sia costretto a intervenire sul serio. Ancora mi chiedo perché ti abbiano fatto entrare...


Zaide

°concentrazione [+2]
°intuito [+2]

[c. 29%; a. 13%; m. 5%; b. 1%]



Energia:
100 - 1 - 1 = 98%

Passive:
[Passiva di ammaliamento psionico; a seconda dei comportamenti di Zaide e ad interpretazione del personaggio che subisce la tecnica, può istillare in lui lussuria nei confronti della strega o terrore - sta alla vittima decidere quale delle due, coerentemente ai comportamenti e all'aspetto assunto da Zaide]
[Disciplina ferrea e dedizione, ma anche un’innata predisposizione nei confronti di tutto ciò che riguarda la sfera delle conoscenze arcane, sono alla base della capacità di Zaide di percepire istintivamente ciò che è magico attorno a lei, permettendole di svelare illusioni ambientali e avvertire attacchi magici anche alle proprie spalle]
[La portata del suo sapere magico è tale che ogni sua tecnica di natura magica provocherà danni di un livello superiore rispetto al consumo utilizzato, a fronte di una diminuzione delle tecniche fisiche di pari natura]

Attive:
Ondine [Basso]

Scarbo [Basso]
CITAZIONE
Con un consumo pari a Basso, indurrà l’ascoltatore a ritenere vera qualunque sua affermazione: nessuno potrà dubitare della veridicità delle parole di Zaide, a meno che disponga di una difesa psionica adeguata.
[Pergamena Non sono stato io]

CITAZIONE
Scatenare il terrore con il solo dominio della mente è prerogativa di ogni adepto delle arti oscure: con un consumo Variabile Zaide può martoriare la mente dell’avversario con una gamma di sensazioni che vanno dal timore all’orrore più nero, oltre a poter colpire contemporaneamente più vittime: in tal caso la potenza sarà di un livello inferiore al consumo.
[Pergamena Timore]




 
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