Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

C'era una volta...

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Lud†
view post Posted on 26/1/2013, 16:40 by: Lud†

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C'era una volta.

Dapprima fu solo un puntino blu che si stagliava nell’azzurro del cielo.
Una tempesta cangiante e in movimento, una macchia d’inchiostro color indaco che, come china su tela, s’espandeva frastagliando la purezza candida del firmamento. Una figura non dissimile da un grosso rapace, da un serpente con le ali. Il predatore aereo più temibile di tutti che sovrastava l’orizzonte, un drago blu che solcava i cieli. In seguito si avvertirono rumori forti, un cataclisma naturale. Un roboante rombo che parve spezzare, come se si frantumasse, l’intero cielo e a rompere quella monotonia monotematica di suoni tutti diversi ma infondo tutti uguali. Scese il silenzio atipico e irreale, predatori e predati rimasero bloccati e immersi in una bolla ermetica e introversa, nell’attesa e nel rispetto del primo tra i primi, del Princeps di ogni specie. La quiete era rotta soltanto dal tuonare ritmato delle ali, non v’era più il bubolare scontroso dei gufi, il chiurlare frizzante e ritmico, lo squittire allegro o l’ululare spaventoso dei lupi. Ogni cosa pareva essere immersa in un’istantanea laconica. Avanzò sovrastando la foresta, un misto d’eleganza e forza, di bellezza e terrore, sparì tra gli alberi imbiancati della selva, tra le chiome colme di neve dei pini, tra le fronde innevate degli abeti. Sparì proprio nel cuore pulsante di quel verde, di tutto ciò che circondava Tannenwald, entrando così in quel vortice roteante bianco e verde. E d’improvviso il silenzio atipico esplose, tutta la vita della fauna tornò a vibrare in un urla di gioia e allerta, di primitiva follia. Un uomo, vestito di sola veste di seta color indaco – tra le pieghe, tra i movimenti fluidi del vestito, il baluginare caleidoscopio di fulgidi colori, come se un arcobaleno splendesse di pura energia – emerse da tutta quella baraonda, emerse dal verde come vomitato e partorito dalla natura. Il figlio prelibato, una coniugazione perfetta tra natura e uomo, tra Divino e umano. Poggiò le scarpe arabe nel ciottolato delle strade del paese, Morpheus stonava nella tristezza che affliggeva quei luoghi, come una gemma luccicante in una discarica di pattume. Gli uomini ormai stanchi si trascinavano per le strade, cercando di mantenere la schiena dritta, ma il troppo peso li stava trascinando in un oblio di impotenza e tristezza. Le poche donne ancora madri si artigliavano ai propri bambini con le unghie, i capelli sconci e spettinati, il viso livido e incavato dalle ore di sonno perse. Mentre le altre, quelle che avevano perso i loro figli, parevano aver perso il senno, gli occhi rossi gonfi di lacrime, i capelli strappati a tratti, i vestiti logori e le unghie a pezzi. Camminavano per le strade vagabondando soltanto per inerzia, persi nei meandri e nella pazzia della propria mente. Quando Morpheus arrivò, si generò un tripudio di emozioni che collimò in occhiate torve, in sguardi preoccupati e selvaggi, ma nessuno ebbe la forza di avvicinarsi, nessuno osò porre quella fatidica domanda, rimasero soltanto inermi a guardare, eppure sarebbe bastato poco per scattare. Dal canto suo Morpheus lanciò un occhiata carica di tristezza, di comprensione di ogni cosa potesse aiutare a tranquillizzare quei bambini. L’equilibrio di quel minuto mondo era stato distrutto, non si spiegava chi potesse fare una cosa del genere, chi potesse distruggere la candida purezza dei cuccioli d’uomo. Come colui che strappa dal terreno una Cammellia Middlemist, evitando lo sbocciare di una rara bellezza, cogliendola dal terreno e non facendola crescere, così rara e unica quando debole impotente. Così la purezza di quei cuccioli era la forza motrice che manteneva stabile il filo di unione del mondo, che teneva lontano il male dal bene, il giusto dallo sbagliato. Una purezza contaminata solo dall’inquinamento del mondo e delle sue malefatte. L’animo di Morpheus s’era riscaldato di una fiammella finora sconosciuta, di un barlume d’ira crescente. D’altronde non aveva accettato quell’incarico per la scarna paga offerta dal sindaco, ma perché chiunque fosse l’artefice di quell’atrocità non meritava di vivere. Rischiava che questa vicenda si propagasse a macchia d’olio per il continente, che l’equilibrio venisse così spezzato.
Accarezzò i capelli di un bimbo, passando la mano tra gli spettinati riccioli d’oro. La madre lo tirò per un braccio, riservando a Morpheus un’occhiata di paura mista a rabbia, come una leonessa che tenta di proteggere i propri figli da un predatore più grande. Il bimbo alzò l’esile braccino per indicare la chiesa davanti a lui, non era altro che una richiesta, una silenziosa richiesta d’aiuto. Passò un ultima volta la mano dentro i suoi capelli per scompigliarli un ultima volta, « grazie », mormorò. Si addentrò nel il centro del paese, fino ad arrivare alla chiesa che svettava verso il cielo, più alta degli alberi come a volerli sfidare e imitare, la natura che predominava tra la pietra, le gargole simili a grosse pigne e gli archi che svettavano intrecciati come foglie e rami, in deliziose, delicate armoniose linee sinuose.
Davanti a lui altre due persone entrarono nella chiesa, una donna e un monaco, Morpheus li imitò, si avvicinò al portone di legno e spinse, infine vi entrò dentro.

CITAZIONE
Purtroppo ho dovuto riscrivere due volte questo post, mi è saltata la corrente e non so perché word non aveva salvato il file temporaneo, e la seconda volta mi esce sempre peggio, difatti è una pallida imitazione del post originale. Scusate il ritardo comunque
 
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