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C'era una volta...

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Alb†raum
view post Posted on 2/2/2013, 19:08 by: Alb†raum





C'era una volta...






Era da poco scoccata la mezzanotte quando il cimitero si accese di una luce irreale, azzurrina. Il bosco di lapidi e croci prima bianche si colorò di quello spettro colorato, e ombre prodotte da corpi invisibili vennero proiettate sulle loro superfici di marmo. Parevano serpenti, ali di uccelli sconosciuti, farfalle enormi. Le loro forme leggere danzavano lentamente, seguendo il fruscio del vento, l'urlo lontano dei gufi nel bosco, il frinire di cavallette. Quando si fermarono, ogni cosa tacque. Non più un suono, non più un rumore, come se fossero stati questi a seguire quel ballo, e non il ballo la musica. La brezza fredda si era placata, i rapaci fuggiti, gli insetti schiacciati. Il cimitero cominciò a rabbuiarsi di nuovo, a tornare nella propria tetra oscurità; ma un istante dopo la luce aumentò di intensità nuovamente, e parve quasi che un nuovo Sole dai gelidi raggi stesse rischiarando il camposanto, sorgendo dalla grossa fontana a tre vasche che si ergeva al centro dello stesso.
Aveva l'aspetto di una bimba dai lunghi capelli candidi che le arrivavano fino alla vita. Galleggiava nell'aria con grazia, quasi il peso non le appartenesse, e anche le ciocche bianche e la sua veste immacolata ondeggiavano morbidamente nell'aria, seguendo intangibili correnti d'aria. Teneva gli occhi serrati in un'espressione beata, e il riso che aveva dipinto sulla bocca la rendeva simile a un angioletto disceso dal cielo, piuttosto che a un essere umano. Il chiarore di cui brillava era intenso ma non accecante, e incoronava il suo bel viso in un'aureola evanescente. Ma non aveva ali, o croci, o messaggi da portare. Solo musica.
Fra le dita della mano destra, infatti, stringeva un lungo flauto traverso d'avorio.
Lo portò alle labbra con lentezza, come se volesse sottolineare la solennita di quel gesto, ne baciò l'imboccatura con amore innocente.
E cominciò a suonare.







Da ogni tomba si sollevarono piccole fiammelle azzurre. All'inizio timidamente, facendo capolino dal marmo con lentezza, quasi volessero assicurarsi che attorno a loro non ci fosse alcuna minaccia. Fluttuavano nell'aria lente, silenziose, seguendo il ritmo della melodia. Il loro fuoco era freddo e non crepitava, e le lunghe lingue bluastre che si lasciavano dietro tracciavano scintillanti scie che segnavano il loro passaggio, come minuscole comete.
Si muovevano a spirale attorno alla bambina sospesa sopra la fontana. Volavano dolci fino a raggiungerla, poi si elevavano fin sopra al suo capo e lì scomparivano spegnendosi rapidamente come erano apparse. La piccola continuava ad avere gli occhi chiusi. Era completamente concentrata sul proprio strumento, sulla propria musica, e nulla di tutto ciò che le stava intorno riusciva a distrarla.
Quando l'ultimo fuoco fatuo si dissolse sopra il suo capo, anche la luce che illuminava le sue membra parve affiochirsi, senza tuttavia spegnersi del tutto. Lentamente cominciò a scendere a terra, cullata dal vento che aveva ripreso a soffiare, fino a posarsi a pochi metri dal ragazzo venuto per sorvegliare il cimitero. Toccò terra con un piede, poi l'altro. Allora suonò le ultime note, e infine allontanò il flauto dal viso.
Finalmente spalancò le palpebre. Le sue iridi erano bianche, candide quanto la sclera, divise da essa solo da un sottilissimo bordo nero.
Le pupille apparivano come due punte nere di spillo in quel mare immacolato.
Guardò Aang con un tenero sorriso, il flauto stretto fra le mani tenute dietro la schiena, e avanzò verso di lui qualche timido passo.
Parlò, e la sua voce era melodia quanto ciò che aveva appena suonato:



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«Ti è piaciuta la musica?»



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Era da poco scoccata la mezzanotte quando nella legnaia si udì un rumore di passi concitati, di legnetti spezzati, di vento che agitava lembi di tessuto. Dietro l'edificio che veniva utilizzato come catasta per i tronchi tagliati si delineò una figura più scura della notte, con le mani poggiate sul legno scheggiato della struttura per sporgersi appena oltre l'angolo e sbirciare. L'esserino pareva attratto dalla lanterna dello sconosciuto, e la fissava estasiato, combattuto dentro dal desiderio di avvicinarsi e rimanere nascosto. Per qualche minuto lottò contro quell'indecisione, tentando di muovere qualche passo in avanti solo per poi ritrarsi di scatto appena giunto accanto al labile confine tracciato dal cerchio di luce. Lanciava gridolini nel saltare indietro, prima spaventati, dopo poco divertiti, come se quello fosse diventato un semplice gioco. Si divertiva a sentire i ramoscelli scricchiolare sotto le scarpe, a indovinare lo sfarfallio della fiamma per poter evitare di entrare nel suo chiarore. Dopo un po' finalmente si sentì sicuro e uscì allo scoperto, facendosi cautamente avanti con movimenti lenti, misurati, cercando di non far rumore pur sapendo di essere in piena vista, con la luce che brillava sul volto chiaro.
Era una bambina sui dieci anni, i capelli biondo cenere lunghi fino alle spalle. Portava un modesto fiocchetto rosso sul capo che le legava una ciocchetta a sinistra e aveva una camicia bianca sopra cui vestiva un abito nero che le arrivava fino alle ginocchia; questo era stropicciato per il gran correre, e sporco di corteccia e di aghi.
La piccola si mise davanti alla lanterna, curiosa, a fissare la fiammella trattenuta dal vetro agitarsi di fronte ai suoi occhioni castani, tenuti spalancati per la meraviglia, come se la luce non le facesse male alle pupille. Ignorò completamente lo sconosciuto, legittimo proprietario dell'oggetto.
Per lei esisteva solo il fuoco, la luce, il suo calore.
Nient'altro.

Passò qualche minuto prima che la bimba distogliesse lo sguardo dal fuoco e lo rivolgesse verso lo sconosciuto. La sua espressione beata divenne insicura, e fece qualche passo indietro, guardando, crucciata, l'uomo. Lo scrutò negli occhi, forse per capire se avesse cattive intenzioni. All'improvviso, però, parve riacquistare sicurezza e si fece di nuovo avanti, verso la lanterna. Tese un braccio e la indicò.

«Po... posso rimanere?»

Volse gli occhi nuovamente sulla luce, lasciandosi abbagliare dal chiarore intenso, e un sorriso tornò a sbocciarle sulle labbra.



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«È così... bella.»






Mise una manina contro il vetro, ma la scostò immediatamente con un gridolino di sorpresa. Era caldo, bollente. Si guardò il palmo arrossato, incredula, sfiorando la pelle con le dita. Poi riprovò a toccare la lampada, questa volta con la punta di un indice, ma non riusciva a tenerla a contatto per più di qualche secondo prima di doverlo togliere e soffiarci sopra per raffreddarlo. Eppure pareva divertirsi in quello strano gioco.
Aprì la bocca, un interrogativo sulle labbra:

«Che cos'è... questa?»


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Era da poco scoccata la mezzanotte quando davanti alla cancellata la luce della lanterna si affiochì leggermente. Come un sole morente, le ombre da lei proiettate si allungarono e ingigantirono, e parvero raggi neri che si stagliavano in mezzo al suo chiarore rossastro. I rumori della natura si fecero innaturali, tetri, e persino il fruscio del vento sui rami degli alberi divenne una macabra melodia. Gli abeti, per un istante, tesero minacciosamente i propri rami in avanti con uno scricchiolio, puntando la figura della donna che faceva la guardia al cancello. Gli aghi di cui grondavano quelle braccia possenti sembravano tanti piccoli spilli affilati, pronti a trafiggere le carni, e il loro scintillio metallico era tinto di rosso sangue. Bramavano quella carne giovane, la volevano mordere, spolpare. La corteccia sui loro tronchi era deforme e scura, e ghignava in maniera orrenda e silenziosa, pregustandosi il pasto.
Ma questa visione non durò che un flebile istante, interrotta da qualcosa di ben più tangibile.
Qualcosa si aggrappò alle gambe della ragazza, stringendola con foga ma senza nessuna violenza.
Due braccia piccole, pallide, legate a un corpicino delicato. La veste bianca che lo copriva era strappata in più punti, dilaniata, i capelli lunghi e corvini agitati dal vento erano sporchi di polvere e aghi.
La bambina alzò lo sguardo sulla sconosciuta, gli occhi azzurri pieni di lacrime che la guardavano supplici.
Ma non parlò.

Il volto della bambina era sprofondato nel grembo della donna, abbandonato in singhiozzi disperati. Tremava completamente, come in preda a una forte febbre. Tra un singulto e l'altro cercava di pronunciare qualcosa, ma le parole le si impastavano in bocca assieme alle lacrime, e tutto ciò che si udiva erano suoni sconnessi.

«Tu... non...»

Le mancò l'aria, e alzò il capo per tentare di respirare. Aveva il viso paonazzo, lucido per il pianto. Si mise a tossire.

«Devi... andartene...»

Uscì in un bisbiglio sottile dalla sua gola. Ingoiò faticosamente un bolo di saliva densa.
Poi parlò, la voce strozzata:




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«Non hai paura di morire?»




_____________________





QM POINT



-Cimitero

Dopo un improvviso bagliore che illumina l'intero cimitero, una bambina appare levitando dalla fontana centrale e comincia a suonare un flauto traverso. Dalle tombe spuntano spiriti che danzano attorno a lei e la raggiungono in spirale. Quando smette di suonare si avvicina a te e ti rivolge quella domanda.
Il tuo intuito (leggasi: auspex) ti suggerisce che è tranquilla, animata da buone intenzioni.

-Legnaia

Una bambina spunta dal bosco e si mette a fissare la lanterna. Se stai tenendo la lanterna per terra, si china su di essa e si mette a fissarla. Nel post ho messo che la tocca autoconclusivamente, se vuoi opporti scrivimelo in confronto.
Infine ti rivolge una domanda.

-Cancello

Una visione improvvisa sorprende Andrea: gli alberi paiono assalirla. Tuttavia l'allucinazione è interrotta dall'arrivo di una bambina che l'abbraccia e, piangendo, le consiglia di andarsene.
E anche lei rivolge una domanda.

In questo post descrivete la vostra permanenza nei luoghi di guardia fino a mezzanotte, poi gli avvenimenti sopra descritti.

Vorrei che eventuali dialoghi con i bambini li facciate nel post di confronto. Tutte le domande/azioni/ecc. scrivetele lì e io vi risponderò. Come nel secondo post, in sintesi.

Avete sei giorni da adesso.
 
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36 replies since 21/1/2013, 20:34   972 views
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