Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Die Krähe, Capitolo IV: Il Corvo

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Bastard de la Nuit
view post Posted on 9/2/2013, 07:52




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- L'ora è tarda, caro signore. Non desiderate che vi prepari il letto per la notte? -

La locandiera era servizievole, forse anche troppo per poter essere semplicemente considerata una brava persona. Si faceva chiamare Madame Rochelle, e dirigeva in modo esemplare la ricca attività ereditata da un marito morto in circostanze non del tutto chiare. I suoi riccioli pesantemente acconciati in uno chignon che odorava di cera d'api e spezie avevano fatto capolino dalla porta, anticipati dal frusciare di vesti troppo ricercate per il tenore della locanda; dal tintinnare di orecchini di peltro dorato e cocci brillanti ma di scarso valore.
Alla luce di una singola candela, l'uomo alla scrivania della stanza non sollevò gli occhi dal foglio di pergamena su cui la piuma intinta nell'inchiostro tracciava faticosamente linee dritte e curve che si addensavano in parole e frasi. Scrivere era un'attività che non praticava da lungo tempo, e le sue mani si erano calibrate sul peso di lance e spade, così che ora impugnare un calamo gli risultava molto più scomodo di quanto ricordasse.

- Apprezzo i vostri sforzi nel cercare di farmi sentire a mio agio, madama. Ma credo che quella della madre non sia tra le mansioni per cui vi pago durante il mio soggiorno.
Decido io quando l'ora è tarda per me.
-

Gli orecchini tintinnarono in un debole crollare il capo, segno certamente di disappunto della matrona. Kreisler potè quasi sentire il suono delle rughe faticosamente nascoste sotto uno spesso strato di belletto che si stiravano in una smorfia per poi assestarsi in un'espressione di falsa ed eccessiva contrizione.
Ebbene, non gli importava. In quel momento non gli importava niente, o comunque gli importava molto meno del normale.
Perché l'aveva trovato.

- Sono desolata, messere. A volte il mio zelo mi porta a imperdonabili leggerezze. Vi lascio subito ai vostri impegni. -

- Aspettate. -

L'emozione rese la voce leggermente più alta di quello che il buonsenso avrebbe suggerito, ma lo Straniero quasi non vi fece caso. Davanti ai suoi occhi vi era ancora quello che aveva visto il giorno prima al tramonto.
Quella particolare montagna non era nient'altro che un immane blocco di granito sollevato per centinaia e centinaia di piedi dal livello del suolo e lasciato ricadere su un lato dagli sconvolgimenti posteriori alla Guerra del Crepuscolo, così che l'antica roccia fosse costretta ad esporre ai venti dell'Erydlyss il fianco che aveva celato forse per milioni di anni. Allo sguardo dei viaggiatori quell'enorme blocco squadrato con due parti rialzate sui lati poteva sembrare uno smisurato scranno avvolto nelle nebbie, e questo gli aveva fruttato il nome di Trono del Titano con cui ormai tutto l'Eden lo conosceva.
Era lì, a solcare i venti con la fida Nacht, lasciando vagare lo sguardo stanco a cercare un volo di corvi, una bestia deforme, qualsiasi cosa che gli desse un indizio di dove fosse.
E l'aveva visto.
Un frullo d'ali nere che si faceva strada verso un pertugio nella roccia. Seguito da un altro. E da un altro ancora. I corvi non nidificano così ad alta quota, aveva subito pensato il guerriero. Non possono volare così alti, non è nella loro natura.
Ma l'essere che stava inseguendo da mesi era colui che aveva sfidato la natura a una gara di perfezione, dunque doveva esserci lui dietro tutto ciò.
Il sorriso melenso della locandiera si riaffacciò dalla porta socchiusa interrompendo le meditazioni dell'uomo.

- Desiderate? -

Ed egli indicò i fogli sparsi sul tavolo. Quelli finiti erano già stati arrotolati e sigillati con il sole e il drago a sette teste di Lithien, perché era ora che il mondo cominciasse a ricordare.

- Sono lettere e mappe, per avventurieri coraggiosi. Il popolo mormora se ascolta le voci giuste, madama, e voi avete fama di essere straordinaria nell'arte della conversazione con i clienti. Voglio che la regione sappia che in capo a quindici giorni Kreisler Valrafkan condurrà la sua spedizione vittoriosa per liberare per sempre l'Eden dalla minaccia del Dottore. E che chiunque lo voglia aiutare dovrà essere qui entro quel giorno e ricevere queste. -

Cercò di infondere quanto più carisma poteva nelle sue parole, per non farle sembrare monocordi come loro solito, o -peggio- spaventate. L'idea di scoprire le informazioni che quell'uomo poteva fornirgli volente o nolente sulla sua patria perduta gli stringeva lo stomaco ogni volta che ci pensava. In fin dei conti quello non era un combattimento: era una corsa alla verità.
Non potè scorgere il repentino impallidire della matrona sotto lo strato di cerone mentre si portava una mano alla bocca in atteggiamento stupito.

- Il Dottore, avete detto? I numi del Nord abbiano pietà di voi... Farò del mio meglio, signore. -

Certo che lo farai, e ti farai pagare tutto a peso d'oro, brutta stronza, pensò Kreisler dietro la maschera di impassibilità quasi distratta. Madame Rochelle era nota non solo per le sue maniere oltremodo affettate, per essere un punto di passaggio obbligato per voci e pettegolezzi di ogni sorta, ma anche per il suo estremo attaccamento al denaro.
Ma era disposto a pagarlo, quel prezzo. Ormai conosceva abbastanza bene il Dottore, e affidare una notizia al parlare degli uomini non sarebbe stato garanzia dell'essere scoperto: amava la solitudine, il suo nemico; lo stare discosto dagli altri esseri che reputava inferiori; preferiva la compagnia dei mangiacarogne con becco e piume dello stesso colore del suo cuore.
E il Cavalcaviverne non congedò la donna: la sua buonanotte fu un soffio sulla candela.



littleqmpointwinterreisBenvenuti a questo nuovo capitolo di Winterreise. Scusate il ritardo nell'apertura della quest, ma gli impegni in real mi trattenevano dal fare qualcosa di degno.
I vostri pg, dunque, vengono raggiunti da questa voce piuttosto insistente sull'assalto finale a Doctor, per cui il Cavalcaviverne cerca compagni. Ho fissato a quindici giorni il termine della partenza di Kreisler per dare in media sette giorni perché la voce raggiunga le orecchie dei pg e altri sette perché quelli più lontani abbiano la possibilità di raggiungere la locanda "Ai piedi del Trono", in un agglomerato di case senza nome vicino alle pendici del Trono del Titano. Siate liberi di descrivere le modalità con cui il vostro pg arriva al villaggio e riceve l'involto con lettera e mappa della zona dalle mani della stessa Madame Rochelle; la lettera specifica che Kreisler incontrerà i vostri personaggi all'alba del quindicesimo giorno in un punto molto vicino alla parete rocciosa del Trono che è stato segnato sulla mappa.
Tenete conto che il vostro agire potrebbe influenzare la quest fin dal vostro primo post. Attenzione dunque.
 
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K i t a *
view post Posted on 15/2/2013, 12:02






W i n t e r r e i s e ❞.
DIE KRÄHE ~ IL CORVO
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~ Terre del Nord
❝ La Locanda ❞.






La locanda era ormai deserta, arrivata l’ora in cui la calma placida invade posti come quello. Una signora di mezz’età era in piedi, dietro l’ampio bancone di mogano scuro, con l’abbondante carne fasciata in un lungo vestito che ancora metta in mostra le curve che per lungo tempo le avevano procurato laute mance nel corso della sua carriera. Teneva tra le mani un grosso boccale di vetro, e ne strofinava l’interno con uno straccio consunto, gli occhi aggrottati in un’espressione concentrata, nonostante ripetessero meccanicamente quei gesti da tanti anni; quei momenti si erano sempre rivelati preziosi, permettevano alla sua mente di vagare in pensieri che potevano non riguardare il lavoro quotidiano.
Il rumore sordo di passi sul pavimento di legno la destò, facendole sollevare lo sguardo in direzione della porta; sull’uscio sostava un ragazzo, i vestiti dall’aria povera e logora, tipici di chi deve far durare ciò che possiede, e i capelli chiari scompigliati. Sorrise alla donna, avvicinandosi, ripulendosi le mani con un panno che in origine doveva essere stato bianco. Lei si limitò a guardarlo, corrugando la fronte in un cipiglio severo. «Hai già terminato?» chiese, spiccia. Gli occhi del giovane si sgranarono, stupito: «Diavolo, sì! E’ quasi tutto il pomeriggio che lavoro!» obiettò. Lei lo guardò con sufficienza, tornando a concentrarsi sul boccale: «Forse un pomeriggio non è abbastanza per un lavoro in grazia di Dio» proseguì. Lui si rabbuiò, lasciandosi cadere su uno sgabello di fronte al bancone; il gesto catturò nuovamente l’attenzione della donna, e gli occhi saettarono di nuovo su di lui: «Ho forse detto che hai finito il tuo lavoro? C’è da pulire la stalla, prima che cali la notte e la locanda si riempia. E ti raccomando» sibilò velenosa «puliscila.» concluse aspra. Il ragazzo rispose con un veloce cenno d’assenso con il capo; preferì evitare di aprire bocca, perché ciò che poteva uscire non era niente di edificante nei confronti della padrona. Scivolò dal sedile e s’incamminò verso la porta, dirigendosi verso il retro della locanda.
La stalla era un piccolo edificio a ridosso di quello principale, collegato con un sentiero segnato da alcuni ciottoli di pietra, ora coperti da un sottile strato di neve. Lo percorse cautamente, elaborando mentalmente diverse ritorsioni nei confronti della vecchia tenutaria, cose che sapeva non avrebbe mai messo in atto. Quel lavoro gli serviva, ci faceva sopravvivere la sua famiglia, dunque c’era poco da scherzare con il fuoco.
Dischiuse la porta principale, mentre l’odore di paglia e sterco gli invase le narici, ma si fermò di colpo, stupito dal trovare all’interno un'altra persona: una giovane donna con indosso una lucida armatura sostava di fronte uno dei cavalli, carezzandone dolcemente il muso, mentre quello teneva il capo chino e gli occhi bassi, beandosi delle attenzioni ricevute. Sentendolo entrare lei si voltò, incrociandone lo sguardo; quando vide quegli occhi azzurri, pensò di non aver mai trovato una simile sfumatura. Lo fissava incuriosita e attenta, come se la presenza bizzarra in quella scena fosse solo lui; il ragazzo rimase immobile, sentendosi terribilmente a disagio di fronte al cavaliere. Cercò di rivolgerle un timido sorriso, ma lei continuò a scrutarlo senza cedere di un millimetro nella sua espressione.
«Ehm… » tentò di approcciarsi «N-non credo sia permesso di sostare qua dentro, eh… ». Lei si voltò a guardare il cavallo, che sembrava non gradire l’interruzione. «Mi chiedevo se potessi prenderlo. E’ un viaggio lungo, non so quando potrò riportarvelo.» disse lei all’improvviso, facendolo sussultare per la sorpresa. «Beh, dovreste parlarne con la signora, è lei che gestisce queste cose. La trovate nella locanda, se volete…». Lei non rispose, continuando a guardare il cavallo, che emetteva leggeri nitriti d’impazienza. «E’ un bel destriero, vero? » commentò lui, cercando di spingerla a proseguire la conversazione. «Uno dei migliori che abbia visto.» ribatté lei, voltandosi e rivolgendogli un sorriso. Quel gesto lo paralizzò, lasciandolo inebetito a fissare quel viso, i cui connotati non pareva possibile fossero di un semplice essere umano. Il ragazzo non poteva sapere quanto fosse vicino alla verità.
«Molto bene» proseguì lei, cominciando ad avvicinarsi all’ingresso «Andrò a parlare con la padrona. Comincia a prepararlo.» intimò, come se quella di chiedere il permesso alla donna fosse una mera formalità. Il punto è che ne era convinto anche lui, che dopo averla seguita con lo sguardo sino all’uscita alla stalla, si avvicinò alla bestia prescelta, iniziando i preparativi per il lungo viaggio.



~ Erydlyss
❝ Trono del Titano❞.






Erano a galoppo da numerosi giorni, ma del resto erano le più remote terre dell’Eden che andavano a raggiungere, senza contare le frequenti soste per permettere all’animale di recuperare energie. Giravano da qualche tempo numerose voci riguardo alla spedizione che si apprestava a compiere, e non sapeva a chi dare credito: chi la definiva una degna rivalsa, chi un suicidio già scritto, e lei non avrebbe saputo a chi credere. Rimaneva solo una scelta possibile: prendervi parte e vedere dove stesse la ragione. Non era la sua battaglia, questo era certo, ma del resto cos’aveva oramai da perdere? Il tempo già trascorso su quel mondo le aveva insegnato quanto tutto fosse labile la dentro, comprese le persone che ci vivevano. Si potevano disfare imperi, che importanza avrebbe mai avuto un singolo individuo? Avrebbe fatto di tutto per fuggire dai fantasmi che la attanagliavano, per contrastare il terribile senso di perdita che non riusciva a giustificare. E se questo significava immolarsi per una guerra a lei estranea, lo avrebbe accettato.
C’era di positivo che si affacciava per la prima volta in una parte del mondo che non conosceva; una volta superate le soglie delle terre umane, le era parso di addentrarsi in un altro universo. Tutto vi si differenziava, la flora più rigogliosa e al contempo più sinistra, dotata di una vita insolita, più indipendente rispetto alla norma, la fauna più spettacolare e al contempo più pericolosa di quanto già aveva visto. Procedeva cauta, cercando di non incappare in inutili contrattempi, conscia che, una volta giunta destinazione, la sua incolumità sarebbe già stata a forte rischio. Erano passati i tempi in cui si credeva superiore a tutto ciò che la circondava: il suo orgoglio e la sua superbia erano stati sufficientemente schiacciati e ridimensionati.

Le terre di Erydlyss portavano su di sé un’aura mistica che la fece sentire estremamente a disagio; tutto quello che la circondava pareva cristallizzato, il tempo compreso. Nel paesaggio predominava il bianco, che invadeva lo sguardo sottraendolo da qualsiasi altra realtà. Scese dal destriero, stringendosi maggiormente nel pastrano che la avvolgeva, maledicendo dentro di sé l’aria gelata che riusciva ad insinuarsi comunque; era arrivata davanti alla locanda data come punto d’incontro. Sollevò lo sguardo, osservando la scritta “Ai piedi del Trono” intagliata nell’insegna di legno; l’ennesimo brivido la assalì e, imprecando tra sé, si affrettò ad entrare. Il calore la invase come un abbraccio, sciogliendo finalmente il nodo di gelo che sembrava non dov’essere più abbandonarla. All’interno della stanza principale vi trovò una donna, fasciata in abiti eleganti, i capelli raccolti alti sulla nuca, gli occhi attenti e profondi; quando la sentì entrare le rivolse la sua attenzione, scrutandola con curiosità crescente: «Desidera?» domandò, spiccia. Samael percorse in pochi passi la distanza che le separava, avvicinandosi. «Mi è stato detto di presentarmi qui, in cerca di Madame Rochelle. Siete voi?» rispose. Lei la studiò con un’occhiata: «Sì. Siete qui per la spedizione?». La guerriera assentì con cenno di capo, e Madama Rochelle si spostò, andando dietro il bancone e chinandosi, scomparendo per qualche istante dalla sua vista. Quando si risollevò stringeva in mano un involucro di carta piegato in più parti, che porse alla donna, mostrando le mani sapientemente adornate con gioielli dozzinali. Samael lo afferrò, tentando di studiarlo a prima vista, mentre l’altra continuava a fissarla. Quando sollevò lo sguardo dall’involto, trovò quello della donna, che non distolse; la guerriera aggrottò le sopracciglia, infastidita da quella curiosità, ma la donna non cedette, totalmente priva di imbarazzo. «Beh, buona fortuna. Credetemi, ne avrete bisogno.» disse poi, e con questa frase di commiato si allontanò da lei, per tornare a sbrigare le faccende quotidiane. Samael la scrutò, domandandosi cosa intendesse dire; tornò nuovamente sui suoi passi, cominciando a scartare i fogli, rivelandosi una mappa dettagliata e una lettera. Prese a leggere avida, gli occhi che scorrevano veloci sulle righe; non si dilungava in troppi dettagli, specificando semplicemente dove e quando trovare chi doveva occuparsi della missione: Kreisler Valrafkan.
Era arrivata con il giusto anticipo, doveva attendere solo quella nottata. Tornò dal proprio destriero, affrontando di nuovo il gelo del nord dell’Eden, e cominciò a condurlo in ricerca di un alloggio per la notte.

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Il sole sorse, rischiarando il cielo con lievi sfumature rosa, e lei era pronta. Non era stato difficili seguire le indicazioni presenti nella mappa, finemente lavorata proprio per evitare simili contrattempi. Incamminandosi osservava l’alta montagna che si stagliava di fronte, cominciando a sentire il peso dell’ignoto che doveva affrontare. Si strinse nel manto, scacciando la paura dai propri pensieri: era per quello che l’aveva deciso, perché era più facile saltare in quel buio, piuttosto che continuare a trascinarsi in quella realtà da cui proprio non sapeva trovare vie d’uscita.


VARIE ED EVENTUALI



CS
× 2 Conoscenza ×

PASSIVE

PRESENZA ANGELICA Gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.
FOR I AM IMMORTAL Fenrir era molto più che una semplice spada per il suo primo possessore: si trattava di un trofeo, della prova tangibile che testimoniava la sua grandezza e -benché non molti ne fossero a corrente- la sua contiguità con un mondo che non era quello dei semplici umani. In Nemarchos risiedevano infatti due nature che sopravvivevano grazie ad un rapporto di perfetta simbiosi, condividendo un corpo che tuttavia era tenuto a subire delle trasformazioni; nonostante questo, quel corpo era in grado di sopravvivere a battaglie estenuanti, di sopportare ferite che avrebbero stroncato qualsiasi altra vita. Questo era dovuto al suo retaggio, a quella doppia natura selvaggia e pragmatica insieme, capace di scatenare una forza vitale ben più salda nella sua linfa di molte altre. Alla morte di Nemarchos, questa forza era ancora così vigorosa, così contraria alla prematura dipartita, che venendo cacciata dal corpo andò a nascondersi nell'oggetto che all'uomo era stato più caro, e che insieme era testimonianza di questa sua particolare natura. Pur rimanendo quiescente all'interno della lama, la forza vitale di Fenrir si trasmette al portatore, rendendolo capace di sopportare un numero virtualmente infinito di ferite, che sembreranno rimarginarsi immediatamente (nonostante i malus a queste afferenti, quali sanguinamento, perdita di forze, incapacità di movimento ecc. ecc.), rendendolo di fatto immortale. L'unica maniera per uccidere colui che possiede la Zanna dei Lupi, è decapitarlo [Abilità Passiva - Immortalità, possibile morte solo tramite decapitazione].
L'ABITO FA IL MONACO Il demonio non si presenta sotto un unico aspetto. Come potrebbe? Egli deve convincere ognuno, deve piacere a tutti. E per questo deve mostrarsi loro nelle vesti che più li rassicurerebbero, che più li convincerebbero ad avere fiducia in lui.
Non c’è quindi da stupirsi se anche suo figlio è quindi in possesso di una tale facoltà. Non lui, ovviamente, perché mai potrebbe eguagliare il padre, bensì i vestiti che furbescamente indossa. Essi, infatti, appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà il portatore indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti. [Passiva_ e' una difesa psionica e come tale può essere bypassata]
L'ELEGANZA E' ESSENZIALE Queste vesti, che appaiono così ordinarie agli occhi di tutti, sono in realtà state intessute dell’essenza stessa del Portatore di Luce. Ne costituiscono un’emanazione, un pericoloso artiglio teso verso il mondo dei mortali. Sono, come colui che le ha volute, uniche e insostituibili. Per questo motivo non è possibile che la volgare mano dei mortali possa in alcun modo danneggiarle o distruggerle.
Le vesti di Lucifero saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo del giovane, provocandogli normalmente dei danni.

ATTIVE
/ / /

ENERGIA
100/100

NOTE

Chiedo scusa per aver utilizzato tutti i giorni a disposizione, ma è periodo d'esami >_< la prossima volta cercherò di essere più rapida! ^^
Non credo ci sia qualcosa da dire, il post termina quando Samael giunge al luogo prestabilito; ho evitato di entrare eccessivamente nel dettaglio, per lasciare libertà nel post successivo!


 
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view post Posted on 15/2/2013, 19:41
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Quella volta, in una triste mezzanotte, mentre il pellegrino, debole e stanco, meditava su alcuni bizzarri e curiosi volumi di obliata sapienza; ed inclinava la testa, quasi sonnecchiando, all'improvviso giunse un colpo, come se qualcuno stesse gentilmente bussando alla porta della sua stanza. Sarà qualche visitatore, mormorò, che bussa alla mia porta.
Solo questo, e niente più.

Una voce, e poi una lettera. Nient'altro che un corridoio buio.
Nel tiepido bagliore dell'ultima candela, in quella rigida notte d'inverno, l'uomo stese sulla già affollata scrivania quel nuovo pezzo di pergamena appena ricevuto. Lesse il messaggio a bassa voce, decifrandone il linguaggio con la scioltezza dell'amanuense e, mentre spostava piano la sedia per accostarsi alla brace ancora calda nel caminetto ormai spento, soppesava ognuna delle ruvide parole appena lette, che con eccessiva violenza l'avevano distolto dalla sua precedente lettura.
Girò la testa per guardare il proprio riflesso in quel piccolo specchio ovale sulla parete, ma non vide nulla più che fumo e nebbia, immerso com'era nel sanguigno tepore della fiammella morente su quell'ultima candela che s'ergeva solitaria sulla scrivania, immortale, nel mezzo del suo lago di cera disciolta che, entro i bordi del piattino ove era posata, le bagnava i piedi con riverente serenità.
L'uomo si carezzò il viso, percorrendo col palmo della mano quella ruvida guancia su cui la barba era ricresciuta, notava, con insolita rapidità.
Cercò di prendere un foglio dal banco, senza guardare, e mentre superava quello che sembrava un pezzo di velluto, tornando a tastare i profili dei larghi libri con solenne scompostezza, urtò piano la sottile torre di cera, facendone tremare la fiamma proprio come, in quel momento, stava tremando il suo respiro. E senza più luce se non quella della brace in fin di vita, attraverso la nebbia di una memoria troppo lunga e troppo stanca, l'uomo arrivò a toccare la lettera. Ne saggiò le macchie scure con i freddi polpastrelli, come potendo vedere, come potendo leggere con le mani ciò che già i suoi occhi avevano ignorato, fuggito, cercato invano nella falsità del riflesso di una candela in quello specchietto ovale appeso al muro, alla destra di uno strano ritratto, poco più in là delle sue palpebre chiuse nell'atroce tepore di una luce infinitamente lontana, immortale, mentre la sua testa s'inclinava di lato ed il suo spirito cedeva, ancora una volta, alle seducenti lusinghe del sonno.
Sarà qualche visitatore, mormorò, che bussa alla mia porta.
Sarà forse nello specchio il segreto della fiamma, dell'incendio che torna a bruciare come in sogno, sulla cima di una candela, attraverso la cornice dorata che sulla parete della sua stanza contiene una finestrella ovale su un mondo più fosco e spazioso, dove pascolano gli incubi, appena alla destra di quello strano ritratto dai colori sbiaditi e dalle figure fredde, nebulose, degli occhi di una donna che, dipinti nella follia, sembravano gridare i primi versi di un orribile racconto, forse parlando di un amore perduto, di un solitario incrocio di sentieri, di una rara e splendida dama che gli angeli chiamavano Lenore, adesso senza nome, e nulla più.

Sognando, forse morendo, Assur si alzò con lentezza. Riaprendo gli occhi tornò a posare la schiena su quella fredda parete che ormai, dopo mesi, gli era quasi familiare. Era buio, il suo volto era adesso rivolto al soffitto, le sue labbra distese in un sorriso vuoto, lontanissimo, come se il pensiero avesse abbandonato la stanca carne del viaggiatore alla dolce tirannide dell'atarassia.
Raccolse la spada. Dopo averla prelevata da un grosso baule, l'uomo indossò la sua vecchia armatura, ancora sporca, ancora calda. Non era passato molto tempo.
Non abbastanza lune erano tramontate sul selvaggio orizzonte dell'Eden perché l'oblio fosse pronto a mietere quegli ultimi oscuri ricordi e restituire al pellegrino quel sonno di cui ormai sentiva il bisogno, mentre ponderava sul ritmo dei propri passi e, uscendo, lanciava lo sguardo a quella piccola morta candela riflessa dallo specchio. Restava ferma, nera, come distaccandosi dal vetro dello specchietto per ergersi solitaria nel mezzo di un oceano di fumo e nebbia, alta e salda come una torre ma silenziosa come una pietra tombale.
C'è buio, qui, e nulla più.

● ● ●



Un vento freddo e secco scendeva, alla sera, da quelle montagne che, a nord, accoglievano gli ultimi minuti di sole colorandosi di rosso come le ruvide gote di tante vecchie comari che, sedute l'una accanto all'altra sulla soglia della notte che incombe, ricordavano assieme i dolci momenti della giovinezza perduta.
L'odore delle foreste allo spegnersi del giorno viaggiava nella brezza dell'Eden sino alle narici del guerriero che, in piedi nel mezzo di una via solitaria, mentre le prime lanterne del villaggio prendevano a brillare, osservava una figura sottile che, in lontananza, scendeva gli scalini di un basso portico in legno. Sembrava un cavaliere, così bardato, ma i suoi passi erano troppo leggeri, la sua sagoma era troppo minuta, aggraziata, immersa nella pioggia di candele e lanterne che nell'incubo di un istante danzavano sfrigolando e bruciavano trasmutando, come fiamme, mentre gli occhi volevano chiudersi e la mente vibrava beandosi, masochista, nel sussurrante dolore dell'insonnia; e non era un cavaliere, e non era un ricordo, e non era lei a cantare nella sua armatura mentre attorno a loro la notte s'addensava e le stelle si spegnevano nel tiepido crudele sussurro di un nome di donna che, indecifrabile, voleva gridarne altri cento.
Chi sei, ricordo in corazza? Chi sei, cavaliere lontano, femminile, che tanto le somigli?
Eppure non era lei, ed Assur tornò alla lucidità della propria fumosa coscienza. Il giorno terminava, e lui riprendeva a camminare. Il giorno salutava, e lui ricordava, a piedi, quanto potessero essere lunghe e fredde le ore trascorse sulla strada, quando le vecchie signore dell'Eden divoravano il sole e nemmeno i tre mantelli che lui indossava, quella volta, lo proteggevano completamente dall'affilato coltello dell'inverno.
Procedeva con passo cadenzato, preciso persino in quel minuscolo saltello che, ogni quattro passi, sembrava costretto ad eseguire più per necessità fisica che per mania: ricordava, vagamente, di essere stato ferito. Non voleva zoppicare, non si sarebbe mai mostrato tanto debole al cospetto dei propri incubi, perciò saltellava. O meglio, saltava mezzo passo, come inciampando ad ogni metro, impercettibilmente, avvicinandosi sempre di più a quello stesso portico da cui era sceso quell'altro cavaliere, accompagnato dalla brezza.
Ad accompagnare il pellegrino, invece, v'erano solamente ricordi e nomi di fantasia, ogni volta diversi, per sopperire alla tragica mancanza di una parola che, per lui, potesse essere un nome vero, reale, limpido come uno di quei primi pomeriggi di primavera. Chiaro come era stato il nome di quella donna, di quel fantasma, di quella rara e splendida dama che gli angeli chiamavano – com'è che si chiamava? Come abbiamo potuto dimenticare, mormorava il viaggiatore. Come può quel suono distante, che ancora riecheggia sulle scoscese pareti dell'imponderabile abisso, trovarsi senza nome adesso, e niente più?

Non capiva bene, ed anche una volta sfilatosi l'elmo i suoi occhi non riuscivano a cogliere tutti i colori. Fu così che, nella nebbia degli eventi, una donna dipinta in grigio ed in blu gli si avvicinò. Era seduto, si accorgeva. Aveva ancora indosso tutti e tre i suoi mantelli, a coprire la sua armatura e le sue armi, ed il pavimento sotto i suoi stivali era di legno. Alzò lo sguardo, scoprendosi il capo, e quando Madame Rochelle gli chiese cosa desiderasse ordinare lui le rispose, con voce sorprendentemente nitida, che era lì per il Corvo. Lei si fece subito seria.
Accade qualcos'altro, quella notte, ma lui dimenticò.
Incamminandosi verso la montagna, poco prima della nuova alba, l'uomo sceglieva quello che sarebbe stato il suo nome per i prossimi giorni. Edgar.
Suona bene. Edgar Usher, figlio obliato della schiatta degli Usher.
Dimentica, si disse, tutte quelle notti tanto crudeli da nasconderti le stelle. Eppure ricordava, era ancora ammaliato dagli dèi e dai demoni del sonno e dell'incubo, che in quelle terre erano numerosi e portavano molti nomi, ed erano molto antichi. Dimentica, si disse, i tuoi nomi antichi ed i tuoi vecchi volti, stupido diavolo.
Ricorda, mormoravano le sue labbra sfiorate dalla luce arancione del primo raggio di sole, ricorda quanto eravamo grandi, quanto eravamo felici, dove il tempo custodisce le memorie più lontane dei giorni sereni ed il mare, il grande oceano splendente, cullava nella sua risacca tutti i nostri incubi più cari.
Spento, come le rigide metafore degli antichi poemi, eppure in movimento, eppure caldo, ancora vivo al di là di quegli occhi spalancati e bordati di nero, senza sonno né conforto, che proprio allora, quella mattina, riflettevano l'acquea figura dell'austero Trono del Titano.
Non era il primo a presentarsi all'appuntamento, ammesso che la sua mente fosse davvero presente.
Camminava accanto agli altri guerrieri, ben ammantato e coperto, mentre dalle fessure nella visiera dell'elmo, al di sotto del cappuccio, intravedeva una macchia scura spalancare nel cielo le proprie ali, accanto alle vette della montagna.
Quanto sei potente, Kreisler Valrafkan, oppure quanto pazzo sei per sfidare la Flotta al comando di un esercito che non conosci, e che probabilmente non ha la tua stessa avversione alla fuga?
Quanto davvero conosci il nostro comune nemico?
Quando, nel sogno o nell'incubo di queste terre antiche, hai potuto scorgere gli occhi del mostro, e che cosa mai hai potuto vedervi di tanto prezioso da deciderti a partire e a combattere?
Quante domande, quante posso occorrerne, per restare sveglio?
Perdo me stesso, ancora una volta, pensava Edgar, per allontanarmi da quella candela riflessa nello specchio sul muro. Ritrovo un nome che non è il mio affinché neppure questa paura sia mia, e queste gambe deboli, e questo respiro pesante sia davvero di mio possesso nella misura in cui la carne è possesso della mente, mentre come un fanciullo guardo le forme dell'orizzonte e vi distinguo creature orrende, scivolanti nella penombra, e tremo, e sorrido, e zoppico piano sino al pulpito di pietra per ascoltare il discorso del comandante, scoprendomi il volto.
La testa s'inclina, poi torna diritta, e si gira di lato, non so perché.
Una donna, là, diversa dalla donna nei suoi incubi eppure a lei ancora troppo somigliante per non essere un sadico parto del Fato, di quello stesso fato a cui ancora, in un'aula senza luci, vengono offerti sacrifici e dispensati doni. Uno dei tanti nomi di uno dei tanti dèi, morti assieme alle preghiere e nascenti con quelle, ogni volta, in ogni sogno, in ogni angolo un po' più buio su cui lo sguardo va a posarsi, senza volerlo, precipitando nei nebulosi e profondissimi mondi dell'incoscienza. Mai più, mormorava il corvo. Mai più, recitava.
Ancora una volta, stava per accadere qualcosa.
Un'alba che sospira, una cantilena lontana, una nuvola più scura e solo questo, nulla più.

● ● ●


ladzm

Specchietto riassuntivo

"Quoth the raven, 'Nevermore'."

Abilità Passive

● Aura della coscienza (Personale)
Illusioni ambientali sceniche attorno al pg.
● Controllo remoto (Personale)
Telecinesi passiva.
● Resistenza (Personale)
Regge danni fisici per un massimo di due mortali prima di morire.
● Fiamma di Shamash (Pergamena virtuale)
Può castare Trasmigrazione (offensiva) usando un autodanno di qualsiasi entità al posto del consumo energetico. La potenza risultante è pari all'autodanno subito.
● Appoggio (Pergamena)
Cammina nell'aria, possibilità di far apparire ali sceniche.
● Aura di energia (Pergamena)
Non sviene sotto il 10% di energie.
● Autosufficienza (Razziale)
Difesa psionica passiva.
● Arcanismo Lv1 (Dominio)
Percezione della magia nell'ambiente circostante.
● Arcanismo Lv2 (Dominio)
Casting di magie con tempi di concentrazione nulli.
● Arcanismo Lv3 (Dominio)
Le tecniche di natura magica infliggono danni doppi, quelle di natura fisica dimezzati.
● Anello del potere (Oggetto)
Risparmio energetico globale del 3%.

L3aXe

Equipaggiamento
(a fine post)

● Ophanim (Cerchio-spada)
Agganciato alla schiena.
● Qerubin (Pugnali conici)
Fissati all'apposita bandoliera attorno alla vita (x15)
● Eloah (Spada bastarda)
Nel proprio fodero, agganciato alla cintura.
● Areté (Armatura)
Completa ed indossata.
● Zerachiel (Scudo tondo)
Fissato all'avambraccio sinistro.

L3aXe

Energie residue: 100%
CS: 4(Concentrazione) 1(Agilità)
Danni mentali: illeso (0/16)
Danni fisici: illeso(0/32)

L3aXe

Tecniche attive


● Slot 1
(???)
inutilizzato

● Slot 2 (???)
inutilizzato

L3aXe

Riassunto e note

Come è facile intuire, anche approfittando della particolare figura del nostro nemico, ho sparso quà e là un po' di elementi che possono essere considerati un mio piccolo tributo ad E. A. Poe.
Assur, la cui mente è ancora tormentata dai ricordi dei recenti eventi e da quelli di eventi molto più remoti, si ritrova all'inizio della narrazione in uno stato mentale alterato da qualche giorno di insonnia e da troppi pensieri poco organizzati (e probabilmente da troppo liquore e da quella brutta tisana che vende lo spacciatore nell'angolino buio dietro la sezione dell'erboristeria). In queste condizioni riceve alcuni messaggi da qualche suo non specificato conoscente, tra i quali si trova anche qualche riferimento alla spedizione di Kreisler. La sua memoria non è ormai sotto il suo controllo cosciente, ma ricorda il nome del condottiero ed ancora meglio ricorda la Flotta Icaro (per i flashback veri e propri avremo tempo più avanti). Non è chiaro (volutamente) in che modo Assur abbia deciso di partire, e neppure dove si trovasse all'inizio del racconto. Fatto sta che egli, pesantemente armato ed ancora più pesantemente ammantato, raggiunge la piccola comunità ai piedi del Trono del Titano (non ha cavalcatura, è solito viaggiare a piedi), e poco prima di entrare nel locale scorge Samael che vi esce. Quindi entra, si siede, riceve l'involto con le istruzioni come narrato nel post ed in seguito, al mattino seguente, raggiunge il luogo dell'appuntamento.
Ho presunto (ma non specificato in modo esplicito nel post) che già diverse persone si fossero riunite in quel luogo. Quì la narrazione si sospende, in attesa degli sviluppi.

Chiunque voglia interagire con Assur può farlo tranquillamente, nei limiti delle modalità di posting. Possiamo anche concordare eventuali dialoghi, nel topic del bando, sebbene non credo sia il momento più adatto.
Beh, forza, avanti!
L3aXe

 
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view post Posted on 15/2/2013, 22:14
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– E l'inferno è certo.
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WINTERREISE ~ Die Krähe
una proposta, un viaggio

La notte è nuda, la notte è lunga. La notte ha l'odore del sangue e la sua stessa consistenza. Vischiosa, ti si appiccica addosso e ti fa sentire sporca. La notte è per gli spiriti inquieti, per chi ha perso la via di casa o una casa non l'ha mai avuta. La notte è per i patti con il Diavolo, per giocare ad essere un poco Dottor Faustus.
« Fammi capire bene, tu entri nel mio laboratorio, e mi proponi un viaggio, senza alcuna garanzia di tornare a casa intera, il tutto ad un prezzo ridicolo? » Unisco le mani, accavallo le gambe, faccio cenno di placarsi, per ora, ad Ashardon.
« Aspetta, non è ancora arrivata la parte interessante dell'offerta. » Colei che si è presentata come ambasciatrice di una certa Madame Rochelle sorride, di quel sorriso malizioso di chi è sicura di riuscire ad arrivare all'alba con tutti gli organi interni al loro posto.
« Farà meglio ad arrivare presto, conosci meglio di me della legge non scritta che obbliga due donne nella stessa stanza ad uccidere l'altra per affermarsi. Niente di personale. » Scuoto la testa, in una leggera danza di capelli oro e cavi metallici. La Zanna è al sicuro nel suo fodero, in attesa di venire liberata per poter dissetarsi.
« Con calma, scienziata. E se ti proponessi di poter diventare l'unica nel tuo genere? La migliore? » Disse, sappiamo entrambi che la parte interessante sta per arrivare. Mantengo un'aria distaccata, per non farmi vedere troppo coinvolta. Per mantenere la superiorità di giocare pur sempre in casa. Per ricordarle che, senza la mia benedizione, non potrà mai più uscire da questa casa; non viva, almeno. Al massimo in un sacco nero da immondizia. « ...e se ti dicessi di una crociata contro Doctor? »
Respiro profondamente. « Questo cambia tutto. Vattene sulle tue gambe, e fallo in fretta. Ho bisogno di restare da sola. »
Dico, lentamente, cercando di regolare i battiti impazziti del cuore. So che Ashardon non mi disturberà mentre medito. Per la prima volta da tanto tempo, sento di aver bisogno di dormire.
Di farmi guidare dai miei sogni più sfrenati,
dai miei incubi peggiori.

~

Il giorno riposiamo, nascosti, e la notte avanziamo. Non ci sono particolari ragioni, se non quella per cui non voglio dovermi fermare ogni quarto d'ora perché qualcuno, spaventato dal drago, ci ha mandato addosso guardie e soldati. Procediamo in silenzio, ognuno assorto dai propri pensieri, incompatibile all'altro. Per tutto il tempo, non faccio che pensare a lui. Doctor. Il numero uno, il terrore di molti e condottiero di altrettanti. C'è una strana ironia nel fatto che questa missione sia arrivata proprio alle mie orecchie. Penso che, in qualche modo, potrei definirmi sua discepola. Sua erede. E' per questo che devo prender parte alla sua disfatta: non ci può essere testamento senza morte. Solo così potrò rubarne i segreti. Non sono nata per essere una numero due. Mai stata, mai lo sarò. Prima o poi tutti i miei avversari cadono, muoiono o spariscono. E resto solo io. E un altro pezzetto della mia anima se ne va.

Nello stesso momento in cui le mie strade e quelle di Doctor si sono incrociate, penso, sul libro della sua vita si è affacciata la parola fine. E' la mia maledizione, è il mio talento. Ashardon sbatte pigramente le ali nel paesaggio montuoso. Le stelle brillano forti. La Luna è come attaccata al cielo con uno sputo. Tutto è come dovrebbe essere, niente preannuncia che ci sarà una guerra. Contro il dottore. Che follia, chi è il pazzo che crede davvero di poter riuscire in una simile impresa? Beh, a parte me.
E mentre continuo ad avanzare, i cavi che mi pendono dalla testa ondeggiano e sbattono tra loro in tintinnii metallici. La Luna continua a fregarsene di noi sporchi umani, delle nostre imprese. Anche di quelle più grandiose. Emetto un leggero respiro di sollievo. In lontananza, dopo giorni di viaggio, riesco a scorgere il Trono del Titano che si staglia all'orizzonte.
« Ehi, Ash, siamo arrivati. » Gli dico, giusto per fare un po' di conversazione. Nessuna risposta. C'era da aspettarselo.

Le stelle muoiono e la Luna si allontana nel cielo mentre fanno capolino le prime luci dell'alba. Non mi do pena di nascondere Ashardon o di dirgli di volare alto nel cielo, nessuno in quell'ammasso di casupole può disturbarci. Dubito persino che possiedano una qualsiasi arma. Volendo, potrei spazzarli via con un solo gesto. Con la stessa noncuranza delle stelle. Sputo a terra.
« Lily, non è vero? » Chiede una voce femminile alle mie spalle. Mi volto, e mi ritrovo una lettera in mano. Senza darmi il tempo di rispondere la figura aggrazziata volge le spalle e, così come è apparsa, sparisce. Ne deduco sia quella Madame Rochelle di cui parlava la sua ambasciatrice. Arriccio il naso, e cerco una stanza per passare la giornata, leggere in pace la missiva e nascondermi. Mi volto verso Ashardon, ma è già sparito. Ah, tutti così gli uomini. I draghi non fanno eccezione.

Il mattino seguente, come indicato dal dispaccio del tale Kreisler che ha indetto questa missione suicida, mi presento al punto contrassegnato vicino alla parete rocciosa della montagna. Dietro di me sento un battito d'ali, non ho bisogno di voltarmi per capire che il mio drago da compagnia è appena tornato dalla sua scorribanda. Insieme a me sono presenti altre persone, riunite per il mio stesso motivo. Nessuno sembra aver voglia di parlare, neanche io lo faccio. Mi stringo in un mantello per nascondere le mie forme e per proteggermi dal freddo. Per essere una guerra, i preparativi sembrano molto scarsi. Dannata me. Quando imparerò a ricacciare indietro la curiosità e a non farmi coinvolgere in certe imprese?
Sospiro, lasciando fuggire una nuvoletta di vapore.
Da morta, probabilmente.


2iw7jip
Energia ~ Verde.
CS ~ 2xdestrezza.
Condizioni Lily ~ Perfette.
Condizioni Ashardon ~ Perfette.
Energie ~ 100%
- - -
Ashardon
Drago alto quattro metri e con un'apertura alare di sei, con fauci, artigli e scaglie usabile in combattimento e capace di utilizzare abilità e pergamene. {Razziale Elfi}{Passiva}
Scaglie di Drago
Pelle rinforzata che può proteggere da colpi fisici o rallentarli. {Arma}
La Zanna
Wakizashi indistruttibile che non può essere tolta dalle mani di Lily da colpi estranei o circostanze accidentali. {Arma}{Passiva Incantaspade I-II}
- - -
Buona quest a tutti! :**
 
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view post Posted on 18/2/2013, 19:38
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Ad Agio Nel Disagio
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Quanto tempo aveva atteso. Quante notti insonni, chino sui manoscritti di biblioteche dimenticate, immerso in testi antichi più dell'Eden stesso, quante volte aveva sperato, atteso, quante si era illuso. Da quel viaggio fatale, da quell'incontro fatale, la figura mostruosa di quell'essere aveva sovrastato la sua esistenza, ombra rapace in attesa.
Cosa cercava? Neppure lui l'aveva capito. Era una ricerca compulsiva, un attrazione morbosa per il potere scorto fugacemente in quei pochi minuti; minuti che avevano cambiato la sua vita, in un modo o nell'altro. Ogni parola, ogni movimento del Dottore e di Kreisler erano incisi nella sua mente. Lithien, si, Lithien era il punto nevralgico di quella grande ricerca, era la chiave per arrivare all'ambito premio ma non era lei l'ultima tappa. Era un pretesto, un indizio, un ricordo che non gli apparteneva, che non comprendeva e che non desiderava comprender più di tanto - poichè attraverso essa, in essa, avrebbe raggiunto ciò che agognava.
Rincontrare Doc, comprendere cos'aveva da offrire, quali piani aveva per i membri della compagnia di Gefahrdorf. Abbatterlo, osservarne la caduta, predare dal suo rifugio i segreti che l'avevan incantato nella loro grottesca potenza come i corvi che tanto amava svisceravano le carogne per trarne nutrimento. O forse avvicinarsi a quel mostruoso genio, a quell'aberrazione, e carpire pian piano ciò che quell'essere aveva scoperto in decenni di abominevoli esperimenti.
In ogni caso, si ripeteva, ne sarebbe uscito vincitore.
Era uscito dall'oblio della Somnus Nemoris, aveva perso un obbiettivo, ne aveva scoperto un altro. Si era ricomposto, ricreato, rimodellato. La sua mente - i suoi ricordi - erano differenti, ma Doc svettava su tutti ed ancora lo ossessionava, lo chiamava dalle alture più irraggiungibili, dai crepacci più profondi. Ogni traccia pareva condurlo nel vuoto, ogni ricerca era stroncata e nulla, fino a quel momento, aveva fornito al giocattolaio qualcosa con cui sfamare la sua sete di conoscenza. Il cerchio attorno al mostruoso dottore si restringeva, certo, ma era impossibile per l'avventuriero rintracciare l'oggetto della sua ricerca nell'infinità dell'Eden.
Ed infine lo seppe.
Accadde per caso, nelle strade di una delle tante città di cui ci si dimentica presto il nome, il colore dei palazzi, l'odore delle vie, crocevia di commercio ma troppo piccola per crescere, adagiata sulle rive di un corso d'acqua ma troppo povera per sbocciare. Rallentò il passo pian piano, scostandosi dalla calca, per ascoltare i sussurri dei mendicanti - occhi e orecchie delle città dimenticati dalla gente. Seppe di un guerriero accompagnato da una viverna, seppe di Doc, del Trono del Titano e della crociata che il guerriero voleva condurre contro l'orrido essere. Si arrischiò, fremente, ad interrogare i mendicanti, ed al costo di qualche sonante moneta ebbe tra le mani finalmente un nome, un luogo, una traccia concreta verso Doc.

_____________ Pendici del Trono del Titano, Locanda_____


La sottile crepa bianchiccia svettava, sorniona, su quella superficie assurda. Lazarus si chiese, per un istante, quanto di vivente vi fosse in quel centimetro di pelle. Con malcelato disgusto, in nome di una qualche sorta di gusto per il grottesco e il decadente, l'uomo lasciò che la sua mente si affacciasse ancora un istante sul baratro della follia, rischiando di ritrarsi con un brivido di ribrezzo impossibilitato a mantenere oltre lo sguardo su quell'abominio.
«Desidera?»
Dischiuse le labbra per rispondere, sollevando il mento dalle dita intrecciate a mo' di appoggio, ma la voce gli morì in gola. Doveva staccare gli occhi da quell'orrenda ruga. Subito. Davanti a lui v'era pur sempre una signora - probabilmente.
Madame Rochelle arricciò appena le labbra, probabilmente in soggezione. Quell'ammasso di case doveva averne viste di tutti i colori - pensò, chiudendo gli occhi per un istante - e per il continente scorrazzava ogni genere di creatura, umana e non. Espulse quel grumo di inutilità dalla sua mente, ricomponendosi. Il viaggio lo aveva stancato e la locandiera non lo metteva esattamente a suo agio.
«Gentilissima» sussurrò, con un sorriso tirato ed un lieve cenno del capo.
«Sarei davvero lusingato di potermi riposare nella sua deliziosa locanda, madame» continuò, mentre la stizza della donna pareva scomparire da dietro lo spesso cerone
«ma purtroppo per me la meta che mi sono imposto è un altra, e una sosta troppo lunga potrebbe annichilire ogni possibilità di perseguire lo scopo che da tanto tempo inseguo. E lei - signora - è senza dubbio in grado di indicarmi la via da seguire.»
La proprietaria della taverna, fattasi man mano più solare grazie al suono di quelle parole, si congelò. Gettata in parte la sua maschera di cerone e disponibilità sospirò debolmente.
«Anche lei insegue il dottore?»
Un lampo fugace negli occhi del giocattolaio fu risposta ben più esplicita di qualsiasi parola. Recuperati i suoi modi affettati Madame Rochelle si congedò in un complesso gesto, chiedendo all'uomo di attendere.
Poco tempo passò prima che la donna tornasse, gonfia nel suo abito barocco. Con se portava un plico sigillato che porse a Lazarus, liberandosi infine anche di quel peso.
«Sono passate ormai due settimane, signore, ma ha ancora tempo. Se vuole posso servirle qualcosa, mentre consulta le carte lasciatele»
Rapito da quel piccolo, prezioso scrigno l'uomo annuì, prendendo in consegna l'involto dalle mani della donna che si allontanava, impettita, dirigendosi verso il bancone. Squarciato delicatamente l'involucro, rimirato il sigillo impresso sulla carta come fosse un gioiello inestimabile, Lazarus s'immerse nella lettura della missiva, aprendo sul tavolo che aveva occupato la cartina trovata nel pacco.
Li aveva trovati.

_____ Pendici del Trono del Titano, Punto di Ritrovo_____________



La prima cosa che il viaggiatore scorse, ammantato nei suoi stracci che lo proteggevano appena dal vento montano, è l'enorme rettile. Impossibile non notare quella figura ed impossibile, per il giocattolaio, pensare ad altro essere se non la viverna di Kreisler, che già sulla strada per Gefahrdorf li aveva accolti imponente. Continuò a camminare, il passo troppo affrettato per il suo fisico asciutto - già da diversi minuti le gambe gli dolevano, bruciavano mentre l'acido lattico entrava in circolo; è in ritardo. Tremendamente in ritardo. E' sempre in ritardo.
Ma grazie al cielo, il gruppo è ancora la.
Scorgeva ora le tre figure, e inavvertitamente sorrise. Sarebbe stata una crociata interessante: più avanzava più ne era convinto, v'eran due donne nella compagnia.
E un drago, certo.
Raggiunse i tre respirando profondamente - tenendosi a debita distanza dalle fauci del mostro - tentando di non apparire troppo affaticato da quella che era stata in definitiva una corsa dalla locanda a li, tentando di colmare il ritardo mostruoso che aveva accumulato. Kreisler non pareva esser ancora arrivato - anzi, essersi mostrato, date le capacità che l'uomo aveva potuto ammirare nel precedente viaggio - e dunque il giocattolaio aveva qualche minuto per riprender fiato, distendere i muscoli e, avviluppato nel suo pastrano, godersi l'inizio di un viaggio tanto importante per il destino del Dottore quanto per il suo. Avrebbe combattuto contro la nemesi di Lithien, certo, ma al Corvo avrebbe strappato le ali e le avrebbe fatte sue.




Infinite, infinite scuse per il ritardo. Solotachipirina. In questi giorni sono certo che sarà passato tutto, e non sgarrerò più di un istante.
Scusate se per ora ho ignorato passive e schema ma sto crollando. GDRisticamente ho una difesa psionica passiva. Scusate ancora per il ritardo e buona quest a tutti.
 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 23/2/2013, 19:27






Arrivarono, uno dopo l'altro.
Facce nuove, facce già note. Ognuno un ideale negli occhi e poco cibo nella bisacca. Li guardò uno per uno, lo sguardo indecifrabile di un uomo non fatto per comandare e che tuttavia deve, e deve farlo da condottiero. Da eroe.
Quattro figure spiccavano sugli altri, una massa di mentecatti e cercatori di gloria armati più di buone speranze che d'acciaio. Gente che non aveva niente da perdere. Gli occhi dello Straniero indugiarono sulle figure coperte da armature complete, sul drago che una di loro aveva addomesticato, e sull'allampanata silhouette del Giocattolaio fasciato nel suo mantello.
Sei dunque tornato, Lazarus. Ma per voglia di annientare una nemesi o curiosità per una persona a te quasi affine?
Decise di non parlargli, non ancora. Ogni passo falso poteva portare al disperdersi di quell'armata improvvisata, ed egli non sapeva se rivolgersi a uno fra i tanti potesse destare malcontento negli altri, quasi che avesse già espresso una preferenza.
Nacht si mosse nel suo anfratto buio all'ombra dell'alto costone roccioso, il Cavaliere sulla sua groppa si chinò su di lei, ancora invisibile. Aveva scelto per l'incontro una radura da un altro lato del Trono, in modo che il loro agire fosse indisturbato fino all'ultimo momento.

Sii la lama silenziosa della notte che uccide il giorno, usava ripetersi come un mantra: Esule, scacciato due volte dalle terre in cui viveva, Kreisler aveva imparato che non erano scena e teatralità ciò da cui dipendeva il buon esito della missione.

E premette i talloni sui fianchi della Viverna, che si staccò dalla roccia con un battito d'ali goffo quanto potente.
Lo videro atterrare davanti a loro senza emettere un suono, alzare la lancia dalla lama bianca e nera. E avrebbero saputo immediatamente che avevano di fronte l'Araldo del Nulla, Pantera dell'Eden, Lord della decaduta Lithien.

- Signori, se oggi siete qui senza che si sia parlato di ricompense vuol dire che avete a cuore le sorti dell'Eden. -

Non alzò la voce: il brusio era cessato nel momento in cui era apparso, crescendo in una serie di sussulti e sparendo del tutto.
Fece correre lo sguardo sul gruppo. Quanti potevano essere, una quarantina? Pochi, troppo pochi. Nemmeno in una regione oppressa da potenze oscure nessuno faceva niente per la semplice gloria. Eppure Kreisler aveva fatto apposta a non menzionare alcun compenso, perché sapeva che in questo modo chiunque fosse giunto non gli avrebbe voltato le spalle per un'offerta migliore. Erano persone che credevano in un obiettivo ciò che cercava, non manodopera prezzolata. E un forcone, una piccozza delle loro sarebbe valsa per dieci lame mercenarie, perché temprata nella fede e nella speranza.

- Oggi combattiamo un nemico che ha infestato le nostre... le vostre terre per lungo tempo. Un nemico che si vanta di poter stravolgere le sorti della natura e il suo fluire. -

Per lungo tempo, aveva detto. Non sapeva nemmeno da quanto davvero; forse non gli interessava. Kreisler voleva Doctor per avvicinarsi ancora a Lithien, che l'Eden potesse beneficiarne era questione marginale. Ma questo non poteva rivelarlo.

- E io vi domando: ha bisogno la natura di migliorare se produce persone coraggiose come voi? Persone che scelgono di fare giustizia solo perché credono che sia giusto così? -

I no arrivarono prima timidi e sparuti, poi in un coro sempre più forte, finché l'improvvisato capitano non dovette alzare una mano per interromperlo.

- Scaleremo il Trono del Titano; chi ha facoltà di volare la userà: il nostro sarà un attacco frontale per stanare il Dottore dal suo nido di roccia. Ma appena sarà uscito, chiunque non si senta in animo di opporlo apertamente dovrà ritirarsi, o occuparsi dei suoi corvi.
Mi servite meglio vivi, per sferrare il colpo di grazia quando l'avrò indebolito abbastanza.
-

Ignorò gli sguardi preoccupati che la gente si scambiava, e additò un punto poco distante dalla radura.

- Lì troverete corde e rampini e chiodi con cui ferrare i vostri stivali per non scivolare dalla roccia. Preparatevi signori, e riposate bene stanotte.
Perché l'alba di domani splenderà rossa come il sangue nei cieli dell'Erydlyss!
-

Solo nell'ultima frase aveva alzato leggermente la voce. Era una stretta al cuore pronunciare parole a cui non credeva; quasi riusciva a vedersi dall'esterno e a ridere di sé stesso. Ma allo stesso tempo... cos'era quella sensazione che cresceva in lui? Il battito del suo cuore accelerava mentre vedeva gli uomini tumultuare di fronte a lui, spronati dalle sue stesse parole. Quasi se ne convinceva perfino lui.
Ma - no, non poteva lasciarsi andare all'emozione. Da lui dipendevano decine di vite ora, e un rrore dovuto all'istinto le avrebbe condannate senza pietà. La sua voce tremò impercettibilmente mentre la sua ultima frase veniva sommersa da un urlo che non riuscì a zittire.

- Vinceremo... -



littleqmpointwinterreisInsieme a voi si raduna una folla di desperados che non hanno nulla da perdere e tutto da guadagnare da un attacco vortualmente suicida come quello a cui vi state apprestando con Kreisler. Egli compare dalle ombre (nelle quali ha una passiva di invisibilità) e arringa il gruppo. Ovviamente le reazioni sono riferite ai miei png, non ai vostri personaggi che sono liberi di reagire come vogliono.
L'obiettivo di questo post è semplice (a dirsi xD): ognuno di voi si troverà in un gruppo di circa dieci reclute (contateli come bianche di pericolosità G, si vede lontano un miglio che non hanno dimestichezza con il combattimento) e potrà assumerne il controllo come se fossero compagni animali utilizzabili in combattimento. Come tecniche attingeranno ai vostri slot e potranno usare offensive fisiche di Bassa e Media entità al massimo. Dovrete organizzarvi per elaborare una strategia di attacco che possa stanare Doctor cercando di scalare qualche centinaio di metri di parete rocciosa quasi a picco sul terreno, e in questo vi lascio totale libertà sul come e quando. Come già detto da Kreisler, chi non può volare può servirsi dei rampini. Lo Straniero non parteciperà al primo assalto ma rimarrà nell'ombra ad aspettare che Doctor esca allo scoperto per poterlo trascinare in un combattimento aereo in cui possa avvalersi anche della Viverna. Utilizzate pure il thread in confronto per organizzarvi. Dalle vostre azioni che mi spiegherete qui potranno corrispondere delle reazioni o delle conseguenze che vi scriverò qui; quando metterò uno STOP a questo botta e risposta avrete abbastanza materiale per stilare il vostro post.
Avete una settimana per postare, ma se riusciste a far tutto entro cinque giorni mi fareste un grande favore, dato che dal giovedì alla domenica ho un po' più di tempo per scrivere. Buon lavoro! ^^
 
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view post Posted on 3/3/2013, 12:16
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– E l'inferno è certo.
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WINTERREISE ~ Die Krähe
strategia di guerra

Un battito d'ali fa tacere d'improvviso la folla.
Da una spaccatura nella roccia esce una viverna, cavalcata da un uomo. Sento Ashardon ruggire in direzione del suo nemico naturale, fino a quando non gli impongo di quietarsi con un gesto della mano.
Il mandante di questa missione atterra, la lancia in mano, si deve sentire un condottiero. Ascolto le sue parole che scaldano gli animi dei poveracci che ci seguono, suscitando in loro cori e grida di odio verso il nemico comune.
Scrollo la testa lentamente, non sono qui per la paga misera. Non sono qui per liberare territori che non mi appartengono, non sono qui per un'idea malriposta di giustizia. Tutte queste cose, per me, non sono che vuote.
Doctor e i suoi poteri, i suoi segreti. Ecco il perché.
« Ashardon, so quanto ti dispiaccia, ma dovrai portarmi in groppa. » Dico, ricevendo in risposta un silenzio di sdegno.

Chi coi rampini, chi volando, siamo tutti arrivati in cima al monte. La giornata è passata nei preparativi per la battaglia e nella costruzione di un accampamento improvvisato. E' ormai morto il sole, e noi, gli unici veri guerrieri, ci siamo ritrovati a fare da comandanti a piccoli gruppi di miserabili. Attorno a un fuoco, a consumare la misera cena, più per scaldarci che per fame.
« Signori, penso di aver avuto un piano. » Dico, richiamando l'attenzione degli altri presenti, alzando la testa dalla ciotola e posandola ai miei piedi.
« Penso di essere quella che possa entrare più in contatto con il Dottore, in fondo siamo, come dire, colleghi. Un attacco frontale porterebbe a poco o a niente. » Intreccio le mani, passando lo sguardo indagatore dagli occhi di uno a quelli dell'altro.
« Quello che sto per proporvi ci costerà uomini, e forse la mia vita. Ma non vedo altre soluzioni. Quando tutto l'accampamento starà dormendo - o farà finta di farlo - mi porterò dietro il mio gruppetto nella grotta, convincendoli di essere in perlustrazione. Una volta dentro appena Doctor o uno dei suoi scagnozzi si farà vedere proporrò lo scambio. Offrirò le mie truppe come pegno di fedeltà, rivelando la nostra posizione e che il momento è propizio per colpire. Il tutto per poter diventare sua allieva, mi inventerò qualcosa. Voi vi terrete pronti per il loro arrivo. Io a quel punto sarò dentro e non potrò aiutarvi. Non riesco ad immaginare oltre a questo punto. Altre idee? » Chiedo, scura in volto. E' una missione disperata, di quelle da novantanove virgola nove percento di possibilità di fallire, tutti i piani che possiamo proporre non possono che migliorare, di ben poco, però, questa percentuale.

« Te la sentiresti di compiere un simile sacrificio, pur sapendo di poter rimetterci la vita? » A rispondere per prima è l'altra donna del gruppo, il tono di voce non nasconde una certa perplessità. Non posso biasimarla.
« Sono nata per morire. Me la caverò. Voi sgominate il più velocemente possibile gli scagnozzi che, se riesco ad entrare nella mente di Doctor, vi manderà addosso. Poi, proprio quando penserà di essersi liberati di voi a buon mercato, attaccate. Avere già me dentro il nido del nemico non potrà che farci bene. » Piego la bocca in una leggera smorfia, non ha mai pensato di potermela cavare a buon mercato, ma il gioco vale la candela. O almeno lo spero.
Scrolla le spalle, e si rivogle agli altri uomini attorno al fuoco cosa ne pensano. Non credo di averla convinta appieno, ma non vedo alternative.

« Penso » risponde l'uomo nascosto sotto al suo cappuccio, « che se degli uomini dovessero morire in quel modo, dovrebbero saperlo prima ancora di partire. Questa gente è venuta a combattere, come ognuno dei presenti … » Dice, guardandomi negli occhi. Poi sospira e riprende, « … non ad offrirsi come merce di scambio. »
Lo guardo alzarsi in piedi e cercare qualcosa, fino a quando non richiama l'attenzione di un uomo. Quando riporta gli occhi a me, il mio sguardo è un fulmine, come se potessi uccidere semplicemente guardandolo.
« Cerca dei volontari, se sei convinta, ma dì loro la verità. Dì loro che dovranno sacrificarsi senza combattere, di certo qualcuno troverai. » Pensa di potermi intimorire con le sue parole, un leggero ghigno si dipinge sul mio volto. « Prima, però, vorrei sapere una cosa: quanto sei convincente, come attrice? Quanta fiducia credi di poter strappare a Doctor, che sino ad ora ti ha vista nelle nostre schiere? »

« E tu cosa credi di essere, l'eroe tenebroso? » Dico, con una punta di acredine nelle mie parole.
« Siamo contro un essere che ha ucciso e ucciderà chissà quanti umani, e ti preoccupi della vita di quattro pezzenti senza nulla da perdere? Siamo in guerra, bello, un giorno imparerai che dovrai venderti ai compromessi, ma per ora lascia che mi faccia carico io di questo peso - a meno che tu non abbia un piano migliore. » Mi alzo, volgendo le spalle al gruppo. Per quanto mi riguarda non ci sono altre soluzioni, e non metterò a rischio l'esito della missione per moti di bontà fuori luogo.
« Sono morti nello stesso momento in cui hanno deciso di imbarcarsi in questa missione. E non posso permettermi di portare con me gente che può farsi sfuggire dettagli cruciali se torturata, cosa che potrebbe benissimo succedere. Vale per loro, vale per noi, non siamo a un fottuto pic-nic. » Dico, volgendo per un'ultima volta il viso verso il fuoco e alle figure attorno ad esso.
« Lascia che sia io a farti una domanda- » Dico, lasciando intendere di essere un'attrice piuttosto brava, semplicemente perché non mentirò. Non più di tanto, insomma.
« -pensi di avere quello che ci vuole per fermarmi se non faccio quello che vuoi? » Chiedo, e senza aspettare mi volto nuovamente, verso l'accampamento e verso una delle grotte da cui si può accedere al rifugio di Doctor. Verso il piccolo gruppo di uomini affidato alle mie mani sporche.
« Ashardon, andiamo. » Il drago si alza dal fuoco, allunga gli enormi arti, come a stiracchiarsi, poi rivolge un ruggito soffuso al cielo. Le faccende umane non gli interessano. Per me, è iniziato il tempo dell'azione.
« Uomini, in ricognizione. » Richiamo ad alta voce i miei soldati, non ho alcuna intenzione di dire loro la verità. Moriranno pensando di fare la cosa giusta, ed è tutto ciò che posso concedergli.

Lato nord della montagna. Una processione funebre di uomini con fiaccole, la tensione e la paura sono palpabili. Faccio segno di fare silenzio a tutti, compreso al drago. La grotta è grande e buia, non sembrano esserci segni di vita. Muovo la torcia qua e là, ad illuminare ogni angolo. Poi metto piede dentro di essa, invitando gli altri a seguirmi. Una decina di passi, poi mi fermo.
« DOCTOR. » Urlo, causando un moto di panico nei guerrieri improvvisati che mi seguono. Avevo parlato loro di una rapida esplorazione della caverna e poi di ritornare indietro, questo scenario è totalmente nuovo, per loro. Tentano di scappare, ma Ashardon, dietro di me, apre le ali in tutta la loro lunghezza e impedisce loro la fuga. Come topi in trappola. Sarà che anche il mio cuore è artificiale, ma non mi sento minimamente in colpa.
« Sono qui per un accordo. »


2iw7jip
Energia ~ Verde.
CS ~ 2xdestrezza.
Condizioni Lily ~ Perfette.
Condizioni Ashardon ~ Perfette.
Energie ~ 100%
- - -
Ashardon
Drago alto quattro metri e con un'apertura alare di sei, con fauci, artigli e scaglie usabile in combattimento e capace di utilizzare abilità e pergamene. {Razziale Elfi}{Passiva}
Scaglie di Drago
Pelle rinforzata che può proteggere da colpi fisici o rallentarli. {Arma}
La Zanna
Wakizashi indistruttibile che non può essere tolta dalle mani di Lily da colpi estranei o circostanze accidentali. {Arma}{Passiva Incantaspade I-II}
- - -
Spero vada tutto bene. :*
 
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view post Posted on 3/3/2013, 22:58
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● ● ●




« Sotto la luce delle stelle, è come se lo vedessi.
Cammineremo sotto la luce delle stelle, sull'erba grigia della steppa, e staremo tornando a casa.
È come se lo vedessi, amico mio: varcheremo ancora una volta la porta azzurra dei giardini di Kullaba, e marceremo sulla via principale, di notte, sino alla reggia del Lugal, proprio come facemmo quella volta, ti ricordi, quella sera dopo la battaglia. Saremo come déi.
Non moriremo domani, Enlil, non domani. »
« Sai, ho sentito che alcune tribù a nord appoggeranno An. Si fa chiamare Adonai, laggiù, gli sacrificano animali, si fidano di lui. Non ci temeranno. »
« Ci hanno sempre temuti, sempre. »
« Prepara il tuo carro, Adad. Se non dovessimo farcela, domani, dovrai tornare alla Torre e distruggere tutto. »
« Ad Inanna non piacerà, è tanto affezionata agli uomini. »
« Etemenanki ha causato troppi danni, siamo stati stupidi, ora dobbiamo rimediare. »
« Sarà fatto, Ba'hal Enlil. »
« Non c'è bisogno di queste formalità, vecchio mio. Forza, ci sono due boccali di birra che ci aspettano. »
« Torneremo a casa, prima o poi. »




Assur giaceva supino accanto al fuoco, con le mani incrociate dietro la nuca e lo sguardo perduto nel cielo dell'Eden, così diverso da quello della steppa grigia, così scuro, trapunto di stelle.
Accavallò le gambe, sospirando. La riunione ristretta si era da poco conclusa, tra dubbi e scommesse, ed ognuno dei partecipanti se n'era andato per la propria strada, alcuni verso un giaciglio e qualche ora di sonno ed altri, i meno fortunati, verso la tana del nemico, il nido dei corvi.
Dormi, si disse il pellegrino. Chiudi gli occhi e riposa, ripeteva quella voce invisibile, perché non c'è pericolo dal passato. Sono solamente ricordi, alla vigilia di un'altra battaglia.
Chiamami Erindring, la memoria del mondo.
Il guerriero allungò un braccio, sfiorando con le dita la sagoma luccicante della costellazione a cui era più affezionato. « Torneremo a casa, prima o poi » mormorò tra sé, nell'eco di una memoria lontana. « Non moriremo domani. »
Riscaldandosi le ossa nel tepore della brace poco distante, mentre s'arrendeva al richiamo della notte, Assur lasciò le sue palpebre accostarsi.
In quello specchietto ovale sul muro, accanto alla scrivania, ancora galleggiava il riflesso distorto di una candela nera che andava spegnendosi. Il corvo sedeva sul busto di Pallade, proprio sopra la porta della stanza, solitario. Diceva quella sola parola, come se in quel suono l'intera sua anima fosse infusa. Nevermore, mai più.
Mai più potrai salutare un tramonto con le vocali dolci della lingua di Shumer, seduto sulla collina del tempio. Mai più i tuoi piedi baceranno la terra bagnata delle pianure, mai più i tuoi occhi incontreranno quelli di un leone dei Kur, ormai scomparsi.
Mai più la tua mano carezzerà il volto di lei, più lontana dell'oceano e delle stelle.
Non moriremo. Mai più.

Rumore di passi, stivali metallici sulla roccia, respiri leggeri, palpebre che si schiudono.
« Eroe Tenebroso… » dice qualcuno, avvicinandosi. Non dormiremo, stanotte.
« Sei davvero convinto che qualcuno di questi uomini avrebbe più opportunità di sopravvivere che non offrendosi come carne da macello con quella strana donna? » continuò la voce, mentre Assur tornava seduto.
« Forse qualcuna, o magari no » rispose lui, mettendo a fuoco la figura del suo interlocutore. Era alla riunione, prima. Era quella donna che usciva dalla locanda. Non ricordava come si chiamasse. « So solo che non mi piacerebbe se qualcun altro usasse la mia vita come merce di scambio, senza informarmi » continuò il pellegrino, « ad un uomo che combatte una battaglia come questa, la dignità è una delle poche cose che restano. »
Si alzò in piedi, come per continuare il discorso, ma tace.
La donna rispose, « Ti preoccupi molto della vita altrui, eppure loro sono qua, consapevoli di essersi consegnati a morte certa. Cosa porta un “eroe” a sacrificarsi per il bene altrui? »
« Non mi preoccupa la loro vita, e non credo mi sacrificherei per loro » replica secco, scuotendo via la polvere dal mantello. « Per quanto insignificanti possano essere, costoro sono sempre uomini, almeno sino a domani » sospira, « forse difendendo la loro dignità voglio solo affermare la mia » disse lui, ridacchiando nostalgico, « o almeno è così che l'avrebbe spiegato un mio vecchio amico.» Chiamami Erindring, della rimembranza.
La donna, stretta nella sua armatura e nel suo mantello, lo guardava negli occhi. Il suo sguardo si posò dunque sul fuoco, là accanto. « Non mi fido di quella donna, » confessò, « la sua vita è in serio pericolo, o è molto stupida o c'è qualcosa dietro.»
« Una cosa non esclude l'altra » rispose Assur, senza nascondere la propria mancanza di fiducia nella scienziata. « Che il suo piano funzioni o fallisca, noi dobbiamo stare pronti » dice lui, « e fare in modo che, se dovesse provarci, non riesca a venderci al nemico. » Il pellegrino studiò il volto della combattente, assicurandosi che avesse capito.
La donna annuisce; « Di sicuro. Ciò che ho potuto vedere oggi mi preoccupa maggiormente dell'idea di un tradimento. Questi uomini sono armati unicamente di buone intenzioni. »
« La Flotta ha perso gran parte della sua forza, dai tempi della Guerra, ma cinque dei nostri uomini non valgono un solo aviano.» Assur si portò una mano alla fronte, mentre tornavana, nella finzione dell'incubo, al ricordo di quei giorni soffocati in una biblioteca fantasma. Pensò al volto di quella creatura innocente, anche lei senza sonno, spezzata nella propria debolezza mentre, in sogno, cercava di parlare ad un'altra anima perduta. Neanche dieci, di questi disperati, potrebbero abbattere un aviano come quello. « A noi, comunque, ne interessa uno soltanto.»
Chiamami Memoria, mio sfuggente ed amato sussulto. Sei fredda e scura come il cielo, stanotte.
« La mia preoccupazione, invece, viene da tutt'altra direzione » le confessò il viaggiatore nella nebbia dell'insonnia, mentre la sua testa ruotava ed i suoi occhi puntarono dritti su una tenda in lontananza, più grande ed isolata delle altre, dove presumeva stesse dormendo Kreisler, il loro comandante. Forse era solo un sogno, un miraggio.
Lei disse qualcosa come: « io non so niente di questa guerra. Non ne conosco i personaggi, le vicende… »
« Le guerre, per quanto lontane tra loro, sono tutte simili » sussurrò Assur, quasi recitando dei versi imparati a memoria. Non era vero; ogni guerra, per quanto distante, è esattamente la stessa guerra.
Egli alzò lo sguardo, che dalla tenda lontana scivolò sul cielo soprastante, perdendosi poi nella sfocata visione dell'abisso siderale. Mai più, avrebbe ripetuto il corvo sulla porta, in un incubo.
Eppure noi torneremo, torneremo a casa camminando tra l'erba grigia della steppa, alta ed incolta, che danza nella musica della fresca brezza notturna, ascoltando il frusciare del Fiume in lontananza.
Erindring credette di parlare, e forse disse, riferendosi alle guerre, che « sono tentativi di affermare la propria vita attraverso la morte altrui, al di là di ogni politica. »
C'era tristezza, nella sua voce. Non era più nervoso per la battaglia, non era più eccitato, era solo malinconico, stanco, lontano. Continuò dicendo: « un mio amico era solito dire, prima di una battaglia, che gli unici guerrieri in campo sarebbero stati la Vita e la Morte, e così ogni volta. » Assur guardava nel vuoto senza pensare al futuro, senza comporre pensieri, mentre, ancora una volta, le fiamme tornarono a torturare il suo spirito.
Forse stava bruciando davvero.
« Ho sempre trovato quella metafora piuttosto banale, ma non escludo che possa contenere una qualche verità » concluse lui, mentendo per metà.
Il cavaliere lo guardava; « quell'uomo aveva ragione, dopo tutto. La vita e la morte sono tutto quello che gli uomini hanno da offrire. » La sua voce era strana, distaccata, come se stesse parlando di una cosa che, infondo, non poteva riguardarla.
Il pellegrino sorrise ancora; « credo che gli saresti piaciuta. Il vecchio Ashmedai –ad Uruk lo chiamavano Ishkur, mi sembra– era proprio il tipo da “Dio vendicativo”» sotto la luce delle stelle, Adad, è come se lo vedessi; « avrei voluto salutarlo un'ultima volta... »
Improvvisamente Assur torna a guardare la donna negli occhi, come scavando nel suo spirito, nella sua memoria. Le dice: « La verità è che la Morte non esiste. C'è solo Vita, ogni cosa, solamente Vita... » il fuoco sta carbonizzando la sua anima immortale, avvolge i suoi vestiti come un fantasma, danza coi suoi sogni sul metallo liscio dell'armatura antica « ...al di fuori del Niente. »
Al di fuori del Niente, ripete il pensiero.
Disse il Corvo, 'Nevermore'.
Lo sguardo del pellegrino è nuovamente sulla tenda del comandante, il cavaliere della viverna, nascosto nella notte che muore. Si era come rovesciato il vento, al suono di “niente”.
Solamente nell'angoscia, ricordò di aver letto, solamente nell'angoscia la totalità dell'Essere potrebbe suggerici il Niente, quella parola antica, maledetta, che sul fondo del proprio abisso naviga perpetua gridando il proprio nome ai venti di tempesta.
« Strano » replicò allora quella ragazza ancora senza nome, « io ho incontrato molta Morte, nel mio cammino. Per tutta la Vita che sfioravo, c'era altrettanta Morte a reclamarla. È come un segugio attento... bisogna fare attenzione a non vacillare, neanche per pochi istanti. »
Io vacillo, in questa apparenza d'Esserci, dapprima che nella mia carne scorresse sangue.
« Cosa credi che sia, la Morte? » chiede a quel punto, con tono vibrante, colui che un tempo avrebbe risposto al nome di Enlil, e poi di Enmer'kar, grande cacciatore, e che ricordava ogni guado del Nahar ed ogni bacio abbandonato sulla sabbia dalle vedove di Bab'El, in un altro mondo.
Ella risponde senza indugio, immune dal dubbio: « Il capriccio di un Dio che necessita di ampliare le proprie schiere di seguaci.»
« Per favore, ripetimi il tuo nome. » Devo averlo dimenticato, valchiria d'acciaio.
« Samael.»
« Può darsi tu abbia ragione, Samael. Io sono convinto, tuttavia, che nessun dio possa avere potere su qualcosa di così particolare come sembra essere la Morte.» Pausa. « Vediamo sempre un inizio ed una fine, un punto insuperabilmente alto ed uno insuperabilmente basso, in questo mondo, solamente perché abbiamo una vista troppo debole... » Mai più, gridava il corvo al di là delle fiamme nelle sue iridi d'ebano. « ...ed una memoria troppo corta. »
Chiamami Erindring, della rimembranza.
Chiamami quando la notte si fa più buia, quando l'alba sembra troppo lontana per la durata della tua vita. Sussurra il mio nome segreto ai venti di tramontana, e chiudendo gli occhi disimpara il ricordare. Chiamami spirito del mondo, e chiamami piano, senza svegliare la notte che dorme. Mormora di immagini, di odori lontani.
Mormora in versi, se la prosa è troppo violenta, e dimenticati del fato.
Dimentica il tempo ed invoca ancora il mio nome segreto, quando dal tetto di una casa vicina potrai sentire il ghiaccio sciogliersi e gocciolare. Rimembra, sfiora la memoria.
Il nostro volto è riflesso dell'eternità.
I nostri occhi sono chiusi, ma non stiamo dormendo.
« Se potessimo scrutare più lontano, senza affogare in una cosa tanto profonda quanto l'Infinità delle cose, probabilmente vedremmo la Morte, o quella che tu chiami Morte, come un fenomeno insignificante, irreale, come lo è la linea dell'orizzonte per il navigatore. » Così concluse Assur, araldo della Memoria, dimentico del Fato.
« Non sai quanto sia vera la tua affermazione... » gli dice Samael, forse assaggiando un frammento d'inquietudine.
Oh, fredda Samael, so bene quanto sia vera.
« È meglio riposarsi, » mormora lei, « la giornata di domani lo richiede. » Lo guarda negli occhi, donandogli un sorriso sottile. « Buonanotte,”eroe tenebroso” »
« Dormi anche per me, io ho dimenticato come si fa.»

Chiamami spirito del tempo, e chiamami piano, senza svegliare la notte che dorme. Io sono il ricordo di cento notti e di mille estati. Io sono il canto della risacca sull'ultimo tramonto marino. Io sono il sapore della sua pelle, delle sue labbra, che tu credevi d'aver perduto. Io sono un prato cosparso dei fiori lontani.
Io sono l'oblio del futuro.
Chiama il mio nome, abbandonati al mio abbraccio, vivi e spera tremante nel tuo nido cadente che qualche stella o qualche dio scenda a cogliere i tuoi desideri, ma dopo ricordati di dedicarmi una preghiera. Un sussurro a me che sono sottile, tra le divinità.
Un cenno, o magari un sorriso, a me che sono passeggero, pellegrino.
Un ultimo sguardo sincero a me che, perduto nel passato, vago nella nebbia cercando l'avvenire.
Bisbiglia il mio nome alla luce di una candela, quando il mondo t'abbandona.
Io sono la rimembranza, la luce perpetua di una stella lontana, forse già morta.

Chiamami in versi, e chiamami piano.
Chiamami Erindring, la rimembranza, quando in un mondo che dimentica ancora vorrai ricordarti di com'eravamo, in un tempo passato lungo il cammino.
Piangi, se devi.
Ascolta una nenia salire lontana, e rimembra la vita che è stata nella vita che è.
Il vento mormora, in inverno, il suono nascosto del mio nome perduto, e forse la neve non si poserà più su quel prato distante, dov'era casa nostra.
Dimentica, se vuoi.

Disse il Corvo: 'mai più'.




● ● ●


ladzm

Specchietto riassuntivo

"Quoth the raven, 'Nevermore'."

Abilità Passive

● Aura della coscienza (Personale)
Illusioni ambientali sceniche attorno al pg.
● Controllo remoto (Personale)
Telecinesi passiva.
● Resistenza (Personale)
Regge danni fisici per un massimo di due mortali prima di morire.
● Fiamma di Shamash (Pergamena virtuale)
Può castare Trasmigrazione (offensiva) usando un autodanno di qualsiasi entità al posto del consumo energetico. La potenza risultante è pari all'autodanno subito.
● Appoggio (Pergamena)
Cammina nell'aria, possibilità di far apparire ali sceniche.
● Aura di energia (Pergamena)
Non sviene sotto il 10% di energie.
● Autosufficienza (Razziale)
Difesa psionica passiva.
● Arcanismo Lv1 (Dominio)
Percezione della magia nell'ambiente circostante.
● Arcanismo Lv2 (Dominio)
Casting di magie con tempi di concentrazione nulli.
● Arcanismo Lv3 (Dominio)
Le tecniche di natura magica infliggono danni doppi, quelle di natura fisica dimezzati.
● Anello del potere (Oggetto)
Risparmio energetico globale del 3%.

L3aXe

Equipaggiamento
(a fine post)

● Ophanim (Cerchio-spada)
Accanto ad Assur, per terra.
● Qerubin (Pugnali conici)
Fissati all'apposita bandoliera attorno alla vita (x15)
● Eloah (Spada bastarda)
Accanto ad Assur, per terra, accanto ad Ophanim.
● Areté (Armatura)
Completa ed indossata,salvo per l'elmo, anche quello a terra.
● Zerachiel (Scudo tondo)
Accanto al resto delle armi, vicino ai piedi di Assur.

L3aXe

Energie residue: 100%
CS: 4(Concentrazione) 1(Agilità)
Danni mentali: illeso (0/16)
Danni fisici: illeso(0/32)

L3aXe

Tecniche attive


● Slot 1
(???)
inutilizzato

● Slot 2 (???)
inutilizzato

L3aXe

Avvertenza preliminare: La traccia musicale inserita all'inizio del post potrebbe risultare fastidiosa. Consiglio di ascoltarla, leggendo, a volume molto basso, in sottofondo, o in alternativa di non ascoltarla affatto.
L3aXe

Riassunto e note

Ho preferito non narrare il dialogo attorno al fuoco perchè, essendo già descritto nei post precedenti, credo avrebbe dato fastidio al lettore, che l'avrebbe letto con noia o addirittura saltato. Inoltre il post è già abbastanza lungo per proprio conto, se paragonato ad un post di media dimensione, e non mi è sembrato il caso di allungarlo ulteriormente con una vicenda che il lettore già conosce.
Dunque, siamo alla vigilia della battaglia, qualche minuto dopo la fine della riunione (sulla riunione sono anche rimasto piuttosto vago, cercando di evitare l'introduzione di particolari che in confronto non sono stati studiati a dovere).
Il dialogo tra Assur e Samael è stato elaborato a parte, non vi è nessuna reale autoconclusione. Diciamo che questo post è servito, più del precedente, ad introdurre il personaggio per chi ancora non lo conoscesse, lanciando qualche sguardo assonnato alla scura profondità del sogno ove egli sembra sussistere, forse immenso o forse minuscolo, trasparente come uno spettro.
O almeno, è questa l'idea che cerco di trasmettere, su Assur.
Ad un certo punto del dialogo sfrutto la passiva di Assur "aura della coscienza", che mi permette di sfruttare illusioni ambientali puramente sceniche nelle vicinanze del Pg, nel punto in cui parlo di fiamme che avvolgono la sua figura. Che tali fiamme siano realmente visibili o frutto di un miraggio, o di una fantasia, lascio al lettore decidere.
Io non descrivo niente, nei miei post. Suggerisco solamente.
La narrazione si conclude con il congedo dei due personaggi e qualche verso vagamente mistico nel finale, in attesa dell'alba.
L3aXe

 
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K i t a *
view post Posted on 3/3/2013, 22:59




W i n t e r r e i s e ❞.
DIE KRÄHE ~ IL CORVO
separatore



~ Erydlyss
❝ Trono del Titano ❞.






I minuti passavano, e una discreta folla cominciava a radunarsi intorno al punto d’incontro. La donna si guardava intorno, tenendosi ben stretto il manto intorno al corpo, nel tentativo di non permettere al poco calore residuo di non dissiparsi nell’aria gelida. Studiava i volti degli uomini che la circondavano, per la maggior parte dei poveracci senza niente da offrire; solo tre individui la colpirono: una donna dall’aspetto insolito, accompagnata da un piccolo drago, un uomo avvolto da un manto chiaro e nient’altro, e un cavaliere, dallo sguardo profondo quanto stanco, che sembra portare sulle spalle tutto il peso di quel mondo.
Tutti erano in trepidante attesa, senza neanche sapere di cosa, esattamente; con le mani affusolate strette nel bavero del pastrano, non poteva evitare di domandarsi cosa ci facesse lei in mezzo a quella povera gente. Appena il pensiero le sfiorò la mente, le sembrò di sentire la sua risata, quella che le rivolgeva quando la trovava particolarmente buffa nella sua supponenza. Il dolore fu una chiara fitta nel petto, e lei chiuse gli occhi con forza, cercando di scacciare quei dolorosi ricordi che si cibavano famelici del suo animo umano. Povera sciocca donna, preda d’inutili sentimenti.

Giunse all’improvviso, nello stupore generale dei presenti: l’uomo in groppa alla grande bestia doveva essere Kreisler Valrafkan. Cominciò a parlare, scrutando tutti loro intensamente; sembrava stupito del numero che il suo annuncio aveva raccolto. Ascoltò ogni parola con attenzione, senza distogliere lo sguardo severo dal viso dell’uomo. Di sicuro sapeva come animare lo spirito di quella povera gente, che reagivano alle sue parole con entusiasmo; lei non si mosse, soppesava il suo discorso, cercando di leggere oltre le buone parole dedicate alla massa. Tutti avevano un motivo per essere la, un obiettivo da perseguire, un ideale per cui morire. E lei? Morire, era questo il suo ideale? Smettere di muoversi, di guardare, di sentire, sentire qualsiasi cosa. Perché quando si muoveva, guardava, sentiva, lui era la. Un’ombra, un fantasma che ne perseguitava pensieri e ricordi. Dio, ogni parola che riusciva a pensare in qualche modo gli si legava alla perfezione.
Fu proprio quell’ultima riflessione ad animarla, facendole avvampare nel petto una fiamma di lancinante odio; verso se stessa, verso i sentimenti che provava, verso il suo essere così umana. Si sa, il confine tra odio e amore è tremendamente labile.

Dopo che Kreisler terminò il suo discorso, ci furono alcuni minuti di gran vociare tra gli uomini radunati; incurante delle intenzioni del comandante si calò il cappuccio del manto da sopra la testa, in modo da permettere a chiunque di guardarle il viso. La cascata di capelli biondi si liberò nel vento, muovendosi nell'aria come sottili serpi che anelavano la libertà. Si voltò verso di loro e con occhi fiammeggianti tuonò: «Uomini!». I più vicini si voltarono a osservarla, incuriositi. «Chiunque non abbia altro modo di scalare la montagna che non tramite i rampini forniti, mi segua. Non abbiamo tempo da perdere» concluse, per poi voltarsi e dirigersi verso l’accumulo di oggetti prima indicati da Kreisler. Molti uomini, dopo essersi guardati tra loro perplessi, la seguirono, cominciando a prepararsi per l’ascesa del Trono del Titano.
Giunta di fronte la montagna sollevò lo sguardo, scrutandone la cima. Non sarebbe stato l’ostacolo più insormontabile, ne era certa.



~ Erydlyss
❝ L'accampamento ❞.






Il sole era ormai scomparso oltre l’orizzonte, rivelando il cielo notturno, terso e scintillante; avevano speso gran parte del tempo a concordare una strategia, e Samael aveva potuto capire che le sue prime conclusioni erano state le più giuste: solo lei e i tre notati tra la folla sembravano avere una vaga idea di come preparare un assalto.
Così, dopo aver messo su un campo, si ritrovarono in quattro attorno al fuoco, cercando di riscaldare i corpi contro il freddo pungente della montagna, e di liberare la mente dai troppi ostacoli esterni: se volevano sopravvivere, dovevano imbastire più di una semplice scampagnata.
Fu l’altra donna ad interrompere il silenzio. «Signori, penso di aver avuto un piano.» esordì ad un tratto. «Penso di essere quella che possa entrare più in contatto con il Dottore, in fondo siamo, come dire, colleghi. Un attacco frontale porterebbe a poco o a niente.» concluse, intrecciando le mani e passando lo sguardo su ognuno dei presenti. «Quello che sto per proporvi ci costerà uomini, e forse la mia vita. Ma non vedo altre soluzioni. Quando tutto l'accampamento starà dormendo - o farà finta di farlo - mi porterò dietro il mio gruppetto nella grotta, convincendoli di essere in perlustrazione. Una volta dentro appena Doctor o uno dei suoi scagnozzi si farà vedere proporrò lo scambio. Offrirò le mie truppe come pegno di fedeltà, rivelando la nostra posizione e che il momento è propizio per colpire. Il tutto per poter diventare sua allieva, mi inventerò qualcosa. Voi vi terrete pronti per il loro arrivo. Io a quel punto sarò dentro e non potrò aiutarvi. Non riesco ad immaginare oltre a questo punto. Altre idee?» chiese infine.
Samael la guardò con attenzione, soppesando ogni parola. Troppe cose stridevano in quel discorso, tanto da risultarle completamente insensato. Fece scorrere lo sguardo verso gli altri due, cercando di registrarne le reazioni, per poi tornare su Lily. «Te la sentiresti di compiere un simile sacrificio, pur sapendo di poter rimetterci la vita?» domandò, con una buona dose di perplessità nella voce.
«Sono nata per morire. Me la caverò. Voi sgominate il più velocemente possibile gli scagnozzi che, se riesco ad entrare nella mente di Doctor, vi manderà addosso. Poi, proprio quando penserà di essersi liberati di voi a buon mercato, attaccate. Avere già me dentro il nido del nemico non potrà che farci bene.» spiego lei, spiccia. Per tutta risposta la guerriera scrollò le spalle; se la donna aveva intenzione di suicidarsi, lei non aveva motivi per impedirglielo. «Bene, se ne sei convinta.» disse, per poi voltarsi verso gli altri due, indugiando con lo sguardo su Assur, il cavaliere, il solo che trovava normale la in mezzo. «Che ne pensate?» domandò loro.
Fu proprio il cavaliere a rispondere per primo: «Penso che se degli uomini dovessero morire in quel modo, dovrebbero saperlo prima ancora di partire. Questa gente è venuta a combattere, come ognuno dei presenti …» guardò la scienziata, per poi spostare lo sguardo verso Samael; gli occhi dell’uomo erano seri, ma privi di rimprovero. Sospirò prima di continuare: « … non ad offrirsi come merce di scambio».
Si alzò in piedi, guardandosi intorno, per poi fare un cenno ad un uomo accanto ad una delle tende, che rispose al cenno. Tornò a volgere lo sguardo su di Lily, riprendendo a parlare: «Cerca dei volontari, se sei convinta, ma dì loro la verità. Dì loro che dovranno sacrificarsi senza combattere, di certo qualcuno troverai.» il suo tono è quasi minaccioso, mentre l'uomo a cui aveva fatto un cenno si avvicina, evidentemente in attesa di ordini. «Prima, però, vorrei sapere una cosa: quanto sei convincente, come attrice? Quanta fiducia credi di poter strappare a Doctor, che sino ad ora ti ha vista nelle nostre schiere?» chiese infine, abbassando il cappuccio per scoprirsi il capo. «E tu cosa credi di essere, l'eroe tenebroso?» ribatté lei piccata. «Siamo contro un essere che ha ucciso e ucciderà chissà quanti umani, e ti preoccupi della vita di quattro pezzenti senza nulla da perdere? Siamo in guerra, bello, un giorno imparerai che dovrai venderti ai compromessi, ma per ora lascia che mi faccia carico io di questo peso - a meno che tu non abbia un piano migliore.» si alzò irata, per poi dare le spalle al gruppo. Samael corrugò la fronte, osservandola basita. Condivideva il ragionamento della donna, non poteva darle torto. «Sono morti nello stesso momento in cui hanno deciso di imbarcarsi in questa missione. E non posso permettermi di portare con me gente che può farsi sfuggire dettagli cruciali se torturata, cosa che potrebbe benissimo succedere. Vale per loro, vale per noi, non siamo a un fottuto pic-nic». Si voltò di nuovo e si rivolse ad Assur con tono avvelenato: «Lascia che sia io a farti una domanda… pensi di avere quello che ci vuole per fermarmi se non faccio quello che vuoi?». Non attese la sua risposta, voltandosi semplicemente. «Ashardon, andiamo.» intimò al proprio animale, allontanandosi.
La guerriera le fissò la schiena fin quando non fu avvolta dall’oscurità; non avevano altra soluzione che affidarsi a lei. Sospirò, consapevole di quanto la situazione si mostrasse più difficile del previsto.



~ Erydlyss
❝ Il fuoco ❞.






Erano soli, in quella catapecchia abbandonata, percossa da forti tremiti, circondata da un’orda di Ogre imbestialiti.
Lo guardava avvicinarsi, mentre la paura l’assaliva, perché sapeva che avrebbe potuta spezzarla anche solo stringendola dentro il suo pugno. Non le sarebbe importato, se lo avesse fatto; sapeva che tutto dipendeva da lui, ogni cosa. Non respirava, non era necessario farlo. Per rimanere in vita bastava non lasciare andare quegli occhi, non smettere di fissarli, quella sarebbe stata la sua ancora per sopravvivere.
Le era di fronte, poteva sentirne il profumo, un odore particolare, che solo lui possedeva, ed era come il più confortevole degli abbracci. La sua mano si protese verso di lui, quasi a sfiorargli il petto; eppure rimase la, distante pochi centimetri. Lui parlò, la sua voce profonda rimbombava nella mente della donna: «Lo so. Ma è già troppo tardi». Si chinò su di lei e poggiò le labbra sulla sua fronte; poteva sentire il loro calore sulla pelle, mentre stringeva gli occhi, respirando per quella che sembrava la prima volta nella sua vita.

«Perdonami.» lui disse; e tutto esplose
.


Si mise seduta di scatto, la bocca spalancata, inspirando con forza inaudita, mentre le mani andavano a poggiarsi sul petto, spingendo nello sterno, come se cercassero di facilitare i polmoni a riempirsi nuovamente d’aria. Tremava con violenza, e si rannicchiò d’istinto su di sé, mentre sentiva il viso bagnarsi sempre di più di lacrime silenziose. Portò lentamente le mani sul capo, stringendo tra le dita i capelli, mentre serrava gli occhi, cercando di scacciare via quell’onda di emozioni che l’aveva assalita all’improvviso.
La notte era diventata una delle sue acerrime nemiche; sembrava che l’oscurità si divertisse a lambirle la testa, scatenando dentro di lei un fiume in piena di ricordi, talmente forte da spezzarle il fiato, come in quel caso. Ci vollero diversi minuti perché tornasse a respirare normalmente e smettesse di piangere; la sua unica fortuna era la capacità di non emettere rumore in quelle situazioni. Era come se implodesse dentro, senza che al resto del mondo fosse dato modo di assistere a quel bizzarro avvenimento.
Decise di uscire dalla sua tenda, l’unico modo per riprendere il controllo di sé era fuggire dalla sua stessa memoria; o almeno, quello era il solo modo che avesse trovato per sopravvivere a quel dolore soffocante.
L’aria fredda a contatto con la sua pelle fu per la prima volta piacevole, interrompendo finalmente la sensazione di non aver abbandonato il sogno: era sveglia e i brividi che le percorrevano la pelle ne erano la testimonianza.
Si strinse nel manto pesante e prese a camminare, i lunghi capelli che danzavano nella brezza notturna, il viso ancora arrossato dal pianto feroce di poco prima. Ritornò nello stesso punto in cui aveva lasciato gli uomini qualche ora prima, e si stupì di trovarvi ancora Assur, coricato sopra il duro terreno, che fissava le stelle nel cielo. Si avvicinò lentamente, rimanendo nell’oscurità a scrutarlo; dopo qualche istante interruppe il silenzio, parlandogli: «Eroe tenebroso... sei davvero convinto che qualcuno di questi uomini avrebbe più opportunità di sopravvivere che non offrendosi come carne da macello tramite quella strana donna? ». «Forse qualcuna, o magari no» rispose lui, senza dare segno di stupirsi della sua presenza. Si mise seduto, continuando: «so solo che non mi piacerebbe se qualcun altro usasse la mia vita come merce di scambio senza informarmi». Si voltò verso di lei: «Ad un uomo che va a combattere in una battaglia come questa, la dignità è una delle poche cose che restano». Si alzò, continuando a guardarla in silenzio, come a spronarla a proseguire.
Samael sollevò appena le sopracciglia, stringendosi con più nel manto; il freddo tornava ad essere insopportabile. «Ti preoccupi molto della vita altrui, eppure loro sono qui, consapevoli di essersi consegnati a morte certa. Cosa porta un eroe a sacrificarsi per il bene altrui? ».
«Non mi preoccupa la loro vita, e non credo mi sacrificherei per loro.» le rispose lui, secco, scuotendo la polvere dalla cappa. «Per quanto insignificanti possano essere, costoro sono sempre uomini, almeno sino a domani. » sospirò a fondo «forse difendendo la loro dignità voglio solo affermare la mia» rise delle sue parole, ma con una nota amara che spegneva la gioia del gesto «o almeno è così che l'avrebbe spiegato un mio vecchio amico».
Lei lo guardò negli occhi per diversi secondi; non poté esimersi dal pensare cosa lui avrebbe pensato di un personaggio simile. No, non doveva neanche domandarselo, sapeva cosa avrebbe pensato. Poteva vedere il suo sguardo divertito e canzonatorio che si preparava a sbeffeggiarlo come solo lui sapeva fare. Spostò rapida lo sguardo sul fuoco, la stessa velocità con cui scappava dai suoi pensieri. «Non mi fido di quella donna. La sua vita è in serio pericolo, o è molto stupida, o c'è qualcosa dietro. » disse poi, spezzando nuovamente il silenzio.
«Una cosa non esclude l'altra » commentò l’uomo, lasciando intendere che la preoccupazione aveva sfiorato anche lui. «Che il suo piano funzioni o fallisca, noi dobbiamo stare pronti e fare in modo che, se dovesse provarci, non riesca a venderci al nemico». Lei annuì brevemente, e riportò lo sguardo sul suo viso: «Di sicuro. Ciò che ho potuto vedere oggi mi preoccupa maggiormente dell'idea di un tradimento. Questi uomini sono armati unicamente di buone intenzioni».
«La Flotta ha perso gran parte della sua forza, dai tempi della Guerra, ma cinque dei nostri uomini non valgono un solo aviano » cominciò a spiegarle il cavaliere, portandosi una mano alla fronte. «A noi, comunque, ne interessa uno soltanto. La mia preoccupazione, invece, viene da tutt'altra direzione » concluse, volgendo lo sguardo verso la tenda del comandante.
Samael ne seguì lo sguardo, soffermandosi anche lei sullo stesso punto. «Io non so niente di questa guerra. Non ne conosco i personaggi, né le vicende» disse poi, tornando a guardarlo.
«Le guerre, per quanto lontane tra loro, sono tutte simili». Mentre parlava, la donna vide delle sottili lingue di fuoco vorticare sopra il manto del cavaliere. Lo fissò sbigottita, continuando ad ascoltare il suo discorso. «Sono tentativi di affermare la propria vita attraverso la morte altrui, al di là di ogni questione politica o cavalleresca.» abbassò nuovamente lo sguardo su di lei, continuando: «Un mio amico era solito dire, prima di una battaglia, che gli unici guerrieri in campo sarebbero stati la Vita e la Morte, e così ogni volta. Ho sempre trovato quella metafora piuttosto banale, ma non escludo che possa contenere una qualche verità. »
Quelle parole la colpirono: «Quell'uomo aveva ragione, dopo tutto. La vita e la morte è tutto quello che gli esseri umani hanno da offrire. » pronunciò l'ultima frase con evidente distacco, del resto quella condizione terrena non la riguardava sino in fondo.
L’uomo per tutta risposta le sorrise: «Credo che gli saresti piaciuta. Il vecchio Ashmedai –ad Uruk lo chiamavano Ishkur, mi sembra– era proprio il tipo da ”Dio vendicativo” ». A quelle parole la donna reagì con stizza, storcendo appena il naso. «Avrei voluto salutarlo un'ultima volta... ». Portò lo sguardo sui suoi occhi, con grande intensità, come a volerle scavare fino all’anima. «La verità è che la Morte non esiste. C'è solo Vita, ogni cosa, solamente Vita ... al di fuori del Niente».
Ascoltò ogni parola, in silenzio, valutandole con attenzione: «Strano. Io ho incontrato molta Morte, nel mio cammino. Per tutta la Vita che sfioravo, c'era altrettanta Morte a reclamarla. E' come un segugio attento... bisogna fare attenzione a non vacillare, neanche per pochi istanti». L’immagine della sua pelle che gli veniva strappata da dosso… no, non doveva pensarci.
«Cosa credi che sia, la Morte? » le domandò lui, con evidente sincera curiosità. «Il capriccio di un Dio che necessita ampliare le proprie schiere di seguaci» rispose prontamente lei, senza neanche un attimo di esitazione. Era la verità, dopo tutto. Lei l’aveva vissuta in prima persona, sapeva di cosa parlava.
«Per favore, ripetimi il tuo nome » disse lui. Lei dapprima aggrottò la fronte, perplessa, ma poi rispose: «Samael». «Può darsi tu abbia ragione, Samael. Io sono convinto, tuttavia, che nessun dio possa avere potere su qualcosa di così particolare come sembra essere la Morte. Vediamo sempre un inizio ed una fine, un punto insuperabilmente alto ed uno insuperabilmente basso, in questo mondo, solamente perché abbiamo una vista troppo debole, ed una memoria troppo corta. Se potessimo scrutare più lontano senza affogare in una cosa tanto profonda quanto l'infinità delle cose, probabilmente vedremmo la Morte, o quella che tu chiami Morte, come un fenomeno insignificante, irreale, come lo è la linea dell'orizzonte per il navigatore».
Chiuse gli occhi, sospirando profondamente. Passarono pochi istanti prima che li riaprisse, guardando l’uomo con uno sguardo diverso dai precedenti, più triste, rassegnato, più umano. «Non sai quanto sia vera questa tua affermazione... ». L’ennesimo brivido la scosse, facendola stringere nuovamente nel grosso manto «E' meglio riposarsi, la giornata di domani lo richiede». Lo guardò negli occhi, rivolgendogli un piccolo sorriso prima di voltarsi: «Buonanotte, 'eroe tenebroso'».
«Dormi anche per me, io ho dimenticato come si fa» disse lui; a quanto pareva non era la sola ad essere sconfitta dalla notte.

separatore


Quando l’alba sorse, tutti loro avevano preso posizione. Si scambiarono solo brevi occhiate, tutto era stato già deciso notte tempo, non c’era più altro da chiarire.
Scelse dieci tra gli uomini presenti nel campo e li condusse con sé, verso l’ingresso nel lato nord del Trono. Non sapeva dove tutto quello l’avrebbe portata, ma ormai era tardi per pensarci. Giunsero davanti alla bocca del tunnel, preparandosi per percorrerlo; non aveva forse detto che era la Morte la sua motivazione?


VARIE ED EVENTUALI



CS
× 2 Conoscenza ×

PASSIVE

PRESENZA ANGELICA Gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.
FOR I AM IMMORTAL Fenrir era molto più che una semplice spada per il suo primo possessore: si trattava di un trofeo, della prova tangibile che testimoniava la sua grandezza e -benché non molti ne fossero a corrente- la sua contiguità con un mondo che non era quello dei semplici umani. In Nemarchos risiedevano infatti due nature che sopravvivevano grazie ad un rapporto di perfetta simbiosi, condividendo un corpo che tuttavia era tenuto a subire delle trasformazioni; nonostante questo, quel corpo era in grado di sopravvivere a battaglie estenuanti, di sopportare ferite che avrebbero stroncato qualsiasi altra vita. Questo era dovuto al suo retaggio, a quella doppia natura selvaggia e pragmatica insieme, capace di scatenare una forza vitale ben più salda nella sua linfa di molte altre. Alla morte di Nemarchos, questa forza era ancora così vigorosa, così contraria alla prematura dipartita, che venendo cacciata dal corpo andò a nascondersi nell'oggetto che all'uomo era stato più caro, e che insieme era testimonianza di questa sua particolare natura. Pur rimanendo quiescente all'interno della lama, la forza vitale di Fenrir si trasmette al portatore, rendendolo capace di sopportare un numero virtualmente infinito di ferite, che sembreranno rimarginarsi immediatamente (nonostante i malus a queste afferenti, quali sanguinamento, perdita di forze, incapacità di movimento ecc. ecc.), rendendolo di fatto immortale. L'unica maniera per uccidere colui che possiede la Zanna dei Lupi, è decapitarlo [Abilità Passiva - Immortalità, possibile morte solo tramite decapitazione].
L'ABITO FA IL MONACO Il demonio non si presenta sotto un unico aspetto. Come potrebbe? Egli deve convincere ognuno, deve piacere a tutti. E per questo deve mostrarsi loro nelle vesti che più li rassicurerebbero, che più li convincerebbero ad avere fiducia in lui.
Non c’è quindi da stupirsi se anche suo figlio è quindi in possesso di una tale facoltà. Non lui, ovviamente, perché mai potrebbe eguagliare il padre, bensì i vestiti che furbescamente indossa. Essi, infatti, appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà il portatore indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti. [Passiva_ e' una difesa psionica e come tale può essere bypassata]
L'ELEGANZA E' ESSENZIALE Queste vesti, che appaiono così ordinarie agli occhi di tutti, sono in realtà state intessute dell’essenza stessa del Portatore di Luce. Ne costituiscono un’emanazione, un pericoloso artiglio teso verso il mondo dei mortali. Sono, come colui che le ha volute, uniche e insostituibili. Per questo motivo non è possibile che la volgare mano dei mortali possa in alcun modo danneggiarle o distruggerle.
Le vesti di Lucifero saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo del giovane, provocandogli normalmente dei danni.

ATTIVE
/ / /

ENERGIA
100/100

NOTE

Mi dispiace di aver generato un mattone D: spero risulti comunque comprensibile e piacevole da leggere. ^^
Il post termina con Samael che con i suoi 10 uomini si avvia verso l'ingresso a Nord, preparandosi per un attacco frontale (aka suicidio di massa <3).


 
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view post Posted on 4/3/2013, 17:53
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Ad Agio Nel Disagio
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Comparve dalle ombre, etereo, un viaggiatore invisibile, guerriero stanco. Lazarus non reagì questa volta - si era abituato all'enorme cavalcatura di Kreisler - e rimase immobile, avvolto alla meno peggio in quegli stracci, sopportando impassibile la folata di vento sollevata dalle possenti ali della viverna. Attorno a lui alcuni uomini indietreggiarono, visibilmente colpiti: non si voltò. La sua attenzione era focalizzata su quell'uomo, su ciò che rappresentava.
E Kreisler parlò, parlò a quella distesa di uomini che avevano messo in gioco la loro intera esistenza per un sogno, per vendetta, per disperazione. Chissà quali erano le storie di quegli avventurieri. Doctor aveva distrutto tante vite, ucciso, plagiato, deturpato, inficiato, aveva seminato sofferenza per tutto l'Eden senza alcun rimpianto apparente. Nei suoi viaggi, nelle sue ricerche, di Doctor aveva trovato solo i segni del passaggio, i racconti dei superstiti, le urla delle donne. Il silenzio, dove nessuno poteva farsi testimone di quelle atrocità.
A fianco alla sua personale monomania, mentre la sua mente fantasticava sulle possibilità che quell'abominio avrebbe potuto mostrargli - vivo o morto che fosse il malefico dottore - Lazarus era stato posto di fronte al dilemma etico. Quel potere che aveva scorto, quell'insana brama di conoscenza soddisfatta dal sangue e dalla bile...era disposto a farsi carico delle vite di migliaia di persone ed annientarle per il puro piacere di sperimentare? Certamente non avrebbe mai preso il posto di quell'aborto di carne e metallo ad effige della più perversa simbiosi tra mente umana e natura ma quella forza, i frammenti di ciò che era stato Doctor, cosa l'avrebbero resto?
Urlò assieme agli altri avventurieri li riunitisi, una volta ancora. Doveva vedere ancora quella chimera librarsi nel cielo, doveva sapere se la sua presenza in quel luogo era stata auspicata dal Cavalcaviverne o dal Dottore. Solo allora avrebbe scelto.


_____________ Trono del Titano, Accampamento_____


Annuì, evitando di sorridere.
Il dolce crepitio del fuoco non riusciva a coprire le parole della donna; le fiamme scoppiettavano allegre inondando il piccolo accampamento di un dolce tepore, ma nessuno dei guerrieri radunati li attorno pareva voler crogiolarsi a lungo in quel caldo momento di quiete.
Non si era distinto durante la scalata, non ne aveva motivo. Silenzioso, senza alcun supporto o capacità superumane aveva conquistato il suo posto nel piccolo accampamento improvvisato, montato tende, organizzato i turni di guardi, e man mano un pugno di uomini s'era radunato attorno a lui, forse in cerca di qualcuno che sapesse gestire quella strana vita. Non era un cavaliere nè aveva mai partecipato ad un assedio così imponente ma per quei quattro contadini disperati, quegli uomini in cerca di vendetta, per la gente che non aveva nulla da perdere poteva essere un riferimento quel giorno, e quel giorno soltanto. Piccoli fuocherelli erano lentamente spuntati al calar del sole ed attorno ad essi i guerrieri gravitavano, preparandosi per la battaglia.
Ma erano in quattro, attorno a quel fuoco.
Pochi. I soli, forse, ad aver osato avvicinare il mastodontico drago e la sua strana padrona. O gli unici ad aver già affrontato battaglie tanto impegnative.
S'era discostato dalla dozzina di soldati alla quale ormai era in testa e s'era seduto senza timore, col tacito accordo degli altri presenti. In silenzio avevano consumato un pasto frugale, attendendo.
Il loro ruolo era chiaro. La strategia da adottare sarebbe nata attorno a quelle fiamme.
Si prese tempo per osservare i suoi compagni, di sott'occhi. La guardiana del dragone lo incuriosiva, e quando terminò di esporre il suo piano divenne il centro delle speculazioni del giocattolaio.
Dovevano fidarsi? Li avrebbe traditi? Ed ancora una volta, scoglio che affiorava dal mare, era giusto condannare quegli uomini a morte certa? Il guerriero in armatura che aveva scorto quella mattina espresse il suo stesso dubbio, liberando dal gravoso compito. Pareva trasognato, etereo - forse era il paladino di una qualche assurda religione delle terre d'oriente, o addirittura un dio in terra, non avrebbe saputo dirlo. L'ultimo membro del piccolo quartier generale, una guerriera dalla bellezza angelica - eppure energica, quasi melanconica nei movimenti, nelle parole, nelle espressioni - si unì al paladino, rimanendo ai margini della discussione.
Eppure la guardiana del drago aveva ragione. Dieci uomini sacrificati per una causa persa, dieci uomini già morti gettati nelle fauci del sonno eterno, dieci pedine immolate per dare alla minuscola crociata quella possibilità infinitesimale e insperata di abbattere il suo titanico nemico.
«Sarebbero morti comunque» sussurrò, terminando il suo pasto, constatando ciò che in fondo all'animo non avrebbe voluto accettare.
E il dragone si mosse scuotendo la terra al richiamo della padrona, annunciando l'inizio di quel piano disperato. Tutti in quel luogo avrebbero affrontato la morte a testa alta; per onore, per vendetta, per natura.
Ma lui no. Non aveva intenzione di morire, né tanto meno rischiare di morire.
Era li per soddisfare un cruccio, un tarlo aveva solleticato il suo cervello per mesi e mesi, era in cerca di un punto di partenza, non di un luogo dove morire. Rispettava il Cavalcaviverne, certo, ma Lithien era per lui solo un nome, e Doc una preziosa fonte di saggezza. L'eliminazione del nemico era funzionale al lauto banchetto al quale auspicava di aver parte.
Con un cenno di commiato si alzò, allontanandosi dal fuoco, diretto verso la tenda. Sapeva quale sarebbe stato il suo ruolo, l'indomani.

_____ Trono del Titano, verso l'ingresso Sud-Est_____________


Il vento freddo della montagna sferzava il volto del giocattolaio. Erano partiti dopo il gruppo principale, quello guidato dalla guerriera bionda, e con cautela avevano iniziato ad aggirare la montagna. Un pugno di uomini, lui e il paladino, atomi opachi all'ombra del Trono, in viaggio, in attesa del segnale convenuto.
Fiduciosi, risoluti, con la propria vita in palmo ma mai rassegnati.
Avrebbe funzionato.

 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 17/3/2013, 18:07






Tendersi di migliaia di molle, ronzare di ingranaggi dente contro dente.
Inspirare, protendersi in avanti del collo fin quasi a guardare in basso,
verso il solido granito buio ai suoi piedi.
Raspare timido di un'iride che ruotava attorno a una pupilla nera
- come una speranza delusa? -,
mettendo a fuoco un'immagine vista da altrui occhi.
Esalare, infine, l'aria trattenuta dai polmoni artificiali in un empito di sdegno.
- frullare stizzito del fischio dell'aria attraverso la maschera -
Li aveva scorti. Non vi era per lui sapere segreto, non vi era conoscenza sui cui potesse essere colto impreparato,
Lui che aveva risalito i fili dell'evoluzione riarrangiandoli in maniera così brillante, così meravigliosamente...
geniale.

In un'antica lingua ormai destinata all'oblio, Huginn significava Pensiero. E quale nome migliore di quello per un compagno che sempre ricordava allo scienziato di espandere i suoi orizzonti, ponendosi da un altro punto di vista?
Vedeva attraverso gli occhi dei corvi che planavano attorno al Trono, suo palazzo segreto. Il resto del suo popolo, le vestigia della un tempo potente e temuta Flotta Icaro era lì, accanto a lui. Spinti da una Torre a nascondersi dal mondo, ad essere profughi, ancora. Il mondo pareva aver detto al Dottore che non c'era spazio per forme di vita migliori, cieco nella propria avvilente normalità.
Ebbene, andassero tutti all'inferno.
Strinse il pugno mentre osservava le carovane radunarsi all'ombra di uno stendardo che conosceva fin troppo bene. Lithien non meritava un esercito di accattoni e disgaziati, ma questo Kreisler pareva non averlo capito.
E lo vide, vide anche la sua immagine sovrapposta a quella della volta buia della caverna nel Trono. Impunemente si librava sulle ali di una creatura non sua, ladro di reliquie e di cavie.
Avrebbe pagato ogni suo affronto, oh, se avrebbe pagato.

E quando vide lo sparuto gruppo inerpicarsi per la roccia, un sussulto scosse il suo corpo. Ticchettare insistente di denti metallici, che quasi poteva essere scambiato per una risatina divertita.
Cosa credevano di fare, assaltare il monte da soli? Ingannarlo, forse?
Proprio lui?
Decise di accogliere la folle di persona, mentre in un frullare d'ali e cigolare d'ingranaggi le altre sue creature si dirigevano a sorvegliare gli altri ingressi.
Ciò che non si aspettava furono le parole che ella gli rivolse.

Un... accordo?
Nascosto nelle ombre fitte di fronte a lei, la osservò un momento.
Uno scatto e inclinò il capo mascherato, squadrando sospettoso la donna in camice. Non sembrava una guerriera, sembrava più
- gli riusciva strano anche il solo pensarlo -
una come lui.
Una persona che preferiva passare la vita sui libri e tra file di storte e alambicchi più che tra le armi e i bersagli da tiro.
Non sapeva quanto di vero ci fosse in quelle parole, ma sentiva un certo tipo di affinità con la ragazza. Percepiva in lei la stessa sete di conoscenza, la stessa ambizione intellettuale. Ebbe modo di ammirare l'antica creatura che le stava dietro, come se fosse un animale domestico.
E allora, si disse, perché no?
Dubitava che Kreisler avesse avuto modo di verificare l'integrità morale dei suoi sudditi uno ad uno, e l'idea di portare dalla sua una dei suoi preziosi - seppure inutili - alleati suscitava nel Dottore una certa sadica soddisfazione.
Avanzò: pesante, metallico, il tonfo del passo rimbombò nel lungo corridoio di pietra viva. Davanti a lui, alle spalle della ragazza e della sua compagnia, solo il mugghio dei venti d'alta quota.
Un gorgoglio modulato risalì alla gola, oltrepassò la maschera e giunse alle orecchie della visitatrice.

- Un accordo di che tipo? E soprattutto, come posso fidarmi di una persona che ha risposto alla chiamata del lanciere silenzioso che è mio nemico? -

L'eco delle parole non si era ancora spenta che Huginn portò il suo corpo innaturalmente grosso all'interno della bocca della spelonca, bloccando eventuali vie di fuga.
Qualunque fosse la vera intenzione della ragazza col drago, ora erano in trappola.



littleqmpointwinterreisInnanzitutto mi scuso ancora per il ritardo. Spero l'hype non sia calato troppo.
Doctor spia il radunarsi del gruppo grazie a una passiva di condivisione dei sensi con i suoi corvi. Non viene sorpreso dunque dall'arrivo di Lily, e dato che nota che il gruppo fa parte di un contingente più nutrito decide di accoglierla di persona mentre altre sue creature vengono mandate a piantonare gli ingressi. Se avete bisogno di informazioni più dettagliate, la scheda del dottore è reperibile qui.
Fate il vostro gioco. Dato che il post è di transizione vi chiedo di farcela in cinque giorni per darmi il tempo di rispondervi subito, prima che finisca lo spring break.
 
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view post Posted on 24/3/2013, 01:10
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– E l'inferno è certo.
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WINTERREISE ~ Die Krähe
strategia di guerra

Un rumore conosciuto.
Un rumore di un corpo artificiale, di viti e bulloni, di fughe di gas. Battiti di un cuore meccanico, al posto delle arterie pistoni salgono e scendono e si affannano per garantire un minuto di più al mostro. Un passo, riesco a percepire gli ingranaggi che ruotano e permettono il movimento della gamba, poi un altro. Una figura emerge dal buio della caverna, la sua ombra danza alla luce delle fiaccole. Il suo mantello è un buco nero che lo avvolge e ruba alla sua silhouette qualsiasi consistenza. I contorni si fanno sbiaditi, e i miei occhi ci mettono qualche secondo a ridefinire la sua figura, all'apparenza umana, ma poi così diversa. Le ali nere spiegate, le protesi, la maschera metallica che nasconde qualcosa che forse è meglio non svelare.
Un angelo della morte.

TqzdTwp

« Un accordo di che tipo? E soprattutto, come posso fidarmi di una persona che ha risposto alla chiamata del lanciere silenzioso che è mio nemico? » La sua voce rimbomba e scuote le pareti della caverna, e sembra provenire dalle profondità della stessa.
Tiro un sospiro di sollievo. Sono ancora viva, un segno che ho già conquistato quel frammento di fiducia che basta per non finire come cibo per corvi. Strigo i pugni, respiro profondamente l'aria rarefatta della grotta, è l'ora di sfoggiare la mia solita faccia tosta. Sento un tonfo provenire dall'entrata, ora bloccata da quello che sembra un golem, uno dei suoi servi. Nel manipolo di uomini sotto la mia guida ogni opposizione scema in preghiere sommesse, in sussurrati epiteti poco gentili verso le donne. Sono in trappola, come lo sono io.
« Doctor. » Parlo con decisione, con un voluto senso di malcelata riverenza. I convenevoli sono essenziali in certe situazioni, e regalano a me e ai miei compagni diretti verso i loro obiettivi secondi preziosi. Presentarsi in una situazione di svantaggio, apparire come l'agnello sacrificale, perché il dottore creda davvero di tenere le redini, di dettare le regole del gioco. Ma mai, mai apparire patetici. Mai perdere la propria dignità: non avreste più niente da offrire durante un affare.
« Questi uomini, gli uomini di Kreisler, io te li offro in dono e come segno di fedeltà. Fanne ciò che desideri, non sono altro che mosche. » Combattendo il germe della paura che mi divora dentro mi avvicino di un passo a Doctor. Il suo corpo mi trasmette una sensazione di disagio, lo percepisco come un errore, e forse per la prima volta nella mia vita mi chiedo: fin dove può spingersi la scienza? Non parlo a livello etico o morale, no, è sempre stato un fatto estetico. Ai miei occhi è un prodigio, un capolavoro di cui voglio conoscere il pennello usato per dipingerlo. Mi chiedo quanto di umano sia rimasto di lui - mi chiedo quanto di umano sia rimasto di me.
« Per tutti loro sono qui per una ricognizione all'entrata, e nulla più. Per questo ti chiedo di ascoltarmi, perché non c'è modo in cui una mia prolungata assenza non possa dare nell'occhio. Quello che ti porto non sono solo queste infime vite, ma quanto di più caro c'è per quelli come noi: il sapere, informazioni. »

Deglutisco, guardandomi attorno. Sia io che Ashardon siamo tesi, pronti a scattare in caso di attacco, anche se non c'è possibilità di vincere. Il vecchio istinto di sopravvivenza. Puoi incivilirti quanto vuoi, puoi fare finta di essere al di sopra delle cose, ma alla fine ritorni sempre allo stesso punto: o me, o te.
« E' pianificato, a Nord, un attacco a momenti. Vi si concentrerà tutto il nostro esercito, con la speranza di coglierti di sorpresa... eventualità che ho fatto cadere in questo preciso istante. Sono qualche dozzina di uomini, di cui pochi sono quelli realmente pericolosi. Non sono pronti all'eventualità di un'imboscata, lo so per certo. Non affiderei mai la mia vita a uomini così deboli e disorganizzati. » Dico, camminando sospesa sul filo delle verità e delle menzogne. Doctor deve morire, perché non posso permettere che ci sia un mio simile migliore di me su questa terra. Come se fossi nient'altro che una brutta, sbiadita copia dell'originale. Ma, allo stesso modo, deve morire alle mie condizioni. Non mi è facile ammetterlo, ma non sono pronta a prendere il suo posto. Non ancora.

« Ti ho detto tutto quello che so sui loro piani. Ma so che c'è una domanda più importante, con delle risposte che forse vorresti sentire: perché ti sto dicendo tutte queste cose? » Scrollo la testa in un falso movimento disinvolto, facendo danzare i cavi che pendono dal casco che indosso. In un modo o nell'altro, sia io che Doctor nascondiamo noi stessi al meglio delle nostre possibilità. Corpi nuovi, macchinari complessi, ogni nostro centimetro è un pezzo di ricambio.
« La notte è ancora lunga, ti ho informato di quello che dovevi assolutamente sapere, il resto verrà in seguito. » Abbozzo un sorriso affabile, che scavi sotto la sua maschera e lo rassicuri.
« Doctor, questa era la mia azione. Conosciamo le leggi, quale sarà la tua reazione? » Cosa mi offrirai in cambio? Qual è il premio per quella che credi un'alleata, venuta a fare il doppio gioco per distruggere Kreisler?

I dadi ruotano sul tavolo,
è tempo di fare le proprie scommesse.


2iw7jip
Energia ~ Verde.
CS ~ 2xdestrezza.
Condizioni Lily ~ Perfette.
Condizioni Ashardon ~ Perfette.
Energie ~ 100%
- - -
Ashardon
Drago alto quattro metri e con un'apertura alare di sei, con fauci, artigli e scaglie usabile in combattimento e capace di utilizzare abilità e pergamene. {Razziale Elfi}{Passiva}
Scaglie di Drago
Pelle rinforzata che può proteggere da colpi fisici o rallentarli. {Arma}
La Zanna
Wakizashi indistruttibile che non può essere tolta dalle mani di Lily da colpi estranei o circostanze accidentali. {Arma}{Passiva Incantaspade I-II}
- - -
Spero vada bene. :*
 
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K i t a *
view post Posted on 29/3/2013, 15:26




W i n t e r r e i s e ❞.
DIE KRÄHE ~ IL CORVO
separatore



~ Erydlyss
❝ Trono del Titano ❞.






Il cielo si tingeva lentamente di sfumature rosa; l’altitudine consentiva di godere appieno la magnificenza che era offerta dal sorgere del sole, e il tempo terso e pacato risultava un alleato importante.
Ventisei uomini seguivano i passi della sola donna, la guerriera dagli occhi di ghiaccio colmi di tristezza e risentimento; Adalvaldr – massiccio rappresentate dei guerriglieri del nord – ne scrutava la minuta figura, stupendosi che una simile creatura desiderasse immolarsi per la loro causa. Certo, quello era il minimo che potesse stupirlo: da quando l’avevano incontrata il giorno prima, non c’era uomo che non avesse colto in lei qualcosa di diverso, quasi sbagliato. Avevo un fascino strano, quella donna, che trascinava gli animi dei compagni, ma allo stesso tempo li avvolgeva in un pesante alone di pericolo; era come il sole, la cui luce ti cattura, ma al contempo ti consuma.

Che tutto questo provenisse da una piccola donna bionda, fasciata da un’armatura all’apparenza troppo pesante per un simile corpicino, era la cosa più sbalorditiva; se si aggiungeva il fatto che tutti quegli uomini le andavano dietro, ponendo le loro – poche – armi al suo servizio, tutto diventava ancor più incomprensibile. Eppure anche lui era la, omaccione grosso e forte, spesso considerato più prestante fisicamente che intellettualmente, da sempre più amante dei piaceri che del pericolo, pronto a farsi pedina sotto la volontà della femmina armata, che guidava il gruppo con la stessa sicurezza di chi accetta la propria morte, ormai stretta tra le mani delle Norne.

Quando giunsero al di fuori del cunicolo nel lato nord sul Trono del Titano, lei si fermò, soppesando con sguardo fermo ciò che si presentava loro. L’interno del tunnel era avvolto dalle tenebre; sicuramente le creature che ne avevano preso possesso non avevano bisogno dei comuni modi umani per guardare e orientarsi. La donna corrugò la fronte, pensierosa, mentre alle sue spalle nasceva un leggero brusio tra gli uomini, impegnati a discutere le proprie scelte e il proprio destino. Le loro voci non si alzavano, rimanevano poco più che sussurri; se non fosse stato per il numero, probabilmente non si sarebbero neanche potute cogliere. Se la guerriera pareva risoluta nel compiere i propri passi, lo stesso non si poteva dire del piccolo esercito, la cui forza e ardore nel combattere era infusa più dall’adrenalina per la campagna che si andava a disputare, e non dalle reali capacità di ognuno di loro. Da troppo tempo però ognuno di loro desiderava porre un freno alle follie messe in atto da Doctor, e nessuno si sarebbe mai potuto chiamare fuori, non a quel punto. Probabilmente la guerriera lo sapeva, e la sua malia andava ad alimentare quel fuoco: una brezza calda su tizzoni ardenti.

Dopo qualche minuto di silenzio si voltò verso di loro, lo sguardo che vagava tra i loro volti, senza realmente vederli; numeri, solo numeri. «Ci siamo.» asserì con decisione «Non è più il momento dei ripensamenti. Chi vuole sopravvivere, mi segua. Per gli altri… spero che il vostro Dio sia clemente come vi hanno raccontato». Concluso il breve discorso, si voltò nuovamente, cominciando ad addentrarsi nella montagna; gli uomini si scambiarono sguardi perplessi, non sapendo come cogliere e interpretare quelle parole. Adalvaldr si limitò a osservare i suoi movimenti e un piccolo sorriso di sfida gli affiorò sul volto. Bastò un suo passo in avanti perché anche chi gli stava attorno prendesse coraggio e cominciasse a seguire la donna, pronti a sacrificarsi nel nome di Kreisler e dell’Eden.

Da parte sua Samael, mentre le giungeva alle orecchie il rumore dei passi di quegli strani compagni d’armi, non poté non domandarsi se non riponessero eccessiva fiducia in lei, o nel loro Dio. In entrambi i casi, non sapevano quanto avessero torto.


La Signora della Folgore
- a lightning wolf's heartbeat ;

CS :: 2 Conoscenza
Pericolosità :: D
Razza :: Avatar Angelico
Classe :: Paladino
Stato Fisico :: 0/16
Stato Psicologico :: 0/16
Energia :: 100/100
Equip :: Armatura (occhio del mago incastonato); Scudo; Spada (riposta); Fenrir (riposta); Vesti di Lucifero (indossate).


FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~



PASSIVE—

PRESENZA ANGELICA × Gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
FOR I AM IMMORTAL × Immortalità, possibile morte solo tramite decapitazione
L'ABITO FA IL MONACO × Le vesti di Samael appaiono ad ogni interlocutore nella forma che sarebbe più utile a rassicurarlo e farlo sentire a proprio agio. Ognuno dei presenti vedrà il portatore indossare un indumento differente e nessuno potrà dire di aver visto la reale forma di queste miracolose vesti.
L'ELEGANZA E' ESSENZIALE × Le vesti saranno indistruttibili per qualsiasi colpo d’arma o d’incanto, che si limiterà a passarvi attraverso senza in alcun modo macchiarle o danneggiarle. I colpi ovviamente, se non opportunamente deviati, andranno però a colpire il corpo della giovane, provocandogli normalmente dei danni.


ATTIVE—

NESSUNA × ///


ANNOTAZIONI—

Infinite scuse per l'assurdo ritardo ç_ç
Il post è molto breve e rapido, non dovendo fare granché da parte mia se non proseguire nell'avanzata del tunnel, per l'assalto frontale alle truppe di Doctor. Ho introdotto il punto di vista di Adalvaldr, che vedrà e vivrà tutto dal POV delle truppe, spero per lui il più a lungo possibile.
Prima mi sono dimenticata di specificare che come artificio per farmi seguire così di buon grado dagli uomini ho pensato di far leva sulla passiva "presenza angelica", che in qualche modo giustifica la presa di posizione di Samael nei confronti del mio gruppo di png.

 
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view post Posted on 30/3/2013, 12:40
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Ad Agio Nel Disagio
·········

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Gocce di rugiada sugli sparuti fili d'erba scintillavano vitree, innaturali, lacrime versate dal Titano per il morbo che lo divorava dall'interno, lamento della terra corrosa da quello stormo malevolo d'abominevoli creature. I ciuffi scarmigliati, se non sconquassati dall'impetuosa brezza montana, ondeggiavano pacati al riparo delle rocce eterne facendo scintillare le perle d'acqua, illuminate appena dai primi riflessi del sole ancora nascosto dall'orizzonte e dalle vette vicine.
Come ogni volta, Lazarus si lasciò assorbire completamente da quei particolari insignificanti, perdendo la concezione del tempo, avanzando in silenzio.
Persino alle pendici della tana di Doc, persino in capo al mondo dove la nuda roccia abbracciava ogni cosa privando l'Eden del suo verdeggiante bagaglio di incontenibile natura, persino li la bellezza si faceva spazio tra i pensieri contorti del giocattolaio. Un barlume perlaceo, un cantuccio pacifico nella bruma mattutina.
I mostruosi abomini partoriti dal dottore. Il sangue versato quel giorno.
Mise il piede in fallo, imprecando a bassa voce mentre barcollava per un istante appena prima di riprender l'equilibrio; un frammento di friabile roccia discese il crinale rotolando per fermarsi pochi metri più sotto, immota. Alzò lo sguardo sul cavaliere che lo precedeva in cerca di un ammonimento, uno sguardo sprezzante.
Nulla rispose, se non il freddo pungente. Il Trono del Titano attendeva in silenzio, mela mangiata dai vermi, ed il piccolo gruppo ad esso era fuso, con esso vibrava, invisibile punta di diamante di quella folle missione.
Ancora una volta il vento squassò il mantello consunto del giocattolaio, riscuotendo la sua mente e facendogli socchiudere gli occhi per schermarsi.
Il momento non era ancora giunto.



_____________ Trono del Titano, contingente Nord_____


Non era mai stato un guerriero, lui. Suo padre aveva rivoltato le zolle di terra per sessant'anni, laggiù, dove l'Erydlyss sfumava dolcemente in piccole chiazze di duro terreno congelato, verso Erynbaran; e il padre di suo padre prima ancora aveva aiutato il suo genitore a dar vita a quel piccolo miracolo ed a costruire la fattoria, a recintare il minuscolo appezzamento di terra fertile che era sorto per grazia di chissà quale divinità ai confini del mondo, e così era stato per tre generazioni, nella terra del Clan che non esiste.
E del Clan, a Cecio, non era mai importato nulla. Ne aveva sentito parlare in paese qualche volta, quando nella taverna gli avventurieri raccontavano storie di grandi mali ed eroi; ma lui in paese non andava quasi mai, e quelle storie non le capiva. Si limitava a cenare in silenzio col suo tozzo di pane, pronto ad affrontare il mattino dopo la lunga scarpinata che l'avrebbe riportato a casa, dalla sua famiglia. In paese vendeva sementi ed acquistava, di tanto in tanto, dei fiocchi colorati per le figlie, uno scampolo per la moglie, una zappa nuova quando le sue mani ruvide levigavano il manico della precedente sino a renderla sottile come un ramo di frassino.
Ma quella volta, dopo i tre lunghi giorni di viaggio - il vecchio asino a fianco, carico di sacchi di legumi - il paese non l'aveva trovato.
Non era un guerriero, abbiamo detto, ne si riteneva un gran pensatore. Suo padre l'aveva chiamato Cecio perchè cocciuto e coriaceo, ma lui un cecio non sapeva neppure cosa fosse, ed in paese qualcuno insinuava fosse anche sbagliato. Avrebbe potuto scriverlo, ma nessuno glie l'aveva insegnato, come del resto non sapeva leggere, né disquisire di politica, o di filosofia e di retorica. Eppure era certo che il villaggio in una stagione non poteva sparire.
S'era addentrato tra le rovine, accampandosi tra i muri diroccati, ma nulla aveva trovato ed a mani vuote era tornato alla fattoria.
Si, forse era un po' stupido, Cecio, ma non era certo un animale, e l'orrore che trovò alla fattoria non l'avrebbe raccontato mai a nessuno. La sua semplice mente non trovò spiegazione alle fiamme, agli animali sgozzati, ai corpi carbonizzati; l'asino s'era impennato, gettando a terra i sacchi di iuta e come posseduto aveva scalciato, galoppando schiumante verso le montagne. Ma lui era rimasto immobile, ad osservare in lontananza lo stormo di Doctor svanire oltre le vette, tra le grinfie ciò che aveva di più caro al mondo. Quando le fiamme non avevano trovato più nulla da consumare aveva seppellito il corpo annerito, mutilato, ne aveva ricomposto gli arti spezzati e coperto il volto sconvolto in un grido silenzioso con il telo di iuta. Aveva pianto ed urlato, urlato fino a non aver più voce, e la voce l'aveva lasciata tra le travi carbonizzate assieme agli affetti ed al cuore.
Aveva seguito la scia dello stormo, come altri prima di lui, in cerca delle due bambine che gli aviani gli avevano sottratto. Aveva imparato ad impugnare una spada, e le lance eran come il suo vecchio forcone, il falcetto per mietere una nuova arma per farsi strada tra quei mostri. In silenzio, al freddo, fino ad imbattersi in una storia, un sussurro, una chiamata alle armi. Era stato difficile per lui, muto, farsi capire da Madame Rochelle; così raffinata ai suoi occhi gli aveva consegnato il plico, ed in breve anche Cecio si era unito alla crociata di Kreisler. Freddo, mostruosità piumate, la morte, nulla gli importava se non quel semplice, primordiale sentimento che conservava - assieme a un nasctrino bruciacchiato legato al polso. Avrebbe combattuto Doctor per sé fino alla morte, come tanti assieme a lui.
La donna in armatura avanzò verso le montagne, ma Cecio non aveva un Dio a cui rivolgersi. Aveva solo la sua spada, le sue mani callose, e una vendetta da compiere. Con passo risoluto il contadino si avviò assieme agli altri al fianco di Samael, verso la battaglia.


Ok, eccomi qui in grande ritardo (?). Volevo vedere cos'avrebbe scritto Alex, ma per il ritardo ho preferito postare e basta. Ho provato a sviluppare un png in maniera parallela; è accennato appena, ha una psicologia elementare, probabilmente non lo riprenderò nei prossimi post ma mi è sembrata un idea simpatica anche dopo ciò che ha suggerito Bastard. Spero che la lettura sia abbastanza scorrevole, questo non è periodo ma hei, un impegno è un impegno e tengo molto a questa quest. Scusate ancora per il ritardo.






 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 14/4/2013, 16:27




L'eco delle parole svanì nella penombra della caverna.
Solo il silenzio rimase fra Doctor e Lily, sporco del ticchettio dei meccanismi nel corpo di lui, dello sporadico gocciolio d'acqua da una stalattite lontana.
Calmi, sospettosamente calmi, gli uomini che la scienziata aveva appena consegnato alla morte - o a un destino migliore a seconda dei punti di vista - fecero un passo avanti. Attraverso le lenti affumicate che sovrastavano il becco adunco della maschera, Doctor li squadrò. Erano forse rassegnati? O semplicemente quella ragazzina era più in gamba di quanto mostrava di essere e ne aveva eradicato la volontà?
Valutò, Doctor. Soppesò le tante variabili di quella complicata equazione per pochi istanti: era una situazione strana, quella in cui la sua interlocutrice si metteva. E il vantaggio che ne avrebbe tratto era ancora nascosto a lui. Gli parve però di scorgere uno scintillio, un barlume negli occhi di lei che gli sembrava familiare.
Un frullo di armonici nell'ocarina nascosta nel becco, poi le parole.

- Tu desideri conoscenza.
Mi offri cavie per i miei eperimenti in cambio di uno sguardo sulle mie ricerche, non è così?
-

Inspirò, l'aria riempì i polmoni sibilando con fischio basso e quasi modulato. Dietro di lui, un frullo d'ali come di creature delle profondità svegliate di soprassalto. Quasi si divertiva a lasciare ponderose pause ad effetto tra le sue parole, quasi a rimarcare l'importanza di queste, o a sottolineare come ogni affermazione nella scienza dovesse essere provata e verificata.
Verificare, sì: avrebbe subito verificato se la sedicente alleata avesse detto il falso o meno. Ma per il momento aveva dieci meravigliosi soggetti su cui sperimentare una teoria che non aveva fatto in tempo ad applicare sugli abitanti di Gefahrdorf, e di Schneeweg prima di loro, e di Wettenfahre prima ancora. Levò una mano.
Clic.

- In tal caso le accetto volentieri.
Non me ne avrai se decido di utilizzarle qui e ora, no?
-

Un foro si allargò nel palmo, un miasma violaceo ne sortì, spinto dalla pressione oltre le spalle della dottoressa, verso le cavie. Qualcuno gridò, qualcuno provò a scappare e si trovò la strada bloccata dalla mole del drago. Uno di essi riuscì addirittura ad oltrepassare la bestia in uno scatto disperato, solo per gettarsi nel vuoto oltre il bordo del crinale roccioso più in là. Idiota.
In poco tempo tutti loro si contorcevano per terra, la pelle che fioriva di escrescenze ed esplodeva di pus, i muscoli che pulsavano e si gonfiavano a vista d'occhio.
Il Dottore li guardò ammirato, l'espressione indecifrabile dietro la maschera; poi di rivolse alla forse alleata.

- Sappi per cominciare che è questo ciò che occupa le mie ricerche ultimamente. Una malattia di nome Gullhiw, un flagello creato dagli uomini e dagli dei che può falciare un'intera città in una notte, massimo due.
Non trovi così affascinante che la perversione di una malattia del genere stia nel trasformare i deboli in creature abbastanza potenti e prive di senno da uccidere a sangue freddo chiunque vi abbia resistito?
-

Indicò gli ammassi di carne e muscoli che poco prima erano stati esseri umani: si alzarono grugnendo, si guardarono per un istante, si avventarono gli uni sugli altri, le labbra arricciate a scoprire zanne animalesche.
Gullhiw, pensò ancora mentre il braccio lentamente si abbassava, centimetro dopo centimetro, scatto dopo scatto. L'unico smacco alla sua intera carriera, uno smacco che avrebbe presto lavato col sangue.



littleqmpointwinterreis[size=1]Bene, credo che la parte di Lily sia abbastanza chiara. I png subiscono autoconclusivamente la tecnica che li porta a trasformarsi in bruti in maniera molto simile al maleficio della campana di Gefahrdorf, di cui potete trovare più informazioni nel capitolo 2 della campagna [qui]. Fa poi menzione della Gullhiw, di cui alcuni cenni sono dati nell'Antefatto [qui].
A te sta il compito di fronteggiare questa situazione: gli ex uomini saranno impegnati a scannarsi tra loro e non attaccheranno Lily a meno che ella non attacchi loro.
Odin, Alex e Kita, nei meandri bui dei tunnel davanti a voi sentite un frullo d'ali farsi via via più vicino alle vostre squadre. Avete i consueti due slot tecnica per post. Scrivetemi le vostre reazioni in Confronto possibilmente entro tre giorni (si tratta solo di descrivere cosa fare e vorrei recuperare il tempo perduto, ma non sarò severo con eventuali ritardi perché ne ho fatti anch'io), oltre i quali descriverò che cosa le vostre azioni causano e vi darò il via libera per preparare il post.
Coraggio, siamo entrati nel vivo!

Nota: Non che non mi fidi di voi, ma per prevenire il metagame in maniera più autentica e meno forzata tipo "ah quindi Doc usa la tecnica blabla, troviamo una scusa per far difendere il pg in maniera credibile senza che sappia che tecnica è" non specificherò le tecniche di Doc se non per il consumo e per gli effetti che saranno percepibili anche ai vostri pg: dovrete essere voi a intuirle, magari anche dando uno sguardo alla sua scheda. Spero apprezziate.
 
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20 replies since 9/2/2013, 07:52   557 views
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