Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

The Price of Vengeance, « Goryo - Main Quest »

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Nergal.
view post Posted on 6/3/2013, 14:32 by: Nergal.





Avvicinarsi. Marciare. Il cuore che batteva sempre di più e le mani callose stringevano else e lance; scudi e mazze. Chi a cavallo faceva spaziare il suo sguardo verso l’orizzonte laggiù, vicino al loro obbiettivo che appariva come un diamante incastonato. Luce e tenebre e insieme il vento ferale prima dello scontro. I cavalli nitrirono a lungo assaporando quel vento di morte consci anche loro della battaglia che tra poco, su nere ali, sarebbe giunta.
Il lungo Drago di ferro riluceva al sole dell’Obrun e i passi rimbombavano per tutta la landa; parole e sussurri nel ventre del Drago. Chi più e chi meno era pronto. Chi sputava per terra, chi controllava per l’ultima volta il filo della sua compagna, che a lungo era stata più importante che il ventre materno, chi si guardava attorno stringendo con forza la lancia.
Chi dava l’ultima pacca, conscio che forse non c’è ne sarebbero state altre, al proprio compagno di mille e passa battaglie.
Chi si pisciava sotto. Ingenuo e sbarbo alla sua prima battaglia, al suo primo gioco con quella roulette infernale dove la pallina era la lui stesso e la posta la morte. Mille modi e mille scaramanzie. E tra loro c’era chi restava immobile e calmo. I veterani. Uomini duri con mille cicatrici e occhi che avevano visto più sangue di quanto ne potessero contenere trenta corpi. Coloro che masticavano tabacco, che erano fermi come statue di sale, che i loro occhi erano calmi ma dentro divampava il fuoco della battaglia. Pochi gesti e parole e il sapere. Consci di che significava essere in battaglia. Il respiro greve e gli occhi si chiusero…in attesa.
Tra tutta questa moltitudine il Perduto accarezzava la sua fidata elsa e dentro di lui cominciò quel ronzio tanto conosciuto ma insieme così misterioso. Sentiva crescere qualcosa, come un cancro che si espandeva, e sentiva qualcosa sussurrargli qualcosa. Cosa non lo sapeva dire neanche lui…ma vi era. Lo sentiva e tanto bastava a far si che, mentre Vergil rutilò fiamme nere e acciaio di fronte al sole, lui si sentisse vivo e pronto.
Uno sguardo verso la tana, l’ALVEARE. Il rifugio dei Kaeldran su questa terra. E più si avvicinavano e più diventava grande, enorme, svettava su di loro come un gigante: Davide contro Golia quasi. Ma qui Davide era il Goryo: un armata di assassini, guerrieri, mercenari forgiati nel fuoco di mille battaglie. E il loro esercito era si maestoso e grande ma chi lo componeva era come un demone scappato dal più profondo dei recessi infernali. E i fili delle lame, delle asce, delle alabarde, svettavano contro l’orizzonte e il sole e sembravano quasi tagliare a metà il cielo e la terra.
Lungo e maestoso quel Drago d’acciaio ma pronto a rutilare fuoco, fiamme, sangue e visceri di coloro che avevano tentato di essere così superbi da averli sfidati. Un pessimo errore? La guerra lo avrebbe detto molto presto.
Si fermarono. Lo sguardo al cielo. Mille punti neri che diventavano sempre più grandi. I primi urli. Prime bestemmie e imprecazioni. Le prime direttive. E il primo sangue.
Gli occhi del nero spadaccino fissi, la lama di Vergil davanti a sé. Gli occhi chiusi a concentrarsi a sentire la voce dentro di sé e a vibrare insieme alla sua fida compagna. Qualcosa di impercettibile uscì da quelle labbra – cosa non era dato sapere se una preghiera o qualcos’altro – e poi il mantello svolazzò. Gli occhi si aprirono e Vergil danzò.
La guerra era iniziata infine. Polvere e grida. I primi assalti del nemico fermati e Erlik sentì qualcosa; un avvertimento che non era finita qui anzi. Non era così semplice. Non poteva esserlo e infatti il primo sangue fu versato.
I Kaeldran approfittarono di quell’euforia generale per portare il colpo e sbucare da sotto, letteralmente, i loro piedi. La prima linea completamente uccisa e braccia, gambe, teste, sangue e visceri macchiarono come in un quadro la terra dell’Orbrun.
Il cielo fu coperto da quella cortina verde, che emanavano i loro cadaveri, ma non si fidava. All’apparenza sembrava innocua ma visto quello che avevano fatto cinque secondi prima si domandava se non nascondessero qualche asso nella manica che non avevano preventivato.
Ma il tempo delle domande era finito e subito un Kaeldran lo attaccò: se ne accorse all’ultimo e un ferita lieve e di striscio comparve sul suo braccio sinistro. Era il momento della battaglia e si gettò nella mischia.
Scattò verso il suo nemico facendogli aprire la guardia e scartando a destra colpì forte e affondò la sua Okatana dentro le visceri del nemico. Il sangue zampillò andando a bagnare lama, vesti e viso. Un rantolo e si accasciò. Ma subito eccone altri e Vergil cominciò a danzare.
Il Goryo cominciava l’assalto.

Tra la polvere e le urla Erlik continuava la sua strage personale e la sua armatura da nera era diventata a macchie rosse che lo rendevano spettrale. Il viso e la barba macchiati di sangue rappreso e gli occhi e Vergil acuti e pronti ad uccidere chiunque si fosse frapposto fra lui e la sua lama. Nera come la notte e il sangue zampillò da essa colando verso l’elsa di un bianco perlaceo e il sudore e il sangue si mischiarono. Cozzarono le lame. Si infransero scudi e armature. Urla e compagni che venivano brutalmente uccisi. Chi si proteggeva a vicenda chi si gettava con furore guerriero tra decine di nemici non fuoriuscendone più. Chi urlava. Chi bestemmiava e chi rantolava l’ultimo respiro. Tra amici e nemici un polverone e il caos. L’assurdo caos della guerra dove l’uomo è solo un animale e gli istinti più bassi fanno capolino deformando volti e animi. Niente gloria. Niente onore. Non durante quella carneficina efferata dove il più forte vive e il più debole muore. Dove tra sangue e intestini che fuoriuscivano e mani tremanti che cercavano, in un ultimo disperato anelito di vita, di fermare la morte che avanzava.
Il nero calice era colmo e Lei si saziava a volontà. E Vergil rutilava sangue e morte cozzando contro quelle armature ossee e armi innaturali avendo ciò per cui era stata fabbricata.
Contro giganti e contro esseri più piccoli Erlik combatteva e mille ferite comparvero ma nulla che lo potesse fermare e poi li vide. In mezzo a quel caos e a quella polvere vide due guerrieri, uno di essi lo stesso generale delal sera prima, attorniati da un folto gruppo di nemici. Troppi perché potessero difendersi e si gettò in mezzo senza pensarci due volte e più la sua spada si alzava e si abbassava e più i suoi occhi divennero viola dal nero che erano.
E poi infilzando la lama a terra un muro enorme, sorto da chissà quale inferno, proruppe dal terreno. Immenso e spettrale e tra ossa e spade il nero cancello, che faceva la guardia alla nera città di Eblys, sorse e protesse quei tre uomini. Il nemico si gettò sul nero cancello ma nulla poteva scalfirlo; un cenno d’intensa con quei due e partecipò pure lui.
Non una parola solo un breve cenno con la testa; erano in guerra e lui abbastanza esperto per capire cosa stava per accadere: l’unione fa la forza si dice e lui avrebbe fatto gruppo in quel momento per portarne quanti più possibile nella tomba.
Si discostò un poco da quei due e i suoi occhi furono completamenti viola; viola scuro e profondi come i neri abissi infernali. Approfittò di quel momento in cui il nemico sembrava stranamente impacciato come se i loro occhi, mente e anima fossero preda di chissà quali lacci invisibili per portare vergil in alto. E sopra di loro, in alto in quel cielo oscurato da polvere, sangue e morte, comparve una nera costellazione che nessuna carta astrale poteva aver disegnato.
Quello era il simbolo della morte. Il nero pendolo che scandiva il momento ferale. Il simbolo di Samael che aveva deciso morte per quei sconsiderati.
E poi fece coppia con quei due e si gettò nella mischia per vincere.



Erlik Khan
Energia: Gialla Pericolosità: G CS: +1 Destrezza
Status fisico:
Status Psichico: Consumi energetici in questo turno: 22%; 22%
Riserva energetica residua: 56%

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Abilità Passive:
Abilità razziale: Presenza demoniaca ~ Per quanto possano essersi pentiti del loro passato, o essere in redenzione, gli Avatar di stampo demoniaco sono comunque e in ogni caso delle creature infernali verso le quali le altre razze non si fideranno mai, o comunque non completamente. Le loro origini non possono certo essere ignorate ed è per questo, infatti, che i demoni incutono un lieve timore in chiunque gli stia accanto, purché questo non sia un demone stesso, e che sia di energia pari o inferiore all'agente.
Non importa il carattere e l'allineamento del demone, quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dai sopracitati fattori.

[Passiva Razziale].

Incantaspade: I guerrieri che si accostano a questa linea di pensiero sono oltremodo distinguibili dalla massa poiché detentori di armi dalle caratteristiche eccezionali. Non solo acciaio, non solo la blanda e usuale forgiatura del metallo, ma in esse risiede un vero e proprio cuore, un’anima viva e pulsante. Ma come un qualunque genitore, per quanto imparziale coi suoi figli, tenderà sempre a prediligerne uno e uno solo, tanto che l’armigero riuscirà a infondere la capacità di indistruttibilità nella sua arma eletta nonostante gli attacchi che le potrebbero venir mossi, difendendone l'integrità.

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Abilità Attivate:
Pergamena Costellazione. Consumo Alto

Pergamena Muro d' ossa. Consumo Alto



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Riassunto e Note:
In accordo con Lud e Azazel casto muro d’ossa per proteggerli entrambi. In seguito visto che mi accorgo che i Kaeldran sono come presi da qualcos’altro, appunto l’illusione ma che io non ho descritto visto che non ne sono colpito, mi sposto e casto costellazione. Sia per finirli nel turno successivo e per prevenire un eventuale attacco.
Il resto è pura scena anche i combattimenti prima di questo li ho immessi come un aggiunta per farmi arrivare fino a qui ed essere il più realistico possibile; spero che non abbia fatto fesserie.


CONSUMI UTILIZZATI: ALTO + ALTO


 
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30 replies since 14/2/2013, 19:25   936 views
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