Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Il Re degli Elfi

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view post Posted on 11/3/2013, 21:26

Esperto
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Oltre la Barriera.

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Padre, padre mio! Non riesci a sentire

Mein Vater, mein Vater, und hörest du nicht

le promesse che mi sussurra il Re degli Elfi?

Was Erlenkönig mir leise verspricht?

Stai tranquillo, tranquillo piccolo mio

Sei ruhig, bleibe ruhig, mein Kind

Sono solo le foglie secchie che frusciano nel vento

In dürren Blättern säuselt der Wind


Le imposte della locanda sbattevano con violenza nella notte: un vento gelido si era levato da nord e ululava tra i vicoli come un animale ferito.

- Dannazione! - imprecò sottovoce il locandiere. Era la seconda volta che gli toccava alzarsi dal letto per andare a bloccare le sicure agli scuri di legno per evitare che la violenza di quei colpi disturbasse i suoi ospiti e sfasciasse le finestre. Ma affacciandosi nell'aria gelida della notte notò una sagoma scura che si muoveva nel cortile.

- Ehi! Ehi voi! - gridò.

Un lampo illuminò per un istante l'aia, e l'oste riconobbe il volto barbuto dell'uomo che aveva preso una stanza poche ore prima insieme a suo figlio, un ragazzetto gracile sui dodici anni dall'aria stanca e non troppo in salute.

- Voi, dico! Sta arrivando una tempesta da nord, tornate dentro!

- E' peggiorato! - gridò di rimando l'uomo. Al locandiere non sfuggì la nota di disperazione che incrinava la sua voce, sebbene l'urlo del vento coprisse quasi le sue parole. E improvvisamente si accorse che l'uomo stava sistemando sul cavallo non un sacco informe, come gli era parso in principio: era il ragazzo, accasciato e apparentemente esanime alla luce dei lampi.

- Ma cosa fate? Con questo tempo non farete altro che peggiorare le cose!

- C'è un dottore dall'altra parte della foresta, devo raggiungerlo!

L'uomo balzò in sella, stringendo a sé il figlio. L'oste corse giù dalle scale a rotta di collo, ruzzolando sugli ultimi gradini; ma quando spalancò la porta della locanda per raggiungere il suo ospite nella speranza di dissuaderlo, questi aveva già spronato il cavallo che si era lanciato con un nitrito nell'oscurità. Strinse le braccia sul petto e scrollò le spalle, rabbrividendo nella camicia da notte. Il cielo era di un nero denso, le coltri fitte di nubi non lasciavano intravedere nemmeno una lama di luna: solo i lampi rischiaravano di tanto in tanto il paesaggio, rendendolo spettrale e deforme.
Borbottò qualcosa prima di chiudere la porta e tornarsene a letto; ma poi fissò le imposte con cura e la locanda tornò buia e silenziosa, al sicuro dalla tempesta.

jpg


- Papà...

La voce era così flebile che l'uomo non udì subito il richiamo del figlio. Era avvolto in una pesante cappa scura che proteggeva lui e il suo bambino dalla pioggia che aveva iniziato a battere sferzante sul suo viso, ma non poteva nascondersi dall'ululato del vento che sembrava portare alle sue orecchie echi lontani di canti, grida e gemiti di paura.

- Papà... Lo senti anche tu?

- Cosa, figlio mio? Cosa senti?

- La sua voce...Mi sta chiamando...Vuole che vada da lui...

- Cosa stai dicendo Javor? Quale voce? Non c'è nessuno qui!

- E' lui, papà...Mi vuole...

- Stai tranquillo figliolo, è solo il vento. Senti? - l'intensità della tempesta crebbe ancora, e la sua voce era a malapena udibile sopra il fragore degli elementi.

- No, no...E' il Re degli Elfi...

Un brivido che non aveva nulla a che fare con la pioggia gelata gli percorse la spina dorsale. Il Re degli Elfi era un personaggio inventato, una di quelle storie che si raccontavano ai bambini per tenerli buoni con la minaccia di farli portare via da lui. Storie inquietanti di bambini spariti nella notte, racconti di vecchie superstiziose al limite, ma pur sempre storie.
E Javor era un po' troppo grande per credere ancora a quelle sciocchezze: l'uomo si chinò su di lui, preoccupato: la febbre sembrava divorarlo.

- Papà, papà! - il grido terrorizzato del ragazzo lo fece sobbalzare sulla sella. - Stanno venendo a prendermi! Le vedi? Le vedi?

- Javor, calmati ora! Non c'è nessuno laggiù! - seguì con lo sguardo la mano tremante di suo figlio che indicava un punto poco lontano avanti a loro.

- Guarda, Javor: sono solo i salici. Il vento li fa piegare, e la febbre ti fa vedere delle follie. Ora chiudi gli occhi...

- No, no...Sono le sue figlie...Mi chiamano, vogliono che io vada a giocare con loro...Ma io non voglio papà!

L'uomo sospirò e spronò il cavallo. Quella notte infernale sarebbe finita presto, e tra le mura calde della casa del dottore Javor non avrebbe più pensato a quelle allucinazioni.

- Papà! - il terrore nella voce del ragazzo era straziante. - E' qui, è qui!

Il vento turbinava attorno a loro con tale violenza che il cavallo pareva barcollare. Si impennò e nitrì furiosamente, costringendo l'uomo a fermarlo per calmarlo. E in quell'istante gli parve di udire una nenia leggera di fanciulle, come di un girotondo malinconico. Lo sguardo corse involontariamente ai salici che suo figlio aveva scambiato per donne, e mentalmente maledisse la sua suggestionabilità.

- Sei un bel bambino, vieni con me...

- Padre!

Ma questa volta anche l'uomo aveva percepito qualcosa di più che una folata di vento. Era un sibilo infido e suadente, dolce e pericoloso come il bacio di una donna.

- Vieni, vieni da me...Diventerai il mio bambino...E se non vorrai, ti prenderò.

- No, NO! Via, vai via!

L'uomo gridava, non sapeva nemmeno lui a cosa. Al vento, agli alberi impazziti, alla pioggia che batteva implacabile sulle loro vite maledette.
Diede un brusco strattone di redini: avrebbe spronato quella bestia a sangue se necessario, ma doveva portare il suo bambino al sicuro. Galopparono per tutta la notte, finchè cavallo e cavaliere non giunsero stremati alle porte della locanda: non si era fidato a proseguire il viaggio in quella foresta infernale. Il bambino si era forse addormentato dalla stanchezza, perché la sua voce disperata era via via diventata sempre più flebile fino a spegnersi.

Quando lo chiamarono, l'oste pensò che qualcuno si fosse sentito male nel suo cortile. C'era un cavaliere seduto nel fango, circondato dalle pozzanghere che riflettevano il debole sole dell'alba; quando riconobbe l'uomo che si era allontanato in fretta e furia poche ore prima si precipitò da lui, temendo che fosse accaduto qualcosa al ragazzo. Ma di lui non c'era traccia. L'uomo stringeva tra le mani un mantello nero con tanta forza che le unghie gli si erano conficcate nel palmo. Quando alzò lo sguardo, il locandiere fece un passo indietro per lo spavento: aveva gli occhi rossi e gonfi di stanchezza,senza lacrime ma come morti dentro. Lo guardò senza vederlo, tendendogli il mantello con mano tremante.

- A-iu-tatemi...Aiutatemi a ritrovare mio figlio...




Avanti, avanti verso la distruzione

Weiter, weiter ins Verderben

Dobbiamo vivere fino alla morte

Wir müssen leben bis wir sterben

L'uomo non appartiene all'aria

Der Mensch gehört nicht in die Luft

Così il Signore in cielo ordina

So der Herr im Himmel ruft

ai suoi figli nel vento

seine Söhne auf dem Wind

Portatemi quel bambino

Bringt mir dieses Menschenkind


CITAZIONE
QM Point

Benvenuti alla quest Il Re degli Elfi! Come premesso nel bando d'iscrizione si tratta di una quest di addestramento, ma il suo svolgimento non si discosterà da quello di una normale quest. L'unica differenza è che di volta in volta fornirò eventuali suggerimenti e correzioni che potrebbero essere utili ai fini di un miglioramento personale.

Nel vostro primo post il parametro a cui dovrete stare maggiormente attenti è la scrittura. Si tratta di un post esclusivamente narrativo, quindi date sfogo alla creatività.

Background: Da qualche tempo circolano voci di misteriose sparizioni di bambini nei villaggi del Nord; si vociferano le teorie più disparate, ma quella che pare più assurda è la diceria secondo cui i bambini siano stati rapiti dal Re degli Elfi: un personaggio che abita nelle leggende e nei miti più antichi e di cui narrano le favole macabre raccontate dalle vecchie balie per far star buoni i bambini. I bambini sono tutti spariti in notti di temporale, e mai più ritrovati.
Vostro compito è raccontare una scena analoga alla mia (ma naturalmente a modo vostro), giustificando il fatto che il vostro pg si trovi coinvolto in queste sparizioni. Potete liberamente scegliere se, poniamo, avete assistito personalmente a una sparizione, ve l'hanno raccontata, ne avete sentito parlare, vi hanno ingaggiati per risolvere il mistero, e chi più ne ha più ne metta. Ricordate che, in base a come la storia è stata tramandata, la vicenda potrà assumere connotati diversi a seconda di chi racconta la storia (un mercante, una donna anziana, un ladro, ecc ecc). L'importante è che si parli di una (o più) di queste sparizioni e che capiate, dai racconti di qualcuno o per qualche altra ragione, che in qualche modo la Locanda del Pianoro di Galwynd (dove il mio post è ambientato), potrebbe essere la chiave per risolvere la vicenda. La Locanda sarà dunque è il vostro punto d'arrivo (e qui terminerete il post). Galwynd è un paese piccolo ma ben organizzato, dove tutti si conoscono e lavorano in cooperazione per combattere le avverse condizioni naturali della regione di Samarbethe.

Potete postare fino alla mezzanotte di sabato 16 marzo; per qualunque domanda o commento, vi rimando al topic in Confronto. Buona Quest a tutti!!

Consigli random in caso di emergenza.

- Nessuno pretende che voi creiate uno scritto dal nulla. E' lecito prendere spunto da qualcosa di extra-narrativo che vi ispira, che sia un'immagine, una canzone o una poesia (come ho fatto io per il mio post). L'importante è poi la vostra rielaborazione, che DEVE essere originale e personalizzata in base al vostro pg.

- Decidete sempre prima di cominciare quale sarà il punto di vista della narrazione. E' il vostro pg che parla? Allora ricordate che il punto di vista sarà soggettivo e limitato, ma molto caratterizzante. E' un narratore esterno onnisciente? Potrete raccontare tutto ciò che avviene, ma rischiate la spersonalizzazione dello scritto. E' un narratore esterno non onnisciente? Allora ricordatevi di tenere sempre presente cosa sa e cosa non sa, e potrete dargli una buona caratterizzazione.

- Sembra scontato, ma meglio dirlo una volta in più: controllate i tempi verbali. O è al passato o è al presente.

- I casi sopracitati ovviamente sono regole di massima che possono essere stravolte per motivi "artistici". In tal caso, abbiate un buon motivo per farlo.
 
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KungLao
view post Posted on 15/3/2013, 16:49






One, Two: King's Elf's coming for you;
Three, Four: Better lock your door;
Five, Six: Go to Galwynd inn;
Seven, Eight: Gonna stay up late;
Nine, Ten: Never sleep again.



Rumore di pioggia, lento bisbiglio alla mente che non trova risposta.
Silenzio dell'animo, senso di vuoto che accresce sempre più, senza posa.
"Cosa m'ha portato sin qui? Per quale ragione ci ritroviamo ora in queste terre?
Denaro? Onore? Giustizia?
Giustizia...
No, ovviamente no.
Allora perché, perché non sono in grado di capire cosa provo?
"



Un lento gocciare, presagio forse d'un imminente tempesta, offusca il già cupo ambiente.
Valante osserva silente il giardino attraverso la piccola finestra un po' annebbiata per via dell'umidità.
Il vento spira sempre più forte, e di pari passo il fremito delle foglie impone la propria presenza. Le poche giostre presenti in giardino – segno che un tempo la locanda doveva essere un ritrovo per famiglie e non quel lugubre ostello frequentato pressocché unicamente da puttane e dai loro clienti – si muovono lentamente, donando un'irreale atmosfera che viene resa ancor più tetra dal cigolio del ferro che par non essere oliato ormai da decenni.
"Chi è il re degli elfi?"
La voce di Esmeralda penetra nella mente dell'assassino, quasi risvegliandolo dal lungo sonno in cui pareva precipitare sempre più.
Questi dirige lo sguardo verso la bambina, la osserva senza mostrar espressione alcuna che possa palesar il suo stato d'animo, ma il tono della voce tradisce una leggera sorpresa.
"Chi te ne ha parlato?"
"Le sue figlie. Dicono che mi vogliono"
Valante sospira leggermente, spostando il suo sguardo nel vuoto per qualche istante. Poi afferra un foglio e con un vecchio pennello inizia ad abbozzare un disegno.
"Vai a dormire, è tardi"
"Ma non ho sonno! Ed ho paura a dormire da sola... Posso stare qui stanotte?"
Controbatte la bambina con una voce leggermente titubante mentre con l'aria un po' impacciata avvolge un dito in una ciocca dei suoi lunghi capelli, intrecciandola per poi scioglierla subito dopo.
"Chi ti ha parlato del re degli elfi?"
Ripete Valante. Non ama parlare a vuoto, e non nasconde il fastidio di dover ribadire quanto già detto.
"Uff, te l'ho detto, perché non mi credi?"
"Non esiste il re degli elfi"
"Ma le sue figlie hanno detto-"
"Non hanno detto nulla! Vai a dormire, Sei grande per fare i capricci"
La interrompe bruscamente. In genere non è severo come potrebbe sembrare, ma la storia comincia ad infastidirlo ed ha la mente impegnata da troppi pensieri per poter dar conto alle fantasie d'una bambina,
Esmeralda lo osserva per qualche attimo, ne cerca lo sguardo senza trovarlo. A stento riesce a trattenere le lacrime, e trascinandosi fuori con passo incerto, biascia qualche parola.
"Ecco, me ne vado..."
"Oh, sì. Vieni con me"
Questa volta non è stata la bambina a parlare. Nè Valante. No, da altri proviene questa voce, Una voce tangibile, eppur quasi mistica, che pare insediarsi nella mente dell'assassino come una sudicia carezza viziosa.
Non una parola è pronunziata da Valante, non un grido è da questi udito, ma quando si precipita fuori resta allibito nell'osservar che non v'è nessuno. Non Esmeralda, non l'enigmatica figura che ha poc'anzi parlato.
Il vento si intensifica ed il già preannunciato temporale pare prender forma, quasi ad esigere rispetto da ciò che lo attorna. L'altalena inizia a dondolare come se vi fosse qualcuno a baloccarsi o forse a prendesi gioco dell'assassino. Un vecchio cipresso comincia a fremere ed a battere i propri rami sul già martoriato vetro d'una vecchia finestra. Ed ecco arrivar il pronunciato fluire della tempesta.
"Esmeralda..."
Lento sussurro che si perde nel soffio del vento.

asagmt


Passano i giorni e le notti, ma della bambina nessuna traccia.
Valante la ha cercata in lungo ed in largo, ha scavato nella mente di diversi figuri, ma tutto il suo agire è stato vano.
Forse però, la risposta è proprio nella sua di mente.
Il re degli elfi.
Egli la ha sempre considerata nulla più d'una favola per bambini, eppur ora non sa più cosa credere.
Una filastrocca che canticchiava da bambino si fa spazio nella sua mente.

Uno, Due: il Re degli Elfi sta venendo per te;
Tre, Quattro: Meglio chiudere la tua porta;
Cinque, Sei: Va alla locanda Galwynd;
Sette, Otto: Rimarrai alzato fino a tardi;
Nove, Dieci: Non dormirai più!


La locanda di Galwynd.
Sì, è stupido ed infantile recarsi in luogo 'si ostico solo perché decantato da una filastrocca. Ma cos'altro fare?
Turbato dall'impulsività della sua decisione, dal fatto d'aver tradito la sua razionalità per dar retta all'istinto, Valante si reca nelle insidiose terre di Samaberthe sin giugnere nel metodico paesello di Galwynd.
"Perché, perché non le ho creduto?"
Il senso di colpa che mai lo ha abbandonato da quando Esmeralda è scomparsa viene ora affiancato da una crescente melanconia.
"Cosa mi aspetto di trovare in questa cittadina? E cosa mi rimarrà quando scoprirò che essa non ha nulla a che fare con il re degli Elfi?"
Lambiccandosi il cervello e lasciando che l'inquietudine prendesse possesso di sé, Valante traversa le porte del paese, che paiono ben più imponenti di quanto immaginasse.
Rustiche costruzioni dal solido aspetto sebrano esser impiantate lì da secoli. L'assassino si dimena silente tra i viottoli che le contornano, con passo inusualmente titubante, quasi stesse per cambiar direzione da un momento all'altro.
"Ma a chi prendo in giro? Non so neanche cosa cerco..."
Pensa infine, lasciando cadere il proprio corpo in maniera alquanto brusca, e rannicchiandosi vicino ad una parete.
Di fronte a lui un'ampia piazza prende forma. Non v'è molta gente, solo qualche operaio intento a costruir chi sa cosa.
E son proprio le voci di due di questi lavoratori che giungono alle orecchie di Valante.

"Hai visto? Pare sia scomparso un altro bambino l'altro giorno"
"Parli di quel ragazzino... Aspetta come si chiama... Jovar?"
"Javor, sì. Alloggiava alla locanda del Pianoro, pare che il padre avesse tentato di portarlo via durante un temporale: beh, alla locanda tornò solo il padre e del bambino nessuna traccia"
"Pensi che si tratti ancora del "Re degli Elfi?"
"Non lo so, Matrek, non so a che credere. Ma di certo sto iniziando a dubitare che sia solo una favola per bambini"
"Già, probabilmente hai ragione"
"Già"

"Dov'è questa locanda?"
Li interrompe l'assassino. La sua voce pare tremolante e trasuda un implicita insicurezza. Insicurezza mai mostrata prima d'ora ma che forse è celata nel suo animo da ben più tempo di quanto credesse, tanto che egli stesso resta sorpreso nell'udirne il suono.
"Sei nuovo di queste parti? Non conosci la locanda del Pianoro? Si trova a non più di qualche centinaia di piedi da qui, in quella direzione. Se aspetti un paio d'ore, possiamo portartici noi."
Risponde con un sorriso l'operaio, indicando con il tozzo braccio un angusto viale.
"No"
Conclude Valante, alzandosi in maniera un po' goffa e procedendo nella direzione indicatogli, sotto gli occhi stupiti ed un po' indignati dei due uomini.

"Questi stranieri non sanno proprio cos'è l'educazione..."
"Già, non dovrebbero permettergli di circolare liberamente nella città che NOI abbiamo costruito!"
"Dici bene..."

Non si cura delle voci che ancor giungono alle sue orecchie, l'assassino, mentre intravede in lontanza la locanda di cui parlavano i due operai.
Questa è relativamente isolata dal resto delle costruzione e non ha l'aria d'esser lussuosa.
Valante percorre il vasto giardino che la contorna, e passo dopo passo sente crescere in lui l'angoscia.
Il battito cardiaco inizia ad aumentare e gelide gocce di sudore percorrono il suo martoriato viso.
"Non so cosa troverò, ma... sì, andrò fino in fondo a questa faccenda".
La mano tremolante si posa sul gelido pomello, applica una leggera spinta ed il grosso portone si apre lentamente dinanzi a lui.
"Esmeralda, sto venendo a riprenderti"



Mi son ispirato alla canzoncina di Nightmare, e la ho modificata (rovinandola) per adattarla al contesto :8D:
 
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view post Posted on 16/3/2013, 15:44
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Studioso
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Il Re degli Elfi:
Richiesta d'aiuto.




Nuovle...il cielo sereno si rilassava sulla terra umida. Un grido caotico si sollevò dal centro della piazza.
Io e Wam'arn eravamo capitati per puro caso in quell'angolo di terra sperduto: una tempesta piuttosto violenta ci aveva presi impreparati sulla catena montuosa che circondava la valle e la foresta e così, vagando nel buio e nella pioggia, avevamo trovato un piccolo gruppo di case (non più di una dozzina) avvolte atorno a una piazzola al cui centro sorgeva un piccolo pozzo. Le case erano prevalentemente in legno e pietre.
A gridare era un uomo, folta capigliatura castana spettinata e occhi rossi di stanchezza. La voce era segnata ed intervallata dai singhiozzi. Il volto stravolto era solcato da profonde lacrime di tristezza. Era in ginocchio, vicino al pozzo, appoggiato alla fredda pietra. Stringeva in mano una bambolina di stoffa infangata.

- Cosa succede? Chi è quel poveretto? Perché grida?

- Quello, straniero, è lo scemo del villaggio. Dovete avere il sonno pesante perché è da ore che costui è ammattito e grida che il Re degli Elfi è venuto questa notte a rubare i nostri figli. Dice che è sparita sua figlia, ma sono mesi ormai che è sua figlia e sua moglie se ne sono andate lasciandolo solo. Eppure ogni notte di bufera egli si reca al pozzo e piange ridotto così.

Mentre il pastore cui mi ero rivolto si congedava con un gesto a metà fra la stizza e la pena, la piccola folla radunatasi a inveire contro il poveretto cominciava a diradarsi borbottando. La voce del poveretto era stata totalmente soppressa dai singhiozzi.
Rimasi a guardare ancora qualche secondo, l'unico rumore era quello dei denti del povero che battevano per il freddo e il pianto.

- Cos'è sta storia del Re degli Elfi?

- Non lo so, ma se la causa è da ricercarsi in un fatto di mesi fa, tanto vale lasciar perdere...

- No, signore, non voltatemi le spalle!

Il tipo a terra ora era rivolto verso di me, mi guardava con gli occhi di chi ha visto un santo: carichi di speranze e timore reverenziale. Mi avvicinai e, mentre incedevo con lo sguardo incuriostio dal suo atteggiamento, quegli piegava lo sguardo, come se temesse di irritarmi.

- Cosa intendi?

- Nessuno mi crede, mi danno del folle. Ma mia moglie è morta e mia figlia non è fuggita. Ci eravamo recati a Galwynd per il mercato...è un paesello a qualche ora di viaggio da qui. Per risparmiare tempo abbiamo attraversato il bosco. Dovevamo soggiornare alcune notti alla locanda...Il viaggio di ritorno...abbiamo dovuto anticipare il ritorno...perché mia figlia era febbricitante...

I singhiozzi l'interruppero.

- Queste non sono parole di un folle...

Riprese - Dei quale orrore...la pioggia era spessa come una condanna e il cielo era oscuro...mia moglie cadde e...oh...e mia figlia delirava, gridava che il Re degli Elfi era venuto per lei...questo...questa bambola è il suo unico ricordo...lei non c'è più! Vi prego, non voltate le spalle a un povero padre...

- Da mesi, mi dicono, non si ha traccia della bambina...nessuno vi ha aiutato?

- Mi davano del pazzo, mi danno del folle...e l'hanno abbandonata...LA PIOGGIA! La pioggia nella foresta...

- Capisco...se vi farà stare meglio, indagherò per voi. Galwynd è di strada sul mio viaggio, in qualche modo avrete mie notizie.

Wam'arn ebbe un motto di approvazione. Quello stesso pomeriggio mi incamminai alla volta di Galwynd.



-





Nuvole...sopra di noi si stendevano bianche tele vaporose. Sul sentiero le loro ombre si rincorrevano e raffreddavano l'aria. Il sole era tiepido, e il cielo di un azzurro cristallino. Mentre camminavo riflettevo.

- Mi chiedo se veramente esista un essere che sia interessato a rapire i bambini. E' mio dovere di Sciamano alleviare le pene di chi chiede aiuto...ma mi suona strana la faccenda...tuttavia da secoli è noto che esistono razze di animali che tendono ad attaccare individui deboli ed isolati, come i cuccioli di altre specie o i membri malati di un gruppo. Ma qui si parla di bambini. I "babau", le streghe cattive, i mostri sotto il letto, sono tutte fantasie dei genitori per tenere buoni i bambini. Ma esistono creature simili, molto meno fantasiose per di più. Solitamente attorno a grandi artefatti e a figure mitologicamente potenti aleggiano i miti più cupi...

- Quale scopo può avere? Se non è un animale, se non caccia per nutrirsi, perché catturare infanti e svanire nel silenzio? Non è certo un ricatto...

- Non ne ho idea. E poi c'è questa questione della pioggia...non mi convince...per non parlare delle allucinazioni e della febbre...non vorrei essere scontato, ma potrebbe esserci un sortilegio alla base della faccenda.

Mentre camminavamo sul sentiero boschivo, il cielo si stava incupendo, la temperatura era crollata bruscamente e il sole tramontava al di là delle montagne.

- Gran bel tempo...Sai, avevo sentito parlare di una strega che vive nei boschi...su una casa con le gambe di struzzo...Mi ha sempre incuriosito. Magari è la verità, e non solo una leggenda! Magari è una creatura o una protettrice del bosco che si è arrabbiata...suona come un'avventura turbolenta!

Nubi...nere come la morte, cupe come la disperazione.Il cielo si era fatto nero come la pece e le nubi, prima bianche, erano diventate grige e gonfie di un vento rabbioso. Spazzate di vento piegavano ritmicamente le fronde degli alberi, ululanti e gelide. Le foglie scivolavano sulla strada di terriccio, battuto già da molti cavalli e molti passi stanchi. La foresta cominciava ed essere rumorosa e le prime gocce di pioggia si facevano sentire.

- Foreste, pioggia, nessuna folgorazione? Aha, mi ricorda qualcosa!

Risi. Era così che ci eravamo conosciuti. Tra una foresta e una tempesta. Un tuono violento scosse l'aria mentre mi perdevo nella nostalgia. Accelerai il passo, dovevo trovare la locanda vicino a Galwynd: se non altro per trovare riparo e riposo.

Mentre la pioggia si faceva più cadenzata e cullata dai lampi, correndo nel bosco, udii in lontananza un cavallo lanciato, i suoi zoccoli scalpitavano furiosi. Uscii dalla foresta e intravidi le luci della locanda, la cui bassa ombra si allungava lungo il monte.

Avrei dormito, e il giorno dopo avrei cominciato la ricerca.



Bene^^ anche io ci sono :D Non so perché, ma il nome Re degli Elfi mi ispirava il riferimento alla Baba Yaga del folklore slavo :D oh, e per aprire mi sono fatto suggerire il riferimento alle nuvole da F. Pessoa e B. Soares :P


CITAZIONE
Legenda dialoghi:
-Wam'arn
-Kuryn'
-PnG
-PG

-Parlato
-Pensato
 
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IDSeeker
view post Posted on 17/3/2013, 22:22




davor
Davor esaminò con cura il nuovo alloggio che gli era stato fornito dal Clan in virtù del suo successo nel superare il Battesimo. Era una magione modesta, umile, ma più che sufficiente per incontrare gli standard del mezz'orco, ormai abituato a bugigattoli e baracche fatiscenti. Una leggera brezza di vento notturno entrava dalla finestra socchiusa. L'arredamento era quanto meno spartano, con solo il minimo indispensabile per definirla abitazione. Davor non si sarebbe mai preoccupato di abbellirla con dei tocchi personali. Questo sarebbe stato solo il punto in cui si sarebbe riposato tra una missione e l'altra. Aveva udito che il Clan era molto indulgente riguardo alle norme di comportamento e disciplina dei propri membri; a prova di questo, tra le altre cose, c'era il fatto che il Battesimo obbligatorio per i nuovi membri non costringeva gli stessi ad adorare attivamente il loro Dio. Il mezz'orco fu lieto di sentire questa notizia, in quanto l'idea di affidarsi ad un'entità superiore per guidare la propria esistenza e non la propria forza di volontà era un concetto che faceva fatica a digerire. Ma per quanto sapesse di avere la quasi totale libertà di azione, casi eccezionali e gravi a parte, Davor sentiva di avere un debito nei confronti del Clan, che gli aveva dato un tetto sopra la testa e dei fondi per finanziare la propria personale ricerca. In un angolo, parte di quei fondi erano ora indossati da un manichino. La nuova armatura del guerriero splendeva alla luce delle candele che illuminavano la stanza. Nella penombra, essa pareva ancora più minacciosa di quando Davor la vide la prima volta dopo essersela fatta fare su misura dai fabbri della Capitale. Nonostante il Clan fosse composto da persone appartenenti a praticamente tutte le razze senzienti del mondo conosciuto, compresi altri esseri come lui, il mezz'orco non poteva fare a meno di pensare che la sua eredità genetica avrebbe potuto ostacolarlo durante la raccolta di informazioni o le missioni più sensibili per il Clan. Decise così di farsi fare un'armatura che non lasciasse intravedere i suoi tratti più "mostruosi", che avrebbero potuto mettere in pericolo il successo di qualche compito di vitale importanza. In ogni caso, per ripagare il suddetto debito sentito dal guerriero nei confronti del Toryu, Davor decise infine di recarsi alla bacheca del Clan per compiere un paio di lavori per loro prima di ricominciare la propria ricerca.

Il giorno successivo, dopo una sana dormita di quelle che non provava ormai da tempo, Davor decise di inaugurare l'armatura, anche se era solo per una passeggiata. In poco tempo, si sarebbe dovuto abituare al peso che essa comportava. Se non l'avesse fatto prima di una battaglia vera, non sarebbe sopravvissuto a lungo in quel nuovo ambiente bloccato in una lotta costante. I tempi in cui combatteva solo per procacciarsi il cibo in natura, oltre che per difendersi occasionalmente da qualche bandito, erano ufficialmente finiti. Passò diversi minuti a rimuovere con calma i pezzi dal manichino per poterli indossare sul proprio corpo. Nonostante l'aspetto complesso, l'armatura era stata costruita in modo che fosse possibile indossarla anche senza l'aiuto di una seconda persona. I fabbri, non venendo meno alla fama che li precedeva, riuscirono in questa intricata impresa grazie ad un complesso sistema di placche scorrevoli e ganci interni. Una volta completata la procedura ed essersi un poco abituato al peso dell'armatura, circondò il proprio corpo con il mantello, lasciando intravedere fuori da quest'ultimo solo l'elmo cornuto, la cima delle spalliere e l'elsa della spada che portava alla schiena, per poi uscire con calma dalla porta d'ingresso dei suoi alloggi.

Davor si incamminò dunque alla volta della zona amministrativa della Capitale, dove la bacheca del Clan Toryu lo attendeva. Il cielo era coperto da delle grigie nuvole cariche di pioggia che non sembrava voler mai cadere. La vita nella città era brulicante e veloce come il primo giorno in cui si era presentato per il Battesimo. La sensazione di oppressione nei volti delle persone che incrociava non sembrava sparita, ma non era neppure pesante come la prima volta che la notò. Che si stesse forse abituando a quel luogo? Non c'era tempo e, francamente, voglia di porsi questi inutili dilemmi. La missione era ciò che contava in quel momento. Il mezz'orco continuò a camminare per i viali principali della Capitale, mentre coloro che non sembravano persi nei propri affari si girarono di sfuggita per rimirare la nuova figura ammantata che si aggirava per le loro strade. Ma niente di più che un fugace sguardo, dato che per la città passavano dei figuri in armatura ad ogni ora del giorno. Per Davor, abituato agli sguardi impauriti o furiosi di chi lo circondava, questo equivaleva ad essere praticamente invisibile. Dopo una mezz'oretta di passeggiata, si trovò finalmente nel quartiere amministrativo del Toryu, dove sorgevano uffici ed ogni genere di servizio utile per comunicare con il Clan. Lì, il guerriero si recò con passo sicuro verso un palazzo esteriormente identico a tutti gli altri, ma che egli sapeva essere il luogo dove i cittadini lasciavano appesi i propri annunci in cerca di qualche prode cavaliere che potesse risolvere i loro problemi.

Una volta al suo interno, lo accolse una grossa stanza con diverse persone occupate nei compiti più disparati. Sulla parete più lontana dalla porta si trovava la grossa bacheca su cui era possibile appendere la propria richiesta. La quantità di fogli appesa era quella che ci si potrebbe aspettare dalla bacheca di una città grande e centrale rispetto alle cartine geografiche come la Capitale. Il mezz'orco si avvicinò ad essa, facendosi largo tra diversi cittadini dall'aria stanca che sembravano attendere in fila per poter parlare con un qualche segretario. Una volta giunto davanti alla bacheca, cominciò a scrutare se ci fosse qualche richiesta particolare che potesse attirare la sua attenzione. Ci volle poco perché uno dei fogli appesi di recente catturasse il suo sguardo. La dicitura "Re degli Elfi" era stata scritta con una veemenza che traspariva dal modo in cui erano state scritte le lettere che la componevano. Il nome fece venire a Davor un brivido di nostalgia, facendogli ricordare come anche sua madre, nel periodo in cui il suo amore si stava trasformando in odio nei suoi confronti, era solita raccontargli la storia del Re degli Elfi per farlo calmare quando era particolarmente irrequieto. Per qualche ragione, quella era una delle poche favole che riusciva a farlo rigare dritto. Quando la mente tornò al presente, il guerriero estrasse una mano da sotto il mantello e staccò il foglio per leggere meglio ciò che vi era scritto. L'annuncio parlava di bambini scomparsi in alcuni villaggi a nord, apparentemente per mano del Re degli Elfi. Riportava anche l'ultimo luogo dove era stato testimoniato un rapimento: la Locanda del Pianoro, situata nel villaggio di Galwynd; locato nella Samarbethe meridionale. Nonostante Davor non credesse nella parte sul Re degli Elfi, si trattava comunque di bambini rapiti; nel migliore dei casi da dei banditi che li rivendevano come schiavi, nel peggiore da una qualche creatura che se ne nutriva. Questo era l'incarico perfetto per ripagare il debito che sentiva nei confronti del Clan. Dopotutto, senza bambini era impossibile che il Toryu sopravvivesse alla prova del Tempo.

Una volta tornato a casa ed essersi preparato per il viaggio, il guerriero partì alla volta di Samarbethe. Il viaggio fu abbastanza lungo, ma quasi privo di pericoli. I paesaggi autunnali rinvigorirono il suo spirito, mentre attraversava pianure, boschi e montagne e ne ammirava la bellezza naturale. L'unica cosa che diede fastidio al mezz'orco fu il continuo sbattere delle piastre dell'armatura, che gli impediva di muoversi silenziosamente per evitare qualche minaccia lungo il sentiero, ma sapeva bene che questo era uno degli inconvenienti di quel tipo di armatura quando l'aveva commissionata. Doveva solo abituarcisi. Ogni tanto vide qualche mercante che confermò che si stava dirigendo dalla direzione giusta. Infine, un vecchio cartello a forma di freccia con la consumata dicitura "Galwynd" lo introdusse su una strada che si inoltrava in un'antica foresta. Man mano che si addentrava, il cielo, dapprima sereno, divenne gradualmente sempre più nuvoloso, donando un'atmosfera cupa a tutta la zona circostante. Un innaturale silenzio scese attorno a lui, mentre anche l'ultimo dei cinguettii non divenne altro che un ovattato rumore troppo distante per essere udito. C'era decisamente qualcosa che non andava in quella foresta. Il guerriero fu un unico fascio di muscoli per tutta la durata della camminata all'interno della boscaglia, pronto a sguainare la spada in ogni momento per difendersi. Quando in lontananza riuscì finalmente ad intravedere i primi casolari facenti parte del villaggio, la tensione che provava era così alta che gli sembrava che qualcuno fosse pronto a colpirlo alle spalle in ogni momento; ma ogni volta che si girava per controllare non c'erano che foglie mosse dal vento. Quando finalmente incrociò alcuni abitanti del villaggio, la pressione che lo accompagnava sembrò sparire di colpo, come se si fosse liberato di un grosso peso sullo stomaco. Che le vecchie storie sul Re degli Elfi lo stessero suggestionando anche ora che era passato tanto tempo da quando le aveva udite durante la sua infanzia? Di nuovo, non era né il luogo, né il momento più adatto per porsi queste domande. C'era un lavoro da portare a termine.

I cittadini che lo intravedevano cominciavano a parlare tra di loro a bassa voce, guardandolo da lontano come un animale esotico. Niente di nuovo per Davor, anche se era più probabile che questa volta fosse un riflesso dovuto alla curiosità riguardante un nuovo arrivato, piuttosto che un istinto di odio dovuto alla diversità razziale. Dopo aver superato alcuni casolari dall'aspetto molto semplice, come ci si aspetterebbe dalle case di boscaioli e minatori in mezzo alle montagne, un'insegna cigolante mossa dal vento in lontananza attirò la sua attenzione. A giudicare dal nome che vi era impresso sopra con del vecchio inchiostro, sembrava proprio che il guerriero avesse raggiunto la sua destinazione: Locanda del Pianoro. L'edificio non risaltava rispetto a quelli che lo circondavano, rendendolo impossibile da distinguere dalle altre case se non per l'insegna e le dimensioni leggermente maggiori orizzontalmente. Davor vi si diresse con passo sicuro, un poco stanco per via del peso della nuova armatura e dei fantasmi che sembravano tormentarlo dai recessi della sua ormai perduta gioventù. Una volta di fronte alla porta, senza pensarci due volte, estrasse la mano da sotto il mantello ed afferrò il pomello della porta, aprendola dinnanzi a sé.

Chiedo di nuovo scusa per il ritardo. Finire le cose all'ultimo secondo è un tratto che faccio fatica ad abbandonare.

Il primo pezzo può sembrare superfluo per la Quest, ma l'ho aggiunto perché desidero rendere il più continue possibili le diverse ruolate che farò, come se stessi raccontando un'unica storia a capitoli.

EDIT: Corretto un errore di battitura.


Edited by IDSeeker - 18/3/2013, 13:38
 
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view post Posted on 24/3/2013, 11:22
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Studioso
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Il Re degli Elfi

Nuovi e vecchi volti;
Leggende metropolitane.




Entrai nella locanda fradicio fino al midollo, mentre assaporavo il tepore della stanza poco illuminata mi guardai intorno: la stanza era semplicemente un salone in cui i viandanti e gli ospiti potevano mangiare, dietro il bancone stava una porta chiusa e ai lati due scale, una per salire alle stanze e una che portava alla cantina.
Vidi due figure, nella desolazione generale, intente a discutere. Scrollandomi la pioggia dalle membra fradice cercai di capire che fossero i due. Avevo udito nominare ancora una il re degli elfi e supponevo dunque che almeno uno dei due mi avrebbe potuto aiutare. Stranamente a parte il loro vociare stizzito e brusco la locanda giaceva nel silenzio. -Ohi, Valante!- Esclamai riconoscendo in uno dei due la mia vecchia conoscenza, -Qual vento ti porta a questi lidi poco soleggiati? E un ciao anche a te...mmm...chiunque tu sia!- continuai rivolgendomi a entrambi. -Dispiace se mi unisco alla conversazione?- Ignorato seccamente dallo sconosciuto, incamminatosi verso le camere, mi avvicinai a Valante. Sul bancone stava una bottiglia d'acqua e me ne versai un bicchiere. Nelle parole che Valante pronunciò poco dopo furono veramente dolorose da sentire. Avevo notato l'assenza di Esmeralda, ma non ci avevo fatto veramente caso finché non mi disse -Il re degli elfi...l'ha presa.- Mi vergognai come un cane per la mia entrata strafottente -Anche io sono da queste parti in cerca di questo fantomatico "re"...e ora a quanto pare ho un buon motivo in più per trovarlo. Hai già scoperto qualcosa?- Bevvi un po' d'acqua, il viaggio mi aveva lasciato estremamente arido in gola. -Più importante, come ti senti?- Era forse una domanda idiota, ma era uscita spontaneamente dalla mia bocca.
Rabbia, frustrazione e smarrimento echeggiavano nella sua voce. -Non lo so...non so più nulla...- fece una pausa per poi inveire -Speravo di trovare risposte qui, ma non c'è nessuno...com'è possibile che in una locanda non ci sia neanche uno stupido oste?!- Gli diedi una pacca sulla spalla. -Risolveremo, vedrai. Andrà tutto bene.- Tentai di rincuorarlo, mentre dal piano di sopra ci giunse il grido d'aiuto dello sconosciuto -Presto! Portate dell'acqua qui sopra! Un uomo ha bisogno di aiuto!- Saldando la presa sulla bottiglia che avevo alla mano mi affrettai -Valante vieni anche tu?- Lui rispose con un cenno. Ci affrettammo su per le scale. Una delle porte era stata divelta, probabilmente a spallate, e dentro la stanza stava un uomo malconcio, pallido e terrorizzato. Su di lui incombeva la figura dell straniero, la cui postura e il cui atteggiamento tradivano una certa preoccupazione. -Ecco l'acqua. Cosa gli è successo?- Mi rispose secco che aveva intenzione di scoprirlo e io mi presentai nella speranza di instaurare un rapporto di collaborazione. -Io, comunque, mi chiamo Kuryn'.- Se io e Valante eravamo in quella locanda per via del re degli elfi, era possibile che anche lo straniero in armatura fosse lì per lo stesso motivo. Forse poteva esserci utile e per questo motivo avevo preso l'iniziativa e cercato un dialogo civile. Ma sembrava fossi l'unico interessato a una qualche collaborazione, infatti Valante si avventò verbalmente sul tizio malridotto: quelle che potevano sembrare parole di un cafone in realtà tradivano senso di colpa e disperazione...-Valante...nobile guerriero...quale sofferenza celi?- -Calmo Valante, il poveretto sembra sconvolto...dubito riuscirebbe a dirci anche solo il suo nome.- Mi avvicinai a Valante per cercare di placarlo. L'unica fonte di luce nella stanza era la torcia in mano all'individuo in armatura. -Qualcuno ha conoscenze mediche?- Dubitavo che si potesse ragionare con l'uomo in quello stato, ma se avessimo potuto curarlo, o farlo recuperare leggermente, si sarebbe potuto forse parlargli con calma. Tuttavia nessuno sembrava in possesso di conoscenze mediche e potemmo solo metterlo in una posizione più comoda per permettergli di riposare. Il guerriero in armatura mise subito in chiaro la sua opinione riguardo la situazione.

-Il Re degli elfi non esiste. Sono qui solo per porre fine ai rapimenti. Questo è quanto.-

-Tu credi?- Mi rivolsi, così, direttamente a lui -Non dico che esista sul serio, ma qualcuno sta operando rapimenti. Su questo non si può discutere. E' plausibile che si tratti di un mago, o di un gruppo di rapitori ben organizzati. Ma a quale scopo? Sappiamo solo che stanno rendendo "vera" una leggenda piuttosto spiacevole.- Mi voltai verso Valante -Quindi stiamo calmi e cerchiamo di collaborare. Ok?

-Già, era quello che pensavo. Probabilmente sfruttano la leggenda per compiere i loro sporchi traffici indisturbati.

-Dunque, visto che abbiamo appena scoperto di avere un punto di vista parzialmente comune, che ne dici di dirmi come ti chiami?- Abbozzai un sorriso e rimossi la maschera per massaggiarmi la testa. Giusto qualche momento, affinché i due vedessero bene il mio volto nella luce della torcia. Speravo di rompere la tensione e l'ostilità, cercando di creare un clima più civile e di collaborazione. Senza guardarmi in volto il guerriero rispose brusco.

-Davor.

Poi Valante se ne andò bruscamente. Sosteneva che l'uomo non sapeva nulla. Lo raggiunsi al piano di sotto, che armeggiava con la serratura della porta dietro il bancone.

-Ascolta, che vuol dire che lui non sa nulla?

-Fidati di me. Quell'uomo ha appena perso suo figlio a causa del re degli elfi. Non ha altre informazioni utili.- Si fermò, come a rielaborare un pensiero o una perplessità. -Anche se...Una capanna nella foresta. Deve aver qualcosa a che fare con la scomparsa dei bambini, ma neanche lui sa in che modo né dove si trova.

Mentre Valante finiva di armeggiare con l'uscio sopraggiunse anche Davor. -Sai, mi pare di aver sentito parlare di una strega che vive in una capanna in mezzo ai boschi...o forse erano tre sorelle?...diamine non ricordo bene...quindi potrebbe veramente trattarsi di un mago, o di una banda di schiavisti...-

Avevo appena terminato la mia congettura ed ero tutto entusiasta, quando una voce squittente di terrore ci intimò di andarcene, accompagnando al gesto una legnata sonora al capo di Valante che perse l'equilibrio. Un tizio grassottello ed impacciato scattò verso la porta. Istintivamente sfruttai la mia maggiore destrezza nei movimenti per bloccargli la strada. -FERMO UMANO!- Wam'arn non si fece attendere e l'immane stazza azzurra bloccò ogni via di fuga. -COSA SAI? Perché fuggi?- l'omino cadde a terra e gemendo balbettò di non sapere nulla, che il tizio era arrivato già così e simili storie. -Che facciamo? Lo torchiamo?- Proposi tornando normale. E puntandogli contro il mio bastone, Viral'ja, attesi il giudizio degli altri. -Tutto a posto? La testa come sta?

L'oste implorava e balbettava di non aver nulla da nascondere, di essere un uomo semplice. Di lì a poco sentimmo un tuono, il fragore di una voce furiosa ma resa dolce dalla natura femminile, una ragazza ci aveva appena fatto il suo ingresso dalla porta principale,

-COSA STA SUCCEDENDO QUI? Papà, stai bene? E voi chi siete? lasciate subito stare mio padre o ve ne pentirete!-

La giovane che aveva spalancato la porta e ora grondava di fronte a noi per la pioggia aveva espresso con vibrante stizza il suo punto di vista sui viandanti e gli avventurieri che passavano di lì e poi sparivano nel nulla -Non so te, ma io pagherei il conto prima di andare nella foresta! La battuta di Wam'arn mi stagliò un sorrisetto sulla bocca che nascosi reagendo subito alla novità e prendendo parola -Anche ammesso che non sia altro che una leggenda, cosa di cui sono abbastanza convinto pure io alla fin-fine, c'è comunque qualcuno che va in giro a rapire bambini in mezzo alla pioggia. E pare che, per quanto ci si sforzi di stare distanti da qui, se uno scava un poco tutti lo mandano qui. Capisci che se poi uno salta fuori all'improvviso e tira bastonate alla orba ci si insospettisce pure di più. E cos'è sta storia di avventurieri che non tornano? Quanti ne sono passati prima di noi? Oh, soprattutto, chi sei tu?- Poi specificai -e non dire la figlia dell'oste, perché fin lì ci si arriva.- Mi sedetti a un tavolo, appoggiai i gomiti al tavolo e tenendola fissa con lo sguardo aspettavo una risposta. -Ah, per caso sai nulla di una capanna in mezzo al bosco?-

Non solo la fanciulla era di bell'aspetto, dal portamento orgoglioso e tenace quasi al pari di un guerriero, o dotata di una fluida abilità oratoria, ma si dimostrò anche ampiamente socievole, recapitandoci della birra fresca e dissetante. Subito dopo prese posto e la sua voce tesseva le memorie di recenti avvenimenti, -Birra! Dei grazie, avevo una sete...- Suo malgrado, ci spiegava, la locanda sembrava essere una calamita per le calamità di recente. Da quando appunto era cominciata la faccenda dei rapimenti, la locanda era stata meta di numerosi folli in cerca di guai, soldati di ventura, o genitori disperati. Casi come il cavaliere del piano di sopra erano ormai quasi quotidiani. Mentre ascoltavo la sua storia prendere forma nelle sue parole, assaporavo la birra con ampi sorsi. -Che mi importa? Saranno finiti in un crepaccio, affogati in un torrente o mangiati dal re degli Elfi- quasi soffocai con una sorsata a questa sua uscita e cercando di riavermi la fissavo con uno sguardo a metà tra lo stupito e il contrariato. Il risultato fu una sonora e dolce risata della ragazza. -Dico, che allegria!- finii la birra -In ogni caso, Sethra, grazie di averci dato la tua opinione. Resta però il fatto che, fate e folletti o meno, ci sia qualcuno che va in giro a rapire bambini...Che la bevi?- Mi interruppi per rubare la birra di Valante che non sembrava minimamente interessarvisi -Dicevo, puoi capire che la situazione sia un attimino difficile da sorvolare. Per quanto riguarda la capanna...hai detto che ci sono molti rifugi da queste parti...nella foresta quanti, esattamente, sono ancora in uso? Non sarebbe una sorpresa se le presone fossero attirate con l'inganno in una capanna in disuso. Magari da un gruppo di predoni...o simili. Credo che alla fin fine sia interesse di tutti risolvere la cosa. Non credi? Voi sapete niente di più? A quanto ho capito avete prestato voi il primo soccorso al poveretto di sopra...vi avrà pure detto qualcosa, no?- Nelle mie parole e nel mio sguardo cercavo di esprimere al meglio la mia serietà e la mia ricerca di risposte. A quanto pareva il mio modo di fare, tra il gioviale e il serioso, mi era valso la simpatia della ragazza che subito si mostrò decisamente più aperta e disponibile al dialogo. Sia lei che il padre, ancor più, sembravano entusiasti della possibilità di uscire da quella situazione. -Finalmente...un po'di collaborazione! E' bello vedere ancora che è capace di fare fronte comune alle necessità! Ero pienamente d'accordo con l'osservazione di Wam'arn. Da un breve dialogo tra padre e figlia sorse una notizia interessante, l'uomo al piano di sopra aveva intrapreso un viaggio verso nord. Questo, a detta di Sethra, riduceva la possibilità di "capanne" a una sola: l'antro di una figura tanto enigmatica quanto il "Re degli elfi", la strega Hashka.

Mi esibii in un inchino cortese -Grazie mille. Mi rendo conto che il nostro arrivo e i modi di fare sono stati un po' rudi, ma penso di potermi definire infinitamente grato a voi. Ora...questa Hashka...è una qualche strega o simile? - Finii il boccale di birra e cominciai a riflettere. -Se veramente si trattasse di una strega, a collegare tutti i pezzi potrebbe essere un sortilegio...brutta faccenda...- Mi avvicinai alla finestra. -Nella foresta, verso nord...una capanna...quante storie dicono ai bambini di non indugiare nella foresta? E' vero, spesso sono metafore...ma in questo caso...- Wam'arn ripeteva nella mia mente le poche informazioni disponibili. -E se...la tempesta avesse lo scopo di "illudere" l'uomo?...C'è poco da fare...Sapreste darci qualche informazione in più su questa Hashka? Non so perché, ma ho il presentimento che per venire a capo della faccenda dovremo confrontarci con lei...ogni informazione potrebbe essere vitale.- Cercai di sorridere e mostrarmi sicuro e rilassato, ma dentro di me bruciava il desiderio di gettarmi nella cosa a capofitto.

Nel frattempo, Valante e Davor se ne erano andati: forse erano sicuri di farcela da soli, ma in cuor mio temevo per le condizioni di Valante...

-Significano qualcosa?- La voce di Sethra mi riportò delicatamente alla realtà. -Questi? Questi sono il mio marchio di appartenenza alla mia tribù, e il segno distintivo della mia qualifica di Sciamano. In un secondo momento ti spiegherò più nel dettaglio, ma ora...cosa sai di Hashka? Tagliai corto lì per lì, poiché il mio primo pensiero era risolvere il problema delle scomparse, ma lei non ne sembrò dispiaciuta e, con disappunto e preoccupazione di suo padre, che non si poteva certo biasimare, lei cominciò a raccontarmi quel poco che sapeva della strega -La vecchia Hashka è, stando a quello che si dice in giro, la strega dei Boschi Neri di Samarbethe. Si dice abbia mille anni, e che conosca tutto quello che accade nei territori del Nord. Però non l'ho mai vista: papà mi ha sempre proibito di andare a cercarla...
Trattandosi di un essere quasi fiabesco, era stata passata sotto lo stesso velo del re degli elfi, riducendola a un mero "babau", tuttavia l'apprensione del padre per l'interesse della figlia mi sembrava esagerata per derivare solo da una fiaba per bambini, o da un "mostro-sotto-il-letto", ad ogni modo, non avevo modo di indagare per ora e la voce di lei adesso vibrava di un desiderio di avventura fino a quel giorno ingabbiato. Aveva la sua scusa per uscire di lì. -Superstizioni! Nessuno qui al villaggio l'ha mai vista: scommetto che non è altro che una puerile fantasia come quello stupido re degli Elfi!...Sai che ti dico? Abbiamo cavalli nella scuderia, Non ho paura. Ti accompagnerò alla radura dove si trova la catapecchia della vecchia Hashka! Da qualche parte bisognerà pure iniziare la ricerca!-

-Sono felice che tu abbia deciso di aiutarmi. Se non è chiedere troppo, gradirei passare la notte qui. Potremo partire alle prime luci dell'alba, in modo da essere più riposati- Lei annuì e, ricevuta la chiave di una stanza molto semplice, li salutai e ringraziai, recandomi a dormire.


 
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IDSeeker
view post Posted on 25/3/2013, 22:58




davor
La porta non fece resistenza alla mano di Davor, mentre le ultime gocce di pioggia battente gli scivolavano lungo il mantello. All'interno della locanda l'atmosfera era quasi lugubre, data la quasi totale assenza di vita. L'atrio dove c'era il bancone era ampio e buio; solo una torcia illuminava la scala di pietra che sembra portare al piano superiore. Dietro il bancone c'era una porta di legno chiusa. Sulla destra una stretta scaletta porta al piano di sotto, probabilmente le cantine. Vicino al bancone vi era uno sconosciuto che sembrava a sua volta arrivato da poco, a giudicare dal fatto che fosse fradicio tanto quanto il guerriero. Mentre il mezz'orco si avvicinava al bancone, lo sconosciuto si mise a sedere su una delle sedie disponibili lì vicino. Non indossava altro che indumenti neri che lo coprivano anche in volto, lasciando intravedere solo degli occhi azzurri come il ghiaccio, anche se sembravano stranamente spenti in quel frangente.

"Strano" pronunciò il guerriero con calma mentre si guardava attorno, in cerca di qualcuno che potesse riceverlo. La parola era più un pensiero ad alta voce che una frase diretta allo sconosciuto, unico altro possibile interlocutore nella stanza.
"Sai se è successo qualcosa?" chiese semplicemente all'altro figuro, indecise se si trattasse di un viandante come lui o di uno del posto. L'altro sembrò accennare con sguardo schivo e con tono un poco tremolante che poteva trattarsi del Re degli Elfi e del suo operato. Al suono di quel nome, un brivido attraversò la schiena di Davor; e non era stato il freddo a provocarlo. Da quelle poche parole si poteva evincere che lo sconosciuto si era spinto fino a quel villaggio sperduto per il suo stesso motivo. O forse c'entrava qualcosa con tutta la faccenda. Il mezz'orco si promise che sarebbe tornato più tardi a fargli delle domande a riguardo. Ora doveva capire come mai non si fosse ancora presentato nessuno. La faccenda puzzava.

"Mph... sono solo favole" disse secco prima di dirigersi verso la torcia che illuminava le scale che portavano probabilmente agli alloggi degli ospiti. Senza proferire altre parole, staccò con un gesto rapido la torcia dal sostegno sul muro e cominciò a salire le scale, intenzionato ad esaminare le stanze in cerca di qualcuno, o quanto meno di qualche indizio che potesse svelare il motivo di quella lugubre assenza di vita in una locanda. Quando fu a metà scalinata, udì la porta frontale della locanda aprirsi di nuovo; mentre una terza persona entrava e sembrava aver cominciato a chiacchierare con lo sconosciuto che si era seduto poco prima. Davor lo ignorò, conscio che il tempo non era dalla sua parte ed intenzionato a concludere il caso il prima possibile. Giunto di fronte alla prima porta chiusa, il mezz'orco bussò con forza. Nessuna risposta. Non avendo alcuna intenzione di farsi intralciare nella sua ricerca da qualche asse di legno, diede alla vecchia porta una forte spallata, sfondandola senza troppi problemi.

Il fetore che lo investì fu tale da fargli mettere istintivamente una mano davanti alla bocca dell'elmo. All'interno del bugigattolo si trovava un uomo sulla mezza età appoggiato allo schienale del letto. Aveva lo sguardo vitreo, capelli arruffati e sporchi, e una barba incolta di settimane. Qua e là per la stanza si trovavano degli avanzi di cibo mangiucchiato. Quando il guerriero entrò, questi si girò per osservarlo, ma gli occhi rossi e gonfi per l'assenza di sonno sembravano trapassarlo. Delle parole gli uscirono a fatica dalla gola disidratata. Qualcosa riguardante l'essere finalmente venuto a prenderlo. Davor si inginocchiò di fronte a lui per esaminare meglio l'involucro che una volta era stato un uomo. Constatando che l'uomo sembrava molto trascurato anche per quel che riguardava i suoi bisogni primari come il bere ed il mangiare, si alzò in piedi e si affacciò all'uscio della porta per farsi sentire meglio.
"Presto! Portate dell'acqua qui sopra! Un uomo ha bisogno di aiuto!" esclamò nella speranza che i due di sotto non fossero spariti. Il guerriero tornò indietro per controllare di nuovo le condizioni dell'uomo e cercare di capire cosa gli fosse successo.
"Di chi stai parlando? Chi doveva venire a prenderti?" chiese con tono leggermente agitato. Normalmente non si sarebbe fermato a fare delle domande ad un uomo in evidente stato di shock, ma al momento poteva trattarsi dell'ultimo essere vivente rimasto nella locanda. Anche il più piccolo indizio sarebbe stato immensamente utile. Il guerriero tentò di afferrare le spalle del malcapitato, ma questi, preso da chissà quale primordiale riflesso, gli afferrò le mani con una presa più salda di quanto non potesse sembrare possibile con le braccia rinsecchite che si trovava. L'individuo era evidentemente in preda a qualche delirio e continuò a bofonchiare frasi senza molto senso. Tra le altre cose, però, un nome sembrò venire fuori. Javor. Il mezz'orco si divincolò dalla presa dell'uomo, disperato di ricevere qualche informazione utile.
"Cerca di calmarti. Chi è Javor?" chiese con calma. Pronunciare quel nome sembrò dare il colpo di grazia alla mente dell'uomo malnutrito, che ora si era messo a ridacchiare e ripeterlo incoerentemente. Fu a quel punto che l'ultimo arrivato, quello che Davor aveva intravisto mentre stava salendo le scale poco prima, si presentò sull'uscio della porta con una bottiglia d'acqua. A differenza dell'altro sconosciuto, questo aveva un aspetto molto più selvaggio, con vestiti di pelle ed ossa animali e tatuaggi con chissà quale significato su tutte le parti visibili del corpo. Gli occhi viola erano incorniciati da una maschera d'ossa che copriva la parte superiore del viso, impedendo la vista dei capelli. A quanto pare, a nessuno dei presenti nella locanda piaceva mostrare il volto al prossimo. Chissà cosa li aveva spinti a compiere questo gesto? Non vi era tempo per pensare a queste frivolezze.

"Presto, dammi la bottiglia, non so da quanto tempo si trovi qui quest'uomo" disse mentre con un gesto veloce si fece passare l'acqua dallo sconosciuto. Quest'ultimo chiese chi fosse l'uomo delirante a terra. Una domanda a cui anche il guerriero avrebbe voluto trovare risposta.
"Non lo so, ma ho intenzione di scoprirlo" rispose serio, ma anche consapevole che ci sarebbe voluto un enorme sforzo per ottenere qualche vera informazione da quei resti umani tremanti. Il guerriero tentò di imboccare l'uomo nel tentativo di farlo bere per alleviare le sue sofferenze. Fu a quel punto che lo sconosciuto si presentò con il nome di Kuryn', alludendo al fatto che era alla ricerca del Re degli Elfi.
"Il Re non esiste" rispose secco senza neanche guardare l'interlocutore.
"Sono qui solo per porre fine ai rapimenti. Questo è quanto." concluse senza cambiare tono di voce. Lo sconosciuto che era arrivato alla locanda prima di Davor apparve sull'uscio e, dopo essere entrato nella stanza con passo veloce e non curante, cominciò a fare domande sul Re degli Elfi all'uomo ormai chiaramente impazzito, non aiutando la situazione. Kuryn' lo avvicinò, dicendogli chiaramente che il suo comportamento era deleterio per la raccolta di preziose informazioni. Cercando di calmare le acque, chiese se qualcuno aveva delle conoscenze mediche.
"No, ma è chiaro che ora gli serve del riposo." rispose serio il guerriero. Lo sconosciuto sembrava essersi finalmente calmato, mentre Kuryn' stava cominciando ad esporre delle teorie riguardanti la leggenda del Re degli Elfi, suggerendo che potesse trattarsi di qualcuno che impersonava il Re per agire senza incontrare resistenza.
"Già, era quello che pensavo. Probabilmente sfruttano la leggenda per compiere i loro sporchi traffici indisturbati." disse il mezz'orco con tono vagamente accondiscendente. Era lieto che almeno una delle due persone che l'avrebbero accompagnato in questa ricerca sembrava pensarla come lui, sotto questo punto di vista. Fu per questo che, quando Kuryn' chiese il nome al guerriero, questi acconsentì a rivelarglielo.
"Davor" disse semplicemente, senza fare caso all'interlocutore, che al momento si stava massaggiando le tempie.

Fu a quel punto che lo sconosciuto, come colto da un'illuminazione, affermò che l'uomo non sapeva nulla ed uscì con un po' di agitazione dalla stanza. Davor lo guardò uscire, sempre più convinto che nascondesse qualcosa. Kuryn' lo seguì a ruota. Il guerriero dovette, dopo un primo momento di esitazione, dargli ragione. Non avrebbero mai ottenuto nulla da quel pazzo. Tutto quello che aveva fatto fino a quel momento per quel relitto era stato mosso da un ottimismo che non lo caratterizzava veramente. O forse era un effetto collaterale della propria cocciutaggine? Il mezz'orco decise di non pensarci. Lo aiutò a sdraiarsi sul letto, concedendogli almeno degli ultimi momenti in comodità se non fosse sopravvissuto ancora a lungo, e si diresse di sotto per riunirsi agli altri due con calma. Si avvicinò al bancone mentre osservava lo sconosciuto che armeggiava con la porta di legno che si trovava dietro di esso.
"Che intenzioni hai?" gli chiese con molta semplicità. Lo sconosciuto, che stava discutendo con Kuryn', rispose che non avrebbe ascoltato i deliri di un vecchio. Ma poi attaccò di nuovo con il discorso sul Re degli Elfi.
"Ora sei tu che vaneggi. Il Re è solo una fav..."

Davor non poté finire di rispondere a tono allo sconosciuto che un ometto uscì dalla porta davanti alla quali si erano fermati i tre, intimando loro di andarsene e colpendo lo sconosciuto in testa con un pezzo di legno. Questi perse l'equilibrio, ma non sembrava ferito gravemente. Probabilmente il paffuto individuo non era abbastanza forte da provocare dei danni permanenti. Osservandolo, Davor non sentì neppure il bisogno di sguainare la spada, ma quando Kuryn' sembrò trasformarsi in una specie di colosso nerboruto per fermare la sua fuga, il mezz'orco non poté fare a meno di portare la mano all'elsa della spada, prima di rendersi conto che, almeno per ora, era innocuo. A giudicare dalle frase quasi incoerenti dell'oste, non sembrava messo molto meglio del suo ultimo cliente al piano di sopra. Ma almeno ora il mistero della locanda fantasma era risolto. Davor fece un cenno di dissenso con il capo alla proposta di Kurin', appena tornato normale. Il guerriero si accovacciò di fronte al proprietario della locanda.
"Perché ti nascondevi, piccolo uomo?" gli chiese con calma guardandolo negli occhi dall'elmo. Il tono non conteneva alcuna empatia; voleva solo sapere se l'oste stava cercando di nascondersi da qualcuno. Magari i rapitori, che sarebbero potuti tornare per finire il lavoro con il presunto testimone al piano di sopra. Di nuovo, non ottenne altro che frasi dettate dallo shock. Capire cosa stava succedendo stava diventando veramente frustrante. La sensazione di star perdendo un mucchio di tempo si faceva sempre più forte dentro alla mente del guerriero, che non vedeva l'ora di andarsene da quel buco infernale. Magari con i cittadini del villaggio avrebbe avuto più successo.

Ma non fece in tempo ad alzarsi che una nuova persona si presentò attraverso la porta frontale della locanda. Una graziosa ragazza vestita con abiti maschili e con un carattere all'apparenza forte; abbastanza da difendere il patetico padre che stava stramazzando al suolo immerso nelle proprie lacrime, se non altro. Finalmente era arrivato qualcuno che sembrava abbastanza lucido da poterci parlare senza dover fare i salti mortali per capire cosa stesse dicendo. Gli altri non persero tempo e cominciarono ad interrogarla, mentre Davor decise semplicemente di alzarsi in piedi ed appoggiarsi al bancone con il bacino, ascoltando con attenzione quello che dicevano gli altri. Per una giornata si era sforzato anche troppo per parlare con altre persone senza successo ed ora voleva essere lasciato in pace. Dopotutto, non era affatto abituato a parlare così tanto con gli altri e quel giorno si era sforzato non poco per il bene della missione. Dopo essersi chiariti, la ragazza offrì delle birre a tutti, ma il guerriero rifiutò con un cenno la sua. Non beveva in servizio e lo faceva raramente anche nei momenti di libertà. La ragazza, che successivamente si presentò con il nome di Sethra, sembrava pensarla come lui riguardo al Re degli Elfi, affermando che si trattasse di nient'altro che favole. Dal discorso che seguì venne fuori che l'uomo al piano di sopra era un cavaliere che aveva perso il figlio Javor nella foresta assieme alla propria mente; l'ultimo di una serie di sventurati che avevano avuto l'ardore di sfidare questo cosiddetto Re degli Elfi; l'unico ad essere tornato vivo. Dopo un altro po' di chiacchierare, venne fuori anche che sulla strada che il cavaliere aveva percorso la notte dell'incidente si trovava solamente una catapecchia appartenente ad una certa Hashka.

Davor, ormai stufo di aspettare e dell'atmosfera che si respirava in quella locanda, decise che quello era un indizio sufficiente per andare avanti. Gli bastava sapere che essa si trovava a nord di quella posizione. Avendo vissuto nelle terre selvagge per diverso tempo, non dubitò delle proprie capacità di orientarsi. Senza dire nulla, aveva già sprecato abbastanza fiato per un giorno solo, si distaccò dal bancone a cui era poggiato e si diresse con passo deciso verso la porta principale della locanda, intenzionato ad uscire. Di fuori diluviava, ma al guerriero non interessava, anzi: c'erano più probabilità di incontrare il "Re degli Elfi" se ci teneva tanto a tenere fede alla leggenda dei rapimenti nelle notti di tempesta. Lo sconosciuto sembrò avere la sua stessa idea, perché riuscì a precederlo verso la porta e ad uscire prima di lui. Davor, che ancora non aveva cessato di sospettare dello sconosciuto, decise di seguirlo. La loro destinazione era la stessa in ogni caso. Senza curarsi di nascondersi o di non fare rumore, seguì l'altro individuo a diversi metri di distanza, tenendo il passo. Dopo un po' di camminata senza particolari imprevisti, però, il mezz'orco si accorse di qualcosa di strano. Nonostante si fosse orientato decine di volte in foreste identiche a questa in condizioni di visibilità anche peggiori, faceva fatica a capire in che direzione stessero andando lui e lo sconosciuto. C'era un qualcosa di sinistro in tutta quella situazione. Lentamente, ma altrettanto inesorabilmente, la sensazione di girare in tondo cominciò a perseguitarlo. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Scusate la qualità ridicola del post, ma non voglio farvi attendere oltre. Devo seriamente abituarmi a questo tipo di Quest. Riscrivere le stesse cose due volte è stato più stancante di quanto pensassi. Inoltre, in futuro programmerò meglio i miei impegni per riuscire a farci stare anche il GDR in tempi che non siano assurdi per il corpo e la mente.

Di nuovo, scusate.

P.S. = Ho rimosso la parte in cui davo del vecchio al pazzo al piano di sopra, visto che Zaide ha detto che si trattava solo di un uomo sulla mezza età.
 
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KungLao
view post Posted on 26/3/2013, 22:24




Il fastidioso cigolare del portone fa eco nella locanda che pare esser deserta.
Non un anima s'avvicina a Valante, non un figuro coglie la sua presenza.
"Che sia anche ciò opera del re degli elfi?"
Con passo veloce e deciso, mantenendo basso il capo quasi a non voler osservare quanto lo attorna, quasi a negare l'assenza d'un qualsivoglia indizio, d'una qualunque presenza possa anche solo rincuorarlo, o confortarlo forse, l'assassino si dirige verso il bancone.
Ancora nessuna traccia di umana presenza, quando Valante lascia sedere scomposto il proprio corpo su di uno sgabello.
"È forse una punizione per i miei crimini il non aver modo di trovare Esmeralda?"
Il portone si apre lentamente ed ancora una volta il cigolio rompe la monotonia che pare esser parte dell'ambiente.
"Crimini?"
Un enigmatica figura avvolta in un mantello avanza lentamente verso l'assassino. L'elmo ornato di corna e le possenti spalliere si lasciano intravedere quasi fossero un monito per chiunque osi essergli avverso; ma avvertimento assai più efficace pare esser l'elsa della spada, anch'essa mal celata dal curioso vestiario.
"No, non sono un criminale"
Il nuovo arrivato si dimostra anch'egli interessato alla locanda, ma la storia del "re degli elfi" pare destare in lui solo cinismo. In maniera disinvolta, costui, si dirige verso il piano superiore.
Un lieve sorriso asimettrico si dipinge sul volto di Valante. Una reminiscenza, forse, d'un tempo ormai passato: probabilmente rivede nel nuovo arrivato alcuni dei suoi tratti.
Peccato che sia così banale.
Ancora una volta il portone si apre. Ancora una volta un figuro fa la sua comparsa. Ma si tratta, ora, d'un individuo conosciuto.
"Ohi, Valante! Qual vento ti porta a questi lidi poco soleggiati?"
"Kurin'"
Sospira Valante evitando lo sguardo del nuovo arrivato.
Kurin'. Un giovane dalla robusta corporatura, con la pelle ricoperta da un'illogica trama di tatuagi che pare intrisa d'un niveo splendore. Una maschera al suo volto e vestigia di pelli ed ossa d'animali sulle carni.
Individuo assai insolito è costui.
Tuttavia, se Valante dovesse riferirne il particolare che più lo ha colpito, la caratteristica che più lo affascina, non indicherebbe la sua mole, non il suo carattere espansivo.
Wam'arn. È a lui che si riferirebbe; a quest'oscura presenza che si cela nell'animo del giovane e che pare incuter timore a chi lo attorna.
"Il re degli elfi"
Fa una breve pausa, l'assassino, sospirando leggermente per poi continuare evitando lo sguardo dell'uomo.
"Son qui per saperne qualcosa, lui..."
Ancora un'interruzione, abbassa il capo ed epiloga con un tono basso e tremolante:
"Esmeralda, la ha presa"
E nel pronunciar queste parole, penose sensazioni degeneri si fanno spazio nella sua mente.
Sì, già ha provato dolore per la scomparsa della bambina; in effetti quel dolore non lo ha mai abbandonato, ma ora e solo ora pare rendersi conto che forse Esmeralda è persa per sempre.
Le parole fuoriescono lente, quasi un biascico sembra il favellar dell'assassino; ed ogni parola pare infliggere una ferita all'animo di Valante.
Una gelida goccia di sudore scorre sul suo martoriato viso. Gli occhi aperti paiono fissar il vuoto, come se egli fosse assorto in qualcosa di superiore.
A nulla valgono le successive parole di conforto di Kurin', o meglio sembrano ridestare null'altro che rabbia, una repressa collera che a mano a mano diviene sempre più forte.
"Presto! Portate dell'acqua qui sopra! Un uomo ha bisogno di aiuto! "
Una voce provenente dal piano di sopra interrompe il flusso di pensieri dell'assassino.
Uno sguardo di complicità tra Kurin' e Valante, ed entrambi si precipitano lì dove proviene la voce.
Un uomo dal pietoso portamente e dal trasandato aspetto confabula in maniera scostante, giacendo nel suo stesso sudiciume.
"Patetico"
Unica parola che si fa spazio nella mente di Valante.
Patetico, sì. Nessun altro aggettivo meglio può dipingere ciò che osserva.
"Cos'è successo alla locanda? Cos'ha a che fare essa col re degli elfi?"
Afferma incurante delle condizioni dell'uomo.
Rabbia? Disgusto? Dolore?
Non è in grado, Valante, di comprendere quali sensazioni si fanno spazio in lui. Ciò che invece appare palese ai suoi occhi è il fatto che sta perdendo inutilmente tempo.
E difatti non attende risposta, non si cura del fatto che i presenti cerchino di interromperlo: fissa negli occhi lo sconosciuto e penetra nella sua mente, così da conoscerne i più intimi segreti, le paure più profonde e tutto ciò che alberga nella sua mente.
Immagini confuse si palesano ora nella reminiscenza dell'assassino. Una foresta, una tempesta, la confabulazione di Javor, una capanna nel bosco.
Nulla di chiaro, nessun indizio certo, eppur quanto visto basta a far capir a Valante che non altre informazioni, quell'uomo, è in grado di fornire.
"Comprendo il tuo dolore"
Con un misto di compiacimento e rassegnazione, l'assassino si dirige al piano terra, in cerca di altri indizi.
"Quest'uomo non sa nulla, è inutile perder tempo con lui"
Lento sussurra, interrogandosi sulla motivazione che lo ha indotto a condivider informazioni con gli altri.
Ed ecco che tenta d'aprir una porta situata dietro al bancone, mentre gli altri lo raggiungono.
"Ascolta, che vuol dire che lui non sa nulla?"
La voce di Kurin' spezza i suoi pensieri.
"Fidati di me. Quell'uomo ha appena perso suo figlio a causa del re degli elfi. Non ha altre informazioni utili."
Fa un respiro profondo e continua.
"Anche se... Una capanna nella foresta. Deve aver qualcosa a che fare con la scomparsa dei bambini, ma neanche lui sa in che modo né dove si trova."
"Che intenzioni hai?"
Questa volta è la voce dell'altro individuo - Davor ha detto di chiamarsi - ad interromperlo.
"Di certo non quelle di assecondar i deliri d'un vecchio. Cerco l'oste, è il solo che può darmi informazioni su questa locanda e su che legame abbia essa col re degli elfi".
La porta si apre, ed una spranga di legno colpisce Valante in testa, facendogli perdere l'equilibrio.
L'oste, che tentava di nascondersi, si trova di fronte tre uomini e rinuncia ben presto alla fuga.
Non fa in tempo a rispondere alle domande che Kurin' e Davor gli pongono, che una donna si presenta.
"COSA STA SUCCEDENDO QUI? E voi chi siete? lasciate subito stare mio padre o ve ne pentirete!"
Afferma costei, biascicando parole che ben fanno intendere la sua seccatura verso la storiella del "re degli elfi", e tutto ciò che ne consegue, ivi incluso il via vai di avventurieri nella locanda.
"Ci mancava la figlia frustrata... "
Valante inizia a spasientirsi, e con aria seccata afferma:
"Il re degli elfi, la locanda, la capanna in mezzo al bosco: ci direte tutto ciò che c'è da sapere"
Estrae la balestra puntandola verso la ragazza appena entrata per poi dirigere lo sguardo verso l'uomo.
"Altrimenti capirai anche tu cosa significa perdere una figlia"
La donna si mostra insensibile alle minacce e fa intender di non aver informazioni utili.
Con aria sdegnata e senza dire una parola, Valante esce dalla locanda dirigendosi verso la foresta a nord, seguendo la strada che aveva poco prima intravisto nella mente dell'uomo. Dietro di lui Davor s'incammina, seguendone il passo.
L'oscurità e la tempesta rendono ostico il passaggio e ben presto Valante s'accorge d'essersi perso.
Tuttavia non perde la calma. Anzi gioisce, mentre si ferma di colpo riconoscendo in questa situazione quella vissuta dall'uomo nella cui mente aveva poc'anzi scavato.
"Coraggio re degli Elfi, palesati anche a me"



Edited by KungLao - 27/3/2013, 11:10
 
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KungLao
view post Posted on 3/4/2013, 17:54




Il cielo era scuro e colmo di nubi dal bronzeo aspetto, ombre che attenuavano i lievi riflessi della luna, donando un pallido lustro alla foresta.
Nell'aria v'era un flebile odore d'erba bagnata, un gradevole sentore che forse non rendeva onore all'apparenza.
Poi uno strano rumore ruppe la quiete. Ed ecco un corvo spiccare il volo da un albero poco lontano e far cadere qualche foglia; il suo gracchiare echeggiò per qualche secondo, poi ancora silenzio.
Valante s'osservò intorno, contemplando l'oblio che lo circondava.
Non un individuo fu in grado di scorgere: persino Davor pareva scomparso. Ad attornarlo v'era solo la foresta, fitta come non lo era stata fin'ora.
Una morbida folata di vento carezzò la sua figura.
Alzò lo sguardo al cielo inspirando profondamente.
Poi chiuse gli occhi e trattenne una lacrima.

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Empatia.
La capacità di comprendere e condividere gli stati d'animo altrui, che si tratti di gioia o di dolore, mai era stata una sua dote. In effetti il suo narcisismo, il suo estremo egocentrismo e la sua riluttanza nei confronti della massa, di ciò che è comune, lo avevano portato ad estraniarsi quasi completamente dalla realtà, trovando rifugio solo nell'arte.
Ma con Esmeralda era diverso.
Con lei non aveva bisogno di sublimare il mondo; poteva comprenderne sentimenti e percezioni solo osservandola, senza necessità d'una parola.
Ed ora, in quella foresta, sentiva come se ancora una volta la sua mente fosse a contatto con quella di qualcun altro.
Una strana sensazione, quasi fastidiosa, ma che di certo alimentò le sue speranze.
"Esmeralda..."
Sospirò lentamente.
"ESMERALDA!"
Ripetè a gran voce"
Nessuna risposta per alcuni secondi, poi sentì qualcosa.
"Valante? Valante sei tu?"
Una voce di bambina... Era davvero lei?
Sorpreso, l'assassino si precipitò nella direzione da cui udiva provenire la voce. Era incredulo, ma non poteva sbagliarsi, non in quel caso. Quella voce era realmente di Esmeralda.
"Esmeralda, rispondimi! Es-"
Non fece in tempo a continuare, che un enorme serpente gli si parò d'inanzi. Era grande almeno quanto lui, di colore verde e con tracce di sfumature violacee lungo il dorso. Dalla sua possente mascella, un paio di canini lunghi ed affilati emergevano imponenti.
Emettè un sibilo assordante, un'espressione d'ostilità che precedette l'attacco.
Valante lo osservò impietrito, e non fece in tempo ad estrarre la spada che già se lo ritrovò con i denti affondati nella propria spalla sinistra.
"Ma che diavolo.."
Asserì a voce bassa, osservando che intorno alla ferita – non molto profonda – la pelle cominciò a diventare violacea ed il muscolo ad intorpidirsi.
Fissando gli occhi gialli della vile creatura, l'assassino non potè fare a meno di provare rabbia e disgusto.
Estrasse la katana con la mano destra, battette dui colpi sul terreno, poi fece un rapido passo verso il serpente e prima che il piede toccasse terra, la lama era già penetrata nel cranio del rettile.
Un unico colpo, rapido e preciso, ed ecco che l'animale iniziò a sciogliersi in un nauseante intruglio, fino a svanire completamente.
"Un evocazione? Ma cosa sta succedendo?"
"Valante, sei davvero tu?"
La voce di Esmeralda interruppe i pensieri dell'assassino. E subito dopo, ecco la sagoma di una bambina fare capolino da dietro un arbusto. Non era particolarmente alta, capelli lunghi e lisci che le scendevano lungo i fianchi, occhi azzurri che parevano risplendere nel fetore delle tenebre che la circondavano, ed un sobrio vestito rosa, stranamente pulito considerato il posto ove si trovava.
"Esmeralda..."
Sussurrò l'assassino riponendo la katana nel fodero. Subito dopo le corse incontro, stringendola in un abbraccio.
La spalla sinistra continuava a duolergli, ma si sforzò di ignorare il dolore.
La bambina non reagì all'abbraccio e tenendo le braccia distese lungo i fianchi, sussurrò:
"Valante, perché mi hai abbandonata?"
Impietrito di fronte a quell'interrogativo, l'assassino lasciò la presa, per poi fissare Esmeralda e biascicare qualche parola.
"Io... So-.. Sono venuto a salvarti..."
Una goccia di sudore scese sul suo martoriato volto, mentre penose sensazioni presero possesso di lui.
"Ti chiedo scusa se non ti ho creduta"
Fece un respiro profondo, poi si accovacciò, ponendo il proprio viso all'altezza di quello della bambina, e posando le sue mani sulle sue spalle, continuò:
"Se c'è qualcosa che posso fare per rimediare, io... Io...-"
"Sì"
Lo interruppe la bambina.
"C'è qualcosa che puoi fare"
Un ghigno si dipinse sul suo viso sin ora inespressivo; avvicinò le labbra all'orecchio di Valante, e ponendogli dolcemente un pugnale nelle mani continuò:
"Trafiggi il tuo cuore, poni fine alla tua vita"
Allontanò poi il suo volto da quello dell'assassino, tenendolo a qualche palmo da esso. Ed il ghigno divenne una sterile risata. Non il riso di un'ingenua bambina pareva, ma quello d'una donna ammaliatrice, che inganna e sopprime solo per il proprio tornaconto.
Continuando a fissare i gelidi occhi dell'incredulo Valante, gli pose dolcemente la mano sull'addome, e continuò:
"Non lo farai, vero?"
E dalla mano cominciò a fuoriuscire un evanescente aura rossa, dalla quale si generò un vortice.
L'assassino potè sentire le proprie costole torcersi mentre veniva scaraventato dalla corrente. Il pugnale gli cadde di mano e non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire un grido di dolore, angosciante espressione di patimento, che fu stroncato solo dal tonfo provocato dall'urto del suo corpo sul nudo terreno.
"Chi... Chi sei tu?"
Pronunciò poi, rialzandosi lentamente. Sentiva un dolore lancinante alle costole e faticava vistosamente a respirare.
La bambina alzò la testa al cielo, e la sterile sghignazzata divenne una risata isterica.
"Io..."
Si interruppe, per poi riprendere ignorando completamente la domanda di Valante, come se stesse parlando con qualcun altro.
"Io ho cercato di salvarlo, ma la salvezza non è da costui meritata."
La voce assunse un tono surreale, come se a parlare fossero una ragazzina ed un uomo contemporaneamente.
"Ed il serpente lo ha tentato, ed egli ha ceduto."
La pelle del viso e delle mani cominciò a sciogliersi, proprio come s'era sciolto il rettile poco prima.
"Ed io gli ho offerto redenzione, ma egli non s'è pentito."
Il corpo iniziò a crescere, sino a raggiungere altezza e stazza simile a quelle dell'assassino, mentre nel tono della voce, il timbro di Esmeralda era appena percettibile.
"Ed ora soffrirà, si tormenterà e morirà. E mi implorerà pietà ed io non gli darò ascolto, perché già gli è stato concesso il potere di rimediare ai propri errori "
Ormai della bambina non v'era più traccia, mentre di fronte a Valante si presentava un uomo incappucciato con indosso una tunica rossa. Dei possenti guanti e stivali parevano essere la sua sola armatura, una katana la sua arma. Una maschera bianca ne copriva in parte il volto. Ciò che rimaneva scoperto, appariva così tetro da non poter rievocare nulla di umano.

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"CHI SEI? CHE NE HAI FATTO DI ESMERALDA?"
Ripetè Valante, non celando la sua rabbia.
L'uomo passò delicatamente la sua lingua sulle labbra, godendo dell'irrequietezza che trasmetteva.
"Io? Sono solo un umile servo, ma tu..."
Si lasciò sfuggire un lieve ghigno.
"Tu... Perché mi chiedi di Esmeralda? Non la hai forse appena messa in secondo piano rispetto a te?"
"Taci!"
Rispose prontamente l'assassino, tentando di insinuarsi nella mente dell'impostore e di indurlo a credere che delle catene lo stessero per avvincere.
"Credi davvero di poter usare su di ME certi trucchetti? Io son-"
L'offensiva si rivelò inefficace, ma l'uomo non fece in tempo a terminare la frase che fu trafitto da numerosi pugnali, lanciati pochi istanti prima dall'avversario. Aveva nervi e legamenti danneggiati, ed il suo corpo cominciò a sanguinare copiosamente, ma questo non gli impedì di muoversi.
"Come osi?"
"Ripeto, dov'è Esmeralda?"
Questa volta Valante ostentò un'insospettata calma, forse rasserenato dal fatto di aver appena copito l'avversario.
"Non capisco."
Rispose l'uomo, estraendo con movimenti sinuosi un pugnale e disfacendo un piccola biglia sulla lama.
"Sappiamo entrambi che la lascerai morire, così come hai fatto con la tua famiglia"
Si lasciò sfuggire un altro sorriso, continuando a fissare l'assassino negli occhi in maniera provocatoria, e lanciandogli poi il pugnale.
"Ora!"
Sussurrò mentre l'arma era ancora in volo: essa si avvolse d'un ennesima aura evanescente, e dal pugnale ne emerse un altro, poi un altro ed un altro ancora, fino a diventare una dozzina.
Valante ne deviò solo qualcuno con la katana, ma riuscì a bloccare gli altri usando il braccio sinistro a mo' di scudo. E nel punto in cui s'era infranto uno dei pugnali, la pelle cominciò a divenire violacea. L'arto iniziò ad intorpidirsi quasi del tutto, tanto che Valante fu più in grado di continuare a muoverlo.
"Ho capito."
Inspirò leggermente.
"Sei stato tu a scavare nella mia mente poco fa, non è vero?"
L'enigmatico individuo si limitò a sorridere, per poi continuare.
"Allora, com'è stato vedere il corpo di tua madre stuprato da più uomini?
Valante, visibilmente irritato, lo ignorò e gli corse incontro tenendo la katana sguainata ed il braccio sinistro penzolante.
"Hai goduto?"
Nell'attimo in cui l'uomo finì di pronunciare l'ultima parola, nello stesso istante in cui l'assassino fu a lui così vicino da poter osservare il proprio riflesso nei suoi occhi grigi, Valante divenne ombra e sprofondò nel terreno per riemergere alle sue spalle. L'uomo si voltò di scatto, giusto in tempo per osservare la lama dell'assassino affondare rapidamente nel proprio addome. Sentì il calore del sangue che sempre più frenetico imbrattava le sue vesti. Cercò di urlare il proprio dolore, ma non ci riuscì.
"E quelli di tuo padre e tua sorella..."
Borbottò a malapena.
"Puzzavano?"
"Tu..."
Sospirò Valante con sdegno, mentre con un fendente tranciò la clavicola sinistra dell'uomo.
Quasi nello stesso istante, però, quest'ultimo estrasse la katana, e la affondò nel petto dell'assassino, penetrandolo completamente.

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Il sangue colava copioso da entrambi, ed ambedue non riuscirono a restare in piedi.
Valante cadde in ginocchio, lasciò cadere la lama e passò la mano sulla ferita, per poi osservarla impietrito colma di sangue.
L'uomo invece cadde in posizione supina, e non curandosi del sangue che guizzava veloce dalle lacerazioni, abbozzò una risata, interrotta più volte da conati.
"Perché, perché fai tutto questo?"
Mormorò l'assassino, con un tono di voce particolarmente basso.
"Non hai idea di quanto tu sia divertente. Sei... Sei patetico. Pensi davvero di combattere per qualcos'altro oltre la tua sopravvivenza?"
"Esmeral-"
"No"
Lo interruppe, tossì sangue un paio di volte e continuò.
"È per te che combatti. E sai benissimo che stai solo ingannando te stesso. Mi... mi dispiace solo che non sarò in grado di vederti morire"
E mentre pronunciava queste parole, mosse leggermente le dita, usando le sue ultime energie per sollevare il pugnale che pochi minuti prima aveva dato a Valante, s'alzò da terra, andando ad infrangersi nella schiena dell'assassino.
Questi non riuscì a trattenere un grido di dolore, e s'accovacciò sputando sangue sul corpo ormai senza vita del suo avversario.
"È la mia fine forse?"
Passò la mano sulla schiena, ed estrasse il pugnale, non senza gridare per il dolore.
"Se avesse usato un po' più di energia, a quest'ora sarei morto"
Poi pose due dita sul collo del nemico per controllarne lo stato.
Era deceduto.
"Che abbia ragione?"
Afferrò la katana, e si alzò usandola a mo' di bastone. Una volta in piedi, avvertì un lieve giramento di testa.
"Devo riposare"
Trascinò faticosamente il suo corpo per qualche metro e si lasciò cadere poggiando le spalle su di un albero.
Faticava a respirare, e si tolse goffamente il copricapo, lasciandolo cadere in terra.
Penosi ricordi cominciarono a palesarsi nella sua mente.
Vide il corpo di suo padre, giacere senza vita in un lago di sangue; rievocò quello della madre, stuprato ripetutamente da più d'un individuo; gli parve persino di udire le grida strazianti di sua sorella, ancora in fasce, fatta tacere da un paio di colpi di rivoltella; ed in fine rivide sé stesso: patetico sì, pietoso infante con un coltello piantato nell'occhio, che si finge morto per evitare di far la stessa fine della famiglia.
"Esmeralda, non ti lascerò morire, non permetterò che la storia si ripeta"


Stato fisico: 5/16 (Danno alto al braccio sinistro, danno alto all'addome, danno medio al torace, danno basso alla schiena)

Stato psicologico: illeso.

Energia: 94-11-22-22-6-11= 22%

Dardi balestra= 15x
Pugnali da lancio= 0x

Abilità passive:

Scurovisione: è in grado di vedere nella notte come se fosse giorno, non importa quanto sia fitta l'oscurità che gli sta di fronte, purché la suddetta non sia illusoria. Allo stesso modo è in grado di guardare attraverso qualsiasi impedimento visivo come nebbia o simili.

Dominio Void Runner.
Effetto passivo: La prima regola per sparire nel nulla è quella di non essere percepiti, in alcun modo. Va da sé, dunque, che i nati sotto il segno del Void Runner sono in grado di annullare la propria presenza, a partire dalle proprie emanazioni sensoriali. A meno che essi non decidano altrimenti, infatti, dalla loro figura non si disperderà alcun odore, né rumore; potranno infatti muoversi in completo silenzio, e neppure un segugio sarebbe in grado di tracciare la loro pista. Fanno eccezione gli odori imposti sulla loro figura artificialmente, come profumi, macchie di sangue del proprio avversario o simili.

Abilità attive utilizzate:

Affondo: Valante affonda la propria arma nel corpo del nemico, causandogli una ferita perfettamente circolare e molto profonda, seppur di diametro ristretto.
La tecnica ha natura fisica. Il caster compie un unico, rapido movimento per affondare la propria katana nel corpo del nemico, nel tentativo di provocargli un danno molto profondo, ma estremamente localizzato alla zona colpita. La tecnica ha potenza Media e provoca un danno Medio; la sua efficacia si basa sulla rapidità con la quale viene eseguita il gesto, tramite la quale è possibile penetrare più o meno in profondità.
Consumo di energia: Medio

Illusione imprigionante: Valante si insinua nella mente del proprio nemico, assoggettandolo ad una potente illusione, facendogli credere di essere trattenuto da delle catene.
La tecnica ha natura psionica. Per essere castata vi è necessità che l'utilizzatore possa percepire il bersaglio in qualche modo, anche solo visivamente. La vittima, subito l'attacco, vedrà il proprio corpo trattenuto da catene dalle quali le sarà impossibile liberarsi.
Per l'avversario sarà possibile liberarsi dalle costrizioni - che non lo immobilizzeranno mai completamente - ma queste si rigenereranno sempre sotto il suo sguardo e tenteranno di trattenerlo, impegnandolo in un combattimento senza uscita. Mentre la vittima è così impegnata, il caster può ovviamente approfittarne per attaccarla - la lotta con le creature, i lacci o simili non impedirà alla vittima di difendersi, anche se sarà inevitabilmente distratta dall'illusione. La tecnica ha potenza alta e infligge un danno alto alla mente del bersaglio.
Consumo di energie: Alto

Abilità personale:
Conosco i tuoi punti deboli: Valante è in grado di lanciare tutti i suoi pugnali contemporaneamente, colpendo l'avversario in punti cruciali (legamenti, nervi, ecc.), provocandogli un danno alto. L'abilità del guerriero, è tale da far assumere alle traiettorie dei pugnali un'andatura imprevedibile, rendendo questi, di fatti, in grado di colpire anche un avversario dietro la propria protezione. Il consumo di energia è alto.

Dominio Void Runner.
Effetto attivo; Valante muta se stesso in ombra, rendendosi intangibile. In questo modo potrà attraversare una qualsiasi superficie e ricomparire al di là di questa, o in un altro punto di quest'ultima. Egli deve entrare ed uscire dalla superficie nello stesso turno, e non può compiere azioni mentre la sta attraversando, anche nel caso in cui un solo dito vi sia ancora immerso. La tecnica non può essere inoltre utilizzata in maniera difensiva, ma potrà avere solo applicazioni offensive o di spostamento lungo il campo di battaglia. Il consumo energetico è basso.

Note:
Allora, cos'è successo?
Il babau, non visto, usa prima Spia
CITAZIONE
Spia: Il ninja si insinua nella mente del proprio nemico, venendo a conoscenza del suo passato, delle sue debolezze e dei suoi tormenti più nascosti.
La tecnica ha natura psionica. Per essere castata vi è necessità che l'utilizzatore possa percepire il bersaglio in qualche modo, anche solo visivamente. Dopo aver colpito la vittima con successo, l'utilizzatore della tecnica verrà immediatamente a conoscenza della storia del suo bersaglio: di tutti i suoi segreti, del suo background, di ciò che teme di più in assoluto e simili. La tecnica non provoca alcun danno alla mente della vittima, avendo la sola funzione di raccolta di informazioni, che potranno poi essere impiegate come meglio si crede.
Consumo di energia: Basso

poi Serpente gigante
CITAZIONE
Serpente gigante: Il ninja evoca accanto a sé un serpente gigantesco, in grado di stritolare ed avvelenare i suoi nemici per lui.
La tecnica ha natura di evocazione e richiama una singola creatura velenosa; generalmente un serpente, ma a seconda della personalizzazione può essere utilizzata anche un'altra creatura terrestre che possieda veleno, come un ragno gigante o simili. La creatura potrà raggiungere le dimensioni massime di un elefante; verrà gestita dall'evocatore e non andrà trattata autoconclusivamente. I suoi attacchi fisici provocheranno un danno equipartito fra quello provocato normalmente dall'attacco e quello provocato dal veleno; tale ha la capacità di scatenare emorragie interne e simili sintomi. La creatura evocata avrà potenza Media e potrà rimanere in campo per un massimo di due turni, potendo essere richiamata prima a volontà del caster o fino a quando non sarà distrutta dopo aver subito un danno totale pari a Medio. La potenza della creatura evocata sarà pari a 4 CS.
Consumo di energia: Alto

Valante subisce sia la tecnica che l'attacco del serpente, e reagisce eliminando il serpente con affondo.
Ora, da questo momento inizia il vero duello, che ho cercato di strutturare secondo la maniera classica, quindi con due tecniche per turno, e succede questo:
Il baubau usa Trasformazione
CITAZIONE
Trasformazione: Il ninja muta la propria forma, trasformandosi in un animale o in un'altra persona, o persino in una creatura fantastica, potendo ingannare tutti coloro che lo osservano.
La trasformazione avrà natura di "immagine" e andrà dunque considerata una tecnica magica, non psionica: tutte le persone sul campo di battaglia vi assistono allo stesso modo. Non richiederà più di qualche istante, anche se può essere personalizzata come più complessa, lunga o semplicemente scenica. Il personaggio assume solamente la forma di ciò in cui si è trasformato, mantenendo intatte le proprie caratteristiche fisiche e capacità; tale metamorfosi potrà estendersi solamente ad altre creature viventi, umanoidi o meno. Il nuovo aspetto assunto dovrà aggirarsi tra le dimensioni minime pari a quelle di un gatto, o di un rapace, e quelle massime di un orso, o altre creature di simili dimensioni. Il personaggio non guadagna nuove capacità dovute al proprio aspetto, ma mantiene inalterate le proprie: trasformandosi in uccello egli non potrà volare a meno che non ne fosse capace anche nella sua forma originaria - in compenso potrà parlare indipendentemente dall'aspetto assunto, esemplificando. Se assume una forma animale, perderà tutto il proprio equipaggiamento in favore delle armi naturali dell'animale stesso - allo stesso modo, se assumerà una forma umanoide potrà decidere di mantenere il proprio equipaggiamento, perderlo in parte, o cambiare gli accessori (vestiti e simili - non armi). Potrà eventualmente ingannare gli altri assumendo gli odori e la voce (nel caso di mutazioni umanoidi) o emettendo i versi (nel caso di mutazioni animali) dell'aspetto assunto. La metamorfosi avrà una durata massima di due turni compreso quello d'attivazione, potendo essere dissolta prima del termine al volere del caster.
Consumo di energia: Medio

– c'è un piccolo dialogo – e poi usa Vortice
CITAZIONE
Vortice: Il ninja colpisce l'avversario, generando nel punto toccato una forza repulsiva a spirale, che coinvolgerà il nemico in un vortice mortale, scaraventandolo lontano.
La tecnica ha natura magica. Il caster concentrerà all'estremità della propria mano, nel proprio palmo o sulla punta della propria arma da mischia una potente energia che, toccato l'avversario, si sprigionerà generando un vortice, che lo scaraventerà lontano, in una corrente a spirale. In generale, è possibile associare l'attacco a qualsiasi attacco fisico in mischia, che sia esso portato con armi o meno; la natura dell'energia spiraliforme può essere modificata a seconda della personalizzazione, dandole l'aspetto di un forte vento, di lacci che tirano e sospingono l'avversario, di una creatura che lo scaraventa lontano o altro ancora - l'importante è che il corpo dell'avversario venga travolto e scaraventato lontano. La potenza della forza generata è Alta e così saranno i danni provocati al proprio avversario.
Consumo di energie: Alto

;
Valante incassa, ed usa prima Illusione imprigionante, poi la personale "Conosco i tuoi punti deboli";
Il babau blocca l'illusione con la difesa psionica Disarmante
CITAZIONE
Disarmante: Il ladro diviene il nemico naturale dei subdoli psionici, irraggiungibile dai loro incanti e immune ai loro ammaliamenti.
La tecnica ha natura psionica. Il caster si difende dalle illusioni, dagli ammaliamenti e dalle maledizioni nemiche, spendendo un consumo pari alla potenza dell'offensiva rivoltagli contro. Più in generale, questa tecnica agisce come una difesa psionica a consumo e potenza variabile, la seconda pari al consumo impiegato. E' possibile castare una difesa psionica nei primi attimi in cui si subisce l'offesa, per prevenirne gli effetti.
Consumo di energie: Variabile

, ma subisce la personale; poi contrattacca usando un veleno su un pugnale, lanciandolo ed usando Moltiplicazione
CITAZIONE
Moltiplicazione: Il ninja moltiplica una propria arma da lancio mentre questa è in volo, sommergendo il proprio avversario con una raffica di coltelli.
La tecnica ha natura magica. Dopo aver scagliato un attacco fisico con un'arma da fuoco, da tiro o da lancio, il caster è in grado di moltiplicarlo a dismisura, facendo sì che un singolo proiettile, freccia o pugnale divengano una dozzina, tutti con la stessa traiettoria dell'originale. Il numero di copie sarà inversamente proporzionale alla grandezza dell'arma o della munizione: se si scaglierà una lama a boomerang di dimensioni spropositate, sarà possibile generarne una sola copia, mentre con piccoli proiettili è possibile decuplicarne il numero. Tutte le moltiplicazioni sono reali provocano danno normalmente e contano come attacchi fisici.
Consumo di energie: Nullo

;
Valante viene colpito al braccio sinistro, già colpito in precedenza, e che accumula quindi un quantitativo di danni alto: Valante non riesce quindi più a muoverlo; usa l'attiva del domnio, poi Affondo, ed infine un attacco fisico;
il babau incassa sia l'affondo che il colpo fisico, e contrattacca anche lui con Affondo; entrambi cadono a terra, ma il babau usa il secondo slot tecnica per Telecinesi
CITAZIONE
Telecinesi: Il ninja ha totale controllo degli oggetti sul campo di battaglia, potendo manovrarli nell'aria e controllarli dalla distanza, psicocinetico.
La tecnica ha natura magica. Il caster potrà muovere nell'aria parte del proprio equipaggiamento o un oggetto presente sul campo di battaglia. Non potrà influenzare in alcun modo possedimenti del proprio avversario, creature viventi e oggetti che non potrebbe manovrare neppure normalmente, mediante la propria sola forza fisica. Gli oggetti potranno compiere qualsiasi traiettoria e potranno essere impiegati sia in offesa che in difesa; in entrambi i casi, comunque, le loro azioni andranno considerate come attacchi fisici. Con un consumo basso si muoverà ad una velocità pari a 2 CS. Con un consumo medio ad una velocità pari a 4 CS. Con un consumo alto pari ad 8 CS. Con un consumo critico ad una velocità pari a 16 CS. Non è possibile spostare più di un possedimento alla volta.
Consumo di energia: Variabile

sul pugnale che aveva dato a Valante quando era trasformato in Esmeralda e che in effetti è caduto a terra subito dopo, usando un quantitativo d'energia basso; facendo ciò, però, termina l'enrgia, ed anche se Valante incassa il colpo, a morire è il babau :8D: .
Per quanto superfluo, ho fatto il conteggio anche dell'energia del nemico:
100-6 (Spia)-22 (Serpente gigante)-11 (Trasformazione) -22 (Vortice)-22 (Disarmante)- 0 (Moltiplicazione)-11 (Affondo)- 6 (Telecinesi)= 0
Inoltre ha una passiva che gli permette di non svenire sotto il 10% :sisi:
PS: parto con 94% per via della tecnica "Spia", usata nel turno precedente e che ho dimenticato di segnalare.
 
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IDSeeker
view post Posted on 3/4/2013, 22:55




davor

sanguisuga


Nessuno dei due disse una parola durante tutto il tragitto. Sia Davor che lo sconosciuto stavano marciando già da diverso tempo ormai e la foresta sembrava farse sempre più fitta attorno a loro. La pioggia e l'oscurità non aiutavano il già provato senso dell'orientamento del mezz'orco, che aveva ormai rinunciato persino a lasciare traccie di diverso tipo. Anche se non ne era ancora completamente sicuro, il sospetto che si trattasse di un qualche artificio per far perdere degli incauti viandanti all'interno della foresta si era fatto largo con forza nella mente del guerriero, mettendolo sull'attenti. Forse si trattava addirittura della stessa magia che permetteva a chiunque stesse utilizzando la leggenda del Re degli Elfi per i propri scopi di agire indisturbato sugli infanti di coloro che avevano il coraggio o la necessità di passare da quelle parti durante una tempesta. Davor cominciò ad elaborare diverse teorie nella sua mente sugli eventuali colpevoli di tale sortilegio. Ad esempio, il fatto che questo sistema di difesa magico si fosse attivato anche in assenza di bambini da rapire dimostrava che colui che l'aveva creato non possedeva la potenza necessaria per controllare il fenomeno; o forse lo lasciava sempre attivo e lo faceva funzionare come la tela di un ragno, in modo che i responsabili potessero prelevare delle vittime anche in caso loro stessi fossero assenti per i più disparati motivi. Oppure era solo una semplice tempesta ed il terreno scosceso anche all'interno della foresta gli aveva giocato un brutto tiro.

Fatto sta che, una volta tornato alla realtà dalla formulazione di tutte quelle teorie, il mezz'orco non riuscì a scorgere lo sconosciuto che fino a poco prima si trovava di fronte a sé. Il guerriero fece un gesto di scatto, come colto da una rivelazione sconcertante, e si guardò attorno. Non vi era più traccia dello sconosciuto. Possibile che non si fosse accorto che la persona che stava seguendo si era letteralmente dileguata di fronte ai suoi occhi? Davor accelerò il passo, nella speranza che l'altro individuo fosse ancora abbastanza vicino da poter essere raggiunto. Ma più procedeva, più si rendeva conto di essere stato lasciato indietro senza alcuna speranza di poter recuperare il terreno perso. Arresosi al fatto di aver perso di vista lo sconosciuto, il guerriero continuò da solo la propria scampagnata nel tentativo di uscire dalla foresta.



Non passò molto prima che una flebile luce in lontananza catturasse la sua attenzione. La natura della luce sembrava artificiale; probabilmente si trattava della torcia di qualche viandante o, con un po' di fortuna, del fuoco di un'abitazione che filtrava da una finestra. Davor si mosse rapidamente in quella direzione. Ad ogni passo la sua armatura produceva costantemente dei suoni metallici che avrebbero allertato anche il più rintronato dei banditi nelle vicinanze, ma non gli importava più di tanto a quel punto. Anche un campo di malviventi gli avrebbe fatto comodo a quel punto, per via di provviste e riparo che dovevano avere per potersi accampare in una zona così remota della foresta. Ma ciò che lo aspettava era ben diverso da qualunque essere avesse mai incontrato durante i suoi viaggi nella zona interna del Continente.

Una specie di ombra senza consistenza né caratteristiche particolari sembrava fluttuare a mezz'aria tra gli alberi della foresta, alta quanto un bambino, flemmatica nei suoi movimenti al punto da non sembrare minimamente preoccupata dal vento e dalla pioggia battente anche sotto al fitto fogliame che dava loro un po' di riparo. Nella sua forma eterea non sembrava nient'altro che un vago ricordo o una sbavatura in un disegno altrimenti perfetto. Due piccole quanto semplici fessure bianche parevano avere la funzione di occhi della creatura. In testa portava ciò che appariva come il cappello di un mago di color foglia di tè, attraversato orizzontalmente da una striscia di stoffa bianca. Un arto simile ad un viticcio d'ombra sorreggeva quella che sembrava una lampada ad olio, la cui luce, ora che il guerriero poteva vederla riflettersi per bene sui tronchi degli alberi che la circondavano, aveva un che di spettrale ed inquietante. All'inizio la creatura non sembrò badare a Davor nonostante tutto il rumore che aveva prodotto con la sua ingombrante armatura venendo lì. Ma alla fine, come quando ci si risveglia da un sogno fin troppo lucido, l'ombra si girò con la sua caratteristica flemma e guardò il mezz'orco dritto negli occhi, nonostante la presenza dell'elmo. Passarono diversi secondi di silenzio interrotto solo dal ticchettare costante della pioggia sulle foglie che sovrastavano le due figure che erano ora intente ad osservarsi intensamente, indecise sul da farsi.

Passarono attimi che sembrarono secoli. Cosa fare? Ignorare la creatura? Combatterla? Fuggire? Si trovava di fronte ad un essere di palesi origini magiche, ben al di là delle normali bestie e ladruncoli disperati che soleva combattere nelle campagne dell'Impero, lontane dall'occhio vigile della Capitale. L'unica istanza di combattimento magico a cui poteva aggrapparsi per sapere che tattica adottare era quella avuta recentemente durante il battesimo, ma anche quella volta non era finita troppo bene per lui; messo in ridicolo usando semplici trucchetti mentali da codardi. No, questa volta la sua esperienza in combattimento non l'avrebbe aiutato, in quanto ciò che attendeva di fronte a lui, a pochi metri di distanza, avrebbe potuto comportarsi in maniera completamente imprevedibile ed erratica. L'ombra lo strattonò fuori dalla suo vortice di idee ed ipotesi cominciando ad ondeggiare dapprima in modo calmo per poi guadagnare sempre più movimento, fluttuando sempre più in alto, fino a raggiungere l'altezza di Davor in linea d'occhio. Il guerriero mise lentamente e senza gesti bruschi la mano alla spada che spuntava dal mantello dietro la sua schiena, senza però sguainarla, pronto a vendere cara la pelle.

L'essere cessò per un secondo di dimenarsi, tornando alla sua normale immobilità; ma la cosa non durò molto, giacché da sotto il cappello, come i maghi improvvisati che durante gli spettacoli per bambini facevano comparire un coniglietto bianco, uscì una zucca incava ed intagliata che scivolò con poca grazia sulla porzione di ombra che doveva rappresentare la sua testa. Gli intagli erano modellati in modo che la zucca stessa diventare una specie di elmo naturale, con buchi per gli occhi, per il naso e per la bocca. Tutti questi tratti sembravano enfatizzati per rendere più spaventosa quella strana maschera, ma per qualche motivo non riusciva a suscitare altro che la strana sensazione di trovarsi di fronte ad un antagonista appartenente ad un libro di favole. Da sotto l'elmo improvvisato scese velocemente uno svolazzante indumento in stoffa purpurea, che si rivelò essere una specie di piccolo mantello che sembrava scimmiottare vagamente nell'aspetto quello che Davor stava portando in quel momento. Il viticcio d'ombra che reggeva la lanterna si gonfiò velocemente; la sua unica estremità si divise in diverse parti che divennero delle dita, le quali vennero immediatamente nascoste sotto ad un guanto bianco di un qualche materiale all'apparenza pregiato generato sul momento. Le iridi bianche continuavano ad essere perfettamente visibili attraverso i grandi occhi incavati della zucca.

Per qualche motivo, Davor si riconobbe nella figura che gli stava davanti. Gli sembrò una specie di caricatura spettrale di se stesso; il riflesso in uno specchio deformato che si poteva trovare nelle fiere dei paesi più grandi. E la presa in giro che vedeva di fronte a sé non gli piaceva. Per niente. Non servì altro che un brusco movimento dell'ombra per far scattare il guerriero in una posizione di attacco. Sfruttando la sua già salda presa sull'impugnatura della spada, egli la sfoderò con forza. Il sibilo metallico della lama echeggiò tra i rami attorno a loro, mentre un'intensa luce azzurra l'accompagnò fuori dal fodero. Un gesto fluido e naturale del braccio, come se la spada forse parte integrante dello stesso, e la lama aveva già compiuto un arco dal quale nacque una mezzaluna di energia obliqua ed azzurra di fronte al mezz'orco che si diresse a tutta velocità verso la creatura della notte nel tentativo di tagliarla in due. Ma quest'ultima non era una sprovveduta e questa non era di certo la sua prima lotta. Con un semplice gesto delle dita della mano che reggeva la lanterna, ed un leggero movimento agitato della fiamma della stessa come conferma, evocò dal terreno quelli che sembravano una serie di rampicanti che si dimenavano come se fossero stati i tentacoli di un polipo di terra. La mezzaluna di luce colpì in pieno le piante che si contorcevano di fronte al loro padrone, tagliandole in una linea precisa che andava, rispetto all'ombra, da in alto a sinistra in basso a destra. Nonostante l'efficace linea difensiva, quella tecnica aveva lasciato vulnerabile la creatura; infatti le aveva completamente ostruito la vista del suo avversario, permettendo a Davor di agire indisturbato senza essere visto. Il guerriero, cogliendo al volo l'opportunità che gli era stata concessa dall'incauto essere, aveva fatto uno scatto in avanti con la lama vicino al fianco, in posizione per sferrare un affondo. Non appena il colpo energetico aprì un passaggio tra le piante, la punta della lama, illuminata di una luce azzurra brillante, penetrò la difesa avversaria, colpendo di striscio il lato sinistro della zucca avversaria. L'avversario era stato abbastanza veloce da evitare un colpo diretto, ma quello che aveva subito fu sufficiente a scatenare l'esplosione di energia che impregnava la lama, sbalzando entrambi a diversi metri di distanza, anche se Davor non aveva subito alcun danno da essa; era solo un effetto dell'onda d'urto. L'ombra emise un grido di dolore abbastanza stridulo da essere quasi doloroso per l'orecchio del mezz'orco. Un rapido sguardo ed il danno fu constatato: la parte della zucca che era stata colpita dall'esplosione era ora scomparsa, non lasciando altro che resti fumanti ed il nero che componeva il suo proprietario. Ora gli incavi che rappresentavano l'occhio sinistro e la bocca si univano malamente in un buco nero all'altezza della guancia, rendendo la maschera vagamente inquietante da guardare. Nonostante gli occhi inespressivi della creatura, le intense emozioni che stavano attraversando la sua primordiale mente erano palesi: paura, odio, rabbia. Istinto di sopravvivenza al suo meglio. L'essere si rialzò da terra e ricominciò a fluttuare. Un secondo guanto, che fin'ora non era stato ancora rivelato, uscì da sotto il piccolo mantello dell'ombra. Un altro rapido gesto, questa volta l'agitazione era visibile dal mal celato tremolio della mano. Il guerriero si rialzò a sua volta, pronto ad incassare il colpo. Voleva umiliarlo così come sentiva che l'avversario aveva umiliato lui derubandolo della sua immagine per combatterlo.

Una moltitudine di gocce d'acqua piovana si radunò di fronte alla mano libera dell'ombra, ammassandosi in una densa sfera d'acqua. Davor non fece nulla per scansare il colpo, preparando la sua speciale respirazione che gli permetteva di indurire sensibilmente i muscoli di una parte del suo corpo. L'essere sembrò notare la sfida, ma non diede segno di aver perso la concentrazione o la pazienza per questo. Passarono un paio di secondi di silenzio, intervallati da qualche soffio di vento, furono seguiti da un innaturale suono dal tono molto alto prodotto dall'ombra che sembrò segnare la partenza del colpo. La sfera d'acqua concentrata viaggiò velocissima attraverso l'aria per giungere a destinazione nelle soffici carni del mezz'orco. Il fischio dell'aria che veniva sfondata senza pietà dalla velocità della sfera allertò i già sensibili sensi del guerriero, che calcolò con facilità dove quell'attacco sarebbe andato a colpirlo. Prese un ultimo respiro mentre la sfera d'acqua perforava l'armatura come se si fosse trattato di uno strato di carta. Il dolore all'addome fu lancinante; al punto da pensare che la respirazione non aveva funzionato, ma ad un'occhiata più attenta, poté constatare come i muscoli avevano retto la tremenda pressione e non avevano riportato che graffi superficiali. Un brevissimo sorriso si dipinse sul volto di Davor, che era riuscito a vincere la loro piccola prova di forza. Ma l'abbandonò subito, conscio che il combattimento era tutto meno che finito. Si mise di nuovo in posizione di combattimento. Questa volta sarebbe stato lui ad usare uno di quei trucchetti che tanto aveva disprezzato perché gli avevano impedito di combattere lealmente durante il suo battesimo. Adattarsi era un tratto fondamentale se si voleva sperare di sopravvivere ed il guerriero non si faceva scrupoli a "prendere in prestito" delle tecniche da avversari che si dimostravano più forti di lui ma non avevano l'accortezza di finirlo durante un suo momento di debolezza. L'ombra sembrò sorpresa del fatto che il suo attacco non aveva avuto effetto nonostante avesse centrato in pieno il bersaglio. Era giunto il momento di sfruttare quel momento di debolezza; non avrebbe lasciato che l'essere imparasse dai propri errori. Il mezz'orco cominciò a correre in direzione dell'avversario. All'improvviso, l'armatura scoppiò in mille pezzi mentre un enorme orco arrabbiato quanto nerboruto sembrò fiondarsi a tutta velocità verso il tutto sommato piccolo essere, che non poté fare a meno di emettere un sommesso squittio alla vista della montagna di muscoli che gli stava venendo addosso a tutta velocità. In realtà, questa non era altro che un'illusione, creata appositamente dal guerriero per colpire l'avversario sfruttando l'effetto sorpresa. La sua lama si illuminò di nuovo, pronta a provocare una nuova esplosione al minimo contatto. L'ombra, notando il bagliore fin troppo familiare, tornò in sé abbastanza in fretta da riuscire a muovere freneticamente le mani per evocare qualcosa. Qualunque cosa. Per sua immensa fortuna, riuscì quasi per caso ad evocare una scossa tellurica abbastanza forte da costringere Davor a fermare la sua folle corsa per non perdere l'equilibrio. Riuscì, grazie alla concentrazione che aveva acquisito, però, a non perdere il controllo dell'illusione. L'ombra, vedendo uno spiraglio nella difesa nemica, agì con la furia di un animale messo ormai all'angolo. Tese in avanti la mano che non teneva la lampada, come se avesse voluto dare uno spintore al mezz'orco per farlo cadere. Questi, incapace di difendersi, strinse i denti in attesa di essere spinto a terra ed essere colpito durante il momento in cui non poteva difendersi. Ma ciò che accadde di lì a poco, non poteva proprio immaginarlo. Lo spirito, guidato dall'istinto, toccò il guerriero sul braccio sinistro, quello che si trovava più vicino a lui, ma, invece che sentire una spinta, Davor provò una sensazione di forte calore sulla pelle dell'arto che era stato toccato. Non fece in tempo a voltare lo sguardo, che l'armatura che copriva il braccio saltò completamente in aria fino alla fine della spalliera. Anche il corno sinistro dell'elmo, così vicino alla zona colpita, fece la stessa fine. Il guerriero emise un grugnito, mentre l'onda d'urto faceva quello che si sarebbe aspettato dal suo avversario e cadeva a terra. Nonostante la strana sensazione, non vi erano gravi danni sul braccio che ora si trovava scoperto sotto le intemperie che vorticavano attorno a loro, incuranti del combattimento in atto.

Conscio che la propria illusione era ancora attiva, Davor si rialzò in piedi e partì di nuovo all'attacco. Il combattimento stava cominciando a lasciarlo senza energie. Doveva finire presto; il più presto possibile. L'effetto esplosivo della sua spada era ormai scarico. Non gli rimaneva che colpirlo normalmente finché non fosse morto, alla cara vecchia maniera. Certamente colto di sorpresa dalla veloce ripresa di posizione dell'avversario, l'ombra non si lasciò prendere di nuovo dalla paura alla vista dell'illusione, anche se ancora non poteva sapere di cosa si trattasse realmente. Questa volta era pronta ad un contrattacco. Così, con un rapido gesto di entrambe le mani, l'essere si circondò di energia verde che rilasciava attorno al loro evocatore delle linee stilizzate che ricordavano vagamente una rappresentazione del vento quando si cerca di disegnarlo. Quando il mezz'orco tentò di colpire l'avversario con tutta la sua forza, la spada sembrò come respinta da una forza inarrestabile verso un'altra direzione. Fu così che, spinta dai forti venti che erano venuti in aiuto dell'avversario, la spada di Davor si conficcò abbastanza profondamente nel tronco di un albero. I tentativi di estrarla del guerriero furono vani. La creatura emise un sonoro verso che ricordava vagamente una risata con un tono di voce innaturalmente alto. Essa allungò la mano con la lampada verso l'elmo del guerriero, pronta a richiamare a sé una nuova magia. La fiamma all'interno della piccola teca di vetro si mosse spasmodicamente per qualche secondo, ma nulla sembrò accadere.

In quel momento, una sensazione simile ad una lieve scarica elettrica attraverso il cervello del mezz'orco, lasciando il suo punto d'origine, il lobo dell'orecchio sinistro, con una sensazione assai spiacevole. Davor capì subito cos'era successo. L'ombra aveva tentato di replicare il trucchetto che aveva visto anche alla Cattedrale per mano della Grossa Ombra che l'aveva esaminato. Sembrava che l'inganno fosse una costante tra i membri di quella specie oscura. L'orecchino che aveva comprato per difendersi dagli attacchi di quella natura si era rivelato piuttosto utile, alla fine. L'ombra sembrò piuttosto confusa dal fatto che il suo attacco mentale non aveva avuto effetto. Così confusa che fu costretta ad allontanarsi dall'avversario praticamente disarmato che le stava di fronte. Non le era mai capitato nella sua relativamente breve vita di incontrare avversari che non fosse in grado di assimilare per ottenere più energia e più consistenza nel mondo ed il concetto l'aveva colpita così profondamente da farle perdere la concentrazione per un attimo. Se non poteva nutrirsi con la mente dell'avversario, continuare il combattimento era inutile per lei. Stava inoltre cominciando a risentire della stanchezza della battaglia e le ferite provocate alla zucca dall'esplosione di prima l'avevano decisamente provata, oltre ad essere una fonte costante di dolore. L'essere non sembrò accorgersi che mentre era impegnato a decidere se abbandonare la preda o continuare a combattere fino allo stremo, se seguire l'istinto di fuggire o quello di mangiare, Davor aveva estratto l'arco ed aveva incoccato una freccia in silenzio. La creatura riuscì a vedere la punta della freccia solo con la coda dell'occhio prima che il mezz'orco la scagliasse, prendendo in pieno il lato della testa lasciato scoperto poco prima dai danni. La freccia, rilasciata ad una distanza ridicola dalla testa scoperta dell'avversario, si conficcò con tanta forza al suo interno da far volare per qualche metro tutto il corpo dell'ombra, fino a piantarlo penzoloni sul tronco di un albero vicino.

La creatura, che non aveva molta sostanza corporea fin da principio, cominciò a sciogliersi in una pozzanghera di melma nera che cadde pigramente sul terreno sottostante come se si fosse trattato di miele. Il mantello, i guanti, il cappello e la lampada ad olio divennero della stessa sostanza della melma nera e si fusero con essa. Ma la zucca rimase lì, piantata nell'albero, con la sua inquietante espressione rovinata che lo fissava con le sue cavità vuote. Davor la guardò senza dire nulla per qualche minuto, cullato dal suono della pioggia. Dopo aver tratto un lungo sospiro, tornò indietro per riprendersi la spada conficcata nell'albero. Dopo diversi tentativi, riuscì finalmente nell'impresa. Il fatto che la lampada si fosse sciolta significava che il guerriero si trovava di nuovo nell'oscurità della notte, perso nei meandri di una foresta sconosciuta e con una Favola a piede libero che rapiva bambini. Era ora di muoversi.

CITAZIONE
Corpo : |||||||| - Graffi e scottature lievi al braccio sinistro. Leggera ferita all'addome. Lieve fastidio all'orecchio sinistro.
Mente : |||||||| - Sana
Anima : 100% --> -6% -22% -11% -6 -6% -11% --> 38%

CS : Destrezza = 1
Costi: Basso = 6% | Medio = 11% | Alto = 22% | Critico = 44%
Consumabili utilizzati :
Arco - ↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑ - 1/15
Note :

Avversario:
» 1 x Sanguisuga (Gli Aneliti di Tùrmarsh):
Frammenti evoluti dell'incubo di Eitinel, queste ombre hanno le facoltà, a differenza di molte altre, per ottenere ciò che desiderano: una vita propria, sentimenti ed emozioni. Per sempre schiave e finalmente rilasciate, hanno appena intrapreso l'ardua scalata verso l'autonomia dell'essere, distinguendosi dalle precedenti per la loro capacità di assorbire e immagazzinare le sensazioni e le emanazioni emotive delle persone con cui vengono in contatto. Volteggiano nell'aria, non più con la nera e lacera uniformità delle Lucciole, ma formano il proprio corpo e i propri colori assorbendo gli impulsi dell'ambiente circostante: cominciano a emergere tratti somatici, lunghe ciocche di capelli, abbozzi di corpi ridotti al muscolo rosso e fibroso, piccoli indumenti come larghi cappelli di paglia e veli per coprire le loro forme in via di sviluppo. Alla ricerca di una fonte vivente di pensieri ed emozioni da cui attingere, prendono da queste le caratteristiche e i propri poteri: di fronte a un'animo bellicoso, il loro corpo avrà la possibilità di bruciare come fuoco. In presenza di spiriti malvagi e ingannatori, diverranno evanescenti e velenosi, trovandosi facci a faccia con persone nobili e giuste, d'altro canto, splenderanno di chiara luce. Portate più all'agire a seconda delle circostanze che a un'azione offensiva vera e propria, non disponendo di arsenali bellici, cercano di assorbire ogni essenza eterea nelle vicinanze, ricordi compresi: restando vicino a loro, infatti, si avrà la sensazione di essere scrutati nel profondo, e lentamente le proprie memorie verranno fagocitate. Ma anche queste ombre non sono che alla base della piramide gerarchica: come ogni vaso trabocca, così anche loro, dopo vari accumuli, andranno in sovraccarico, impossibilitati a concretizzare e ad assorbire ciò che li circonda. Sono soliti accompagnarsi con una piccola lanterna, di carta o di vetro, la cui luce diventa sempre più forte mano a mano che il loro serbatoio è pieno.

Riassunto combattimento:

» D(avor): Bordata spirituale (Attiva Bianca Incantaspade/Basso) + Effetto esplosivo (Iniziale Guerriero/Alto/Primo turno/colpisce)
» S(anguisuga): Muro di rovi (Iniziale Druido/blocca Bordata spirituale) + Proiettile acquatico (Iniziale Druido)

» D: Tempra di ferro (Iniziale Guerriero/Medio/blocca Proiettile acquatico) + Furia roboante (Iniziale Guerriero/Basso/funziona) + Effetto esplosivo (Secondo turno)
» S: Scossa (Iniziale Druido/blocca Effetto esplosivo) + Madre natura (Iniziale Druido/colpisce)

» D: Furia roboante (Iniziale Guerriero/Basso/funziona) + Attacco con la spada
» S: Scudo d'aria (Iniziale Druido/Turno unico/blocca Attacco con la spada) + Sanguisuga mentale (Attiva Bianca Illusionista)

» D: Difesa psionica (Fascia protettiva/Medio/blocca Sanguisuga mentale) + Attacco con l'arco (colpisce)
» S: Morte

Note:

» L'attiva "Sanguisuga mentale" è essenzialmente l'incarnazione in-game di ciò che dice la descrizione delle Sanguisughe:
CITAZIONE
Portate più all'agire a seconda delle circostanze che a un'azione offensiva vera e propria, non disponendo di arsenali bellici, cercano di assorbire ogni essenza eterea nelle vicinanze, ricordi compresi: restando vicino a loro, infatti, si avrà la sensazione di essere scrutati nel profondo, e lentamente le proprie memorie verranno fagocitate.

» Il combattimento è diviso in paragrafi. Ogni paragrafo contiene un turno completo (uno mio ed uno della Sanguisuga, come riportato nel "riassunto del combattimento" qui sopra). Così dovrebbe essere più facile navigare questo post mostruosamente lungo.


Edited by IDSeeker - 4/4/2013, 02:28
 
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view post Posted on 5/4/2013, 23:23
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Il Re degli Elfi

Un'antro sinistro;
Sotto assedio.




La notte trascorse serena, certo si respirava ancora tensione per il clima generale, ma la pioggia si placava pian piano e l'ombra della notte schiarì il cielo con le sue stelle mentre il vento cullava i pensieri. Mi assopii presto e prima di accorgermene stavo già dormendo.

E la notte passò nel tempo di un sospiro, nel buio. Non un sogno, non un pensiero. Il nulla totale. Mi alzai presto, il cielo cominciava appena a schiarire. Mi diedi una rinfrscata con un catino d'acqua che mi avevano portato la sera prima.

- Ho un pessimo presentimento, Kuryn'.

- Stiamo andando nell'antro di una strega...parliamo di una donna che nemmeno si sa se sia donna...non si sa nemmeno a cosa andiamo incontro...ma andrà tutto bene. Magari le scrocco una tazza di te...

- Ci sei? - Sethra mi chiamò da dietro la porta.

- Eccomi! -

Lei era sulla soglia, riposata, trepidante con gli occhi pieni di ragginte entusiasmo: sembrava che per lei non si trattasse più di una issione potenzialmente mortale, piuttosto doveva essere il contrario, doveva essere un'occasione per liberarsi e vivere finalmente secondo le proprie regole!
Aveva con se un paio di tozzi di pane e qualche provvista per il viaggio.

- I cavalli sono pronti. Partiamo?

Annuii e corremmo giù. I cavalli ci aspettavano nel recinto appena fuori la locanda. Avevano mangiato e bevuto a sazietà ed erano scalpitanti. A me fu dato un robusto cavallo dal manto nero e la criniera bianca, un pezzato invece divenne la cavalcatura di Sethra.

- Seguiremo il sentiero fino alla foresta, poi dovrai starmi dietro e prestare molta attenzione. Se il tieni il passo arriveremo alla capanna entro un paio d'ore.

- Magnifico.

Partimmo al galoppo. Gli zoccoli dei cavalli battevano il terreno ancora umido sollevando piccoli schizzi di fango e zolle di terra, il loro respiro si condensava in nuvole di vapore nell'aria fresca del mattino e lo scintillio dei primi raggi del sole contro la rugiada sulle foglie e l'erba a lato del sentiero donavano all'ambiente un ché di fiabesco. Ma c'era ben poco di cui stare allegri. Ma procedevamo, i corpi premuti contro il dorso dei cavalli per ridurre l'attrito, gli occhi ridotti a fessure nella concentrazione. Dietro di noi restava una scia di segni scavati nel terreno.

Arrivammo al limitare della foresta dove ci fermammo alcuni minuti. Poi lei prese la testa e ci avviammo al trotto verso la foresta. Prima di entrare...

- Ferma, prima di procedere, devo mostrarti una cosa.

Non sapevo quanto conveniente fosse svelare la presenza di Wam'arn a quel punto, ma di sicuro era meglio mettere in chiaro la situazione prima di essere costretto a cambiare forma nel mezzo del bosco. Ad ogni modo, avevo deciso. Mentre parlavo, Wam'arn prese prima la mia voce.

- Non temere, ti mostreremo chi giace nello spirito di Kuryn'. Io sono Wam'arn!

Scesi da cavallo e tenendo la belva per le redini mutai nuovamente forma. La pelle azzurra del nostro aspetto colossale riluceva come la rugiada sotto il sole e le ali scarlatte diffondevano un'aura rossastra intorno a noi.

- Noi siamo Kuryn' e Wam'arn, non temerci: siamo dalla tua parte, e non volgeremmo il nostro agire contro di te.

Tirando un forte sospiro la forma angelica collassò verso il proprio centro e io ripresi la mia forma umana. Sethra, leggermente scossa all'inizio, riprese il sorriso che aveva mostrato la sera prima e con rinnovato entusiasmo disse semplicemente - Grazie di esserti rivelato.

Riprendemmo dunque il cammino, nel fitto del bosco. Il suo cavallo si muoveva come se fosse un'estensione della sua volontà, e il facevo fatica a stare loro dietro. Il percorso era veramente intricato. Da solo mi sarei probabilmente perso...

- Un sentiero così intricato, lei è un'esperta di questa foresta...del resto è un'abitante di Samarbethe...ma quel vecchio cavaliere? Anche lui era un'abitante, ne sono certo...il modo di vestire era quello...ma era troppo scosso per essere riuscito a trovare la strada in questa foresta...sembra quasi...VIVA!

Ero nervoso, un freddo velo di sudore si faceva strada sulla mia pelle. Wam'arn si agitava dentro di me e pure il cavallo aveva cominciato a mostrare palpitazioni e tremori di terrore. Eppure lei restava impassibile, imperscrutabile, mentre il suo cavallo piantava gli zoccoli nel terreno con la naturalezza con cui li avrebbe messi su un prato di fiori.

- Manca molto? - Chiesi dopo un'ora buona da ché eravamo entrati.

Lei fece ceno di no e indicò un punto al di là degli alberi che avevamo di fronte. La vedevo anche io: la capanna. Ma se ci fossimo separati...non sarei certo riuscito a tornare indietro...la gola cominciava a seccarsi...gli alberi non avevano lo stesso spirito di quelli che coloravano la mia foresta natia...erano ostili, diabolici quasi, curvi sopra un terreno insalubre. E la fauna? Non si vedeva l'ombra di un'animale...se non fastidiosi insetti.

Giunti alla capanna, ci trovammo di fronte a un'abitazione che era quanto di più stereotipato esistesse: bassa e tozza come un fungo velenoso, spoglia e decadente. Muffe, licheni e muschio crescevano liberi in più punti del rudere e le finestre erano buchi chiusi con sbarre di legno. Sembrava che nessuno vivesse lì da secoli.

- Ma siamo sicuri che ci viva qualcuno? Mi è sembrato troppo facile arrivare fin qui...entriamo?

Un istinto di cavalleria mi spinse a prendere il primo passo dentro la casa, ma l'interno, proprio come suggeriva l'esterno era completamente oscuro. Nel buio cercai una torcia e Sethra, mi porse una di quelle che la penombra aveva rivelato vicine alla porta. Accese la mia e la sua. Con mio grande stupore, non sembrava proprio una casa: la terra e l'erba avevano sfondato il pavimento in più punti, tele di insetti e polvere coprivano diversi punti della sala principale, mentre un grosso tunnel era stato scavato nel muro di fronte alla porta. K- Un tunnel? Non mi piacciono i tunnel...stai attenta.- Le dissi mentre ci spingevamo oltre il lugubre stanzone e attraverso l'apertura. Un alito di morte, una pestifera ventata d'aria si alzava dalle profondità del buio, oltre il braccio flebile della mia torcia. Lungo le pareti, sul soffitto, e persino a terra, gallerie di varie dimensioni si facevano via via più frequenti e si accompagnavano a membra di cadaveri putrefatti, rampicanti stranamente robusti e rumori di zampette.

- Sethra...questo non è certo l'antro di una strega...questo è il nido di un insetto...e bello grosso...

Non ricevevo risposta, ma la mia attenzione fu attratta dal cambio di rumore dei miei passi: non eravamo più sul terriccio scavato da insetti, ora le pareti e le cavità avevano una struttura abbozzata di galleria; c'erano tratti di parete coperti di pietre messe con cura e sul pavimento pietroso e piastrellato si vedevano qua e là corpi marcescenti e mezzi scheletri. Un negromante avrebbe goduto come un pazzo in quel labirinto di catacombe. Ma io no. Le anime perse la cui vita era stata strappata lì dai loro corpi tormentavano il mondo degli spiriti.

Un grido dietro le mie spalle mi fece voltare: Sethra era scomparsa. La chiamai a gran voce, ma tutto quello che le mie grida ottenevano era un'eco distorta che risuonava alcuni istanti in quel ventre bestiale, in quelle viscere nere e buie. Un sospiro seguì l'ultima di queste.

- Cosa diavolo...?

Mi voltai, ma non abbastanza in fretta: una mano cadaverica mi colpì con un pugno allo sterno, facendomi barcollare. La torcia mi cadde di mano e si spense, lasciandomi completamente al buio. Il petto era estremamente dolorante, ma non sembrava grave. Il pugno però aveva la consistenza dell'acciaio.
Un fruscio mi scosse, scartai in avanti con una capriola, appena in tempo per vedere una gabbia di arti putrescenti chiudersi attorno a dove un momento prima stavo io. Con un ruggito violento mi avvolsi in quella scarlatta luce accompagnava il mio compagno di viaggio, i muscoli tesi del colosso brillavano di luce propria. Scagliai cinque frecce di fuoco perlaceo mirando al punoto da cui era arrivato il pugno: un flash avvolse le carcasse di un paio di cadaveri deambulanti nelle fiamme, quelli caddero in un lamento quasi unisono mentre dalle loro carni arse si sollevava una nube nera e spettrale, per poi ricadere come polvere.

- Che diavolo siete? Che razza di viscera vi ha vomitato fuori?

- Viral'ja...Mostra loro il tuo potere!

Gelida come le foreste d'inverno. Pastorale di anime. Viral'ja racchiudeva in sé la rabbia dell'inverno più rigido. Un semplice raggio gelido, pura magia di ghiaccio, scaturì dalle ali del totem. Nella luce bianca dei cadaveri consumati dalle fiamme perlacee, il colpo gelido si scagliò contro una panta, un cumulo di rovi che ostruiva completamente il passaggio.

- Non c'erano prima...anche le piante sono dotate di propria volontà?

I Rovi crollarono su se stessi, i rami congelati si frantumarono. Oltre i resti delle carcasse bruciacchiate e delle piante consumate si stendeva un mare di occhi. Figure avvolte dall'ombra, animate dal desiderio di nutrirsi e distruggere, si stagliavano di fronte a me.

- Ma quanti siete? Kuryn' te lo dicevo che avevo un pessimo presentimento...

- Lo so, lo so. Attento!

In un batter di ciglia la luce azzurra di Wam'arn tornò a dare candore alla trama di simboli sul mio corpo. Schivai lateralmente evitando un ramo di quell'edera troppo cresciuta che costellava il cunicolo. K- Maledetta erbaccia...Brucia!- Dalla mano sinistra liberai una seconda volta le fiamme bianche e diedi fuoco al tutta la pianta. Così facendo riuscii ad illuminare un po' l'oscurità che permeava il luogo dello scontro. Ora potevo prendere la mira su quelle bestie immonde e brulicanti.

- Spiriti...guidate il mio colpo al cuore di quelle bestie!

Impugnai l'ascia nella mano sinistra e mi concentrai, lasciando fluire tutte le emozioni sulle armi. - Wam'arn!- Lo invocai affinché prendesse il mio posto. Ora a stringere le due armi era nuovamente la figura ingigantita e vibrante dell'essere astrale: sui volti scarnificati e mangiucchiati delle bestie che avevo di fronte si leggeva un terrore ancestrale e riverenziale, quasi. Era la paura che i servii dell'ombra provano di fronte alla luce. Una patina luminescente vibrava ora sulle due armi, impugnate con fermezza dalle mani nerborute, mentre caricavamo verso l'ondata di presenze maleodoranti con furia. La mole di Wam'arn non incideva sulla sua libertà di movimento in quel corridoio abbastanza angusto, eseguimmo dunque due mezzi giri su noi stessi fendendo l'aria in direzioni diverse, con un movimento fluido e impeccabile. Terminando la nostra corsa atterrammo con le armi ormai spente sui primi due cadaveri deambulanti. Mentre l'ala del totem e la lama dell'ascia scavavano un solco profondo nelle carcasse rianimate, facendone fuoriuscire le presenze malefiche in forma di ceneri, un bagliore verdastro preannunciava l'abbattimento della magia che avevo scagliato attraverso la dimensione spirituale. Il rumore di carni lacerate, ossa spezzate, un susseguirsi di ruggiti soffocati e lamenti straziati, echeggiarono nella luce flebile del rogo creato poco prima.

Alla fine, dell'orda di nemici, una sola manciata di creature rimaneva in piedi di fronte a noi. Tornai nella mia forma originale per quella che sarebbe stata la mia ultima carica nei confronti di quelle bestiacce. Ero pronto, pronto ad abbatterli uno ad uno. Erano rimasti solo cadaveri rosicchiati da qualcosa che avrebbe potuto essere simile a topi di fogna, decadenti e rivoltanti. Pochi ormai ne erano rimasti, della decina abbondante che mi aveva aggredito. Stavano compatti a ostruire il passaggio.

- Sembra che proteggano qualcosa...

- Kuryn', osservali bene! Hai notato l'aura verdastra? quelli sono stati evocati. Non sono senzienti come i primi, guarda gli occhi: sono vuoti, privi dello scintillio che corrompeva i corpi degli altri!

In effetti, c'era qualcosa di strano in quel manipolo di cadaveri. I cadaveri di prima avevano una scintilla di vita che ne animava le carni corrotte: gli occhi degli stessi brillavano di un fuoco malvagio e desiderio di distruzione. Questi erano semplici pupazzi. Dietro di loro...sì! Dietro di loro stava un essere ancor più putrido e marcio, l'anima corrotta di un negromante che attraverso il corpo di un soldato deceduto cercava di dare libero sfogo alla propria sete di potere.

Non ebbi tempo di riflettere: con una sonora risata viscerale e lugubre, il defunto sfuggito alle grinfie della morte e scivolato tra le dita esili della vita mi scagliò contro i pochi scheletri che l'ultimo alito di vita gli consentiva di controllare. I claudicanti esseri avanzarono con uno slancio improvviso, come spinti da un ultimo e frenetico alito di vita. Si schiantarono conto un groviglio di rovi innalzatosi a proteggermi. E mentre le spine che avevo richiamato ne laceravano la carne e ne strappavano gli arti, lo zombie che li presiedeva riprese il controllo delle loro ossa e membra, evocando una prigione nell'estremo tentativo di intrappolarmi. Tuttavia, la flebile energia vitale che lo aveva destato, la forza che gli derivava da un infestante ospite parassita, lo stava già abbandonando. L'alone di magia che ricopriva il suo corpo in decomposizione svanì, in un ultimo rantolo disperato. In fine, la barriera crollò: la sua energia non era più sufficiente a mantenere il sortilegio. Avanzai lentamente, il mio nemico era ormai privo di vita.

-Non è nulla di personale...ma devo eliminarti.

Afferrai Viral'ja per il totem a forma di volatile e piantai l'estremità opposta nel cranio marcito del cadavere. Un grido soffocato e una nuvoletta di cenere testimoniarono la sua fine definitiva. Avevo vinto! Avevo...vinto?

- Sethra! Dove sei?

Ora dovevo trovare lei...e gli altri due.

CITAZIONE
Nota generale: In arancione sono espresse le parole di Sethra, per il resto rimane invariato dai post precedenti :D

La battaglia:
[turno 1]

Kuryn'
Stato Fisico Danni M(edi) da contusione al petto
Stato Mentale (Ok)
Energia 100-12% = 88%
Passive Presenza Angelica (Raziale Avatar) - [Causa lieve danno psionico quando si passa da forma umana a forma Avatar: in questa battaglia ho considerato il danno come B(asso) poiché contro esseri di elemento Oscuro e quindi "deboli" contro il Sacro di Wam'arn.]
Attive
- Fuoco dei druidi (B)
La tecnica ha natura magica, elemento fuoco. Senza particolari tempi di concentrazione o imposizione delle mani, il caster genera sulla punta delle dita delle fiammelle di azzurre che potrà usare sia per difendersi che per causare danno. Il fuoco così creato potrà infatti anche essere scagliato verso l'avversario sotto forma di proiettili magici che causano danno da ustione. Può anche essere utilizzata per fornire una fievole luce nel buio o distrarre il nemico. Il colore delle fiamme è personalizzabile a discrezione dell'utente e va specificato all'acquisto della Pergamena. La tecnica ha comunque potenza complessiva sempre pari a Basso.
Consumo di energia: Basso

- Attiva dominio (B)
I guerrieri solitamente disconoscono la magia nelle sue forme più diverse, ma questa particolare categoria ha ideato un sistema di combattimento ambivalente, grazie sopratutto al profondo legame con l’arma che trascende il comune rapporto di strumento/utilizzatore. In termini di gioco, spendendo un quantitativo di energie pari a Basso e senza alcun tempo di concentrazione, sarà possibile sprigionare dall'arma incantata una bordata elementale dal potenziale pari al costo - Element

Azioni Passaggio a forma Avatar
CS:1 (Destrezza Kuryn' - Forza Wam'arn)

Parassita
Fisico Danno B (quantificato nella morte di un paio di cadaveri animati)
Mente Danno B da timore reverenziale nei confronti della forma Avatar
Energia 100-12-12% = 76%
Passive //
Attive
- Tempra di Ferro(Guerriero)(M)
il guerriero rende una parte del proprio corpo resistente come il ferro, in modo da poter parare i colpi.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero rende una parte a scelta del proprio corpo, che sia essa il petto, la testa, un arto, o anche solo un dito, resistente quanto il ferro. Questo potrà provocare un parziale mutamento del suo aspetto fisico, ma non al punto tale da renderlo irriconoscibile. In questo modo la parte mutata sarà in grado di parare un colpo ad essa rivolto per un totale di forza pari a Medio o inferiore. Riacquisterà le proprie naturali sembianze subito dopo l'urto.
Consumo di energia: Medio

- Rianimazione Parziale(Necromante)(M)
Il negromante sfrutta i propri studi per richiamare piccole parti cadaveriche dal terreno perché trattengano e imprigionino l'avversario.
La tecnica ha natura di evocazione. A seconda della personalizzazione è possibile richiamare piccole parti cadaveriche come mani e braccia, creature striscianti o semplicemente dei lacci, o altro ancora. Saranno gestite dal caster e non andranno fronteggiate autoconclusivamente. Le creature così evocate tenteranno di bloccare e impedire di muoversi il nemico, incapaci di provocare alcun tipo di danno. La somma delle creature richiamate si aggirerà intorno alla decina, avrà potenza bassa. Resteranno sul campo di battaglia per un totale di due turni, svanendo al termine del secondo o prima, al desiderio del caster, oppure dopo aver subito un danno basso. La loro potenza è complessivamente pari a 2 CS.
Consumo di Energia: Medio


[Turno 2]

Kuryn'
Fisico (-2)
Mentale (Ok)
Energia 88-6-24% = 58%
Passive: Presenza angelica
Attive:
- Fuoco dei druidi (B)
Il druido genera sulle proprie dita delle fiammelle di colore bluastro, utili sia per difendersi che per attaccare.
La tecnica ha natura magica, elemento fuoco. Senza particolari tempi di concentrazione o imposizione delle mani, il caster genera sulla punta delle dita delle fiammelle di azzurre che potrà usare sia per difendersi che per causare danno. Il fuoco così creato potrà infatti anche essere scagliato verso l'avversario sotto forma di proiettili magici che causano danno da ustione. Può anche essere utilizzata per fornire una fievole luce nel buio o distrarre il nemico. Il colore delle fiamme è personalizzabile a discrezione dell'utente e va specificato all'acquisto della Pergamena. La tecnica ha comunque potenza complessiva sempre pari a Basso.
Consumo di energia: Basso

- Oltre la Realtà (A)

Azioni: Ritorno a forma umana + Forma Angelo + Due attacchi semplici (calcolati come B per effetto di 1CS di Wam'arn)
CS: 1 (Destrezza Kuryn' - Forza Wam'arn)

Nem
Fisico Danno C(ritico) quantificato con perdite sostanziali delle truppe non-morte.
Mentale Danno M da terrore
Energia 40%
Passive://
Attive:
- Muro di Rovi (Druido M)
Il druido evoca vicino a sé un folto groviglio di rovi, che sorgono rapidamente dal terreno per proteggerlo.
La tecnica ha natura di difesa magica. Senza particolari tempi di concentrazione il caster può richiamare questi rovi dal nulla, facendoli emergere dal terreno - qualunque sia la natura di quest'ultimo: pietra, roccia, vetro, ecc. La muraglia (che può coprire un solo lato) si arrampicherà nell'aria fino a una considerevole altezza (tre metri al massimo), coprendo anche un'ampiezza orizzontale a discrezione del caster. Essa dovrà essere castata a breve distanza dall'utilizzatore. Tra un rovo e l'altro non vi saranno spiragli di sorta, così che la difesa possa essere efficace contro diverse tipologie di attacco, e le piante continueranno a contorcersi ed attorcigliarsi fino alla conclusione della tecnica. Non la si può assolutamente utilizzare per difendersi da attacchi fisici, poiché consisterebbe in una countermove. Può essere personalizzata modificando la natura dei rovi, purché si tratti sempre di entità spinose che sorgono dal suolo. Il muro ha potenza complessiva Media.
Consumo di energia: Medio

- Rampicante strisciante(Druido A)
In aiuto del druido un rampicante emerge dal terreno sotto al nemico per stritolarlo e ferirlo.
La tecnica ha natura magica. Dopo qualche istante di ferma concentrazione, il caster richiama dal suolo un rampicante che, muovendosi sinuosamente al pari di un serpente emergerà sotto l'avversario nel tentativo di stritolarlo nella sua morsa o ferirlo con una sferzata. Prima di ciò, dovrà necessariamente dare comunque al nemico segno della sua presenza con uno schiocco o simili avvertimenti sonori e/o visivi. La tecnica è personalizzabile con qualsiasi aspetto, purché il rampicante sia uno soltanto e risponda ai requisiti qui descritti. Al termine del turno di utilizzo o dell'attacco - indipendentemente dal successo di questo - la pianta svanisce nel nulla, sgretolandosi o polverizzandosi. Può causare un massimo di danno Alto.
Consumo di energia: Alto


[Turno 3]

Kuryn'
Fisico: Danno M al torace da contusione
Mente: OK
Energia: 58-12% = 46%
Passive: Presenza Angelica
Attive:
-Muro di Rovi (M)
Il druido evoca vicino a sé un folto groviglio di rovi, che sorgono rapidamente dal terreno per proteggerlo.
La tecnica ha natura di difesa magica. Senza particolari tempi di concentrazione il caster può richiamare questi rovi dal nulla, facendoli emergere dal terreno - qualunque sia la natura di quest'ultimo: pietra, roccia, vetro, ecc. La muraglia (che può coprire un solo lato) si arrampicherà nell'aria fino a una considerevole altezza (tre metri al massimo), coprendo anche un'ampiezza orizzontale a discrezione del caster. Essa dovrà essere castata a breve distanza dall'utilizzatore. Tra un rovo e l'altro non vi saranno spiragli di sorta, così che la difesa possa essere efficace contro diverse tipologie di attacco, e le piante continueranno a contorcersi ed attorcigliarsi fino alla conclusione della tecnica. Non la si può assolutamente utilizzare per difendersi da attacchi fisici, poiché consisterebbe in una countermove. Può essere personalizzata modificando la natura dei rovi, purché si tratti sempre di entità spinose che sorgono dal suolo. Il muro ha potenza complessiva Media.
Consumo di energia: Medio

Azioni: Colpo di grazia

Parassita:

Fisico: Danni C come perdite sostanziali tra le schiere non-morte
Mente: Danno M da terrore nei confronti della forma Avatar
Energia: 40-36% = 4%
Passive://
Attive:
- Non Vita (M)
Il negromante utilizza le proprie conoscenze per evocare un esercito di non morti, l'emblema degli studi sulla non vita.
La tecnica ha natura magica, benché prenda forma di evocazione - va affrontata come una normale offensiva, non dissimile da una qualsiasi altra tecnica. Il caster richiama una grande quantità di creature non morte totalmente asservite a lui, che a seconda della personalizzazione potranno essere scheletri, zombie, spiriti, fantasmi o altro ancora. Queste si lanceranno quindi contro l'avversario, provocandogli un danno totale medio nel tentativo di eliminarlo. I non morti possono essere utilizzati anche per svolgere altri compiti di nicchia, come trasportare un oggetto, ma in ogni caso svaniranno al termine del turno - o dopo aver compiuto i propri doveri all'interno del turno. La loro totalità ha potenza Media e provoca un danno Medio.
Consumo di energie: Medio

- Prigione d'ossa A(lto)
Il negromante richiama le ossa dei propri nemici da sottoterra, perché si chiudano intorno al corpo del nemico, ingabbiandola in una vera e propria prigione invalicabile.
La tecnica ha natura magica. Il caster richiama delle ossa che, da sottoterra, circonderanno il proprio avversario, formando una gabbia o una cupola per trattenerlo. A seconda della personalizzazione è possibile modificare la forma e l'aspetto della prigione, nonché il materiale che la comporrà, che potrà variare dalle ossa alla terra, alla carne, a delle lame e simili. La prigione può essere distrutta solo con una tecnica di potenza media o superiore; altrimenti resta sul campo per due turni, svanendo al termine del secondo o prima, al desiderio del caster.
Consumo di energia: Alto

Azioni://

Riassunto finale: L'esercito viene abbattuto e il colpo definitivo viene dato al Necromante/Druido che era nascosto in fondo dietro tutti i seguaci. Il colpo alla testa è letale ma ha prevalentemente funzione "scenografica" perché il nemico scende sotto il 6% e questo in teoria equivale a Morte certa :D

Vi chiedo scusa se lo specchietto è poco curato...ma ho questa settimana è stata a dir poco infernale e ho un mal di testa atroce:( Spero che il resto piaccia! E scusate il ritardo :D

 
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view post Posted on 7/4/2013, 18:16

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Sethra riaprì gli occhi con un sussulto, portandosi d'istinto le mani alla gola. Trasalì nell'avvertire sotto le dita un lieve solco che le incideva la pelle, e si voltò di scatto come aspettandosi di vedere qualcuno. Ma un innaturale silenzio regnava in quella che sembrava una grotta sotterranea, rotto solo dalla debole eco di una goccia d'acqua che stillava sulla roccia, lì da qualche parte. Fece un respiro profondo e sussurrò: - Kuryn'?

- ..uryn..ury..y..y...

- Kuryn', sei qui?

- ...ui...i...i...

Sethra rabbrividì, alzandosi in piedi e stringendosi nel mantello.
La grotta era pervasa da una strana luce smeraldina che rendeva l'ambiente già tetro ancora più irreale; mosse alcuni passi incerti, ma la paura le fece tremare le gambe al punto di doversi appoggiare a una roccia piatta. Aveva una forma curiosa, osservò, come una specie di bassa poltrona. Ed era comoda. Al contatto con la fredda pietra avvertì un formicolio alle dita non del tutto sgradevole, ed improvvisamente la luce verde non le parve più tanto spettrale. Sentendosi vagamente rinfrancata, lasciò che i pensieri divagassero in cerca di una spiegazione di quanto era successo...quanto tempo prima? Minuti? Ore? Giorni?

- Kuryn'! - chiamò ancora, inquieta al pensiero del bel giovane, ma ancora una volta solo l'eco rispose al suo richiamo.
Erano entrati insieme nella catapecchia, avevano trovato una torcia, frugato le stanze e i cunicoli senza trovare tracce di vita...E poi...E poi...Sethra dovette concentrarsi per ricordare.
Le sembrava di vedere l'accaduto attraverso un velo di nebbia, sfocato e incerto. Si erano divisi, sì, ma questo non lo ricordava bene.
Le era parso di vedere delle cose nell'oscurità, delle ombre dalle forme allungate che la seguivano e le strisciavano addosso...Rabbrividì nel rievocare quei momenti di solitudine nella casa della vecchia Hashka, e si domandò cosa sarebbe successo se non...

I pensieri di Sethra si bloccarono, e lei rimase a fissare il vuoto, sistemandosi più comodamente sulla roccia dalla forma strana.
Bizzarro, pensò, ora sembra proprio un letto.
Cercò di recuperare il filo dei propri pensieri. C'era qualcosa che le sfuggiva, come se ripercorrere quegli istanti le facesse svanire dalla mente altre cose, immagini, forse ricordi. Si sfiorò nuovamente la gola, e rivide l'edera prendere vita e accanirsi contro di lei, attorcigliandosi attorno ai polsi, alle caviglie, alla gola, e stringere, stringere sempre più forte fino a strangolarla. Era morta?

Sbatté le palpebre, tornando alla realtà.
Non era morta.
Il profumo di rugiada che stillava dalle pietre antiche le riempiva le narici, rinvigorendola. Decise di esplorare quel tratto di grotta, incoraggiata dalla luminosità di smeraldo che sembrava pulsare sulle pareti di roccia, invitandola a vedere, a scoprire. Sethra si stupì nel vedere che ora la grotta sembrava più ampia, più lunga: un corridoio che prima non aveva notato si dipanava nell'oscurità, e la ragazza mosse alcuni passi in quella direzione.

- Cercherà di prenderti con sé...

Una voce sconosciuta echeggiò nella sua mente.
Sethra si fermò. Le pareva di aver già udito quelle parole.
Un'immagine sbiadita le tornò alla mente, come un ricordo incerto e sgradito. Le piante rampicanti la stavano strangolando, e le sussurravano cose incomprensibili: - Lo faccio per te...Tuo padre ha ragione a tenerti lontana da qui...Lui cercherà di prenderti con sé... - Lui chi? - Sethra ricordò di aver domandato cercando di contrastare l'edera maledetta - Il Re degli Elfi, sciocca bambina... - Non...sono...una bambina...

Sethra scacciò quel ricordo con forza, il respiro improvvisamente mozzato nel rievocare l'angoscia di quel momento. Cosa diavolo era successo nella catapecchia? Era stata la vecchia Hashka a stregare le piante per ucciderla? E se era così, perchè mai diceva di volerla proteggere?
Inconsciamente aveva già iniziato a camminare nel corridoio naturale della caverna: non fu troppo sorpresa nel constatare che la luce verde che le illuminava il cammino proveniva da migliaia di smeraldi incastonati nella roccia, che splendevano e rilucevano come stelle guida.
Sethra sorrise, ma un nuovo ricordo sgradito irruppe con prepotenza nella sua coscienza.

- Tu sei l'amuleto! Non capisci, sciocca bambina, non capisci che ti ho tenuta lontana da me tutti questi anni solo per proteggere la tua vita dalla sua avidità!

- Amuleto? Ma di cosa stai parlando? E tu, tu chi sei?


Il ricordo era nitido questa volta.

Sethra era in piedi di fronte a una figura incorporea dalle sembianze mutevoli: sembrava una donna, ma a tratti cangiava in fiore, in bambina, in vento. Ricordava anche di non aver provato paura di fronte a quella manifestazione sovrumana, come se in realtà la conoscesse da molto tempo.

- Tu sai chi sono...- rispose malinconicamente. - L'hai sempre saputo. E' da quando sei piccola che mi cerchi, senza sapere il perchè...Ma io te l'ho impedito. Tu sei l'amuleto, Sethra, e lui ti cercherà per tutta la vita per farti sua e distruggerti. Quei bambini...Lasciali al loro destino mia piccola Sethra...Io voglio solo proteggerti...


- Benvenuta nella mia umile dimora, mia giovane amica.

Una voce tonante riscosse Sethra dai suoi pensieri. Era ancora scombussolata da quel ricordo così recente eppure già sepolto nella sua memoria da aver quasi dimenticato dove si trovava. Era giunta in una grande cupola naturale scolpita nella roccia, luminosa come un'alba verde grazie alla luce degli smeraldi. Ma lì dentro non c'era nessuno.

- Sono felice di vedere che ti sei ripresa dalla brutta avventura nella foresta...Accomodati pure, mia giovane amica, e lascia che ti presenti una delle mie piccole amiche.

Ed allora Sethra lo vide: un immenso volto sorrideva bonario nella roccia: i suoi grandi occhi verdi splendevano sereni e antichi come il mondo, e la sua voce infondeva una grande calma che rendeva impossibile non sentirsi a proprio agio in sua presenza.

- Ciao, Sethra! Hai conosciuto già il mio papà?

Una bambina era sbucata dal nulla, correndo incontro alla ragazza stupefatta. Aveva lunghi capelli castani, e gli occhi splendenti color del cielo d'estate. La prese per mano ed era calda e morbida: era reale.

- Ti porto a fare un giro. Io mi chiamo Esmeralda, e il mio papà è Erydâr.

Sorrise al volto di pietra che le restituì un'occhiata affettuosa di rimando, e si accoccolò tra le braccia di Sethra, guardandola con occhioni speranzosi. - Sarai tu la mia mamma adesso?




Bel fanciullo, vuoi venire con me?

Willst feiner Knabe du mit mir gehn?

Le mie bambine ti stanno già aspettando

Meine Töchter sollen dich warten schön

Sono le mie bambine a condurre le danze nella notte

Meine Töchter führen den nächtlichen Reihn

E ti cullano, ballano e cantano per te

Und wiegen und tanzen und singen dich ein



CITAZIONE
QM Point

KungLao: l'albero al quale ti sei appoggiato a riposare ha preso vita e ha iniziato a strangolarti: non puoi fare nulla, sei spossato dal combattimento e perdi ben presto i sensi. Quando ti risveglierai avrai recuperato parte delle energie [riparti dal 75%] e ricorderai solo che prima di svenire una voce che sembrava provenire dall'albero stesso continuava a ripeterti: "Salvala...salvala...è lei l'amuleto...". Riceverai ulteriori istruzioni via MP.

IDSeeker: sarà la stanchezza, sarà la suggestione della foresta...ma ti sembra proprio la zucca, fino ad un attimo prima semplice guscio vuoto, ti stia sorridendo. Sembra emanare una strana luminescenza, e se la tocchi ti accorgerai che è calda. E ti sta davvero sorridendo. Riceverai ulteriori istruzioni via MP.


Volk/Wolf: non appena eliminato il parassita, una luce verde illumina l'ambiente in cui ti trovi: si tratta dello stesso corridoio di pietra con gli smeraldi descritto nel mio post. [Riparti all'80% delle energie] Al tuo passare l'edera si agita come mossa da un vento inesistente e ti pare di percepire degli strani sussurri che si fanno sempre più rochi man mano che avanzi: "Se lui la prende, sarai perduto...saremo tutti perduti...Ho lottato tanto...ed ora è in mano sua...". Riceverai ulteriori istruzioni via MP.
 
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IDSeeker
view post Posted on 14/4/2013, 22:58




davor
Ora che era riuscito a riottenere la sua spada, Davor era sul punto di incamminarsi nell'oscurità della notte per trovare l'uscita dalla foresta. Ma qualcosa catturò la sua attenzione prima che potesse allontanarsi dal teatro dello scontro che si era appena concluso. Una lieve luminescenza sembrava fuoriuscire dai resti della zucca che fino a poco prima rappresentava l'elmo della defunta ombra. Il mezz'orco scosse la testa per essere sicuro di non aver avuto un abbaglio per via della stanchezza. La strana luce non sembrò sparire. Si avvicinò per controllare meglio quale potesse essere la fonte della luce, stando attento che non si trattasse di qualche processo rigenerativo del proprio avversario. Una volta che fu a portata di mano, si accorse che l'espressione rovinata della zucca sembrava cambiata in una più gioviale ed inquietante. Spinto da una volontà che quasi non gli apparteneva, Davor tentò di toccare l'oggetto che aveva catturato la sua attenzione in quel modo. Non appena la sfiorò, però, la zucca si staccò con forza dal tronco d'albero dov'era stata piantata dalla freccia e sembrò fluttuare per qualche secondo in aria. Ad un esame più approfondito, nonostante l'oscurità, si poteva notare una sottospecie di corpo umanoide composto da quelli che sembravano rami e fusti d'albero che la sorreggevano in modo traballante ed incerto. Per qualche ragione, il mezz'orco non sentì l'impulso di indietreggiare o di mettere mano alla spada, quasi incantato a quella strana vista.

L'essere nato dalla zucca sembrò avvicinarsi al guerriero, che, come se si fosse trovato davanti alla più rassicurante delle visioni, non cercò di allontanarsi o difendersi in alcun modo. Una volta che la zucca luminosa fu perfettamente di fronte all'elmo di Davor, ne penetrò la maschera di metallo con il suo sguardo vuoto e privo di vita per arrivare direttamente agli occhi del mezz'orco e parlare alla sua anima. L'essere bisbigliò qualcosa che solo il guerriero avrebbe potuto comprendere. La voce sibilante e profonda della creatura riecheggiò nel corpo dell'affaticato combattente, che non poté fare altro che cedere al suo inquietante fascino. Privo di alternative, si trovò inconsapevolmente costretto ad accettare l'offerta che gli era stata proposta in qualche antica lingua che neppure conosceva. Attorno a lui, il paesaggio della foresta sembrò cambiare drasticamente in pochi secondi. Miriadi di fiori colorati e bioluminescenti sembrarono crescere attorno a loro per formare una strada di luce bluastra in mezzo ai tronchi d'albero che si perdeva in lontananza; la pioggia sembrò rallentare nel tempo, ogni goccia d'acqua sembrava scivolare lentamente in una sostanza viscosa; strani insetti dalla luminescenza simile a quella dei fiori, ma dai colori più sgargianti, sbucarono da ogni dove, riempendo il paesaggio di vita brulicante. Davor e l'essere nato dalla zucca cominciarono a camminare nella direzione indicata dai fiori; il secondo faceva strada al primo. Nonostante ora tutto sembrasse più luminoso attorno a loro, lo strano corpo dell'essere continuava a rimanere quasi invisibile all'occhio, come se si fosse trattato di un'ombra che non apparteneva realmente a quel mondo. Mentre camminava, il guerriero poteva sentire che le forze stavano gradualmente tornando a lui, rinvigorendolo. La lunga camminata proseguì senza che nessuno dei due proferisse parola, mentre farfalle dalle ali violacee svolazzavano attorno al mezz'orco, come falene attratte da una fiamma. La fine del percorso di luce sembrava coincidere con quella della foresta. Quando furono a pochi metri dall'uscita, l'essere si fermò, lasciando che Davor proseguisse per conto suo poco più avanti. Alla fine della strada, come alla fine di un lungo sogno, il guerriero si svegliò improvvisamente dalla trance in cui era caduto, rendendosi conto di quello che aveva appena fatto.

Pronto a farla pagare alla zucca per averlo ingannato ed averlo portato in una zona sconosciuta della foresta, il combattente mise mano alla spada e si voltò di scatto. Dietro di lui non si trovava altro che un'enorme parete rocciosa senza alcuna apertura o passaggio. Rassegnatosi al fatto di essere stato raggirato così facilmente, Davor si girò verso l'unica direzione che poteva prendere a quel punto. Davanti a lui si trovava ora un paesaggio completamente diverso dalla foresta da cui era appena uscito: pareti rocciose e pinnacoli si formavano con irregolarità fin dove l'occhio riusciva ad arrivare; rocce di tutte le forme e colori sorgevano dal terreno e dalle pareti. In qualche modo, era finito nel cuore delle montagne di Samarbethe. Non dovette fare molta strada prima di trovarsi di fronte ad una roccia alquanto peculiare: la sua superficie era straordinariamente liscia e riflettente, come se si fosse trattato di un enorme specchio. Incuriosito da questo strano evento naturale, Davor tentò di toccarne la superficie. Ma quando fu sul punto di appoggiare la mano, una luce in lontananza si rifletté per u attimo sullo specchio. Il mezz'orco si girò di scatto per vedere da cosa potesse essere originata quella strana luce, ma nulla era cambiato nel paesaggio dietro di lui. Voltandosi ancora una volta verso la roccia riflettente, provò titubante a ripetere l'azione compiuta prima, avvicinando la mano. Il guizzo di luce dorata si ripeté. Non sembrava un riflesso, ma una luce che scaturiva dal cuore stesso della roccia. Avvicinandosi con il volto, focalizzò lo sguardo verso la possibile fonte della luce. Questa sembrava andare e venire, come se si fosse trattato di un oggetto in movimento, ma era difficile distinguere di cosa si trattasse da quel punto. Davor fu sul punto di lasciar perdere l'impresa, quando qualcosa attirò la sua attenzione con potenza inaudita: non ne era sicuro, ma gli sembrò di incrociare uno sguardo da dove aveva origine la luce. Degli occhi azzurri come il mare ed inconfondibili per il mezz'orco ricambiarono il suo sguardo, facendogli sentire una stretta al cuore. Il guerriero si poggiò alla superficie riflettente con tutto il corpo, battendo il pugno contro quella che sapeva essere nient'altro che nuda roccia. Non aveva neppure il coraggio di urlare il suo nome per chiamarla a sé. Fu in quel momento di realizzazione che la luce svanì, lasciando Davor da solo con il suo stesso riflesso. Cadde in ginocchio. Nonostante fosse passato tutto quel tempo, non riusciva a farsene una ragione. Doveva finire la missione il prima possibile; tornare a cercare quella persona e fargliela pagare per tutto quel dolore, o morire nel tentativo.

Una voce bassa e cavernosa lo fece tornare alla realtà, costringendolo ad alzarsi in piedi e guardarsi attorno con movimenti rapidi. Essa, che pareva provenire dalla stessa mente del mezz'orco, diede a quest'ultimo il benvenuto nel suo regno. Essa si presentò con il nome di Erydâr, ammettendo che egli era colui che il guerriero stava cercando, prima di cominciare a blaterare su come il suo presunto regno fosse un mucchio di aggettivi dei quali al guerriero non importava nulla. In sostanza: era riuscito a trovare il Re degli Elfi, o chi si spacciava come tale. Egli gli chiese se l'interlocutore aveva dei sogni. Per un attimo, il guizzo di luce dorata visto poco prima gli tornò alla mente, ma capì subito che doveva trattarsi di un qualche tranello. Davor chiuse la mente alle tentazioni e sguainò la spada, guardandosi attorno.
"Mostrati, impostore! Le tue parole non mi ingannano!" disse con tono deciso. Non si sarebbe lasciato abbindolare da una favola ambulante. La risposta del Re fu istantanea, ma non sembrava demordere nella sua piccola farsa; continuava infatti ad affermare che il guerriero era stato plagiato dalla gente del villaggio e di essere sempre stato nella foresta. Ricordandosi di come il cavaliere impazzito e l'oste stressato continuassero a riferisti a lui effettivamente come al Re degli Elfi, quella prima affermazione lo fece quasi ridere.
"Io ascolto solo me stesso" rispose semplicemente con tono serio. Fece appena in tempo a finire la frase, che l'enorme roccia di fronte a Davor cominciò a plasmarsi fino a creare, in pochi secondi, un volto dalle fattezze umane. Il guerriero fece un balzo all'indietro alla vista della trasmutazione, non sapendo cosa ne sarebbe venuto fuori. Nonostante le iridi degli occhi del Re fossero il risultato dell'unione di diverse pietre preziose di colore verde, trasmettevano un grande senso di pace e di familiarità. Era facile perdersi in quello sguardo così caldo ed umano. Per questo il mezz'orco, resosi conto del fatto che le sue difese mentali stavano scemando, tentò di evitare il più possibile il contatto visivo con l'essere che lo torreggiava di fronte a lui. Fu a quel punto che l'ammasso di rocce cominciò a parlare al combattente, cercando di insinuarsi nel suo animo con promesse di felicità e realizzazione di ogni suo sogno. Cominciò a parlare di persone che Davor non conosceva e di come ora che avevano accettato le sue offerte fossero diventate felici. Infine, gli promise che gli avrebbe restituito qualcuno di prezioso se avesse accettato. Era impossibile che non stesse parlando di Ellen, rafforzando la sua teoria che si trattasse di una grossa fregatura. Evidentemente non riteneva l'intelligenza del suo interlocutore al di sopra di quella di un contadinotto pronto ad acquistare le pozioni di un ciarlatano.
"Non so chi sia questo Valante di cui tu parli, né tanto meno conosco alcun Sethra." disse citando un paio di nomi di persone rese "felici" dopo aver accettato l'offerta del Re. Probabilmente si trattava dei viandanti incontrati alla locanda, o di loro parenti; fatto sta che a Davor non importava nulla di quello che avevano fatto due sconosciuti con cui aveva a malapena parlato solo un paio di volte qualche tempo prima.
"Le tue dolci parole e le tue belle illusioni non mi toccano." continuò con tono sicuro, ma non arrogante. Si guardò per un attimo la mano che reggeva la spada di fronte a lui. Sapeva che Ellen era intrappolata lì dentro e non c'era nessuno che poteva cambiare quel fatto. Nessuno, a parte quella persona...
"Cosa ne hai fatto dei bambini?" incalzò con tono più serio che mai, trovando finalmente la forza di sostenere lo sguardo del Re. Il volto di pietra di contrasse, cercando malamente di nascondere la rabbia che quella domanda gli aveva procurato. Diverse rocce caddero a terra come conseguenza, ma il mezz'orco, che si era già allontanato prima, non ne risentì in alcun modo, se non per una leggera difficoltà a mantenere l'equilibrio in mezzo al piccolo terremoto che ne derivò. Un sorriso affabile tornò subito sulle labbra rocciose del Re, mentre chiedeva con impazienza malcelata cosa gli importasse a Davor del destino di una decina di bambini che neanche conosceva. Non fece in tempo a rispondere, che una tremenda fitta allo stomaco lo colpì. Il dolore che provò non era simile a nulla che avesse mai provato, lasciandolo spiazzato per qualche secondo e costringendolo ad inginocchiarsi. Si lasciò scappare un grugnito di dolore, ma il ricordo di Ellen, ancora una volta, gli diede la forza di rialzarsi in piedi in pochi attimi e mettersi in posizione da combattimento. A quel punto era impossibile fermare la quantità di idiozie che il Re stava sputando in preda a qualche delirio di onnipotenza. La saccenza che dimostrava era tale da far perdere ogni tipo di credibilità avesse mai potuto avere. Continuava a blaterare sul fatto che quei bambini sarebbero stati meglio con lui, che la società li avrebbe rovinati e così via. Tipici discorsi di un pazzo, o di un megalomane. Lo aveva persino definito un essere umano, dimostrando la sua ignoranza su quello che riguardava davvero il suo interlocutore. Era ora di terminare quella grossa buffonata.
"Costringimi" rispose con tono di sfida alle intimazioni ad andarsene dal suo regno.

CITAZIONE
Corpo : |||||||| - Graffi e scottature lievi al braccio sinistro. Leggera ferita all'addome.
Mente : |||||||| - Percezione di dolore all'addome.
Anima : 38% --> riposo --> 85%

CS : Destrezza = 1
Costi: Basso = 6% | Medio = 11% | Alto = 22% | Critico = 44%
Consumabili utilizzati :
Arco - ↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑↑ - 1/15
Note : L'essere nato dalla zucca doveva avere un dialogo sognante, elusivo; ma siccome avrebbe dovuto dire solo una frase in ogni caso, ho optato per fargliela bisbigliare solo a Davor con toni mistici ed onirici. In pratica, ho preferito usare delle immagini visive, piuttosto che verbali, per evocare più o meno le stesse sensazioni nel lettore. Per la cronaca, gli ordina di seguirlo con una passiva di persuasione che ho riadattato leggermente (ammaliamento) per conciliarla con il viaggio in trance nella foresta che avrebbe dovuto fare comunque poco dopo.

Dialoghi del Re in ordine di apparizione:
"Benvenuto nel mio regno, Davor. Sono Erydâr, e ti hanno convinto a darmi la caccia. Ma il mio regno è la via, la verità, il sogno. Hai sogni, Davor?"
"Impostore? Vedo che ti sei lasciato suggestionare dai pettegolezzi di paese che circolano sul mio conto. Io sono qua, sono sempre stato qua."
"La gente ha paura di ciò che non conosce, Davor. Io posso renderti felice, posso renderti i sogni. Ho restituito Esmeralda al tuo compagno Valante, Sethra al suo vero padre...Anche tu potresti riavere qualcosa che hai perduto, Davor. Qualcosa...o qualcuno."
"Molto bene, Davor. Niente amici, niente affetti...Cosa ti importa di una decina di marmocchi che nemmeno conosci?"
"Sono in un luogo migliore, lontano dall'avidità degli uomini come te che li potrebbero crescere solo come meschini esseri umani. Proprio come te. Hai un'ultima possibilità ora. Vattene per sempre dal mio regno, non sei il benvenuto."


Edited by IDSeeker - 15/4/2013, 00:47
 
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view post Posted on 15/4/2013, 23:03
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Il Re degli Elfi

Visioni;
affetti.




Nonappena infersi il colpo di grazia al cadavere sfinito, come se avessi liberato l'anima di uno spettro dal suo sigillo maledetto, una luce verde e calda s'irradiò su me e su tutto ciò che mi circondava. Le piante che occultavano una galleria laterale cominciarono a ritrarsi e il loro fruscio era una dolce provocazione - Se lui la prende, sarai perduto...saremo tutti perduti...Ho lottato tanto...ed ora è in mano sua...- Mi diressi senza pensarci due volte nel varco appena liberato.

- Cos'era quella voce? Chi dobbiamo salvare? - Il pensiero unisono mio e di Wam'arn nascose qualsiasi altra parola di quel frusciare...correvamo nell'ignoto.

In quei cunicoli bui e dimenticati da qualunque dio la concezione del tempo non esisteva. Eravamo entrati di mattina presto, poteva tranquillamente essere pomeriggio inoltrato come anche ora di pranzo...o notte. Ma io e Wam'arn continuavamo ad esplorare - SETHRA!- silenzio. -...ethra...hra...- L'eco mi rispondeva con un lamento distorto dalla superficie discontinua delle pareti.

Destra, sinistra, ancora un cambio di direzione e un'altra volta un vicolo cieco...nidi di insetti e cadaveri. Nessuna traccia di Sethra, o di Esmeralda o di chiunque altro. Il lato positivo di ciò? Nessuna strega cattiva. Solo insetti e piante marce.

L'aria si faceva pesante nel buio al di là della fiaccola. Dovevamo essere veramente scesi di molto sotto la superfici: nemmeno un alito esile di vento si faceva sentire sulla pelle e la fiaccola bruciava molto dell'ossigeno nell'aria, rendendola così difficile da respirare. I sensi sfocavano e la testa si faceva pesante. Dovetti spegnere la torcia per riuscire a recuperare lucidità...ora però dovevo abituare gli occhi alle tenebre. Decidemmo di fermarci.

- Ah..haha...

Una risata nervosa mi uscì spontanea dalla gola, come il sangue da una ferita gorgogliante.

- Mi pare giusto. Di che stai ridendo?

-Nulla, stavo solo pensando che...siamo partiti senza salutare. Alla fine anche io mi sono fatto rapire, solo che non me ne sono reso conto.

- Cosa intendi dire?

- Voglio dire...se ci pensi, siamo tutti bambini. Tutti abbiamo un padre, una madre...un luogo che ci ha visti nascere. I mostri cattivi se la prendono sempre con i bambini che non si comportano bene e io...io sono sparito nella notte.

Stavo immobile, nel silenzio di quel cunicolo. Al di là di me e Wam'arn non vi era alcuna presenza. Pian paino l'ombra degli oggetti cominciava a delinearsi, schiariva a confronto del buio profondo che si estendeva oltre il limite della mia vista.

-Kuryn' guarda!

Un punto luminoso era comparso in lontananza e ora si espandeva, ingoiando nel silenzio il buio immoto. Tuttavia non feriiva gli occhi, era come se il buio semplicemente fosse stato sostituito da un colore diverso: ugualmente gelido e muto e fermo.

-Flor'el...

L'ultima parola di Wam'arn per me non aveva senso. Mentre la luce ci avvolgeva mi sentivo privato dei miei sensi. Avvolto in un'ovatta sterile di silenzio, incolore, inodore e priva di superficie: era un vuoto bianco!

Come da un vetro che si disappanna piano piano, al di là di un velo opaco, stava di fronte a me Valante: era in una piana, o forse una caverna...di quelle grotte con un po' di vegetazione e molta luce. - VALANTE! Mi senti? Ehi!...- La mia voce era muta, e nel vortice di luce che mi avvolgeva vedevo ora che, in un dialogo alle mie orecchie muto, egli parlava con un masso dalla forma strana.

-No...o forse sì, non lo so...diamine...Wam'arn? Wam'arn tu ci vedi? Ma che hai? Rispondi!

E dietro le mie spalle, in una radura altrettanto bizzarra, Davor discuteva gesticolando nel vuoto. Anche lui era muto...al di là della portata del mio silenzio...provando a raggiungerlo iniziai a correre; ma ogni mio passo sembrava scorrere su una superficie semovente: a nulla valeva lo sforzo.

- Aiutami!...

Il grido d'aiuto soffocato giunse accompagnato dal tremare della terra. Le pareti di quell'alone di luce erano scosse da una violenza innaturale e cominciavano a sgretolarsi. Mi voltai, e in quel candore sordo vidi una sagoma umana.

- Sethra?...

Riuscii a farmi sfuggire quel nome. Prima che una voce mi riportasse sull'attenti.

- Kuryn'! Voltati...

La voce maliziosa fu un lampo di sollievo; nemmeno guardai e mi gettati al collo della fonte di quelle parole. Un corpo femminile e atletico, vestito in modo poco femminile...con una lacrima agli occhi, serrati per paura di rompere un'illusione, e un fremito nella, misto di gioia stupore e sollievo, le parlai.

- Déi...ti ho cercata ovunque. Che fine...? Tutto bene? Sei ferita? Cosa è successo? Ti ho persa di vista e...mi dispiace...stai bene? - Dovetti interrompermi per recuperare fiato e fu in quel momento che una vocina sottile, mi solleticò la memoria. Separandomi da Sethra guardai al suo fianco: aggrappata alla sua mano come a quella di una madre premurosa stava Esmeralda.

- Esmeralda! Piccola furfantella giocherellona! Come stai? Dov'eri finita? Valante è in pensiero... - continuai rivolgendomi a Sethra - L'hai trovata...e gli altri? Valante? Il tizio in armatura? Anche loro? E gli altri scomparsi?

L'espressione delle due aveva qualcosa di strano: mi guardavano, eppure era come se più che guardare me...guardassero dentro me. Il loro volto non lascia trapelare alcuna delle emozioni esprimibili in termini umani, erano quasi come statue viventi. E la voce...una pugnalata d'indifferenza...
Tutto tradiva e contraddiceva tutto in loro...

- Noi siamo felici. Loro sono felici. LORO sono felici. Io sono qui. Lei è qui. Noi siamo felici.

Parlavano entrambe al contempo, con una voce che sembrava di un ventriloquo...era troppo strano. E quelle voci...le voci che avevo già sentito...ma loro continuavano.

- Non capisci Kuryn'? Ero cieca! TU eri cieco. Tutti erano ciechi. Erydar non è malvagio. Vuole un mondo migliore per tutti. Guarda Esmeralda...guarda me.

-Wam'arn? Questo sarebbe un buon momento per aiutarmi...

Nulla...solo silenzio...solo...

CITAZIONE
Un angelo dai capelli di smeraldo e le ali candide come la neve d'inverno stava dietro le sbarre di una cella. Mura di marmo bianco e sbarre d'oro erano la struttura di quella gabbia. L'energumeno azzurro incedeva con un'aria mesta. Wam'arn impugnava una scure dalla lama nera, avvolta di un liquido verde...simile a sangue. - Sai perché sono qui? - disse con un tono spento e triste. L'angelo nella cella annuì semplicemente. La porta si aprì con un cigolio. La scure cadde, gettata il più lontano possibile.

-Ti uccideranno...o peggio...perché lo fai?

-Non ti lascerò soffrire...per colpa di un paio di ali in più. Tu hai un animo puro più di chiunque altro in questo regno di benedetti immeritevoli.!

Fu un flash e un tribunale apparve di fronte a noi: un vortice di anime e di luce, presieduto da una luce più forte, che era fulcro immoto di quel turbinare di dita accusatorie puntate contro Wam'arn. Sentivo il peso di un giudizio ingiusto gravare sul suo corpo e la mia mente. Mentre una lancia gelida mi puntava il collo, mani avide di sangue strappavano via le ali che simboleggiavano il grado di Wam'arn. Ne lasciarono due, in segno di vergogna. Era un dolore straziante: come una lama irregolare avvitata nella carne e rimossa con sadica lentezza mentre il calore del sangue bagnava la schiena e il suolo. Le nubi su cui si ergeva il candido tribunale di anime nere si aprirono: divennero grige e tempestose, riversando come pioggia il sangue versato, ripudiandolo quasi. Un calcio alla nuca, una lancia di luce che trapassava il petto spezzando le costole...il corpo immoto precipitava. L'ultima immagine che precedette il flash fu la scritta runica sulla lancia: "Uno nella penitenza". Due occhi viola, poi il buio.

Mi riebbi dopo quello che sembrava essere stato un momento eterno. Di fronte a me Sethra mi tendeva la mano. Ed Esmeralda disse...

- Lei è la mia mamma...Erydar il mio solo papà...tu vuoi essere il mio fratellone?

Fratello? Famiglia...avevo abbandonato tutto per riscattare Wam'arn...ora lui era lì...vittima di una sofferenza ingiusta.

- Sei una vittima di un amore ingrato...spero un giorno mi racconterai tutta la storia...ora ti prego...torna con me...ho bisogno del tuo consiglio... Piccola Esmeralda, mia dolce sorellina...portami da papà.[/color]

Respirai a fondo, lei mi abbracciò e mi baciò sulla guancia. Qualunque cosa sarebbe accaduta era un mistero, ma di certo non potevo tornare indietro. Sapevo da prima di giungere alla locanda che il viaggio sarebbe stato uno scavo in un abisso. Eppure...la promessa di una felicità effimera era forse più forte della promessa che avevo fatto a Wam'arn?

- No amico mio, non sarai solo. Troverò un modo per riscattarti, troverò un modo per uscire da qui. Affronterò il gorgo impietoso e raggiungerò la sua gola più intima. Tu sarai restituito all'amore che ti è stato rubato. Flor'el? E' quello il nome? Se sarà in mio potere, ti restituirò tutto ciò che ti hanno rubato. O subirò la tua condanna nel provarci.

Ma il mio cuore in quel momento era turbato dal presente: erano davvero loro le due figure che mi strattonavano per trascinarmi nel loro nuovo nido? O ero una falena, così sciocca da finire nella tanta del ragno prima che nella fiamma del focolare?

Quale che fosse la risposta, io avrei lottato. Avrei lottato per Sethra, per Wam'arn, per Esmeralda...per Valante...e per tornare. Forse non ero il primo a combattere per le cause migliori, ma loro avevano bisogno di me.






CITAZIONE
Note: In rosso sono espresse le voci "fuori campo", in arancio le parole dei PNG e in
CITAZIONE
corsivo

il flashback. Le frasi bicromatiche sono dette all'unisono da Kuryn' e Wam'arn. Il resto è come nei precedenti post. Spero sia un post apprezzabile...anche se avevo in mente un progetto diverso e più "elegante"...Nel flashback è spiegato in parte il motivo della condanna di Wam'arn. E' lasciato volutamente così per permettermi in futuro di approfondire...Enjoy (I hope :D )
 
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view post Posted on 27/4/2013, 11:03

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Un boato assordante sconvolse all'improvviso la quiete innaturale che stagnava tra le montagne.
Costringimi, aveva sibilato quello sciocco guerriero. Costringimi, l'aveva sfidato. Nessuno, fin dalla notte dei tempi, aveva mai osato sfidare Erydar, la montagna, la roccia, l'eternità. Il Re degli Elfi tanto temuto che il suo nome veniva sussurrato con terrore nelle notti più cupe, pronunciato con tono minaccioso dalle balie stanche dei capricci dei bambini, cantato dai menestrelli nelle loro ballate più truci, dimenticato dai più per la paura di saperlo vivo e incombente sulle loro vite.

C'erano forze che gli sciocchi umani non erano nemmeno in grado di comprendere, e davano loro dei nomi come se il semplice fatto di poterle nominare le rendesse più piccole, alla loro portata di miseri moscerini effimeri.
Non capivano che le loro forze non sarebbero mai bastate ad eguagliare il potere arcano della terra, fatto di luce e tenebra, sogno e realtà, vita e morte.

E quei tre presuntuosi credevano di poterlo sfidare.

Si era già liberato del primo: era stato facile intrappolare la debolezza del suo cuore nella roccia. Quello stolto aveva creduto di rivedere la bambina che cercava, l'aveva guardata, l'aveva toccata. Ed ora lui era parte della montagna, pietra nella pietra, il suo sangue caldo gelato nelle vene come il suo sguardo immobile, per sempre spento nel buio delle rocce.

Sarebbe stato facile anche schiacciare quel piccolo verme arrogante che lo sfidava.
Costringimi, costringimi...Erydar avrebbe presto placato la sua sete di sangue banchettando con quell'insulso omino.

E poi c'era quell'altro, del quale il Re degli Elfi non riusciva ancora a scrutare l'anima.
Era cangiante, come se più vite ardessero in quel corpo fragile; e uno strano bagliore, invisibile ad occhio umano, riluceva dal suo essere. Era come se fosse in qualche modo protetto da un talismano che gli permetteva di vedere il mondo per come era, anziché per come il Re voleva che lo vedesse. Erydar aveva il sentore che quello sconosciuto avesse subodorato l'inganno, che per quanto tentato avesse riconosciuto il falso sembiante delle due figure che gli aveva mosso incontro.
E sebbene questo poteva costituire un pericolo, Erydar sapeva che questo non avrebbe fatto altro che accrescere il piacere di torturarlo lentamente fino ad assaporarne il sangue.

Volle metterli alla prova.

I grandi occhi di smeraldo infissi nella roccia brillarono come stelle prima di sparire inglobati nella montagna che ora si stava plasmando in qualcosa di diverso. Di pericoloso.
Il terreno intorno ai due uomini iniziò a muoversi provocando profondi crepacci e fenditure da cui iniziarono a sbucare centinaia di piccole creature che sembravano un tutt'uno con la roccia, ma si muovevano veloci come bestie della notte. Alcune di loro avevano forme che ricordavano mani e teste, altre erano masse di roccia informe che si allungavano spalancando quelle che parevano inequivocabilmente bocche irte di zanne. Ed avevano un solo obiettivo: accerchiare e mordere, dilaniare e mutilare i due malcapitati.






CITAZIONE
QM Point

Vorrei scusarmi con voi per l'imperdonabile ritardo, e per la bassa qualità del post: non volevo farvi attendere oltre. Ora che siamo quasi alla fine cercherò di procedere anch'io più spedita.
L'aperta sfida di Davor provoca la reazione del Re degli Elfi, ormai deciso a liberarsi di voi e certo di poterlo fare senza alcuno sforzo. Si è già preso Valante: potete vederlo lì davanti a voi mutato in pietra, immobile con una mano protesa come se stesse parlando con (o toccando) qualcuno.
Dopo il boato, avvertite una scossa di terremoto e vedete la scena descritta nel post: la terra si spacca, e dalle fenditure escono creature (non più alte di un metro) che sono allo stesso tempo un tutt'uno con la roccia ed estremamente rapide ed insidiose. Ho immaginato che come forme potessero assomigliare a dei gargoyles, ma voi potete sbizzarrirvi con le descrizioni più disparate. Sono centinaia e vi circondano da ogni lato. Contano come un'evocazione di potenza critica, e dovrete liberarvene il più rapidamente possibile.
Inoltre il Re degli Elfi è in grado di scrutare nell'animo di Davor e di farne scaturire le paure peggiori: per tutto il prossimo post Davor sarà influenzato da una tecnica psionica di livello basso che gli provocherà ricordi e sensazioni dolorose [eventualmente contrastabile con una difesa adeguata].
Tale influenza non agisce su Kuryn, che a sua insaputa è protetto da una sorta di schermo dovuto alla vicinanza con Sethra nei turni precedenti. Ricordi quella specie di barriera cristallina che prima ti permetteva di vedere tutto mantenendo un certo distacco? Ti ha permesso di mantenere lucidità e di non cadere nella trappola delle false Esmeralda e Sethra, che vedrai dissolversi in una nube di fumo nero. Ora la barriera si infrange e tu puoi raggiungere Davor prima del combattimento.
Avete 6 giorni per postare, nel frattempo sentitevi liberi di consultarvi in Confronto o privatamente per elaborare una strategia. Per ogni domanda sono a disposizione.
 
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view post Posted on 4/5/2013, 14:51
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Il Re degli Elfi

Visioni;
Contrattacco.





La terra si scosse sotto i miei piedi, persi l'equilibrio per un istante. Potevo sentire una forte angoscia attanagliarmi lo stomaco: qualcosa non quadrava. Sethra, la cui figura camminava pochi passi avanti a me, così come Esmeralda, le conoscevo, erano loro! Sì, l'occhio e i sensi del corpo mi dicevano che erano loro...il tocco di Esmeralda, e anche il corpo di Sethra era fisicamente lì...

- Perché? Cosa c'è che non va? Il mio cuore non si ferma, eppure sono loro...potrei giurare che sembrano loro...ma cos'hai cuore mio? Cos'è questa sensazione di sbagliato che rigurgiti nel mio spirito come un sangue venefico?

- Sethra? Non è sicuro qui...hai sentito il terremoto? Dove stiamo andando?

La ragazza si era fermata, muta come un dipinto. Un dipinto così reale da fare sembrare la realtà una chiazza di colore. Ma taceva. Le afferrai un braccio con delicata fermezza, ma al tocco sentii qualcosa che non mi piacque: era fredda. Ritirai subito la mano e lei si voltò: come una maschera vuota il suo volto e quello di Esmeralda mi fissavano con occhi assenti. Nel bagliore di un istante, accompagnata da una nuova scossa, una risata unisona e meccanica si levò dai loro corpi e questi si sgretolarono come terra arida sotto il fervore del vento. Tutto ciò che rimaneva di loro era una nube nera che svaniva lentamente. Una terza scossa, le pareti lucenti nelle quali camminavo crollarono in una pioggia di scintille.

La radura verde era circondata dalla pietra. Una vallata coraggiosa in un crepaccio, sul fianco di una montagna che sembrava ruggire contro il cielo levandogli contro le proprie zanne. Le pareti rocciose attorno alla valle erano coperte di fenditure, che aumentavano ad ogni scossa. Da queste, come una da purulenta ferita, un fiotto di pietre si riversava sulla terra zampillando come sangue arterioso o fluendo come da una vena. Le rocce avevano un chè di familiare.

- Gargolle?

- Oh, ben tornato ragazzone! Fatto bei sogni? Io ho appena vissuto un'incubo.

- Cosa è successo? Dove siamo?

- Meglio lasciare le discussioni a dopo...quei così ci sono addosso!

- Ho un brutto presentimento...

Sebbene l'intenzione di Wam'arn non fosse cattiva, io non potei nascondere una certa stizza nella mia risposta.

- Meno male che hai un brutto presentimento, non mi ero accorto che siamo nello sterco di drago fino alle spalle! Breve riassunto: tu sei andato in catalessi, io ho trovato Esmeralda e Sethra ma in realtà erano delle nuvolette di fumo nero. Ora ci sono i cattivi che vogliono fare pranzo, cena e spuntino di mezza notte con noi. Se non ti è chiaro, mettiti in fila e prendi il numeretto perché io ci ho capito meno di metà di quello che hai capito tu! Ora, testa alta e mano dura. Mettiamo a nanna queste piaghe da decubito!

L'orda di statue si muoveva a contatto diretto con la terra, come se quella fosse acqua e loro onde burrascose. Mi guardai attorno, alcuni di essi si erano spostati lungo le pareti rocciose per circondare me e Davor.
Non era il momento di chiedersi dove o come fossimo finiti. Vidi Valante, ridotto a una statua e mi frapponendomi all'onda di pietra che ruggendo e strepitando si avventava su di noi.

- Di qui...NON SI PASSA!

Il mio ruggito, unisono a quello di Wam'arn, esplose con vigore sopra alla moltitudine di gargolle. Bestie infide e affamate, non più alte di un metro. Gli occhi di pietra brillavano di un bagliore simile a quello dei cadaveri nelle gallerie. Burattini ingordi e predatori di carne, giostrati da una mente nascosta. Assunsi una posizione incurvata, allargando i piedi per guadagnare un maggiore equilibrio. Stringevo Viral'ja con forza, pronto a scaricare un colpo di taglio. Chiusi gli occhi e ascoltai il rumore del vento, e il tonfo della pietra sulla terra. Mi concentai, facendo fluire energia lungo il corpo e accumulandola lungo l'arma. La tenevo stretta nella mano destra, mentre nella sinistra feci roteare l'ascia. Sentivo lo spirito di Wam'arn ribollire attraverso il mio corpo ed emergere, come fuoco dalla mia pelle. Con gli occhi del colosso lanciai uno sguardo rabbioso verso la prima linea di bestie.

- Aspetta...aspetta...

L'aria tremava e la terra veniva scossa. L'odore di morte trasudava dall'erba, la furia cieca di quelle bestie abilmente manipolate sbavava travolta dalla lora caotica moltitudine.

- Questo dovrebbe fermarli!

- Raaaaaaaaaaagh!

L'urlo aveva ben poco di umano o divino. Era un'esalazione di rabbia. La rabbia per non aver aiutato Valante, per aver smarrito Sethra...per non essere ancora ruscito a salvare Esmeralda o la figlia di quell'uomo che piangeva il proprio dolore nelle profondità di un pozzo. Era un disprezzo incontenibile verso quella marmaglia di bestie.

Movemmo il braccio coprendo quanto più spazio possibile. Un bagliore verde ricoprì la terra tra noi e le bestie. Un braccio spettrale si avventò su tutta l'onda puntando ad abbattere quante più bestie possiblie.

Uno scoppio smosse l'aria alle mie spalle, mi voltai per vedere cosa fosse stato: Davor aveva dato sfogo a una delle sue tecniche, abbattendosi come una granata sulle gargolle che avevano chiuso il suo lato della piana.
Si era rialzato e guardava verso di noi con uno sguardo folle negli occhi. Sembrava allucinato. Alcuni gargolle convergevano ora nel punto in cui aveva avuto luogo l'esplosione.

Davor scagliò una bordata di energia contro...

- Contro di noi!

Recuperai la mia forma originale, sostituendomi nuovamente a Wam'arn. Con uno scato felino mi riposizionai a lato della statua di Valante e con un movimento altrettanto rapido lasciai che una piccola parte di energia fluisse attraverso l'asta di Viral'ja per scaturire in un colpo gelido come l'inverno polare. L'anima di Viral'ja, figlia di un albero antico, l'inverno nelle mani dell'uomo. Una cannonata di magia che avevo puntato esattamente contro la bordata di Davor. Dallo scontro tra le due si generò una piccola esplosione e una nube di polvere gelida. Speravo che almeno una parte dei nemici venisse coinvolta nell'esplosione.

- Davor! Sono io! Kuryn'! Cosa ti prende?

C'era poco tempo per parlare, la polvere sollevata dai miei due attacchi stava ancora finendo di diradarsi e non sapevo quante bestie fossero sopravvissute. Sentii un rumore alle mie spalle e girandomi affondai eseguii uno swing con l'ascia e un fendente verticale con il bastone, mirando alla desta e all'addome di una massa rocciosa informe, il cui nauseante corpo grottesco aveva spalancato le fauci irte di zanne deformi nel tentativo di assaggiarmi.

- Ho idea che i giochi siano appena cominciati...

- Poco ma sicuro. Hai notato? Queste bestie sono i burattini di qualcuno o qualcosa...potrei metterci la mano sul fuoco: il re degli elfi dev'essere vicino!

Mentre schivavo le mascelle del gargolla, mi sfuggì una risatina isterica.

- Mi dispiace: il buffet per oggi è chiuso. Riprovi in un'altra vita!






CITAZIONE
Status
Energia: 80-30=50%
Fisico: Medio da contusione al torace (-2)
Mente: Illeso. Teso e arrabbato.

Passive
Presenza angelica: incute timore riverenziale, inefficace contro altri Avatar.
Presenza angelica ~ Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.


Tecniche
-Oltre la realtà (Alto)
Oltre la Realtà - Kuryn' concentra la propria aura sulla mano e sull'arma impugnata. Senza necessità di formule specifiche è in grado di scagliare un singolo colpo di natura magica che prende la forma di un'attacco ravvicinato. L'energia magica rilasciata non tiene conto della distanza: essa "riprodurrà" la forma e le movenze del braccio del caster in un punto diverso del campo di battaglia; il colpo viene preannunciato da una luminescenza verdastra nel punto in cui si manifesterà l'entità energetica. L'attacco ha come limite di portata il campo visivo effettivo del caster o un raggio Medio nel caso il campo sia oscurato da cause naturali. La potenza del colpo dipende dalla quantità di energia usata. [Tecnica di natura magica, non elementale. Consumo: Variabile - Danno: Variabile]


-Attiva Dominio (Basso)
Effetto attivo: I guerrieri solitamente disconoscono la magia nelle sue forme più diverse, ma questa particolare categoria ha ideato un sistema di combattimento ambivalente, grazie sopratutto al profondo legame con l’arma che trascende il comune rapporto di strumento/utilizzatore. In termini di gioco, spendendo un quantitativo di energie pari a Basso e senza alcun tempo di concentrazione, sarà possibile sprigionare dall'arma incantata una bordata elementale dal potenziale pari al costo - Elemento Gelo.


Azioni generiche: Due colpi normali con l'ascia e Viral'ja.

Riassunto:
Allarmato dalle scosse di terremoto e insospettito dalla calma innaturale delle due figure che ha davanti, Kuryn' scopre di essere vittima di un inganno, spezzando così l'illusione che lo blocca e "svegliando" Wam'arn. Si ritrova dunque nella piana in cui stanno Valante (pietrificato) e Davor (sotto funghetti allucinogeni ipnotizzato dal re). Vedendo arrivare l'orda ha un rapido scambio di battute con Wam'arn e scaglia il primo attacco, cercando di farne fuori il più possibile. Si difende poi dall'attacco di Davor (questo è stato concordato) nel tentativo di farne fuori un'altro po'. In fine cerca di colpire un nemico che si è avvicinato troppo e nel mentre schiva il suo morso.

Non ci sono variazioni. Le frasi bicromatiche sono pronunciate all'unisono da Kuryn' e Wam'arn con effetto simile a un posseduto sotto esorcismo^^.


Nota: spero che piaccia, anche se è un po' corto mi sembrava un buon testo :D ed era anche in un momento ispirato :D Se viene fuori un qualche problema nell'ultima frase, ho giusto qualche problema con le html-.-
 
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17 replies since 11/3/2013, 21:26   634 views
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