Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Sandstorm; getye

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view post Posted on 15/4/2013, 15:58
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Time
- which folds men, pride, ideals and motives -
is the only truth that matters.



Ogni uomo può sperare di sconfiggere la morte, con le opere che compirà in vita;
nondimeno il tempo si erge su ciascuno di noi come le nubi temporalesche fanno con la campagna,
prendendosi gioco dei nostri bisogni, minacciando la nostra spensieratezza,
dardeggiando la propria ombra sul terreno e attendendo pazientemente che ogni cosa torni al cielo.

Il tempo cancella le tracce di coloro che avevano creduto di vivere in eterno, senza neppure curarsene
e per chi è estraneo al mondo e osserva le vite degli altri come spettatore - per chi ama - lo scorrere del tempo è ancor più doloroso;
poiché lento.

[...]

Assistere alla morte degli altri è struggente;
vederli consumarsi contro l'unica realtà eterna, bruciante e inestinguibile.
oppure vederli arrendersi, e le loro opere scomparire
e non poter fare nulla per impedirglielo.

È il destino di chi ama incondizionatamente, quello di morire insoddisfatto.
Ma è così...
...penoso...


8tmxw

BWEEEEEEH...

« Sapevi che nel deserto dei See ci sono più di ottanta tempeste di sabbia all'anno? »
L'altro Shadar-Kai scosse la testa, in cenno di dissenso.
« ...anche se nessuna è paragonabile alle Getye; le così dette Maree... »
I due uomini di Razelan Vaash chiacchieravano uno a fianco all'altro, così vicini che le loro spalle potevano toccarsi. Stavano di pattuglia sui camminamenti dell'accampamento, imbacuccati in numerosi strati di tela, nel tentativo di ripararsi contro il vento.
I loro corpi non erano che bambole di pezza in balia della furia degli elementi, che se solo l'avessero desiderato avrebbero potuto scaraventarli giù dalla palizzata e sollevarli in aria come fossero privi di peso.
Il rumore provocato dal vento era assordante: i due a malapena riuscivano a sentirsi, ma non osavano spalancare la bocca per urlare per non rischiare di ritrovarsi la gola invasa dalla sabbia.

BRWAAAH...

All'orizzonte, nulla.
Le Maree erano già iniziate da qualche giorno, e la polvere che erano riuscite a sollevare quell'anno aveva quasi raggiunto i cinquemila piedi d'altezza. Attraverso d'essa non era possibile scorgere alcunché; il tempo era talmente violento che le due guardie non riuscivano neppure a scorgere la base della palizzata che stavano percorrendo, dando loro l'illusione di stare su un vacillante ponte sospeso nel vuoto, senza nulla ad attenderli.
Razelan Vaash aveva detto loro che le Maree erano in grado di sollevare e spostare intere dune, e che il deserto al termine sarebbe apparso loro completamente diverso; un luogo sconosciuto.
Era come spostarsi nel tempo, senza cognizione di ciò che stesse accadendo nel resto del mondo. Tutto ciò che stava fuori l'accampamento era improvvisamente divenuto irraggiungibile, e persino compiere i propri turni di guardia era divenuto un rischio mortale: alcuni uomini erano già stati spinti dal vento giù dai camminamenti, mentre altri erano semplicemente spariti nel nulla, senza che si sapesse che fine avessero fatto.

BWEEEEEEH...

E ciò nonostante, i corni degli orchi non si fermavano.
Avevano iniziato anche loro qualche giorno prima, con l'approcciarsi delle Maree.
Lord Vaash li aveva quindi schierati tutti a difesa dell'accampamento, immediatamente. Ma i corni avevano continuato a suonare, incessantemente, senza che nessun attacco da parte dei pelleverde arrivasse. Alla fine il signorotto era stato costretto a richiamare la maggior parte delle truppe all'interno degli edifici, per non rischiare che restassero coinvolte nella tempesta di sabbia.
E i corni avevano continuato a suonare.
E ancora.
E ancora.
Ininterrottamente, giorno e notte.
E il loro strillo acuto sembrava penetrare il fragore del vento, giungendo alle orecchie di ogni Shadar-Kai come se il corno fosse proprio lì, a pochi metri di distanza da loro.

BRWAAAH...

« QUANDO CREDI CHE LA SMETTERANNO CON QUESTO FRASTUONO?! »
urlò uno dei due, costretto ad alzare la voce per farsi sentire sopra il suono del corno.
L'altro fece spallucce, stringendosi ancora di più nelle sue vesti. Lord Vaash aveva detto loro che i pelleverde non avrebbero attaccato fino al termine dei canti di guerra: era il segnale che dava inizio alla battaglia. Il che tornava utile agli uomini di Razelan: forse alcuni di loro avrebbero spaccato la testa ai compagni una volta impazziti per quella cantilena infinita, ma almeno l'esercito avrebbe avuto un chiaro segno dell'inizio dei combattimenti. Senza contare che i pelleverde potevano sgolarsi quanto desideravano: ciò non avrebbe scambiato le loro posizioni. Gli uomini di Lord Vaash erano al sicuro all'interno dell'accampamento, riparati dalla tempesta di sabbia e con abbastanza scorte alimentari per sopravvivere un altro mese; i pelleverde erano invece in balia delle intemperie, meno di loro e più debole di loro. Tanto più tempo sarebbe passato prima del loro attacco, tanto più clamorosa sarebbe stata la loro sconfitta.

Inizialmente quell'incoraggiamento aveva rinfrancato gli animi delle truppe con rinnovato vigore. La Tomba della Chimera, poi, si era rivelato un sito eccellente sul quale costruire un accampamento: le vecchie costruzioni erano tutte di pietra o immerse fino a metà nella sabbia - grandi strutture bianche in decadenza che si aprivano come gigantesche bocche per il sottosuolo. Inquietante, forse, ma incredibilmente efficace: neppure il vento più violento sarebbe riuscito ad intaccare quelle semplici strutture di pietra bianca, per quanto abbandonate e consunte dal tempo. Razelan aveva fatto esplorare loro i tunnel sotterranei per qualche giorno, ma una volta appurata l'assenza di pericoli diretti, li aveva adibiti ad ospitare le più alte cariche dell'Ala Rubra. Lui e le sue streghe non erano più usciti da lì, guardandosi bene dall'avventurarsi nella tempesta di sabbia.
La palizzata di legno che circondava il sito - l'intera città decaduta della Chimera - non si poteva certo dire una protezione eccellente, ma tempo per erigere delle mura vere e proprie non ce n'era stato, e quei rudimentali tronchi appuntiti sarebbero bastati largamente per fermare qualsiasi carica i pelleverde avessero in mente, dando loro una postazione di guardia più alta dalla quale puntellarli con le loro frecce. Quattro torri di guardia - anche queste di legno - erano state erette agli angoli della cinta. I due cancelli erano stati chiusi e sigillati con altre assi di legno e, infine, i camminamenti erano stati riempiti di barili contenenti frecce, pietre e munizioni di tutti i tipi. Benché Razelan dubitasse che gli orchi volessero tentare un assedio, si era premunito contro qualsiasi evenienza: cibo e acqua erano ben custoditi all'interno di una delle costruzioni che conducevano per qualche metro nel sottosuolo, i dormitori per i soldati erano riparati dal vento violento e le armi erano tutte al sicuro.

Eppure gli Shadar-Kai iniziavano ad avere paura.
Non era raro che gli uomini sparissero nel nulla nel corso della notte, né che le razioni di cibo diminuissero all'improvviso, come se fra loro si nascondesse un ladro. Il legno dei camminamenti cigolava rumorosamente sotto i loro piedi, le porte scricchiolavano, le frecce si rompevano e le armi sparivano. Come se una maledizione fosse caduta su di loro, ogni singola premura di Razelan Vaash si rivelava essere prima o poi un difetto al quale riparare.
E i corni. Quei corni sembravano non smettere mai.
Alcuni dicevano persino che il Padre di Ferro aveva smesso di amarli; che il Vero Re non vegliava più su di loro. Individui che erano stati immediatamente schiaffati in una cella buia per la loro mancanza di fede.
Eppure, nessuno era ancora riuscito a tranquillizzarli.

« Speriamo che la Standbeeld van swart yster abbia pietà di noi... »

8tmxw

« Smettetela immediatamente. »
L'ordine severo di Raymond tuonò per la sala, incredibilmente ferma, e come il suo eco finì di disperdersi, l'orco e il soldato dei Quattro Regni smisero di litigarsi l'ultima razione di pane per la quale avevano discusso fino a quel momento.
« Razelan Vaash è un nemico per tutti, e solo collaborando potremo impedirgli di scatenare una guerra contro i Quattro Regni. »
Il Lancaster sospirò, allontanandosi con passo dolente.

Era a capo di quattro clan di pelleverde, tre dei quali arrivati dopo un lungo viaggio attraverso il deserto, degli uomini della Schiera del Drago Nero e di una quantità pressoché infinita di volontari Toryu. Tutti stipati in un gigantesco antro sottoterra che era stato scavato per l'occasione, al riparo dalle Maree che imperversavano diversi metri sopra di loro.
Inizialmente aveva pensato che una volta ricavato lo spazio, non sarebbe più sorto alcun problema fino al giorno dell'attacco; non aveva fatto i conti, però, con la diffidenza che serpeggiava fra le varie fazioni e che causava continui scontri fra pelleverde ed umani, che lui e pochi altri si erano incaricati di sedare. Prima i pelleverde non volevano che si adorasse il Sovrano sotto il loro stesso tetto; poi gli uomini s'erano rifiutati di sedere allo stesso desco degli orchi; poi erano iniziate alcune risse notturne dovute a vendette personali; poi ancora era sorto il problema degli spazi dedicati al riposo e all'addestramento; poi le sfide, le scommesse, gli scherzi inappropriati... e chissà quanti altri stupidi screzi che erano passati sotto il naso di Raymond senza che lui riuscisse a vederli.

Se non altro, il suo appello aveva funzionato. Centinaia di uomini si erano mossi verso meridione spinti dalla caccia alle ricompense personali o da semplici ideali. Erano stati quindi raccolti ai margini del deserto da alcuni emissari e quindi condotti in quella spoglia pantomima di accampamento sotterraneo dove si trovavano tutti loro.
Raymond aveva cercato di accoglierli uno ad uno, prima di accorgersi che il loro numero era troppo vasto. Alcuni suoi conoscenti erano rimasti impietriti innanzi al suo rinnovato aspetto barbaro, mentre altri avevano semplicemente esposto le loro rimostranze riguardo alla collaborazione con i pelleverde.
Alla fine, con molta pazienza, gli animi si erano sedati. Le lamentele erano cessate e i litigi diminuiti.
Tutto era pronto per scendere sul campo di battaglia.

« Shaman, rapporto. »
Il troll gli rispose con voce sicura, dopo aver tirato su rumorosamente col naso.
« Primo gruppo è già in movimento, soldaat. Devo avvisare die swart koningin di iniziare a raccogliere gli uomini. »
« Sì. È tempo dunque che mi allontani anche io. »
sospirò sonoramente
« ...fate sì che tutti collaborino alla perfezione. Non avremo altre possibilità. »



CITAZIONE
Inizia la scena! :v:

Innanzitutto, un appunto; questi primi post seguiranno una turnazione particolare. Ossia:

• Mio post da QM (di cui sopra)
• Post da QM di Zaide
• Controllori
• Mio post da QM
• Post da QM di Jimmy
• Assalitori

Per poi continuare con uno scherma più classico a ripetizione fino alla fine della quest:

• Mio post da QM
• Tutti gli altri

In pratica ora dovete aspettare il post di Zaide, poi posteranno solamente i Controllori, per iniziare.
Ciò nonostante gli Assalitori possono già iniziare a pensare al loro post, sulla base di ciò che ho scritto qui: come sono arrivati nel deserto? come sono i loro rapporti con il resto delle truppe di Raymond? come interagiscono con i pelleverde? ci sono infinite possibilità per un post di presentazione e sono disponibilissimo a chiarire qualsiasi vostro dubbio nella discussione in confronto, nei giorni a venire.
Enjoy!
 
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view post Posted on 22/4/2013, 17:10

Esperto
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Now the flood tide
And the sea-horses
Will gallop over
The eroded coast
Flooding, flooding
Our seasonal fears.
Look! The storm cone
The wind veers.
A high tide coming
Will eat the land

A tide no breakwaters can withstand.



Un sommesso brusio a pochi passi da lei riscosse Zaide dal torpore in cui era scivolata senza accorgersene: il caldo e l'aria opprimente le avevano offuscato i sensi, ma i lievi bisbigli l'avevano di nuovo messa all'erta. Solo la notte precedente era riuscita a sedare una nuova baruffa, l'ennesima.
In qualche modo la sua presenza incuteva un certo rispetto tra i ranghi dei pelleverde, mentre i nuovi arrivati la guardavano con un misto di sospetto e arroganza. La strega di Taanach, la chiamavano, la strega dai capelli di fuoco.
Zaide si chiedeva se sapessero che nel fuoco era finita una delle sue vite e dal fuoco la sua nuova esistenza era ricominciata in quello stesso deserto solo poche lune prima.
Ma non aveva importanza.
Raymond in qualche modo aveva perdonato il suo tentativo di aggressione tra le dune del deserto, o fingeva per il bene della missione: in quella tana oscura e soffocante il minimo screzio poteva causare un incendio di animi.
Erano volati coltelli, la notte precedente: la vicinanza forzata sembrava scatenare il peggio di ciascuno dei presenti ma mai come in quel momento era necessario mantenere la calma e l'ordine, come più volte Raymond era costretto a ricordare a tutti quanti, pelleverde, cavalieri, sciamani, apprendisti. Non era che un'illusione di pace, Zaide lo sapeva bene. E si avvicinava urgentemente il momento di agire, pena l'autodistruzione dell'intero esercito che Raymond era riuscito a mettere insieme: l'uomo di Basiledra contro cui Zaide aveva rivolto il suo stesso coltello si era ritratto spaventato, lasciando perdere il giovane troll con cui si stava azzuffando, ma la paura e le minacce non sarebbero state un valido deterrente ancora per molto.

In lontananza, udì il suono lungo e lamentoso di uno dei corni di guerra che sfiancavano a distanza il morale degli Shadar-Kai barricati nell'accampamento presso la Tomba della Chimera.
Era l'alba.

- Rooivrou - mormorò un giovane scudiero giunto alcuni giorni prima dalla città, chiamandola con quello che molti dei nuovi arrivati ritenevano fosse un titolo onorifico. - Raymond ha lasciato detto di organizzarci. E che lui se ne deve andare. Ora, almeno credo.

Le parlava di fretta, come se sostenere lo sguardo della strega più a lungo del necessario potesse bruciarlo vivo, e si allontanò con un rapido inchino dopo che lei gli ebbe rivolto un pensoso cenno d'assenso.

Era giunto il momento, dunque.

In molti avevano ascoltato il richiamo di Raymond. Molti più di quanto la strega potesse figurarsi: sembrava che ovunque a Basiledra, nelle lontane terre orientali, e in ogni borgo su cui si stagliasse l'ombra dei Corvi fosse risuonata l'eco dei corni di guerra che si preparavano a sconvolgere quelle lande infernali.

E Raymond aveva scelto proprio lei, Zaide, per prepararsi alla guerra che avrebbe cambiato forse per sempre il corso delle terre del Meridione. Rekla aveva manifestato la sua consueta fredda efficienza nell'apprestarsi a svolgere il suo lavoro: la Nera Regina aveva seguaci e uomini ovunque, e certo il suo potere sarebbe stato determinante per la riuscita dell'impresa. Ma tutto avrebbe rischiato di finire in un buco nell'acqua se il cammino delle truppe armate non fosse stato adeguatamente spianato dal compito segreto che attendeva la strega e il suo manipolo di uomini in incognito.

Sabotare. Logorare. Avvelenare.

Il minimo accenno di indecisione avrebbe compromesso le loro vite e l'intero piano: per questo la strega aveva vegliato lunghe notti insonni nel tentativo di carpire quante più informazioni possibili sugli individui più idonei da portare con sé nella tana del serpente.
E alla fine era quasi sicura di aver fatto la scelta giusta.

E' l'ora.

Trasse un profondo respiro per placare l'inquietudine, e si avviò a passo misurato verso il suo primo uomo. Lo aveva adocchiato fin da quando aveva posato i suoi occhi scaltri sulla vastità del lugubre rifugio in cui Corvi, pelleverde e i più disparati volontari preparavano insieme l'attacco a Razelan Vaash. Ma ciò che aveva colpito Zaide come un fulmine a ciel sereno era ciò che portava in fronte.

Nella penombra dell'accampamento sotterraneo Zaide aveva smesso le pesanti vesti scure indispensabili alla sopravvivenza sotto il sole cocente del deserto per vesti leggere di fattura finissima che un giovane apprendista pelleverde aveva creato per lei: l'uomo che chiamavano la Spia l'avrebbe vista camminare nella sua direzione coperta solo da un leggero velo bianco che non lasciava nulla all'immaginazione. Ma se l'intelligenza e l'arguzia della Spia erano pari a quanto si vociferava, non si sarebbe certo fatto ingannare da quell'apparente tentativo di seduzione.
Zaide voleva mostrargli ben altro che la sua bellezza, per fargli capire quanto loro due avessero in comune, ma non sapeva ancora di quanta gente potesse realmente fidarsi lì dentro: volevano vedere la strega, l'ammaliatrice, la vipera? L'avrebbero vista.
La Spia avrebbe capito.


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- Et jy sien wat Rooivrou jy praat? - Dit maak my bang dat die mens... - Maar sy is nie bang - Natuurlik, sy is 'n heks - Nee, dit is net wys. Dit is 'n shaman. - En het jy al gesien hoe die ander? Die baba sonder Hare? - Dink dat ook sal ons?

- No, kinde, non posso portarvi con me.

I cuccioli pelleverde sobbalzarono quando la voce di Zaide interruppe le loro confabulazioni.
Non erano più bambini, Zaide lo sapeva: erano abbastanza grandi da poter seguire la battaglia nelle retrovie, aiutare i maestri armaioli e accudire le bestie. Ma per la strega rimanevano i cuccioli salvati dalle fiamme, e quello strano affetto era ricambiato dai ragazzi.

- Ma Baba senza capelli è solo un bambino, come noi!

- Sì, anche noi vogliamo giocare al prossimo Speel!

Zaide sospirò divertita. I pochi minuti che trascorreva di tanto in tanto con i ragazzi erano il momento della giornata che preferiva: poteva confidarsi con loro senza timore di essere tradita, insegnare loro qualche semplice trucchetto e ricevere in cambio ondate di pura ammirazione. Erano genuini, vita allo stato puro.

- Non è più un gioco, amici. Ormai è diventato uno Speel troppo grande perchè voi possiate anche solo pensare di giocarci. E poi, avete altri compiti.

- Sì ma...

- Ma niente. - Zaide lo interruppe con fermezza, osservando pensierosa le centinaia di uomini che discutevano e si organizzavano per la battaglia imminente. - Scommetto che non mi avete persa di vista un attimo mentre parlavo con i prescelti.

I ragazzi si scambiarono sguardi imbarazzati. - Va tutto bene. Spero solo di potermi fidare di loro come mi fido di voi...Vedete quello, ad esempio?

I ragazzi seguirono lo sguardo di Zaide fino a un uomo apparentemente come tutti gli altri. Guardarono la strega con aria interrogativa: a loro era sembrato nient'altro che un Corvo come gli altri, senza nulla di speciale. - Non so...- mormorò Zaide, a disagio. - Emana...come potrei spiegarvi...freddezza, ecco. E' come se dentro di lui ci fosse un'anima antica, superiore a tutti noi.

Zaide scosse la testa.
In realtà quel Corvo non sembrava possedere alcun talento particolare, ma sentiva che avrebbe potuto risultare utile ai suoi piani di intromissione nell'accampamento nemico. Continuarono a parlare un altro po' degli altri prescelti e la strega sorrise all'entusiasmo dei cuccioli per un individuo dall'aria tenebrosa che doveva aver eccitato le loro fantasie più avventurose: i suoi occhi ciechi sembravano scrutare nell'anima e tutto nel suo aspetto sembrava ricondurlo a una creatura della notte. Un'anima affine, pensò Zaide.

Ma l'ultima persona che voleva portare con sé non l'aveva ancora nemmeno avvicinata.
L'aveva vista immediatamente, impossibile non notarla: risplendeva come un fiore bianco nell'oscurità e pareva illuminare qualunque volto su cui i suoi occhi di stelle si posavano; Zaide aveva cercato di accostarsi ma lei sembrava sfuggirle sempre con grazia sovrannaturale, come conscia del desiderio impossibile di cui la strega si stava consumando.
Di lei era riuscita a sapere molto più che degli altri suoi uomini, complice forse il fatto che chiunque la vedesse sembrasse inesorabilmente spinto a guardarla di nuovo, a cercarla, a volerla.
Era la Rosa d'Oriente, la leggendaria danzatrice di cui si narrava che i suoi occhi avessero ucciso più guerrieri della spada di Raymond.
E Zaide sapeva di non poter fare a meno di lei per la sua missione.




QMpoint
Il mio post si limita ad un'introduzione del reclutamento per lasciarvi maggior margine narrativo qualora voleste approfondire anche voi il vostro primo impatto all'accampamento; se necessario scriverò un ulteriore post con la parte che riguarda Zaide all'interno dell'accampamento di Razelan Vaash altrimenti lo terrò per il prossimo turno. In spoiler la traduzione del dialogo tra i ragazzi.
-Avete visto con chi sta parlando la Rooivrou? - Quell'uomo mi fa paura. - Rooivrou non ne ha - Per forza, è una strega - No, è solo saggia. E' shaman. - E gli altri con cui ha parlato? Avete visto il bambino senza capelli? - Se porta con sé quel bambino porterà anche noi?


Zaide ha avuto il compito di reclutare le persone più idonee alla prima fase della battaglia.
Zaide, Dalys, Kuro, Aang, Caino ed Elias Animanera dovranno infiltrarsi nell'accampamento di Razelan Vaash alla Tomba della Chimera per preparare il terreno alla vera e propria fase di combattimento: nostro compito sarà quello di seminare disordine, discordie, sabotare l'organizzazione interna degli Shadar-Kai e il loro stesso accampamento.

Come si evince dal mio post, una volta che siete tutti giunti all'accampamento scavato sottoterra dove si radunano tutti gli uomini di Raymond, Zaide va a parlare con ciascuno dei vostri pg, uno alla volta. Se desiderate preparare un vero e proprio dialogo da inserire nel vostro post possiamo accordarci privatamente senza problemi, altrimenti avete carta bianca su come raccontare i rispettivi incontri; a ciascuno di voi Zaide ha dato una precisa indicazione (vedere di seguito i dettagli) e consegnato una boccetta contenente una pozione di camuffamento che assumerete prima di arrivare alla Tomba della Chimera e che vi darà le sembianze di uno/una Shadar-Kai.
A vostra disposizione inoltre sono vestiti e quant'altro vi occorra per il travestimento. Ho dato per inteso che oltre a noi cinque ci sia un ulteriore ristretto gruppo che verrà con noi, ma ognuno agirà per sé.

Ecco le vostre azioni.

Dalys ha il compito di far proseguire la catena di morti apparentemente accidentali che già turbano i soldati di Vaash. Dovrà infiltrarsi tra coloro che organizzano i turni e fare in modo che succeda qualcosa alle postazioni di guardia, così da distogliere l'attenzione nel momento in cui arriveranno i rinforzi. Non basterà un morto solo: ma attenzione a non far sembrare gli incidenti come una catena di omicidi sospetti. • Ci sono due cancelli e quattro torri di guardia, tutto in legno. Sopra la palizzata corre un camminamento costellato di barili pieni di munizioni.

Elias dovrà riuscire ad accedere all'area in cui vengono conservati i viveri. E' un ampio deposito seminterrato dove si trovano le scorte di generi alimentari: carne in barile, farina, birra, acqua, ecc. Una volta superate le guardie (due Shadar-Kai, per superare i quali, se agirai con circospezione, ti occorrerà spendere almeno un consumo Medio di energie) ti introdurrai nel deposito e cercherai di avvelenare le scorte. Poiché Zaide ti informa della missione quando siete ancora al campo, puoi procurarti ciò che ti occorre - se ti occorre - presso gli sciamani.

Caino invece si occuperà dei dormitori e dell'annessa zona infermeria: facendo attenzione a non provocare ulteriori morti che sarebbero troppo sospette, dovrà fare in modo che l'ambiente diventi malsano come a causa di un'ignota epidemia. Allo stesso modo dovrà infettare medicinali e quant'altro si trovi nell'infermeria. A guardia dei dormitori ci sono due Shadar-Kai che si danno il cambio, e un responsabile dell'infermeria. A te la scelta su cosa fare di loro, se toglierli di mezzo in qualche modo o circuirli. (per ingannarli, ti occorrerà come minimo un consumo medio di energie per le due guardie, e un ulteriore medio per l'addetto all'infermeria).

Il compito di Aang è quello di sabotare il comparto armi dell'esercito degli Shadar-Kai. Ci sono due principali edifici adibiti ad armeria, e dovrai fare in modo che queste spariscano o si danneggino pesantemente senza suscitare l'immediato allarme degli uomini di Vaash. Gli edifici sono uno dirimpetto all'altro, e c'è una guardia per ciascuna armeria. Ti occorrerà almeno un consumo Medio di energie per liberarti di una singola guardia, ma dato il clima di tensione sono particolarmente vigili: se ne attacchi una, l'altra griderà richiamando l'attenzione di altre guardie sui camminamenti.

Kuro dovrà seminare il panico tra gli Shadar-Kai a sua totale discrezione, ma ovviamente senza far capire di essere l'artefice. Si spargerà la voce nell'accampamento che durante la notte accadono le cose più terrificanti, e incoraggiare queste voci. Dovrà cercare di essere il più socievole possibile soprattutto con gli Shadar-Kai vicini alle posizioni di comando (la maggior parte dell'esercito è al sicuro sottoterra con le alte cariche, ma anche nell'accampamento ci sono coloro che decidono i turni, distribuiscono i compiti ecc) e guadagnare la loro fiducia così da essere sempre a conoscenza di chi farà cosa nel campo. Le cose terrificanti possono includere allucinazioni, visioni, ma anche ferite, mutilazioni apparentemente accidentali/inesplicabili e così via.

Spero sia tutto chiaro. Le informazioni di base riguardanti l'accampamento sono queste:
• Una palizzata di grossi tronchi di legno appuntiti circonda le rovine della vecchia città dove era stata creata Lia: una città di piccoli edifici di pietra bianca perlopiù mezzi sommersi dalla sabbia.
• Ci sono due cancelli e quattro torri di guardia, tutto in legno. Sopra la palizzata corre un camminamento costellato di barili pieni di munizioni.
• Alcune strutture di pietra sono adibite a stipare equipaggiamento; altre viveri.
• Il grosso dell'esercito di Razelan e le figure più importanti sono molto al sicuro nel sottosuolo, al riparo dalle violente tempeste di sabbia. A meno di andare di proposito da loro, dunque, non rischiate di incappare in nessuno che non siano piccoli gruppi di Shadar-Kai messi di guardia.
• Avete a disposizione sia vesti che pozioni di metamorfosi, e con la tempesta che spazza l'accampamento, nessuno pensa a fare i controlli di routine. A meno di comportarsi in modo sospetto, quindi...
• Ci sono pochi Shadar-Kai all'aperto: una decina sui camminamenti, due a difendere il cibo, due a difendere le armi, due i dormitori... non più di una ventina in tutto.

Per una descrizione degli Shadar-Kai:
Shadar-kai: Così vengono chiamati i cultisti che hanno deciso di seguire il Vero Re. Un popolo tetro e sinistro che serve [...], spesso indottrinati dalla presenza del Padre. Tale naturale influenza ha reso la loro pelle grigia e i loro occhi lucide sfere nere, come quelli di un corvo; spesso le loro ombre sembrano poi persino più buie di quelle delle persone che li circondano. Gli Shadar-Kai vestono come gli uomini del deserto, con indumenti larghi di colore rosso, spesso con disegni complessi ma poco pronunciati. Portano i capelli lunghi, a volte sciolti, altre volte in tagli, acconciature o trecce elaborate. La loro pelle sfoggia sempre cicatrici rituali e numerosi ornamenti metallici; preferiscono le armi di forma esotica, come le scimitarre, i katar e i kukri. Ormai completamente indottrinati dal culto eretico combattono senza curarsi della loro incolumità, ritenendo che nella morte [...]. I loro insediamenti possono trovarsi ovunque nel Deserto dei See, anche se la maggior parte di loro viaggiano in pellegrinaggio per raccogliere le reliquie del Vero Re e visitare il suo tempio. I più potenti fra loro sono in grado di teletrasportarsi o sparire fra le ombre, ma le loro capacità di combattimento non si allontanano generalmente da quelle di un qualsiasi essere umano.





 
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view post Posted on 22/4/2013, 20:22
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Basiledra, sala riunioni del Cuore di Marmo

Qualche tempo prima


Le parole gli scivolavano indosso come fastidiose gocce di pioggia.
Le sentiva rimbombare sulle mura lisce della sala grande come un fastidioso brusio. Si contorcevano, rimescolandosi tra i suoni della città fuori dalle finestre ed il sottofondo di inedia proveniente dai commenti degli altri Corvi seduti alla grande tavola. Odiava quelle riunioni tanto imponenti, sopratutto quelle straordinarie: quelle improvvise, inaspettate, cui non aveva avuto ancora il tempo di abituarsi. Quelle in cui gli veniva imposto qualcosa o qualcuno.
Eppure il dovere istituzionale che ormai si rifaceva alla sua figura, richiedeva un'etichetta ancor più greve di quanto non lo fosse stata la responsabilità di essersela voluta cucire indosso.
Aveva sopportato amenità, ricatti ed inganni; aveva ordito un complotto più o meno complesso, fin sotto gli occhi del consiglio. Aveva patteggiato per i suoi nemici e condotto le loro spie fin sotto le mura del Cuore di Marmo. A confronto, però, tutto quello era nulla rispetto alla difficoltà di sopportare quelle riunioni piene di boria e supponenza.
D'altronde, soffriva una mal celata stanchezza anche per l'argomento che li aveva spinti a riunirsi: Raymond ed il suo tradimento.

« Sir Raymond ha condotto un'operazione senza criterio e contro ogni nostro ordine! »
il Corvo relatore agitava le braccia con veemente passione, snocciolando un insulto al drago nero ogni tre parole circa
« ...ha tradito la nostra volontà, alleandosi con dei mostri per marciare contro i Vaash! Questo è- è... »

Strano.
Era probabilmente l'unico a cogliere la stranezza di quel comportamento.
O, quantomeno, l'unico che la ritenesse prevalente rispetto a qualunque vilipendio il guerriero potesse aver mai commesso.
E di tante domande che il Corvo relatore sospingeva con la sua tormentata arringa, non ne aveva posta una che valesse davvero la sua attenzione.
L'unica domanda realmente importante, infatti, l'aveva posta lui - decine e decine di volte - senza riceverne risposta.
Nessuna risposta.

__________________________________


Alloggi privati di Caino
Due giorni prima


« Parlaci. Dicci perché. »
continuava ad inveire sul capo ciondolante dell'uomo, sospingendo la testa da un lato all'altro, quasi sperasse di vedere le parole scivolar giù dalle orecchie.
« E' morto, eccellenza. Non parlerà più. »
Caino squadrò il suo sottoposto con fastidio, ammonendolo con lo sguardo. « Non è ancora abbastanza morto per ignorarci. La sua mente può parlarci ancora... »
aggiunse lui, tornando a fissare gli occhi sbarrati della spia « ...se solo qualcosa non gli impedisse di farlo... »

Il Corvo sottoposto fece un passo avanti ed introdusse il nuovo discorso con un colpo di tosse.
« Ne abbiamo interrogati a decine, eccellenza. Li abbiamo interrogati fino alla morte. Non crede che vi avrebbero risposto a qualunque domanda... »
sottolineò, cambiando tono di voce « ...se avessero avuto le risposte? »

Caino levò lo sguardo dal cadavere della spia, tornando in posizione eretta a fissare l'accolito alle sue spalle.
Sospirò, attendendo qualche istante prima di rispondere, quasi per sottolineare il suo disappunto.
« Evidentemente la tua arroganza ti impedisce di comprendere le nostre parole » disse il Priore, tamburellandosi le tempie coi polpastrelli
« Se questi uomini non avessero avuto le risposte noi avremmo letto la loro ignoranza nelle menti vuote... »
Poi si avvicinò a lui, fissandolo negli occhi con le iridi dorate e brillanti « Peccato che loro ci abbiano celato qualunque risposta »

Si soffermò a fissare la spia ancora una volta, poi si preoccupò di chiarire meglio il concetto.
« Non c'è ignoranza come risposta alle nostre domande » disse piano « non c'è semplicemente niente. »
Prese la testa del Corvo tra le mani e gli sussurrò l'ultima parola stringendo i denti
« Non siamo riusciti nemmeno ad avvicinarci alla risposta... »
« ...né nella mente di quest'uomo, né in quella dei suoi simili »
concluse, sconsolato « ...è come se qualcosa ci abbia tenuti lontani. »
Poi fece un passo indietro.
« E non dobbiamo esser noi a dirti quanto questo sia... »

__________________________________

Strano, appunto.
E nonostante fosse passato già qualche giorno dall'ultima volta che aveva avuto modo di leggere le menti delle spie Vaash, la domanda che si era posto rappresentava ancora un concetto vago ed astratto, talmente labile e poco dirompente che solo lui ne considerava l'importanza. Lui e nessun'altro riteneva opportuno rispondere ad essa. O cercare la risposta.

Perché?
continuava insistentemente a chiedersi
perché i Vaash non vogliono i Corvi al Sud?

Eppure tutti coloro con cui si era confidato gli avevano ridato solo perplessità ed indolenza. Perché dannarsi tanto per un'ovvietà simile?
Un'ovvietà di troppo conto, per lui. I Vaash gli avevano fatto richieste precise e quella di allontanare ogni Corvo dai loro domini era stata una delle principali.
Il Sovrano non è intollerante: egli è forma ed immagine di ogni altra divinità del mondo. Egli si plasma in qualunque icona si voglia dare; nessun culto risulta intollerante al suo occhio, giacché ciascuno di essi non è altro che un diverso modo di esprimere il suo dogma. Nient'altro che un intreccio diverso della sua immensa trama.
Quindi, perché allontanare il culto dal Sud?
E, sopratutto, perché rischiare una guerra contro i Quattro Regni per una cosa simile?

Tutto ciò che aveva imparato fino a quel momento, Caino lo stringeva in un pugno di parole.
Il Caos non esiste. Il Caos è solo l'immagine che il Sovrano da di se stesso. E' solo lo sforzo che gli uomini indugiano sulla sua trama.
In realtà ogni cosa avviene secondo il suo progetto; ed interpretare il progetto del Sovrano è lo sforzo migliore che gli uomini possano fare per glorificare se stessi.
I Vaash si erano ribellati ai Corvi al punto di scatenare una guerra contro gli altri Regni. E Raymond, il soldato più fedele ai Corvi, scompariva per mesi nelle profondità del meridione.
Apparendo nuovamente solo per chiedere altre truppe. Contro i Vaash.

Strano.
Caino si interrogava.
Possibile che era l'unico a coglierne la rilevanza?

« Voi che dite, Priore? »
Quando il Corvo relatore interruppe il suo monologo, Caino parve destarsi da un sonno millenario. Aveva a stento udito le parole ripetute fino a quel momento, ma la rilevanza della sua negligenza perdeva di significato innanzi alla circostanza che le stesse erano risultate, in gran parte, soltanto come un continuo sproloquio sulle amenità compiute dal drago nero.
Eppure, scrutava la sala con sospetto. Tutti i Corvi consiglieri ora erano rivolti alla sua persona, attendendo le sue parole con l'arguzia di felini: pronti a scagliarvisi contro, se necessario.
In quei momenti il Priore coglieva con imbarazzo la differenza tra fare una rivoluzione e mantenerla.
La seconda circostanza risultava incredibilmente più difficile della prima.

« La decisione del consiglio è chiara e condivisibile. »
Partì in difesa. Sapeva bene che il Consiglio mal sopportava il suo interesse per Raymond; d'altronde, evidenziarlo in quella sede sarebbe stato ardito ed inopportuno. Avrebbe volentieri posto i suoi interessi in preminenza rispetto a quelli del consiglio, ma sarebbe stato politicamente improponibile anteporli anche a quelli del Regno. D'altronde Raymond aveva disobbedito ad un ordine: comportamento evidentemente da non condividere. Non ufficialmente, almeno.
« Eppure, siamo convinti che il vostro fastidio non si celi tanto nel suo tradimento... » disse, battendo le dita sul legno scuro del grande tavolo
« ...quanto nella vostra indecisione rispetto ad esso. »
Caino sorrise appena, sotto la maschera bianca, avvertendo il senso di straniamento nei suoi interlocutori. « Infatti, siete fermi sulle decisioni, ma, allo stesso tempo, morite dalla voglia di sapere cosa abbia trovato al meridione. »
Proseguì, fissandoli uno ad uno. « D'altronde abbiamo trattato la fedeltà dei Vaash con una maggiore indolenza nei confronti loro e dei loro crimini » sottolineò il concetto scandendo le ultime parole e strozzò qualche moto di dissenso con un vigoroso rialzo del tono « ...donandogli, di fatto, parzialmente quell'autonomia da loro tanto aspirata. »
Attese qualche istante, poi, sperando che i Corvi riflettessero su quanto detto.
« Ciò che ne abbiamo ottenuto, però, è piuttosto evidente... » disse poi, con un accenno di presunzione
« ...cosa sappiamo di ciò che sta accadendo al Sud? »

Niente.
Era la risposta che nessuno osò dargli.
« Quindi mi pare ovvio che non possiamo limitarci ad urlare il nostro dissenso al Soldato »
aggiunse « ...in quanto saremmo gli unici a perderci. »

Il Corvo relatore era ancora in piedi, avendo ascoltato immobile le parole del Priore.
Colse l'attimo di pausa per battibeccare alla riflessione, con una domanda alquanto vuota. « E cosa potremmo fare allora, cedere alle sue richieste come vili servi? »
Caino non si scompose e rispose con un tono più cauto. « No, potremmo aprire un occhio sul meridione, pur manifestando ufficialmente la nostra contrarietà all'operazione »
Una spia al Sud. Era più o meno la traduzione di quanto detto.
Il Consiglio si consultò, levandosi con un fastidioso brusio con cui i Corvi rifletterono gli uni con gli altri. Il Priore, dal canto suo, si spallò sul grosso trono in pelle, fermandosi a fissare i loro occhi attraverso le maschere; perplessi e spaventati, infatti, titubavano sulla sua proposta per non dargli la soddisfazione di dire che fosse l'unica cosa logica da fare.
Quando ebbero finito, riprese la parola un altro Corvo. « E chi potremmo mai mandare come nostro occhio? »

Caino aveva già preparato la risposta.
« Un semplice Corvo. Un umile accolito del mio ordine, sospinto soltanto dalla misericordiosa volontà di prestare soccorso ai bisognosi... »
Il priore attese un altro istante, poi aggiunse « ...si levano venti di guerra, a quanto si comprende dalle parole di Raymond. Non sarebbe strano, né difficile introdurre un mero accolito tra le fila dei volontari »
Il Corvo relatore sbatté i pugni e si alzò nuovamente, benché Caino non si fosse nemmeno accorto di quando si fosse seduto « E cosa ci dice che non saremo di nuovo traditi? »
« Anche Sir Raymond era un uomo fidato prima di lasciare la capitale! »

sandstorm1

Il Priore aggrottò le ciglia e si lasciò andare ad una melensa risposta, velata di arguzia.
« Solo il Sovrano conosce la trama, fratello. Noi possiamo solo provare ad interpretarla. »
« Inoltre, confido nel fatto che Raymond non abbia perso del tutto la nostra fiducia prima di sapere cosa l'abbia spinto a comportarsi così. »

Si alzò, fissando i presenti dall'alto. « Invieremo un uomo della mia abbazia, che si presenterà non rappresentando altri che se stesso. »
« Sarà nostri occhi e nostre orecchie sul campo; confido che non ci deluderà in nessun modo. »
Li fissò un ultima volta, appoggiando i pugni sul tavolo « Ho intenzione di inviare la persona di cui mi fido di più al mondo »
concluse poi, restituendo un ampio sorriso ai presenti, prima di voltarsi e lasciare la sala.



Piccola premessa: non ho ignorato le indicazioni del QM perché Zaide "mi sta sulle balle" (cit.), bensì previo accordo specifico con gli stessi QM. Di fatto, la scena di cui sopra si svolge qualche tempo prima degli eventi di "getye" e definisce quello che sarà l'apporto di Caino agli stessi. Indubbiamente, infatti, il Priore non può intervenire di persona nella battaglia senza destabilizzare i precari equilibri geo-politici che sostengono la sua coalizione al governo, quindi invia un suo "subalterno" secondo modalità che verranno definite più avanti nel prosieguo della scena (non conoscendo cosa accadrà, non lo so bene nemmeno io, ineffetti...). Tale sarà, quindi, la mia partecipazione alla scena; nel mio piccolo, meglio di nulla. Ribadisco che comunque è tutto concordato coi QM e non sono impazzito (non ancora). Detto questo, fateli neri e buona scena a tutti.
 
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view post Posted on 25/4/2013, 16:41
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Tempo prima – Basiledra



Non ti credevo una patriota”.



Zepyr Luxen van Rubren la guardò con un mezzo sorriso sulle labbra, in piedi davanti alla finestra dello spoglio appartamento che era stato loro destinato. I suoi occhi fuggivano verso la città al di sotto, quel regno che non riconosceva più, quelle taverne che una volta erano state la loro patria, quella cattedrale estranea quanto un tumore in un corpo una volta sano.
Lei allungo le gambe, stirandosi pigramente sotto le coperte di seta.



Non ti credevo uno scettico”.



Si fissarono, occhi rossi in occhi d’acciaio. Tra di loro la tensione di un amore falso, che non sarebbe mai stato corrisposto. Il giovane si grattò il mento glabro, distrattamente. C’era rabbia nel suo sguardo, la rabbia di non poterla in alcun modo contestare, di non poterla fermare.



Morirai. Quello non è il tuo posto. Tu sei la Signora d’Oriente, perché dovresti combattere?



Lei gettò indietro la testa, scoprendo il collo candido, quel collo che lui amava, e rise. Lo schernì, lo condannò con un solo gesto. Sollevò la mano e lo attirò inevitabilmente a sé, a mescolare le proprie dita a quelle di lei. La sua voce era avvolgente, una voce irrinunciabile. Eppure lui colse il velo di ironia che era nascosto sotto ad ogni parola.



Amor mio, non crederai che io vada con loro solo per salvare questo fazzoletto di terra che chiamano Basiledra? Questi nemici del regno sanno qualcosa, i Corvi sanno qualcosa. Solo noi non sappiamo un bel niente. Nel nostro piccolo mondo d’oro non conosciamo la verità.
E tu vuoi la verità? Credevo…
Sollevò un sopracciglio, sperando lei cogliesse l’ironia.
Io voglio sapere cosa c’è sotto. E voglio proteggere il mio potere. E il mio Clan. Ho pagato molto per difenderlo e ora in parte mi appartiene”.
Ammirevole…



Lei rise di nuovo, come se trovasse tutto quanto molto divertente.
E non morirò. Tu lo sai che non morirò. Cosa potrebbe mai uccidermi?
Le carezzò il viso dolcemente, sentendo un tremito che lo percorreva. Il tempo era tiepido, la primavera era alle porte, eppure lei pareva già calda quanto l’estate e lui era ancora freddo come l’inverno. Cosa avrebbe potuto ucciderla? Il sole le proiettava dolci disegni d’ambra sulle guance e scintillava tra le sue ciglia. Le forme del suo corpo appena si intuivano sotto il lenzuolo, eppure lui le conosceva fin troppo bene. Nulla avrebbe potuto avere la meglio su una delle più forti guerriere del Toryu eppure in quel momento, quella mattina, appariva fragile quanto la porcellana.
Scosse il capo lentamente, nascondendosi agli occhi di lei: aveva un gran brutto presentimento circa quell’affare.Si rese conto, senza osare confessarlo neppure a se stesso, che lei lo stava soltanto ingannando. Come una bestia feroce prigioniera di una gabbia tempestata di diamanti, era insodisfatta. Non era la verità che voleva: era il suo mondo di sangue, battaglia, corpi avvinghiati nella violenza della guerra. Strinse i denti fin quasi a sentire mal di testa mentre percepiva l'onda dell'euforia di lei scontrarsi con quella della propria paura.



>> <<



Avevano acceso un grande falò nella grotta e vi si erano seduti attorno. I loro movimenti erano ritmati, i secondi scanditi da rudimentali strumenti e da una musica antica, primordiale quanto il cuore della terra. Tamburi, ferro contro ferro, semplice battito delle loro enormi mani callose di guerrieri. La fiamma bruciava viva, lingue rossastre che si perdevano in un denso fumo nero nell’enorme volta silenziosa. I loro sacerdoti agitavano lunghi bastoni alla cui estremità avevano legato conchiglie e perline. Si muovevano in una danza che era stata tramandata di padre in figlio per secoli, perfezionata generazione dopo generazione.
Ma non sarebbe mai stata come quella di lei. Si lanciò in mezzo a loro con una ruota elegante, in un vorticare di sete scarlatte. Una stoffa talmente leggera da apparire più sottile della pelle, da essere del tutto inadatta a coprirla in quei suoi movimenti talmente rapidi da essere difficilmente percepibili. I capelli sciolti le frustavano le guance e i fianchi, si aprivano come ali, si intrecciavano attorno alle braccia. Figure complicate si materializzavano nei suoi movimenti sinuosi attorno al fuoco.
Ora si abbassava, la testa incassata nelle spalle, le gambe che si divaricavano provocanti, ed era la tigre pronta ad attaccare, un attimo prima del balzo mortale. Ora spingeva il petto all’indietro e si sollevava per un istante in una verticale perfetta, i capelli a sfiorare il pavimento in un’onda. Ed era la montagna silenziosa, e la sorgente di vita. Con uno scatto rapido era in piedi su una gamba sola e ruotava il collo con gli occhi chiusi, le braccia tese verso l’alto a stringere un cielo immaginario. Era l’airone in attesa di fuggire, figlio della tempesta e dei grandi laghi.
Ma quello era solamente l’inizio, qualcosa che un giorno anche loro avrebbero saputo provocare. Non era la prima sera che lo mostrava, un poco per volta, aggiungendo sempre una figura. Ma quella notte avrebbe fatto di meglio. Sorrise per un istante, inclinando il capo, prima di arretrare di qualche passo e prendere la rincorsa. Qualche passo elastico e poi un unico, elegante balzo, mentre tutto di lei pareva esplodere. Gli occhi color delle braci, la pelle bollente, i capelli a confondersi con il falò. E la sua danza diventava più conturbante, più accattivante, a far l’amore con quel mondo ardente. A piedi nudi e senza più vestiti, mentre tutto attorno a lei avvampava e bruciava. Perfino da dentro quell’inferno potevano scorgere la sua bellezza, la morbidezza delle sue labbra, la linea sottile dei suoi fianchi. Non avevano mai visto nulla del genere, anche se già prima aveva giocato con il fuoco.
I due sciamani al suo fianco e lei al centro, più splendente di una stella, più pura di una vergine in quel getto rovente, purificatore, ogni movimento carico dell’euforia di essere nel proprio elemento. Gli occhi chiusi si muoveva frenetica, libera, come se stesse correndo lungo le praterie del mondo dei morti, gloriosa. Ruotava le braccia e i suoi gesti diventavano selvaggi. Scuoteva il capo, ora chinandosi ora alzandosi di colpo, ora mostrandosi completamente agli osservatori, e di tanto in tanto mugugnava le parole di un canto antico, appreso solo approssimativamente.



Bruid Vuur...”.



Le parole sfuggirono involontariamente a uno dei presenti, un grosso pelleverde dal volto solcato di cicatrici. Ma ben presto divennero l’inno di tutti, il canto che accompagnava quello di lei. Sposa del fuoco, donna pericolosa, sacerdotessa desiderabile. Dal primo momento in cui l’avevano vista si erano scoperti a desiderarla nonostante tutto, nonostante la sua pelle pallida e i lunghi capelli color dell’ebano che non erano peli ma lo sembravano.
E ora che usciva dal fuoco, senza neppure un graffio, erano sicuri che i loro dei in qualche modo l’avessero benedetta. Si facevano da parte, senza osare toccare quella sua nudità bollente. Bruid Vuur, dama delle fiamme, capace di sfuggire alla morte.
Capace di ridere in un momento in cui chiunque altro avrebbe gridato in preda ai tormenti.



Il Sovrano è dalla nostra parte. La vittoria ci appartiene”.



Lo disse senza entusiasmo, pacatamente, eppure la udirono tutti. I giovani applaudirono concitatamente, dandosi sonore pacche sulle spalle e indicando sfacciati il suo corpo perfetto. I più anziani rimasero in reverenziale silenzio davanti a quella prova. Erano stati scettici, all’inizio, quando lei aveva scelto di celebrare il rito. Ora la guardavano straniti, sospettosi, desiderosi di poter essere euforici quanto gli altri. Si era insinuata tra loro come una farfalla scarlatta tra i fiori di un campo. Si era posata ora sull'uno ora sull'altro con quegli occhi gelidi e quelle parole morbide quanto la sua bocca. Aveva volato leggiadra tra le loro supposizioni, senza mai predersi sul serio, come se in realtà non le importasse.
Almeno fino a quando aveva chiesto di essere lei la sacerdotessa del fuoco per propiziare la battaglia.



Non dovresti illuderli in questo modo”.



L’uomo era più alto di lei, un piantato guerriero del nord dai capelli color del grano e gli occhi freddi quanto il ghiaccio. La avvolse in un pesante mantello scarlatto e si strinse contro la sua schiena, poggiandole le labbra sull’orecchio. Non lo conosceva da molto, nemmeno ricordava da quando. Quei giorni parevano tutti uguali, quegli uomini parevano tutti uguali, quasi più uguali dei pelleverde. Non cambiava nulla, non cambiavano nulla in lei, non riuscivano a farla veramente rabbrividire, gioire, adirarsi. Avevano il sapore scipito dei pasti, il colorito fosco degli anfratti in quel rifugio improvvisato, il tocco sgradevole della sabbia. Sorrise, provocatoria, mentre ancora il fumo si sollevava dalla sua pelle.



Non pensavo che a quelli come te piacesse il fuoco. Credevo gli uomini del nord gelidi come le loro montagne”.



Si girò di scatto, poggiandogli un bacio sulle labbra, lasciando la afferrasse. Credeva di essere forte, di averla presa senza scampo. Rise. Per una notte soltanto, avrebbe creduto di vincere. Per una notte avrebbe colto la Rosa. Per tutti gli altri giorni gli sarebbero rimaste le spine, le ferite aspre della guerra. Lasciò che la conducesse lontano dal fuoco, nel buio, mentre già nella sua mente ripensava alle parole della donna dai capelli rossi e a ciò che sarebbe avvenuto l’indomani. Lo guardò e vide l’altra, il suo volto che sembrava stranamente consapevole, il suo piano che pareva assurdo. Aveva ideato un suicidio.
Strinse le mani di lui, gli piantò le unghie nei palmi. Forse era stata una tattica per sacrificarla, forse non sarebbe riuscita nell'impresa. Ma quella donna aveva ugualmente pensato che lei potesse farcela. Si sentiva stranamente lusingata.
Sorrise di nuovo e lui le disse qualcosa, ma già non lo sentiva più.
Li ucciderò tutti…
Lo bisbigliò con un tono impercettibile, quasi una preghiera quanto quella cantata nel mezzo delle fiamme. Non sapeva nemmeno che volto avessero, ma sapeva che sarebbero morti tra le sue braccia.
Chiuse gli occhi, lasciandosi avvolgere dalla banale routine della notte.



>> <<



Gli Shadar-Kai non parlavano neppure, le teste chine e i cappucci calati sul volto a difendersi dalla tempesta. Comunicavano a gesti, dividendosi lo spazio dei camminamenti lungo il quale dipanare i turni di guardia. Erano in pochi, troppo perché le guardie potessero essere più di una o due per volta. Bastavano quindi pochi cenni delle mani per decidere chi dovesse andare con chi. Erano turni consolidati, ripetuti decine di volte in quei pochi giorni. E anche se non udivano le rispettive voci quel movimento del braccio, secco, tremante, tradiva tutta la tensione del momento. Tradiva quello che avrebbe dovuto essere il dialogo.
Ranocchio, piccolo e ripiegato su se stesso, se ne sarebbe andato insieme a Pertica, tanto alto da chiedersi come il vento non se lo fosse già portato via. Costellazione, con la pelle segnata da cicatrici che si diceva riproducessero il cielo, avrebbe pattugliato la zona più a nord insieme a Silenzio, che non parlava mai nemmeno quando erano al coperto, nemmeno in sogno. E infine,Vedova Nera, con quei piccoli coltelli sempre pronti a spuntar fuori dalle maniche e capaci di uccidere prima che il nemico fosse in grado di prender fiato, si sarebbe accompagnato a Rampicante, il cui mantello rosso era decorato da eleganti motivi floreali tono su tono, percepibili solo nei rari momenti in cui il vento si posava un poco. Dell’originario corpo di guardia erano rimasti solamente in cinque escluso il loro capo, e forse domani sarebbero stati uno in meno. Il giorno prima, dopo tutto, insieme a loro c’era anche Criniera, con tutti quei capelli ricci che gli cadevano sempre negli occhi.
Si avviarono in silenzio, stirando tra loro le trame viscide della paura. I cuori battevano a mille sotto le vesti, gli occhi color della pece saettavano al minimo rumore. Avveniva sempre di notte, tanto che quelli del turno di giorno pregavano di non venire destinati a coprire il posto dei morti. Avveniva in un momento indefinito, senza rumore, e ciascuno lo descriveva in maniera diversa. Ma per tutti era talmente spaventoso che i capi avevano proibito perfino di parlarne. Un altro motivo per rendere ancora più greve il silenzio tra quegli eletti delle tenebre. Capitava a chi rimaneva solo, per questo avevano deciso si sarebbero mossi a coppie.
La tempesta di sabbia imperversava ogni giorno allo stesso modo, seccando le labbra e la pelle. Stare sui camminamenti era come fare un bagno nell’acqua bollente. Era perfino difficile chiudere le palpebre, una volta ritornati al coperto, perché pareva che quella sabbia fosse capace di infilarsi ovunque, tenace al punto da non volersi staccare. Ma aveva veramente importanza quando uno a uno sarebbero probabilmente morti tutti lì dentro?
Era straniante non riuscire a percepire i confini di quel deserto, di quel mondo di sabbia dove loro parevano essere l’unico punto fermo. Forse era solamente grande quanto una tinozza, e loro piccoli quanto formiche. Ma avrebbe veramente fatto la differenza quando quel soffio bollente se li fosse portati via?



Secondo te quando succederà?



Non se, ma quando. Perché era certo che sarebbe successo, certo come il proseguire della tempesta e il ritmo dei tamburi incessanti. La voce si levò rauca, scossa da un tremito, per quanto Vedova Nera apparisse sempre sicuro di sé. Era un ragazzino, seppur letale, ogni suo movimento pieno dell’elasticità e della tensione dell’inesperienza. Era un assassino, non un guerriero, e quell’attesa aveva già messo a dura prova i suoi nervi.
Il suo compagno inclinò il capo, fermandosi.



Mh?
Ah già, tu fino a ieri facevi il turno di giorno. Non l’hai mai visto”.



Il ragazzo iniziò a torcersi nervosamente le mani. Muovendosi a ritroso di qualche passo, continuando a tenere lo sguardo puntato sull’interlocutore. Rampicante mosse lentamente le labbra disegnando un sorriso sul proprio volto smagrito. Aveva lunghi capelli, tanto lunghi che gli sfioravano una vita, e un fisico così sottile da far pensare che non mangiasse. Il mantello gli volteggiava attorno, come una tenda gonfiata dalla brezza, come se dentro non ci fosse nulla. Vedova rabbrividì a quell’espressione che sembrava folle. Improvvisamente si chiese quando, di preciso, Rampicante si fosse unito al loro gruppo di sorveglianti. Era solo un’impressione o una settimana prima, cinque giorni prima, non c’era nessun mantello decorato a motivi floreali tra loro? Erano forse lo stordimento e la tensione a falsare i suoi ricordi? Sì sentì improvvisamente raggelare, mentre un velo di sudore gli imperlava la fronte e le mani correvano alle lame nascoste sotto il manto.



Non sarai anche tu uno dei miscredenti? Non accadrà proprio nulla



In un attimo davanti a lui c’era solamente Rampicante, senza più quel sorriso di scherno che gli aveva fatto venire i brividi, senza più il vento che pareva placarglisi attorno. Forse si era solo immaginato tutto. Quelle notti insonni, quei giorni passati a ripercorrere ogni attimo, lo stavano consumando. Stava accadendo a tutti loro. La voce dell’altro era sommessa, pareva quasi di conforto.
Riprese a camminare. E fu allora che lo vide. In mezzo alla sabbia, tra una duna e l’altra, come un’inquietante punto fermo nel paesaggio mutevole. Era piccolo eppure lui sapeva già di cosa si trattasse. A partire da quel fulcro il vento arretrava, la sabbia gli si posava ai piedi e per un istante su ogni cosa calava il silenzio. Sbattè le palpebre più volte, ma già sapeva che non poteva trattarsi di un sogno.
Sorgeva come ogni notte dalle sabbie. Il primo giorno avevano pensato si trattasse di un disertore che i pelleverde avessero abbandonato. Ma ora sapevano. La bambina era completamente nuda e aveva i capelli candidi come la neve. I suoi occhi erano due pozze luminose, lattiginose. Camminava sulla sabbia e i suoi passi disegnavano orme profonde, visibili da lontano. Danzava e ogni sua orma pareva emanare una leggera luce, tale da rischiarare in parte la notte. La sabbia si muoveva attorno a lei come una crisalide inquieta e lentamente assumeva la forma di corpi umani. Non li conosceva tutti, ma alcuni sì: erano quelli che erano scomparsi, che erano morti, che si erano gettati di spontanea volontà nel vuoto. Ballavano con lei, più impacciati, più lenti, cantando una nenia che giungeva fino alle loro orecchie. Un canto sottile, di filastrocche per bambini.



He had a yellow cat that just wouldn't leave him alone
He tried and he tried to give the cat away
He gave it to a little man going far away
But the cat came back the very next day ~ ♪



Si mise a tremare, afferrando due delle proprie armi. Era la stessa canzone ogni notte, tanto che ormai la sua mente pronunciava le parole un attimo prima che il suono si infrangesse sulla palizzata. Erano sempre le stesse, snervanti strofe. Era sempre lo stesso, terribile silenzio attorno. E ogni notte una nuova voce si univa alle altre.



He gave it to a little boy with a dollar note
He told the boy to take the cat up river on a boat
The boat turned over and was never found,
And now they drag the river for the little boy who drowned
But the cat came back the very next day ~ ♪



Si portò le mani alle orecchie, premendovele contro con forza. Non si era nemmeno accorto di avervi poggiato anche le lame, tanto da tagliarsi e lasciar colare il sangue lungo i polsi. La prima notte era sembrato affascinante, erano rimasti tutti a bocca aperta. Almeno fino a quando era successo. Qualcuno diceva che la bambina ti scegliesse, che puntasse il dito verso di te, obbligandoti a raggiungerla. Qualcuno che il suo canto fosse talmente struggente da obbligarti a buttarti. Qualcuno ancora che la tempesta ti ghermisse nel proprio ventre per sempre. Ogni notte. Per giorni interi.



The man around the corner said he'd shoot the cat on sight
He loaded up his shotgun full of nails and dynamite
He waited and he waited 'till the cat came walking round
And ninety-nine pieces of the man was all they found



But the cat came back the very next day ~”.



Sobbalzò, si girò di scatto. Lui, che era tanto rapido da non lasciare al nemico nemmeno il tempo di piangere. La voce, una voce che non sentiva da quelli che parevano secoli, lo aveva carezzato. Era certo fosse una voce di donna, soave, capace di cantare tanto bene da commuoverlo. Aveva appena voltato il capo, che si trovò faccia a faccia con Rampicante. Sorrideva di nuovo in quel modo terribile, e questa volta non poteva essere un’impressione. Le sue mani gli si erano posate sulle spalle e non se ne era neppure accorto e ora che guardava nei suoi occhi gli pareva di non averne mai visti di così belli. La bambina non cantava più, la tempesta era ripresa. Non era morto nessuno, nessuno aveva dato l’allarme. Aprì la bocca per comunicarlo al compagno, quando si rese conto di cosa stesse realmente accadendo.
Non era morto nessuno. Ancora. Rampicante gli poggiò un bacio delicato sulla guancia, mentre gli spingeva nello stomaco una lama curva. Guardandola pareva fosse un ventaglio, ma forse era solo un altro miraggio. Aveva una forza che non si sarebbe aspettato. O forse lui non era in grado di difendersi, perché quegli occhi erano così belli, così profondi, e quel volto era talmente dolce che avrebbe potuto perdervisi. Continuò a guardarlo, mentre si allontanava da lui. O forse era lui ad allontanarsi. Nemmeno pianse, nemmeno gridò di paura. Non aveva più paura. La sabbia si limitò ad ingoiare il suo corpo come aveva fatto con quello di tutti gli altri.
Quando Rampicante levò il proprio grido, Vedova Nera era già sordo da molti secondi. Quando gli altri si fecero attorno a Rampicante che, tremante, affermava di aver visto il compagno buttarsi mentre bisbigliava di non riuscire più a resistere, Vedova Nera non ebbe modo di ribattere. Gli altri battevano pacche sulle spalle del novellino della notte, obbligato già da subito ad assistere a simili spettacoli. E Vedova Nera non avrebbe più potuto accusarlo.
La Rosa non udiva nemmeno le loro parole. Mentre il potere di cambiare il mondo era nascosto sotto il suo mantello, tra le pieghe della lunga treccia, e i suoi occhi erano celati dal camuffamento, il piacere di quell’ennesima caccia la pervadeva come un fuoco. Era tremante, sì, ma solo perché la tensione stava lentamente scemando. Avrebbe voluto ridere, gridare alla sensazione di avercela fatta di nuovo, di poter vivere un altro giorno. Di essere riuscita ad entrare nel turno di notte, il suo terreno di caccia, dopo giorni che li osservava mentre dormivano, che camminava lungo la palizzata sotto il sole cocente. Li aveva eliminati quando loro pensavano lei fosse immersa nei sogni, li aveva uccisi senza conoscerli. Mentre ora avrebbe potuto entrare nelle loro vite, insinuarsi come le sottili radici della rosa nel loro terreno.
Aveva dato loro dei soprannomi sin dal primo giorno, scegliendo di eliminare prima i meno interessanti e immaginandosi come potessero essere gli altri, quali fossero i loro gusti, quali le loro paure. Cercava di capire se fossero proprio come se li era raccontati, se avessero proprio quel tono di voce, proprio quel modo di muoversi. Aveva alimentato i loro racconti con il proprio potere e si era arrampicata silenziosa alle loro spalle, più infida di un serpente.
Sentiva ancora le labbra bruciare per quel bacio rubato, un bacio così speciale come non lo erano da tanto tempo. Si ritirò insieme a loro, sperando di simulare il loro terrore in modo abbastanza convincente. Dopo tutto lei aveva avuto paura per così tanto che credeva di conoscere bene quella sensazione. Represse la smorfia ferina della vittoria. Abbassò gli occhi a fissare il pavimento, calò il cappuccio ancora più in basso, fingendo contrizione. Rallentò i movimenti, altrimenti pimpanti, abbassò il tono della voce. Ogni loro parola, ogni loro discorso, pareva costruirle attorno un’aura di potere. Era il suo segreto, un po’ come da bambini. Un segreto pericoloso. Dal profumo dolciastro, come la pozione che le consentiva di assomigliare a quegli individui tanto mostruosi da non essere più umani. Qualcuno si sarebbe potuto fare delle remore a colpirli così, indifesi, impauriti, per così tanti giorni di seguito.
Si chinò sul proprio pagliericcio. Qualcuno. Finalmente, il volto premuto contro la ruvida coperta, potè soffocare la risata che tutti credettero pianto.
Qualcuno.
Per questo avevano scelto lei.




Dunque dunque, chiedo scusa per il post lungherrimo >//////< volevo caratterizzare tutto al meglio e spero non risulti troppo pesante. Comunque, visto che la parte preliminare non è niente di così interessante, mi sbrigo a spiegare come ho scelto di portare a termine il mio compito *_*
Faccio infiltrare Dalys con tutti gli altri e, camuffata, la pongo a fare il turno di guardia sulle mura di giorno (ipotizzo ci siano guardiani di giorno e di notte). Uno a uno, per cinque giorni, i guardiani di notte muoiono fino a quando quelli di giorno forniscono loro uomini per sostituire i sorveglianti. E Dalys, per la prima volta mentre descrivo, è tra questi. Il suo "trucco" consiste in questo: con la passiva del Ba-Xian può cambiare la percezione dello spazio circostante. Sceglie quindi di evocare il miraggio della bambina danzante accompagnata dalle figure di sabbia e della sua canzoncina inquietante. Semplicemente, al termine di ogni canto, lei si porta alle spalle di uno dei guardiani assorti e distante dagli altri e lo pugnala con il Leviathan evocato, contando anche sul fatto che la sua passiva di ammaliamento li renda per qualche secondo incapaci di reagire. Infine llo spinge dal camminamento.
Gli stessi guardiani alminentano poi la storia del suo diversivo con descrizioni diverse e fantasiose di ciò che accade.
Spero non sia troppo inadatto >.<
 
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Stella Alpina
view post Posted on 26/4/2013, 14:53




Sandstorm; getye

-Un interesse per i pelleverde-











Territori meridionali, da qualche parte nel deserto



Sabbia, caldo e di nuovo sabbia. Non c'era altro in quel posto. Niente acqua, niente cibo, niente piante o animali, niente di niente. C'era il vento, quello si, ma era dannatamente caldo. I vestiti di Elias non erano adatti per quei luoghi estremi, avrebbe dovuto immaginarlo.
Una chiamata alle armi, bella roba.
Peccato che il tipo si era dimenticato di spiegare come arrivare al luogo di raduno. Erano due giorni che Elias si trascinava per le dune nella vana speranza di arrivare da qualche parte. Non importava più ormai raggiungere l'accampamento, bastava un qualunque luogo di arrivo che lo togliesse da quell'inferno.
Era a corto di viveri, ma soprattutto, non aveva acqua. Aveva le labbra screpolate, la gola secca che gli bruciava, lacrimava in continuazione per la sabbia che si infilava negli occhi e il riflesso del sole lo accecava. Sentiva le forze calare di ora in ora.
Aveva cercato una guida che lo portasse all'accampamento, ma non aveva trovato nessuno disposto a farlo, solo occhiatacce e insulti detti in chissà quale dialetto.
Elias non ne poteva già più. Si maledisse per aver accettato di intraprendere quel viaggio.
Gli orchi stanno bene dove stanno.
Una lezione da imparare per la prossima volta, sempre che ci fosse una prossima volta.
L'uomo si arrampicò in cima all'ennesima duna e si fermò ad osservare il paesaggio circostante in cerca di una qualsiasi indicazione che gli consentisse di proseguire.
Niente.
Scosse la testa amaramente e si apprestò a scendere. I piedi affondavano completamente nella sabbia arrivando anche oltre le caviglie. Le scarpe fasciate di tessuto non bastavano a proteggerlo completamente. La sabbia si infilava in ogni buco. Era troppo calda. Il ginocchio cedette ed Elias si ritrovò gambe all'aria in uno scivolone di più di venti metri.
Ora la sabbia era sicuramente ovunque addosso a lui. Cercò la voglia di alzarsi, ma era sparita. Si sarebbe lasciato morire lì, alla mercé degli avvoltoi, che non c'erano. Era nel dannato nulla!
Il sole gli bruciava il viso, rotolò di fianco per evitare di bruciarsi ancora di più. Aveva la sabbia anche in bocca, cominciò a sputare ma gli risultò difficile senza saliva.
Elias si mise a sedere e lasciò vagare lo sguardo. Una duna, un'altra duna, ossa bianche di qualche animale, nella migliore delle ipotesi, ancora una duna, un'oasi e...
Elias si strofinò di colpo gli occhi e li spalancò per vedere meglio. Un'oasi? Non l'aveva notata dalla cima della duna. Era forse un miraggio? Non sarebbe stata la prima volta.
Si alzò di scatto e la testa gli girò per qualche istante minacciando di ributtarlo a terra. Si riprese e si diresse verso quella macchia scura.
Era più lontana di quel che credesse, gli ci volle più di un'ora per arrivare. Ma alla fine arrivò.
Un'oasi! Era una bellissima oasi!
Una decina di palme che facevano ombra ad un pozzo di pietra.
Pozzo... acqua!
Senza pensarci due volte, Elias si lanciò verso il secchio legato ad una corda e lo lanciò nel pozzo. Il rumore dell'acqua arrivò qualche istante dopo. Elias lanciò un grido di gioia e cominciò a tirare la corda per riportare su il secchio. Era pieno d'acqua limpida. Si attaccò con la bocca al secchio e lo piegò. Un'onda d'acqua lo travolse facendolo quasi strozzare. Metà dell'acqua bagnò la sabbia così Elias fece un secondo giro. Lanciò il secchio nel pozzo per la seconda volta e lo ritirò immediatamente su. Si inginocchiò affianco al pozzo osservando l'acqua nel secchio. Che bene meraviglioso era l'acqua! Era quasi trasparente e rifletteva il suo volto e quello di un altro uomo dietro di lui.
Elias lasciò di botto il secchio e si girò allarmato. Un uomo con il viso coperto da un tessuto che lasciava intravedere solo gli occhi lo stava fissando.
Il negromante si sentì mancare, non aveva la forza per affrontarlo, lo sapeva bene. Non restava che tentare e sperare.

« Cerco l'accampamento dell'esercito alleato con gli orchi, tu ne fai parte? »

L'uomo non si mosse né diede segno di aver capito. Elias trattenne il respiro.
Ti prego dimmi che è così.




________________________

wirran________________________




Basiledra, piazza antistante la cattedrale, cinque giorni prima


Elias ascoltava il discorso dell'uomo comparso in mezzo alla piazza di fronte alla cattedrale. L'evento aveva attirato parecchia gente e la piazza andava riempiendosi sempre di più.
Il negromante osservava la scena nascosto dietro una colonna al limitare della piazza. L'uomo non aveva un bell'aspetto, era piuttosto trascurato. Doveva aver passato parecchio tempo fuori dalla civiltà per ridursi in quello stato. Ma la cosa più interessante non era il suo aspetto, bensì la sua consistenza. Era lì, di fronte agli occhi di tutti, ma non sembrava realmente presente. La sua figura andava e veniva in base ai riflessi del sole, con un po' di attenzione si poteva anche scorgere ciò che era dietro di lui.
Appena l'uomo era comparso nella piazza, Elias si trovava in una via secondaria, appena uscito dalla taverna di turno. Un mormorio crescente l'aveva indirizzato alla piazza nella curiosità di scoprire a cosa fosse dovuto. L'uomo non sembrava avere molto tempo, parlava velocemente senza verificare le reazioni della gente.
Parlava di un certo Razelan Vaash e di una guerra imminente.
Un corvo raggiunse l'uomo e iniziò una discussione, per Elias poco interessante, finché non vennero pronunciate tre parole: rituale, pelleverde, ricompese.
Tre parole che si fecero largo tra i pensieri del negromante. Non conosceva nulla della cultura dei pelleverde e tanto meno dei loro rituali. Elias da anni portava avanti una ricerca che aveva dato pochi frutti, una ricerca su un potere in particolare. Non aveva mai pensato di includere nella ricerca i pelleverde, non sapeva nemmeno conoscessero rituali così complessi, ma ora che ne aveva la prova perché non tentare? E poi c'era l'ultima parola: ricompense. Come ci si poteva tirare indietro con una simile parola?
Non avrebbe combattuto per quell'esercito, ma di certo sarebbe venuto a conoscenza della cultura dei pelleverde e la sua presenza sarebbe bastata per ricevere la ricompensa.
L'immagine dell'uomo sparì nel nulla e la folla cominciò a disperdersi. Elias lasciò la piazza con un solo pensiero nella testa.
Terre meridionali, sto arrivando.




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Deserto dei See, accampamento degli orchi


Elias assisteva nell'ombra all'ennesimo litigio tra uomini e pelleverde per un pezzo di pane. La situazione nell'accampamento non era delle migliori e rischiava di peggiorare enormemente. La convivenza tra uomini e orchi non era facile. C'erano moltissimi pregiudizi razziali e le condizioni della truppa erano a dir poco indecenti. Fuori dall'accampamento la tempesta di sabbia spazzava via ogni cosa e l'esercito era costretto sotto terra e con poca aria, anche se al riparo dal vento. Il rumore incessante dei corni da guerra sfiancava il loro morale quasi quanto quello del nemico. Non si riusciva a dormire più di qualche ora consecutivamente.
Ma ad Elias non andava tanto male. Era lì dove voleva essere. Erano passati tre giorni da quando l'uomo nell'oasi lo aveva sorpreso a bere dal pozzo. Fortuna aveva voluto che appartenesse alla fazione amica. C'era mancato davvero poco.
In quei due giorni passati nell'accampamento, aveva appreso molte cose. Il nemico era barricato all'interno della città in rovina della chimera, famosa per essere stata la culla di una tecnologia superiore. Gli orchi non sembravano inclini a rivelare i segreti dei loro rituali, così l'attenzione del negromante si era spostata ben presto sui possibili segreti nascosti nella città.
Mai avrebbe pensato di poter incappare in una simile fortuna. La città, per quanto la nomea fosse conosciuta ai più, era quasi impossibile da trovare e lui si trovava a pochi passi da lì. Scoperto questo dettaglio, aveva rivisto la decisione di non combattere quella guerra, visto che l'unico modo di entrare in quella città è quello di essere parte dell'esercito assalitore. Quella guerra doveva essere vinta, altrimenti non solo si sarebbe trovato per la seconda volta allo sbando nel deserto, ma non avrebbe nemmeno potuto mettere le mani sui segreti della città. Razelan non avrebbe certo lasciato una miniera d'oro di quella portata.
L'attenzione di Elias tornò al litigio in corso quando l'orco alzò la voce.

« Dammi il pezzo di pane, sacca di sangue »

La mano dell'uomo andò quasi istintivamente all'arma tenuta al fianco.

« Come devo dirtelo che non l'ho preso io? »

L'orco si avvicinò minaccioso.

« Ho trovato pezzo di mio pane su tua borsa! »

L'espressione dell'uomo era sinceramente stupita.

« Ci sarà finito per caso! Non l'ho preso io! »

Un terzo uomo intervenne nella discussione calmando gli animi, la tensione era alle stelle. Elias osservò sorridendo il pane che aveva preso di nascosto all'orco e ne mise un pezzo in bocca. Non era la prima volta che Elias giocava scherzetti del genere, in qualche modo doveva pur passare il tempo.
Una mano afferrò la sua spalla e lo costrinse a girarsi. Elias quasi non si strozzò con il pezzo di pane. Di fronte a lui c'era una donna bellissima con un mantello scuro che la copriva quasi completamente. L'aveva già vista aggirarsi per l'accampamento e da quel che aveva intuito doveva trattarsi di una personalità di spicco.

« Non pensi sia il caso di evitare giochetti del genere? »

Il viso della donna non mostrava alcun segno di divertimento. Non apprezzava il suo modo di passare il tempo evidentemente.

« Volentieri, appena si potrà mangiare qualcosa di decente invece che qualche pezzo di pane vecchio di qualche giorno. »

Se sperava in una buona condotta, si sbagliava di certo. Era già tanto se aveva deciso di partecipare alla battaglia.

« Già, certo, la prossima volta che cucineremo pollo con patate ti avvertiremo. »

Evviva l'ironia.

« Bene, fatemi sapere allora. »

L'uomo fece per andarsene.

« Dove vai? Non ho finito. »

Elias sospirò con impazienza.

« Senti, ho capito la lezione, ora ba... »

La donna lo interruppe parlando a sua volta.

« Ti ho scelto per una missione in cui i tuoi... giochetti potrebbero essere utili. »

Elias sbuffò divertito, ci mancava solo dovesse andare in prima linea.

« Si tratta di una missione di sabotaggio, pochi infiltrati dietro le linee nemiche prima che inizi la battaglia. »

Il negromante si immobilizzò. Quella donna gli stava dando l'occasione che gli serviva per entrare prima degli altri nella zona delle rovine. Sarebbe stato circondato da nemici, era vero, ma era un problema da risolvere successivamente.
Elias fissò intensamente la donna.

« Hai la mia piena attenzione. »





________________________

wirran________________________




Deserto dei See, esterno tomba della Chimera


Il rumore del vento era incessante, un boato incontrastato che accompagnava la foga della tempesta. Mai Elias aveva assistito ad una tale dimostrazione di forza. Non riusciva a vedere a più di tre metri, la sabbia nell'aria glielo impediva. In parte era contento di aver sostituito i propri abiti con quelli della missione, gli Shadar-Kai utilizzavano tessuti che si adattavano molto di più a quel territorio tanto ostile. L'uomo aveva ancora in bocca il sapore amaro della pozione bevuta poco prima, che aveva modificato il suo corpo facendolo assomigliare ad uno Shadar-Kai.
I soldati dell'esercito nemico erano diversi dai normali uomini: la loro pelle era grigia, i loro occhi completamente neri, risultato di un credo distorto.
La sua missione era di infiltrarsi nell'accampamento nemico e avvelenare le riserve di cibo e acqua. Un compito assai divertente per i suoi gusti. Non si era mosso da solo, vi era un gruppo ristretto di individui che operava con lui, ognuno con il suo obiettivo da portare a termine per un unico risultato finale: il caos.
La tempesta in corso era un'arma a doppio taglio: i disagi provocati e l'improbabilità di un attacco in quelle condizioni avevano portato alla diminuzione del numero di guardie a controllo del perimetro dell'accampamento, gran parte dell'esercito nemico infatti, si trovava al riparo sotto terra, ma al tempo stesso rendevano molto più difficile il muoversi all'esterno. La sabbia penetrava in continuazione in ogni buco e il vento sferzava ogni piccola parte di pelle esposta, Elias non ne poteva più.
Entrare nell'accampamento era risultato piuttosto facile, le poche guardie di controllo erano state ingannate con un'illusione e loro erano semplicemente entrati dal portone principale. Da lì, ognuno era andato per la sua strada.
Avevano qualche giorno per portare a termine la missione, l'attacco non avrebbe aspettato a lungo.
Elias era al lato di un edificio in pietra e osservava l'ingresso del deposito dei viveri. Era stato semplice trovarlo, era bastato individuare il via vai saltuario dei barili d'acqua. Due Shadar-Kai erano a guardia della porta e per entrare c'era bisogno di un ordine diretto o qualcosa del genere, da lontano non si riusciva a comprendere i discorsi di quelli che entravano e uscivano.
L'edificio non aveva finestre, il che rendeva ancora più complessa l'operazione.
Elias aveva valutato con attenzione tutte le possibilità e fra tutte, l'unica attuabile era quella che stava per mettere in atto.
Due Shadar-Kai si stavano avvicinando alle due guardie.
Il negromante si lasciò assorbire dalle tenebre, il suo corpo perse consistenza e si schiarì fino a diventare quasi trasparente, confondendosi con le ombre. Si mosse in relativa sicurezza, l'urlo del vento copriva il leggero rumore dei suoi passi. Si accodò ai due uomini e attese che le guardie controllassero l'ordine. Nonostante la breve distanza, gli uomini dovevano urlare per farsi sentire.
Una delle due guardie aprì i lucchetti e spinse la porta verso l'interno facendo entrare i due uomini e seguendoli a sua volta, l'altra attese fuori.
Elias si infilò in fretta nello spiraglio aperto, poco prima che la guardia chiudesse per impedire alla sabbia di entrare.
All'interno, la guardia accese una torcia per aiutare i due uomini nell'operazione di ricerca delle provviste, illuminando parzialmente l'enorme stanza.
Elias imprecò gettandosi di lato per evitare di essere illuminato a sua volta, atterrando dietro un barile.
I due uomini si caricarono le provviste ed uscirono seguiti dalla guardia che si chiuse la porta alle spalle. Il buio tornò padrone della stanza.
Elias attese qualche istante per assicurarsi che non sarebbero rientrati, poi afferrò alcune fiale di vetro dai vestiti. Contenevano un liquido trasparente, ricavato dalla coda degli scorpioni del deserto dei See, un veleno di cui gli orchi del luogo sembravano fare largo uso. Prima di iniziare la missione ne aveva preso il più possibile dagli sciamani nell'accampamento.
Un sorriso si allargò sul viso dell'uomo mentre scorreva da barile in barile alla ricerca dell'acqua. Gli Shadar-Kai avrebbero avuto una piccola sorpresa nei giorni a venire.







Riassunto Tecnico

Energia rimasta: 89%
Energia consumata: 11% (11%)
Stato Fisico: Illeso
Stato Mentale: Eccitato.
CS: 1 CS all'Intelligenza.
Consumi: Basso 6% ~ Medio 11% ~ Alto 22% ~ Critico 44%

Abilità passive

Controllo energetico ~ Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

Passiva Dominio I ~ All'inizio del percorso negromantico, evocare una creatura può sembrare estremamente complesso e dispendioso in termini di tempo, ma con la pratica si può arrivare ad evocare anche più creature contemporaneamente e lo si può fare istantaneamente, senza neanche troppa concentrazione. Questo a patto che tu abbia raggiunto il livello di pratica adatto allo scopo.

L'arte del sotterfugio ~ Possibilità di utilizzare tecniche della classe Ninja.

Abilità attive utilizzate

Corpo d'ombra ~ La tecnica ha natura magica. Il caster rende il suo corpo un tutt'uno con l'oscurità, divenendo etereo, o come se fosse composto da vera e propria energia negativa - in questo stato gli attacchi fisici del nemico, di qualunque natura essi siano, lo attraverseranno come se non esistesse, scomparendo dentro di lui o oltrepassandolo. La tecnica, oltre a garantire l'immunità dagli attacchi fisici garantisce anche la totale mimetizzazione nelle zone d'ombra del campo di battaglia, dove il caster diverrà pressoché invisibile, difficilmente rintracciabile ad occhio nudo. La tecnica dura due turni compreso quello d'attivazione, svanendo al termine del secondo o prima, al desiderio del caster.
[Consumo di energia: Medio]
 
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view post Posted on 27/4/2013, 16:03
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Non mi ero mai interessato a quelle creature, sebbene fossero decisamente affascinanti. Relegati in un dominio del regno troppo distante dai centri di potere per costituire un interesse di qualsiasi tipo. Troppi caratteristici, con abitudini troppo diverse da quelle umane anche solo per provare a infiltrare Sussurri fra le loro fila. Eppure in quei giorni di convivenza mi stavo accorgendo di come fossero diversi dai mille luoghi comuni che li rappresentavano come mere macchine da guerra. Erano guerrieri, fieri e rozzi, ma dotati di un misticismo profondo come pochi. Se me l’avesse detto qualcuno non avrei mai creduto di poter vivere in mezzo a loro per giorni, eppure dovevo essere presente, per compiere uno dei compiti più importanti per il bene del regno
Ero l’unico fra i miei abbastanza rpeparato per rischiare così tanto: qualcun altro avrebbe potuto fallire, e la questione era troppo delicata per rischiare. Basiledra era al sicuro, così come tutto il resto del Regno: anche in mia assenza i Sussurri si muovevano sotto i comandi di Ludmilla Ravchenko, il Secondo Sussurro.

Nell’accampamento sotterraneo erano presenti alcune grandi personalità che avevano risposto alla chiamata di Raymond Lancaster. La sua apparizione aveva getteto nello scompiglio la gerarchia dei Corvi, che non vedevano di buon occhio la rischiosa alleanza con i pelleverdi, specie se il pericolo veniva da uno dei più importanti membri della famiglia Vaash. Non potevano muoversi in massa, e neppure in maniera ufficiale: per questo mandarono solo un semplice Corvo, nel più totale anonimato. Ma nell’accampamento sotterraneo il prelato era ben poca cosa rispetto ad altri. Il vento della guerra era arrivato alle orecchie della Protettrice d’Oriente, che nonostante il suo icnredibile carisma, e l’estremo rispetto con cui la trattavano gli orchi, rapiva la mia attenzione decisamente meno del complesso rituale che stavano compiendo.
Nella caverna sotterranea, attorno al fuoco si muovevano sinuosi nonostante la poca eleganza dei loro corpi. Era uno spettacolo affascinante, che rivelava quanto diverse e particolari fossero le loro usanze rispetto a quelle dei “popoli civilizzati”.

Poi vidi lei, e venni rapito. Nuda, o quasi, la donna si muoveva nella mia direzione, ma mentre gli sciocchi osservavano il corpo e le forme della strega -così la chiamavano-, io notai il simbolo. L'incisione che il Vero Dominatore impone sul corpo di chi ritiene abbastanza degni da sopravvivere dopo un incontro. Il simbolo che dall'Apocalisse del Crepuscolo fino a quel giorno aveva guidato i passi del mio operato.
V
Sgargiante, sul seno nudo del suo corpo.
Era come me. Ma se da un lato mi affascinava, dall'altro mi intimidiva: lei conosceva il significato della cicatrice che portavo in fronte. Il mio segreto più intimo, la vergogna e l'onore. Non importava quanti stracci portavo addosso: mi sentivo nudo quanto lei, ma molto più a disagio.
Quando scoprii che non sarebbe stato il Beccaio il nostro argomento di conversazione tirai un sospiro di sollievo. Il nostro compito per i prossimi giorni era decisamente più importante, perchè migliore sarebbe stato il nostro operato, più schiacciante sarebbe stata la vittoria.
Dovevamo agire nell'ombra, muoverci in quella zona rischiosa e vigliacca che spesso e volentieri non viene ricordata dai bardi al termine delle battaglie. Gloria, fama, onore. Non avremmo ottenuto nulla di simile al termine della battaglia.
Ma era per un bene superiore che agivamo.


La tormenta costringeva gli Shadar-Kai di guardia a muoversi il meno possibile. Giravano strane voci fra loro, e da un paio di giorni a quella parte gli incidenti erano aumentati. Tutti sapevano che era pericoloso abbassare la guardia, che i rischi erano sempre esistiti ed era loro preciso compito evitare di morire stupidamente. Alcuni diedero agli improvvisi picchi nella tempesta, e ai nervi messi sempre più a dura prova dai tamburi, la causa dell'aumento degli incidenti.
Ma solo io sapevo la verità. Io e i pochi Shadar-Kai all'aspetto identici agli altri, ma con una missione ben diversa rispetto agli altri.
Li sentivo chiaramente: riuscivo ad osservare all'interno della grande tormenta le loro anime così diverse dalle altre, tutte che si muovevano per raggiungere un unico scopo.
Ogni cosa stava procedendo per il verso giusto.




_____________________________________


Chi sei? Fatti vedere abominio!

Sulla torre di guardia, lo Shadar-Kai si guardava intorno con la lama sguainata. Tremava impaurito, cercando di affinare i sensi per percepire la presenza che lo inquietava da giorni. Questa volta era sicuro: c'era qualcosa con lui, ne era certo.
Andava avanti da giorni, anche se all'inizio non aveva dato troppo peso agli eventi. Tutto era iniziato con un semplice fastidio durante il riposo: ogni volta che stava per prendere sonno veniva disturbato da strani rumori del tutto estranei a quelli generati dalla tempesta di sabbia, o dai tamburi nemici. Era sicuro che fosse solo la sua immaginazione, perché nell'accampamento non poteva esserci nulla di simile: a volte sentiva un ringhio sommesso, altre volte un miagolio. ogni tanto "qualcosa" veniva spostato, le armi poggiate al muro cadevano, e nei vestiti comparivano strappi e lacerazioni.

Nella sala comune aveva parlato con altri Shadar-Kai, scoprendo di non essere il solo ad aver visto o sentito cose simili. Alcuni suoi compagni si erano risvegliato con graffi o piccole incisioni sulla pelle; altri avevano visto oggetti muoversi senza nessuno che li toccasse, e tutti continuavano a sentire quel miagolio inquietante, quei rumori che poteva generare solamente un gatto, o qualcosa di peggiore.

Quel giorno però era diverso, perchè qualcuno nell'accampamento sapeva cosa stava succedendo. Il suo compagno lo aveva preso in disparte perchè non voleva essere ascoltato da orecchie indiscrete. Sosteneva che la "presenza", così veniva chiamata da chi l'aveva percepita, non riuscisse a entrare nelle piccole stanze. I due si erano parlati per qualche minuto, e ne era rimasto traumatizzato.
Gli aveva raccontato di conoscere l'entità della Bestia. Gli aveva parlato degli orchi e dei loro sciamani, di riti indicibili proibiti da generazioni poichè troppo oscuri anche per quelle bestie. Gli aveva detto che ormai era marchiato, e che se la presenza era la stesse di quelle oscure tradizioni, allora si sarebbe manifestata non appena avesse anche solo provato a far del male ad un pelleverde.
Gli aveva detto infine che la bestia non sarebbe stata clemente. Che avrebbe ucciso lentamente, dilaniando ogni singola fibra del suo corpo, divorandolo come una tigre fa con la preda inerme. L'unico modo per salvarsi era fuggire, o non combattere contro gli orchi. E se inizialmente pensava che una stupida superstizione non potesse giustificare una diserzione, più passava il tempo, più sentiva i suoni, i graffi e i miagolii, più si convinceva che era l'unica cosa giusta da fare.

Non lo sapevano, ma Kuro il Sanguinario stava agendo. Aveva marchiato l'animo degli Shadar-Kai con il terrore, spingendoli a non combattere quando gli orchi avrebbero attaccato. Creava disertori, e l'uomo sulla torre di guardia che osservava il gatto invisibile far cadere utensili e miagolare al vento non sarebbe stato il primo, e neanche l'ultimo.




CITAZIONE
Innanzitutto, mi scuso per la qualità penosa del post, ma ho avuto un paio di problemi che spero di risolvere il prima possibile, e oltre al non starci troppo con la testa ho avuto veramente poco tempo epr scrivere. Ringrazio che prima del prossimo post ci sarà il turno degli assalitori e spero di risolvere tutto prima che tocchi di nuovo a me.
In ogni caso, mentre nella prima parte il PoV è di Kuro, e parla del reclutamento e del tempo trascorso nell'accampamento degli orchi, nella seconda il PoV è di uno Shadar-Kai letteralmente terrorizzato da strani avvenimenti: sente miagolii e vede cose muoversi e venire danneggiate. Tutto questo è causato da Kuro in forma di gatto insieme ad una tecnica di invisibilità. Ad un certo punto, lo Shadar-Kai parla con un suo compagno, che gli dice di conoscere la natura della !presenza" che lo inquieta, e l'unico modo per non rimanerne vittima è non combattere contro gli orchi. Questo Shadar-Kai che mette in giro simili voci è sempre Kuro, che spinge più Shadar-Kai possibili nel disertare appena giungerà l'attacco.
Come vedete, non ho neanche il tempo di fare uno schemino riassuntivo, mi rifarò al prossimo turno, scusate ancora! ^^'
 
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view post Posted on 28/4/2013, 10:20
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BWEEEEEEH...

Seppur sotto tonnellate di sabbia e pietra, il suono del corno dei pelleverde si sentiva chiaramente comunque.
Quando Razelan Vaash era sceso per la prima volta negli edifici che formavano la Tana della Chimera ai tempi della guerra del Crepuscolo, aveva sperato di non udire più quello stridio così struggente e lacerante e di potersi concentrare sulla battaglia imminente con i suoi uomini più fidati. Invece il ruggire intimidatorio delle truppe pelleverde si sentiva fin lì sotto, e stava iniziando ad erodere lentamente gli argini della sua concentrazione, portando la sua rabbia e il suo nervosismo a straripare su chiunque gli rivolgesse la parola.
In quell'istante era seduto a capo di un lungo tavolo utilizzato per le riunioni e stava battendo con impazienza le dita contro la sua superficie.

BRWAAAH...

« Nel nome del Vero Re, giuro che farò generale chiunque mi porterà la testa del troll che sta suonando quel maledetto corno! »

Seduti all'altro capo del tavolo ad ascoltarlo, c'erano una decina di Eidolon impassibili, che non reagirono in alcun modo al suo sfogo. Tenevano le braccia incrociate e attendevano l'istante in cui sarebbero dovuti scendere sul campo di battaglia, oppure il momento in cui avrebbero iniziato a discutere di questioni più impellenti. Quell'atteggiamento freddo e così lontano dalle sue percezioni non faceva altro che innervosire Razelan ancor di più. Non poteva fare a meno di chiedersi che fine avessero fatto le sue streghe, e perché l'avessero abbandonato lì a "parlare" con quei freddi uomini di metallo invece che portarlo con loro.

Appena scesi nelle rovine della tana della Chimera, infatti, Razelan si era reso conto di quanto queste si estendessero ben più delle sue aspettative, e di quanto fossero ampie. Sotto il deserto pareva estendersi una vera e propria città,con abitazioni e camere abbastanza grandi da poter contenere grandi plotoni del suo esercito.
Inizialmente si sentì grato alle sue streghe per aver proposto quel luogo come ultimo sito della loro battaglia: non poteva esistere in tutto il deserto dei See un migliore riparo dalle Maree! Quando però vide le sue streghe muoversi nel sottosuolo come se lo abitassero da anni, il sospetto iniziò a scavargli la mente come un tarlo affamato.
I suoi "sottoposti" - se così ancora li poteva chiamare - erano incredibilmente familiari con la tana della Chimera; la conoscevano come il palmo delle loro mani e impedivano spesso a lui - Lord Vaash in persona - di seguirli nelle profondità più buie del sottosuolo, escludendolo dai riti più zelanti di adorazione e dalle funzioni più apprezzate dal Padre di Ferro. Ormai erano passati giorni dall'ultima volta che li aveva visti, e iniziava a pensare che gli Eidolon con cui stava amabilmente conversando in quell'istante non fossero lì per aiutarlo a guidare l'esercito, quanto più per controllarlo e impedirgli di muoversi come avrebbe desiderato.

Detestava quella situazione. Si sentiva un uccello in gabbia, che lentamente perde la capacità di volare.
Ma se le "sue" streghe pensavano di poterlo trattenere per sempre alle loro condizioni, sbagliavano di grosso...

BWEEEEEEH...

« ...Lord Vaash! Lord Vaash! »

Annunciato dall'ultimo boato del corno, uno Shadar-Kai entrò nella stanza con fare agitato, ignorando gli sguardi severi degli Eidolon e spalancando il portone che dava all'esterno senza preoccuparsi di richiuderlo dietro di sé. Quel gesto portò il suono dell'allarme pelleverde all'interno della camera con ancora più prepotenza, e Razelan lanciò un'occhiata di puro odio al suo soldato in tutta risposta.

« ...spero per te che tutta questa agitazione sia provocata dall'impazienza di portarmi un'ottima notizia, seun. »

Quello abbassò lo sguardo intimorito, prima di continuare.

« ...la maledizione. Gli uomini dicono di essere colti da continue allucinazioni: vedono bambine, sentono miagolii... e poi, poi la gente continua a morire: troviamo i loro corpi nella sabbia sotto la palizzata, semisepolti dalle Maree. Le scorte d'acqua sono poi avariate! Sempre più soldati iniziano a sentirsi male e sono costretti a letto da dolori lancinanti, per non dire peggio! »

Ebbe un istante d'esitazione.

« Gli uomini sono sempre meno fiduciosi in questa battaglia: forse... forse il Re non la vuole. Forse... il Padre ci sta dicendo che dovremmo andarcene... »

BRWAAAH...

Razelan Vaash picchiò le dita con forza sul tavolo, sorrise comprensivo allo Shadar-Kai e annuì lentamente.
Poi si voltò verso gli Eidolon, e senza neppure attendere che il suo soldato abbandonasse la sala, diede il suo verdetto.

« Uccidete questo idiota. »

E senza nemmeno questionare questo ordine, uno degli Eidolon si alzò e si diresse verso l'uomo, che tremava terrorizzato. Afferrò la testa di lui fra le mani e la torse con violenza, facendo rimbombare fra le pareti lo sgradevole suono secco del collo del soldato che si spezzava.
Razelan fece schioccare le labbra.

« Mi sembra evidente che i nostri avversari stanno cercando di demoralizzarci per aumentare le probabilità che vincano questa battaglia. »
annunciò severo
« Ho bisogno dunque che alcuni di voi escano all'esterno portando con sé un certo numero di uomini: triplicate la sorveglianza sulla superficie e punite chiunque sentiate parlare di "maledizione". Dite agli uomini ciò che sta succedendo ed eliminate chi conduca attività sospette entro il perimetro dell'accampamento. I pelleverde non attacheranno comunque prima che il loro corno termini di suonare: non dobbiamo lasciarci intimorire da dei mostri. »

Alcuni Eidolon si alzarono immediatamente, ma quattro restarono immobili ai loro posti.
Ignorandoli, Razelan si sollevò dal proprio scranno e fece per lasciare la sala. Immediatamente uno dei suoi guardiani intervenne.

« Posso chiederle dove sta andando, lord Vaash? »

Aveva ragione. Le streghe stavano tentando di controllarlo.
...ma non ci sarebbero riuscite.

« Voglio soltanto spostarmi in un luogo più sicuro. »



CITAZIONE
Jimmy, a te la palla! :DD


Edited by Ray~ - 28/4/2013, 13:10
 
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J!mmy
view post Posted on 29/4/2013, 22:01




« Dovresti mangiare qualcosa. »
Era una mattina come tante altre, là fuori, ma qualcosa di inquietante fendeva l’aria polverosa della superficie. La voce del Lord Assassino era stata il primo vero suono che aveva udito da quando si era svegliata. In quel suono, però, si percepiva un’angoscia non certo inferiore a quella che attanagliava il suo cuore da giorni. Era come se un’ombra fosse gravata dentro di lei e stesse seguendola ovunque.

« Non ho fame » gli rispose.
La Nera Regina era china su una bacinella ricolma d’acqua calda, le mani immerse fino ai polsi che si serravano a coppa ad intervalli regolari per portarne un po’ al volto. Per un attimo, quando l’acqua smise di agitarsi, fu quel volto che Rekla vide riflesso; un volto scavato dall’insonnia e dalla fame, un volto solcato da talmente tante rughe che le parve quasi d’essere invecchiata di vent’anni in una sola notte. Ma non era il cibo, quello di cui aveva di bisogno. Il nervosismo le aveva attorcigliato le viscere, ed anche il solo pensiero di portarsi alla bocca quella poltiglia gialliccia di barbabietole e cipolle una volta di più le dava il voltastomaco.
Rimase a fissare la propria immagine per lunghissimi minuti: la donna che vedeva ora era assai diversa dalla fanciulla ignara e stupida che aveva affrontato la Guerra del Crepuscolo in onore di un dio che mai aveva rispettato; a volte, però, era proprio quel frammento di sé che tornava a mancarle più di tutti, la notte, quando nessuno osava disturbarla. Eppure eccola, nuovamente lì, a combattere in nome di un Clan il cui unico pregio era stato quello di accoglierla alla città bianca anni or furono, ma guidata stavolta dalla sola brama di vendicare chi per lei aveva dato la vita e di estinguere un debito che altrimenti avrebbe perpetrato a tormentarla per l’eternità.
No, per il bene di entrambi era meglio che quella ragazzina non si facesse mai più viva.
Il brusio frettoloso di passi che arrancavano dall’esterno di quello che alla buona poteva definirsi un alloggio la strapparono ai suoi tetri pensieri. Lord Gyles, inghirlandato da una tunica nera come la cotta di maglia che vi stava sopra e la lunga cappa orlata d'oro che gli copriva le spalle, spuntò dall’arco incavato nella roccia portando in faccia nient'altro che uno stampo pieno di durezza e formalità. Era da poco stato nominato alfiere di Fortescuro, e Rekla dubitava che fosse tanto entusiasta di avventurarsi nella peggiore guerra che il meridione avesse mai potuto ospitare, una guerra dalla quale – questo lui lo sapeva – pochi uomini o nessuno sarebbero tornati interi.
Persino a creature come le Tenebre quello scontro faceva paura.

« Il primo gruppo è appena partito, mia regina. »
- pausa -
« Tocca a noi. »
Rekla non accennò neppure a voltarsi. Con la testa accasciata a pochi palmi dal catino, udì quelle parole con un’espressione tanto rigida che pareva quasi scolpita nel marmo, impassibile. Quando l’uomo ebbe finito, poi, mosse il collo lentamente verso manca e guardò Nicholas Varry dritto nei suoi occhi color d'acciaio.
Lui era l’unico che meritasse la sua fiducia.

« Sai cosa fare » disse.
Il primo consigliere annuì seccamente, quindi abbandonò l’abbozzo di seggiola su cui era seduto e s’incamminò lesto per gli stretti cunicoli dell’accampamento sotterraneo, mentre da qualche parte all'interno di questo una voce d’orco sopra le altre modulava strofe fino ad ora mai ascoltate:


E rossa fu l’erba sotto i suoi piedi,
e rossi brillarono i suoi vessilli,
e rosso fu il sole al tramonto
che nella sua luce la avvolse.

« Vieni da me, vieni da me » la grande lady chiamò,
« ancora fame ha la mia spada. »
E con un urlo di selvaggio furore
tra gli steli i morti si avventarono.


aWo12

S A N D S T O R M
getye


Il corno alla sue spalle tornò a suonare.
Un tono profondo e solenne al contempo che le esplose dentro il petto, riecheggiando tra le ossa del torace e scuotendola per qualche istante. Ormai, quel greve frastuono era parte di lei come lo era il suo stesso respiro, tanto era il tempo in cui era stata costretta ad udirlo. I pelleverde avevano la strana abitudine di fomentare i loro spiriti con quel rumore assordante, quasi giovasse a risvegliare loro il coraggio e la ferocia. Rekla e i suoi, invece, avevano sempre prediletto il silenzio, la quiete prima della tempesta, una tempesta capace di spazzare tutto in un soffio, radere al suolo intere città prim’ancora che queste potessero anche solo rendersi conto dell’arrivo delle Tenebre; tuttavia, non potè non chiedersi se quel corno avrebbe risvegliato anche il suo, di coraggio.
Con la coda dell’occhio intravide alla sua destra la sagoma del Lord Assassino, cupo e misterioso come sempre, ritto su di un purosangue castano, mentre al fianco di lui - tra le dita solide di Lord Gyles – il vessillo di Fortescuro garriva in alto, con furia, reso irriconoscibile dalle zaffate continue di sabbia e polvere. Rammentò di quando, qualche ora prima, la propria esitazione era venuta fuori nel domandare a Duevite se mai sarebbero riusciti a sconfiggere Razelan Vaash. L’uomo aveva sorriso debolmente, guardandola come chi non ripone più alcuna speranza nel proprio destino. Aveva annuito, come faceva di consueto, ma quel gesto non le aveva trasmesso alcuna sicurezza.
L’incontaminata distesa di uomini che stava alle sue spalle vedeva in lei una guida, un capitano, una fonte da cui attingere forza per le loro azioni. Ma chi avrebbe dato forza a lei, quando ne avrebbe avuto la necessità?
Troppe volte era stata costretta a ricoprire quel ruolo, e sentiva il colletto della tunica che ora cominciava a stringere e la cotta di maglia pesare oltre la soglia della sopportazione: era un compito troppo grande, persino per lei, e lo detestava.

Con fare autorevole sollevò un pugno, mentre ancora il corno risuonava.
L’armata, che si dilatava oltre Rekla in due folti tronconi di teste verdi e nere, iniziò a muoversi lentamente. Gestire tutti quegl’uomini era stata cosa assai poco semplice. Per l’occasione, infatti, erano stati riuniti ben quattro clan di pelleverde, in aggiunta ai mercenari e ai tagliagole che lei aveva portato dalle lande più a est. Uomini, orchi, demoni: questo era l’esercito che avrebbe affrontato l’inferno del sud.
Le Maree schioccarono violente sul suo viso.
Aveva sentito parlare, e parlare, e parlare ancora di quella rara manifestazione, ma mai come in quel momento aveva potuto rendersi davvero conto di quanto pericolose esse potessero essere. Per tale ragione, aveva disposto che ogni membro indossasse panni adeguati al deserto, tali da resistere almeno in parte alle raffiche che spingevano la sabbia fin sotto gl’indumenti, a graffiare la pelle e ad annebiare la vista.
Gli stalloni sembravano gli unici a non risentire della polvere. Il loro fiato sbuffava all’esterno, smuovendo la sabbia con pesantezza. I loro zoccoli, ferrati, scavavano ampie fosse nel terreno, facendo avanzare il convoglio con una lentezza maggiore di quanto Rekla si aspettasse.

« Ci siamo » furono d'un tratto le parole di Duevite.
In lontananza, tra i vortici gialli della mattinata, le garitte dell’accampamento di Razelan Vaash svettavano con una certa nitidezza, preludendo alla sorvegliatissima palizzata che ne circondava l’intero perimetro.
Rekla diede ordine di fermarsi, come a far riprendere fiato agl’uomini. A differenza loro, e di poche altre figure, la gran parte dell’esercito era composta da fanteria semplice e prezzolati, una marmaglia pronta a scattare quando glielo si fosse richiesto ma ugualmente facile da stremare – dopotutto, alcuni dei suoi non ne avevano viste molte, di battaglie.
La Nera assottigliò le palpebre tra le falde ispide del turbante per osservare con più attenzione: per via della polvere si riusciva a scorgere a malapena solo l’alta barriera di legno, i cui tronchi erano spessi come il più grosso dei loro Hoëpriester. Erano obbligati a trovare un’altra strada, dunque. Per loro fortuna, però, gli esploratori incaricati qualche giorno addietro erano stati alquanto abili in questo compito: ad est e ad ovest del recinto si aprivano due ampi cancelli, i cui tronchi erano meno spessi di quelli che costituivano il resto della palizzata; quello era il punto di accesso che le serviva.
Sollevò indice e medio della mano destra in direzione di Nicholas, e questo si volse indietro urlando parole che si dispersero nella tempesta.
Il terreno tremolò quando quattro giganti dalla pelle glabra e livida come cadaveri accorsero ad affiancarla in tutta fretta. A Rekla bastò poi un solo sguardo e un cenno del capo in direzione dei Gemelli Linguagialla – i due Hoëpriester dall’animo infantile ma dalle braccia dure come roccia che erano stati posti a capo del troncone di destra – e quelli cominciarono a marciare.
Allo stesso modo, il reggimento della Nera si mosse lento, ma in direzione opposta. Mano a mano che entrambi i convogli si avvicinavano, il loro passo aumentava sempre di più, dipanandosi l’uno dall’altro nell'intento di raggiungere i lati est ed ovest del sito. Il respiro pesante dei purosangue spinti al galoppo si smarriva adesso in quello ancor più poderoso dei pelleverde e delle Tenebre in corsa.
La voce di Rekla si alzò piano verso il cielo come se una strega, da qualche parte nel Deserto dei See, stesse innalzando un’antica litania funebre ad una qualche divinità perduta tra le nubi; nubi, però, che non esitarono dal rispondere immediatamente: il sole venne inghiottito d’improvviso da vortici di nembi neri e cupi, la luce del giorno si dissipò e la madre di tutti i misfatti prese a camminare tra i viventi cullandoli in un gelido abbraccio.
Fu notte; una tra le tante, ma la più sanguinosa di tutte.
Mentre nel suo ventre il corno seguitava a cantare.

« WHUOOOOOOOOO!! »
Le urla dei soldati di entrambi i contingenti esplosero nello stesso istante in cui i giganti sfondarono i cancelli dell’accampamento. Gli uomini di Razelan Vaash, impreparati sulle prime, presero ad adoperarsi alla men peggio per la difesa: fiumi di frecce piovvero sugli assalitori decimandoli; sciamani dalle retrovie intonarono nenie e scagliarono incantesimi; Eidolon, freddi, deformi e impassibili anche allora, germogliarono tra le fila nemiche spazzando nel corpo a corpo un uomo dopo l’altro.
Rekla si guardò intorno stupita, la fronte e gli zigomi imbrattati di sangue misto a sudore.
Gli Shadar-Kai intendevano forse resistere? Il loro numero pareva aumentare attimo dopo attimo.
Che stessero aspettandoli? Che la rossa non avesse svolto a dovere il proprio ufficio?
Sorrise, in parte divertita e in parte eccitata.

« Coraggio, miei sudditi » proferì a voce estremamente bassa,
ma certa che chiunque fosse destinato ad udirla l’avrebbe fatto.
« Mostratevi alla luna. »
« Mostratevi alle Tenebre. »


CITAZIONE
Eccoci qua, ragazzi. Tocca a noi.
Per prima cosa chiarisco che il mio post serve solo a darvi qualche indicazione random, ma che il nostro turno serve essenzialmente ad approfittare dell'operato dei controllori per poter colpire pesantemente il nemico. E' importante sottolineare che, avendo agito mentre il corno ancora riecheggiava, possiamo contare su un effetto sorpresa non di poco conto. Inoltre, specifico i seguenti elementi:

• ciascuno di voi ha ricevuto gli abiti del deserto, che potrà o meno indossare;
• come potrete notare, vi ho lasciato totalmente liberi di narrare quanto avviene al vostro pg prima della marcia effettiva: sbizzarritevi;
• Rekla ha attivato la pergamena Notte, si, il che ci conferisce un ulteriore vantaggio sul nemico (o uno svantaggio, vedete un po' voi);
• proprio in virtù del punto precedente, tutte le Tenebre mutano in non-morti, assumendo la loro forma demoniaca (leggasi l'ultima frase pronunciata da Rekla);
• l'esercito è stato diviso in due reggimenti. Mentre il primo di questi è sotto il diretto comando della Nera, il secondo è capitanato dai Gemelli Linguagialla, due Hoëpriester noti per la loro particolare lingua di colore giallognolo;
• ciascuno dei due tronconi, quindi, attacca una delle due porte collocate sul lato est ed ovest della palizzata;
• a ciascuno dei plotoni sono stati affiancati due giganti (quattro in tutto, quindi) che sfondano il rispettivo portone dando inizio al vero e proprio assalto;
• indipendentemente dal successo o meno dell'attacco, non addentratevi nei sotterranei dell'accampamento, ma limitatevi all'esterno (gli uomini di Razelan, d'altronde, sono così numerosi che avrete parecchio da combattere);
• citando le disposizioni private del Qm, "In questo contesto gli scontri autoconclusivi diventano semplice e pura narrazione; ossia, mentre i giocatori si occupano del loro compito specifico, possono insaporire la narrazione abbattendo qualche Shadar-Kai circostanziale intorno a loro, o duellando con un Eidolon, senza regole precise e soltanto per insaporire il testo."

A questo punto, come ha fatto Zaide in precedenza, vi riporto i "compiti" che vi saranno affidati in questo turno.

TRONCONE DI EST (Yomi e Alan~)

1) Leona dovrà occuparsi di una decina di sciamani Shadar-Kai che hanno lanciato un incantesimo di controllo su una parte importante del troncone d'esercito a cui appartiene. Il tuo personaggio dovrà occuparsi di loro o, alternativamente, fronteggiare le sue stesse forze alleate come fossero parte dei nemici. E' chiaro che, qualora scegliessi la seconda opzione, le implicazioni che si avrebbero sulle sorti del combattimento sarebbero molto pesanti e negative, subendo una notevole riduzione delle forze assaltanti. Per dissolvere la psionica di controllo è necessario un consumo pari almeno a Medio, ma anche in quel caso Leona dovrebbe occuparsi di quei dieci sciamani, rappresentando comunque una grave minaccia per il buon esito dell'attacco a quel cancello.

2) I Gemelli Linguagialla sono molto potenti ma, dopo aver seriamente danneggiato larga parte delle fila nemiche, hanno cominciato a litigare sulla spartizione del bottino - dacché, come ho scritto, hanno un carattere particolarmente infantile. Il problema è però che i due Hoëpriester erano anche gli unici a conoscere esattamente le direttive tattiche imposte dalla Nera Regina, giacchè - per l'appunto - generali del reggimento di cui Motoko e Leona fanno parte. Ciò, quindi, aggiunto alla strategia adottata dagli sciamani Shadar-Kai (leggasi le indicazioni di Alan), ha generato una totale scompaginazione dei ranghi alleati, che cominciano a subire una perdita dopo l'altra anche a causa dell'incessante pioggia di frecce che li tartassa dai camminamenti della palizzata. L'obiettivo di Motoko è quello di soppiantare i Gemelli nella guida del plotone (occupandosi o meno dei due) e riorganizzare le forze così da poter continuare a reggere l'attacco. E' chiaro che Motoko non è a conoscenza dei piani di Rekla, quindi le toccherà inventarsi una strategia efficace ed occuparsi dei "pericoli". Qualora volessi occuparti degli arcieri, la pioggia di frecce ha un potenziale di danno Alto ad area, e per liberarti degli arcieri sarà necessario un danno pari ad un altrettanto Alto. Sappi che state subendo parecchie perdite e che bisogna immediatamente tamponare.
Hai a disposizione qualsiasi membro della fazione mostruosa dei pelleverde che trovi qui, che potrai utilizzare per raggiungere o meno il tuo scopo, purché nei limiti del buonsenso e della logica.

TRONCONE DI OVEST (Kita* e Xi.lan)

3) Per Samael le cose sono un tantino diverse. A dispetto dell'altro, il reggimento di cui fa parte fronteggia una quantità di fanteria nemica assai maggiore, il che rischia di schiacciare letteralmente l'esercito - che per tre e quarti è composto da Tenebre in forma demoniaca. Gli scheletri si disintegrano tutto intorno a te, dandoti quasi l'idea di un inferno in terra (la trasformazione, mi raccomando, avviene solo dopo l'ultima frase di Rekla). L'unica via d'uscita da questa situazione parecchio spinosa sembra innescare un qualche tipo di disordine tra i ranghi avversari per portarli ad arretrare, e a tal scopo si rende certamente utile l'abbattimento di alcuni tra i loro generali. Nello specifico, per spingere gli Shadar-Kai alla ritirata sarà necessario abbattere almeno due dei tre grossi Eidolon che vedi torreggiare dalle retrovie e sputare ordini a destra e a manca: perché se ne disintegri uno sarà necessario almeno un danno complessivo pari ad Alto; puoi utilizzare limitatamente anche alcuni alleati per lo scopo (qui per la fazione dei pelleverde), purché non ne abusi e lo faccia con raziocinio. Altra cosa: Samael si trova molto distante dai suoi obiettivi, e mi sembra lecito supporre che la marea di nemici che li separano non siano poi tanto disposti a lasciarla passare; dovrai crearti un varco.

4) Illorium, in ultimo, dovrà preoccuparsi della distruzione di un'arma molto utile per gli Shadar-Kai e che rappresenta uno dei maggiori ostacoli per l'attacco a quei portoni. Oltre a dover fiancheggiare i due giganti nell'abbattimento del cancello ovest (assicurandosi che non subiscano danni particolarmente gravi), Illorium deve occuparsi di due file di quattro catapulte mobili ciascuna, collocate nelle retrovie dei ranghi nemici (quindi abbastanza dentro il loro accampamento) e che può scorgere solo dopo lo sfondamento da parte - appunto - dei giganti. Non hai alcun limite minimo di catapulte da distruggere, pur essendo abbastanza fragili e relativamente piccole (sarà infatti sufficiente un Basso per abbatterne una, dunque un Alto per entrambe le file); sappi solo che esse sono la più importante causa di perdite tra i tuoi alleati.

Per concludere, vi posto di seguito le descrizione dei nemici che vi troverete ad affrontare e un breve sunto di come vi si presenterà l'accampamento:
CITAZIONE
Il posto è l'ex accampamento dei Rooi Valke e l'ex città dove stava Lia, la Chimera, completamente distrutta e sommersa dalla sabbia. Le rovine sono tante costruzioni di pietra bianca che si affacciano appena in superficie, quali più in alto e quali meno. Tutte si estendono sottoterra, e il grosso dell'esercito di Razelan si rintanava lì sotto, compreso Razelan stesso, tuttora al sicuro dalle tempeste di sabbia all'esterno. Le rovine della città sono inoltre circondate da un'alta palizzata di legno, due cancelli e quattro avamposti ai quattro angoli della cinta. Sopra di essa corre un camminamento dove intravedete un abbondante numero di arcieri (assai maggiori nel lato est).

CITAZIONE
pericolosità F
Shadar-kai: Così vengono chiamati i cultisti che hanno deciso di seguire il Vero Re. Un popolo tetro e sinistro che serve [...]. Tale naturale influenza ha reso la loro pelle grigia e i loro occhi lucide sfere nere, come quelli di un corvo; spesso le loro ombre sembrano poi persino più buie di quelle delle persone che li circondano. Gli Shadar-Kai vestono come gli uomini del deserto, con indumenti larghi di colore rosso, spesso con disegni complessi ma poco pronunciati. Portano i capelli lunghi, a volte sciolti, altre volte in tagli, acconciature o trecce elaborate. La loro pelle sfoggia sempre cicatrici rituali e numerosi ornamenti metallici; preferiscono le armi di forma esotica, come le scimitarre, i katar e i kukri. Ormai completamente indottrinati dal culto eretico combattono senza curarsi della loro incolumità, ritenendo che nella morte rientreranno nel Sovrano, dando alle spoglie del Vero Re una nuova possibilità di risorgere. I loro insediamenti possono trovarsi ovunque nel Deserto dei See, anche se la maggior parte di loro viaggiano in pellegrinaggio per raccogliere le reliquie del Vero Re e visitare il suo tempio. I più potenti fra loro sono in grado di teletrasportarsi o sparire fra le ombre, ma le loro capacità di combattimento non si allontanano generalmente da quelle di un qualsiasi essere umano.

pericolosità E
Guardiani: I guardiani sono gli indottrinati [...], che difendono i loro padroni con diligenza irremovibile. Possono appartenere a qualsiasi razza, ma come gli Shadar-Kai - popolo dal quale vengono originati - la loro pelle è grigia e i loro occhi sono lucide sfere nere prive di iride e pupilla. L'effetto indottrinante del Padre li ha resi anche più grandi di quanto non siano in realtà, più silenziosi e obbedienti. La loro pelle ha la consistenza del metallo e i loro volti sono totalmente privi di espressione: sono ormai totalmente asserviti al culto eretico e obbediscono all'Ala Rubra al meglio delle loro capacità, senza discutere. Curiosamente, neppure la morte del [...] che dava loro ordini sembra poter invertire il loro processo di trasformazione: anche in questo caso il guardiano continuerà ad eseguire l'ultimo ordine che ha ricevuto fino a che non verrà eliminato o si ritroverà senza più impieghi da compiere: i pochi guardiani rimasti dimenticati sono stati trovati abbandonati in mezzo al deserto, sepolti sotto la sabbia ma vivi, come in uno stato di coma. In combattimento sono guerrieri spietati e silenziosi, che si servono per lo più di armi esotiche e non hanno bisogno di rallentarsi con armature: la loro pelle è ormai divenuta resistente come l'acciaio, permettendogli quindi di indossare i vestiti dei comuni uomini del deserto e godere di un'incredibile rapidità e maestria nell'utilizzo delle proprie armi.

pericolosità D
Eidolon: Gli eretici che compiono su se stessi un rituale divino, sacrificando la propria coscienza, divengono Eidolon: costrutti intelligenti che servono come simbolo della devozione dei loro creatori al [...]. Un Eidolon è simile a un normale uomo, ma spesso è privo di volto o di lineamenti, la sua pelle è dura e liscia come l'acciaio e il suo corpo presenta inusuale protuberanze metalliche che si protendono come armi di fortuna verso l'esterno, e che spesso hanno principalmente proprio questa funzione. Gli Eidolon si muovono poco durante le battaglie, affidandosi a potenti incantesimi difensivi e offensivi di elemento sacro, e ricorrono al combattimento diretto solamente se messi in difficoltà, sfruttando le proprie protuberanze metalliche come armi naturali - alcuni possiederanno pelli più resistenti, altri un braccio sproporzionatamente grande e forte, altri ancora una serie di corna e protuberanze affilate lungo la gamba. Al momento della morte si disintegrano come fossero un oggetto, nonostante buona parte del loro corpo sia carne. I rituali ai quali gli eretici si sottopongono per trasformarsi in Eidolon sono dolorosissimi e irreversibili; la più grande prova della loro convinzione e della fermezza del loro credo.

Specifico che, onde evitare un quote immenso e confusionario, aggiungerò solo dai prossimi turni lo schema riepilogativo di Rekla.
Spero che il post vi sia di gradimento e vi auguro un buon, buon divertimento!



Edited by J!mmy - 30/4/2013, 00:04
 
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Xi.lan
view post Posted on 5/5/2013, 22:14




First peek: War.
La guerra.



Caro Illorium,
Se stai leggendo questa lettera è perché non riuscirò ad arrivare nel tempo prestabilito a Basiledra. Sono riuscita a trovare Milludin Bravax a Settentrione, intento ad addestrare un pugno di ribelli all’arte della guerra, cosicché possano difendersi dal tiranno locale. Qui mi trattano benissimo e sto imparando tante cose che potranno tornarci utili nelle nostre prossime avventure. Non penso ci sia una persona più dedicata al bene altrui di Milludin e mi ha promesso di insegnarmi l’arte della spada. L’ho convinto ad incontrarti, dopo avergli raccontato dell’evoluzione forzata della tua arma. Ha detto che avrà bisogno come minimo di altri tre mesi per completare il suo lavoro qui, quindi ti chiedo un po’ di pazienza. Il randez-vous rimane lo stesso.

Un grandissimo abbraccio ed un saluto.

Illain.


Illorium non poté fare a meno di considerare Illain come sua figlia, pensare al fatto che lei stesse diventando indipendente in quella maniera lo rattristava, perché si era allontanata dalla figura di bambina che amava giocare nei campi di margherite e gli portava dei fiori accompagnato da un grosso sorriso, per assumere quella di una guerriera intenzionata ad aiutare con tutti i mezzi possibili il suo creatore nello svolgimento della sua missione, probabilmente era colpa sua se la sua bambina non indossava un lungo vestito, delle calzature adatte alla vita di città e sposata con un lavoratore onesto ed attaccato alla famiglia. Invece adesso stava rintanata su qualche montagna a farsi insegnare da quell’energumeno di Milludin l’arte della spada. Il senso di colpa prese il sopravvento e lo costrinse a rimanere ancora per qualche minuto seduto; giusto il tempo per raccogliere le forze e tornare ad affrontare la vita di tutti i giorni.

Traendo le ovvie conclusioni della lettera, Blackfang poteva dire di aver guadagnato ben novanta giorni da sommare ai due mesi che gli mancavano alla precedentemente stabilita per poter rafforzare la sua teoria sull’evoluzione forzata e magari presentare il secondo livello dell’arma alla sua compagna di viaggi e l’elfo del destino più forte in circolazione.

Ritrovata finalmente la voglia di agire, Illorium decise di partecipare a qualche lavoro, possibilmente in terre non troppo lontane dalla capitale, in alternativa gli rimaneva accettare un lavoro grosso che lo avrebbe tenuto lontano più tempo, ma che sarebbe stato più remunerativo.

Raggiunta la strada vide una folla aggrupparsi vicino alla chiesa, incuriosito l’elfo si avvicinò alla moltitudine per poi farsi spazio fra la gente e con un misto di maleducazione e pura forza bruta riuscì ad arrivare alle prime file. Sperando di assistere ad una bella rissa, occhi belli dovette dirsi deluso, perché in risposta vide un uomo che pareva aver passato tutta la vita ai limiti della civiltà. Coperto a stento da pelli di capra, indossava un guanto d’artigliato nella mano sinistra, la pelle aveva assunto una tonalità tipica di coloro che passano troppo tempo all’aperto sotto il sole, oltre ai capelli sporchi e la barba incolta. Quell’uomo aveva forse bisogno di un pasto caldo, un bagno ed un po’ di riposo. Tuttavia il lanciere non si era mai interessato in vita sua per questioni tanto triviali come l’apparenza delle persone, bensì le idee che esprimevano e soprattutto la forza dimostrata nei duelli.

Dopo qualche minuto passato ad osservarlo, Illorium notò qualcosa di insolito; i contorni di quel predicatore parevano sbiadirsi fino a diventare letteralmente translucidi, permettendo così di vedere ciò che si trovava alle sue spalle. Che si trattasse di un fantasma o di un miraggio? Il cacciatore di certo non possedeva la risposta a tale quesito, tuttavia le parole che parlavano di guerra. Certo, in guerra si muore, ma chi torna mai ha le tasche vuote e soprattutto in battaglia si incontra gente forte. Quello fu un richiamo troppo forte per essere ignorato.

I conflitti non durano mai poco tempo, quindi questa volta sarebbe stata Illain con Milludin a doverlo cercare. Dopo aver saldato il conto con l’oste, Blackfang gli lasciò una lettera da consegnare alla sua compagna di viaggi dove spiegava la situazione dicendo che se non fosse tornato prima di sei mesi, ovvero con un mese di ritardo rispetto al previsto, di restare in compagnia del suo rivale e continuare l’addestramento, che poi di ritorno dalle ostilità l’avrebbe cercata.

L’idea di poter tornare a combattere dopo il periodo di inattività gli fece ribollire il sangue nelle vene. Finalmente sarebbe tornato a scambiare colpi con opponenti più forti di lui con la speranza di far evolvere l’arma.

Era arrivato il momento di dirigersi vero meridione. La sua lancia sarebbe stata lavata con del sangue.

[…]



E’ vero che la guerra è composta anche da un periodo di attesa, specialmente quando c’è un tempo tanto ostile a qualunque offensiva, ma Illorium perse il conto delle ore, figuriamoci i giorni, che aveva passato sotto terra, a riparo dai forti venti. Il susseguirsi di tempeste di sabbia impediva ogni tentativo di assalto ai nemici e gli pareva di aver sentito da un pelleverde che avrebbero dovuto aspettare fino a quando i corni continueranno a suonare. Sembrava essere una sorta di rituale religioso locale e non era intenzione del cacciatore mancare di rispetto ad una popolazione che a malapena conosceva, ad esclusione del fatto che si trovava in netta inferiorità numerica.
Gli orchi tutto sommato piacevano molto all’elfo, erano rozzi e troppo spesso delle discussioni tanto semplici sfociavano in risse, ma sembravano godere di un cameratismo superiore a quello degli esseri umani, spesso uniti solamente per un tornaconto personale o per obblighi di natura morale, religiosa e contrattuale. Certo in questa sorta di esercito improvvisato c’erano anche opportunisti, mercenari interessati unicamente al guadagno e perfino esseri inclini al combattimento fine a se stesso, desiderosi di aumentare la propria fama o, come nel caso di Illorium, trovare negli scontri all’ultimo sangue l’unico modo per ottenere significativi margini di miglioramento.

Blackfang si trovava già da qualche giorno nell’accampamento, aiutato da un gruppo di pelleverde che lo avevano trovato in compagnia di altri mercenari decisi ad aiutare i loro temporanei alleati nel loro scopo.
Dopo qualche ora riuscì a procurarsi degli amici, due fratelli chiamati G’onk e Bal’k e passò molto tempo con loro, dove apprese qualcuna delle loro tradizioni legate al fuoco, qualche rudimento nel maneggiare una mazza e qualche trucchetto su come scaricare la tensione prima di una battaglia. I due erano riusciti a sopravvivere a tante offensive, tanto a difesa della loro terra, quanto a quelle con l’unico scopo di aumentare il numero di danari in tasca.

Tu essere nostro miglior amico dopo pelleverde.



Questo fu uno dei più grandi complimenti ricevuti da Illorium, che sembrò essersi genuinamente affezionato alla compagnia orchesca. L’elfo non tardò a ringraziare ed offrire un bicchiere di idromele a ciascuno, dopo qualche minuto però l’esercito intero parve fare i preparativi per il viaggio; finalmente era arrivato il suo turno.

Sono insolitamente in anticipo, non hanno ancora finito di suonare.



Strategia, mio elfico amico. I nostri comandanti sanno che i nemici conoscono i nostri rituali, quindi un attacco mentre i corni suonano ancora ci fornisce vantaggio importante. Vero fratellone?



L’altro annuì con fare distratto, intento a sistemare i proprio bagaglio nel migliore dei modi, per evitare di affaticarsi inutilmente portando del peso mal stivato. Il cacciatore seguì quel consiglio e ne approfittò per indossare degli abiti più adatti al deserto di quelli precedenti.

La marcia non fu una delle più facili, il terreno sabbioso rendeva doppiamente più faticoso, mettendo a dura prova la resistenza di ciascun individuo. Dopo essersi dato un’occhiata attorno, il lanciere vide che quasi esclusivamente i mercenari ed i non orchi ad appartenere al gruppo di quelli che si stavano lamentando del ritmo sostenuto. Illorium d’altra parte vide questa come un buon allenamento prima della battaglia. Non era affatto imprudente pensare che lo scontro si sarebbe tenuto in un terreno molto simile a questo, se non identico, il che lo avrebbe messo in una posizione di minor svantaggio, se avesse appreso rapidamente a muoversi su terreni instabili senza dover esercitare tanta forza per ogni singolo passo.

Tu non dovere fare forza con le punte. Non è una corsa. Una marcia chiede gioco di tallone e punta. Così peso distribuito meglio.



Grazie Bal’k, lo terrò a mente per lo scontro.



Mio consiglio vale solo per marcia. In scontro devi compiere passi leggeri e veloci su punta di piede. Tu non avere tempo di distribuire peso. Tu deve correre veloce per evitare di affondare e spendere energie.



Blackfang non poteva sapere che quel consiglio lo avrebbe aiutato moltissimo di li a poco.

Altra cosa. Tua arma buona per scontro in deserto. Essere lunga e in guerra chi colpire primo è avvantaggiato.

Quelle parole lo confortarono più di un caldo abbraccio. Sapere che la propria arma gli sarebbe tornata particolarmente utile durante il conflitto lo aiutò a sopportare meglio tanto il calore, quanto le difficoltà prodotte da quell’ambiente tanto ostile. Finalmente Blackfang potè riposarsi, quando fu ordinata una sosta alla colonna di soldati. Concessosi il lusso di dare un’occhiata oltre la duna che si trovava, vide che di fronte a se aveva un’immensa barriera in legno, probabilmente quello doveva essere il muro che proteggeva il campo nemico dall’assalto dell’esercito; fu possibile scorgere due portoni, probabilmente gli unici ingressi per l’istallazione. Sarebbe stato presso uno di quei due ingressi che Illorium si sarebbe fatto valere.

La siesta non durò a lungo e l’armata fu divisa in due tronconi. Ed il giorno improvvisamente lasciò spazio alla notte. Molti dei suoi compari cambiarono aspetto rivelandosi dei demoni, che necessitavano delle tenebre per poter tornare alla loro vera forma. La tensione era palpabile, era la sua prima grande battaglia e avrebbe fatto di tutto per farsi onore.

Illain, mi vedrai tornare con qualche cicatrice in più, ma molto più forte.



Fu la promessa che si fece a bassa voce, sarebbe tornato e forse con un’arma al secondo livello. Adesso tutto risiedeva nelle sue mani. L’assenza di sole lo avrebbe infastidito per un po’ di tempo, ma i suoi occhi si sarebbero abituati in fretta e forse lo avrebbe perfino aiutato, vista la tonalità della sua pelle forse avrebbe avuto una sorta di vantaggio in termini di mimesi.

Finalmente arrivò l’ordine di attaccare, come tutti i suoi compagni cominciò a correre andando a scontrarsi finalmente con i suoi avversari. Sin dai primi attimi percepì del sangue impattare contro i suoi vestiti, non seppe neppure dire se questo apparteneva ai suoi alleati o ai suoi avversari; giunse la sua occasione di infliggere la prima perdita alle fila nemiche quando un uomo armato di mazza e scudo cercò di avvicinarsi menando una sorta di fendente, ma facendo suo il prezioso consiglio dell’amico orco, Illorium lo privò della vita con una secco affondo al collo, una delle parti non protette dall’armatura.

Il “bello” di un conflitto in larga scala sta nel fatto che bisogna aspettarsi attacchi da tutti i lati, tranne dietro, poiché la schiena è protetta dagli alleati e l’elfo del destino non ebbe alcun dubbio nell’affidare le spalle ai compagni pelleverde, meritevoli di fiducia ed onore. Un altro parve voler sfidare la sorte, questa volta armato con ben due spade; questa volta la strategia applicata fu diversa, poiché un affondo sarebbe stato prontamente bloccato oppure deviato da una lama, per poi dover affrontare un contrattacco. Avvicinando entrambe le mani alla punta della lancia, riuscendo così ad avere un maggiore controllo sull’estremità, deviò il fendente eseguito con il braccio mancino, per poi infliggere una ferita alla coscia sinistra, andando a limitare la mobilità del guerriero, da sinistra arrivò un fendente d’ascia parallelo al terreno privo di alcuna pietà, G’onk terminò quell’avversario con un colpo “secco” al collo, facendogli rotolare la testa a terra.

Tu bravo guerriero, stai andando bene.



Con un veloce cenno della testa Blackfang ringraziò l’alleato e continuò ad incrociare la propria arma con persone di cui non conosceva nome ne provenienza, ma non gli importava. Avevano avuto il coraggio di porsi di fronte al suo obbiettivo e lo volevano morto, non c’era alcun motivo valido per non ucciderli.

Dopo aver perso il conto di quanti ne aveva mandati all’inferno, o qualunque cosa ci fosse dopo la morte, udì un ordine esplicito, ovvero proteggere i giganti. Sarebbero stati loro a permettere l’ingresso oltre i portoni e quindi andavano protetti. La fortuna volle che si trovava giusto a qualche metro dai colossi, anche se ogni singolo passo fu accompagnato da un cadavere da calpestare strappato alla vita tramite un fendente oppure un affondo.

Raggiunti finalmente i piedi degli energumeni intercettò due intenti a violare le enormi gambe in modo da immobilizzarli, rendendoli così non solo inutili, ma d’intralcio all’avanzata della colonna. Il primo fu liquidato trafiggendogli il collo da dietro, l’altro invece fu liquidato dallo stesso gigante tramite un pugno che lo schiacciò a terra.

Altri assalti seguirono, sempre con l’obbiettivo di eliminare gli “arieti” in carne ed ossa, opportunamente respinti da un manipolo di mercenari, fra i quali lo stesso Illorium. Mentre l’elfo era intento a trafiggere il cuore di un ostile, sentì la schiena prendere fuoco, incapace di reggersi, cadde a terra e rotolò di 180° gradi fino a vedere in volto l’origine di tale ardore. Un opponente era riuscito a prenderlo alle spalle e lo aveva ferito con una spada circondata da uno strano alone grigiastro. Questi si preparò a scagliare il colpo di grazia, quando fu atterrato da un pelleverde troppo familiare. Bal’k gli salvò la vita e sfruttando le sue possenti mani spezzò il collo all’assalitore. Rialzandosi poi pronunciò le seguenti parole:

Prestare più attenzione a ciò che ti circonda. Nemici attaccare alle spalle!



Grazie Bal’k mi hai salvato la….



Il cacciatore non ebbe il tempo di finire quella frase perché il suo nuovo amico fu trafitto da una freccia in piena fronte. Non ci volle molto prima che il sangue sgorgasse dalla ferita e il suo possente corpo cadde sopra l’uomo che aveva appena finito di uccidere.

Colmo d’ira si girò per vedere chi l’avesse privato del prezioso alleato, ad una ventina di passi si trovava un balestriere che con un gesto della mano esultò per il centro. Colto da una furia incontrollabile, Illorium afferrò la sua lancia e scattò in direzione dell’omicida, questi, resosi conto di essere sotto attacco rivolse un’estremità della balestra verso il terreno in modo da poter infilare il piede in un anello con la funzione di facilitare la fase di ricarica. Mentre il balestriere cercava disperatamente di incoccare quella freccia che lo avrebbe salvato dalla furia elfica, commise il fatale errore di farsi sfuggire il dardo, il quale cade ad un solo passo di distanza dall’arma. Il giovane comprese di essere giunto al termine della sua vita, perché neanche un secondo dopo vide l’occhio destro trafitto dalla punta della lancia.

Con un secondo colpo atto a decapitare l’individuo, Blackfang separò la testa dal resto del cadavere e mosso ancora da quell’ira cieca diede un calcio al massimo consentito dalla sua forza attuale, facendola volare in mezzo ad una mischia.

Questo era per Bal’k brutto bastardo.



Dopo aver recuperato un po’ di lucidità, occhi belli vide che il suo colossale alleato si trovava nuovamente sotto attacco e corse in soccorso dell’inestimabile risorsa dell’esercito. Con un calcio riuscì ad allontanare uno armato di ascia, mentre quello equipaggiato con lo spadone, accortosi della presenza di Illorium procedette a cercare di ferirlo con un fendente dall’alto verso il basso, prontamente parato posizionando l’asta in posizione perpendicolare all’arma bianca.

Intento a non soccombere ai colpi dello spadaccino, un altro avversario, questa volta munito di giavellotto lo ferì al fianco, portandolo sulle sue ginocchia e guadagnandosi un ulteriore taglio al petto, anche se più leggero rispetto alla ferita alla schiena.

Di nuovo a distanza di pochi minuti si trovò a terra con qualcuno cercando di dargli il colpo di grazia. Questa volta non ci sarebbe stato Bal’k a difenderlo. Raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva scagliò un calcio nel basso ventre del suo assalitore e mentre questi si trovava in preda al dolore, lo liquidò con un secco colpo alla gola. Uno schizzo di sangue incontrò la sua faccia, confermandogli l’avvenuta uccisione.
Rialzatosi vide che il mezz’elfo munito di giavellotto era ancora in piedi e stava per scagliare l’arma nella direzione dell’elfo del destino, quando fu colpito da una roccia scagliata da una delle catapulte degli avversari. Qualcuno aveva sbagliato mira facendogli un favore. Se ne sarebbe ricordato.

Dai gigante, tu ed il tuo compare sfondate quella porta!



[…]



Finalmente la porta crollò ed Illorium vide la causa di tutte quelle perdite fra i suoi alleati, fu facile distinguere le due file di catapulte composte da quattro unità ciascuna che senza sosta lanciavano massi.

L’unica soluzione logica sembrava distruggerle con un attacco a distanza, visto che ci avrebbe messo troppo tempo a farsi strada a suon di fendenti, inoltre la fatica derivante dal combattimento e dallo sforzo dovuto al tipo di terreno stava prendendo il sopravvento sull’elfo.

Con due veloci affondi in direzione delle prime due catapulte, scagliò due sfere esplosive in direzione delle ruote delle armi in prima fila, con la speranza che con l’esplosione queste sarebbero letteralmente saltate in aria e danneggiato quelle vicine.

Informazioni tecniche.



- Nome. Illorium Blackfang.
- Energia. Gialla.
- Stato fisico. Ferita media alla spalla ed al fianco, taglio bassa al torace.
- Psiche. Arrabbiato.
- Consumi. Basso x2 [12%].
- Energia residua. 88%.
- Passive. Autosufficienza [Immunità alle influenze psioniche] e Indistruttibilità della lancia.
- Attive utilizzate. Prima attiva del dominio x2 .
- Note. Fa schifo e non ho giustificazioni :look: .
- Riassunto azioni: Mi faccio strada cercando di proteggere i giganti, ricevendo nella sequenza una ferita alle spalle, una al fianco da perforazione ed infine una bassa al torace. Sfondata la porta scaglia due globi esplosivi in direzione delle ruote delle catapulte, con la speranza che l'esplosione le faccia volare contro quelle vicine.

- Autosufficienza. Di tutte le razze, i mezzi demoni sono senz'altro quelli più denigrati, allontanati e scacciati di tutti. Proprio per questo, quindi, hanno dovuto imparare a cavarsela da soli e non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. Crescendo in questo modo, i mezzi demoni si sono abituati a gente che tenta di intimorirli, minacciarli o irretirli e hanno sviluppato quella che potrebbe definirsi una particolare "abilità razziale". Sono infatti parzialmente immuni alle influenze psicologiche. Non a tutte, si intende, altrimenti risulterebbero atoni e privi d'emozioni, ma senz'altro, a differenza di tutte le altre razze, si lasciano intimorire meno facilmente e persuadere con notevole difficoltà.
Il timore provocato dalla vista di demoni o angeli, ad esempio, non avrà su di loro effetto.
Sensazioni profonde come forti paure, o tanto grandi, però, avranno comunque effetto. Quest'abilità è una normale difesa psionica di livello passivo.
[Abilità razziale.]

- Lancia. Quest'oggetto è composto unicamente da metallo, non esistono impugnature in tessuti o legno per facilitarne la presa. L'arma è lunga approssimativamente duecento centimetri, 70% dei quali composto da un'impugnatura in metallo capace di assumere una funzione difensiva a causa del metallo talmente resistente da essere considerato praticamente indistruttibile. Sull'impugnatura si può notare un'incisione peculiare, ovvero cinque piccole semisfere che "escono" dalla superficie comune. Fino ad oggi, Illorium non è riuscito a spiegare la funzione, sempre che esista, di tale ornamento. La punta dell'arma invece è preceduta da una sorta di spirale di metallo che pare non avere alcuna funzione, se non quella ornamentale accompagnata da un motivo composto di tre protuberanze solo su un lato dell'oggetto.
[Descrizione dell'arma più l'abilità passiva del dominio incantaspade.]

All'elfo del destino, normalmente viene imposto un lungo periodo di familiarizzazione con la lama, dove il suo proprietario deve portarsi appresso l'oggetto in qualunque attività svolta durante la giornata, che si tratti di avere a che fare con una semplice caccia, oppure attività casalinghe come il bucato, in momenti più privati come il bagno e perfino durante il sonno. Per poter sviluppare le abilità dell'arma è necessario che questa ed il suo possessore siano in sintonia e più tempo questa strana coppia passa insieme, più questo legame si rafforza.
Dopo circa quarant'anni in possesso del pugnale, Illorium è divenuto capace di lanciare delle bordate esplosive senza la necessità di spendere del tempo per concentrarsi dalla potenza bassa, in grado di provocare danni da ustione.
[Descrizione dell'abilità attiva del dominio. ]
 
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view post Posted on 6/5/2013, 17:56
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I



_Basiledra, strada commerciale.
3 giorni prima

Le vie del borgo erano affollate come di consueto, rumorose di mercanti e altre genti che proclamavano i più bizzarri annunci per accattivarsi il maggior numero di acquirenti. Un sole cupo puntava la grande strada con fare assopito, coperto da qualche nube passeggera. Alcune guardie dalle veloci movenze infittivano i loro discorsi sempre più, brusii incessanti che si univano alla baraonda mattutina.
Leona sedeva sopra un logoro ceppo di legno, intento a lucidare la fida lama mentre riordinava i pensieri. Diversi guerrieri si stavano raggruppando per partire alla volta del meridione, per solcare con i loro stessi corpi le dune sabbiose rese ardenti dai raggi solari, come accaniti sulla distesa lucente. Anche lui, si sarebbe aggiunto.
Voleva scendere in combattimento, e l'opportunità di visitare nuove terre, unendosi ad altri popoli, non sarebbe stata rifiutata nemmeno da uno stolto. Udì la notizia di una guerra contro un'importante casata che si stava rivoltando, egli era nei pressi della cattedrale, appoggiato ad un edificio, immerso nell'atto di assimilare informazioni. Dopo alcune frasi sentiva improvvise urla dai più significati, subito messe a tacere. Riusciva già a immaginare distintamente i litigi per motivi futili tra orchi ed umani, costretti a collaborare. Sperava che questa alleanza potesse giovare ad entrambi i gruppi, ma iniziò a dubitarne al sentire i commenti dei cittadini rincasanti una volta terminata la comunicazione. Per utilizzare parole già dette, l'ennesima chiamata alle armi.

_Deserto dei See, percorso per l'accampamento.
1 giorno prima

La parte finale della tunica setosa che avvolgeva il volto del giovane sventolava trascinata dal vento pregno di granelli. Riusciva a percepire lo strusciare della sabbia sollevata dalla tempesta contro la pelle del petto. Capì allora che con un abbigliamento del genere non sarebbero riusciti nemmeno a concentrarsi sulla battaglia talmente il fastidio penetrava nelle ossa. L'unico pensiero che lo accompagnava insieme ai movimenti strascicati contro la corrente era il desiderio di levarsi al più presto la cotta di dosso. Sapeva che in quelle terre le tempeste di sabbia erano come di casa, conoscendo anche, di nome, le così dette maree. Eventi naturali sconvolgenti, almeno agli occhi di visitatori, nulla a che vedere con quella misera bufera che già poneva non indifferenti fatiche.
D'un tratto il beduino che dirigeva quel gruppo fermò la comitiva alzando la mancina con il palmo aperto. Leona si scostò per tentare di capire il motivo di tale blocco. La speranza dell'accampamento svanì lasciando un po' d'amaro nel ragazzo. La guida aveva scelto di fare una pausa in presenza di un'oasi, probabilmente ascoltando le lamentele degli esanimi guerrieri che non riuscivano più a reggere quell'andatura.
E che pausa sia..

_Deserto dei See, accampamento dei Pelleverde.
1 giorno prima

Finalmente era riuscito ad abituarsi al differente peso degli abiti che, una volta arrivati, gli erano stati dati. Sbuffò sollevato, rimanere con la propria armatura sembrava quanto di più simile ad una tortura. Diversi uomini vestiti di stoffa si dilettavano negli ultimi preparativi per l'indomani, indaffarati come mai. Gruppi di Pelleverde si facevano notare passeggiando con i loro goffi passi per l'accampamento sotterraneo, diretti in luoghi a lui ancora ignoti.
I clangori metallici provenienti dalla piccola zona adibita agli allenamenti, unico rumore percepibile, trasformato in frastuono dalle spesse rocce, fu coperto dal penetrante tintinnare di una minuta campana che chiamava alla raccolta per il pasto serale. Diversi pentoloni posavano su tre lunghi tavolacci di legno scuro, ai quali si erano già accomodati diversi soldati. A molti passò la fame, sia per il rozzo modo di mangiare degli orchi che per la consistenza stessa del rancio. Costoro vennero costretti senza possibilità di scampare, combattere senza energie corrisponde ad una sconfitta.
Non riuscì a trattenere una smorfia quando ingoiò a fatica la prima 'cucchiaiata' di quel miscuglio, distolse il pensiero, si concentrò sul domani.

_Deserto dei See, ex-accampamento dei Rooi Valke.

La notte velava ancora il campo di battaglia, tornata ad assalire un sole ancora timido. Combattenti dalle più differenti etnie ed equipaggiamenti erano schierati, pronti ad incrociare le proprie armi e a confrontare i propri spiriti. Una forte barriera, principalmente lignea, distaccava i due eserciti, l'alleato già diviso all'attacco di due grandi cancelli. Conseguito lo sfondamento di essi, grazie anche ad alcuni giganti, la guerra iniziò ad imperversare, simile alle tempeste che tormentavano quelle terre.
Tra i più fastidiosi, nonché formatori di ostacoli vi erano gli arcieri, disposti in gran quantità, e gli sciamani, Shadar-kai venivano chiamati. Tra di loro vi erano gruppi che intralciavano con differenti incantesimi, ma quelli a cui Leona si volse contro effettuavano continue magie di controllo, con le lunghe vesti cremisi trasportate dalla brezza desertica, soavi, quasi ipnotiche. Gran parte della sua suddivisione, fu assalita da questo genere di sortilegi, e tutt'un tratto si volse a fronteggiare le forze amiche. La confusione creata da questa azione non fu indifferente, ed egli, costretto ad osservare quello spettacolo raccapricciante, senza pensarci troppo, agendo d'stinto e anche con una sorta di obbligo, s'incamminò ad ampie falciate verso la decina di sciamani che lanciarono la litania.
Veloce sguainò Helen, irradiata da ghiaccio iridescente. Coprì la distanza con qualche affanno, ma privo di troppi problemi. Tre sciamani recitavano ancora in una lingua confusa e con una melodia stonata, protetti dai rimanenti disposti in cerchio. Si accorsero di lui, che con occhi di gelo e spirito di fiamme tolse la vita al primo senza il minimo sforzo, il cadavere con il chiaro segno di stupore impresso in viso, i radi capelli composti in forme strane macchiati del proprio sangue a terra, denso, scuro. Come una danza sfuggente, un'altro fendente azzannò il fianco di un secondo, poi finito con un taglio alla gola. Alla morte quei visi cupi non perdevano espressione, e il colore rimaneva identico. Un terzo colpo fu però bloccato, il piatto di una larga lama bloccò quel susseguirsi di uccisioni, curate da una notte senza luna alcuna. Un ghigno si presentò sul viso rovinato dello Shadar-kai, il cappuccio decorato da disegni complessi copriva gli occhi portando una maggiore aria tetra sul volto dell'estraneo. Levando la spada, come sofferente, guizzò alcuni passi indietro, ritirando la 'compagna' alla cinta. Una piccola sfera incendiaria lo avrebbe ustionato, se non fosse riuscito a rotolare abilmente di lato. Dannazione, sono troppi perché possa combatterli da solo.. Immerse le mani distese nel leggero strato di sabbia fine che faceva loro da campo di battaglia, per subito evocare un gelido umanoide armat di lunghe sciabole.
Balzò contro il rosso sciamano che riuscì ancora a parare il suo colpo, e strisciando il filo della lama contro quella avversaria - mossa contro i suoi principi, ma che gli risultò necessaria - roteò il colpo lungo il fianco, per poi far crollare il nemico con un lesto calcio alla gamba, e finirlo senza scrupoli. Non contando i tre assorti nella fitta preghiera, e nemmeno i due fronteggiati dall'evocazione, rimanevano altri due sciamani che rapidamente si stavano muovendo in coppia verso di lui. Quasi simultaneamente, lanciarono una specie di falcetto legato ad una catena. Cercando di difendersi da quell'inaspettato colpo, Leona ne parò uno deviando la traiettoria con la propria spada, per ricevere l'altro nella zona del bacino sinistro, da cui iniziò a fluire del sangue vermiglio, anche se il dolore non lo torturava ancora. Strappò la piccola falce dalla carne viva, iniziando a tirare con forza l'avversario verso sé. Il compagno di quello, però, nel mentre, recitando strani versi aveva creato una saetta ridotta a sfera nelle proprie mani, che subito fu gettata verso il mezzodemone, che, pure cercando di non rimanere coinvolto nella mossa, ricevette il piccolo globo all'altezza della spalla sinistra, assai dolorante. Colpì a morte il primo, che ancora teneva in pugno il manico di quell'arnese, come non curante della reazione. Tentò subito un affondo verso l'altro, che, con triste sorpresa, scomparve poco prima di ricevere il colpo, per comparire alle spalle del ragazzo. Egli si voltò vedendo la polvere - o sabbia che fosse - roteare pacata, dopo aver accompagnato quel rapido spostamento. Colse in ritardo, una lama puntata al petto, caricata quanto bastava per trapassarlo. Lo sguardo perso, l'immagine di una sconfitta così misera, sconsolata negli occhi vuoti.
Ma poi un taglio, una decapitazione netta, una ferita glaciale. Notò con sollievo, o forse stupore, l'ominide ghiacciato in fronte a lui, il volto senza lineamenti, la spada macchiata del sangue di più uomini, un azzurro braccio mancante, unica grossa ferita riportata. Si rialzò quasi tremante, guardando il macabro terreno in fronte a lui, il suo nuovo 'compagno' aveva terminato quei nemici abilmente. Si voltò prima di finire gli ultimi in trance, notando il funesto scenario che avvolgeva i suoi compagni. Cadaveri a terra e amici che si trafiggevano l'un l'altro, forze alleate che non facevano che danneggiarsi.
Tornò a concentrarsi sul suo combattimento, e con l'aiuto della fredda evocazione finì il lavoro, liberando ciò che rimaneva delle truppe dietro a lui, osservando sconsolato la loro disperazione.

Alzò Helen ad una torcia su di una palizzata, il sangue di quelle vittime riverberava astratto illuminato dalle fiamme, rievocando ricordi lontani al giovane guerriero. Si fece coraggio, la guerra era appena iniziata.

Un vento puro, unico possessore di tale aggettivo in quella notte eterna, sollevava ancora splendenti granelli attorno ai combattimenti, come solitario spettatore di quella rivolta. Ululava il vento, ululava alla notte buia.

Energia: 70% (100 - 6 - 24)
Stato fisico: Ferita da taglio alla parte sinistra del bacino [Basso], Ustione da elettricità alla spalla sinistra (frontale) [Basso].
Stato mentale: Illeso.
Capacità Straordinarie: 1CS Destrezza
Bianca

Abilità Passive:
CITAZIONE
Titanio ♦ Il legame instaurato da Leona con la sua arma principale, Helen, è giunto a livelli tali da riuscire a proteggere la stessa, infatti, essa acquista l'indistruttibilità, segno che il metallo che la compone non è più lo stesso, ma che è cresciuto con il loro rapporto.
[Passiva Dominio Incantaspade I: Passiva]

Mente di ghiaccio ♦ Leona è sicuro di non avere soltanto sangue umano dentro al suo corpo, e di questo riesce a fare una forza, infatti, spesso rinnegato, è riuscito a fare di questo una forza; egli infatti è infatti parzialmente immune ad influenze psicologiche.
[Razziale Mezzodemone: Passiva]

Abilità Attive:
CITAZIONE
Spada di ghiaccio ♦ Il profondo legame presente tra Leona e la sua spada Helen gli ha permesso di trasmettere la magia alla lama, potendo utilizzar el'elemento ghiaccio attraverso ad essa. In termini di gioco, spendendo un quantitativo di energie pari a Basso e senza alcun tempo di concentrazione, ad egli sarà possibile far sprigionare dall’arma incantata una bordata elementale dal potenziale pari al costo.
[Attiva Dominio Incantaspade I: Basso]

Purgatorio ♦ Un altro risultato dei suoi duri studi ed allenamenti è la capacità di poter evocare un animale o un umanoide imbevuto dell'attributo ghiaccio. L'evocazione attaccherà l'avversario con proiettili di ghiaccio, avrà potenza Media e potrà sopportare un danno fino a Medio, prima di scomparire. Se non distrutta, rimarrà sul campo di battaglia per un totale di due turni, svanendo al termine del secondo o prima, al desiderio di Leona. La sua potenza è pari a 4 CS.
[Pergamena Iniziale Mago "Purgatorio" Alto.]

Riassunto: Parte introduttiva dove Leona sente e decide di "imbarcarsi" nella guerra, e poi il combattimento. Durante il combattimento ignoro la parte "ipnotizzata" della fazione anche per via del mio allontanamento, e poi fronteggio con più o meno difficoltà gli Shadar-kai, con un iniziale supporto di "Spada di ghiaccio", e l'evocazione di "Purgatorio" (vedi NB in "Note").
Note: Abbastanza lungo e personalizzato, spero di non aver frainteso nulla, di non aver fatto gravi errori e di risultare comunque all'altezza. Mi scuso per il ritardo.
NB: Riguardo all'utilizzo doppio di "Purgatorio" ho dei dubbi e ho già richiesto, ma per mancanza di tempo non posso propriamente attendere una risposta, ho comunque lo scritto riguardante il singolo sul Forum di prova, quindi un EDIT e via.
EDIT e via. [Cit.]
Divertiamoci! BD





Edited by Alan ~ - 7/5/2013, 15:43
 
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Yomi
view post Posted on 6/5/2013, 18:39




Territori Meridionali
— Sandstorm; getye

Si concentrò sul tamburellare nervoso delle sue dita sulla superficie ruvida dello spesso tavolo in legno grezzo, il viso poggiato sul palmo della mano destra ed i lineamenti contratti in un'espressione di rigido disappunto. Tese l'udito per focalizzare la sua attenzione esclusivamente sul suono sordo dei polpastrelli che impattano la materia ruvida delle assi, tentando così di evadere dagli echi ossessionanti dei corni che rimbombavano all'esterno dell'enorme sala ricavata dalla terra in cui un intero esercito era ammassato. Quell'estenuante esercizio meditativo ebbe l'insperato effetto di darle circa tre minuti di calma, in cui dimenticò frustrazioni e rabbia per chiudersi in un mondo dove esisteva soltanto l'eco ritmico delle proprie dita affusolate sulle pesanti travi della mensa comune. Tre minuti in cui rifiutò la realtà dei crampi allo stomaco provocati dal digiuno continuo per il rifiuto di mangiare gli stessi cibi degli oni, l'ordalia infinita degli odori di centinaia di corpi ammassati e lo strazio del lezzo muschiato dei goblinoidi che vagavano per i tavoli. Tre minuti di pace in cui per un istante di illuse che forse qualcosa avrebbe potuto andare per il verso giusto, in quella disgraziata avventura a sud.

Tre minuti, appunto. Poi di nuovo lo squallore della realtà, e tanta voglia di alzarsi in piedi e gridare.
Era ignorata, per lo più. Trattata con una certa deferenza, quanto meno, ma praticamente evitata dalla totalità dei pelleverde quasi avesse la peste o fosse veicolo di trasmissione di chissà quale maledizione mortale. Proprio lei, una sacerdotessa miko d'oriente emissaria della Protettrice dei territori dell'Est, trattata alla stregua di un'appestata ed ignorata perfino dai pochi soldati umani! Non riusciva a capire il perché di quel comportamento, ma di certo la offendeva e la indisponeva nei confronti degli oni, verso cui serbava già non pochi pregiudizi. La logorante attesa in quel posto mefitico, che dal suo punto di vista non poteva essere più simile ad una stalla, non poteva migliorare il suo umore.
Il mutare della marea giunse inaspettato, preannunciato soltanto da una nota di corno lievemente differente dalle dieci, cento, mille precedenti; e seppur diversa era tanto monotona e volgare da essere a malapena registrata come tale dall'udito distratto dell'Aoyama, per la quale era soltanto un'ulteriore seccatura fra le seccature. I bruti dalla pelle verde si alzarono all'unisono, come schiavi decerebrati che scattavano sull'attenti ad un comando del padrone, si armarono snudando scimitarre e imbracciando scudi, e in una massa indisciplinata e confusa ribollirono in direzioni delle uscite, ringhiando e ragliando nelle loro lingue sgraziate. L'espressione di Motoko virò immediatamente sullo stupito, si guardò attorno del tutto spaesata da quell'incomprensibile cambiamento, e non riuscendo a riconoscere i capi nella massa di oni che ai suoi occhi apparivano tutti uguali l'uno all'altro, non riuscì a capire quale fosse il suo posto ed il suo compito in quella piena straripante di corpi in movimento.

« Ehm, che cos...? » cercò di dire alzandosi, e prontamente venne trascinata via dal suo posto dal fiume di creature; « cosa sta succedend... » compressa fra due colossi che non si erano resi conto della sua presenza, si trovò col corpo schiacciato contro una corazza di pelle, e rischiò di sentirsi male per via del penetrante odore di grasso usato per lubrificarne i metalli invecchiati dal tempo e dall'usura. « Ma si può sapere cosa...? » poi rimase paralizzata, sentì per la prima volta i corni degli orchi non più attutiti dalle profondità delle caverne, e comprese la reale entità dell'armata raccolta in quel deserto assistendo infine allo schieramento in ranghi di quei brutali guerrieri.
Comprese solo allora, nell'improvvisa quiete dopo la getye, che l'attesa era conclusa e la battaglia prossima ad avere inizio.
Improvvisamente il cielo si fece buio come se la notte fosse giunta in pieno meriggio, e Motoko capì che non aveva nient'altro da fare se non snudare la spada ed affidarsi ancora una volta al proprio fato...


Destro era -a suo modo- un tipo sagace. Al contrario di Sinistro riusciva a seguire per intero frasi e discorsi, e di tanto in tanto si rivelava in grado di dare risposte e porre domande inaspettate. Di contro Sinistro era più silenzioso e di modi spicci, un pregio che avrebbe voluto vedere più spesso negli sciocchi umani che danno troppa importanza al loro blaterale, dimenticando che le parole sono vento e l'importanza dei fatti. Entrambi avevano una memoria abbastanza scarsa ed era facile prenderli in giro su piccole cose, ma nessuno -nemmeno lei- si sarebbe mai sognato di rapportarsi a loro come si fa con gli stupidi, perché se anche i gemelli avevano gli atteggiamenti di bambini di sei anni avevano la forza di dieci tori ed un umore paragonabile al cielo di fine estate: capace di variare nel giro di poche ore dal sereno più mite a tempeste ricche di lampi e tuoni. Non erano semplicemente temuti, sebbene i più piccoli goblinoidi li conoscessero solo attraverso le sferze, nei confronti di quei pelleverde più massicci e anziani erano anche rispettati e a riprova di una qualche intelligenza latente in quei crani squadrati i gemelli riuscivano addirittura a delegare compiti di importanza più che rilevante ai loro luogotenenti più capaci, riuscendo forse per istintiva propensione al comando o magari per pura fortuna a scegliere quasi sempre sottoposti competenti per le mansioni richieste, che si tratti di guidare un assalto, montare la guardia alle macchine d'assedio oppure di scavare le latrine. Ad Hazuki piacevano un mondo! E poco male se tutti e due l'avevano scambiata per la Stupida Aoyama, tanto quella là probabilmente in quel momento era impegnata ad arrancare sperduta chissà dove, ben difficilmente poteva protestare.

« Ahr! Ahr! Ahr!! »
Ragliò Sinistro, euforico mentre i guerrieri formavano i ranghi alle sue spalle. Contagiata da tanto buonumore, Hazuki sorrise al cielo che andava via via oscurandosi, gli occhi completamente bianchi che andavano via via macchiandosi di inchiostro nero. Levò in alto la mano in cenno di saluto alla luna, mentre il sole bastardo fuggiva via come un vecchio cane con le pulci scacciato a calci dalla sala di un banchetto. Destro si voltò alzando la mazza da guerra la cielo e sbraitando all'orda qualche frase nella sua lingua madre, e di lì a poco i ragazzi presero ad urlare i nomi dei due gemelli, tanto impronunciabili che ormai il kami dal volto sfigurato aveva rinunciato a impararli preferendo continuare a rivolgersi ai due Linguagialla come Destro e Sinistro.

La battaglia ebbe inizio annunciata da rulli di tamburi, canti di guerra e scrosci di frecce.
Quando il primo sangue cominciò a scorrere per il campo di battaglia e i due fronti cozzarono in uno schianto di metalli, Hazuki rise tanto forte da coprire gli strepiti dei pelleverde e le urla dei morenti.


Cattura-5

« Uhmph. »
Roteò la nodachi più e più volte, respingendo i nugoli di dardi con l'acciaio della propria spada mentre avanzava a fatica sulla scia dei due titani sguinzagliati lungo il fianco Est dell'esercito, intralciata dai corpi che andavano via via ammassandosi mentre gli arcieri facevano strage degli attaccanti. La confusione era totale ed i pelleverde andavano via via sgretolando le formazioni divenendo facile preda dei tiratori. Alle sue spalle un coboldo correva urlando con un mazzafrusto in una mano ed un brutto scudo malridotto nell'altra, tenuto alto sopra il cranio pelato per ripararsi dalle grandinate di frecce. Motoko chiuse gli occhi quando una freccia sfondò di netto quella inadeguata protezione andando a conficcarsi per due pollici nella fronte del mostriciattolo, che avanzò ancora di qualche passo con aria ebete prima di crollare al suolo nella polvere fra una mezza dozzina di suoi compagni. Motoko respinse altre tre frecce, poi rischiò di inciampare su di un cadavere e di farsi ammazzare da un quadrella di balestra che le sibilò accanto al viso sfregiandole una guancia.
Col cuore che aveva perso due battiti per il pericolo corso, si riparò dietro due oni dai grandi scudi pavesi che avanzavano come macchine d'assedio viventi in mezzo al fuoco nemico, ne afferrò una per il bavero senza curarsi del pericolo e la tirò a se con tutta la scarsa forza di cui era capace:

« Formate i ranghi!!! Formate i ranghi, dannazione, fate quadrato!!! »
Nessuno si curò di lei ed anzi l'orda di oni continuò ad avanzare denotando coraggio, sprezzo del pericolo, e un'incontenibile stupidità.

« Sprechi fiato, Bakaoyama!!! »
Le gridò da poco lontano una voce familiare. Motoko si voltò stupita e vide una ragazzina con i capelli verdi comodamente seduta sullo spallaccio di un colossale orco che le gridava contro in tono allegro con le mani a coppa davanti alla bocca
« Col carisma di una paperella di gomma difficilmente riuscirai a convincere 'sti qua a fare come dici, scema!!! Magari provati addosso uno di quei fighissimi bikini in pelle borchiati e prova ad andare in giro su di un cinghiale da guerra, magari ti scambiano per una principessa guerriera e ti danno retta!!! »

« DI CHE DIAVOLO STAI BLATERANDO??? »
Figure d'avorio irruppero nei ranghi sfaldati dei pelleverde, guizzando come schegge di marmo da un guerriero all'altro, torcendo colli e spezzando spine dorsali con arti poderosi, fermandosi solo di tanto in tanto per osservare la propria vittima con volti senza volto, totalmente privi di tratti somatici, sfere pallide dove non brillavano occhi e non si apriva alcuna bocca. Abomini vomitati dagli inferi che spargevano morte.

« Costrutti negromantici??? »
Motoko ricompose la guardia mentre una di quelle figure le piombava addosso, spazzando via una larga porzione di terreno all'impatto col suolo, lanciandola via per quattro metri contro due guerrieri che stavano sopraggiungendo, che a loro volta vennero buttati a terra in un groviglio di scudi, armature e lance spezzate.
« Evvai!!! Questi sembrano quasi decenti!!! »
Hazuki si buttò sul primo Eidolon che si stava avventando sui gemelli, intenzionato ad assassinare i comandanti alla guida del plotone, schiacciandolo al suolo con brutalità quasi pari a quella dell'assalitore, il braccio completamente immerso nel torace metallico della bestia. Il Kami sgranò gli occhi e allargò il sorriso in un ghigno selvaggio quando la belva si rifiutò di morire, le strinse il braccio con tanta forza da spezzarlo e la scagliò via con un calcio. Rotolò al suolo per un tratto, poi si rialzò in un balzo e scoppiò in una risata selvatica mentre si rimetteva in posizione eretta.
« Ora va meglio. »

Una creatura si era avventata su Sinistro, gli aveva fracassato il piastrone dell'armatura dorsale e quasi lo aveva trapassato da parte a parte, ma il Linguagialla lo aveva massacrato con la mazza da guerra mentre il fratello lo difendeva da un terzo aggressore. Motoko si rimise in posizione, puntò il suo avversario e fece per attaccarlo quando Hazuki si frappose, ingaggiando il poderoso cultista incurante della terribile ferita al braccio, l'espressione in una maschera di estatica ferocia animale pietrificata in un ghigno divertito. L'Eidolon subì una ferita terribile al cranio ma quasi la uccise con il colpo di ritorno, colpendole il busto con un affondo del braccio paragonabile all'impatto di un tronco d'albero di quercia lanciato a tutta velocità dalle corde di una balista pesante. Motoko tentennò per un istante, poi comprendendo che un attimo in più avrebbe portato i due combattenti ad uccidersi a vicenda agì d'istinto, irrompendo nella mischia fra i due con la lama irrorata di ki che fendette di netto il collo della bestia.

Cattura-8

« Shinrai Kouken »

Dopo un lungo istante che sembrava interminabile, la sagoma decapitata del cultista ondeggiò sul posto e crollò al suolo in un tonfo sordo che ne testimoniava il peso inumano, ma perfino a fronte di quella piccola vittoria attorno a Motoko ed Hazuki era il caos. Gli Eidolon erano un piccolo drappello bianco in una marea verde, ma i goblinoidi fuggivano di fronte a loro rifiutandosi di levare le armi e resistere, i pelleverde più forti faticavano a tenerli a bada e perfino i comandanti cadevano sotto il loro implacabile assalto, e il tutto si svolgeva sotto lo scroscio incessante di frecce e quadrella di balestra proveniente dalle rovine.

« Tienili qui!!! »
Gridò Motoko, indicando con la spada le postazioni di tiro poco distanti.
« Tienili in vita!!! »
(Rimani viva!!!)
« Devo occuparmi di loro oppure non ci sarà più un fianco! »

Si lanciò in avanti nell'esecuzione di un perfetto shundo, sparendo letteralmente sul posto per ricomparire parecchi metri più avanti, dove schivò una salva di quadrella con un'ulteriore balzo che la portò in prossimità delle difese esterne dell'armata nemica. Lì spiccò un balzo e levò la nodachi in un fendente a vuoto, in cui scaricò quello che agli occhi dell'esercito parve una folgore bianca che dal cielo si abbatté con furia sui ranghi di tiratori:

« Shinmei Kessen Ougi: Raimeiken »


    Status

    CS: 13, Maestria nella Spada
    Energia Spirituale: 38%

    Abilità Passive

      Discipline di Distruzione: -3% ai consumi e capacità di raddoppiare consumo e potenza delle tecniche
      Discipline di Spada: -20% di energia spirituale; +8CS
      Discipline di Forza: Bonus di un CS alla Forza

    Abilità Attive

      Jakuzantetsusen: "Lampo che Taglia il Metallo Minore", non una vera tecnica ma piuttosto una variante del basilare Zantetsusen, una delle tecniche più semplici e la prima che viene introdotta agli Iniziati alla Shinmei-ryuu. Quando lo Shinmei arriva a padroneggiare correttamente lo Zantetsusen solitamente abbandona questa tecnica, ma in battaglia può ancora essere utile per via del suo basso dispendio di Ki. Se eseguita correttamente consente di erigere una difesa difesa Bassa. Consumo Basso Consumo Medio.
      Semi dell'inferno: In preda a un primordiale e incontrollabile istinto, le unghie e i denti di Hazuki diventano per due turni dei veri e propri artigli letali con cui lacerare la carne dell’avversario. Consumo Basso.
      Shundo: Letteralmente "movimento-lampo", è una tecnica basata sul valore di Agilità e Velocità di chi la esegue e consiste in un accumulo di energia nella gamba di appoggio e poi in un movimento accelerato per una breve distanza. Il difetto della tecnica consiste nella difficoltà nel fermarsi una volta partiti e nell'impossibilità di muoversi di meno di alcuni metri, oltre al non poter attaccare mentre si è in movimento, difetti questi compensati ad alti livelli, quando la tecnica viene perfezionata, ma che Motoko non è al momento in grado nemmeno di ridurre. Il grande vantaggio dello Shundo non è la possibilità di percorrere diversi metri in un tempo quasi istantaneo, quanto piuttosto il fatto che seguire lo spostamento con lo sguardo è pressappoco impossibile, a meno di riflessi sovrumani. Anche se è solo un gioco di prestigio, ad uno sguardo ingenuo chi esegue uno Shundo può dare l'impressione di essersi teletrasportato. Consumo Basso.
      Raimeiken: Letteralmente "Spada che Fende il Fulmine", tecnica del genere ougi, ovvero "Significato Profondo". E' un fendente avvolto da una grande quantità di energia di potenza Alta, deve il suo nome alla potente emissione di energia spirituale che si manifesta sotto forma di un luminoso fulmine bianco. Fra le più potenti tecniche di spada della Shinmei-ryuu, è una delle tre tecniche più distruttive. Consumo Alto.

    Note

      Motoko si difende dalla pioggia di frecce con una tecnica Media in contrapposizione ad un Alto ad area descritto nell'intervento da QM; segue uno scontro con un Eidolon in cui Hazuki utilizza un Basso per potenziare i propri attacchi, mentre Motoko lo finisce con una tecnica Alta. Due utilizzi della tecnica Shundo a scopo scenico per avvicinarsi al fronte nemico ed infine la tecnica Raimeiken per attaccare gli arcieri con la tecnica di potenza Alta richiesta dal QM per eliminarli.
 
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view post Posted on 6/5/2013, 19:33
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Razelan spiegò la foglia di verza che aveva nel piatto, rivelando il risotto che si celava al suo interno, condito con salsiccia e col cuore del cavolo stesso. Con movimenti lenti cercò quindi di imboccarsi il più elegantemente possibile, fallendo una prima volta; una seconda; una terza. Quando uno degli involtini cadde infine in terra abbandonò le posate con un gesto secco e ogni galanteria con esse, afferrò uno dei fagotti di verdura con le mani e gli diede un morso mormorando maledizioni a mezza voce.
Mangiare all'interno del carro era impossibile.
Le tempeste di sabbia scuotevano il veicolo con tanta violenza da fargli credere che si sarebbero rovesciati ad ogni nuova vibrazione e la polvere mossa dal vento penetrava con facilità fra le tendine, inondando il suo loculo come solo una vera e propria Marea avrebbe potuto fare e scivolando disgustosamente nel suo tè nero, inaridendolo.
Gli si prospettava davanti, dunque, un viaggio tutto fuorché confortevole, anche se non aveva mai fatto l'errore di prospettarsi il contrario: non gli era stato difficile trovare due Shadar-Kai che volessero accompagnarlo di nascosto fuori dall'accampamento, né convincerli delle proprie buone intenzioni. Sfuggire agli Eidolon era stato sorprendentemente semplice, e le sue Streghe non aveva infine dato segno di volersi effettivamente interessare a ciò che avrebbe potuto compiere nel corso della battaglia.

Ricordava perfettamente il giorno in cui Adara e Zaria si erano presentate per la prima volta alla sua magione, accompagnate da un'altra decina di uomini abbigliati come loro due e chiedendogli formalmente udienza. A quei tempi non avrebbe mai permesso a nessuno di avvicinarglisi così impudentemente: era stato un vile, prima di conoscere le streghe, e un codardo. Fortuna volle che quella stessa notte aveva sognato un incontro con due donne che gli avrebbe cambiato la vita; aveva sognato il potere, l'ambizione e, sopra ogni altra cosa, aveva sognato il Padre di Ferro.
Così quando quella combriccola di Streghe - uomini e donne indistintamente, nonostante l'appellativo femminile - si presentò alla sua porta, lui lo interpretò come il segno divino che stava aspettando. Quel segno che l'avrebbe condotto alla ribalta; che l'avrebbe fatto completamente rinascere; che l'avrebbe guidato a sovvertire completamente il suo destino.

Aveva dunque acconsentito ad ogni loro richiesta.
Aveva continuato a sognare il loro Dio, notte dopo notte.
L'avevano quindi convertito alla loro fede quando gli era stato utile.
Gli avevano sottratto il suo esercito, e poi la sua autorità, illudendolo con sogni d'ambizione e potere.
E di ciò che aveva sperato per un lungo istante, non gli era rimasto nulla. Nulla tranne il suo nome e cinque Eidolon a fargli da guardia; ma almeno una di quelle due cose la poteva ancora controllare.

Per quello era fuggito dall'accampamento: ormai era chiaro persino ai suoi occhi come le Streghe l'avessero manipolato fin dall'inizio di tutta quella vicenda: erano state loro a mandarle i sogni del Padre di Ferro - un Dio che forse neppure esisteva! - l'avevano illuso, adulato e avevano finto di servirlo incondizionatamente mentre ridevano e mormoravano alle sue spalle dei suoi comportamenti scostanti e delle sue stravaganze. Gli avevano presentato la chimera di avere potere persino su di loro, purché in ultimo lui si comportasse sempre secondo i loro desideri.
Riusciva ad immaginarli: tutti in cerchio in una delle sale più profonde della Tomba della Chimera a raccontarsi delle sue paranoie, a ridere di lui e a canzonarlo con buffi nomignoli.
« Razelan il Ratto! » li vagheggiava schernirlo « No... Razelan il Matto! »

Strinse il pugno con rabbia, dimenticandosi per un istante di troppo di stare stringendo uno dei suoi involtini. Disgustato dall'accaduto lanciò quindi il residuo del cibo fuori dalla carrozza e prese a pulire la mano contro una delle tende.

Il suo piano, ora, era semplice:
Era riuscito ad allontanarsi con due Shadar-Kai dalla Tomba della Chimera, passando da uno dei tanti passaggi sotterranei che ne costituivano il reticolato. Si era mosso giusto pochi minuti prima dell'attacco fortuito dei pelleverde: quella coincidenza avrebbe impegnato l'Ala Rubra abbastanza a lungo da impedire a chiunque di loro di raggiungerlo: avrebbe facilmente messo una grande distanza tra sé e l'accampamento prima del termine della battaglia, che confidava avrebbero vinto senza troppe difficoltà le sue ex armate.
Nel frattempo, lui avrebbe raggiunto la sua famiglia a Castelgretto: la Matrona Vaash non avrebbe resistito alla vista di uno dei suoi figli piangenti e, una volta spiegatale la situazione, avrebbe senza dubbio compreso l'urgenza di mobilitarsi: avrebbe dunque scatenato insieme a lei un'intera porzione dei Quattro Regni sulle sue Streghe, e avrebbe ripreso il controllo dei suoi uomini. Le avrebbe poi costrette a suicidarsi bevendo lunghi sorsi di sangue venefico, nella più nobile tradizione della sua famiglia.
Qualcuno avrebbe potuto dire che ripararsi dietro alle sottane di una donna non sarebbe stato degno di un nobiluomo, ma la verità era che di quei tempi Razelan aveva tornato a sentirsi un Matto; no, un Ratto.

Stava ancora pregustando la sua vendetta, quando la carrozza si fermò senza alcun preavviso.

« Ehi! » esclamò furente « Chi vi ha detto di fermarvi? »
Nessuna risposta.
« ...Che cosa sta succedend-?! »

Prima che riuscisse a terminare la frase, due braccia nerborute penetrarono all'interno del loculo, lo sollevarono senza difficoltà e lo trascinarono all'esterno.
Le Maree erano così violente da impedirgli di distinguere il sopra dal sotto, figurarsi chi fosse il suo assalitore. Un dettaglio riuscì tuttavia a balzargli all'occhio: mani grosse, sgrezzati, verdi, dalla pelle coriacea e butterata dalla sabbia e dal vento. Mani di orchi.
Venne buttato sul terreno con violenza e si sentì mozzare il fiato. Ansimando nel tentativo di riprendere la regolare respirazione finì con l'ingoiare grosse manciate di polvere, e dovette costringersi a tossire, sputare e lacrimare accompagnato da versi nauseanti, prima di riprendersi. Quando infine alzò lo sguardo verso l'alto, tre figure troneggiavano su di lui, immerse nell'apparente nulla provocato dalla tempesta di sabbia che faceva loro da sfondo. Due erano senz'altro orchi, particolarmente alti e muscolosi persino per la propria razza, col corpo costellato di cicatrici; il terzo era un uomo completamente avvolto in un drappo di tessuto rosso, del quale riusciva a distinguere solamente gli occhi chiari e lo sguardo severo.
Quest'ultimo soldato svolse lentamente la tela che gli copriva il viso, rivelandosi a Razelan.

« Ray-Raymond! Raymond Lancaster! Tu... » tossì sonoramente, asciugandosi le lacrime « ...sei vivo! »
Lo disse con genuino stupore, incapace di nascondere la propria sorpresa: stava accadendo tutto troppo velocemente. Il Drago Nero, dal canto suo, non si degnò neppure di rispondere a quella naturale esclamazione.
E Razelan, innanzi a quell'immobilità, non poté che sentirsi incredibilmente debole.

« As-aspetta...! So pe-perfettamente che ce l'hai con me per ciò che ti è... che ho ordinato di farti...! » balbettò incoerente « Ma dovresti rivolgere le tue ire contro i reali responsabili...! Sì, loro! L'Ala Rubra, le Streghe! »

Il soldaat non mosse un muscolo.

« Io... io sono solo una pedina, Raymond! Hanno tradito anche me ma.... ma sono riuscito ad andarmene! Loro mi hanno soltanto usato; forse volevano persino uccidermi dopo la battaglia! »
Lo disse agitandosi nella sabbia, afferrandosi il petto teatralmente nel tentativo di scatenare una reazione di compassione nel suo interlocutore.
« Io stavo... noi... noi forse... possiamo collaborare! »
Esclamò vittorioso, come un bimbo che è appena riuscito a risolvere un enigma.
« La mia famiglia senza dubbio muoverà le sue truppe contro l'Ala Rubra se riuscirò a riferire loro dell'accaduto e tu... » esitò per un solo lungo istante « ...tu potresti guidarle! Potresti convincere i tuoi amici Corvi a unirsi alla battaglia e così... così le Streghe non avrebbero alcuna speranza! »
Si alzò in ginocchio e afferrò le vesti di Raymond in un ultimo disperato tentativo di preghiera.

« Posso farti un uomo ricco, Lancaster; potente! Tu devi... devi solo condurmi dalla mia famiglia e poi... poi andrà bene, per tutti, sì? »

Razelan sorrise, con la fronte imperlata di sudore
e in quell'istante apparì veramente misero.

Il lampo d'ira negli occhi di Raymond fu impercettibile, ma abbastanza perché il Vaash si staccasse da lui e iniziasse a rantolare nella sabbia per allontanarsi, cosa che il Lancaster non gli diede comunque il tempo di fare. Senza troppi preamboli lo schiacciò al suolo spingendo il proprio piede contro il suo petto ed estrasse la spada, alzandola verso l'alto.
Razelan iniziò ad urlare prima ancora che la ferita si aprisse sul suo corpo.
Calando la spada su di lui il Drago Nero gli divelse completamente il braccio sinistro, aprendolo letteralmente fino all'osso e lasciando la mano attaccata al polso solamente per metà.
Le dune si sporcarono di rosso e l'aria si riempì del suono delle grida di dolore dell'uomo.

« Questo è il mio primo termine di accordo, Razelan Vaash: » urlò Raymond, sovrastando le urla di lui « Le dita che mi hai tolto, con gli interessi! »

Quello sembrò riprendersi per un istante e gli si rivolse con la vista annebbiata dal dolore e la mano destra stretta attorno al braccio menomato.

« Tu... tu non... Aaahh... io sono... Nobile... la mia famigliaaahh... »

« Tu sei un codardo. »
Gli rispose il Lancaster, concludendo la sua sentenza.
« È per questo che sapevo che ti avrei trovato lontano dalla battaglia e che esaudirai la mia seconda richiesta: »

« Conducimi dal tuo Dio. »

8tmxw

Le sorti della battaglia stavano volgendo per il meglio.
Gli uomini delle Streghe erano troppi pochi per contrastare l'attacco che piombò su di loro così all'improvviso. La maggior parte di loro furono anche colti impreparati: benché molti fossero pronti e scattanti ai primi cenni d'allarme, altri vennero coinvolti dai colpi dei giganti sui cancelli, o dalle prime invasioni dagli orchi, o dagli incantesimi degli sciamani. Ben presto numerosi altri Shadar-Kai, Guardiani ed Eidolon iniziarono a sciamare all'esterno dai loro ripari sotterranei per prendere il posto dei caduti in battaglia, come un'infinita armata di automi. Gli ordini volavano senza senso da ambo le parti, e il clangore del ferro pareva coprire qualsiasi parola: ben presto i centinaia di uomini pigiati a combattere nello spazio ridotto di quell'accampamento costruito sulla Tomba della Chimera persero improvvisamente cognizione di tutto ciò che stava loro intorno. Contavano soltanto i nemici che avevano innanzi, e poco importavano gli ordini di superiori che nemmeno potevano vedere, o che nemmeno addirittura appartenevano alla propria razza.
Ciò nonostante, in quel caos generale di feriti, violenze e morte, l'alleanza fra gli uomini dei Quattro Regni e i pelleverde sembrò avere lentamente la meglio, e non solo per una questione di numero: molti vennero incoraggiati dal combattere fianco a fianco con creature che avrebbero considerato solo fino a qualche giorno prima nemici mortali, e questo spronò tutti - sia uomini che orchi - a dare dieci volte di più il loro impegno nel corso della battaglia. La promiscuità fornì un senso di sicurezza all'intero esercito unito e, in alcuni casi isolati, competizione.
Ben presto anche i controllori si unirono ai combattimenti, superando le mura dell'accampamento ormai divelte e buttandosi nella mischia senza fare troppi complimenti: non era difficile distinguere il nemico dai propri alleati, in fondo. Anche gli ufficiali di più alto grado si sentirono invogliati ad estrarre le proprie spade e dare il meglio di sé, trattenuti unicamente dalle responsabilità insite nel proprio ruolo.

Fu un Eidolon il primo ad accorgersi che di quel passo avrebbero perso la battaglia.
Vide il corpo trafitto di uno Shadar-Kai crollare innanzi ai suoi piedi e i suoi occhi neri spegnersi senza vita, mentre il sangue colava lento dal suo petto.
Come di consueto, non ebbe alcuna reazione visibile; si limitò ad impartire un semplice ordine.

« Fate uscire i Golem. »



CITAZIONE
Spero di non aver fatto troppi errori: purtroppo devo uscire tra cinque minuti e non ho il tempo di ricontrollare come vorrei.

Innanzitutto, un appunto: questa quest avrebbe dovuto avere dei tempi stringati poiché necessaria ad introdurre dei cambiamenti utili ad un secondo evento nel futuro Toryu. Non preoccupatevi, comprendo benissimo che tutti abbiamo i nostri impegni e le nostre priorità: scrivo questo giusto per informarvi che da adesso in poi non concederò più proroghe e che dovrò accorciare i tempi di risposta. Se non potete postare, nessun rancore, non dovete preoccuparvi: purtroppo avrei devo concludere questa scena prima di una determinata data e ho concesso decisamente troppe proroghe fino ad oggi (e sicuramente mi vedrò costretto a tagliare un post, anche).
Di conseguenza, cinque giorni prima del mio prossimo post, che arriverà sabato sera :sisi:

Passiamo alla quest: voglio lasciare il grosso della descrizione della battaglia a voi, come avrete potuto notare dal mio post, che volge in favore dell'esercito umano-pelleverde. Potete insaporire ancora una volta il vostro post con un qualsiasi numero di scontri-lampo di puro contorno e narrazione, sfruttando l'ambiente che vi circonda come preferite e in maniera totalmente libera. Per qualsiasi domanda a riguardo di quest'ultimo punto, utilizzate pure il topic in confronto.

Dopo diversi minuti dalla battaglia l'Ala Rubra scatena una delle sue armi segrete: i Golem. Questi costrutti (rigorosamente di ferro o acciaio) escono lentamente dal sottosuolo e iniziano a portare scompiglio sul campo di battaglia. Tutti voi possono scorgerne una decina circa nelle proprie vicinanze, ma la presenza delle Maree e della tempesta di sabbia vi limita nel campo visivo, di conseguenza non avete idea del numero reale di Golem che sono stati sguinzagliati dall'Ala Rubra. È abbastanza chiaro che il vantaggio costituito dall'avere dei giganti a propria disposizione è appena svanito :v: Qui sotto la descrizione dei Golem:

CITAZIONE
pericolosità D
Golem: I golem [...] Possiedono una consapevolezza elevata e sono stolidi e inesorabili guardiani del tempio e di qualsiasi esponente dell'Ala Rubra e del suo culto eretico. Appaiono come umanoidi alti dai due ai quattro metri, composti per lo più di metallo e roccia. Nonostante questo, vedendoli è difficile non immaginarli come creature vive e senzienti: i loro movimenti sono incredibilmente umani e la loro intelligenza lascia un'impronta di vitalità grezza in qualsiasi impresa compiano, nonostante le loro capacità comunicative siano incredibilmente scarse. I [...] li impiegano come servitori e, data la loro consapevolezza, li sottopongono spesso a prove e compiti complessi, che possono tenerli lontano dal tempio anche per diverso tempo. L'abnegazione di un golem al culto eretico dell'Ala Rubra è tuttavia innegabile, nonostante quest'ultimo non possa esprimere comunicare concetti così complessi. Essi sono i servitori ideali, animati da una influenza oscura e eternamente grati per la vita di cui possono godere; in combattimento sfruttano le loro dimensioni come arma principale, scagliandosi con la massa del proprio corpo e tentando di schiacciarli con il proprio peso.

Per quanto riguardo l'aspetto, nel particolare: [LiNk]

Per il prossimo post, ci gestiremo in gruppi: i Controllori verranno attaccati globalmente da un Golem, gli assalitori da un secondo Golem, Zaide e Rekla da un terzo. Durante i vostri post si presume che nel corso della battaglia vi siate casualmente avvicinati (gli appartenenti allo stesso gruppo) e che ora siate tutti nelle vostre stesse vicinanze (anche perché la battaglia viene compiuta in un accampamento non esageratamente grande, come detto anche nel mio post).

Ognuno dei tre Golem compie un attacco ad area di potenza Alta su ogni gruppo (quindi Medio su ciascun personaggio): per la precisione solleva il suo flagello e lo agita all'altezza del suolo, falciando letteralmente tutto ciò che gli si contrappone, amico o nemico che sia. Dovete dunque difendervi e poi abbattere i Golem necessariamente nel prossimo turno - e non oltre - ed è necessario un danno Mortale (due critici) per distruggerli: ognuno dei due gruppi può organizzarsi come meglio preferisce per raggiungere questa somma di danni: avete tutto il topic in confronto per organizzarvi.

Non penso di aver dimenticato nulla, ma per qualsiasi domanda non esitate ad esporre i vostri dubbi. Enjoy :v:
 
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view post Posted on 7/5/2013, 16:01
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Chi sei?
« Nessuno »
Che fai, sfotti?
« No, non sono nessuno di importante »
Sei un maledetto Corvo; le suole delle mie scarpe ti trovano importante
« Ho solo la fiducia del Priore; nient'altro che uno strumento del Sovrano »
« Sono la persona di cui si fida di più»
Mi fai schifo, maledetto!
Prendi questo...!


La guerra aveva il sapore della sabbia. Perlomeno quella guerra.
Una radura immacolata, che in un volgo di vento giallo si rifrangeva sui corpi nudi di centinaia di esseri. Una distesa, una bolgia di pelle, sangue e velleità che bisbigliava come un brusio indistinto nelle sue orecchie. Lui era nessuno e come tale non gli era stato assegnato nessun compito. Nessuno di rilevante, quantomeno. Avevano dato inizio alla battaglia; avevano iniziato tutto e lui nemmeno si era accorto come. Non gli importava, non gli interessava. Molto semplicemente, non era quello il motivo della sua presenza li.

A cosa servi?
Gli ripetevano spesso. Avevano la pelle arrossata del deserto, ma dovevano provenire dal nord. Mercenari, feccia giunta al meridione da chissà quanto in cerca di razzie e bottini. In cerca di tutto il peggio che la guerra gli avrebbe potuto dare. Ma lui, servo del potere, non potevano proprio tolleralo: non è bello avere una spia quando si fanno razzie di prede e tesori.
Benché forse non avrebbero concluso molto in quella guerra. Con quel vento; con quelle maree.
E forse per questo la sua presenza era ancora più fastidiosa.
« Rispondimi, cane » disse il soldato, premendogli la suola contro la schiena « ...a cosa cazzo servi tu, se non per spiarci? »
Il Corvo rimase seduto sul suo sgabello, sfogliando il pesante tomo di cuoio dinanzi agli occhi. « Te l'ho già detto; voi non siete di alcun interesse... »
esitò un momento, stringendo piano il libro nelle sue mani « ...per me »
Salzhar, la iena. Così si faceva chiamare quel mercenario dal capello rossiccio e lo sguardo tronfio del proprio ego. Aveva un drappello di tagliaborse al suo seguito e rispondeva a se stesso, prima che ad ogni altro ordine. Era stato loro ordinato di unirsi alle seconde linee dell'esercito. Ma, manco a dirlo, non si erano presentati alla chiamata.
Sarebbero intervenuti solo dopo, ovvero quando non sarebbe servito più. E la circostanza che ci fosse un Corvo a spiarli, li rendeva alquanto irrequieti.
All'ennesimo silenzio del monaco, Salzhar lo colpì con tutta la forza e l'uomo ruzzolò giù dal suo seggio, finendo nell'angolino della tenda da campo.
« Ops, scusi eccellenza! » disse, tra le risate dei suoi sgherri, che lo fissavano da un paio di metri. Poi sputò nella sua direzione, colpendolo in volto.
O sulla maschera posta a protezione dello stesso.

« Ecco cosa sono i Corvi »
disse con tono irato « ...ricordaglielo quando tornerai da loro... »
« se torneai » concluse, uscendo dalla tenda insieme al gruppo.
Lo ricorderò, pensò il Corvo, mentre i corni risuonavano la carica.
D'altronde, era la persona di cui si fidavano di più.

Ora fissava quel volgersi indistinto di masse che si scontravano l'un l'altro, all'unisono con i clangori del ferro e del sangue che si versava sulla sabbia bagnata, alzata poi dalle tempeste. L'accampamento come l'aveva visto la prima volta, ora era soltanto un perimetro informe di oscuro giallume. Ma ora, iniziata la battaglia, niente più era riconoscibile, se non il predominio dei pelleverde. Erano ovunque e combattevano spalla a spalla con quegli uomini che, fino a qualche tempo prima, avevano sfidato sotto il sole nero del Crepuscolo. Un'eventualità che nulla avrebbe potuto mai presagire, dopo allora; eppure l'alleanza avrebbe sfidato qualunque principio e qualunque amenità, per violenza tale che riusciva a generare. Un'impeto indomito che spingeva entrambe le razze a vendersi come predatori con lo stesso barbarico temperamento. Nessun essere è troppo diverso dagli altri, mentre combatte. Erano tutti guerrieri, tutti vittime dello stesso fato.
Tutti carne da macello.

Uscì dalla tenda con ampie falcate, portandosi verso il centro dell'accampamento.
Aveva la maschera ancora umida della saliva del mercenario e la sappia gli si appiccicò al volto, appesantendola ancora di più. Il Corvo la tenne stretta e non si lasciò spaventare dal vento, sfiorando di poco le spalle degli altri guerrieri. Scivolava tra loro lento, come un'ombra. Non era nessuno d'altronde, soltanto un fantasma del potere.
Un fantasma che cercava qualcosa. Anzi qualcuno. Un nome che il suo signore gli aveva imposto come obiettivo. Un guerriero, un valoroso baluardo del Sovrano.
Ma anche un traditore.

Ciò che trovò dopo pochi passi, però, fu ben altro.
Un uomo rantolava nella sua bava, piangendo lacrime copiose tra ampi singhiozzi. Era prono per terra e gattonava a fatica strisciando nella direzione opposta alla sua.
« Salzhar...? » disse, riconoscendo il ciuffo rosso, zuppo di terra e sangue. Il mercenario inarcò il viso: aveva le guance rigate dalle lacrime e lo sguardo ormai perso nella disperazione. « Che ci fai tu qui ? » disse, singhiozzando ancora « ...scappa, testa di cazzo! »
Scappare? Il Corvo lo fissò con aria interrogativa « ma... non stavamo vincendo? »
Salzhar lo fissò come avesse appena bestemmiato e, nella disperazione del momento, scoppiò in una nervosa risata.
« Ah, vincere...? » disse, allungando il dito verso il fondo dell'accampamento. « Chiedilo a loro »
D'un tratto le maree erano divenute scure, grigiastre. Parve come se delle montagne si fossero animate dal fondo del deserto ed avessero squarciato il velo del vento per fare il loro trionfale ingresso al mondo. Erano costrutti di dimensioni abnormi, semoventi e feroci nella loro fredda impassibilità. Agitavano grosse mazze sopra i pesanti elmi e, con esse, smuovevano gran parte dell'esercito. Dell'esercito dei pelleverde, purtroppo.
La ferocia della guerra d'improvviso si tramutò in un indistinta distesa di panico e delirio. Intere squadre d'assalto che il Corvo aveva visto sfrecciare con ardore lungo le linee d'impatto, ora le vedeva correre nella direzione opposta. O non correre affatto.
« Dannazione » il mercenario accennò un'ulteriore strisciata, ma il fisico pareva non rispondergli più.
Aveva una gamba lacerata in più punti e parte dell'armatura totalmente divelta « ...morirò qui, in questo cumulo di merda gialla! »
Il Corvo lo squadrò appena, con una certa sufficienza. « No, Salzhar » disse piano « morire sarebbe troppo facile, oggi. »

Il mercenario rimase stranito da quella frase, ma non ebbe tempo di preoccuparsene.
Il passo pesante di un golem attirò la sua attenzione dal lato opposto del capo, ovvero quello dal quale stava fuggendo.
Un golem alto più di tre metri avanzava minaccioso. La sua ombra incombeva sui due con implacabile pericolosità.
« Sei fuori di testa? » inveì Salzhar che pareva aver perso la speranza, ma non la sua arroganza « ...fuggi o morirai! »
Il Corvo fissò il golem attentamente, senza lasciar filtrare alcunché dalla maschera cerimoniale « Io sono niente, perché dovrei fuggire? »
Poi tornò a guardarlo, apostrofandolo con tono sicuro « io sono come il verbo del Sovrano e l'aria che respiri: intangibile, invisibile, ma indispensabile »
Fece pochi passi e si portò dinanzi a Salzhar, coprendolo con la sua ombra e frapponendosi tra lui ed il costrutto incombente.
« Io sono come la legge che regola il mondo, nessuno mi vede; eppure domino la sua fisica e senza di me non esisterebbe niente »
concluse, togliendosi piano la maschera dal volto « Io sono la verità; nonché l'ultima speranza che oggi ti sia rimasta »
Salzhar lo fissava inorridito, mentre il golem alle spalle del Corvo spostava l'arma, caricando il colpo
« Sei pazzo! Chi ti credi di essere?! »

Il Corvo sorrise, schiudendo piano gli occhi dorati.
« Io sono CAINO »
disse, sorridendo « Nonché la persona di cui Caino si fidi di più al mondo! »
Caino stesso.

Il Priore allargò le braccia in segno di adorazione e dal fondo si alzò un muro spesso di roccia e terra.
Il golem non fece in tempo ad accorgersene e l'arma impattò contro l'enorme parete che si era frapposta tra loro, smuovendo la terra con un pesante sussulto.
Poi si voltò verso di lui, fissando lo sfondo alle sue spalle. Decine e decine di costrutti, figli di un dio ignoto che spalancavano le braccia contro la verità che tentava di accogliergli. Guerrieri di un dio minore che vendevano se stessi con l'unico strumento che avessero a disposizione: la forza.

« Che pena » commentò Caino, mentre Salzhar rimaneva immobile, pallido e catatonico.
« fratelli e sorelle persi sotto un velo di bugia che ha raccontato loro un qualcosa di falso »
mosse le mani, indicandone alcuni « guardali, si battono con furia e potenza. Ma lo fanno per lo scopo sbagliato: non ti fanno pena? »
Salzhar non rispose: si limitò a guardarlo come si guarda una scimmia che canta.
« que-quella cosa » balbettò solamente « non è morta mica... »

Caino se ne avvedette quasi con noia.
Fece pochi passi, accostando il golem dal lato e portandosi abbastanza vicino ad un secondo golem, di stazza pari al primo.
La mazza gocciolava al suo fianco di carne fresca. Frammenti indistinti, misti a sabbia ed agitati dal vento, penzolavano da più punti della corazza.
L'essere squadrò Caino come fosse una foglia da staccare da un ramo e prese, a sua volta, ad agitare la mazza sopra di lui.

« Non è la verità del falso Dio che ti indicherà il tuo scopo »
il Priore tese i muscoli e si sforzò di rimanere freddo « né l'empietà di un gesto che non ti ripagherà di alcunché »
parlò rapido, mentre i ciuffi neri venivano smossi dal movimento della mazza « prendi coscienza della menzogna in cui ti ha condotto il falso profeta ed inchinati al Sovrano! »
Il golem arrestò la mazza e parve fissarlo con occhi invisibili, nascosti sotto il peso del ferro « Abbraccia la volontà dell'unico vero dio ed accogli le nostre parole come le sue! »

Quando ebbe finito, il golem abbassò la mazza
« Inchinati! » disse Caino, con tono deciso « Inchinati al nostro cospetto! »

Il golem accennò un gesto del capo, abbassandolo leggermente in segno di rispetto.
Poi, il Priore gli fece un cenno con la mano ed ambedue si scagliarono contro il primo golem.
Il secondo golem tentò di afferrarlo da dietro, provando a tenerlo fermo per le braccia. Contemporaneamente il Priore si lanciò contro le sue gambe, tenendo le dita dritte e gli artigli vicini come fossero lame affilate. Con violenza mirò alle giunture della gamba destra, sferrando due rapidi fendenti.
Poi si allontanò con altrettanta rapidità, ordinando al golem di finire il lavoro.

Il Priore si portò vicino al mercenario, allungandogli una borraccia d'acqua.
Salzhar bevette con violenza, rispondendogli soltanto al termine « Perché mi salvi? »
Caino non rispose subito. Lo afferrò per quel poco d'armatura che gli era rimasta e lo sollevò, portandolo in posizione eretta.
« Perché la vita che noi ti diamo adesso » disse, fissando il fondo dell'accampamento « tu la porrai al nostro servizio... »
Il mercenario lo fissò, con aria interrogativa. « Hai mai sentito parlare di Raymond Lancaster? »
Disse, fissandolo in viso. « Io-noi... dovremo tornare... la? » chiese, fissando la battaglia incombente.
« Certo. O non ci sarà golem che ti salverà da me » sentenziò.



CS: 6 (2 alla Potenza Fisica; 2 alla Velocità; 2 alla Intelligenza) +2 passiva
Energia: 100% - 13 - 13 = 74%
Status fisico/mentale: illeso/illeso

Passive:
Lo Strumento: Passiva razziale umana, non sviene sotto il 10%, ma si stanca comunque sotto il 20%; Passiva di Primo Livello del dominio Vampirismo, le mani contano come armi naturali, essendo la pelle dura come il ferro e le unghie taglienti come lame, al pari di artigli di stessa fattura; Passiva di Secondo Livello del dominio Vampirismo, benché disturbato dalla luce intensa, i suoi occhi gli permettono di vedere attraverso il buio ed attraverso qualunque ostacolo atto ad ostacolargli la visuale; Passiva di Terzo Livello del dominio Vampirismo, Caino può essere ucciso soltanto qualora gli vengano strappati gli occhi, in quanto non avrebbe più modo di nutrirsi.
Il Potere Passiva Personale (1/10), Caino è in grado di assorbire l'anima dei suoi nemici gradualmente, tanto che la sua semplice vicinanza indurrà nella vittima un'afflizione fisica crescente che gli causerà un senso di stanchezza e rallentamento dei riflessi sempre maggiore al prolungarsi della vicinanza stessa; Passiva Personale (2/10), ogni qual volta Caino contrasta una tecnica avversaria di qualunque tipo ed in qualunque modo, parandone una di natura fisica, annullando una magica o evitando una psionica, guadagna 2 CS alla Potenza Fisica temporanei, fino alla fine del turno, non cumulabili; Bracciale dell'Auspex, Auspex passivo che permette a Caino di individuare qualunque creatura intorno a se.
Il Tempio Passiva personale (5/10), Caino è proprietario dell'Abbazia di Acque Perdute e, come tale, si considera a conoscenza di tutti i tomi in essa contenuti, risultando - in gdr - erudito su gran parte della letteratura, della scienza e della storia contemporanea;
Sii solamente una voce e tralascia i tuoi desideri quando indossa la maschera Caino sarà per ogni suo interlocutore un semplice Corvo, non potendo nessuno riconoscerlo come Ludwig Lestat Lucavi, se non lui stesso (Abilità passiva);
Racconta soltanto la verità e rifuggi gli inganni Caino è in grado di riconoscere le bugie quando indossa la maschera, pur senza comprenderne i dettagli ma la sola esistenza;

Attive:

CITAZIONE
Il tempio Ma potrai rendere come tuo tempio, inoltre, anche la terra stessa che ti circonda, quando sarai lontano dall'Abbazia. Potrai afferrarla con le mani o anche solo col pensiero, e costruirci il tuo riparo, la tua casa, il tuo rifugio: la terra ti ascolterà, che sia terriccio, sabbia, fango o terra dura, essa risponderà al tuo comando. Si ergerà a muro contro gli attacchi dei tuoi nemici, o ti coprirà ponendosi come tetto sul tuo capo. Essa ti difenderà come fossi suo padrone, in quanto il Sovrano l'ha benedetta come nostro tempio e come tale sarà eternamente a nostra disposizione. [Dominio della Terra (Pergamena Ultima da druido), consumo Variabile Alto]

CITAZIONE
Il dominio Infine, il dominio del Sovrano si ergerà perfino sulle menti dei servi, degli araldi e dei comprimari che custodiscano parte della colpa dei loro padroni: tali saranno le evocazioni ed i compagni animali di qualunque nemico del Sovrano. Al suo figlio, pertanto, basterà un consumo Variabile di energie, pari al consumo speso dal suo nemico per l'evocazione, o basso se compagno animale, per controllarne la volontà: in questo modo, il canto del Sovrano riempirà le menti dei servi, permettendo loro di redimersi, benché per un turno soltanto. Questo potranno essere utilizzati solo per azioni offensive, ritorcendosi contro i propri padroni, ma mai difensive. Ed il dominio del Sovrano consentirà loro di divenire parte della trama, benché per poco tempo soltanto: abbastanza, però, da farli pentire per l'eternità delle proprie colpe, una volta che avranno riacquistato il senno. [Ipnotismo, consumo Variabile alto (Pergamena Ultima da Cacciatore)]

Riassunto
Caino alza un muro di potenza alta per contrastare l'intero attacco del golem. Poi prende controllo di un secondo golem uguale al primo, nelle vicinanze, e gli ordina di bloccarlo, mentre lui tenta di gambizzarlo. Infine, ordina al secondo golem di pestare il primo (fine alla fine del turno, suppongo).

Note:
Sorpresona! Nemmeno tanto inaspettata, forse! Comunque, Caino arriva nella battaglia senza essere notato (scambiato per un comune Corvo nabbo, per via della passiva della maschera) e si rivela in questo momento. Alcune precisazioni:
• con la passiva Caino raggiunge 8 CS in questo turno e, con 2 attacchi, dovrebbe riuscire a fare un danno quantomeno alto
• la speranza è che il golem controllato faccia un danno pari almeno al costo speso per controllarlo (alto)
• gran parte di queste azioni sono state concordate col qm
• va da se che per necessità narrative "l'engage" della battaglia (il golem che si avvicina) ho dovuto farlo con un pò di autoconclusività, spero non sia un problema.
• il mio gruppo può beneficiare di un attacco del golem totalmente parato e di un considerevole danno già inflitto, mica cazzi (spero).
• scusate la qualità non forse eccelsa, ma ho delle scadenze importanti e non ho potuto fare di meglio. Ci tenevo a postare, però :P
 
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Stella Alpina
view post Posted on 8/5/2013, 12:23




Sandstorm; getye

-Sabbia rossa-











Deserto dei See, tomba della Chimera



Dopo tre giorni, finalmente un suono diverso da quei maledetti corni. Nell'accampamento degli Shadar-Kai il suono risultava molto più intenso e la tempesta, invece che affievolire il rumore, sembrava amplificarlo a dismisura.
Il suono che ora giungeva alle orecchie di Elias era molto più gradito: l'allarme. Nell'accampamento, tutti i grigi si radunavano in fretta per l'improvviso attacco dei pelleverde lasciando ad Elias la possibilità di muoversi tranquillamente tra le rovine senza insospettire nessuno. Nei tre giorni precedenti aveva girato silenziosamente per l'accampamento nella ricerca dei tesori della tomba. Ovviamente non aveva trovato nulla. Se c'era qualche tesoro non era certo in superficie alla mercé di tutti e l'improvviso attacco gli forniva il giusto diversivo per addentrarsi nella tomba senza essere bloccato.
La permanenza in quel posto non era stata facile, l'acqua era stata avvelenata da lui stesso perciò era stato costretto a nascondere un barile non avvelenato fuori dalla vista delle guardie.
Oltre questo, altri del suo gruppo agivano per creare panico tra i grigi a parole e con i fatti. Voci sempre più strane giravano per l'accampamento e parallelamente cresceva il numero delle morti "accidentali".
Le ronde erano aumentate, passavano in continuazione, i controlli si erano intensificati e il muoversi tra le rovine era sempre più complicato. Ogni guardia riceveva istruzioni per il controllo delle altre ronde per assicurarsi che non ci fossero infiltrati.
Più di una volta Elias aveva rischiato di farsi trovare ma ora era diverso, il controllo non c'era più, ora c'era la battaglia.
Un gruppo di grigi gli passò affianco correndo in formazione verso uno dei cancelli. Elias sorrise sotto il velo che gli copriva gran parte del viso, il gruppo era uscito dall'ingresso alla tomba lasciando la porta aperta per i successivi rinforzi.
Era la prima volta che riusciva ad avvicinarsi tanto all'ingresso.
Sbirciò dentro cauto. Una scalinata in pietra scendeva senza sosta nell'oscurità.
Un altro gruppo di Shadar-Kai salì le scale, il cuore di Elias prese a battere forte, gli passarono affianco senza degnarlo di uno sguardo.
L'uomo tirò un sospiro di sollievo, poi con l'entusiasmo di un bambino che apre il suo regalo di compleanno, si fiondò giù per le scale.





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wirran________________________




Deserto dei See, tomba della Chimera


Droth afferrò in fretta lo scudo dalla rastrelliera e invitò gli altri a fare lo stesso cercando di sovrastare il frastuono all'interno della sala d'armi. Il caos che si era creato subito dopo la chiamata continuava ad imperversare tra le linee degli Shadar-Kai. Gli orchi avevano attaccato sfruttando in pieno l'effetto sorpresa. Si diceva che non avrebbero attaccato finché non avessero finito con i corni ma quei dannati cosi suonavano ancora! Quello era il risultato della pessima informazione: il caos. Le truppe erano state chiamate a raccolta in fretta e furia senza troppe istruzioni. I capi delle unità ne sapevano quanto i sottoposti. Droth odiava non essere informato. Come poteva guidare la sua unità senza ordini? Cosa doveva fare, improvvisare?
Quel che sapeva è che non avrebbe permesso a quei barbari di prendersi la sua vita, piuttosto si sarebbe ucciso da solo, se necessario.
Un uomo inciampò nel piede di un altro e si schiantò contro la rastrelliera rovesciando gli scudi appesi.
Droth imprecò e prese a calci il disgraziato.

« Cosa cazzo stai facendo? Tirati su e raccogli gli scudi! »

L'uomo farfugliò qualche scusa e si rialzò, poi prese a distribuire gli scudi.
Droth non ne poteva più. Le sue truppe sembravano aver perso ogni tipo di atteggiamento militare. La permanenza forzata sottoterra al riparo dalle tempeste li aveva rammolliti. Non avevano più eseguito neanche una manovra, nessun allenamento con le armi, nessun addestramento fisico se non quello che ognuno faceva per sé quando ne aveva voglia. Semplicemente non c'era spazio.
Pessima organizzazione e nessuna voglia di cambiare le cose. Di lì a poco avrebbero affrontato la furia degli orchi e chissà che cos'altro e con cosa? Con uomini che a malapena si ricordavano cos'era una spada.
Droth schiantò il pungo contro uno scudo.

« Muovetevi dannati ratti, gli orchi non stanno ad aspettare noi! »

Ci vollero altri venti minuti prima di armare l'intero distaccamento e almeno altri venti prima di riuscire a metterli in formazione per marciare verso la superficie.
Tra tutti i distaccamenti, Droth era sicuro di avere quello meno preparato. La colpa non era di certo sua, era stato appena assegnato a quell'unità per sostituire il precedente comandante, morto per avvelenamento. Se quell'unità era stata addestrata dal morto, di certo aveva avuto quel che si meritava.
Finalmente riuscì a dare l'ordine di avanzare e il muro compatto corse in direzione dell'uscita.
Droth non sapeva cosa si sarebbe trovato di fronte, ma era certo che l'avrebbe affrontato a testa bassa e avrebbe costretto i suoi uomini a fare altrettanto.
Sapeva che il morale della truppa era basso, i continui stress subiti non avevano certo contribuito. L'acqua avvelenata era stato il picco più alto. Ogni volta che gli veniva dato da bere si chiedevano se avrebbero fatto la fine del loro comandante o se l'avrebbero scampata.
I superiori non sembravano preoccuparsi del malcontento, non che gli importasse di qualcos'altro in particolare riguardante la truppa.
Droth si fermò lasciando avanzare gli uomini senza di lui. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Uno Shadar-Kai veniva in senso contrario al loro.

« Tu! Dove stai andando? »

Ecco che cominciavano i disertori. No, non l'avrebbe permesso.

« Io devo... devo consegnare un messaggio »

Che scusa idiota.

« Si certo, di che unità sei soldato? »

L'uomo era palesemente a disagio, era ovvio che nascondesse qualcosa.

« Io... ecco... »

Droth non aspettò nemmeno la risposta, non aveva tempo.

« Non tollero disertori, sei fortunato che abbiamo bisogno di ogni uomo disponibile altrimenti saresti già morto. Questa battaglia non te la perderai, vieni con me, ti terrò d'occhio e se tenterai di fuggire ti ucciderò personalmente. »

Afferrò il soldato per la casacca e lo spinse in avanti, a seguire gli uomini. Il soldato protestò ma alla fine si unì al gruppo, seguito dal comandante.
Droth si affiancò al disertore e non lo perse d'occhio nemmeno un istante.
Il distaccamento uscì in superficie e venne accolto dalla sempre presente tempesta. Il vento sferzava i volti e la sabbia si infilava in ogni fessura o buco.
Il rumore della battaglia era assordante e sovrastava persino il boato della tempesta. Non c'erano indizi per capire l'andamento dello scontro, così Droth condusse gli uomini nel primo spazio possibile, spingendoli in prima linea. Il disertore sembrava aver messo la testa apposto e seguiva il gruppo nei suoi movimenti.
L'attenzione del comandante venne attirata dai giganteschi colossi di metallo. Avevano liberato i golem, questo voleva dire che la battaglia non stava volgendo per il meglio.
Senza pensarci ulteriormente si buttò nella mischia, c'erano dei morti da fare.
La sciabola alta sopra la testa e lo scudo davanti al petto, Droth caricò i primi orchi che trovò. Il suo braccio si muoveva senza sosta, dispensando colpi in ogni dove e macchiando la sabbia con il sangue degli invasori. Una scarica di adrenalina gli attraversò il corpo e una risata frenetica lo colse. Il turbine di colpi continuava incontrastato mentre la sciabola percorreva archi insanguinati. Dopo i primi morti lasciò lo spazio in prima linea ad altri uomini del suo distaccamento per concedersi un po' di riposo. Le braccia gli dolevano per la fatica. Si guardò intorno, le sue truppe spingevano sulla linea affiancate da due golem, gli orchi sembravano sul punto di cedere. Sgranò gli occhi e tirò la testa indietro ridendo, una risata folle ebbra di eccitazione. Una risata che gli morì in gola. Abbassò gli occhi e si ritrovò a fissare una lama uscita dal proprio ventre. Lasciò la sciabola e cadde in ginocchio portandosi la mano alla ferita. Qualcuno gli parlò all'orecchio, una voce che aveva già sentito.

« La prossima volta, ti suggerisco di farti gli affari tuoi. Ah ma che sciocco, non ci sarà una prossima volta. »

Droth girò la testa e il suo sguardo incrociò quello del disertore piegato su di lui. L'uomo estrasse la lama e il comandante si accasciò a terra gorgogliando, il sangue che usciva dalla bocca. Intorno la battaglia continuava senza sosta, intorno il mondo andava avanti.




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wirran________________________




Deserto dei See, tomba della Chimera


Elias pulì il mannarino sul corpo del comandante e si accertò che nessuno avesse visto la scena. Tutti erano impegnati a combattere gli orchi.
Bene.
In tutto quel caos doveva capitargli il tizio moralista.
Elias strinse i denti e imprecò, ormai tornare nella tomba era escluso, ora era in mezzo alla battaglia, in mezzo agli Shadar-Kai e non aveva idea di quando ancora potesse durare la pozione che l'aveva trasformato in uno di loro.
Inoltre la battaglia volgeva al peggio per gli orchi. L'arrivo dei golem aveva invertito l'esito dello scontro, i colossi spazzavano il campo di battaglia con i loro flagelli falciando tutto ciò che incontravano, amici o nemici, non aveva importanza.
Ad ogni passata di flagello, le retrovie degli Shadar-Kai esultavano abbassando ancora di più il morale dei nemici.
Per quanto Elias non avesse interesse per la causa dei pelleverde, dall'esito della battaglia dipendeva la sua vita e per questo non poteva rischiare. Avrebbe combattuto anche lui, dalle linee dei grigi.
Uno schianto attirò la sua attenzione. Uno dei golem aveva colpito con il flagello un muro di terra che fino a pochi istanti prima non c'era. Elias rimase interdetto per qualche istante poi decise di ignorare la questione e di intervenire sul golem.
Le mani del negromante si agitarono veloci nell'aria mentre le labbra si muovevano silenziose.
Un lieve tremore scosse la terra e un paio di chele si fecero spazio tra la sabbia mandando all'aria gli Shadar-Kai nei dintorni. In poco, uno scorpione gigante uscì dalla sabbia alle spalle del golem e senza perdere tempo si scagliò contro il colosso. Le chele dirette verso le gambe, pronte a chiudersi su di esse e il grosso pungiglione sulla coda verso la schiena del golem.
Le mani di Elias continuarono la loro danza mentre due figure evanescenti apparivano al fianco del Golem e si scagliavano verso la testa dell'essere con l'intento di artigliarla, accompagnate dal loro urlo disumano pieno di sofferenza.
Elias terminò le evocazioni e si concentrò su quel che stava per accadere. Come lui anche gli Shadar-Kai intorno sembravano seguire lo scontro quasi dimenticandosi degli orchi.









Riassunto Tecnico

Energia rimasta: 56% (89% - 22% - 11%)
Energia consumata:33%
Stato Fisico: Illeso.
Stato Mentale: Preoccupato.
CS: 1 CS all'Intelligenza.
Consumi: Basso 6% ~ Medio 11% ~ Alto 22% ~ Critico 44%

Abilità passive

Controllo energetico ~ Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

Passiva Dominio I ~ All'inizio del percorso negromantico, evocare una creatura può sembrare estremamente complesso e dispendioso in termini di tempo, ma con la pratica si può arrivare ad evocare anche più creature contemporaneamente e lo si può fare istantaneamente, senza neanche troppa concentrazione. Questo a patto che tu abbia raggiunto il livello di pratica adatto allo scopo.

L'arte del sotterfugio ~ Possibilità di utilizzare tecniche della classe Ninja.

Abilità attive utilizzate

Serpente gigante ~ Il ninja evoca accanto a sé un serpente gigantesco, in grado di stritolare ed avvelenare i suoi nemici per lui.
La tecnica ha natura di evocazione e richiama una singola creatura velenosa; generalmente un serpente, ma a seconda della personalizzazione può essere utilizzata anche un'altra creatura terrestre che possieda veleno, come un ragno gigante o simili. La creatura potrà raggiungere le dimensioni massime di un elefante; verrà gestita dall'evocatore e non andrà trattata autoconclusivamente. I suoi attacchi fisici provocheranno un danno equipartito fra quello provocato normalmente dall'attacco e quello provocato dal veleno; tale ha la capacità di scatenare emorragie interne e simili sintomi. La creatura evocata avrà potenza Media e potrà rimanere in campo per un massimo di due turni, potendo essere richiamata prima a volontà del caster o fino a quando non sarà distrutta dopo aver subito un danno totale pari a Medio. La potenza della creatura evocata sarà pari a 4 CS e in specifico:
- 2 CS forza
- 1 CS resistenza
- 1 CS agilità.
[Consumo di energia: Alto]


Non vita ~ Il negromante utilizza le proprie conoscenze per evocare un esercito di non morti.
La tecnica ha natura magica, benché prenda forma di evocazione - va affrontata come una normale offensiva, non dissimile da una qualsiasi altra tecnica. Il caster richiama una grande quantità di creature non morte totalmente asservite a lui. Queste si lanceranno quindi contro l'avversario, provocandogli un danno totale medio nel tentativo di eliminarlo. I non morti possono essere utilizzati anche per svolgere altri compiti di nicchia, come trasportare un oggetto, ma in ogni caso svaniranno al termine del turno - o dopo aver compiuto i propri doveri all'interno del turno. La loro totalità ha potenza Media e provoca un danno Medio.
[Consumo di energia: Medio]


Edited by Stella Alpina - 8/5/2013, 17:14
 
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II




Un abissale tremore anticipò la sconvolgente venuta di colossali ombre. Il vento sembrò cessare per attimi senza fine, quando indistinte figure fermarono il tempo stesso sulla distesa sabbiosa. Giganti comparvero fieri davanti agli increduli occhi del battaglione, come rivoltosi Titani diretti all'Olimpo. Lo sgomento penetrò nelle ossa dei differenti guerrieri presenti, simbolo dell'improvvisa minaccia che rovesciò il risultato della battaglia, fino a quel momento apparentemente migliorato.
Sfilò la lama cremisi da un ultimo corpo per spostarsi con lo sguardo assorto verso i combattenti nei pressi dei quattro mostri di ferro - o roccia che fosse. Con l'idea precisa di bloccare l'attacco di uno dei golem - focalizzarsi su più d'uno sarebbe stata un'impresa per lui a dir poco folle, realizzò -, tentando appunto di evitare la strage di troppi uomini, essendo quegli attacchi altamente distruttivi.

Schivando alcuni colpi e facendosi strada alla meno peggio giunse affannato quanto più vicino si potesse stare a quei giganti senza attirarli contro si sé. Si mise nel gruppo, per poi aspettare il momento dell'alzata di quello che sembrava un ibrido tra una frusta e un'ascia, e che costituiva parte integrante di una delle braccia, corrispondente a un ampio scudo nell'altra. Mosse onde di sabbia che si mischiarono nella bufera facendo socchiudere gli occhi a Leona, che tentò di coprirsi alzando gli avambracci al volto. Torcendo indietro il l'arto armato l'ammasso di metallo si preparava al colpo, facendo capire al giovane di dover agire subito, e velocemente.

Concentrandosi, con gli occhi brillanti, appoggiando le mani chiuse a pugno a terra, vide scorrere i frammenti di sabbia simili a fiumi, inginocchiandosi, con la testa china, sentì il fluire di quei torrenti, sentì quasi parte di sé quella sabbia senza una forma definita. Una spessa lastra di spesso ghiaccio s'infiltrò creando ennesime onde sul mare d'oro, giusto in tempo per ricevere la lama dalle forme esotiche, facendo diramare una scura crepa su gran parte della superficie, ma senza alcuna reazione. Un sorriso, quasi smorfia sfiorò le labbra del mezzodemone, fiero del risultato.

Stringendo la presa sull'elsa decorata di Helen si preparò a sferrare la sua offensiva insieme ad altri, tra i balzi dei più agili aggirò la sua stessa difesa, per sfruttarla ora come appoggio per ottenere maggiore spinta per il suo fendente. Il filo della lama, ancora macchiato, s'irradiò di fredde schegge dalle tinte vermiglie, gelidi angeli accoglienti le anime dei deceduti, come peccatori ormai assolti. Il colpo sferrato senza mirare ad un punto preciso, sicuro della possibilità offerta dal potente gioco di squadra.

Lentamente le sfumature della vuota volta celeste si schiarivano, per restituire alla luce lo spazio privato. La tetra notte si oscurava, mentre sotto di essa minuti corpi danzavano tutt'uno con la sabbia, ipnotici contro demoni di metallo.

Il sole fendeva il buio, forse portatore di speranza, separatore di rigide nubi nere.

Energia: 40% (70 - 24 - 6)
Stato fisico: Ferita da taglio alla parte sinistra del bacino [Basso], Ustione da elettricità alla spalla sinistra (frontale) [Basso], Lievi graffi/tagli [Danno fisico].
Stato mentale: Illeso.
Capacità Straordinarie: 1CS Destrezza
Bianca

Abilità Passive:
CITAZIONE
Titanio ♦ Il legame instaurato da Leona con la sua arma principale, Helen, è giunto a livelli tali da riuscire a proteggere la stessa, infatti, essa acquista l'indistruttibilità, segno che il metallo che la compone non è più lo stesso, ma che è cresciuto con il loro rapporto.
[Passiva Dominio Incantaspade I: Passiva]

Mente di ghiaccio ♦ Leona è sicuro di non avere soltanto sangue umano dentro al suo corpo, e di questo riesce a fare una forza, infatti, spesso rinnegato, è riuscito a fare di questo una forza; egli infatti è infatti parzialmente immune ad influenze psicologiche.
[Razziale Mezzodemone: Passiva]

Abilità Attive:
CITAZIONE
Muro di ghiaccio ♦ Leona riesce a richiamare il freddo più gelido e a farlo materializzare in forma solido grazie ai suoi duri studi. Esso si comporrà come un vero e proprio muro, massiccio e imponente. Apparirà come una spessa lastra di ghiaccio, con potenziale difensivo pari ad Alto.
[Pergamena Iniziale Mago "Muro di ghiaccio": Alto.]

Spada di ghiaccio ♦ Il profondo legame presente tra Leona e la sua spada Helen gli ha permesso di trasmettere la magia alla lama, potendo utilizzar el'elemento ghiaccio attraverso ad essa. In termini di gioco, spendendo un quantitativo di energie pari a Basso e senza alcun tempo di concentrazione, ad egli sarà possibile far sprigionare dall’arma incantata una bordata elementale dal potenziale pari al costo.
[Attiva Dominio Incantaspade I: Basso]

Riassunto: Uccido un'altro Shadar-kai random - non vicino ai golem - e corro verso i golem, procurandomi qualche lieve danno da taglio dai guerrieri nei paraggi che logicamente non mi avrebbero ignorato. Evoco il muro alto (Muro di ghiaccio) e qui sarei davanti al pg di Yomi, e dopo ciò utilizzo - ancora, immagino che potrebbe forse costarmi qualcosa di negativo lo riutilizzare la stessa tecnica, ma mi piaceva l'idea utilizzare quella - l'attiva prima del dominio incantaspade (Spada di ghiaccio), nothing else.
Note: Non molto da commentare, non ho divagato molto per paura di fare macelli, ci ho messo un po' anche se non è particolarmente lungo o notevole.





 
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