Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Bloody Wings

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Lud†
view post Posted on 15/5/2013, 10:53 by: Lud†

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Tagliarono mezza città, da ovest verso est senza mai abbandonare Vecchia Taanach. Oltrepassarono fatiscenti strade e vicoli, porticati angusti, su e giù per strette scalinate. Camminarono mentre la città vecchia andava via via ridestandosi, mentre la feccia peggiore cominciò a riversarsi per le strade. Non v’era gioia, non v’era l’odore buono delle focacce appena sfornate, c’era solo letame che si aggiungeva ad altro letame. Il sole cominciò a pittare d’arancio le mura incrostate di sporco delle case, le ombre dei poggioli si diramavano come lunghi bracci accarezzando e avvinghiando i mattutini abitanti in una coltre di gelido freddo. L’aspetto di Morpheus, profondamente deturpato dal sangue di Albert, verosimilmente non era molto diverso da quello di altre persone, da quello di un macellaio poco avvezzo all’igiene, o da quello di una prostituta percossa in più e più punti che stava tornando barcollando nel suo appartamento. No, Vecchia Taanach non era decisamente il luogo in cui le persone badassero all’aspetto, per questo, nonostante la forte nube di odore acre che si portava appresso il dragone, passava totalmente sotto traccia: dimenticato e ignorato come un qualunque nobile decaduto. La Grande Verde si stagliò dapprima all’orizzonte come un oggetto inafferrabile e inespugnabile. Un’icona mostruosa della potenza che nel passato rappresentò, antistante a ciò che ora era: una porzione logora di una città molto più grande. L’arena era un mausoleo irto di ricordi e splendore, attorniato dall’atmosfera peculiare dei monumenti in decadenza: L’aria rarefatta e irrespirabile; il pungente odore acido dell’acqua stagnante che penetrava nelle narici con l’intensità di mille lame affilate; la pietra che si ergeva verso il cielo a sfiorare i titani che l’avevano generata. Un colosso che aspirava alla magnificenza eterna. Più vi si avvicinava, più il cupo malessere di quell’opera antica attirava Morpheus come miele per mosche. Da dragone non poteva far altro che restare affascinato dinanzi a quel tesoro, un diamante grezzo da rendere saturo di bellezza, una pietra zeppa di polvere da pulire e tirare a lucido. Il passato che da sempre affascinava Morpheus più del presente, perché incombente si avvertiva il sapore della storia, l’odore di una civiltà passata spazzata via nei secoli e ormai dimenticata. Non v’era più uomo di quell’epoca, solo e soltanto le impronte indelebili lasciate scolpite nella terra. Valicarono come antichi eroi la grata incrostata di ruggine catapultandosi così nel lugubre cimitero di antichi combattenti, nei secoli, la Fossa Verde era stata una silenziosa astante dei giochi malsani e perversi, di combattimenti villani e all’ultimo sangue, di morti più o meno cruenti. Tra le pareti spirava il sinistro soffio del vento, come lo sferragliare di catene di un irrequieto fantasma, come se i morti non avessero mai trovato la pace agognata in vita. L’angelo della morte si stagliò di fronte ai loro occhi come un capolavoro psicopatico di una mente malata. Il sangue ruscellava in grumi ormai secchi, partendo dalle viscere del suo corpo spandendosi al pari di radici di un gigante albero. Il corpo era inginocchiato come in preghiera rivolto ai piedi della statua, le medesime ali che si aprivano dalle costole e si estendevano verso il cielo, verso il nulla.
il capo genuflesso verso il terreno osservava un’accozzaglia cremisi, schizzi di sangue colati dal corpo ma, avvicinandosi al cadavere, iniziarono a prendere forma, fino a diventare simboli, un messaggio lasciato dalla vittima, un messaggio lungo scritto con il proprio sangue tra atroci sofferenze, un messaggio in una lingua strana che in cinquecento anni di vita Morpheus non aveva mai letto.


In ginocchio dinanzi alla scritta, Morpheus si perse in quei simboli, cercando l’illuminazione all’interno della sua mente, sperando che qualche libro, nello scaffale immenso della sua libreria, si aprisse mostrando la chiave di lettura di quella criptica scritta. Non si accorse dell’iniquo tempo che passò, dell’asessualità dell’angelo o del sacrificio di Vaairo, che liquidò con un mero cenno della testa e una pia gratitudine, era già sporco, altro sporco non gli avrebbe cambiato la giornata. Solo in quel momento si accorse della presenza di Floki dietro le sue spalle, invero avvertì prima il rumore del respiro pesante vicino al suo orecchio, poi voltò lievemente la testa, guardandolo negli occhi, distogliendo per un secondo lo sguardo dal messaggio.

« Conoscevo questa lingua. La parlano nei villaggi a sud dell'Estvan...da dove veniva mio padre »

Floki proferì quelle parole grattandosi la nuca, come a voler afferrare il pensiero che continuava a sfuggirgli tra le mani. Non si ricordava evidentemente la lingua paterna e Morpheus non gliene diede colpa, si voltò nuovamente tornando a decifrare il messaggio.

« Floki, alla locanda avete per caso interrogato una donna? »

Per un attimo Morpheus diede valore al tempo, temendo di aver tergiversato a lungo sulla possibilità di fidarsi di chi aveva di fronte, nelle ultime ventiquattro ore c’era stato più di un omicidio, una situazione che stava sfuggendo di mano, che avrebbe messo in agitazione persino Shivian.

« Solo la moglie del locandiere. » L’uomo smette per un istante di riflettere sui carattere rispondendo al dragone. « Perché? »

La risposta non era quella che si aspettava, non credeva che la moglie di un locandiere fosse capace di arrivare a tanto, così per altro, senza nessun apparente motivo.

« Di che colore aveva i capelli? »

Ignorò la sua domanda, come se non fosse importante in quel momento dargli risposte.

« Bianchi, ma mi pare che fosse mora qualche secolo fa. » Scosse la testa, come se fosse rassegnato. « Non capirò mai certe perversioni sessuali. »

Morpheus tornò in silenzio, isolandosi nuovamente nella sua mente, dando più importanza ai suoi pensieri che alle parole altrui, cadde nel suo limbo mentale, nel labirintico Io della sua mente, volò da stanza a stanza, scorse pensiero per pensiero, ma quella scritta restò un mistero irrisolto. Non v’era nulla nella sua mente che vi assomigliasse, quei territori del sud dell’Estvan gli erano quasi del tutto sconosciuti.
Restò in silenzio per un tempo che gli parve minuti, ore, secoli. Fin quando il sorriso vittorioso di Floki non giunse molto più velocemente delle sue parole, fin quando la sua voce non rimbombò tra le pareti in un canto trionfo.

« Mi hanno ucciso Ragnar e Seraphim dei Falkenberg Korps. Questi nomi vi dicono nulla? »

Il sorriso di Morpheus per un attimo si irrigidì in una smorfia contratta, il pensiero di Viktor catapultò nella sua mente come un pugno nello stomaco, RotteNhaz e la sua tetra atmosfera cominciarono a serrargli il cuore in una morsa, a bloccargli il respiro fin quando il buio non lo carpì per un istante.

« No, non li conosco, il secondo è sicuramente una donna, di mezza età, i capelli dovrebbero essere di un biondo pallido, con venature grigie, è tutto quello che so, tu Vaairo? »

Ma c’era molto di più, finalmente capì la macchia di sudore, finalmente capì la psicologia degli assassini, vi era qualcosa, qualcosa di tremendo e malsano nell’aria all’interno di RotteNhaz, lui lo sapeva, lui c’era stato e per poco non ne diventò matto. Più ne respiravi, più diventavi assuefatto di una sostanza che ti oscurava ancor prima della mente l’anima. Diventavi un prigioniero corrotto, un mostro senza coscienza. Diventavi il buio, il nulla. Ti perdevi nei sobborghi irrespirabili del marciume corrotto, nell’irrecuperabile perdizione del proprio essere, divenendo si immortale, ma schiavo, non più libero.
Null’altro che un mostro in catene.

« Ragnar è l'ufficiale dei Korps di cui parlava il mio informatore. Quindi erano davvero in due. Tutto torna. »

Le parole di Vaairo ridestarono Morpheus, risvegliarono la sua mente dal quel torpore oscuro in cui stava piombando. Infine ripresero la strada, la ripercorsero a ritroso, lasciandosi alle spalle l’ennesimo morto.
Lasciandosi alle spalle il ricordo di Viktor, ben sapendo che ogni passo che faceva in avanti lo avrebbe avvicinato sempre di più a lui.

« Mi dispiace per quel poveraccio...quando questa storia sarà finita, ricordatemi di mandare qualcuno a occuparsi del corpo. »

Ma in quel momento Morpheus ebbe la strana sensazione che quella storia non sarebbe mai finita.
Che sarebbe sfociata in qualcosa di ben peggiore.




Postato, spero possa piacere il post.


Edited by Lud† - 11/1/2014, 20:23
 
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