Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Contrapunctus; Ode ai Redivivi

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Foxy's dream
view post Posted on 22/9/2013, 17:37







Oscurità, tenebra, una notte che non rinfranca dalle fatiche del giorno, un sonno inquieto che si infrange sulla necessità di riposo, un bisogno di quiete che solo il silenzio riesce a concedere. Una melodia in sottofondo, il cheto respiro della natura. Il frusciare del vento su fronde oramai orfane di turgore, trascinate in quel soffio e trasportate un po' più in là, e poi ancora un altro passo; l'apprestarsi dell'autunno ad annunciare l'ennesimo, gelido inverno. Un grillo canta nostalgico sulle note di mesi trascorsi al rassicurante tepore del sole, passi felpati di qualche bestia sul tappeto di foglie rinsecchite dalle tinte brune.
L'echeggiante stridere di una civetta lontana.
...

Immagini confuse, contorni sfocati attorno ad abominevoli paesaggi e formazioni rocciose protese come braccia sulla bassa volta del cielo. Un'amorfa creatura all'orizzonte, un becco adunco, ali imponenti, caligine fattasi trama ed intessutasi su contorni malamente definiti. La realizzazione di essere ancorata al suolo mentre l'abominio - prima lontano, inavvicinabile - si fa sempre più vicino, più definito, ad irridere mille sforzi e stenti. Perché ci sono limiti che non possono essere valicati neppure dalla più ferrea volontà. E non poté far nulla per impedirlo; né fuggire o lottare. Occhi di cristallo purissimo su cui si specchiavano gli ultimi lucori di una luna morente, ammorbata da nubi troppo fitte, un madido sudario gettato per coprire quanto la crudeltà stava per mettere in atto. Artigli protesi contro il viso della bella regina, impietrita al cospetto dell'inevitabile. La paura è una temibile avversaria, talvolta invincibile.
Vicini. Vicinissima.
Avvertì dolore prima ancora che l'inesorabile potesse accadere.
Un lungo brivido pungente le percorse la schiena.



Ma come riemergendo da una lunga apnea fu nuovamente sveglia in un bagno di freddo sudore, il respiro pesante con gli occhi rifratti in ciò che occhio, per quanto vigile, non avrebbe mai scorto. La mano, lenta, si posò sul ventre rassicurando colei che, piccola e innocente creatura, aveva certamente vissuto in avvicendarsi di sensazioni irte di spine. Il frutto di un'unione, dell'amore vagabondo sorto tra lei e Shakan, connubio d'anime legate in nome del caso. Era assurdo il solo credere che, malgrado sull'onda di truci vicissitudini, potesse nascere qualcosa di tenero e fragile in un ambiente che riconosceva la sola forza. Poi, come trafitta da un dardo, una lancinante fitta di dolore la colse impreparata. Ed urlò sopraffatta, debole come una donna qualunque. Un bruciore irriconoscibile, impossibile da ricondurre ad alcuna delle ferite collezionate nelle innumerevoli battaglie affrontate. Quasi si contorse su se stessa, ma senza levare mai la mano dal grembo; disperato tentativo, esangue prova di forza per proteggere chi non aveva modo di difendersi.

Donovan, nella stanza accanto, udì ogni straziante lamento.
Era la seconda notte che viveva momenti simili, e quando la notte precedente era accorso in suo soccorso - per quanto inutile fosse in simili circostanze - fu respinto in malo modo. Ricacciato. Indesiderato. Ciononostante il vecchio scudiero sapeva abbastanza bene che non era la Regina a dar voce a quelle parole, quanto la donna dietro di essa. A volte ce ne si poteva dimenticare, abbagliati dal fulgore di parole cariche di passione, di gesti alle spalle dei quali poteva celarsi un progetto più grande e articolato, eppure, fra le tante cose, Alexandra era anche una donna.
All'udire un nuovo urlo non ebbe più la forza di restare fermo e sguazzare nell'inettitudine; raccolto l'indispensabile andò a chiamare Anglide, mezzelfa guaritrice che senz'altro sarebbe stata più utile di lui. I suoi talenti erano stati di grande aiuto nella ricerca di Kreisler il cavalca-viverne, quando preda del suo passato si era lasciato andare a tormenti tali che solo le memorie più antiche riescono a cagionare. Il fatto poi che facesse parte dell'oramai folta schiera dei Leoni la segnava come la più indicata ad aiutare la regina.

_ ___ ______________________ ___ _


« Donovan! » Alexandra, adagiata su una comoda poltrona a mani giunte, chiamò a sé l'attenzione dello scudiero. Erano ormai due giorni che ponderava su quei sogni che di sognante avevano ben poco, bensì incubi la cui fattura poteva essere ricondotta ad una sola matrice, un unico potere tra le cui spire si celava la maledizione riconosciuta come Sorya « So bene di non essere la prima a venire premiata da Eitinel, o ciò che noi abbiamo imparato a chiamare con quel nome. » ammise velandosi di sarcasmo « L'Eternità. Il Secondo Comandamento. »
proseguì accennando a qualcosa che il vecchio sapeva bene
« Nonostante ciò... Mastro di Chiavi.
Protettrice delle porte del Clan che non esiste. »


« E quelle stesse porte che dovevate difendere strenuamente le avete spalancate. » arrise in risposta l'interlocutore « Vero! » affermò « Ma le ragioni le conosci fin troppo bene. »
tergiversò con un lungo respiro, come se il solo pensare a quegli incubi le costassero il medesimo dolore della notte, quel dolore che nell'ultima - forse anche grazie all'intervento di Anglide - non l'aveva più colta. Era accaduto qualcosa, una ragione che, sfuggevole, le mostrava la via da intraprendere.
« Ho sognato una civetta che mi aggrediva... » confessò la regina « Una civetta? Il simbolo con il quale la Dama vi ha marchiata. » replicò l'altro « Già, è possibile che qualcuno o qualcosa dietro il marchio sia in collera con me. » proseguì in ansia « E potrei anche comprenderlo; ho osato dove altri impaurivano al solo pensarlo, valicato il perimetro dell'ultima stanza di Velta, lasciato che una lama sfiorasse il collo di Eitinel indifesa nel suo letto, e oltraggiato il tabù da lei imposto malgrado sia stato iscritto sulla mia stessa pelle. »
« Ma è altro a preoccuparmi... »

« ... »

« Per tre notti consecutive il medesimo incubo. Dapprima non vi ho fatto caso, un particolare apparentemente irrilevante; fra gli artigli della civetta che mi aggrediva era stretto un pendaglio » stentò nel trovare la parola adatta nel descriverlo « particolare. »
« Potete descriverlo? » incuriosito, Donovan pose una domanda della quale pareva avere già la risposta, ma che non rivelò forse per capriccio personale « Il problema è che non vi riesco. Più tento di metterlo a fuoco e più mi pare lontano. » Alexandra, spiazzata, non comprendeva come un dettaglio in apparenza così insignificante le stesse fornendo l'indizio più importante « Posso solo dire che era elaborato... e complesso. »

Il silenzio calò gelido nella stanza.
Il crepitare di due fiaccole appese per illuminarla divenne di colpo assordante, e le pareti farsi più strette, costritti come da spire di serpe, silenziosa e letale. I pensieri acquisirono spessore, volumi tali che non vi sarebbe stato spazio per altro se non ulteriore silenzio.
« Mi chiedo se si tratti di Raphael Soren, colui che vi ha preceduta. » rivelò il vecchio scudiero, che forte di un'età ormai avanzata era a conoscenza di un gran numero di accadimenti succedutisi all'interno del Clan, persino antecedenti alla venuta della Regina senza Regno « Parlami di lui... »
« In verità c'è poco da dire. Come voi fu scelto per sorreggere sulle proprie spalle i comandamenti di Eitinel, il primo e il più importante di quel tempo. »
...
« Il silenzio. »



« Cosa ne è stato di lui? »
domandò Alexandra nel tentativo - quasi vano - di ricomporre il grande mosaico
« Nessuno lo sa con certezza. Alcuni dicono abbia avuto un figlio e abbia abbandonato le schiere di Eitinel... » rispose « Ma è improbabile, la sua fedeltà per la Dama era fuori discussione. Assoluta. »
« Secondo te, invece? »
« Anche se parliamo di un campione della portata di Jevanni Glacendragh è molto probabile che sia morto. Il Sorya ha un gran numero di nemici in fondo, alcuni dei quali pericolosi quanto i tre campioni. » pensoso, Donovan si passò la mano sulla barba sfatta « Inoltre, si spiegherebbe il perché non riusciate a mettere a fuoco il marchio del Portatore del Silenzio.
I doni di Eitinel trascendono la mortalità, ed è nel sogno che si estende il suo dominio. »


« Ha senso. »
Alexandra si lasciò andare sullo schienale della poltrona, l'unico trono che potesse meritare nelle profondità dei ruderi che componevano il Clan, eppure sentì che era abbastanza per il momento, ed altro solleticava il suo istinto con un tocco molesto e nonostante ciò suadente.
Non necessitava d'altro che assecondare ciò che il fato le indicava.
« Il problema è che la mia civetta mi ha abbandonata... »
colpito da una simile rivelazione, Donovan rizzò la schiena come in allarme;
era davvero possibile che fossero stati negati i doni del Secondo Comandamento alla campionessa?
« e forse è un bene, in fondo. »
lo sguardo sereno della donna, la mano posata in grembo
« Capisco. »
« Va a chiamare Yu Kermis e Afrah.
Sono Leoni dalle mille risorse, ci saranno di buon consiglio. »



QM's PointPost introduttivo. Passo immediatamente la mano a Yu e Neve nei cui post sarà spiegato come i personaggi dovranno comportarsi.
 
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.Neve
view post Posted on 22/9/2013, 22:15






Non riusciva a prendere sonno da ormai un paio di giorni. Forse tre. Le pupille dilatate nella notte come fari accesi sulla cupa volta della sua stanza. Non si muoveva, non fiatava. Era la lieve goccia d'acqua che cadeva cantilenante nel suo piccolo pozzetto, la cicala notturna che ronzava fastidiosa tra un capo e l'altro della stanza. Hani ed il suo mugolare ai piedi del letto, l'orologio a lancette che cadenzava ogni secondo. Ogni cosa era scandita lentamente nello spazio e nel tempo, i rumori amplificati. Persino le gocce di pioggia che lievi rigavano le sue finestre, rincorrendosi a vicenda in una gara giocosa. Poteva osservare il vapore formarsi lentamente sul vetro sottile, le piante malate agitarsi e ondeggiare frenetiche sulla grigia terra. Ed il canto delle gazze alla sera pareva un mesto gracchiare nel silenzio. Il suo orecchio attento, più attento del solito, captava rumori molesti fuori dal suo giaciglio. I brutti pensieri allora attanagliavano la sua mente come morse di granchio, cos'erano le ombre che svettavano fuori dalla finestra? Cos'era quello strano scricchiolio di piante?

Giochi molesti che le cagionava la testa.
Solo lei poteva darsi pace in quell'abisso senza speranza.

Morfeo allora d'improvviso la colse, le sue sabbie sottili ed eteree sfiorarono le sue pupille.
E gli occhi di fiamma si diedero al meritato sonno.

~

qh72
Sonno che diventa pece, che diventa sogno.

Una voce distante.
Un verso lontano.

« Feeeeeeeeew! »
Guardami! Sembra voler dire.

Due occhi che scrutano.

Ali piumate al crepuscolo, un frullare distinto. Come luci aranciate in un'eterna danza brillano innanzi ai tuoi occhi. E sei sola. Guardi il cielo venato di nubi oscure e lei è lì, ti sta guardando. Ha un pendaglio sul collo, un manto folto. Poi vola, si disperde negli abissi di quel cielo e tu ti svegli.

In un bagno di sudore accogli le membra.


~


ﻢﱠُﺛ



"Non saprei come scusarmi."

La voce calda della Regina rimbombò per i quattro angoli della stanza.

Li aveva convocati in quello strano covo improvvisato. La beduina e Yu kermis, il Mercante di sogni. Una stanza ampia e vuota, avrebbe detto. Il tavolo rotondo primeggiava al centro di quel luogo scavato nelle profondità della terra. Uno dei più antichi e oscuri luoghi di incontro per loro, meno formale di certo delle sfarzose sale da ricevimento che ci si potrebbero aspettare da una Saìdda. Si guardò intorno. Lady Alexandra nelle sue comode vesti pareva ora ai suoi occhi l'ombra della donna che era. Solo Donovan ed Anglide al suo fianco ricordavano alla beduina il fardello che ella portava sulle spalle da ormai molto, troppo tempo.

"Vi ho convocati ancora una volta con una rudezza che non meritate, ma ancora una volta ho bisogno dei vostri talenti.
Prego... accomodatevi"


Un velo di stanchezza incupiva il suo sguardo.
O forse no.
Afrah sedette cheta al fianco di Kermis.

"Come sapete, periodicamente, il Sorya - Velta, Eitinel o qualsiasi cosa vi sia dietro -
indice un gioco di sangue che prende il nome di Extirpanda.
Jevanni Glacendrangh, io prima di lui, abbiamo conquistato dei poteri particolarmente legati a questo luogo.
E c'è un uomo che mi ha persino preceduta, il primo fra tutti, il Portatore del Silenzio."


"Raphael Soren."
Rivelò Donovan.
"Forse lo avete sentito nominare."

"La civetta è il marchio che contraddistingue il comandamento di cui sono portavoce,
ed in sogno mi ha mostrato che è accaduto... qualcosa."


Si destò di scatto, gli occhi allucinati. Lo sguardo fermo e risoluto.
L'ho vista, questa notte. Si allontanava all'orizzonte."

"E' apparsa anche nei miei sogni."
Ammise allora Kermis.
"Fiera e decisa verso le terre dell'Eden. Verso est, nella regione dell'Erynbaran. Raphael Soren non è un nome nuovo, per me. Nei territori occidentali era famoso per le sue doti da duellante. Cosa può rappresentare lui, per il Sorya?"

"Fu il primo, il più fedele, il vero servo di Eitinel. Da come lo elogi pare provi ammirazione per lui...
Ed in parte è così, a quel tempo era un punto di riferimento per il Clan intero."

Una breve pausa seguita da un riso scherzoso.
"Vecchi tempi, vecchi protagonisti."

"In ogni caso non è tanto l'uomo che ci interessa, quanto più ciò che Eitinel ha impresso in lui."
Proseguì la Regina.
"E comunque... perché mai la civetta dovrebbe mostrarsi a voi?"

" È la stessa cosa che mi chiedo anche io, invero. Non ho mai avuto visioni del genere in vita mia. "
Gli occhi rubescenti le balzarono da un lato all'altro dell'astanza. Posandosi prima su Alexandra e poi sul Mercante di Sogni, alleato in tante battaglie.

"Prima di sapere cosa rappresentasse quell'animale, non mi ero affatto curato di quel sogno. La notte immagino cose strane, pensavo appartenesse al mondo di stranezze che si crea nella mia testa quando dormo.
Appreso del suo simbolo, e non essendo l'unico, ciò significa che Velta stessa ci sta rivelando qualcosa, non credete, Lady Alexandra?"


"Magari..."
Le parole le morirono in gola,
incapaci forse di uscir fuori.
"È l'alleanza che ci accomuna..."

"Sì, potrebbe essere il legame che ci lega ad aver creato queste visioni.
Lasciate che guidi un gruppo di Leoni verso l'Erynbaran. Se la civetta ha ragione, troveremo lì le risposte che ci occorrono.
Potresti accompagnare questo povero Mercante, Afrah?"


"Certamente, Venerabile."
Sibilò, mostrando appena i suoi chiari denti madreperlacei.

"E sia, allora"
Si alzò lenta dal suo scranno, la Saìdda.
Un volto disteso, un corpo nuovo.
Intravide di sfuggita il tenero rigonfiamento sul suo ventre, ma forse stava solo immaginando troppo.

"Sentitevi liberi di scegliere chi preferite... e sopratutto di rivelare ciò che ritenete più opportuno."

Si alzarono pronti i suoi alfieri guardandosi negli occhi.

"Vi ringrazio."

"E' tempo di andare, Afrah.
So già chi portare con noi."




ﻢﱠُﺛ



Glielo avevano descritto come un individuo dall'acuta raffinatezza e beltà. Non sapeva invero chi fosse, né quali doti celasse. Solo il suo viso etereo impresso nella memoria e nella polvere. Lo vide in quel momento di assoluta cecità. Lo riconobbe. Perché forse i suoi sensi si aggrappavano così tanto all'autoconservazione. Una brezza calda scompigliò le sue vesti di seta, la lunga abaya scura poggiata sul corpo diafano. Non fiatò, lo vide e lo fissò intensamente negli occhi diamantini. Era lui e non poteva sbagliarsi.

"Rosa di fatal bellezza, vi ho trovato."
La sua calda voce meridionale si sperse per il luogo circostante.
Danzava sibilando nell'aria leggera. Era una dolce musica che si accompagnava alle note di spezie che emanavano le sue vesti ed il suo corpo.
Afrah parlò.

"La Regina senza regno, la mia Saìdda, chiede di voi.
Siete pregato di recarvi al suo cospetto."


Lo sguardo magnetico, fisso innanzi a sé.

"Terre dell'Inquisitrice,
il più presto possibile."


Dicendo queste ultime parole il lungo velo sulla sua testa la avvolse interamente. E lei si fece chador. Un piccolo e leggero pezzo di stoffa che prese a svolazzare via, lontano dalla sua vista. Lontano da quegli occhi di cristallo. Non avrebbe più potuto scorgerla, nemmeno scrutando lontano.

Solo la sua voce, presente, dominante.
Solo la sua voce, così bella, così armonica.

Gli avrebbe riempito la testa per tanto, molto tempo.
Non l'avrebbe più lasciato.
Non prima che lui si recasse dalla sua Saìdda.






Co-QM's Point Benvenuti in quest!
La prima parte del post è dedicata al sogno di Afrah, una civetta con un pendaglio si allontana all'orizzonte. Nella seconda parte la beduina e Yu Kermis vengono convocati da Lady Alexandra che rivela loro importanti sospetti circa il sogno che li accomuna vicendevolmente. Essi sono incaricati di convocare degli individui che consentano di far luce su questi strani episodi, che in seguito riveleremo in modo più chiaro e dettagliato. L'ultima parte è quella un po' più dedicata a voi, cari questanti, in particolare a Wrigel. Afrah, banshee ed alfiere di Alexandra, si mostra a Rogozin, decidi tu dove, come e quando - hai la più completa libertà di scelta in questo senso. Lo intima a raggiungere Lady Alexandra poiché ha bisogno di lui. Non è un invito, è un ordine, perché la presenza stessa della banshee suscita, in chi ha la sventura di incontrarla (energie pari o inferiori), un forte disagio interiore. Va via trasformandosi in velo, ma la sua voce magnetica rimane in testa a Rogozin - in merito ad una libera autoconclusione - per tutto il tempo in cui non si recherà dalla regina. Aspetta l'intervento di Yu prima di postare.
 
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view post Posted on 22/9/2013, 22:33
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La civetta spiegò le ali, volando in direzione opposta al sorgere del sole.
Il canto dell'animale si espandeva nel cielo, risuonando come tamburi di guerra sui campi di battaglia. Il suo volto sembrava essere sfigurato, il becco spezzato e gli occhi chiusi; eppure planava in aria come il migliore dei piloti, leggiadro e fiero, spinto dal senso di dovere che contraddistingue coloro che devono portare un messaggio. Una gemma sembrava cadere sul suo corpo con estrema delicatezza, il pendaglio di una lunga collana argentata che si concludeva in una speranza di grigio nebbia. La testa dell'animale sembrava ruotare su sé stessa, mentre volava. L'aria stessa che permetteva al rapace di volare non seguiva una vera e propria direzione. Come se quella civetta potesse volare ignorando qualsiasi legge della fisica e della natura. Un punto definito in un universo infinito che non si lascia condizionare da niente, se non dalla propria volontà.
L'immagine dell'animale iniziò a farsi sempre più chiara e vicina, il Mercante sentiva di essere assieme a lei, libero di volare nel cielo. Provò una sensazione di estrema felicità, seguita ad un misto tra il rancore e la delusione di aver realizzato di essere in un sogno. Sentiva la propria coscienza richiamarlo a quello che era il suo mondo reale, eppure voleva volare ancora per un po'. Solo il tempo di riassaporare ciò che aveva perso tanto tempo prima. Spinse il proprio corpo ancor più verso la civetta, quasi seguendo una storia prestabilita; non era in grado di decidere il corso delle proprie azioni, piuttosto sembrava essere guidato dal volere dell'animale, che sembrava quasi ignorare il Mercante.
Gli occhi di Kermis si fermarono sulla gemma grigia, la quale esprimeva un potere ed un valore oltre l'immaginabile. Non aveva pensato neanche per un attimo a vendere un oggetto di quel calibro. Cose come quelle andavano conservate, preservate fino alla propria morte. Era un cimelio, forse un ricordo. Era importante.
Avvicinò il corpo ancora una volta, toccando con le mani la civetta.
Poi gli occhi di lei incontrarono quelli del Mercante. Tutto divenne scuro.

« Yu Kermis. »
La mano di Donovan riportò Kermis alla realtà.
Pensò di aver urlato. Passò la destra sulla fronte sudata.
« D.. Donovan.. »
Ancora ansimava per la paura.
« Lady Alexandra vorrebbe vederti.
Ritiene che tu possa esserle d'aiuto in una .. faccenda.
»
Si alzò dal letto della locanda, dunque prese dei respiri profondi per calmare il proprio corpo.
« S.. sì. »
« Vuole che tu la raggiunga domani.
Puoi farlo?
»
Il Mercante annuì. Il volto di Donovan rivelava un'insolita insicurezza, forse per le condizioni dell'Invisibile.
« Parto subito. »
FBxhE



Il luogo dell'incontro era una sorta di cava sotterranea nei territori del Sorya.
Un grande braciere riscaldava a malapena la stanza e ne illuminava le alte pareti. Al centro della stanza era situato un grande tavolo rotondo circondato da numerose poltrone in pietra e tessuto rosso. Una di questa era occupata da Afrah, la beduina che Kermis aveva già avuto modo di conoscere in numerose occasioni, mentre Lady Alexandra sedeva su un'altra sedia, su un rialzo di terreno rispetto alle altre. Kermis esibì un inchino, sorpreso di non essere solo con Lady Alexandra. Dietro di lei vi erano infatti l'immancabile Donovan ed una donna dai lineamenti elfici, probabilmente una persona di cui Lady Alexandra si fidava incondizionatamente.
La Regina senza Regno si schiarì la voce, rompendo il silenzio della stanza.

« Non saprei come scusarmi.
Vi ho convocati ancora una volta con una rudezza che non meritate, ma ancora una volta ho bisogno dei vostri talenti.
»
Il Mercante prese posto, le mani salde sul tavolo.
Era alquanto stanco del viaggio, lo si vedeva dalle occhiaie sul suo volto.
« Come sapete, periodicamente, il Sorya - Velta, Eitinel o qualsiasi cosa vi sia dietro - indice un gioco di sangue che prende il nome di Extirpanda.
Jevanni Glacendrangh, io prima di lui, abbiamo conquistato dei poteri particolarmente legati a questo luogo.. e c'è un uomo che mi ha persino preceduta, il primo fra tutti, il Portatore del Silenzio.
»
Donovan fece un passo avanti, prendendo la parola.
« Raphael Soren, forse lo avete sentito nominare. »
« La civetta è il marchio che contraddistingue il comandamento di cui sono portavoce, ed in sogno mi ha mostrato che è accaduto... qualcosa. »
Kermis rimase attonito.
La civetta.. l'animale che gli era apparso in sogno proprio il giorno precedente.
Una goccia di sudore attraversò la fronte del Mercante.
« L'ho vista, questa notte. Si allontanava all'orizzonte. »
Anche lei? Cosa.. cosa significa?
« E' apparsa anche nei miei sogni, fiera e decisa verso le terre dell'Eden. Verso est, nella regione dell'Erynbaran. »
Rivelò, alquanto stranito.
« Raphael Soren non è un nome nuovo, per me. Nei territori occidentali era famoso per le sue doti da duellante.
Cosa può rappresentare lui, per il Sorya?
»
« Fu il primo, il più fedele, il vero servo di Eitinel. »
« In ogni caso non è tanto l'uomo che ci interessa, quanto più ciò che Eitinel ha impresso in lui. »
La mente del Mercante fu infestata dall'immagine del pendaglio grigio.
« E comunque... perché mai la civetta dovrebbe mostrarsi a voi? »
« È la stessa cosa che mi chiedo anche io, invero. Non ho mai avuto visioni del genere in vita mia.
Magari.. è l'alleanza che ci accomuna.
»
L'alleanza. Quel legame che riuniva Alexandra a Kermis ed Afrah, i Leoni dell'Eden.
« Prima di sapere cosa rappresentasse quell'animale, non mi ero affatto curato di quel sogno. La notte immagino cose strane, pensavo appartenesse al mondo di stranezze che si crea nella mia testa quando dormo.
Appreso del suo simbolo, e non essendo l'unico, ciò significa che Velta stessa ci sta rivelando qualcosa, non credete, Lady Alexandra?
»
Doveva scoprire cosa significava quel sogno.
Per Alexandra, ma anche per sé stesso.
« Sì, potrebbe essere il legame che ci unisce ad aver creato queste visioni.
Se è Raphael Soren che voi cercate, allora potrei trovarlo per voi.
Provarci, quanto meno.
»
Cercò di risultare sicuro e deciso.
« Lasciate che guidi un gruppo di Leoni verso l'Erynbaran. Se la civetta ha ragione, troveremo lì le risposte che ci occorrono. »
« E sia, allora.
Sentitevi liberi di scegliere chi preferite... e sopratutto di rivelare ciò che ritenete più opportuno.
»



Alexandra si alzò velocemente, rivelando un rigonfiamento del grembo.
Kermis iniziò a ricordare, immagini di sua moglie quando scoprì di essere incinta.
Come poteva la Regina senza Regno aspettare un bambino? Restò incredulo per una manciata di secondi.

« Vi ringrazio. »
Lasciò la sala, seguita dalla donna minuta che presenziava dietro di lei.
« Potresti accompagnare questo povero Mercante, Afrah? »
« Certamente, Venerabile. »
La beduina sorrise amichevolmente.
« E' tempo di andare, allora.
So già chi portare con noi.
»
Sorrise.
Avrebbe chiamato gli elementi più validi di cui aveva sentito parlare.
Voleva davvero conoscere la verità dietro quel sogno.
FBxhE


Sakashima

Donovan aveva seguito quell'uomo per tutto il giorno.
Aveva semplicemente eseguito l'ordine di Kermis, il Mercante di Desideri. Non apprezzava quella figura giullaresca in maniera consistente, eppure sapeva bene di cosa poteva essere capace. Soprattutto, il vecchio Donovan poteva intuire le folte conoscenze di cui disponeva l'Invisibile. Anche se a malincuore, dunque, non poté che accettare la sua richiesta. Sakashima era il nome di quell'uomo; i lunghi capelli neri e la sua pelle bianca fecero pensare a Donovan che si trattasse di un novellino, un guerriero da quattro soldi sul quale non avrebbe potuto contare. Perché Kermis lo aveva mandato da lui, allora?
Perché da quel ragazzo, all'apparenza così inesperto?
Probabilmente nascondeva dei segreti che la memoria del Sorya ancora non conosceva.
Si avvicinò a questi con aria fiduciosa.

« Sakashima.
Siete voi l'uomo che corrisponde a tale appellativo?
»
Il cavallo di Donovan appariva essere l'animale più silenzioso del Continente.
« Vengo per conto di Lady Alexandra,
la Regina senza Regno.
Conoscerai di sicuro il suo nome.

Ella ha bisogno di te, in quanto guerriero del Sorya e Leone.
Spero risponderai alla sua chiamata.
In caso contrario, la tua criniera potrebbe spegnersi e vivrai nell'oblio,
com'era prima che Velta chiamasse il tuo nome.
»
FBxhE


Sepsaris

La piazza di Gerico era estremamente affollata, come al solito.
Kermis la attraversava con il suo indistinto passo cadenzato, accompagnato dal rumore del bastone che ne supportava il peso. Quel giorno si trovava a Gerico in un ruolo diverso dal solito; non come mercante pronto ad esporre i propri possedimenti, bensì come Leone dell'Eden alla ricerca di una persona. Una ragazza, per la precisione: Sepsaris. Aveva sentito delle storie a proposito del suo conto, storie che valorizzavano la sua capacità di portare a termine anche gli incarichi più ostici. Non aveva mai avuto il piacere di conoscerla di persona, ma stando a quanto aveva udito, la ragazza possedeva un talento innato nell'arte del combattimento.
La vide camminare tra la folla, gli abiti succinti e l'aria cupa. Riusciva a provare un certo timore nel guardarla.
Camminò nella sua direzione, fino ad avvicinarsi così tanto da poter sussurrare delle frasi al suo orecchio.
In un istante il tempo fu come fermo, quell'universo apparteneva solo a Kermis e alla ragazza, Sepsaris.

« Ho sentito parlare di te,
Sepsaris.
»
Il suono delle parole sembrava distorto.
« Io sono Yu Kermis,
il Mercante di Desideri.

Ho bisogno del tuo aiuto per conoscere a fondo uno dei segreti del Sorya.
»
Si soffermò sull'ultima parola, quasi ad evidenziarla.
« Raggiungi le terre dell'Inquisitrice.
Se mi sarai d'aiuto, ti prometto un Desiderio.
Qualsiasi cosa tu voglia, sarà realtà.
»



CITAZIONE
Co - QM Point.

Benvenuti, benvenuti in Ode ai Redivivi!
Come per il post della mia collega Neve, anche il mio si divide in più parti.
La prima descrive il sogno della civetta anche da parte di Kermis; seguono i dialoghi che avvengono tra Alexandra, Kermis ed Afrah.
La terza e la quarta parte vi interessano più da vicino. In particolar modo mi rivolgo a Kaminari e Blame.

Kaminari. Per te la situazione è semplice. Puoi decidere tu quando e come, ma Donovan riuscirà ad avvicinarti e a parlarti, invitandoti a raggiungere le terre dell'Inquisitrice.
Blame. Kermis avvicina Sepsaris a Gerico, in una piazza. Quando sono abbastanza vicini, vedrai il tempo fermarsi, tutto tranne voi due sarà annebbiato, quasi invisibile. Anche Kermis ti invita a raggiungere le Terre dell'Inquisitrice.

Data la semplicità del post, avete cinque giorni per rispondere.
Per qualsiasi domanda, mp - a me o ad uno degli altri qm - o confronto.
Buon lavoro.
 
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view post Posted on 24/9/2013, 10:31
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Le grandi foreste dell’Eden. Immani; tetre; silenziose; con mille insidie e mille ombre. Pochi si avventurano nelle sue aule verdi scuro dove ogni ombra è un pericolo e i rami sembrano allungarsi come mille dita scheletriche pronte, a ghermire ignari viaggiatori. Nebbie accarezzavano rami e tronchi e tutto sembrava etereo e malevolo. Nella bellezza si trovava la morte e la morte poteva essere il male minore: mille insidie; mille incubi partoriti e poi rinchiusi in una sinistra Torre, ora erano liberi di poter strisciare nel mondo.
Ma vi era qualcuno che, con passo tranquillo e sicuro, si muoveva tra quelle ombre con occhi scintillanti e mani sicure su lame di acciaio infuocato. Andava spedito lasciando dietro di sé solo una leggera brezza; si muoveva in una determinata direzione e sembrava che sapesse cosa stesse facendo. I lunghi capelli si muovevano accarezzati dal vento e poi la foresta si aprì. Si aprì come i petali di un fiore mostrando la loro bellezza celata: una piccola radura; gorgoglio di acque e una piccola cascata formava un lago dai colori bluastri e la vegetazione si faceva più fitta.

Sei arrivato finalmente…tutto bene il tuo viaggio? Un bastone tra mani nodose. Rughe profonde solcavano un viso duro e severo. Due occhi che erano profondi come quella foresta e di color verde scuro lo guardavano divertiti. Un lupo enorme al suo fianco destro.

Pensavo di essere in anticipo a dirla tutta!

O forse sei in ritardo chi può dirlo?!sorrise.

Comunque il viaggio è andato bene. Bene fino ad un certo punto…ma a quanto pare ho recuperato quello che volevo.

Bene. Almeno un primo tassello lo hai messo. Anche se non credo sia stata una passeggiata vero vecchio mio?lo guardò profondamente.

No non sbagli affatto. Credo che ci avrei lasciato le penne. E ora sono più confuso di prima a dirti la verità…

Vieni parliamone con calma. Raccontami tutto. L’acqua continuò a scorrere. Il tempo anche. Come le parole che si susseguirono in quel lasso di tempo.
Rogozin spiegò a Theor la sua ricerca del Libro di Salarten; gli orrori; la morte che incombeva su di lui e parole enigmatiche dette da una ancora più enigmatica figura.

Se fosse come penso non ho trovato risposte ma ancora più domande…

Bè si è vero. Ma almeno un fondo di verità c’è. Hai trovato quell’isola; il templio e ti sei scontrato con qualcosa che era molto più forte di te. Per me nella tenebra comincia a intravedersi una luce non credi?

vero! Ma ancora mille interrogativi vi sono! Credo che fosse tutta una prova. Una bel tetarino messo lì per chissà quale ragione…o almeno la ragione credo di sospettarla. Dalle loro parole almeno. Sempre che non nascondessero altro si intende!

Un test? Bè è possibile…ma da questo test, prova – chiamalo come vuoi – almeno sei riuscito a sapere che non sono tutte cazzate! È un successo! Dalla leggenda, dal mito, dalle voci inconsistenti sei passato ad una prova tangibile e concreta. Una pacca sulle spalle e un sorriso sincero.

Su! Non mi sembra che ti debba arrovellare troppo il cervello…o almeno non è ancora il momento. Sei cresciuto molto e hai una luce nuova dentro di te. Sei…come si dice…ah si…”cazzuto”!

Cazzuto?! Ma come parli adesso come un contadino! e risero insieme sciogliendo la tensione del momento.

Bè dai sempre a parlare forbito uno si annoia. Soprattutto io! Comunque la situazione credo sia questa: hai una pista seguila e cerca di trovare le tue risposte. Non preoccuparti del Clan stiamo bene e non abbiamo bisogno di nulla. Te invece sei cambiato…e in meglio! Adesso non sembri più un ramo moscio…capisci a me! Di nuovo risate di due vecchi amici che si rincontrano dopo tanto tempo; tempo che aveva cambiato Rogozin.

è vero sono molto cambiato. Ma ho dovuto combattere molto. Ed essere sul confine tra morte e vita. Anche se penso che ero più là che di qua. disse pensieroso mentre le mani, appoggiate sulle ginocchia, si muovevano nervose, e occhi erano fissi in un punto a ricordare quei giorni ormai lontani.

In ogni caso è bello vederti così. Ora si che potresti essere un protettore della Foresta!

Lo sai che non lo farei mai! Amo la libertà e poi devo scoprire molte cose ancora. Non ho tempo… si fermò per un attimo. Anzi non voglio prendermi una simile responsabilità. Non credo di esserci tagliato. E se pure lo fossi non lo farei. Voglio essere libero da ogni schema e cercare di vedere dove mi porta questa strada. Non escludo però che un giorno lo potrei fare… E si guardarono a vicenda. Si capivano entrambi molto bene. Da quando era stato accolto nel clan dei Salish e curato Theor, un elfo anziano e molto saggio, si era preoccupato per Rogozin come un figlio. E vederlo finalmente risoluto e convinto delle sue parole lo riempiva di gioia e orgoglio.
Non apparteneva alla loro razza e accoglierlo andava contro le regole ma Theor aveva capito, all’epoca, il dolore che vi era nel cuore della Rosa. Ma vederlo finalmente “Uomo” e finalmente sicuro di sé, ritto e orgoglioso, come una quercia che sfida le intemperie, lo tranquillizzava. Capì le sue parole e le rispettò.

Allora dovresti andare a Taanach. Lì devi vederti con quel tale se non sbaglio.

Si. Non solo mi ha tradotto il libro ma mi ha detto che forse aveva delle informazioni importanti per me.

In ogni caso credo che prima o poi incrocerai la tua strada con questi tipi. Prima o poi sarai te a cacciarli. Ne sono sicuro. Ma per il momento trova quante più informazioni possibili; apri i tuoi occhi e un giorno arriverai alla verità. Ma non credo che questo Rogozin, che mi guarda con questi occhi da pantera, orgogliosi, forti, volitivi, fieri e selvaggi, abbia bisogno ancora dei miei consigli. Le tue radici ora sono forti. E la tua crescita è rigogliosa; devi solo non scordare mai cosa ti ha condotto fino a qui. Poi il resto verrà da sé. Due mani che si incrociavano. Un abbraccio sincero da parte dei due.

Ora devo andare vecchio. Alla prossima… si girò ma vi fu qualcosa a fermare i suoi passi. Il ringhio sommesso del lupo. Qualcosa stava arrivando. O era già arrivata? Aveva una strana inquietudine addosso.
Vi era qualcosa di particolare, un non mettere a fuoco ma anche la sensazione di dejà vù. Di qualcosa già provato, già visto, ma con modalità diverse. Ma il fine, quella sensazione angosciante, quella morsa nel petto, non potevano essere equivocate. Solo una volta si sentì così. Una volta…Velta…ed ora di nuovo quella cappa di gelo, ansia e inquietudine. Il pelo si rizzò di Fenris, il grande lupo bianco come la neve di Theor, ma gli occhi di Rogozin cercavano di vedere attraverso quella nebbia che copriva tutto. Che copriva la verità ma lasciava trapelare solo un freddo. Un freddo e un ansia che faceva aumentare i battiti e rendere nervose le mani sulle else.

Una brezza calda scompigliò le sue vesti di seta. Non disse nulla. Non fiatò, lo vide e lo fissò intensamente negli occhi diamantini. Sembrava che lo cercasse. Sembrava che lo volesse e Antares mostrò una parte di sé e un rumore di acciaio contro cuoio prese lo scettro vagante dato dal silenzio. La vide eterea. La vide come un fantasma e provò paura e un brivido freddo percorse la sua schiena. Sembrava una carezza data da un demone e dovette chiudere gli occhi e acuire la sua mente per non cedere. Poi la voce sibilò e tutto fu…come quel giorno…

"Rosa di fatal bellezza, vi ho trovato."
La sua calda voce si spandeva per il luogo circostante. Danzava sibilando nell'aria leggera. Era una dolce musica – ma sembrava più un requin di morte che qualcosa di piacevole - che si accompagnava alle note di spezie che emanavano le sue vesti ed il suo corpo. Ancora un brivido e le sue armi vennero strette con forza mentre Theor e Fenris rimanevano silenti e pronti. Aspettarono. Aspettarono e poi…
Lei parlò.

"La Regina senza regno, la mia Saìdda, chiede di voi.
Siete pregato di recarvi al suo cospetto."


Lo sguardo magnetico, fisso innanzi a sé. Tutto era in quegli occhi magnetici. Tutto era come quel giorno. Tutto era come lei. Come quella voce. Velta...


"Terre dell'Inquisitrice,
il più presto possibile."


Dicendo queste ultime parole il lungo velo sulla sua testa la avvolse interamente. Un piccolo e leggero pezzo di stoffa che prese a svolazzare via, lontano dalla loro vista. Lontano da quegli occhi di cristallo lucenti come laghi profondi. Non avrebbe più potuto scorgerla, nemmeno scrutando lontano. Ma lasciando dentro di sè una profonda inquietudine ma anche una speranza. Una seconda possibilità insperata. E non l'avrebbe buttata via questa volta.

Cos’era?! ruppe il silenzio Theor. Un silenzio inquietante. Un silenzio che lasciava la Rosa frastornato. Per alcuni minuti non rispose. Non rispose perché doveva mettere ordine nel caleidoscopio di immagini, sensazioni, tormenti che quella cosa aveva creato in lui.
Non era paura però. Non ne aveva paura ora; benché la sua presenza lo inquietasse come poche volte succedeva, ma era di nuovo quella chiamata. Con modi diversi vero, ma era come quella volta. Era come quando Velta si risvegliò e con essa i suoi segreti e un torneo, avvolto da misteri e nebbie, era la sua parola. Il suo testamento. E come allora la voce.
Solo la sua voce, presente, dominante. Echeggiava ancora quasi.

Quel clan…si è ridestato? Ancora una volta...come quella volta... forse ho...

E nella testa solo quella voce, così bella, così armonica. Così penetrante. Riecheggiava dentro di lui. Senza lasciarli tregua. Esapeva cosa stava ad indicare; strinse i pugni e un luccichio selvaggio illuminò i suoi occhi diamantini.

Sai cosa significhi vero? Il tono apprensivo. Occhi negli occhi. Il manto perlaceo del grande lupo accarezzato, i suoi muscoli rilassati dopo la tensione di quegli attimi. Le zanne però si mostravano ancora. Come a non credere che non vi fosse più quella presenza. Il suo istinto e i suoi denti che si mostravano. La paura. Quella era proprio la paura.

So molto bene cosa significa. Il modo è diverso ma l’effetto è uguale…

Uguale a quel giorno ragazzo mio?! Forse è il momento di dimostrare la tua vera forza e il tuo carattere.

Si è uguale…strano... davvero strano o coincidenza? In ogni caso non credevo che le ombre e i cadaveri si fossero destati così in fretta. Qualsiasi cosa succeda andrò nel Gorgo. E stavolta non ne avrò paura. Vedrò con i miei occhi cosa cela l’invisibile. Si guardarono per un momento.

Prendilo ti porterà il più velocemente possibile a quei luoghi… il lupo ringhiò sommesso e si guardò con Rogozin. Sapeva bene cosa sarebbe successo. Era la stessa cosa di quei giorni…la voce…la voce…gli avrebbe riempito la testa per tanto, molto tempo.
Non l'avrebbe più lasciato.
Non prima che lui si recasse da questa Saìdda. E sapeva bene cosa stesse indicando. Sapeva bene cosa stesse succedendo. Così come quando Velta si risvegliò così di nuovo le voci del Sorya, ora sotto le spoglie di quell’ essere tornavano a tormentarlo. Il disagio prendere il posto della sicurezza e i brividi percorrere il suo corpo. Ma quegli occhi diamantini e volitivi erano diversi da quelli di un ragazzo che si era imbarcato in qualcosa di ancor più grande di lui. Non era pronto all’epoca. Ma ora… ora si…

Grazie amico mio…

Non hai bisogno di nessuna raccomandazione. Né di nessuna fortuna. I tuoi occhi sono limpidi e la tua volontà è ferrea. Non sei più un bambino…sei un uomo. Va e vedi di guardare la vera realtà delle cose. Di vedere attraverso il Gorgo e di avvicinarti di più alla verità. Lui era lì…forse stavolta scoprirai qualcosa di più…

Una stretta di mano poderosa tra i due. Theor sapeva che, forse, lo avrebbe rivisto tra molto molto tempo. Ma per quelli della sua razza il tempo era soltanto semantica. Ma vederlo allontanarsi in groppa a quel lupo bianco perla non potè non domandarsi se sarebbe stata l’ultima volta che posava il suo sguardo su quegli occhi belli come laghi diamantini.





Rogozin
Energia: Bianca Pericolosità: F CS: +1 Maestria armi
Status fisico:
Status Psichico: Consumi energetici in questo turno: %
Riserva energetica residua: 100%

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Abilità Passive:
Presenza angelica:

Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]

Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

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Abilità Attivate:



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Riassunto e Note:
In primis auguro una buona giocata a tutti ^^. Passo a spiegare questo post d'introduzione:

Il tutto si svolge dopo la Somnus Nemoris e prima che io mi rechi a Taanach. La banshee appare a Rogozin dopo aver trovato il Libro di Salarten, e aver cominciato a penetrare di più i segreti di Lucronis. In tutto questo si insinua la banshee e la sua chiamata che ha similitudini con la chiamata di Velta all' extirpandia. Ora il mio pg è sempre stato fuori dagli intrighi del clan, si è lasciato trasportare dagli eventi sia nella chiamata alla quest d'arrivo, sia al torneo. Ora che finalmente ha ripreso in mano la sua vita vuole indagare in maniera più approfondita e "immergersi" nel Gorgo. Il gorgo stà a significare il Sorya e tutto quello di torpido e oscuro che cela al suo interno. Questo perchè, dal libro, scopre che Lucronis ha fatto parte del clan per poi essersene staccato in un momento imprecisato.
Per cui, vista anche la sua maturazione e la sua nuova forza, non perde tempo e si butta subito in questa avventura. Per la prima volta sicuro di sè e dei suoi mezzi; non più come una zattera alla deriva.

Detto ciò a voi le tastiere ^^

 
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view post Posted on 25/9/2013, 21:07

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Era un suo dovere.



A destra, branchi di mendicanti cenciosi chiedevano l'elemosina. A sinistra, la strada era contesa dalle avide bancarelle dei mercanti. Ogni vicolo era una nuova scoperta, l'incertezza di cosa ci avrebbe trovato dentro. Le piazze, una dopo l'altra; dimostrazioni di forza, miseria, ricchezza, abbondanza, morte, giustizia, potere, schiavitù, tutto in un ordine apparentemente casuale. Più di una volta avevano tentato di alleggerire la sua borsa dei denari e più di una volta erano fuggiti impauriti. Dovunque, un vociare ora sommesso ora confuso, ora urlato - spesso, urlato - in una decina di lingue diverse e la stessa lingua comune in un centinaio di dialetti e intonazioni diverse. Dopo mezz'ora di camminata nelle folle delle strade del mercato, avrebbe creduto di essere diventata sorda - se solo un urlo più alto degli altri non fosse tornato a offenderle le orecchie a intervalli regolari. Come facevano gli umani a vivere ogni giorno in quel posto?

Sepsaris arrivò nella piazza principale, dove la folla era un po' più rarefatta e stranamente l'aria era libera, quasi del tutto, da schiamazzi; salvo forse per due piccoli che giocavano a rincorrersi. Non era brava in quelle cose - il modo in cui crescevano gli esseri umani era solo un altro dei misteri su come funzionasse il loro metabolismo - ma le ricordavano un po' Alyssa. Forse avevano età simili, anche se su quello non avrebbe scommesso. Comunque, più che per associazione, gliela ricordavano per dissonanza: non ce la vedeva proprio, la piccola erborista, a correre e divertirsi e ridere, e scambiarsi urla e scherzare. Era di gran lunga molto più seria, molto più silenziosa, molto più adulta.

Molto più simile a te, alla sua età.

Sospirò, portandosi una mano al petto. Le fasciature si piegarono leggermente sotto il suo tocco, ma anche aumentando la pressione, nessun dolore proveniva dalla ferita. Eppure, quando Lys l'aveva soccorsa - per la seconda volta, oltretutto - era in condizioni pietose, completamente esausta e circondata da quella nuvola di insensibilità che attorniava il suo corpo. Lo trovava ancora strano. Secondo la bambina, era stata prossima alla morte.
Delle ferite era rimasto poco, grazie al dono dell'erborista, ma comunque lei aveva insistito a metterle le fasciature.

« Non sanguina, e non sento il dolore. Non ho bisogno delle bende. »

« Ridimmelo quando ci troverai le mosche. »



Non era facile discutere con lei quando si trattava del suo lavoro. Ma quello, dopotutto, non era altro che il motivo per cui si trovava lì. Apprendere. La maggiorparte della sua vita, le era stato detto e ripetuto che gli umani erano esseri inferiori, stupidi, e avidi oltre ogni dire. Negli ultimi vent'anni, anche dopo il suo approdo su quel continente, non aveva smesso di pensare le ultime due cose. Tuttavia, aveva iniziato a dubtare della prima. Se era in vita, inoltre, lo doveva sicuramente anche a Lys, e per qualche proprietà estensiva, in un certo senso doveva alla sua specie almeno la possibilità di essere rivalutata. Voleva sforzarsi di capirli. Sarebbe stato un lavoro lungo e difficoltoso, ma era il minimo che potesse fare.








Fu in quel momento, in quella piazza, che le si avvicinò il mercante. Aveva già sentito parlare di lui in una manciata di racconti e di dicerie popolari, e onestamente, non si aspettava che fosse una persona reale.

« Ho sentito parlare di te,
Sepsaris.
»

Il mondo prese un grosso sospiro di sollievo. Per dei lunghissimi attimi, il mondo frenetico della città intorno a loro sembrò rallentare fino a fermarsi.

« Io sono Yu Kermis,
il Mercante di Desideri.
Ho bisogno del tuo aiuto per conoscere a fondo uno dei segreti del Sorya.
»

Un'idea - un sogno, una pazzia, una cosa impossibile - iniziò a piantare il seme della speranza infranta nella sua testa.

« Raggiungi le terre dell'Inquisitrice.
Se mi sarai d'aiuto, ti prometto un Desiderio.
Qualsiasi cosa tu voglia, sarà realtà.
»

Il mondo smise di prendere fiato, espirando, e tutti tornarono a viaggiare lentamente a velocità normale. La Castanics stette in silenzio per molto tempo, di fronte all'eclettica figura, prima di rispondere.

« Ti aiuterò, Kermis.
Ma non pensare di poter mercanteggiare con me.
»




Nulla da segnalare: buona giocata a tutti.


Edited by †Blame! - 25/9/2013, 22:42
 
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Foxy's dream
view post Posted on 6/10/2013, 22:51







« Credi che tutto ciò aiuterà a svelare questo rompicapo? »
Alexandra, dubbiosa, si lasciò andare allo sconforto di una situazione – l'ennesima – che la collocava all'interno di una serie di eventi della quale succube. Ma aveva da tempo appreso a non opporsi a nulla, quando possibile, e che il mesto crogiolarsi nelle maree del fato conduceva a quella stasi che aveva combattuto tanto strenuamente. Doveva più semplicemente seguire la corrente ed attendere il momento propizio. Le erano d'esempio le ombre ammaestrate e poi ricacciate dal cuore del Sorya; originariamente schiave relegate all'autocommiserazione, parto di un incubo, di un malsano quanto lungo travaglio di insofferenza, ed in seguito libere di scorrazzare nel momento in cui le catene, finalmente deboli, potevano essere spezzate da un singulto di volontà mista ad amor proprio.
« Cos'altro avremmo potuto fare? » replicò Donovan intento nell'imbrigliare l'ultima delle cavalcature acquistate per il lungo viaggio « È assodato che Kermis e Afrah siano in qualche modo connessi a questi eventi. La civetta è apparsa loro in sogno, e da quanto hanno rivelato non nella forma ferale che è apparsa a voi. » lo scudiero, tra un pensiero e il seguente, tacque dinanzi a cause e conseguenze difficili da individuare; gli erano concesse poco più di vaghe supposizioni, e dovette con amarezza contentarsi di quel parco raccolto.
« In una sola ed unica occasione ho fatto ricorso agli arcani del sigillo; e quando l'ho fatto ho infranto l'unico tabù che mi era stato imposto, per il potere più grande che mi potesse essere concesso. » confessò la Regina con lo sguardo rivolto ad un cielo carico di nubi, presagio di sventura « Sono sempre più convinta che la civetta sia solo il mezzo con il quale io stia per essere punita. »
...
Anglide come uno spettro assisteva alla scena non accennando una sola parola, come se il solo fiatare le potesse costare l'ultima stilla di energia. C'era una gran differenza tra il far parte dei Leoni ed essere al cospetto della loro guida, e persino Donovan le incuteva un certo timore malgrado il suo fare semplice e bonario. Provò imbarazzo, si sentì fuori luogo. Piccola e insignificante.
« E perché proprio adesso, dopo anni? »
domandò il vecchio senza troppi giri di parole
« Perché ora sono… debole. »

_ ___ ______________________ ___ _


Lo stesso terribile pomeriggio di sventura sotto un cielo che pativa nello stendersi allo sguardo.
Un ché di romantico, un ché di inquietante. Le nubi si intessevano costruendo una coltre spumosa che si ispessiva e alleggeriva con cura, come se mano avesse voluto che così fosse, e così le piacque credere per un istante di leggiadra introspezione.
Il selciato sciorinava attraverso la nera e fitta vegetazione che attorniava il Clan, proteggendolo dallo stesso mondo che egli aveva negato sino all'abnegazione di sé. Forse contraddittorio, ma quella malinconica natura era il lascito di Madama Eitinel, probabilmente il miglior dono che ella aveva potuto cedere ai suoi eredi. E così comparvero le prime figure in contro luce, riemergendo dalle cupe fronde di ossidiana mostrando occhi carichi di passione e pensieri avidi di libertà.
« La prima è stata irretita da Kermis, Sepsaris. » intervenne Donovan, cogliendo lo sguardo curioso della lady « Una ragazza a dir poco enigmatica. »



« Il secondo è Rogozin, scelto direttamente da Afrah. » proseguì lo scudiero quando dalla stessa strada fece capolino il secondo invitato « Potrebbe apparire… inferiore alle aspettative, ma ha partecipato all'ultimo Extirpanda; è probabilmente l'uomo con più familiarità con quanto ci accingiamo ad affrontare. »
« Non me ne preoccupo. » asserì con un sorriso la Regina « Ho cieca fiducia nelle capacità della nostra Beduina, e se l'ha cercato fra una larga rosa di candidati ci sarà sicuramente una ragione. »
...

Quando tutti furono dinanzi a lei, Alexandra fu colpita da una pungente sensazione di déjà vù; quanti viaggi erano cominciati in quel modo, quante tragedie si erano consumate con una chiamata dal vago olezzo di pericolo? Eppure, proprio come Donovan accennava quella mattina, non potevano far altro che seguire i pochi indizi messi a loro disposizione.
« Vi ringrazio per aver accolto la mia chiamata.
Il mio nome è Alexandra Blanchard, forse avrete sentito parlare di me. »

Fece un passo in avanti, ammantata di una lunga tunica nera e una spessa cappa rossa come il sangue a coprirle le spalle sin quasi a toccare terra. Un abito casto, un abito semplice, forse troppo per una Regina - seppure spogliata della corona - sguarnita della cupa armatura venata di cremisi che indossava in ogni viaggio, in ogni duello. Ma qualunque fossero le vesti indossate, il ruolo che ricopriva era il medesimo.
Regina senza Regno; guida dei Leoni.
« Spero che sir Kermis e lady Afrah via abbiano trattato con i dovuti riguardi. »
titoli onorifici che mai aveva pensato di affibbiare loro
- in altre circostanze avrebbe riso -

« Sepsaris, Rogozin. »
invocò i loro nomi chiamando a sé l'attenzione
« Stiamo partendo alla scoperta delle origini del Sorya, per sviscerare e comprenderne gli arcani. »
la mano della Regina fu percorsa da un fremito, e poi protesa verso i due guerrieri
« Se accettate di seguirmi nell'Erynbaran, sarò lieta di condividere con voi una parte dei suoi poteri. »
Ed era vero, non mentiva; inseguivano il Silenzio, probabilmente libero del suo portatore originario.
Aveva deciso che se fossero stati abili abbastanza da agguantarlo, ne avrebbe concesso i poteri al più degno, ma sopratutto a chi in grado di sopportarne il peso e farsi carico di una simile responsabilità.
Lei, magnanima dama che elargisce un dono pari al proprio.
Nessuno l'avrebbe biasimata, bensì adorata.

Alle sue spalle, dalla spirale che si inabissava nelle profondità del Clan, sopraggiunsero i due che in sogno avevano visto la sua civetta nella sua forma più benevolente.
« Direi che ora siamo tutti presenti. »
asserì Donovan nella sua fiera armatura, avviandosi già verso il suo frisone Romuald
« Rogozin, tu accompagnerai Donovan in avanscoperta. Noi tutti invece prenderemo un percorso più sicuro; andiamo incontro all'ignoto, e non abbiamo più di una vaga destinazione, quindi non possiamo in alcun modo esporre il fianco. »
Alexandra si prese una pausa per carpire cosa si agitava nei cuori e nelle menti dei presenti,
e non poté non percepire la tumultuosa angoscia di Anglide alla sua sinistra.
« Saremo guidati dalla volontà dietro il marchio del Mastro di Chiavi. »
...

« Se non avete obiezioni scegliete pure i vostri destrieri.
Risponderemo alle vostre domande lungo il cammino. »

Si prospettava l'ennesimo, lungo, interminabile viaggio.


QM's PointEccoci qui. I vostri personaggi arrivano davanti al Sorya (ho preferito autoconcludere qualcosa per evitare un giro di post inutile) dove scorgono Alexandra, Donovan (di cui QUI la scheda nel caso non lo conosceste) e una timida mezzelfa di nome Anglide, il cui ruolo non è ancora meglio specificato.
Senza troppi giri di parole la Regina si presenta a voi illustrandovi, almeno per il momento, una parte della situazione. Nel momento in cui sopraggiungono anche Afrah e Yu Kermis invece, passa alle direttive e ai dettagli della missione come cambiando discorso e dando per scontato che voi accettiate (liberi di interpretare la cosa come desiderate, ovviamente). In breve avete ognuno (compreso Kermis e Afrah) una cavalcatura a disposizione, e siete allo stesso modo liberi di personalizzare l'animale nella razza (frisone, shire, hannover, arabo etc.) o nel colore del manto.
Le disposizioni sono precise. Rogozin dovrà accompagnare Donovan in avanscoperta seguendo un sentiero più montano e impervio, mentre Sepsaris sarà di supporto nel gruppo principale, che seguirà un percorso meno diretto, più lungo, ma allo stesso tempo più sicuro. Considerate che per raggiungere le terre dell'Erynbaran sarà necessario attraversare la regione di Gwathlàiss, famosa per ospitare gli Aneliti, ragione per cui è necessario prendere delle precauzioni in senso tattico.
Per domande e quant'altro potete liberamente usare il topic apposito in Confronto o inviare mp. Inutile dire che potete - o possiamo - studiare un dialogo di "botta e risposta" non solo con Alexandra ma anche con Yu Kermis e Afrah. Come mi capita spesso di ripetere: libertà assoluta.
5 giorni di tempo. Buon lavoro! ^^

Queste sono le passive di maggior rilievo di cui dovete prendere nota nel momento in cui Alexandra parla a voi:

CITAZIONE
• Influence ~
Sviluppare un istinto, levigarlo con cura, affinarne i contorni. Vi sono uomini adatti al comando per inclinazione naturale, altri che ne ottengono il dono per diritto di nascita e imparano, col tempo, ad esercitare un potere altresì precluso a molti. Alexandra, figlia e unica erede di Dievold Blanchard, ottenne la carica di regina dell'antica Città Reale di Coralia; eppure non fu tra le maestose mura di un nobile palazzo che scoprì la propria indole, ma tra le pareti di roccia viva del Clan Sorya, luogo dove gli incubi e i rimpianti per le scelte e gli errori passati acquisiscono consistenza reale. Tra decine di scontri e numerose vicissitudini sviluppò un'influenza tale sugli altri, da essere in grado di condizionarne la volontà semplicemente con la sua presenza. In tal senso, emanerà costantemente un'aura attorno a sé, irradiando l'ambiente circostante con la propria personalità ed influenzando qualunque persona sia presente nei dintorni, tanto dall'essere assoggettata dalla figura della Regina senza Regno, colei che ha sfidato il destino. E tale è l'attitudine che potrà riconoscere l'effetto della propria malia, semplicemente osservando chi la circonda. Questa consapevolezza sarà tale da poter distinguere, con una certa precisione, coloro - tra i presenti - che siano influenzati dalla propria malia. Forte di tale coscienza, inoltre, raggiungerà un ulteriore livello di comprensione, arrivando a capire - orientativamente - chi abbia intenzioni ostili o meno nei suoi confronti, proprio in quanto sfuggenti alla propria potente influenza. Una passiva di controllo e studio delle circostanze, che aiuterà la donna a capire ove usare le proprie influenze ed in quale modo per porsi un passo avanti e preventivare il tradimento. Ma padroneggiare l'arte dell'oratoria non è cosa facile, e la regina ha saputo sfoderare il meglio dai talenti eviscerati nella costituzione dei Leoni. Un grado tale di maestria, da poter investire altre persone dello stesso dono. In ogni momento, infatti, il possessore potrà eleggere un suo araldo, un suo servo particolarmente meritevole o su cui può riporre assoluta fiducia, che irradierà, a sua volta, l'aura di assoggettamento originata dal possessore. L'effetto potrà essere esteso anche a più persone, le quali ammalieranno a loro volta altri nemici, in un connubio di afflizioni mentali tali da far ricondurre un gran numero di soggetti sotto lo scettro del comando del possessore del dominio. Tutti coloro che verranno influenzati, infatti, anche da queste aure subordinate, saranno comunque sotto il giogo del possessore, percependo il rapporto originato come un rapporto tra maestro e adepto. L'effetto dell'abilità solo nelle vicinanze del possessore ed è sempre rimesso alla sportività degli interpreti. {Abilità passiva del dominio Ammaliatore I, II e III}
• Inflection ~
Al di là della battaglia, al di là della violenza, Alexandra è sopratutto una regina - lo era, perlomeno. Fredda, stoica, punto d'incontro tra cavaliere e regnante, di onore e virtù. L'indole maturata dopo i fallimenti passati non permette più alcun errore, nessuna disattenzione al suo sguardo se non quello imposto dal proprio volere; non vedrà solo ciò che non vorrà vedere. La donna è divenuta di conseguenza immune a qualsiasi genere di ammaliamento, influenza psionica passiva, da ogni genere di inflessione che la induca a piegarsi, anche inconsciamente. Allo stesso modo le sue parole saranno inviolabili, indiscutibili, terribilmente veritiere. Così come impossibile è arginare un fiume in piena, altrettanto difficoltoso sarà non lasciarsi coinvolgere dall'ammaliante dialogare della regina. Ogni locuzione suonerà come verità assoluta, ogni frase una legge alla quale credere ciecamente; in termini di gioco quest’abilità conta come un ammaliamento passivo che influirà su tutti coloro i quali ascoltano le parole di Alexandra, che andranno considerate come vere, sincere, sebbene in realtà possano nascondere l’esatto opposto, persino la menzogna più falsa. E di menzogne ne dovrà allo stesso modo affrontare Alexandra, ma tale è l'abilità affinata che le potrà riconoscere senza alcuno sforzo di concentrazione, percependo le vibrazione dell'inganno e seguirne l'olezzo sino alla fonte. {Pergamena Comune del Mentalista: Mente impenetrabile | Abilità personale di ammaliamento psionico Passivo | Abilità personale di riconoscimento della menzogna Passivo}

 
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view post Posted on 11/10/2013, 16:02
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Una figura nella notte, veloce, avanzava tra foreste, ombre e dubbi. Si chiedeva cosa stesse succedendo e i perché legati a questa scelta ma le domande avrebbero presto avuto risposta…molto presto.
Sgombrò la mente da pensieri e dubbi e si focalizzò solo sul presente; solo su quello senza lasciarsi condizionare da null’altro. La Luna si specchiava in quegli occhi diamantini e la sua ombra si stagliava, lunga, sulla terra. Un ombra come la stessa che acquisiva sempre più imponenza in lui.


Lady Alexandra. La regina senza regno…o meglio un regno c’era ma non doveva essere detto. Il Sorya era il suo regno e il Sorya era l’ombra stessa che si stava allugando sotto il Sole. Nascosto da tutti sarebbe tornato a far sentire la sua voce…prima o poi. Ma la Rosa non amava per nulla i governati, i Re, i signori o chiunque sedesse sopra uno scranno che lo rendeva eccezionale. Che lo rendeva al di sopra di tutti e tutto perché non amava i potenti e li trovava stupidi e profondamente egoisti nelle loro scelte.
Ecco perché cercava di mantenere poco i contatti col mondo umano preferendo le foreste e un nemico davanti piuttosto che una corte ove i coltelli erano dietro ogni arazzo, ogni sguardo era un assassino e il proprio potere si fondava su colonne crepate già di per sé. Preferiva rimanere un contadino a cui si doveva spaccare il cranio per ucciderlo che un potente che bastava un lieve soffio di vento per farlo cadere. Ma non importava. Non importavano queste dispute filosofiche non oggi, non ora, non davanti a lei e al Sorya. Poteva avere risposte, poteva trovare una via. Questo bastava anche per mandare giù questo boccone…l’ennesimo.

Le parole della regina senza regno – ma un re o regina rimane tale anche senza corona si dice – erano enigmatiche. Profonde, enigmatiche ma veritiere. Ma un turbine, una tempesta, provava ogni qual volta le labbra stupende di quella donna si muovevano. Tutto era strano; tutto cozzava; ogni parola era una nota che appariva melodiosa, profondamente giusta, magnanima e generosa ma allora perché aveva come l’impressione che vi fosse, tra tutte quelle note perfette, qualcosa di dissonante. Perché? Cos’era che gli stava dicendo il suo istinto, l’animale che aveva tatuato sulla schiena e che era la parte più vera di sé? Quella pantera che era il suo totem e la sua via? Cosa stava dicendogli? Ma in ogni caso lo scintillio selvaggio e indomito in quei occhi più simili a laghi profondi era come il fulmine che squarcia un velo plumbeo carico di pioggia.
Ma per il momento non disse nulla. Ascoltò. Ma non si fidava – o almeno una parte di lui non voleva crederci – ma sembrava scisso. Ma se era il prezzo da pagare lo avrebbe pagato.

Re e Regine rimangono tali anche senza regno o scettro! Non mi fido di loro neanche se portano doni…ma avrete le mie spine… Disse calmo e sicuro e si domandò se forse non era il caso di lasciar perdere tutto. Tornare nelle sue foreste e dimenticarsi di un regno dimentico da tutti, con una regina che tutto poteva essere ma che il suo scettro era l’ombra e, forse, la menzogna. Ma all’epoca non aveva combattuto e Velta e la sua voce lo avevano portato a morire…lo avevano portato nell’oblio e si ricordava delle sensazioni e del freddo che aveva portato. Ma soprattutto non era dimentico dei suoi errori. Per cui, al momento, gli sembrava una buona idea quella di sfruttare tutti loro per i propri personali scopi. Ma dei suoi doni avrebbe fatto a meno: un dono da un re lega, avvinghia con lacci di sangue e tradimenti e non voleva rimanere legato a niente che non gli convenisse.

Si avvicinò al vecchio guerriero, un cenno della testa. Una mano tesa davanti a sé. Se l’avesse accettata e stretta si sarebbe accorto che sarebbe stata forte e vigorosa come le radici antiche di un albero alto e forte. Occhi nei suoi: profondi e scintillanti ma anche velati da malinconia.



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Rogozin…te sei Donovan…presentazioni fatte presumo. Ho delle domande per voi se non risulto invadente o se non sono gradite: cosa stiamo cercando? Quali sono le ombre e l’ignoto che dovremmo scoprire?! L’ Erynbaran non è un luogo per “passeggiate romantiche”. Per cui cosa succede al clan che vi ha destato a fare una simile cosa?




Rogozin
Energia: Bianca Pericolosità: F CS: +1 Maestria armi
Status fisico:
Status Psichico: Consumi energetici in questo turno:
Riserva energetica residua: 100%

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Presenza angelica:

Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]

Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

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Abilità Attivate:





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Riassunto e Note:
Per esigenze narrative descriverò nel prossimo post la mia cavalcatura. Che mi sembrava brutto come stacco parlare con Donovan e poi descrivere la mia cavalcatura. Spero non ci siano problemi.

 
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view post Posted on 11/10/2013, 20:28

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L'intrico scuro e umido della giungla cedeva il passo solo a quello altrettanto buio nel cielo. Era un pomeriggio tenebroso, come chissà quanti altri in quelle terre. Qualcuno avrebbe potuto pensare che il turbinio di nuvole sopra di loro doveva essere un portatore di cattivi presagi, oltre che di brutto tempo: ma chiunque fosse stato così ingenuo da partorire un pensiero simile sicuramente non aveva avuto modo di abituarsi al clima e all'aspetto di Velta. A quella sensazione costante che la sede del clan faceva gocciolare pian piano nelle ossa dei suoi membri.
Sepsaris era forse immune alla tetraggine del paesaggio, essendo abituata a molto peggio. Negli ultimi vent'anni del Nuovo Impero, non aveva mai visto la luce degli astri, in quanto il suo mondo era rimasto sempre coperto da fumi e vapori di cenere. Il modo in cui i cirrocumuli roteavano sopra di loro le ricordava un po' il gorgo, e di conseguenza, il suo duello mortale con Maelstrom; ma quello era tutto.

Il viaggio di ritorno fino alla sede del Clan era stato tedioso e privo di eventi. Contava che la spedizione mettesse rimedio a entrambe le cose. Arrivò di fronte al clan: la regina era già li ad attenderli, insieme a un umano anziano e una giovane ... mezzaumana.

« Vi ringrazio per aver accolto la mia chiamata.
Il mio nome è Alexandra Blanchard, forse avrete sentito parlare di me
»

Oh, ne aveva sentito parlare. Persino Sepsaris, ancora relativamente estranea a quel mondo, sapeva della regina senza regno. Certamente non era la sua, regina - come Castanics, il suo orgoglio le imponeva di riconoscere la regalità solo a un altro membro della sua razza - ma comunque una delle cariche più importanti del Sorya. Le storie che circolavano sul suo conto erano impressionanti; come guerriera, sperava di aver modo di verificarle di persona, magari, addirittura in un duello. Eppure l'aspetto di Alexandra non rifletteva, quel giorno, l'immagine della macchina da guerra che narravano le storie. A una prima vista, non sembrava nemmeno armata, e anzi, era vestita leggera. La lanciera alzò un sopracciglio. Perché presentarsi in quel modo a una spedizione militare? I ragionamenti degli umani le restavano, ancora una volta, oscuri.

« Spero che sir Kermis e lady Afrah via abbiano trattato con i dovuti riguardi. Sepsaris, Rogozin. Stiamo partendo alla scoperta delle origini del Sorya, per sviscerare e comprenderne gli arcani. Se accettate di seguirmi nell'Erynbaran, sarò lieta di condividere con voi una parte dei suoi poteri. »


Rogozin doveva essere il nome dello sconosciuto arrivato dopo di lei. Un altro umano, capelli neri, forse avvenente per i canoni della sua razza. Sepsaris gli riservò un'occhiata di fredda curiosità. Il resto del discorso della così chiamata sovrana, però, non era altrettanto chiaro. Sembrava che il denominatore comune ad unire il Sorya e gli avvenimenti ad esso collegato fosse il mistero: da quel punto di vista, le premesse della missione non facevano eccezione. In un'occasione diversa, Sepsaris avrebbe chiesto delle spiegazioni. Tuttavia - evento estremamente raro - sentiva un moto di fiducia verso quella figura ammantata di rosso, e, a livello puramente istintivo, non aveva intenzione di mettere in dubbio le sue parole. Le avrebbe prestato la sua lancia, almeno per vedere a cosa quella missione avrebbe portato.

La parte sul condividere dei poteri, però, le risultava più ostica da digerire. Aveva già all'interno del suo corpo un dono grande e terribile, una capacità di cui non riusciva ad accettare l'esistenza anche se solo grazie a quella era sopravvissuta. Il prezzo della sua altra forma, però, era stato terminare l'eccidio della sua razza, l'esilio dalla colonia dei sopravvissuti, e sempre per colpa di quella trasformazione ferina, aveva perso Adraste.

Si morse il labbro con forza, fino a sentire il sapore del sangue in bocca. Il dolore, invece, non arrivò - così come non arrivava più dal suo combattimento con il ragno senziente. Cosa sapeva, quell'umana, del potere? Cosa sapeva del prezzo che si pagava per averlo? Forse, molto. Ma non sapeva certamente abbastanza su Sepsaris, per prometterle quella ricompensa. Senza contare che già il mercante, Kermis, aveva promesso alla guerriera un desiderio, qualunque cosa quello volesse dire.



Si limitò ad annuire, chiudendosi dietro la sua migliore espressione dura da soldato. Ci sarebbe stato un altro tempo, per le domande. Dal clan fecero la loro apparizione il mercante e una donna che identificò come Lady Afrah, mentre l'umano era Donovan. Il compito che le era stato assegnato era, di base, una missione di scorta alla regina stessa, mentre l'altro, Rogozin, avrebbe fatto da esploratore insieme al vecchio. Il cammino da percorrere era lungo e pericoloso, e Sepsaris si trovò nell'incombenza di dover scegliere un cavallo. Le sue capacità con quelle bestie era scarsa; principalmente, c'era qualcosa nel suo aspetto che terrorizzava gli animali. Forse l'armatura tirata a lucido, lo sguardo tetro e la lancia, ma molto più semplicemente poteva essere per via delle sue lunghe corna sopra la testa e dell'odore di sangue che si portava appresso. Dopo un po', scelse di avvicinarsi a un frisone particolarmente possente, indovinando che quello doveva essere stato un cavallo da guerra, abituato quindi a portare il peso di un guerriero con tutto il suo equipaggiamento. L'animale sbuffò e nitrì, ma come aveva visto fare ad Adraste, Sepsaris gli posò una mano sul muso e sussurrò alcune parole dolci per calmarlo.

« Curre mecum, et nemo te vulnerabis. »

Il destriero la lasciò salire, e a quel punto si riunì al gruppo che avrebbe dovuto accompagnare. Si affiancò alla sovrana.

« Ave, Alexandra. » avrebbe detto.
« Se me lo permetti, sarò la tua scorta. Tra la mia gente, ero una guerriera onorata della Settima Legione. »

Era vero che aveva familiarità con quel genere di cose - e con tutte le situazioni inerenti alla guerra - ma dovette fermarsi lì. Tutte le battaglie della Settima Legione, dopotutto, si erano svolte contro schiere di esseri umani: la regina del Sorya non aveva bisogno di saperlo. Comunque, le sue imprese militari erano lontane, ormai: la caduta del Nuovo Impero aveva lavato via ogni onore, insieme a ogni odio verso gli uomini, e dietro di sé aveva lasciato solo un dolore sordo e una prontezza spietata nelle arti belliche.

« In cambio, ti sarei grata se vorrai parlare con me.
Magari non sembra, ma sono una straniera in queste terre.
»


    Mi scuso, ma non ho avuto il tempo materiale per accordarmi e fare quindi un post più ricco di dialoghi. Due note:

    • Sepsaris non distingue tra umani ed elfi, quindi chiama Anglide semiumana - intuisce che ha dei tratti differenti, ma non sa che lei è una razza a parte.

    • La frase in latino è per rendere la lingua madre di sepsaris.


    2 CS alla Maestria con le Armi
    Sepsaris è Illesa.
    Abilità

    Duellante I - Qualsiasi oggetto con cui Sepsaris attacca è considerato come un'arma.
    Duellante II - Qualsiasi oggetto con cui Sepsaris attacca è considerato come un'arma.
    Hybris Castanicis - Razziale demoniaca di timore.
    Vitam Superare - Insensibilità al dolore.
    Sepsaris Sanguis - Danni fisici sopportabili aumentati a doppio mortale.
 
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Foxy's dream
view post Posted on 20/10/2013, 19:37




HeadPost3


Il viaggio procedeva tranquillo, sereno.
Lo scalpicciare delle cavalcature cadenzava la marcia come un metronomo, la martellante musica di un tamburino, un silente percorso verso terre in fondo non troppo lontane. L'Erynbaran. Una landa di sibili e silenzi, di fuochi al vento in spesse nebbie, di anime e spiriti ora irrequieti ed ora cheti. Le storie erano tante quante le foglie morte in terra, chiunque avesse calcato quel suolo maledetto giurava di avvertire una stretta attorno al cuore, una morsa per monito, a ricordare come l'innocenza può essere tradita per mero capriccio. E quel roseo candore divenire la più truce oscurità, il cimitero dei buoni intenti.
...

Alexandra si strinse nel mantello nel momento in cui una folata più gelida delle precedenti la colse impreparata. Lanciò lo sguardo verso l'orizzonte scorgendo un sole morente pronto ad un'apnea al di là dei monti, segnando di conseguenza la fine del cammino in quella fredda giornata d'autunno. Accarezzò lo scuro shire lungo il collo nerboruto, ne percepì il ritmico contrarsi e rilassarsi, avvertì il pulsare di quei muscoli possenti, lo scorrere di una forza che l'aveva accompagnata per decine e ancora centinaia di quei viaggi senza destinazione. Allentò la presa sulle briglie concedendo una libertà in più alla fedele cavalcatura, che in risposta nitrì debolmente scuotendo il capo.
Con la medesima fiducia poi, si accostò alla guerriera che aveva deciso di seguirla nell'impresa. Avrebbe parlato con lei, proprio come le aveva promesso. Avrebbe risposto alle sue domande, esattamente come si confaceva ad una signora. Avrebbe persino concesso lei il dono della verità, se lo avesse meritato. Nella ragazza a lei di fronte c'era un qualcosa che tempo addietro aveva scorto in se stessa, un frammento d'angoscia pronto ad infilzarsi nelle convinzioni più radicate. La sua spessa armatura baluginava agli ultimi raggi di sole, e le forme ferali di quella fredda seconda pelle la propiziavano di un'aura fatale. Sapeva però, che malgrado quei ninnoli, la donna dietro di essi restava tale, e perciò soggetta ai mille turbamenti come chiunque altro. E la stirpe d'origine non importava - umana o elfica, mezzosangue, figura celeste o figlia degli abissi che fosse. Ma ci si poteva concedere il lusso di fingere e farsi scudo del proprio orgoglio; ed anche questo, la Regina, lo sapeva molto bene.

« Fermiamoci qui per la notte. » ordinò al gruppo sollevando appena il braccio « Mi sembra un buon posto. »
Una piccola radura dalla vaga forma circolare e circondata da grandi alberi di latifoglie; se qualche oscuro visitatore avesse concesso loro l'onore della propria presenza lo spesso tappeto di foglie secche avrebbe annunciato la sua presenza.
« Allora volevi parlarmi, straniera?! » disse alla castanics con un debole sorriso ad ornarle il viso « Lascia che gli altri preparino il campo, non ci vorrà molto. Donovan è stato tanto accorto da distribuire viveri e coperte nelle selle di ognuno; non sarà molto, ma è molto più del necessario. »

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E ne avrebbero avuto bisogno,
perché la notte si prospettava fredda e buia.
In fondo non così diversa da tante altre.

_ ___ ______________________ ___ _


La marcia proseguiva altrettanto spedita per Donovan ed il ragazzo, che di buona lena superarono scoscesi pendii ed impervi promontori. La brulla vegetazione veniva lesa dalla nuda roccia come coltelli che ne infilzano le carni, rivelando allo sguardo uno scenario di pace commista a desolazione. Il vecchio scudiero si voltò verso il compagno di viaggio, deciso a rispondere alle sue domande quantomai legittime. Forse curiosità, forse capriccio, forse il voler addentrarsi nell'oscurità permeata sin nelle ossa di quel clan che non esisteva. Ma Rogozin non cercava le risposte di un'enigmatica - forse falsa - regina, quanto più le rivelazioni di un vecchio cavaliere.

« Nella tua testa… hai mai provato a dare forma al Silenzio? »
domandò picchiettandosi la tempia col dito indice
« È probabilmente inutile anche il solo provarci. »

Le cavalcature avanzavano ormai stanche mentre il giorno cedeva il posto alla bieca sorella notte.
Il fiato pesante si condensava in nuvolette di vapore avanti ai loro musi, mentre i capi ciondolavano verso il terreno come muli dopo un'intera giornata di lavoro nei campi.
« Sono al limite… » proruppe poi in tono giocoso « Conviene accamparci prima che sia buio. »
e subito smontò dal proprio frisone, mise mano alla borraccia rigonfia del proprio contenuto trangugiandovi avidamente due lunghi sorsi, per poi emettere un inelegante quanto eloquente verso di appagamento.

« Dicevo: siamo alla sua ricerca. O meglio: siamo alla ricerca del suo portatore.
Come saprai, di tanto in tanto Velta indice una sorta di torneo. Un gioco di sangue, come ama definirlo la mia signora. »
sogghignò bonariamente « E saprai anche che il vincitore riceve in dono, inciso sulla propria stessa pelle, un potere del quale diviene padrone solo con la piena consapevolezza dello stesso. »

« I doni di Eitinel sono estranei ai campioni.
Paragonali a delle ombre, non ti accorgi della loro presenza se non guardando in terra.
Ed è per questa ragione che - in qualche modo - comunicano fra loro attraverso il sogno, il mezzo attraverso il quale ella ha partorito questi arcani. »

Era in fondo la migliore spiegazione che potesse offrirgli, la conclusione a cui era giunta Alexandra dopo anni di convivenza con quel marchio, di ragionamenti ed elucubrazioni al chiaro di luna in notti affrante dall'incubo di poter rivedere quegli occhi maledetti e predatori.

« A quanto pare, tuttavia, il Silenzio è stato infranto… ed ha assunto forma.
Ma anche se restio a rivelarci il suo fato, quel debole passo non è sfuggito allo sguardo della civetta sigillata assieme al marchio del Mastro di Chiavi. »

una risposta completa, o quasi

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« Quanto a me… sono poco più di un cavaliere, un vassallo, un servitore. » molte cose per un uomo solo, aveva altrettante volte ammesso a se stesso « Bada però che non è il Clan a richiedere i miei servigi, ma la donna che ti ha accolto al suo ingresso. »
...
« In ogni caso permettimi un consiglio: evita di affliggerti con tutte queste domande. »
disse infine all'interlocutore lanciando lui la borraccia
« A risposte che non ti conducono a nulla preferisci sempre un buon vino. »
Concluse infine in una grassa risata.


QM's PointPost narrativo per recuperare quanto non avete avuto modo di fare nel post precedente, ovvero interloquire con pg e png del caso. In entrambi i casi, comunque, siete pronti ad allestire il campo. Nelle selle avete modo di trovare il necessario, sentitevi quindi liberi di descrivere a vostro piacimento cibi o strumentazioni del caso (purché ovviamente consone al contesto).
Infine, come detto precedentemente, nel caso in cui vogliate preparare un dialogo non esitate a contattare gli interessati. Utilizzate il topic in Confronto così come gli mp o altri canali privati.

5 giorni di tempo. Buon lavoro!
 
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view post Posted on 24/10/2013, 21:05
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In sella per lande sconosciute. Pendii e impervi promontori si lasciarono dietro alle loro spalle mentre i zoccoli dei loro cavalli mangiavano terreno e leghe. Rogozin montava un cavallo forte e robusto e il giovane era un esperto cavallerizzo nonché abituato a lunghe marce ed estenuanti corse nel nord dell’Eden. Ecco il perché la scelta ricadde su un giovane arabo bianco con una macchia sulla fronte; faceva parte della razza dei kuhailan, resistenti e potenti, e per quello che dovevano fare e per le marce che sicuramente vi sarebbero state era l’ideale.
Infatti i due sembravano non risentire della fatica e i suoi occhi andavano all’orizzonte in cerca di risposte e di perché. I dubbi ancora rodevano la sua testa e le domande cercavano risposte; nel mentre il viaggio si apprestava – all’insegna della tranquillità come nuvole che correvano in un cielo limpido – a dissipare quei dubbi. E lui preferiva le parole dei contadini e dei guerrieri alle autorità che troppo spesso sotto la seta e gli elogi nascondevano pugnali e veleno. Le cavalcature avanzavano di pari passo come le risposte.

« Nella tua testa… hai mai provato a dare forma al Silenzio? »
domandò picchiettandosi la tempia e Rogozin lo seguì interessato. Stringendo gli occhi e quasi dimentico di quello che aveva intorno e di quello che dovevano fare.
« È probabilmente inutile anche il solo provarci. »

Le cavalcature avanzavano ormai stanche mentre il giorno cedeva il posto alla notte. Anche se non lo dava a vedere era stanco e, complice anche la tensione, si sentiva sfinito più psicologicamente che non mentalmente. Avere a che fare con il Sorya e i suoi segreti lo lasciava sempre svuotato e imponente come un uomo che affoga preso dai crampi.
« Sono al limite… » proruppe poi in tono giocoso « Conviene accamparci prima che sia buio. »
e subito smontò dal proprio frisone, mise mano alla borraccia e, avidamente con due lunghi sorsi, mostrò un inelegante quanto eloquente verso di appagamento. Rogozin sorrise.

« Dicevo: siamo alla sua ricerca. O meglio: siamo alla ricerca del suo portatore.
Come saprai, di tanto in tanto Velta indice una sorta di torneo. Un gioco di sangue, come ama definirlo la mia signora. »
sogghignò e la Rosa, smontando dal suo cavallo per un attimo ricordò quei momenti. Il sangue e la sconfitta, la morte e la rinascita. Accarezzò il suo cavallo anche se stringeva rabbiosamente le briglie ancora a quei ricordi. « E saprai anche che il vincitore riceve in dono, inciso sulla propria stessa pelle, un potere del quale diviene padrone solo con la piena consapevolezza dello stesso. »

« I doni di Eitinel sono estranei ai campioni.
Paragonali a delle ombre, non ti accorgi della loro presenza se non guardando in terra.
Ed è per questa ragione che - in qualche modo - comunicano fra loro attraverso il sogno, il mezzo attraverso il quale ella ha partorito questi arcani. »

L’incubo e i sogni di Eitinel la dama Bianca. Ancora comunicava con loro? Non riusciva ben a comprendere anche se molti segreti erano perduti ed obliati anche a coloro che li dovevano difendere.

« A quanto pare, tuttavia, il Silenzio è stato infranto… ed ha assunto forma.
Ma anche se restio a rivelarci il suo fato, quel debole passo non è sfuggito allo sguardo della civetta sigillata assieme al marchio del Mastro di Chiavi. »


Sempre più interessante la storia e riusciva a capire di più: di quanto il Sorya fosse come un lago calmo di cui aveva iniziato a smuovere solo la superficie placida e quiete sotto una lesta Luna.
« Quanto a me… sono poco più di un cavaliere, un vassallo, un servitore. » « Bada però che non è il Clan a richiedere i miei servigi, ma la donna che ti ha accolto al suo ingresso. »

Come anche i miei d'altronde. Possiamo dire che, per certi versi, siamo simili e simile sono i motivi per cui siamo qui. Anche se io sono solo uno che osserva la superficie…come guardare un cigno che maestoso nuota sulla superficie senza accorgersi del lavoro frenetico delle sue zampe. Che sia così il Sorya? Lo guardò dritto negli occhi e prese un filo d’erba facendoselo passare tra le dita e lasciando vagare il suo sguardo all’orizzonte dove il rosso accendeva il cielo e le prime stelle luccicavano nel mantello della notte.
O forse siamo simili solo negli aggettivi che ci diamo.
...
« In ogni caso permettimi un consiglio: evita di affliggerti con tutte queste domande. »
disse infine lanciandoli la borraccia che venne presa al volo.
« A risposte che non ti conducono a nulla preferisci sempre un buon vino. »
Una grassa risata. Seguita da una lunga bevuta di rimando dalla parte della Rosa.

In ogni caso andando avanti ne sapremo di più. La regina non si muoverebbe senza un motivo più che valido e il Sorya non è quello che si crede. Se la notte porta consiglio e se la Dama trova la sua massima espressione nel sogno chissà…forse veramente la notte porterà consiglio! Un occhiolino e la borraccia venne rilanciata.
E comunque questo non era nulla che non assomigliasse ad uno sciacquabudella della peggior taverna di Redcliffe! Per cui montiamo le tende e il campo accendiamo un fuoco e decidiamo chi farà il primo turno di guardia…e a giudicare da come ti sei stiracchiato forse è meglio se lo faccio io! Si alzò e gli dette un colpo su una spalla svuotando le sue borse: avevano carne secca, acqua , sacchi a pelo, tende e tutto l’occorrente per montare il campo.
Non mancava nulla e potè prima di tutto raccogliere della legna per accendere un fuoco per rifocillarsi e riposare un po’ il corpo e la testa. Avrebbe montato, però prima di tutto, le tende cercando una luogo adatto e che fosse anche abbastanza riparato. Ogni volta aveva sempre la sensazione di essere braccato dopo la sua ultima disavventura. Forse stava diventando troppo paranoico o, cosa più probabile, era che ogni qualvolta aveva a che fare con il Sorya perdeva tutta la sua calma e il suo sangue freddo.
Ma aveva ragione Donovan: una sorsata di vino, lo stomaco pieno e un fuoco sarebbero bastati a non arrovellare troppo la sua mente.










Rogozin
Energia: Bianca Pericolosità: F CS: +1 Maestria armi
Status fisico:
Status Psichico: Consumi energetici in questo turno: %
Riserva energetica residua: 100%

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Presenza angelica:

Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]

Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

_ ___ _____ ___ _


Abilità Attivate:



_ ___ _____ ___ _

Riassunto e Note:
Nulla da dire solo che il mio Pg si propone per il primo turno di guardia. Si non si fida minimamente di niente ^^ se ho sbagliato qualcosa, oppure ho capito male le indicazioni, fatemi un fischio.
A voi :)

 
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view post Posted on 25/10/2013, 20:42

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La regina del Sorya non parlò, all'inizio. Sepsaris non fece cenni, e si accodò alla spedizione in marcia, guidando il suo cavallo con una mano sulle redini e un'altra sul collo muscoloso della creatura. Per quanto le sembrasse strano, era pur sempre in una gerarchia militare, e quell'umana era sua superiore.
C'era ben poco da commentare, quindi. Nelle ore che seguirono il gruppo avanzò a velocità costante, procedendo in una sera prima di avvenimenti, scandita solo dall'avanzare del buiore del cielo, che infine scese su di loro come una coltre.

Fu a quel punto che Lady Alexandra le si avvicinò.

« Allora volevi parlarmi, straniera?! » le disse, sorridendo leggermente. C'era una certa grazia in quell'espressione.

« Si ... » Sepsaris si bloccò, cercando il termine esatto. Regina non suonava bene - era pur sempre una senza corona, e inoltre le ricordava troppo i tempi del Nuovo Impero e il suo Imperatore. Non si era presentata, nemmeno, come comandate. Ripiegò quindi per un termine generico in quella lingua. « mia signora. Questa spedizione ha l'obbiettivo di svelare alcuni misteri del Sorya: ma io stessa so ben poco della sua storia. Quando sono arrivata in questo mondo, a malapena ho potuto raccogliere delle nozioni di base, e tra queste non so quante siano superstizione e quante realtà.

La sua storia, i suoi obbiettivi ... ai mei occhi, non mi sembrano più chiari del Gorgo che circonda Velta.
»


Un'ombra le scurì l'espressione, già di per sé non proprio serena, ricordandosi con l'accenno al Gorgo al suo duello mortale con Maelstrom. Qualsiasi informazione, comunque, le sarebbe stata utile. Nel frattempo attorno a loro si preparava il campo per la notte; l'organizzazione della spedizione, dal punto di vista militare, non sembrava affatto male.

« Quindi vorresti semplicemente sapere... dei suoi misteri, dei suoi protagonisti dimenticati e talvolta riesumati in nome del caso - proprio come in questa spedizione - o di come un drago pose fino all'idillio di una terra promessa e di come quel tradimento segnò gli eventi che seguirono, e con essi queste terre? » Si fermò un attimo per ridere, di una risata estremamente leggera per quell'ambiente desolato. « Donovan potrebbe parlartene per ore... »

« Non so esattamente cosa hai sentito, e ad ogni modo è probabilmente tutto vero. Quella verità però, non è altro che il guscio della nostra verità. Avrai senz'altro udito il nomignolo affibbiato al Sorya: il Clan che non esiste. Ma se un tempo era la verità degli altri, ora questa verità è sopratutto nostra. » Sospirò, enfatizzando il peso di quelle ultime parole.

« Il Sorya non esiste, non più! Inseguiamo fantasmi, Sepsaris. »

A quelle parole, le pupille della Castanics si dilatarono percettibilmente, come se quella frase avesse destato in lei ricordi molto vividi. In realtà, sarebbe stato più appropriato parlare di uno schiaffo in pieno volto. Non quello lanciato da un avversario, in segno di sfida: più il tipo di schiaffo che sveglia l'ubriacone inebetito dal suo stato di trance alcolica. Per quanto non credesse nel destino, se quello era il Sorya, allora era praticamente naturale che ci fosse finita anche lei: quale posto migliore di un clan di fantasmi per chi dai fantasmi era tormentato?

« Ciononostante restano belle storie da ascoltare attorno al fuoco. »



Come obbedendo a un ordine non detto, la lanciera scese da cavallo, aggrappandosi alla sacca che doveva essere, probabilmente, il suo giaciglio per la notte.

« Per quel poco che so, i fantasmi hanno sempre delle storie da raccontare. » se poi fossero belle, non avrebbe saputo dirlo.
« Credo di capire a cosa ti riferisci, mia signora. »



Chissà che avrebbe pensato Tribuno, che l'aveva mandata come futuro contatto all'interno del clan, a sentire quelle parole. Ma Tribuno non era lei, non era Sepsaris, e a differenza sua, non aveva visto né causato tante morti.
Stese il sacco a pelo. Non si aspettava di dormire troppo comunque: avrebbero sicuramente fatto dei turni di guardia.



CITAZIONE

2 CS alla Maestria con le Armi

Sepsaris è Illesa.

Abilità

Duellante I - Qualsiasi oggetto con cui Sepsaris attacca è considerato come un'arma.
Duellante II - Estrazione istantanea delle armi.
Hybris Castanicis - Razziale demoniaca di timore.
Vitam Superare - Insensibilità al dolore.
Sepsaris Sanguis - Danni fisici sopportabili aumentati a doppio mortale.




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Edited by †Blame! - 30/10/2013, 08:54
 
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Foxy's dream
view post Posted on 30/10/2013, 01:40




HeadPost4


Alexandra ascoltò la replica di Sepsaris, e si compiacque nel credere che, anime affini, non necessitavano di molte parole per intendersi. Qualunque fosse la motivazione che l'aveva spinta fra le braccia del Clan, tra le spire di Velta, non le interessava in alcun modo. In quel grigiore tendente al buio più nero ognuno bramava la propria luce, la salvezza dai tormenti; l'unica differenza era nei modi con cui la si desiderava conquistare. Ciò che invece solleticava la sua curiosità, era fin dove si sarebbe spinta, oltre quali soglie avrebbe osato.
Scese poi lentamente da cavallo quando Anglide le si avvicinò porgendole il proprio aiuto, soccorso che la Regina ben rifiutò. Virgulto d'orgoglio che colpì la timida mezzelfa, allarmata da un errore di cui probabilmente neppure responsabile. Un eccesso di riguardo, un'intemperanza che poco s'addiceva alla guida dei Leoni; malgrado ciò, persino una leonessa - la più fiera - non poteva spingersi oltre i propri limiti.
« Perdonatemi mia signora, ma dovreste mostrare più riguardo per la vostra persona. » prese coraggio dalla forza delle sue posizioni, e una vocina sottile e delicata fuoriuscì dalle esili labbra in una predica a tratti ilare « Anche poche ore a cavallo possono essere molto. Senza considerare… »

H85DRzQ

« Senza considerare… cosa? » domandò quanto mai retorica, ma la guaritrice resse con sorpresa il suo sguardo, non accennando altro che quel muto interloquire. La contrarietà sul volto della Regina mutò presto a rassegnazione, e poi a cheto assenso.
« … » sospirò « Forse hai ragione. »
Concluse aggiungendosi al duo costituito dalla Beduina e l'Invisibile, intenti già nel consumare la parca cena dinanzi al fuoco parlottando del più e del meno. Udì storie antiche e lontane dell'amabile Afrah, nostalgiche memorie del suo folklore natio; così come cronache più attuali riportate dal fine Kermis, sempre attento al dettaglio più insignificante di quel mondo in continuo mutamento. Pur di non annegare preferiva rimanere a galla, seguire la corrente come un tronco abbattuto, ma allo stesso tempo mai fermo - mai vinto.
...

Quando giunse l'ora del riposo il primo turno di guardia spettò alla mezzelfa.
Piccola nel suo mantello cinereo si accucciò vicino al fuoco; l'umidità sempre più pesante, così come le palpebre per due interminabili ore. Di tanto in tanto - nel tentativo di ingannare il sonno - gettava un ramo tra le fiamme guizzanti ascoltando il ritmico crepitare della legna umida, per poi giocherellare col suo pugnale nella pantomima di un abile circense. Quando però la spossatezza divenne più greve del puerile diletto andò a scuotere Sepsaris dal suo giaciglio.
« Credo sia giunto il vostro turno… »
esordì a voce bassa

_ ___ ______________________ ___ _


Il cielo volse presto a tonalità più tetre e lugubri, dove stelle tanto ardite facevano talvolta capolino da nubi informe e stracciate. Il vento sibilava sinistro al pari di una serpe ripetendo instancabilmente quel verso a cui i due guerrieri si erano a lungo abituati. Le cavalcature, legate blandamente ad un albero rinsecchito per mera precauzione, nitrivano di tanto in tanto strappando dal terreno brullo e roccioso la poca erba a disposizione.
Un modesto fuocherello allestito al centro del campo illuminava i volti degli oscuri pellegrini, riscaldando membra stanche dal lungo viaggio, mentre le bocche avide masticavano cibo per nulla di conforto. Malgrado ciò, qualcosa che riempisse i loro stomaci, fu la più grata consolazione che potessero attendersi nel cuore del nulla. Maneggiando un piccolo coltellino Donovan si ritagliava l'ennesimo pezzetto di formaggio, mentre vacuamente, lo sguardo, errava per lo squallido paesaggio.
« Un bardo una volta mi ha raccontato che in questa terra abitano delle ombre… »
Il vecchio, restio al sonno, volle imbastire una discussione col compagno di viaggio che si era offerto di vegliare durante il primo turno di guardia; Rogozin era tutto sommato di buona compagnia, e lui non era mai stato un tipo esigente, per quel che valeva. Tentò così di punzecchiarlo con quel suo modo allegro e pacioso, mascherando un pungente cinismo misto a irrefrenabile curiosità.
« Siamo nel Gwathlàiss, terra di nessuno. Considerato il panorama non mi stupirei più di tanto in effetti. Ma personalmente non so quanto sia vero; un bardo inventa storie per diletto, oltre che per vivere. »
ridacchiò stendendosi completamente su una coperta posta di fianco al focolare
« Piuttosto, a proposito di storie, vorrei chiederti perché ti hanno affibbiato quel nomignolo. “La Rosa”.
Abbastanza strano per un uomo… poco virile, oserei dire. »

...

D'improvviso un vociare lontano infranse l'ultima insinuazione, irrompendo nel silenzio della notte come una nota tremendamente fuori posto. Donovan rizzò nuovamente la schiena tendendo bene i sensi, con in volto un'espressione quanto mai stranita. Che fossero ombre, le medesime di cui gli avevano raccontato?
Quel vento sibilante accompagnò parole confuse, schiamazzi, esclamazioni e oscenità non meglio definite. Presto, attraverso la fitta oscurità lesa dalla luce della luna, furono visibili i profili degli autori di quella strisciante gazzarra. Una dozzina di uomini, dal passo fiacco e pesante, inarcati sulle loro stesse spalle e stretti nei loro abiti cenciosi. Quando furono abbastanza vicini dall'essere illuminati dal focolare, Donovan distinse chiaramente la stanchezza nei loro occhi, così come un accenno di angoscia, ed una nota di interesse pervase i suoi più miti e sereni.
Fuggivano da qualcosa.
« Oh! Cavalieri… » esclamò uno sfregandosi le mani sporche e callose « Cosa c'è per cena? »
Lo sguardo del vecchio sul manipolo fu lungo, teso all'esasperazione; abbigliati alla meno peggio, barbe sfatte, zazzere brune, la pelle scura arrostita dal sole e labbra riarse dalla sete. Non erano certo originari del nord, poiché ognuno in quelle terre sapeva fin dove spingersi, e l'Erydlyss era uno dei luoghi dove l'oscurità permeata nel tempo assumeva forma e vita propria. Alla cintola portavano armi di chiara foggia meridionale e ninnoli d'oro, poi, incorniciavano un quadro ormai completo.
Non erano contadini né viandanti, bensì briganti in fuga da una preda eccessivamente grande per le loro abilità. Ma non si scompose. Lanciò un'occhiata a Rogozin, un'altra all'anonimo interlocutore.
« Ben poco per voi tutti. » asserì lo scudiero mostrando lui ciò che restava del suo pezzo di formaggio « Se avete la cortesia di accontentarvi… » proseguì posando mano sull'elsa della vecchia spada al suo fianco
« Ohi, ma avete belle bestie… » replicò l'altro ghignando « Ce ne sarebbe per ognuno! »

doyLiPm

« Non ci siamo – non ci siamo affatto! » esclamò ribattendo e accarezzando fra pollice e indice il pomolo dell'arma « Il mio Romuald non si tocca, ma posso parlare solo di ciò che è mia proprietà. »


QM's PointPost che lascia voi moltissime porte aperte, da ruolare ovviamente nel topic di confronto.

@Blame: mi pare che vi sia poco da spiegare. Dopo la cena attorno al fuoco (spezzone nel quale puoi inserire dialoghi concordati con Neve o Yu nel caso in cui desideri prendere contatto con loro) non resta che riposare. Il primo turno di guardia spetta ad Anglide, che dopo aver vegliato un paio d'ore si appresta a svegliare Sepsaris per chiederle il cambio.

@Wrigel: anche qui poco da aggiungere. Prima di riposare Donovan cerca di scambiare qualche parola con Rogozin, ma le sue ultime domande vengono interrotte dall'arrivo di un manipolo di briganti. Sono in totale una dozzina, ed immediatamente attaccano bottone per reclamare del cibo; Donovan risponde a colui che pare essere il loro leader, ma senza scomporsi più del dovuto, non precludendo allo stesso modo una risposta del tuo pg - anzi esortandolo.

A voi le idee su come proseguire.
 
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view post Posted on 4/11/2013, 17:46

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La loro conversazione si concluse così, poche parole che rimandavano a molti significati reconditi - e molti altri ancora non detti, nascosti, che pendevano sul discorso come spade di Damocle. Sepsaris non era mai stata molto socievole, e la Regina aveva pur sempre il contegno di una Regina, per cui la loro non era certo una compagnia nella quale aspettarsi chiacchiere pettegole. Inoltre la lanciera doveva, in qualche modo, riflettere su quanto le era stato detto.

Se il Sorya non esisteva più, se di esso rimanevano solo fantasmi e vestigia, se quel gruppo era ciò che era rimasto dalla caduta del Clan ... quale doveva essere il suo ruolo? Che lei fosse condannata, sempre, a muoversi dentro rovine, tra morti e fantasmi? Non aveva mai considerato fortuito il suo arrivo a Velta; se fosse stata dell'umore adatto, però, avrebbe iniziato a trovarlo ironico. Sepsaris, il cui nome significava la fine del mondo, araldo della sventura e della morte tra i suoi pari, approdata in una compagnia inesistente, già da tempo sul viale del tramonto! La fine del Nuovo Impero l'aveva vissuta sulla sua pelle, sperimentando ogni fase successiva con dolore. Se il Sorya aveva speranze di risollevarsi, lei credeva che non avrebbe potuto aiutarlo in nessun modo; se invece era un animale morente, che necessitava il colpo di grazia, magari allora avrebbe potuto usare le sue abilità ... ma sarebbe stato un lavoro impersonale, freddo, e senza emozioni.

Lady Alexandra tutto sembrava, però, che morente e senza emozioni. Mentre si accampavano ci fu una scena peculiare; la semiumana, Anglide, le offrì una mano per scendere da cavallo. Con la poca conoscenza che la guerriera aveva dell'anatomia umana, non avrebbe mai potuto immaginare che la sovrana di quel che restava del Sorya era incinta, nemmeno se gli indizi fossero stati più evidenti: Sepsaris si limitò a chiedersi se, in quell'area del mondo, fosse una consuetudine dei servitori quel riguardo quasi eccessivo verso le persone di alto rango. Alzò un sopracciglio. Dalle poche parole che avevano scambiato, Alexandra le sembrava una donna con un carattere deciso, eppure, quella semplice gentilezza l'aveva fatta ritornare sui suoi passi, come se qualcosa fosse per lei motivo di dubbio.
Sorvolando sull'accaduto, Sepsaris scese dal suo frisone con scioltezza, atterrando con clangore di metallo. Accarezzò un po' il collo della bestia, che pur essendo abituata ad avere guerrieri in groppa, era visibilmente più leggera senza il suo peso sulla schiena.

Si accamparono in uno spiazzo anonimo, erigendovi un piccolo focolare e sedendosi attorno ad esso per scacciare l'umidità. Kermis il mercante e la donna chiamata Afrah prepararono una cena frugale, che Sepsaris rifiutò con un gentile, ma deciso, gesto della mano. I Castanics non avevano bisogno di mangiare per vivere, anzi: una cena sostanziosa l'avrebbe fatta vomitare. Mentre gli altri cenavano, furono raccontate delle storie a bassa voce. La lancera ascoltò, avida di informazioni, ma non intervenne mai: quella sera i fantasmi del Nuovo Impero erano forti, e preferiva rintanarsi in un quieto mutismo.



« Credo sia giunto il vostro turno… »

La voce della semiumana la riportò alla luce, da un sonno pesante senza sogni. Guardando la mano della mezzelfa sulla sua spalla, inarcò un sopracciglio. Forse aveva abbassato la guardia perché dormiva in un gruppo. In un altro contesto, non essersi svegliata prima avrebbe potuto decretare la sua morte.
Forse i suoi riflessi si stavano assopendo.

« Ho capito. Ci penso io. »

Si tirò a sedere, alzando le braccia per distendere i muscoli della schiena. L'armatura Castanics non era pesantissima, ma dormirci dentro comunque rimaneva, seppur possibile, molto scomodo. Afferrò la lancia e si accovacciò laddove erano le ceneri del fuoco, scrutando il buio e stando attenta a rumori sospetti. Ogni tanto, si sarebbe girata, in modo da evitare il più possibile di avere punti ciechi. I corpi assopiti dei suoi compagni di viaggio erano tutti intorno a lei, e anche se non le era chiaro quale dovesse essere il suo ruolo tra loro, quantomeno sapeva che non aveva intenzione di fallire nel fare la guardia.

CITAZIONE

2 CS alla Maestria con le Armi

Sepsaris è Illesa.

Abilità

Duellante I - Qualsiasi oggetto con cui Sepsaris attacca è considerato come un'arma.
Duellante II - Estrazione istantanea delle armi.
Hybris Castanicis - Razziale demoniaca di timore.
Vitam Superare - Insensibilità al dolore.
Sepsaris Sanguis - Danni fisici sopportabili aumentati a doppio mortale.
 
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.Neve
view post Posted on 5/11/2013, 22:45







Corre in questa terra piena di speranze, in quei rami e tralicci sospesi. I piedi nudi, sottili appendici solleticate da timide foglie cadute. Corre perché è il vento che la chiama ed i suoi sogni la bramano, Minuial Menlot il fiore del crepuscolo. Poggia stanche le sue membra filiformi sulle piante vive, sugli arbuscelli, sulle liane scosse dalla tiepida brezza. Il cesto colmo dei frutti della natura, ne coglie uno distratta e lo porta alle labbra sottili. Il sole le bagna gli occhi, il cielo sopra di lei si apre e si aprono gli alberi e di nuovo il cielo a cogliere il suo corpo fragile. I suoi occhi diamantini si fermano a fissare una figura distante, longilineo in quella vista aranciata è il suo amore che la saluta da lontano. Si avvicina a lui, e i suoi respiri si fondono con quelli della natura e del suo canto. Si arrampica in quel groviglio di scale e rami, e fronde. Non si affanna, ma si affanna d'amore per lui.

" Mia stella, mio canto. È l'ora.
Dobbiamo affrettarci."


Le coglie le mani, rametti canuti ed affusolati. È un perpetuo mulinare che sconvolge i loro cuori, li scuote come fossero alberi di quella terra perduta, come fossero fratelli, compagni. Ora i loro occhi si incontrano, i loro corpi si aggrappano a quelle appendici arboree, tengono salda la presa e non cadono. Perché i figli di quel luogo sono nati sospesi, sono gemme dall'assoluta bellezza che non toccano terra. Sono stelle sospese nel vuoto. Ora insieme attraversano la paura, saltano e guizzano in quel mare sospeso. Ora si aggregano ad una folla estatica, piccole anime insieme, si osservano, si scrutano con gentilezza. È il convivio che li unisce, la serenità che traspare dai loro volti sempiterni. C'è chi è tornato dalla raccolta, chi ha appena finito di cantare al sole, chi sente il richiamo dei fratelli. E lo sentono tutti. I fratelli sono lì, davanti a loro. Come alberi maestosi ma vecchi, rinsecchiti dal tempo. Idoli di una memoria distante. Li guardano insieme, ne sono attratti, li venerano. Ed i loro occhi incastonati nella corteccia sono come gemme brillanti. Zaffiri che irradiano il giorno.

hm6f

Di quella luce l'invadono e loro aprono gli occhi.
E li riapre lei.


...

Afrah si svegliò in un bagno di sudore, si svegliò Kermis, si svegliarono Anglide e la sua Saìdda.
Nella mente il blu di quelle gemme.
Nel cuore il ricordo di un amore.

pup9

Notte, qualche ora prima.

Un tetro manto di velluto si adagiava morbido sopra le teste degli stanchi viandanti. Non un alito di vento, non una foglia tremante in quello squarcio buio di memoria. Erano nell'antro della nera selva, nel cuore pulsante e vivo di una terra brulicante e malsana. Nella terra umida sotto ai loro piedi germogliavano piccoli baccelli di false promesse, piccole piante insolite, fiori smorti e piangenti. Una valle di tremolanti incertezze, fredda, acerba. Ma così piena di ricordi interrotti. Le voci di una memoria lontana si perdevano in quel cielo bluastro, sopra le teste di quei figli avidi di risposte. Ma nulla vi era se non il gelido sussulto delle piante. Nulla se non i respiri ritmati di anime dormienti. Una sola figura, invero, vegliava nel silenzio. Era stata scelta lei, la più giovane forse. La più motivata. Le era stato ordinato di fare da sentinella per i pericoli notturni, una prova. Una scelta: ripagare la fiducia che la Regina aveva riposto in lei. Attorno a Sepsaris la foresta pareva muta ed immota. Non poteva scorgere nulla di insolito, nulla di particolarmente diverso se non la cupezza stessa di quei luoghi. Ma eterea una nebbia si sparse lenta per l'aere. La vide, la vide tutta ma non poté far nulla per evitarla. Avvolse il campo e le tende, e gli alberi e quelle stesse piante malate. Avvolse i viandanti dormienti e le loro cavalcature, i grandi animali della selva finanche le creature striscianti. Ed avvolse anche lei, la sentinella. Ed infine pesanti i suoi occhi si chiusero sotto una morbida carezza.

Un sonno pesante allora la colse.

...

E tu sei lì, assieme a tanti altri come te. Tanti fratelli in cerchio, tante anime piene di benedizione. I vostri ovali irradiano speranza, le vostre membra pallide e sottili sono piante di quella stessa terra sospesa di quegli stessi alberi. Siete lì ed un senso di pace ti pervade, ed un canto antico e lontano si fa strada nell'aere. Lo senti come fosse il primo canto che imparasti, come fosse qualcosa che già sai da tempo e non vuoi scacciare, ma anzi lo accogli, te ne culli beata. Il tuo albero padre è li che ti fissa con le sue iridi color zaffiro e tu sei in pace con il mondo e con i tuoi fratelli, con i tuoi compagni.

Ma non è una bella storia ciò che stiamo per raccontare, non è il lieto fine che andiamo a cogliere.
È una storia di dolore e mestizia quella che ivi si para innanzi a te.
Solo un grido senti in lontananza, un volatile, una civetta.
Ti guarda con occhi sbarrati e feroci, vuole la tua carne e lo sai.

Rapida piomba dal cielo, inviperita.
Punta la tua mano, vuole affondarne l'affilato becco.
Cosa farai?


Co-QM's PointQuesto post è interamente dedicato a Sepsaris. La prima parte del testo in presente è il sogno di Afrah e di ogni partecipante. Ogni personaggio infatti rivivrà una vita tribale dettata da ritmi naturali, alla fine del sogno ciascun personaggio vedrà un totem somigliante ad un albero rinsecchito e dagli occhi simili a zaffiri. L'ultima parte, sia quella in passato che quella in presente ed in prima persona è però ciò che Sepsaris vede nella vita reale e nel sogno. Per lei tutto ha un epilogo diverso: una civetta piomba dal cielo cercando di colpire la sua mano. Sta a te decidere se seguire la civetta ed essere ferita alla mano - dolore che proverà Sepsaris anche nella realtà - procurandoti un danno permanente sino a fine giocata, oppure scacciarla e continuare a seguire il senso di pace instillato dall'albero. Hai 5 giorni di tempo, buon lavoro! ^^
 
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view post Posted on 6/11/2013, 13:30
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Ombre nate dal fuoco giocavano con i chiaroscuri dei loro volti. Il calore si spandeva intorno e il cibo, frugale, veniva consumato avidamente. Le ombre intorno a loro, date dal fuoco e altre si allungavano nel cuore e nella mente della rosa. Ombre. La Somnus Nemoris e quella guerra: stralci di memorie, come lampi, illuminavano quei ricordi passati e una morte che non fu la fine ma l’inizio di qualcosa. Guardava nuvole tetre correre in una volta stellata ancora più tetra dove stelle, pallide e lontane, debolmente brillavano e una Luna sonnacchiosa nascondersi sotto una coperta di nuvole che provenivano dall’ovest. Un freddo vento spirava e lugubre era il suo vociar in quei luoghi…

« Un bardo una volta mi ha raccontato che in questa terra abitano delle ombre… »
Il vecchio, restio al sonno, coprì con le sue parole quel vento freddo e fu un bene: scacciavano le ombre che si annidavano nei suoi pensieri e i dubbi sui perché di quella ricerca. Perché sempre la sua mente volgeva a domande e pensare ad altro era un ottima panacea.
« Siamo nel Gwathlàiss, terra di nessuno. Considerato il panorama non mi stupirei più di tanto in effetti. Ma personalmente non so quanto sia vero; un bardo inventa storie per diletto, oltre che per vivere. »
Ridacchiò, mentre si stendeva di fianco al fuoco, e Rogozin teneva i suoi occhi sul gioco di ombre e luci e sui tizzoni ardenti del focolare. Ombre nelle ombre. Ma quali erano le loro e quali erano quelle del pericolo? E dire che le aveva già combattute ma non avrebbe gradito, di nuovo, tale piacere!
« Piuttosto, a proposito di storie, vorrei chiederti perché ti hanno affibbiato quel nomignolo. “La Rosa”.
Abbastanza strano per un uomo… poco virile, oserei dire. »

Domanda legittima. Non fece caso all’insinuazione – poco importava quello che gli altri pensavano - perché quel “nomignolo” racchiudeva l’essenza di una vita. Non amava molto parlare di sé e soprattutto di questo…doveva?

Bè…ecco… quando ombre si destarono di fronte a loro seguite da un vociare umano. Guai? Sperava di no. Ma ultimamente aveva fatto una specie di patto con la sfortuna e ogni volta succedeva sempre qualcosa; ma almeno sperava che, solo il viaggio, procedesse tranquillo. Chiedeva troppo? A quanto pare si. Le ombre erano cavalieri, una dozzina a contarli, ma molti potevano essere nascosti ma quello che non gli piaceva era il motivo per cui si erano mossi di notte. Quella regione non era per gente incauta e men che meno era consigliabile viaggiare di notte, dove l’incubo e il terrore potevano essere in agguato dietro ogni crocevia o albero. Una terra brulla e maledetta intrisa di veleno e incubo. Pochi si avventuravano e ancor meno quelli che viaggiavano di notte e con tale chiasso che avrebbero risvegliato i morti. Allora perché? Gli occhi diedero la risposta e le loro posture. Stanchi e curvi sulle loro stesse spalle, stanchezza in quegli occhi ma soprattutto angoscia. Angoscia di che cosa? Rogozin si mantenne sul chi vive e le parole di uno di questa “combriccola” vennero soppesate: affamati e stanchi, senza cavalcature e con un velo di angoscia sugli occhi. Erano fuggiti da qualcosa o qualcuno, in tutta fretta senza sapere dove andare - o forse lo sapevano – ma viaggiare di notte, con tale stanchezza, poteva significare che quello che si lasciavano alle spalle era peggiore di quello che potevano trovarsi davanti.
Non erano del nord e le fogge delle loro armature e armi erano di manifattura meridionale; mercenari? Mercenari fuggitivi o dei disertori di un esercito? In ogni caso era meglio che non li avessero incontrati: perché fame, stanchezza, ombre e paure in una terra sconosciuta - in più in fuga - possono portare a fare follie: se poi, queste follie si sarebbero scatenate sulla rosa e il vecchio, era ancora peggio

« Ben poco per voi tutti. » asserì Donovan mostrandoli ciò che restava del suo pezzo di formaggio « Se avete la cortesia di accontentarvi… » proseguì posando mano sull'elsa della spada.
« Ohi, ma avete belle bestie… » replicò uno ghignando « Ce ne sarebbe per ognuno! »

« Non ci siamo – non ci siamo affatto! » esclamò ribattendo e accarezzando fra pollice e indice l'arma « Il mio Romuald non si tocca, ma posso parlare solo di ciò che è mia proprietà. » Ed ecco i guai. La serata volgeva sempre più a quelle che era meglio dimenticare. La Rosa sospirò sonoramente: si alzò tranquillo – senza scomporsi - avvicinandosi al suo cavallo. Nitriti sommessi e lo scalciare dei zoccoli su quella terra nuda e arsa; carezze e pacche vennero date e parole di una lingua sconosciuta – forse elfica – vennero dette all’orecchio della bestia.

Buono amico mio…buono…cosa dici? Avvicinò il suo orecchio al muso. Vorresti cavalcare libero e beato? E non galoppare tra stomaci e intestini? Si mi sembra che hai ragione; non posso che trovarmi d’accordo con te. Riferirò a queste brave persone! e il suo sguardo ebbe una luce e un sorriso comparve su quel volto perfetto. Indicò il suo cavallo mentre la sinistra accarezzava la sua wakizashi.

Il mio amico non gradisce la tua idea…per cui penso che siamo in una situazione di stallo… Allargò le braccia con un espressione dubbiosa e al contempo canzonatoria sul volto. Che volete fare?! E soprattutto ne vale la pena?
Ah Donovan… volevi sapere perché mi chiamano Rosa?
Lo guardò a lungo per poi passare quei laghi calmi e profondi sui loro “ospiti”.

Perché la bellezza a volte…UCCIDE se gli si tocca il cavallo! E quell’ Uccide non stava a significare nulla di buono.

Il presunto capo, abbassando il capo scuotendolo, mostrava un senso di dissenso misto ad arrendevolezza, ostentando allo stesso tempo teatralità e spavalderia.
« Perché devono sempre reagire!? » un sussurro più a se stesso che a loro e nuovamente il capo fu ritto e occhi negli occhi « Siamo in superiorità numerica - l'esito di uno scontro mi pare scontato. » Sguardo convinto e sicurezza di sé; ma sia la Rosa che Donovan erano di tutt’altro avviso « Ma siete stanchi e affamati. » ribattè Donovan spegnendo il riso avversario « Una ragione in più per impugnare le armi. » ghignò l'altro mentre gli uomini alle sue spalle estraggono dai foderi spade, sciabole, e armi di fattura meridionale « Allora perché ostentare un dato di fatto? » il vecchio scudiero si alzò finalmente ed estrasse la propria daga « Se l'esito fosse davvero così scontato ci avreste già attaccato. Non credi anche tu, Rogozin? »
Mi sembra giusto...e se fossi in voi darei retta al vecchiarello. Non si arriva alla sua età per fortuna ma per merito e per bravura. La saggezza si acquisisce. Volete avere il tempo per acquisirla?! Si avvicinò a Donovan sguainando la frusta e una delle sue wakizashi; più precisamente Antares che, con il suo acciaio nero con rimandi rossi, sembrava quasi volere il loro sangue.

Questa è una terra oscura e ombre ci sono. Siete così sicuri di combattere? La vita è una fiaccola in questi luoghi che attira, avidamente, incubi e ombre... La wakizashi danzava mentre la frusta si snodava come le spire di un serpente, ma gli occhi restavano sempre calmi e puntati dritti su di loro. Siete così sicuri di voi stessi? un tono lugubre e basso.

« Parli di ombre e abomini con troppa leggerezza, moccioso. Ho perso mio fratello in questa terra maledetta... » replicò con disprezzo verso la Rosa « Squartato come un quarto di manzo alle prime luci dell'alba da... qualcosa che non è possibile neppure descrivere a parole. Ma è il gioco che abbiamo accettato cercando fortuna qui, non siamo da biasimare. »
« ... » Donovan tacque rinfoderando l'arma, gesto che sorprese il capo dei briganti, la cui espressione si rabbuiò ad un gesto, forse, poco scontato ma anche pericoloso per incolumità del vecchio cavaliere. « Eppure c'è qualcosa di peggio delle ombre e degli incubi che voi impavidi cavalieri andate affrontando. »

Ascoltò molto attentamente le sue parole. Il movimento e le parole di Donovan lo lasciarono perplesso ma, se si poteva evitare un inutile confronto, non avrebbe opposto resistenza ne rifiuti. Ma non spostò, in ogni caso, da loro il suo sguardo rimanendo concentrato su ogni loro gesto, movimento azione; persino le parole venivano soppesate: sia il modo di dirle che quello che significavano. Si prese qualche attimo per riflettere poi parlò.
Date retta a chi di questo posto lo considera casa e a chi, come me, ci è nato...non parlo mai per dar fiato alla bocca... e con lo sguardo indicò prima Donovan e poi rifissò il presunto capo di quella marmaglia.
Cosa vi porta in questi posti? Potete tornare a casa vostra sotto il sole tranquilli e beati oppure morire qui... ne vale la pena per due cavalli, con gente sconosciuta, in un posto che al confronto un cimitero è una taverna con belle donne dai culi sodi?! Abbassò l'arma. Un gesto distensivo…un azzardo…

« Belle donne e culi sodi, ah! » esclamò a gran voce, per poi esplodere in una grassa risata « Moccioso, sai di certo come risollevare il morale di una povera banda di bifolchi... » infine si ricompose, stringendo ancora l'arma per poi rinfoderarla anch'egli. L’azzardo era stato ripagato con una grossa vincita.
« Visto che cercate la morte, non posso che indicarvi la via più breve. »

« Ad est di qui, in quella fossa comune che voi chiamate Erynbaran. » gli occhi ripercorsero le vicissitudini della notte che si accinse a raccontare « Ci accampammo sul limitare della foresta; bevemmo, riposammo. Non appena il sonno ci colse udimmo un canto bellissimo, voce di donna, che divenne poi terribile come lo stridere di un'arpia. »

« Quando rinvenimmo la mattina seguente fu scioccante. » un brivido lo scosse mentre raccontava quella storia « Più della metà di noi era morta. »
« Non è una novità da queste parti. Marilith, Aneliti... Neiru. » intervenne Donovan, ma il brigante proseguì nel suo racconto « Ognuno di loro - ognuno di loro » sottolineò « Si è inferto ferite tali da raggiungere la morte; con le proprie stesse armi, mani fino al braccio ficcate sin giù nella gola, dita conficcate negli occhi fino a trapassare le cervella. Trentadue uomini. » quasi gli mancò il fiato a queste parole « Se fossero stati chi pensi tu, avremmo almeno visto negli occhi i nostri carnefici. »

Rogozin ascoltò attentamente: un viso scuro più della notte sulle loro teste, occhi bassi e mente che pensava; un tumulto di pensieri e ricordi. Rinfoderando le sue armi e alzando gli occhi, mordicchiandosi le labbra, passò una mano tra i lunghi capelli setosi.

Sii più preciso...perché eravate qui? E non credere che i nemici siano solo di carne e ossa: questa è una terra dove i pericoli maggiori arrivano dal sonno, dai sogni, dai nostri stessi incubi! È una terra maledetta partorita dagli incubi peggiori...avvicinatevi se volete al fuoco e spiegateci tutto dall'inizio... Guardò Donovan come a cercare un approvazione o un cenno. Non era sicuro di farli avvicinare ma sapere equivaleva a conoscere ed ora come ora poche informazioni avevano sulla loro ricerca; forse potevano iniziare proprio da loro. Meglio non dare nulla per scontato e battere ogni pista anche la più insignificante.

« Siamo predoni, mi pare fosse chiaro. » affermò stranito ad una domanda ovvia e ad una realtà più che manifesta e tangibile « Ed il vostro nord è a detta di molti una preda facile. »
« Rare fortificazioni, villaggi piccoli e sparuti, numerosi viandanti e pellegrini... » intervenne Donovan, trovando un cenno di assenso del brigante « Ma questa terra è ubriaca del suo stesso sangue. E' pura follia. »
« Ed il predone diviene la preda. » canzonò ironico lo scudiero, ritrovando il medesimo cenno di assenso nell'interlocutore. L’Eden era un predatore sonnacchioso in attesa di sprovveduti cacciatori che, troppo spesso, divenivano prede ignare.

« Non ci sono dettagli, ragazzo. » replicò questa volta a Rogozin all’altra sua domanda « Abbiamo abbandonato quel cimitero a cielo aperto; neppure il tempo di seppellire i nostri fratelli. »
« Credo sia tutto, allora... » concluse Donovan lanciando al brigante la borraccia precedentemente lanciata a Rogozin « Siete ancora giovani e forti, un altro giorno di marcia non vi stroncherà. » si guardò attorno come a ricordare antiche vie e antiche strade poco conosciute e battute « A sud-ovest di qui troverete il villaggio di Marimya; fate all'oste della taverna il mio nome, Von Bozeck, e poi sparite. Il nord non fa per voi! » ironizzò

« Non dovete ripetercelo una seconda volta, sir. » concluse infine eclissandosi, assieme al gruppo, nel buio della notte « Attenzione ai sogni, comunque. E a soavi voci di donna. » Un ultimo avviso…

Cercheremo allora di trovare la gola di codesta voce e squartarla per sempre…semmai l’ascolteremo! Disse, con sicurezza, la Rosa. Li vide sparire e oscure ombre si disegnarono sul volto duro e pensieroso.








Rogozin
Energia: Bianca Pericolosità: F CS: +1 Maestria armi
Status fisico:
Status Psichico: Consumi energetici in questo turno: %
Riserva energetica residua: 100%

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Abilità Passive:
Presenza angelica:

Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]

Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

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Abilità Attivate:



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Riassunto e Note:


 
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