Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.
Quel posto andava ben oltre le mie possibilità, in ogni senso possibile, perchè nemmeno la natura rispondeva adeguatamente al mio richiamo. Certo, l'essere a stretto contatto con quelle creature oscure e maligne non stava favorendo i miei poteri, anzi, stava proibendomi letteralmente di attingervi normalmente. Non mi piaceva l'idea di dovermi ritrovare da sola ad affrontare un futuro incerto e nero... ed iniziavo a perdere la speranza. La cosa più terribile, quando si è prigionieri, non è la paura della morte o della prigionia, quelle sono sensazioni passeggere che scorrono attraverso l'anima senza lasciare traccia, ma la speranza... perdere quella, fissando di traverso le barre d'acciaio che ti separano dalla libertà, è la fine di ogni spirito.
Ed io lottavo, ancora aggrappata all'idea di non rassegnarmi tanto facilmente, per non soccombere, cercando di ascoltare, tra i cigolii del carro ed lo sferragliare di corazze e bardamenti, il richiamo della speranza.
Quando il gruppo si arrestò, fermato da qualcuno sulla strada, impiegai qualche secondo a mettere a fuoco le figure. Erano tre uomini, due a me completamente sconosciuti ed uno, invece, a me noto. Era Morpheus, il dragone, che per qualche grazia divina aveva bloccato i Korps salvandomi da morte certa. Il mio cuore iniziò a scalciare all'impazzata, quasi fossi in procinto di fare uno scatto d'adrenalina, girai la testa a destra e manca, cercando istintivamente qualcosa per liberarmi, un pretesto per iniziare la nostra fuga. Non ci sarebbero state altre occasioni come quella, dovevo usare tutto ciò che il tempo e le possibilità mi concedevano, e proprio mentre ragionavo sulle mie misere condizioni, la voce di Morpheus gridò un singolo ordine, sovrastato poco dopo dal rumore fragoroso dello sparo di un proiettile.
Nel giro di pochi istanti due Korps giacevano a terra, definitivamente sopraffatti, e l'orologio che scandiva il tempo per la nostra liberazione iniziò lentamente a girare. Per forti che fossero i nostri salvatori dovevano affrontare un gruppo superiore in numero e decisamente agguerrito, il che non prometteva niente di buono. Mi voltai all'indirizzo del mio compagno di cella, rivolgendo solo uno sguardo preoccupato all'anziana. «
Riesci ad aiutarli? Le mie piante non arrivano sino a qui dentro! ». Per tutto il viaggio non aveva fatto che agitarsi e tirare le corde come una bestia ferita, e quello era il momento di liberare la furia di quel folle e permettergli di fare ciò che, per quanto l'avevo potuto conoscere, era in grado di fare meglio: uccidere.
La corde che mi avvolgevano le mani erano una costrizione troppo grande, non avrei potuto aiutare nessuno rinchiusa in quella gabbia ed impossibilitata persino a seguire visivamente la lotta! Nel frattempo altri colpi di pistola si susseguirono mentre il combattimento iniziava ad intensificarsi ed i Korps riprendevano forma dopo l'iniziale smarrimento.
Incanalare le mie energie fu più difficile di quanto credessi: le privazioni delle giornate passate praticamente col minimo indispensabile, e le cure che avevo dovuto fornire ai miei compagni di viaggio, mi avevano decisamente provata. Lasciai che le fiamme divampassero dalle mie dita, incenerendo la corda e riducendola nel giro di pochi istanti a mero fumo nero e acre. No, non potevo più permettermi debolezze, avevo già lasciato che Eru mi controllasse sfruttando quella parte di più vulnerabile e fragile, adesso toccava a me dimostrare a tutti i Korps il vero significato della parola "terrore".
E con la testa offuscata dalle ultime, terribili, parole della mia oramai defunta sorella mi gettai piena di rabbia sulle corde che mi legavano le caviglie, tirandole e strappandole con tanta forza da arrossarmi persino le palme delle mani. Non mi importava niente di quello che sarebbe successo a quei mostri, non erano più umani ed era stato mio l'errore di considerarli tali per troppo tempo. Nessun uomo, animale e nemmeno creatura magica aveva lo stesso putrido e squallido cuore dei Falkenberg, e niente al mondo meritava l'epurazione e la redenzione più delle loro anime.
Gettai con disprezzo le corde, scattando in piedi finalmente libera, iniziando subito a tirar via anche quelle del mio compagno. Su di lui il mio fuoco avrebbe sortito effetti molto diversi e non volevo certo causagli delle ustioni dolorosissime alla vigilia di uno scontro per la vita, sebbene il rancore che mi aleggiava nell'animo per le sue azioni ancora mi tormentasse.
Incrociai il suo sguardo solo pochi attimi. Ci sarebbe stato un tempo e un luogo, lontano da tutto quello che stava accadendo, in cui fargli comprendere e pagare il peso delle sue azioni. Questo, io, non lo avrei mai dimenticato... e nemmeno quella parte di Eruvanyë che ora viveva in me.
Liberato anche Shimmen dalle grinfie delle corde, fissai la scena che si palesava oltre le roventi barre di metallo della gabbia: uno dei compagni di Morpheus aveva preso a combattere come una furia contro i Korps, usando un'arma che non avevo mai visto nella mia intera esistenza. Era una di quelle armi a polvere nera , a giudicare dal rumore devastante che produceva ad ogni colpo, ma non era della stessa fattura di quelle dei soldati regolari, anzi, era completamente diversa e questo non poté far altro che farmi piacere data la potenza distruttiva che pareva elargire sui corpi corazzati dei nemici. Eppure, per leone che fosse, quelle maledette iene lo avrebbero fatto a pezzi senza supporto di nessuno.
Con uno sforzo ulteriore concentrai quella poca umidità dell'aria in una sfera nel palmo della mia mano, scagliandola poi con rabbia alla base del collo di uno dei Korps in linea di tiro, sperando con tutto il cuore di porre fine alla sua miserabile esistenza. Il colpo si frammentò in cinque segmenti minori, permettendogli di aggirare le sbarre della gabbia ed ignorare il loro ostacolo, per poi ricompattarsi convergendo prepotentemente nel collo avversario. Il calore del Midgard era così intenso che persino quella sfera magica lasciò una breve scia di vapore al suo saettante passaggio.
Per tanto forte avesse colpito, devastando in profondità il corpo, quel demonio non si degnò di lasciare questa terra, ma se non altro fu costretto ad accusare il colpo evitando di poter infierire sul malcapitato pistolero. Certo, eravamo ancora chiusi nella gabbia, ed il tempo scorreva sin troppo velocemente per le mie poche possibilità d'azione. Per fortuna successe qualcosa che cambiò radicalmente le nostre prospettive di vittoria: una piccola esplosione accecante divampò dal centro dello scontro e, istintivamente, chiusi gli occhi per non venire completamente accecata, rimanendo per qualche secondo interdetta. Mentre riaprivo gli occhi, fessurizzati per evitare la luce, il suono martellante e possente di qualcosa che batteva contro il ferro della gabbia attirò la mia attenzione.
A brutalizzare le sbarre non era nessuno dei membri del gruppo combattente, ma una figura di donna creata con quella che pareva pietra nera, forse ossidiana o tormalina, contro cui la luce pareva riflettere con scarsi risultati i suoi raggi feroci. All'ennesimo colpo la porta cedette, lasciandoci finalmente liberi di uscire e combattere, per quanto possibile, assieme agli altri.
Nel saltare fuori dal carro feci un cenno con la testa alla donna, incerta se fosse o meno una persona in carne ed ossa oppure un semplice artificio di qualcuno... e poi realizzai la tremenda verità. Ero disarmata, letteralmente affamata e devastata dalla stanchezza e dalla prigionia, e dovevo fronteggiare i miei aguzzini freschi e armati sino ai denti, pronti a scatenare su di noi la più tremenda ira di cui fossero capaci. Ma eravamo liberi... e questo bastava per riempirmi il cuore di speranza e rinnovato desiderio di combattere. Finché le gambe mi avessero tenuta in piedi ed i miei occhi smeraldini fossero rimasti concentrati sul nemico non mi sarei lasciata abbattere, ora eravamo superiori in numero e non potevamo farci sconfiggere. Ma al comandante dei Korps l'idea che i suoi prigionieri fossero fuggiti non andava a genio. Probabilmente non ci aveva sopportati sin dal principio e la sola idea di doverci portare alle miniere anziché ucciderci lo aveva reso felice, ma ora che parte dei suoi ci aveva rimesso le penne ed anche lui, in tutta probabilità, stava per essere schiacciato dal maglio della vendetta, aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto.
Si scatenò in un colpo di violenza tale da farmi quasi perdere l'equilibrio mentre un'onda di fuoco oscuro, che zampillava di violetto alla luce solare, si diramava da lui verso le nostre posizioni con l'obiettivo di travolgerci e devastarci. In un primo istante rimasi spaesata da ciò che aveva fatto, sentii solamente il calore delle lingue di fuoco sulla pelle e poi il freddo intenso e doloroso tipico della magia oscura che mi penetrava nelle ossa. Tentai di innalzare le mie difese, più velocemente ed efficacemente possibile, ma tutto ciò che evitai furono parte delle fiamme ed un vibrato colpo al mio indirizzo che, per fortuna, disintegrò la foglia di pietra indebolita dalla magia passandomi a pochi millimetri dalla carne.
La pelle arrossata e dolente era nulla in confronto a ciò che vidi con la coda dell'occhio mentre indietreggiavo appena per prepararmi alla lotta. Il maledetto capo dei Korps prese Cashka per i capelli, senza un minimo di ritegno, giustiziandola davanti ai nostri occhi come una bestia al macello. Le perforò i polmoni lasciando che morisse soffocata dal suo stesso sangue, una scena che si impresse nella mia memoria seduta stante, come un marchio a fuoco, indelebile. Tutte le mie certezze vacillarono, la mia pazienza e la mia calma vennero completamente a mancare, liberando dalla mia anima una parte selvaggia e brutale che agiva più per istinti primordiali che per vere e proprie azioni logiche. Non dovevo avere pietà, non sarebbe stato giusto averne nei confronti di quelle creature! La rabbia iniziò a diffondersi come un morbo nel mio corpo, trasformando ogni cosa che toccava nella mia forma più pura e selvatica, dalle foglie rigogliose e dai lineamenti lignei e scavati nella corteccia viva. Sentivo dentro di me un vero e proprio desiderio di morte per quella gente, volevo distruggere la loro stessa esistenza ed ogni cosa che avessero toccato, fatto ed anche solo pensato. Viktor e tutti i suoi cani avrebbero saggiato con mano la furia della natura che tanto amavano corrompere, a tempo debito non avrei avuto rimorsi, né freni o indugi, io avrei distrutto ogni traccia ed ogni ombra di Viktor Von Falkenberg dalla faccia della terra!
Se la battaglia fosse stata più silenziosa, meno concitata e piena di schiamazzi, qualcuno molto attento avrebbe potuto udire un lento e sommesso ringhio di rabbia provenire dalle vuote e fibrose cavità che si erano sostituite alle mie corde vocali, assieme ad uno stridere di denti stretti sino all'inverosimile. La rabbia di un'elfa.
Ma nella mia furia sapevo di dover restare vigile, di non dovermi esporre, altrimenti le mie possibilità sarebbero letteralmente scomparse come polvere nella tormenta. Liberai dai miei rami delle piccole ed insidiose spore che, trascinate nella calda ed opprimente aria del Midgard, si insinuarono nella mente del mio avversario, costringendolo a sopportare un pesante conato di vomito.
E poi ecco la mia occasione arrivare dalle mani di quell'inaspettato e coraggioso guerriero.
« Tu! Pianta! »
Quell'appellativo mi si addiceva, agli occhi di un profano, e mi bastarono pochi istanti per notare qualcosa di metallico volare in mia direzione. Era una lama, dalla fattura straordinaria per i miei standard, che arrivava come un dono inaspettato disarmata ed indifesa come ero. Con una torsione piuttosto brusca le braccio ed una dose non indifferente di prontezza di riflessi, assecondai il movimento del lancio afferrando al volo il pugnale, pronta a colpire. Di nuovo si propagò nell'aria il rumore secco e brusco di quell'arma infernale e, mentre il colpo raggiungeva la testa del mio nemico, decisi di agire. Non mi importava che quello fosse morto o meno, non volevo rischiare che si tirasse nuovamente su dandoci la caccia come bestie, colpendoci alle spalle come il codardo che era, e passai la lama con uno scatto sulla sua gola, fredda, insensibile. Il sangue nero o denso scivolò sul suo collo, mentre io già mi preparavo a fronteggiare il prossimo mostro. Era stata una benedizione l'arrivo di quello sparuto gruppo di viaggiatori, si erano presi la briga di lottare per salvarci la vita e mai, prima di allora, mi era capitato di dovere così tanto a qualcuno. Serrai la mano attorno al coltello, non avrei tentennato un solo istante: uccidere o essere uccisi, tutto il resto portava al nulla più assoluto.
Cercavo di proteggere il proprietario della mia arma ma, chiaramente, le mie possibilità in tal senso erano oltremodo relative. Senza la mia lancia, la mia corazza o le mie unghie di ferro potevo fare ben poco... le mie doti di lottatrice a corto raggio non erano certamente eccelse, non ancora almeno, ed usare quell'arma per difendersi diventava qualcosa di molto vicino all'impossibile per me. Dovetti vedere il mio alleato colpito al fianco, ma non parve accusare eccessivamente il danno.
Tuttavia quel bastardo, ancora desideroso di lottare nonostante l'inferiorità numerica quasi soverchiante, urlò così forte da farmi quasi perdere l'orientamento. Per qualche istante il mondo sembrò vibrare, come se una violenta scossa di terremoto avesse attraversato le aride distese di quel luogo, ma la verità era che per poco la mia vita non ebbe brutalmente termine a causa dell'azione repentina e furiosa del Korps. Quel colpo di spada era talmente veloce che mai, in quelle condizioni, mi sarei potuta sognare di riuscire a deviarlo o schivarlo... solamente il mio salvatore, con un coraggio fuori dal comune, si parò tra me e la lama evitandomi la morte. Era un colpo brutale, selvaggio, frutto della furia di un'anima disperata che, seppure avvolta dall'oscurità, sentiva il peso della morte incombere come una presa stritolante.
Scartai appena di lato per avere una traiettoria libera e poi lasciai che i miei poteri trovassero naturalmente l'impeto per manifestarsi: dapprima una fiamma di colore blu saettò nell'aria verso il volto di quel maledetto invasato, e poi quasi come la natura prosecuzione del mio gesto, evocai dal terreno morto e roccioso, un petalo di pietra lucido e affilato come un rasoio, direzionandolo alla gola del Korps. Iniziò ad avvitarsi velocemente, accumulando velocità mentre fendeva l'aria caricandosi della mia energia e della magia naturale che lo caratterizzava: quando impattò contro la carne indurita e corrotta del nemico la trapassò come se fosse una pioggerella estiva, oltrepassandolo fuori per fuori ed andando a disintegrarsi poco dopo l'uscita, svanendo in una densa polvere argentea. Al suo posto solamente una chiazza di linfa vitale nera come la pece e lorda di corruzione.
Era finita? Mi guardai attorno, stringendo ancora la lama tra le mani, ma nessuno dei Korps era ancora ritto sulle sue gambe e giacevano tutti morti l'uno sull'altro ai nostri piedi. Era davvero possibile che, alla fine, le mie speranze fossero state ricompensate? La lama del pugnale tremava appena per colpa della tensione muscolare che avevo accumulato nella foga della battaglia, mi scoprii vulnerabile e piuttosto impaurita da me stessa per come mi ero lasciata andare, ma soffocai quella sensazione rimandandola a momenti in cui la mia vita non fosse stata sul filo di un rasoio. Solo in quel momento, con una certa preoccupazione, mi resi conto che il Korps con le nostre armi era stato fatto cadere nel crepaccio, trascinando con se tutto il nostro equipaggiamento e le nostre speranze di sopravvivere in quell'ambiente. Avvisai Morpheus con una breve frase, indicando il burrone con la lama, ed il dragone non si tirò indietro, gettandosi a recuperare le nostre cose con la foga ed il coraggio che si addiceva alla sua razza ed alla sua discendenza.
Ero stata davvero fortunata a incontrarlo prima di allora, se fossimo stati al nostro primo incontro la sua vista mi avrebbe sconvolta, tanta potenza e meraviglia al tempo stesso riusciva a trasmettere, anche in una creatura magica come me. Morpheus...
Recuperando le armi, dopo aver compiuto un profondo inchino in sua direzione, mi disse il motivo della sua presenza in quel luogo tanto isolato e sperduto del mondo: una nobile impresa per salvare la vita di una donna, presa in ostaggio da Viktor stesso. Con o senza retribuzione io avevo un debito con loro tutti, qualsiasi fossero state le avversità da superare non mi sarei mai tirata indietro, perché nessuno al mondo poteva meritare una sorte come quella a cui ero destinata io. Stare con i Korps corrompeva l'anima, ancora prima che il corpo, ed ogni vittima strappata al Beccaio era qualcuno che lo avrebbe combattuto con le unghie e con i denti... qualcuno di cui il mondo, purtroppo, aveva un disperato bisogno.
In quella situazione così bizzarra e quasi surreale, le parole del guerriero mi erano quasi sfuggite dalla testa. Gli sorrisi, sforzandomi di mascherare abilmente il mio stato d'animo palesemente alterato ed ancora sofferente per la perdita di Cashka. « Se non fosse stato per voialtri lo sarebbe stata. » osservai un'ultima volta la lama donatami. « E' una vera fortuna che siate passati dal Midgard... » Lo sguardo mi cadde nuovamente sul dragone, senza un motivo particolare o preciso, per poi dirgli, con voce un poco più calma e lenta. « Speravo di ritrovarti in una situazione più piacevole, ma sembra che le nostre strade si incrocino solo quando c'è sangue da versare... o in questo caso ... qualsiasi cosa circoli nei corpi di questi mostri. » Allungai il pugnale al legittimo proprietario badando bene a farlo dalla parte del manico, come si conviene, aggiungendo un velato "grazie" con lo sguardo. « Io sono Fanie, la donna che ha perduto la vita si chiamava Cashka e lui è... » alludendo a Shimmen conclusi la mia presentazione, doverosa seppure caotica, in quella circostanza.
Vaairo, Floki e Morpheus. Tre persone a cui dovevo la vita, indistintamente, e non lo avrei dimenticato molto facilmente. La loro idea, per quanto mi parse di capire mentre i miei rami tornavano lentamente capelli e la corteccia si tramutava di nuovo in morbida e candida pelle, era quella di spacciarsi per Korps e sfruttare la mia presenza all'interno della gabbia come pretesto per non dare eccessivamente nell'occhio. Se tornare dentro mi faceva piacere? No, assolutamente, ma per gli uomini che mi avevano salvato la vita e per strappare una creatura innocente a Viktor avrei sacrificato molto, molto di più.
« Dopo quello che ho passato, che ho visto, che ho provato, non penso che avrò pace finchè Viktor non sarà cancellato dalla faccia della terra. Qualsiasi sia la vostra missione, qualsiasi sia lo scopo, se danneggia Viktor, io sono con voi. » ero decisa, irremovibile.
Mi avvicinai lentamente alla gabbia, entrando all'interno e controllando che le corde potessero ancora essere utilizzate per fingermi legata: dopo tutto le mie le avevo carbonizzate ma quella della povera Cashka ancora erano integre così come quelle di Shimmen. Già, quel ragazzino, che dopo tanta rabbia si era messo a discutere all'inverosimile invece di aiutare chi gli aveva salvato la vita! Non riuscivo a credere a tanta arroganza, ero sconcertata ed allibita, al punto tale da urlargli persino dietro, ma non servì a niente. La sua scelta, per quanto a malincuore, non collimò con la mia. Ma forse, alla fine, era meglio non avere qualcuno dalla spada facile e dal coraggio limitato laddove stavamo andando, nel cuore stesso della tenebra...
...da Viktor.