Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Azure's whisper ~ Il richiamo della speranza

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view post Posted on 10/11/2013, 02:53

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« Questo è tutto ciò che rimane di lei. »

Morpheus era seduto su uno sgabello con le mani poggiate sul bancone, nella mano destra ondeggiava un bicchiere ricolmo di una bevanda al gusto di malto d’orzo e frumento, dal colore biondo torpido e dalla schiuma bianca, nell’altra una collana di zaffiri blu. « Non è molto ma basterà. » Floki Grimher era accanto a lui, seduto masticava nervosamente tabacco scadente, di tanto in tanto sorseggiava anche lui un bicchiere di quella bevanda fresca. Ma per lo più fissava il vuoto pensieroso. La missione di Morpheus era molto più che disperata, era letteralmente un suicidio, e lui non era più quello di una volta, l’età avanzava e le forze iniziavano a scemare, ma non avrebbe detto di no a chi, poco tempo prima, aveva rischiato la vita per salvare la sua. Con la mancina tirò fuori dalla tasca una bussola antica e in pessime condizioni, l’oro non più lucido e in più parti graffiato, pareva un cimelio e Morpheus non vedeva l’utilità di quell’oggetto. Ma Floki prese per le mani la collana di Azure e immediatamente l’ago iniziò a roteare impazzito. « Che cos’è? » Chiese Morpheus più interessato che stupito. « Rileva la posizione del possessore carpendone l’energia dagli oggetti – Floki sorrise, come se non vedesse l’ora di utilizzarlo – un piccolo ritrovato nanico. » L’ago finalmente placò il suo folle roteare, la piccola placca metallica puntò a nord, ma non poteva finire lì, sul quadrante comparvero due singole parole, una destinazione:

Midgard Centrale.


Lo dissero all’unisono, la faccia di Floki rimase perplessa, il volto a fissare il vuoto, cosa ci facevano i Korps nel Midgard? Sbatté la birra sul tavolo. « Abbiamo qualche tipo di piano? » Floki ebbe quasi paura a fare quella domanda, come se nel profondo conoscesse già la risposta.
« No, andiamo lì e improvvisiamo. » Morpheus sorrise, ben conscio che ciò che proponeva a Floki era una proposta di morte né rapida né indolore. In caso di fallimento avrebbero passato gli ultimi giorni tra immani sofferenze e atroci torture, fin quando la loro mente non sarebbe stata corrotta del tutto, fin quando anche il dragone e Floki avrebbero ceduto alla malvagità di Taanach.
« Ma voi draghi non siete famosi per la vostra pazienza e cura dei dettagli? » Floki sorrise, ma la risposta del drago si leggeva nei suoi occhi, all’interno dei quali, una fiamma mai vista prima torreggiava all’interno delle sue pupille, un fuoco molto più grande e scottante di qualsiasi altro braciere.

« Non oggi Floki. »

Il tono di Morpheus fu greve, come se non ammettesse repliche.

« Ci servirà qualcuno. »

Floki sbuffò, ormai aveva ceduto all’idea di seguire il drago, forse si fidava di lui e delle sue capacità, o forse la vecchiaia lo aveva reso più pazzo di quello che credeva.

« Vaairo sarà dei nostri. »

Non era molto, ma era il meglio che Morpheus potesse desiderare.
« Allora di nuovo insieme contro i Korps? »
Floki sospirò.
« Di nuovo insieme. »



Midgard Centrale ~ I due prigionieri

Burk Dagobert era in testa al corteo di soldati, sette Korps che con lui stavano portando i prigionieri direttamente alla miniera d’estrazione del ferro. Il loro bottino era esiguo, ma tre elementi in più avrebbero comunque dato forze fresche alla cava. Due cavalli autonomi trascinavano il carretto di legno - uno speciale carretto forgiato con la magia di RotteNhaz - con all’interno l’uomo, la donna e la vecchia, rinchiusi in gabbia in attesa di giungere a destinazione. Quei tre prigionieri sarebbero diventati utili braccia da lavoro, avrebbero passato la loro vita sotto terra, a piccare alla ricerca di nuovo ferro e di nuovo materiale da rivendere o da forgiare. Li aspettava una vita da schiavi (per quanto quella della vecchia potesse essere ancora relativamente breve). Burk era eccitato al sol pensiero, s’immaginava già la vita di sofferenza, s’immaginava già la vita di dolore che i tre avrebbero passato, tutte le punizioni corporali, le atroci ore di fatica, pensò ai loro corpi sudati e tumefatti, alle pieghe della frusta sulle loro schiene, pensò a loro e poté sentire il cazzo venirgli duro. Si, quella era una fottuta buona giornata. Fischiettò per larga parte della mattinata, sempre lo stesso motivetto monotono e ripetitivo. I suoi compari sapevano che quando intonava quella nenia era per felicità e Burk raramente era felice. Evitarono dunque di rivolgergli la parola per tutto il viaggio, quella melodia era l’unico rumore che si poté sentire a lungo nell’immutabile terreno del Midgard. I camminamenti stretti si snocciolavano attraverso le varie montagne, di tanto in tanto qualche viverna ruggiva all’orizzonte, qualche drago tuonava in cielo con le sue ali, ma loro erano intoccabili. Non una viverna né un drago potevano ucciderli, né tanto meno un fottuto pelleverde. I Korps si erano insediati con successo nel Midgard e presto sarebbero diventati padroni indiscussi di quella cloaca melmosa di cadaveri putrefatti. Il sole, alto nel cielo, picchiava in maniera del tutto perpendicolare al terreno. La palla infuocata era proprio al centro del soffitto celeste e i raggi del sole parevano essere in grado di bruciare la pelle anche da quella distanza siderale. Era un caldo insopportabile che in poche ore disidratava il corpo fino a portare l’organismo al collasso, sarebbero morti tra convulsioni e atroci allucinazioni. Burk aveva dato disposizioni di abbeverare e rifornire di cibo i prigionieri il minimo indispensabile per tenerli in vita. Erano deboli e stanchi, legati come sacchi di patate, ogni tanto Konny gli allungava brutalmente del cibo e dell’acqua all’interno delle gabbia, a ogni razione ci sputava dentro così, tanto per ricordare quanto insulse erano le loro esistenze. Neanche volendo si sarebbero ribellati, sarebbero morti ancora prima di proferire parola.


Locanda "Quattro amici" ~ I tre compagni

Vaairo aveva raggiunto Morpheus e Floki alla locanda dei “Quattro amici”, quel posto era ormai un luogo abituale per i tre, in cui nei pochi momenti di svago che il tempo gli concedeva, andavano a rilassarsi in quel posto ricolmo di memorie. Ma quella volta Morpheus li aveva riuniti per qualcosa di più serio, il dragone era scuro in volto, determinato a portare quel compito a termine. « Pochi giorni fa - aggiunse Morpheus - mi sono imbattuto nei Korps e in Viktor, stavano distruggendo l’ennesimo villaggio. Ero riuscito a fermare quella strage, quando una ragazza per salvarmi ha rischiato la vita. » Il volto di Morpheus si contrasse per la rabbia, negli occhi una scintilla d’odio, nella voce uno strano tono di guerra. « Viktor ha lasciato la città, mi ha imprigionato in una gabbia d’ossa fin quando non era abbastanza lontano da far perdere le sue tracce. » Morpheus sospirò, stringendo forte il bicchiere di vetro tra le sue mani che esplose in mille pezzi. Il locandiere non disse una parola, ormai era abituato a ogni genere di feccia. Si avvicinò mestamente con una pezza bagnata e asciugò il bancone ripulendolo anche dai pezzi di vetro.

« Il villaggio era salvo, ma Viktor si era portato via lei. Devo trovarla, devo salvarla. »

Era una questione d’onore, come lei gli aveva salvato la vita, ora toccava a lui fare lo stesso. Ma forse c’era anche qualcosa in più che animava il suo cuore.
« Seguiremo la traccia della bussola di Floki fino al Midgard Centrale, a quel punto distruggiamo qualsiasi cosa tenti di ostacolarci. »
Era furioso, incontrollato, un drago pronto a ridurre in cenere qualsiasi cosa.
« Fuori ci sono tre cavalli con le bisacce già pronte di provviste. »
Morpheus prese una pausa prima di fare la fatidica domanda.
« Sei dei nostri? »



Scusate il ritardo, per necessità abbiamo dovuto attendere il finale di "Lama del tempo" Ricapitolando:
Fanie e Vulcano, è passato un po' di tempo dalla vostra cattura, avete recuperato le vostre energie e se Fanie lo desidera può curare le ferite di entrambi. In questo post descrivete la vostra prigionia, se volete potete interagire con i Korps in confronto fin quando lo desiderate pur tenendo conto dei limiti di tempo. Mentre Drag vieni fatto chiamare da Morpheus - a tua discrezione il come - e ti rechi alla locanda "Quattro amici" la parte di post che ti interessa è l'ultima. Libero anche tu di interagire in confronto per eventuali domande sulla missione.
Avete 5 giorni di tempo. A voi la penna. ^^ Confronto per ogni cosa.


Edited by Lud† - 10/11/2013, 10:22
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 11/11/2013, 19:26





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Cosa era successo, davvero, quella notte infernale nel Midgard? Continuavo a chiedermelo da quella che mi pareva essere un'eternità, ma invece altro non erano che poche ore. Avevo ricordi piuttosto confusi a dire il vero: tutto ciò che mi era rimasto ben chiaro in mente era quella brutta sensazione di impotenza, di paralisi assoluta che ci aveva colto prima di poter scappare, lasciandoci alla mercé dei Korps e dei loro torbidi piani. Non so perché ci risparmiarono, onestamente non era il mio primo pensiero in quei momenti, ma ero certa che qualsiasi cosa ci avesse atteso alle Fosse Grigie era ben peggiore della morte pura e semplice.
Avrebbero piegato i nostri spiriti e le nostre anime tenendoci lontani dalla luce del sole per il resto della nostra vita, non avevano interesse a trasformare qualcuno come me in un mostro al pari della mia scomparsa sorella, il loro desiderio era quello di distruggerci ed al tempo stesso trarre profitto dalla nostra dipartita.
Avevo provato a lottare con tutte le mie forze, fissando con sguardo terrorizzato il leader dei Korps che si era preso "cura" di noi, ma non era servito a nulla se non ad aumentare quella sensazione spiacevole di vulnerabilità e debolezza che si era impadronita di me.
In cuor mio albergava solo un grande sconforto, che nulla sembrava poter colmare, alla vista di quell'animale che profanava il corpo e la memoria di Eru senza che io potessi fare altro se non fissare e reprimere il desiderio di urlare ogni tipo di maledizione. Ero consapevole che strillando come una pazza mi sarei semplicemente procurata una lunga serie di torture, se non addirittura l'amputazione della lingua... quella gente, quei mostri, non erano più umani da chissà quanto e niente al mondo mi avrebbe fatto provare pietà per le loro anime, se ne avessi avuto possibilità. Ricordo che piansi, prima di perdere i sensi per il dolore, le ferite e la magia dei Korps, piansi in silenzio lacrime amare, figlie di una sconfitta che non avrei mai voluto vedere in vita mia. Ma non potevo fare altro se non accettare l'inevitabile destino e rimanere pronta, in ogni momento ed ogni luogo, a riprendere la mia libertà.
E far conoscere a Viktor Von Falkenberg la parola giustizia.


cQLkx


Le ore trascorrevano lente, torride ed insopportabili. Quando avevamo affrontato il viaggio attraverso il Midgard la prima volta, vagando con l'allegra compagnia mercenaria assieme all'oramai scomparso Mickey, le cose non mi erano sembrate troppo dure: il calore del sole era sopportabile, l'acqua non mancava e la compagnia era certamente positiva... ma in quel carro, chiuso da sbarre d'acciaio, legata a mani e piedi con ruvide corte, le cose erano decisamente drammatiche. I miei capelli continuavano a produrre piccoli e deliziosi boccioli, assorbendo tutto quel calore e quella luce, ma quando i fiori si aprivano diventavano subito neri e morivano appassiti nel giro di pochi istanti. Tutto, attorno a noi e persino dentro di noi, era corrotto e contaminato all'inverosimile da quella malvagità assoluta, da quella tenebra rivoltante che mi aveva toccato tramite Eru. Ora la potevo riconoscere, anche senza percepirla davvero: era quasi tangibile, mi sembrava di sentirne persino l'odore nauseabondo quando, presa dalla fatica e dalla stanchezza, chiudevo appena gli occhi nel tentativo di trovare un minimo di riposo.
Quella parte di me più sensibile, più pura, continuava a lottare strenuamente per non lasciarsi toccare dalla marea di lordura che mi assediava da ogni direzione, come un piccolo villaggio che ammassa sacchi di sabbia gli uni sugli altri per arginare un'inondazione: presto o tardi avrei perso quella lotta, era innegabile.
Ogni tanto ci davano del cibo e dell'acqua, per evitare che morissimo disidratati, per prolungare solamente le nostre sofferenze, come una specie di macabra tortura in cui ognuno dei bastardi che ci scortava aveva un ruolo ben preciso. Ed io, silenziosa e meditabonda, bevevo avidamente quell'acqua che quasi sapeva di morte, per buona che fosse, raschiandomi nella gola come sabbia. Più volte durante la giornata lasciai metà della mia razione a Shimmen e all'anziana, complice il fatto che non la avrei comunque potuta digerire, nella speranza che qualora si fosse presentato anche un minimo spiraglio, una sola opportunità, le nostre possibilità di fuga sarebbero aumentate.
Ripensavo spesso a quel pugnale, quello che Cashka aveva usato per uccidere ed al tempo stesso salvare Eru dal suo destino, e a cosa i Korps avessero in mente di fare con un simile potere. Probabilmente l'anziana sapeva le risposte a tutti i miei quesiti, ma non potevo mettermi a disquisire di queste cose sotto lo sguardo vigile dei mercenari altrimenti ci avrei solamente messo nei guai, rischiando che tagliassero persino quei pochi viveri che erano obbligati a darci. Di una cosa, tuttavia, ero sicura: se i Korps volevano quel coltello, era compito di chiunque fosse a conoscenza di quell'arma fare in modo che questo non accadesse mai, indipendentemente dallo scopo e dal modo, perché dalla pura malvagità non può nascere alcun germoglio di speranza. Sospirai appena.

Tirai debolmente le corte che mi legavano le mani, nell'illusoria speranza di vederle allentarsi, ma tutto ciò che ottenni fu l'ennesima abrasione da fregamento sui polsi che, oramai, erano arrossati e dolenti. Avevo cercato di usare i miei poteri in maniera da alleviare le ferite e le sofferenze di Shimmen e Cashka, ma in quelle condizioni ero riuscita solo ad arginare il peggio e nulla potevo fare per ciò che, apparentemente, stava devastando il corpo della nostra compagna. Potevo solo immaginare il dolore e la sofferenza che stava provando in quel momento, dopo aver perso praticamente tutto nella propria esistenza, aver visto morire tutte quelle persone... per un nulla di fatto, perché alla fine avevano comunque vinto i nostri nemici... e si erano presi ogni cosa, incluse le speranze di una morte rapida e veloce.
Attorno a noi sette uomini della peggiore feccia che avessi mai visto, alcuni dei quali si erano uniti a noi dopo aver lasciato il Midgard mentre altri erano parte integrante della squadra di sterminio che aveva assalito la carovana. Le nostre armi, le mie perlomeno, erano portate da un individuo dalla pelle scura e da una barbuta inquietante calata sul volto che ne faceva intravedere solamente gli occhi rossi ed i lineamenti decisamente alterati rispetto ad un normale essere umano. Mi era difficile anche solo fissarlo a lungo tanto ribrezzo e disgusto mi facevano quelle figure, eppure volevo essere pronta ad ogni evenienza. Purtroppo, anche nella misericordiosa ipotesi che ci fossimo liberati, c'era da aprire la gabbia sul carro e battersi ferocemente con sette persone armate sino ai denti in due, dato che la vecchia difficilmente si sarebbe rivelata utile in qualche maniera. No, non era il momento di fare qualcosa di stupido e, istintivamente, lo sguardo mi cadde sullo spadaccino poco distante. Chissà cosa pensava, se veramente era una persona così orribile da non avere il minimo rimorso per ciò che aveva fatto, oppure si era messo una maschera di arroganza unicamente per sopportare il dolore di una ferita molto, molto più profonda... in cuor mio sperai che la sua anima fosse più brillante di ciò che avevo visto, altrimenti con tutta quell'oscurità in breve mi sarei ritrovata da sola. E la cosa mi riempiva di terrore. Anche Vraal non c'era più, sperai che si fosse salvata almeno lei, fuggendo tra le rocce, ma non ne avevo la certezza...

Aprii le mani al cielo, come se cercassi una benedizione da esso, rimanendo in silenzio e concentrandomi sull'infinita libertà che da esso scaturiva. Pregai, recitando mentalmente delle litanie alla natura, perché il sole ci concedesse qualche ora di tregua, per riprendere fiato e non distruggere completamente i nostri corpi ancora prima di aver raggiunto le fosse. Non ero sicura che in quella gabbia i miei poteri avessero un qualche effetto, ma provare non mi costava niente e la sola idea di fare qualcosa che non fosse bruciare al sole mi aiutava a sopportare tutta quell'angosciante situazione. Guardai Shimmen sorridendo, forse più per riflesso condizionato che per reale felicità, ma avevo bisogno di uno sguardo amichevole e di sapere che non ero rimasta da sola su quel carro, in balia dei mostri.
Qualsiasi cosa ci avesse riservato il destino, nel bene o nel male, non mi sarei lasciata semplicemente morire come una pianta fuori dal vaso, finché i miei occhi verdi potevano ammirare la luce, i miei polmoni respirare aria e le mie labbra bagnarsi di acqua... avrei continuato a lottare.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Illesa.
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Demoralizzata.
Energia: 100%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Impugnata]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [N/D]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ~ Kewo'l Rumu, Lightning through the Soul.
Sangue e acciaio sono strumenti di inimmaginabile potenza, se posti nelle mani delle persone giuste. Eppure Fanie non si è lasciata corrompere dalla semplicità del potere materiale ed è rimasta essenzialmente collegata con la sua parte naturale. I poteri taumaturgici e la grande maestria nel modellare le energie positive non sono l'unica cosa che la magia naturale le ha permesso di sviluppare, anzi, sono solo la punta appena visibile di ciò che scorre nel suo sangue misto. Già in grado di manipolare agevolmente tutti gli elementi della natura, Fanie ha raggiunto un livello di consapevolezza tale da fondere assieme il potere divino e quello naturale, governando forse la più potente energia del creato: i fulmini.
Portando le mani al cielo, o anche una spada o una qualsiasi arma che faccia da catalizzatore per le sue energie, Fanie è in grado di scatenare una vera e propria tempesta di fulmini sui suoi nemici. Il tutto si svolgerà nel giro di pochi istanti, mentre dense nuvole blu scuro sovrasteranno il campo di battaglia, lasciando che i fulmini cadano seguendo la volontà della loro evocatrice.
Ma non è solo per distruggere che il cielo può essere modellato: Fanie può chiedere al sole di rivelarsi o alle nuvole di oscurare la luce, alle stelle di brillare in cielo o alla pioggia leggera di rinvigorire gli animi stanchi senza spendere alcuna energia o risorsa, ma solo concentrando la sua mente alla volta celeste. [Pergamena dello sciamano: Dominio dei cieli. Varibile offensiva e consumo Nullo in grado di creare effetti scenici nel cielo.]

Note:
Primo post con ovvi e dovuti riferimenti a quanto successo nel finale de "La lama del tempo". Non mi sono dilungata eccessivamente per evitare di appesantire i primi post, ho cercato di usare la nulla della mia nuova variabile per richiamare qualche nuvola in maniera da avere un poco di tregua dal sole ma, ovviamente, ho lasciato il tutto in ipotetica non sapendo quale sarebbe stata la reazione del carretto Rotthenaziano.
 
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Drag.
view post Posted on 11/11/2013, 23:34






( Taanach, quartiere della Città Vecchia, argine del fiume )

I’m the hindsight to say, “I told you so”
Foreshadows of all the things that are to follow
I’m the future that’s here to show you what happens tomorrow
If you don’t stop after they call you the
Biggest laughing stock of rap who can’t call it quits
When it’s time to walk away, I’m every guilt trip




Sapeva che l'avrebbe trovato lì, sull'argine lontano del Letto Grigio; loro lo chiamavano così, il vecchio fiume color cadavere che attraversava la città. Uno sporco giaciglio delle tonalità dei topi da laboratorio, quelli così carini da venir sacrificati sull'altare della scienza. Di fiume aveva solo il nome, perchè non era largo abbastanza da spaventare neppure un ronzino affamato; i ponti però che lo valicavano non mancavano, quindi l'abitudine aveva presto sconfitto la ragione e si era finiti per chiamarlo fiume. Nessuno, tra gli indesiderati abitanti dei quartieri popolari, era davvero interessato a chiamarlo con il suo vero nome. Era, semplicemente, il Letto Grigio. Si diceva che l'avessero chiamato così per primi quelli della comunità barbara, che dal loro enclave più a sud mettevano le salme dei loro defunti su piroghe di giunchiglio intrecciato e li lasciavano andare per la loro strada verso l'Oceano Zar, se davvero quel fiume vi arrivava. Pochi tra loro erano sufficientemente saggi per conoscere la geografia del mondo meridionale, quindi quelle sigle topografiche assumevano proporzioni lontane, epiche, enormi per la semplice cittadinanza della Taanach povera, la Taanach abbandonata nel deserto del nulla.
Sotto le arcate di pietra scheggiata si radunava spesso un coacervo eterogeneo di persone; veterani menomati, giovani delinquenti, avvenenti meretrici, annoiati curiosi, semplici pescatori. Quella sera, quattro dei ragazzi di Charlie aspettavano qualcuno tra alte colonne di granito, chissà come giunto sin lì per sostenere il peso del modesto transito sopra le loro teste.
A comando di quel manipolo di ragazzini c'era Kàssim. Era il diacessettenne più grande e rispettato tra tutti i Randagi, e in genere tutti ascoltavano la sua opinione quasi come se fosse stato un ordine direttamente impartito da Charlie. Ora che Charlie non c'era più, molte cose erano cambiate.

Non molto lontano, Vaairo spense con un gesto pigro un corto fiammifero; quel bastardo lo aveva fatto penare, non aveva voluto saperne di accendersi ai primi due tentativi - piccole fastidiose battaglie del vizio. Inspirò stancamente dalla sigaretta artigianale, senza davvero assaporarne il sapore. Faceva schifo, sul serio - neppure fumare aveva più lo stesso potere. Molte cose erano cambiate, davvero.
Scrutò Kàssim venire avvicinato da un capanello di ragazzetti malconci e schivi. Si vedeva lontano un miglio che erano rimasti sotto con qualche sostanza strana. Asgradel non aveva la sofisticatezza farmacologica del suo mondo, ma la magia straripante di quelle terre aveva creato delle fantastiche varianti indigene agli acidi brucia-cervella del Bloodrunner.
Poteva quasi vederli: le palpebre abbassate con uno sguardo solo vagamente disinteressato, soppesando ogni gesto, ogni oncia di quanto Kàssim stava vendendo loro. Tossicodipendenti medievali di professione, disperati senza tempo nè contesto. Plic, per (non pochi) pezzi d'oro avevi una minuscola scintilla di paradiso in una ampollina monodose. Pure, semplici lacrime di Dio.

Gli acquirenti sgattaiolarono via alla svelta, andandosi ad uccidere un neurone alla volta da qualche altra parte; Kàssim stava ridendo. Pure gli altri parevano sollevati e soddisfatti della grana facile che avevano fatto. Probabilmente non era la prima volta che spacciavano, e la cosa lo fece incazzare di bestia. Quel genere di vigliaccata era tutto un altro livello di autodistruzione: era puro e semplice omicidio di massa.

« Cosa vuoi. »
Non era una domanda.
La voce di Kàssim aveva fulminato gli altri tre; Vaairo non si era avvicinato nè aveva fatto qualcosa per nascondersi: li aveva semplicemente attesi, perchè conosceva la strada che avrebbero fatto per tornare alla casa comune. Negli occhi del ragazzo si leggeva la colpevolezza di un bambino che viene beccato a far qualcosa di sbagliato e l'astio di un uomo che vuole emanciparsi dall'educazione che la società - o gli anfratti della società - gli impone. Era un ibrido ridicolo e per questo, senza proferir parola, Vaairo ridacchiò piano. Appoggiato alla parete di una catapecchia che certamente aveva visto giorni migliori, la penombra scavava strane ombre sul suo volto trentenne.

« Non sono affari tuoi, Vaairo. »

Ma il mercenario stava pensando a tutt'altro. "Vaffanculo, Morpheus.", pensava. Sono una tua responsabilità, aveva detto il drago davanti al corpo ancora caldo di Charlie Holtz; si sbagliava. Quei ragazzini non erano una sua responsabilità. Erano solo marmocchi del cazzo cresciuti nella città più corrotta del pianeta, costretti a nuotare nella merda nel momento stesso in cui venivano sputati fuori dalla figa della loro madre.
Il cordone ombelicale avevano dovuto tagliarselo da soli con i coltelli che tenevano ai fianchi.

« Amai, », disse invece, rivolgendosi all'unica ragazza del piccolo gruppo, una rossa tredicenne piena di tatuaggi. « avete venduto della droga. »
« Si. », rispose lei, altrettanto spaventata delle conseguenze almeno tanto quanto Kàssim cercava di nasconderlo.
« Noi non ci sporchiamo le mani con quella roba. »
« Vaairo, », intervenne Kàssim. « non sono affari t-- »

Vaairo lo prese per il collo e lo alzò da terra con un gesto improvviso. Il ragazzino annaspò sconcertato dalla forza e dall'altezza del mercenario, che, senza fargli del male, lo teneva ora a mezz'altezza. « Io sono un onesto criminale. I Randagi sono onesti criminali, come li aveva educati Charlie. » La sua voce era grave, inesorabile. « Quindi, noi onesti criminali non ci sporchiamo le mani con quella roba. »
Stizzito, liberò il giovane capobanda dalla presa, facendolo cadere al suolo. Amai gli porse il denaro che avevano guadagnato senza bisogno che lui lo chiedesse; con evidente sofferenza, Vaairo gettò gli ori nel canale.
« Ma che caz-- », imprecò Kàssim, accenando una futile rincorsa della fortuna perduna nelle acque torbide del Grigio. « Perchè?? »
Inaspettatamente, seppur con voce insicura, fu Amai a rispondere. « Il codice... »
« Ma vaffanculo il codice! », esclamò l'altro, benchè si pentì immediatamente di averlo detto.
Questa volta, Vaairo si incazzato sul serio; l'aria attorno a lui cambiò radicalmente, come se la tensione stessa potesse impugnare un'arma e farli tutti quanti a pezzi. Spesso tendevano a dimenticarlo, ma Vaairo possedeva una brutalità allucinante e aveva fatto un mucchio di lavori, molti dei quali erano terminati con una pallottola nel cranio di qualcuno.
« Senza il codice non sei un criminale onorevole. Senza il codice sei solo un ladro assassino, stupratore e voltagabbana. Nessuno ti costringe a seguirlo, Kàssim. Tu stavi vendendo morte a delle povere anime per avere lo stomaco pieno.
Charlie non si è mai abbassato a tanto per voi - perchè esistono regole anche in quello che facciamo.
»

In un attimo, nella mente di Vaairo le sue parole si sovrapposero a quelle di nonno Vitalij, nella casa popolare in cui il vecchio brigante accoglieva i ragazzini orfani della comunità per insegnargli la giusta tradizione. Il pensiero gli fece mozzare il respiro, incredulo - ma nulla di quanto stavo provando riuscì a scalfire la sua espressione irosa, benevolmente aiutata dall'ombra della notte.

« La fame viene e scompare,
ma la dignità, una volta persa,
non torna mai più...
»

Fu la sua battuta d'uscita. Stancamente, prese la via di casa - di ritorno al triste appartamento sopra la piazza del mercato del martedì, in Nuova Taanach. Una delle proprietà di Charlie...

« Non sei nostro padre, Vaairo!! », gridò Kàssim, ancora bellicoso. La sua voce, però, suonava della consapevolezza dell'errore, per quanto non volesse ammetterne la sconfitta.
No, lui non il loro padre. Neppure Holtz lo era.
« No, sono vostro fratello... », mormorò appena.

( Taanach, quartiere della Città Vecchia, taverna "Sottane della Nobildonna" )

It’s like I'm in this dirt, digging up old hurt
Tried everything to get my mind off you, it won’t work
All it takes is one song on the radio you’re right back on it
Reminding me all over again how you fucking just brushed me off
And left me so burnt, spent a lot of time trying to soul search



« AAAH-- » « Addosso! » « Forza!! » « Dai! Ammazzalo! »
« Fallo nero! » « Woooah! »



Nel Fight Club non era questione di vincere o perdere, non era questione di parole. Quelle grida isteriche erano raptus estatici come quelli in una chiesa pentecostale.

« Quello è un toro! » « Dai Vaairo! » « Giù! Giù! » « Se perdi ti apro! »
« Bastardo! » « Un altro ancora! Dagliele! »

Vaairo era ubriaco, eppure stava combattendo. « Avanti, coglione! » Bam! Diretto sul naso. « Non sei neppure capace di darmi un pugno come si deve! » Boom, gancio nel costato. « Mi sono scopato tua sorella! » Crack, calcio sul quadricipite sinistro. « Ahaha, coglione, coglione! »

Era ubriaco, e quel cazzo di russo lo stava picchiando duro.
Ovviamente, il suo avversario non era un russo - gli somigliava soltanto. Cranio rasato e corporatura erculea, un vero stallone bolscevico. Aveva il setto nasale schiacciato di chi si è già rotto tutto quanto il volto in passato, ma sicuramente la faccia di Vaairo, ora, era messa peggio. Era ubriaco, ma non gli importava affatto: non gli faceva male davvero, e non era l'alcool.
Asama prima gli aveva tirato un pugno. Era stata la cosa più dolorosa che lui avesse mai provato.
"DATTI UNA CAZZO DI REGOLATA.", aveva detto.
Porca puttana. Il suo migliore amico - uno stregone - lo aveva steso con un semplice destro.
Asama sapeva bene cosa stava passando Vaairo, e ne aveva pieni i coglioni del suo rimpianto e della sua indecisione. Anche Morpheus aveva provato a tirarlo via da lì, quando lo aveva visto spezzato dopo l'invasione dei non morti dal Cimitero. Ci avevano provato tutti, Red, Zero, Lily...
Eppure lui era rimasto lì, nella penombra dell'autocommiserazione, ad educare i ragazzini di Charlie. Provvedere loro, proteggerli, insegnargli a combattere per proteggere ciò che amavano mentre lui cercava una risposta che la sua vita fallimentare non era mai stata in grado di trovare.

Così, era andato a combattere.

Le persone che incontrava ad ogni rissa alle "Sottane" erano i suoii amici porzione singola. Tra la prima campana e la decima passavano del tempo insieme, e gli spettava solo quello.
Era esattamente come quelle lacrime di Dio che Vaairo aveva disprezzato che i suoi ragazzi vendessero: rabbiose monodosi di paradiso. Solo, sublimi.

« Non va giù! Non va giù! » « GRANDE! » « Da non credere... » « Impossibile! »
« Ahahah! » « Ma vaffanculo! Non ci credo! »

Il vociare indistinto che lo circondava mentre camminava nella sabbia al centro del cerchio lo esaltava; faceva il buffone per il suo pubblico, allargando le braccia platealmente mentre il suo avversario lo uccideva di botte, ignaro che l'euforia cristallina lo facesse sentire come accarezzato da una delicata biondina. Vaairo era, per definizione, impossibile da abbattere. Era un assioma fermo come l'universo e niente l'avrebbe scalfito.

Vaairo era ubriaco, eppure stava combattendo. « Avanti, coglione! » Crack, calcio sul quadricipite destro. « Non sei neppure capace di darmi un pugno come si deve! » Boom, gancio nel costato. « Mi sono scopato tua sorella! » Bam! Diretto sul naso. « Ahaha, coglione, coglione! »
In un attimo, l'incredulo russo era al tappeto.

Vaairo ansimò piano; assaporò il dolore. Lo faceva sentire bene, vivo, reale. Gli faceva espiare ogni singola stronzata che gravitava intorno alla sua testa bacata come un satellite sferragliante costruito dal Sistema Aerospaziale Coreano. Un surrogato asiatico al dominio dei cieli ed alla chiarezza mentale. Sanguinava, ma in bocca aveva solo il sapore della determinazione.
Dopo la lotta ogni altra cosa nella vita si abbassava di volume. Potevi affrontare tutto!
Poteva affrontare tutto...

( Taanach, quartiere della Città Vecchia, locanda "Quattro amici" )

So one last time, I’m back
Before it fades into black and it’s all over
Behold the final chapter in the saga
Trying to recapture that lightning trapped in a bottle
Twice the magic that started it all
Tragic portrait of an artist tortured
Trapped in his own drawings
Tap into thoughts
Blacker and darker than anything imaginable


« Sei dei nostri? »

Vaairo rimase in silenzio. Il bicchiere - il suo - era ancora intatto, pieno. La birra scura profumava di eccellenti promesse, accarezzata dolcemente da una coperta di schiuma color panna. Era fredda; stringerla nella mano regalava una sensazione particolare, spiacevole - il gelo che lentamente si trasferisce dal vetro alla pelle, intirizzendo i sensi e le ossa. Morpheus. Morpheus. Morpheus.
Ho ancora quel contratto, sai, avrebbe voluto dire. Il drago, ovviamente, non avrebbe capito a cosa Vaairo facesse riferimento. La realtà era che, per quanto non l'avesse mai davvero adempiuto, Gerth "Fortunello" aveva ancora con lui un accordo valido - tanto oro in cambio delle teste dei traditori dei Korps che avevano abbandonato la rivoluzione del Beccaio a bordo della Prigione Volante. Quel denaro - quel potere - avrebbe concesso a loro, tutti loro, di vivere dignitosamente. Nessuno di loro poteva capire - neppure Floki, quel bravo figlio di puttana, quel duro sbirro che li aveva salvati e che aveva salvato tutta Taanach ricevendo solamente una silenziosa pedata nel culo. Era questo ciò che Vaairo desiderava per sè, per tutti loro?
Non avrebbe più dovuto vedere Kàssim vendere droga come un coglioncello qualsiasi per pagare il cibo delle sue sorelline.
Non avrebbe più dovuto chiudere gli occhi dinanzi alle avances di vecchi disgraziati nei confronti di Amai.
Non avrebbe...

La fame viene e scompare,
ma la dignità, una volta persa,
non torna mai più...


Non era fame. Era molto di più.
Era un futuro azzurro.

« Ci puoi giurare che ci sto. »
Aveva preso una decisione.

And I hate to be the bad guy, I just hate to be the bad guy...


Ottimo, si inizia con un wallpost che, per parte mia, era dovuto. Questa quest si colloca ovviamente dopo Bloody Wings e dopo le Ombre di Taanach, dove muore un grande amico di Vaairo, Charlie Holtz. Nel post ci sono riferimenti sparsi ad un sacco di scene passate, a pg e png che ha incontrato che erano purtroppo necessari per specificare la psicologia del pg e la sua attitudine in questa quest. Si inizia wooooh!
 
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view post Posted on 13/11/2013, 22:56
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Memorie di Shimmen Kasumaki

Non ricordo molto di quei giorni … caldo, fame e sete erano una tortura incessante che diminuiva solo di sera, quando il sole clemente decideva di scendere sotto l’orizzonte e le tenebre ci benedicevano con qualche ora di fresco prima che arrivasse il gelo a tormentarci con le sue dita ghiacciate. Allora ecco, per qualche tempo la temperatura restava sopportabile e di solito arrivava la nostra razione giornaliera a placare appena l’insaziabile voracità di tre corpi smagriti dalla penuria di cibo.
Sarei impazzito se non fosse stato per la presenza di Fanie, per la sua gentilezza nel prendersi cura della creatura selvatica che stò lentamente diventando, per gli sguardi ed i sorrisi che ogni tanto mi rivolge. Quelle cure sono l’unica fune che mi trattiene dal far saltare in aria me stesso ed il carro con un catastrofico accumulo di potere, sprofondando in un dirupo per una morte rapida se non indolore. Mi convincono che forse c’è ancora qualcosa da perdere, qualcosa per cui vale la pena essere vivi. Che assurdità! Eppure so già che mi peserebbe sulla coscienza il porre fine alla sua vita e per ben due volte, quando il carro era in bilico su una strettoia, avevo esitato all’ultimo a compiere l’estremo gesto maledicendomi poi per l’occasione mancata quando poi dopo poche ore cedevo sotto la morsa del sole e della sete. Per cosa poi mi peserebbe non lo so con esattezza, forse perché insieme a Cashka è l’unica rimasta viva o perché ogni giorno che passa mi ricorda sempre più la mia Elebeth, smarrita nei ricordi di mezzo decennio prima.
Di tanto in tanto malvagie risate scoppiano intorno al carro in cui siano rinchiusi ed io percepisco chiari l’ostilità ed il perfido godimento che i Korps traggono nel vederci impotenti. Non riesco a sopportarlo è più forte di me, e così ogni volta lotto, ringhiando come una belva contro le corde che mi avvincono e mi paralizzano, tentando di liberarmi fino a ritrovarmi con i polsi e le caviglie lacerati e sanguinanti nonostante la resistenza della mia pelle. Provoco il divertimento di quelli che da fuori mi guardano, scommettendo su quanto ancora durerò così, su chi o che cosa mi avrebbe fatto cadere per primo. Quando sfinito concludo l’orribile divertimento e giaccio sulle nude assi mi tocca ancora lottare con la paura di non rivedere mai più i boscosi territori dei Territori Orientali, i grandiosi palazzi e gli umili tuguri della capitale del Toryu, il mio amico Aang e la bellissima lady Dalys. Di doverne portare soltanto i ricordi sbiaditi da un tempo ed uno spazio che sembrano già troppo grandi persino ora. Lotto contro l’opprimente senso di disperazione che provo nel provare a negare quella che è la realtà dei fatti che io, nonostante tutto, non posso cambiare. Sarò uno schiavo per il resto della mia vita, costretto a scavare nelle viscere buie e soffocanti di una montagna. Privato della luce, della dignità e della libertà … una fiamma soffocata che non tarderebbe ad esalare gli ultimi guizzi prima di spegnersi.
Piango allora, le poche lacrime che il mio corpo può concedersi disidratato com’è.
Ma no!
Non posso accettare di spegnermi così
!
Tiro su col naso, ricacciando indietro con furia le lacrime per la mia debolezza, gli occhi sbarrati sotto le mani premute sul volto.
Non voglio accettare il destino, non lo accetto. Me la caverò anche questa volta, giuro, in qualche modo ed avrò un’altra storia da raccontare. Una delle molte.
Guarda Fanie dannato Shimmen, guardala e prendi esempio da lei, dalla sua calma.

Più facile a dirsi che a farsi …


Per sopravvivere accolgo con piacere quella parte oscura del mio animo che di solito tengo celata alla vista: una parte che è l’animo oscuro e dannato delle mie fantasie, della mia crudeltà e del mio egoismo sempre pronto ad emergere. Tingo di torbida furia ogni mio pensiero, annegandomi in esso per dar sfogo alla pura crudeltà ed alla rabbia impotente che provo e che non posso in altro modo liberare. Mi rinchiudo in me stesso per sfuggire alla realtà, mangio e lotto come un animale in trappola, istinto e presente diventano i miei unici pensieri al di fuori dei ricordi e dei sogni.
Mi diverto a creare ogni sorta di vendetta, di castigo per i nostri per i miei catturatori.
Mentre il sole martella il carro, arroventandolo nella calura, immagino di essere un possente drago e di calare sull’accampamento in una nube di fuoco e polvere, stritolando tra gli artigli quei maledetti e facendo cessare loro di ridere in un gorgoglio di sangue bevuto direttamente dalle loro gole mentre implorano pietà dinnanzi alla mia immane potenza.
Immagino di potermi liberare e coglierli nel sonno, legandoli ed abbandonandoli ad una lenta morte per inedia in quella terra desolata ed aspra. E invece quasi urlo di dolore per i crampi allo stomaco e lo strusciare delle corde sulla carne abrasa.
Non mi ricordo molto di quei giorni … eccetto il sorriso triste di Fanie, il suo desiderio come me di un po’ di conforto. Rispondo come al solito con una smorfia decisa, mostrando di non essere ancora piegato dalle circostanze, cercando di indurmi a credere che mantenere alto il morale in quelle circostanze possa servire a qualcosa se non per me almeno per lei e per la vecchia.

 
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view post Posted on 16/11/2013, 01:02

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Post cancellato per sbaglio.

Edited by Lud† - 8/1/2014, 19:32
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 26/11/2013, 03:25





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Quel posto andava ben oltre le mie possibilità, in ogni senso possibile, perchè nemmeno la natura rispondeva adeguatamente al mio richiamo. Certo, l'essere a stretto contatto con quelle creature oscure e maligne non stava favorendo i miei poteri, anzi, stava proibendomi letteralmente di attingervi normalmente. Non mi piaceva l'idea di dovermi ritrovare da sola ad affrontare un futuro incerto e nero... ed iniziavo a perdere la speranza. La cosa più terribile, quando si è prigionieri, non è la paura della morte o della prigionia, quelle sono sensazioni passeggere che scorrono attraverso l'anima senza lasciare traccia, ma la speranza... perdere quella, fissando di traverso le barre d'acciaio che ti separano dalla libertà, è la fine di ogni spirito.

Ed io lottavo, ancora aggrappata all'idea di non rassegnarmi tanto facilmente, per non soccombere, cercando di ascoltare, tra i cigolii del carro ed lo sferragliare di corazze e bardamenti, il richiamo della speranza.

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Quando il gruppo si arrestò, fermato da qualcuno sulla strada, impiegai qualche secondo a mettere a fuoco le figure. Erano tre uomini, due a me completamente sconosciuti ed uno, invece, a me noto. Era Morpheus, il dragone, che per qualche grazia divina aveva bloccato i Korps salvandomi da morte certa. Il mio cuore iniziò a scalciare all'impazzata, quasi fossi in procinto di fare uno scatto d'adrenalina, girai la testa a destra e manca, cercando istintivamente qualcosa per liberarmi, un pretesto per iniziare la nostra fuga. Non ci sarebbero state altre occasioni come quella, dovevo usare tutto ciò che il tempo e le possibilità mi concedevano, e proprio mentre ragionavo sulle mie misere condizioni, la voce di Morpheus gridò un singolo ordine, sovrastato poco dopo dal rumore fragoroso dello sparo di un proiettile.
Nel giro di pochi istanti due Korps giacevano a terra, definitivamente sopraffatti, e l'orologio che scandiva il tempo per la nostra liberazione iniziò lentamente a girare. Per forti che fossero i nostri salvatori dovevano affrontare un gruppo superiore in numero e decisamente agguerrito, il che non prometteva niente di buono. Mi voltai all'indirizzo del mio compagno di cella, rivolgendo solo uno sguardo preoccupato all'anziana. « Riesci ad aiutarli? Le mie piante non arrivano sino a qui dentro! ». Per tutto il viaggio non aveva fatto che agitarsi e tirare le corde come una bestia ferita, e quello era il momento di liberare la furia di quel folle e permettergli di fare ciò che, per quanto l'avevo potuto conoscere, era in grado di fare meglio: uccidere.
La corde che mi avvolgevano le mani erano una costrizione troppo grande, non avrei potuto aiutare nessuno rinchiusa in quella gabbia ed impossibilitata persino a seguire visivamente la lotta! Nel frattempo altri colpi di pistola si susseguirono mentre il combattimento iniziava ad intensificarsi ed i Korps riprendevano forma dopo l'iniziale smarrimento.
Incanalare le mie energie fu più difficile di quanto credessi: le privazioni delle giornate passate praticamente col minimo indispensabile, e le cure che avevo dovuto fornire ai miei compagni di viaggio, mi avevano decisamente provata. Lasciai che le fiamme divampassero dalle mie dita, incenerendo la corda e riducendola nel giro di pochi istanti a mero fumo nero e acre. No, non potevo più permettermi debolezze, avevo già lasciato che Eru mi controllasse sfruttando quella parte di più vulnerabile e fragile, adesso toccava a me dimostrare a tutti i Korps il vero significato della parola "terrore".

E con la testa offuscata dalle ultime, terribili, parole della mia oramai defunta sorella mi gettai piena di rabbia sulle corde che mi legavano le caviglie, tirandole e strappandole con tanta forza da arrossarmi persino le palme delle mani. Non mi importava niente di quello che sarebbe successo a quei mostri, non erano più umani ed era stato mio l'errore di considerarli tali per troppo tempo. Nessun uomo, animale e nemmeno creatura magica aveva lo stesso putrido e squallido cuore dei Falkenberg, e niente al mondo meritava l'epurazione e la redenzione più delle loro anime.
Gettai con disprezzo le corde, scattando in piedi finalmente libera, iniziando subito a tirar via anche quelle del mio compagno. Su di lui il mio fuoco avrebbe sortito effetti molto diversi e non volevo certo causagli delle ustioni dolorosissime alla vigilia di uno scontro per la vita, sebbene il rancore che mi aleggiava nell'animo per le sue azioni ancora mi tormentasse.
Incrociai il suo sguardo solo pochi attimi. Ci sarebbe stato un tempo e un luogo, lontano da tutto quello che stava accadendo, in cui fargli comprendere e pagare il peso delle sue azioni. Questo, io, non lo avrei mai dimenticato... e nemmeno quella parte di Eruvanyë che ora viveva in me.
Liberato anche Shimmen dalle grinfie delle corde, fissai la scena che si palesava oltre le roventi barre di metallo della gabbia: uno dei compagni di Morpheus aveva preso a combattere come una furia contro i Korps, usando un'arma che non avevo mai visto nella mia intera esistenza. Era una di quelle armi a polvere nera , a giudicare dal rumore devastante che produceva ad ogni colpo, ma non era della stessa fattura di quelle dei soldati regolari, anzi, era completamente diversa e questo non poté far altro che farmi piacere data la potenza distruttiva che pareva elargire sui corpi corazzati dei nemici. Eppure, per leone che fosse, quelle maledette iene lo avrebbero fatto a pezzi senza supporto di nessuno.
Con uno sforzo ulteriore concentrai quella poca umidità dell'aria in una sfera nel palmo della mia mano, scagliandola poi con rabbia alla base del collo di uno dei Korps in linea di tiro, sperando con tutto il cuore di porre fine alla sua miserabile esistenza. Il colpo si frammentò in cinque segmenti minori, permettendogli di aggirare le sbarre della gabbia ed ignorare il loro ostacolo, per poi ricompattarsi convergendo prepotentemente nel collo avversario. Il calore del Midgard era così intenso che persino quella sfera magica lasciò una breve scia di vapore al suo saettante passaggio.
Per tanto forte avesse colpito, devastando in profondità il corpo, quel demonio non si degnò di lasciare questa terra, ma se non altro fu costretto ad accusare il colpo evitando di poter infierire sul malcapitato pistolero. Certo, eravamo ancora chiusi nella gabbia, ed il tempo scorreva sin troppo velocemente per le mie poche possibilità d'azione. Per fortuna successe qualcosa che cambiò radicalmente le nostre prospettive di vittoria: una piccola esplosione accecante divampò dal centro dello scontro e, istintivamente, chiusi gli occhi per non venire completamente accecata, rimanendo per qualche secondo interdetta. Mentre riaprivo gli occhi, fessurizzati per evitare la luce, il suono martellante e possente di qualcosa che batteva contro il ferro della gabbia attirò la mia attenzione.
A brutalizzare le sbarre non era nessuno dei membri del gruppo combattente, ma una figura di donna creata con quella che pareva pietra nera, forse ossidiana o tormalina, contro cui la luce pareva riflettere con scarsi risultati i suoi raggi feroci. All'ennesimo colpo la porta cedette, lasciandoci finalmente liberi di uscire e combattere, per quanto possibile, assieme agli altri.



Nel saltare fuori dal carro feci un cenno con la testa alla donna, incerta se fosse o meno una persona in carne ed ossa oppure un semplice artificio di qualcuno... e poi realizzai la tremenda verità. Ero disarmata, letteralmente affamata e devastata dalla stanchezza e dalla prigionia, e dovevo fronteggiare i miei aguzzini freschi e armati sino ai denti, pronti a scatenare su di noi la più tremenda ira di cui fossero capaci. Ma eravamo liberi... e questo bastava per riempirmi il cuore di speranza e rinnovato desiderio di combattere. Finché le gambe mi avessero tenuta in piedi ed i miei occhi smeraldini fossero rimasti concentrati sul nemico non mi sarei lasciata abbattere, ora eravamo superiori in numero e non potevamo farci sconfiggere. Ma al comandante dei Korps l'idea che i suoi prigionieri fossero fuggiti non andava a genio. Probabilmente non ci aveva sopportati sin dal principio e la sola idea di doverci portare alle miniere anziché ucciderci lo aveva reso felice, ma ora che parte dei suoi ci aveva rimesso le penne ed anche lui, in tutta probabilità, stava per essere schiacciato dal maglio della vendetta, aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto.

Si scatenò in un colpo di violenza tale da farmi quasi perdere l'equilibrio mentre un'onda di fuoco oscuro, che zampillava di violetto alla luce solare, si diramava da lui verso le nostre posizioni con l'obiettivo di travolgerci e devastarci. In un primo istante rimasi spaesata da ciò che aveva fatto, sentii solamente il calore delle lingue di fuoco sulla pelle e poi il freddo intenso e doloroso tipico della magia oscura che mi penetrava nelle ossa. Tentai di innalzare le mie difese, più velocemente ed efficacemente possibile, ma tutto ciò che evitai furono parte delle fiamme ed un vibrato colpo al mio indirizzo che, per fortuna, disintegrò la foglia di pietra indebolita dalla magia passandomi a pochi millimetri dalla carne.
La pelle arrossata e dolente era nulla in confronto a ciò che vidi con la coda dell'occhio mentre indietreggiavo appena per prepararmi alla lotta. Il maledetto capo dei Korps prese Cashka per i capelli, senza un minimo di ritegno, giustiziandola davanti ai nostri occhi come una bestia al macello. Le perforò i polmoni lasciando che morisse soffocata dal suo stesso sangue, una scena che si impresse nella mia memoria seduta stante, come un marchio a fuoco, indelebile. Tutte le mie certezze vacillarono, la mia pazienza e la mia calma vennero completamente a mancare, liberando dalla mia anima una parte selvaggia e brutale che agiva più per istinti primordiali che per vere e proprie azioni logiche. Non dovevo avere pietà, non sarebbe stato giusto averne nei confronti di quelle creature! La rabbia iniziò a diffondersi come un morbo nel mio corpo, trasformando ogni cosa che toccava nella mia forma più pura e selvatica, dalle foglie rigogliose e dai lineamenti lignei e scavati nella corteccia viva. Sentivo dentro di me un vero e proprio desiderio di morte per quella gente, volevo distruggere la loro stessa esistenza ed ogni cosa che avessero toccato, fatto ed anche solo pensato. Viktor e tutti i suoi cani avrebbero saggiato con mano la furia della natura che tanto amavano corrompere, a tempo debito non avrei avuto rimorsi, né freni o indugi, io avrei distrutto ogni traccia ed ogni ombra di Viktor Von Falkenberg dalla faccia della terra!
Se la battaglia fosse stata più silenziosa, meno concitata e piena di schiamazzi, qualcuno molto attento avrebbe potuto udire un lento e sommesso ringhio di rabbia provenire dalle vuote e fibrose cavità che si erano sostituite alle mie corde vocali, assieme ad uno stridere di denti stretti sino all'inverosimile. La rabbia di un'elfa.
Ma nella mia furia sapevo di dover restare vigile, di non dovermi esporre, altrimenti le mie possibilità sarebbero letteralmente scomparse come polvere nella tormenta. Liberai dai miei rami delle piccole ed insidiose spore che, trascinate nella calda ed opprimente aria del Midgard, si insinuarono nella mente del mio avversario, costringendolo a sopportare un pesante conato di vomito.
E poi ecco la mia occasione arrivare dalle mani di quell'inaspettato e coraggioso guerriero.

« Tu! Pianta! »

Quell'appellativo mi si addiceva, agli occhi di un profano, e mi bastarono pochi istanti per notare qualcosa di metallico volare in mia direzione. Era una lama, dalla fattura straordinaria per i miei standard, che arrivava come un dono inaspettato disarmata ed indifesa come ero. Con una torsione piuttosto brusca le braccio ed una dose non indifferente di prontezza di riflessi, assecondai il movimento del lancio afferrando al volo il pugnale, pronta a colpire. Di nuovo si propagò nell'aria il rumore secco e brusco di quell'arma infernale e, mentre il colpo raggiungeva la testa del mio nemico, decisi di agire. Non mi importava che quello fosse morto o meno, non volevo rischiare che si tirasse nuovamente su dandoci la caccia come bestie, colpendoci alle spalle come il codardo che era, e passai la lama con uno scatto sulla sua gola, fredda, insensibile. Il sangue nero o denso scivolò sul suo collo, mentre io già mi preparavo a fronteggiare il prossimo mostro. Era stata una benedizione l'arrivo di quello sparuto gruppo di viaggiatori, si erano presi la briga di lottare per salvarci la vita e mai, prima di allora, mi era capitato di dovere così tanto a qualcuno. Serrai la mano attorno al coltello, non avrei tentennato un solo istante: uccidere o essere uccisi, tutto il resto portava al nulla più assoluto.
Cercavo di proteggere il proprietario della mia arma ma, chiaramente, le mie possibilità in tal senso erano oltremodo relative. Senza la mia lancia, la mia corazza o le mie unghie di ferro potevo fare ben poco... le mie doti di lottatrice a corto raggio non erano certamente eccelse, non ancora almeno, ed usare quell'arma per difendersi diventava qualcosa di molto vicino all'impossibile per me. Dovetti vedere il mio alleato colpito al fianco, ma non parve accusare eccessivamente il danno.
Tuttavia quel bastardo, ancora desideroso di lottare nonostante l'inferiorità numerica quasi soverchiante, urlò così forte da farmi quasi perdere l'orientamento. Per qualche istante il mondo sembrò vibrare, come se una violenta scossa di terremoto avesse attraversato le aride distese di quel luogo, ma la verità era che per poco la mia vita non ebbe brutalmente termine a causa dell'azione repentina e furiosa del Korps. Quel colpo di spada era talmente veloce che mai, in quelle condizioni, mi sarei potuta sognare di riuscire a deviarlo o schivarlo... solamente il mio salvatore, con un coraggio fuori dal comune, si parò tra me e la lama evitandomi la morte. Era un colpo brutale, selvaggio, frutto della furia di un'anima disperata che, seppure avvolta dall'oscurità, sentiva il peso della morte incombere come una presa stritolante.
Scartai appena di lato per avere una traiettoria libera e poi lasciai che i miei poteri trovassero naturalmente l'impeto per manifestarsi: dapprima una fiamma di colore blu saettò nell'aria verso il volto di quel maledetto invasato, e poi quasi come la natura prosecuzione del mio gesto, evocai dal terreno morto e roccioso, un petalo di pietra lucido e affilato come un rasoio, direzionandolo alla gola del Korps. Iniziò ad avvitarsi velocemente, accumulando velocità mentre fendeva l'aria caricandosi della mia energia e della magia naturale che lo caratterizzava: quando impattò contro la carne indurita e corrotta del nemico la trapassò come se fosse una pioggerella estiva, oltrepassandolo fuori per fuori ed andando a disintegrarsi poco dopo l'uscita, svanendo in una densa polvere argentea. Al suo posto solamente una chiazza di linfa vitale nera come la pece e lorda di corruzione.
Era finita? Mi guardai attorno, stringendo ancora la lama tra le mani, ma nessuno dei Korps era ancora ritto sulle sue gambe e giacevano tutti morti l'uno sull'altro ai nostri piedi. Era davvero possibile che, alla fine, le mie speranze fossero state ricompensate? La lama del pugnale tremava appena per colpa della tensione muscolare che avevo accumulato nella foga della battaglia, mi scoprii vulnerabile e piuttosto impaurita da me stessa per come mi ero lasciata andare, ma soffocai quella sensazione rimandandola a momenti in cui la mia vita non fosse stata sul filo di un rasoio. Solo in quel momento, con una certa preoccupazione, mi resi conto che il Korps con le nostre armi era stato fatto cadere nel crepaccio, trascinando con se tutto il nostro equipaggiamento e le nostre speranze di sopravvivere in quell'ambiente. Avvisai Morpheus con una breve frase, indicando il burrone con la lama, ed il dragone non si tirò indietro, gettandosi a recuperare le nostre cose con la foga ed il coraggio che si addiceva alla sua razza ed alla sua discendenza.
Ero stata davvero fortunata a incontrarlo prima di allora, se fossimo stati al nostro primo incontro la sua vista mi avrebbe sconvolta, tanta potenza e meraviglia al tempo stesso riusciva a trasmettere, anche in una creatura magica come me. Morpheus...
Recuperando le armi, dopo aver compiuto un profondo inchino in sua direzione, mi disse il motivo della sua presenza in quel luogo tanto isolato e sperduto del mondo: una nobile impresa per salvare la vita di una donna, presa in ostaggio da Viktor stesso. Con o senza retribuzione io avevo un debito con loro tutti, qualsiasi fossero state le avversità da superare non mi sarei mai tirata indietro, perché nessuno al mondo poteva meritare una sorte come quella a cui ero destinata io. Stare con i Korps corrompeva l'anima, ancora prima che il corpo, ed ogni vittima strappata al Beccaio era qualcuno che lo avrebbe combattuto con le unghie e con i denti... qualcuno di cui il mondo, purtroppo, aveva un disperato bisogno.

In quella situazione così bizzarra e quasi surreale, le parole del guerriero mi erano quasi sfuggite dalla testa. Gli sorrisi, sforzandomi di mascherare abilmente il mio stato d'animo palesemente alterato ed ancora sofferente per la perdita di Cashka. « Se non fosse stato per voialtri lo sarebbe stata. » osservai un'ultima volta la lama donatami. « E' una vera fortuna che siate passati dal Midgard... » Lo sguardo mi cadde nuovamente sul dragone, senza un motivo particolare o preciso, per poi dirgli, con voce un poco più calma e lenta. « Speravo di ritrovarti in una situazione più piacevole, ma sembra che le nostre strade si incrocino solo quando c'è sangue da versare... o in questo caso ... qualsiasi cosa circoli nei corpi di questi mostri. » Allungai il pugnale al legittimo proprietario badando bene a farlo dalla parte del manico, come si conviene, aggiungendo un velato "grazie" con lo sguardo. « Io sono Fanie, la donna che ha perduto la vita si chiamava Cashka e lui è... » alludendo a Shimmen conclusi la mia presentazione, doverosa seppure caotica, in quella circostanza.
Vaairo, Floki e Morpheus. Tre persone a cui dovevo la vita, indistintamente, e non lo avrei dimenticato molto facilmente. La loro idea, per quanto mi parse di capire mentre i miei rami tornavano lentamente capelli e la corteccia si tramutava di nuovo in morbida e candida pelle, era quella di spacciarsi per Korps e sfruttare la mia presenza all'interno della gabbia come pretesto per non dare eccessivamente nell'occhio. Se tornare dentro mi faceva piacere? No, assolutamente, ma per gli uomini che mi avevano salvato la vita e per strappare una creatura innocente a Viktor avrei sacrificato molto, molto di più.
« Dopo quello che ho passato, che ho visto, che ho provato, non penso che avrò pace finchè Viktor non sarà cancellato dalla faccia della terra. Qualsiasi sia la vostra missione, qualsiasi sia lo scopo, se danneggia Viktor, io sono con voi. » ero decisa, irremovibile.
Mi avvicinai lentamente alla gabbia, entrando all'interno e controllando che le corde potessero ancora essere utilizzate per fingermi legata: dopo tutto le mie le avevo carbonizzate ma quella della povera Cashka ancora erano integre così come quelle di Shimmen. Già, quel ragazzino, che dopo tanta rabbia si era messo a discutere all'inverosimile invece di aiutare chi gli aveva salvato la vita! Non riuscivo a credere a tanta arroganza, ero sconcertata ed allibita, al punto tale da urlargli persino dietro, ma non servì a niente. La sua scelta, per quanto a malincuore, non collimò con la mia. Ma forse, alla fine, era meglio non avere qualcuno dalla spada facile e dal coraggio limitato laddove stavamo andando, nel cuore stesso della tenebra...
...da Viktor.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso da ustione. (Diffuso)
Stato Psicologico: Basso da confusione.
Stato Emotivo: Speranzosa -> Furiosa -> Determinata.
Energia: 100% - 5% - 10% - 10% - 5% - 5% - 10 % = 55%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[N/D]

~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ~ Saa'n Belah. (fuochi fatui) [ Basso x 2 ]
» ~ Saa'n Belah. (proiettile acquatico) [ Medio x 1 ]
» ~ Voorum. (difensiva) [ Medio x 1 ]
» ~ Turne. (offensiva psion) [ Basso x 1 ]
» ~ Voorum. (offensiva) [ Medio x 1 ]

Note:
Sono 6 pagine, 20k caratteri, mi dispiace se è venuto un wallpost ho provato a sintetizzare al massimo ma non è stato facile. Spero che comunque sia una lettura piacevole, soprattutto perchè ho potuto approfondire i pensieri di Fanie che nel confronto non sono potuti - ovviamente - emergere. Ho dato poca o nessuna importanza, troncandola, alla questione sorte in confronto per non dilungare l'argomento... ho optato per un pensiero ed una riga di spiegazione, nulla di più. La spada e lo scudo li ho rimossi perchè, giustamente, in questa quest io ancora non li possiedo dato che ne entro in possesso solo molto dopo temporalmente. Ho solo citato i nomi delle tecniche (ed il numero di volte che le ho usate) per favorire la correttezza del riassunto, non cito tutto per evitare un giga-riassunto di altre pagine ^^".
 
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view post Posted on 28/11/2013, 11:41




( Midgard Centrale, sentieri montani )

Quel viaggio sapeva di cammino nel braccio della morte; le guardie penitenziare ti scortavano con passo lento verso il tuo ultimo scranno accompagnato da una musica malinconica nella testa e gli occhi spenti degli altri detenuti. Nessuno dei tre compagni aveva molta voglia di chiacchierare: Floki era un tipo scontroso già in circostanze normali, quindi non lo si poteva biasimare affatto per quel mutismo contratto; Morpheus, invece, era un drago - un drago vero, grosso, antico, con scaglie, artigli e fiamme nelle fauci, presente? Di che cazzo si parla con un drago - per di più incazzato - quando tutto il team è consapevole che non vivrà un'altra settimana? E pensare che aveva dei buoni propositi per capodanno...
Le scheggie rocciose del Midgard, comunque, erano di una compagnia eccellente; li squadravano nello stesso modo dei detenuti: immobili, silenti, tetragone. Non era sua intenzione dare personalità a degli agglomerati geolgici, certo, ma rendeva bene l'idea. Stavano vagando nel nulla con il cuore pesante - e determinato. Ciò che si prospettava solo non era il liberatorio, fulminante dolore di una sedia elettrica... Ma qualcosa di molto peggio - più corrotto e malvagio. Il sole picchiava inesorabile sopra le loro teste come il duro manganello di un secondino bastardo, mentre la mente giocava strani scherzi visivi preda della solitudine e della spossatezza.

Ecco, quel piccolo convoglio di schiavisti Korps doveva essere "l'ultima cena". Vaairo, hai un ultimo desiderio prima di morire?

« VAAIRO », urlò Morpheus « libera i prigionieri. »

Liberare un'incantevole elfa da una gabbia non è proprio ciò che avevo in mente, ma possiamo tranquillamente metterlo nella top ten.

« Agli ordini. »

La mano destra cercò la fondina della pistola, sotto l'ascella sinistra; la trovò. Le sue dita si strinsero attorno al calcio dell'arma, mentre la mancina faceva lo stesso ghermendo il pugnale militare che teneva assicurato alla cintola. Si trattava di gesti meccanici dettati dall'abitudine e dall'addestramento, costanti che l'avevano aiutato a scacciare la paura e l'adrenalina che oscuravano la ragione in situazioni di pericolo. In pochi istanti la battaglia aveva inizio ed ogni pensiero veniva relegato nei recessi della mente, poichè solo una cosa contava davvero: sopravvivere. O noi o loro. Non esistevano mezze misure.
Il cervello analizza le circostanze per fasi, se gli si lascia il tempo di agire. In genere, ai guerrieri accadeva lo stesso identico processo durante un combattimento: era una sensazione particolare, tanto rapida quanto effimera - tanto da non ricordarsi più con precisione le proprie azioni quando tutto è terminato.
Vaairo sapeva solo questo: due alleati, tre prigionieri, ancora cinque nemici in vita.
La mano destra reggeva la pesante desert eagle, cinque proiettili per caricatore; la sinistra la lama sinistra del suo letale coltello.
Ogni gesto successivo era come un conto alla rovescia: senza esitazione, l'indice premette il grilletto; non vide nè la fiammata dello sparo che fuoriusciva dalla bocca di fuoco nè il carrello metallico che scattava all'indietro mentre il rinculo faceva impennare il suo polso fermo. Tutta la sua attenzione era focalizzata sul cranio del Korps che gli stava dinanzi.
Uno, pensò. Spostò la linea di tiro di pochi centimetri, mirando ora alla fronte di un secondo avversario. Colpì di nuovo. Due.
Si trattava dei nemici più esterni, coloro che si trovavano più vicini al margine sinistro del sentiero: se voleva riuscire nella sua personalissima missione di recupero, doveva tirar fuori da quella gabbia i tre prigionieri. Fu fortunato: qualcosa deconcentrò i suoi bersagli, ed il primo nemico cadde a terra privo di vita con un enorme foro nella testa. Il secondo fu più scaltro, poichè il suo secondo assalto, accompagnato da un perentorio « LEVATI. », non riuscì a penetrare le sue difese. Il pugnale affondò invano nella muraglia protettiva del Korp, gettandolo indietro come un fastidioso moscerino.
Lo stavano circondando, e lui doveva agire in fretta se aveva cara la vita. Mollò a terra il pugnale, afferrando poi la flashbang che portava anch'essa alla cintura; certi usi sono duri a morire, ed il suo vecchio equipaggiamento tattico veniva utile persino su un mondo completamente diverso come quello in cui si trovava.
La granata accecante venne rilasciata levando la spoletta metallica di sicurezza, generando un lampo di luce così intenso che anche Vaairo dovette chiudere gli occhi per evitare di finir vittima del suo stesso piano; aveva pochi istanti, e doveva sfruttarli al massimo: approfittando della cecità generale, sparò nuovamente ai Korps che lo circondavano, questa volta bersagliando le zone genitali dei suoi avversari. Tre. Quattro. Si trattava sicuramente di una tattica meschina e crudele, ma conosceva la naturale resilienza dei corrotti di RottenHaz ed era molto facile che si stessero riparando il volto per via del flash improvviso.
E poi, ehi, cinque contro uno - la cavalleria ed il buon duello vanno sempre a puttane in quel genere di situazioni, e lui di certo era tutto meno che un bel lord cavaliere. Ser Vaairo di Stocazzo. Suonava ridicolo anche solo a pensarci.

« Avanti, fate del vostro peggio. », provocò il mercenario. Doveva catalizzare la loro attenzione altrove, poichè la sua tattica stava agendo su tutto un altro livello: l'avatar d'ebano di Valeria aveva preso forma dal pendaglio di tormalina che la ragazza gli aveva donato tanto tempo addietro, ed ora stava tempestando la porta della prigione mobile con i suoi pugni di pietra per liberare i tre all'interno.

Qualcun'altro, però, la pensava diversamente.
« ORA BASTA! », sbraitò il comandante del manipolo. Burk era un energumeno arcigno e iracondo, e ne aveva avuto abbastanza di prenderle per quel giorno. Così, esattamente come aveva fatto Ragnar Takevada, si trasformò - e Vaairo ebbe paura. La sua pelle venne come ricoperta da una sostanza chitinosa nera e pulsante, quasi un esoscheletro di malvagità che lo avvolgesse come un soffice manto. Lame ossee spuntarono dalle braccia cozzando tra loro con uno stridìo mortifero, e il nuovo furore che lo stava possedendo dilagò come un vento inarrestabile nei suoi uomini plasmandoli a sua immagine.
Per pochi istanti, Vaairo rivivette il terribile combattimento sostenuto nel seminterrato della casa di Elias l'usuraio. La furia, il sangue, il dolore. Le fiamme... Il mondo che cadeva in pezzi, implodendo in se stesso avendo misero riguardo per i poveri mortali che vi abitavano; Floki che cadeva inerme, mentre Morpheus li salvava tutti.

Le cicatrici sul torso sembrarono bruciargli ancora, rinnovate da un fuoco invisibile che gli rodeva le viscere. Ciò che stava provando era puro e semplice terrore, ma, avendo passato la vita intera a rannicchiarsi nella paura di qualcosa, strinse i denti ringhiando. Non avrebbe lasciato loro il piacere di vederlo tremante e disorientato - aveva una missione da portare a termine.
L'instinto lo salvò dall'esplosione oscura scatenata da Burk, proteggendolo con una barriera di pura determinazione dall'energia venefica sprigionata; non fu così fortunato con il Korp trasformato che, giusto un attimo prima, si era preso una pallottola nelle mutande. L'attacco di Seuldorf lo ghermì al trapezio sinistro, parzialmente vanificando il suo disperato tentativo di schivata. Quei tizi posseduti ora erano diventati veri demoni della guerra, e la razionalità aveva rapidamente fatto posto alla frenesia nella mente del mercenario: afferrò il suo avversario per il collo, ghermendolo con la sua enorme mano. Non stava davvero tentando di strangolarlo - o forse sì, ma senza grande successo -, quindi decise di cominciare a colpirlo furiosamente alla tempia con il calcio della pistola, in una patetica speranza di sfondargli il cranio. Era tutto molto confuso e casuale, ma aveva dovuto arrangiarsi come meglio poteva. Il Korp rimase solo stordito dall'assalto del mercenario, lasciando tuttavia a questi quell'attimo di respiro che gli fece notare un paio di cosette:

primo, la gabbia era divelta, ed i prigionieri liberati - ben fatto, Valeria!;
secondo, il comandante delle truppe del Beccaio aveva ammazzato l'anziana ed indifesa donna all'interno della cella - fottuto bastardo crudele!;
terzo, l'incantevole elfa si era trasformata in un bonsai incazzato sotto steroidi.

Doveva ammettere che si trattava di uno spettacolo inconsueto, ma non poteva restare lì a fare la bella statuina e guardare: anche lei stava combattendo contro un Korp, ma era disarmata. Vaairo non conosceva le sue abilità fisiche: lui un CQC poteva sostenerlo anche disarmato; lei, forse, no.

« Tu! Pianta! », gridò, gettandole il suo secondo pugnale dopo averlo estratto dalla fondina segreta al polpaccio sinistro.
La sua insperata alleata, fortunatamente, lo comprese - evidentemente lo status vegetariano-berserk non obnubilava le sue cognizioni. La "picca" volò nelle mani della driade quasi al rallentatore, come in quelle scene da film hollywoodiano d'azione in cui viene gettato l'ultimo proiettile all'eroe per finire il cattivo in extremis.
Accadde qualcosa del genere, in effetti: Vaairo punto la desert eagle alla testa di Tjorg e sparò il suo ultimo colpo.
Cinque; zero pallottole rimaste.

La driade, contemporaneamente, afferrò con una grazia sovrannaturale il coltello che le veniva lanciato e lo affondò sino all'elsa nella gola dell'avversario. Il gorgogliare splatter della sua trachea perforata e mezza nuca esplosa da un .44 magnum sapeva un po' di overkill, ma l'importante era il risultato - un nemico in meno di cui preoccuparsi.

Poi, Vaairo sentì il dolore al fianco mancino; non fosse stata per la concitazione della battaglia, la paura per i Korps trasformati e le bestemmie che naturalmente salgono alla bocca quando ci si fa un male cane, il mercenario avrebbe alzato gli occhi al cielo esasperato. Non accadde, ovviamente, ma il buon Seuldorf non era stato rintronato abbastanza perchè non contrattaccasse e Vaairo aveva colpevolmente lasciato il suo fianco scoperto per dare manforte all'elfa. Aveva fatto una cazzata.
Fu piacevolmente sorpreso di non esser stato tranciato in due; quel tipo doveva aver attaccato un po' alla cieca, senza crederci davvero, e non ne aveva approfittato. Peggio per lui.

« LA PAGHERETE!! »

Il grido non lo scompose - la carica sull'elfa nemmeno.

« Non oggi. », rispose spavaldo il mercenario, proteggendo la ragazza dalla carica spaventosa del soldato con il suo stesso peso fisico.
Se c'è una cosa che Vaairo non fa mai è pagare qualcosa: peccato, Seuldorf, ci hai provato. Sarà per la prossima volta. Ops, no, la driade ti ha appena incenerito la faccia e mozzato la carotide. Ahia. Mi spiace, amico. Game Over.
E lo era davvero: l'altro prigioniero aveva gettato giù dal dirupo l'ultimo Korps e l'implacabile Morpheus aveva impalato il loro comandante con quella sua super-spada ingioiellata. Per la prima volta dall'inizio della missione Vaairo credette che avessero una chance: si erano appena sbarazzati di una pattuglia senza grandi trucchi nè soffrendo più di tanto. Forse - ed era un grossissimo forse - potevano pure truffare il capostazione e viaggiare in prima classe, come dicevano dalle sue parti.
Il mercenario si rialzò lentamente: era piuttosto dolorante, ma niente di grave - poteva sopportare ben altro. Mentre Morpheus si tramutava in drago - una scena che fortunatamente aveva già visto e che non poteva ormai stupirlo più -, lui adocchiò i due prigionieri rimasti che avevano combattuto al loro fianco. L'elfa era tornata com'era prima, cioè una ragazza bellissima dai lineamenti sottili e perfetti, circondata da una chioma di capelli dal colore in continuo divenire; a giudicare da quel che era diventata mentre era preda dell'ira, doveva trattarsi di una guerriera druidica o qualcosa del genere - una da non contraddire. Per qualche istante Vaairo si domandò se mangiare vegano donasse quell'effetto assurdo, ma poi l'allettante pensiero lasciò il posto ad una ricca grigliata in riva al lago, e gli venne fame.

« Giornataccia, eh? », commentò quasi imbarazzato. Era molto figo fare le presentazioni dopo aver allegramente spillato sangue tutti assieme, ma ehi, qualcuno il ghiaccio doveva romperlo.
« Se non fosse stato per voialtri lo sarebbe stata. », rispose l'elfa, ritornandogli il pugnale che Vaairo le aveva lanciato per difendersi da Tjorg. « E' una vera fortuna che siate passati dal Midgard... »
« Io sono Fanie, la donna che ha perduto la vita si chiamava Cashka e lui è... »
« Shimmen della famiglia Kasumaki. », rispose l'altro, un guerriero fatto e finito dalla foggia orientale e lo sguardo truce: il genere di samurai strafigo che segue il bushido e che, se volesse, ridurrebbe il rissoso Vaairo in cubetti per la bourguignon. Aveva sempre più fame, si nota?
« Io sono Vaairo Bloodrunner, », risponse il mercenario. Indicà poi Floki e lo presentò agli altri. « lui è Floki Grimher e il nostro draghetto lo conosci già. Siamo tutti Goryo di Taanach, ma non ci trovavamo qui per caso. »
Prese a sistemare il suo equipaggiamento: pulire i pugnali, riporli nelle guaine di cuoio, cambiare il caricatore alla deagle... Tutti gesti meccanici che accompagnavano la discussione tra Shimmen e Morpheus, tornato con le armi dei due finite disgraziatamente in fondo al crepaccio insieme al cadavere di George.

« Si tratta di una missione suicida; sappiatelo. Il Beccaio si aspetta una nostra visita, quindi non riusciremo a coglierli completamente impreparati. Ogni trucco qui può fare la differenza tra la vita e la morte. » Tacque per un istante, poi accennò alle loro cavalcature, più avanti lungo il sentiero. Vaario parlava tranquillamente, quasi con rassegnazione: non sembrava, ma il combattimento lo aveva sfiancato - soprattutto perchè non era il primo con i Korps e quell'avventura ne avrebbe visti molti altri. « "Non c'è biasimo nel rifiuto. Questa non è la vostra battaglia. »

Fanie ora sembrava davvero seccata. Sia la sua voce che il suo volto erano incrinati dall'astio nei confronti del guerriero, che probabilmente non era un suo compagno come inizialmente aveva supposto. In effetti non c'erano proprio basi per pensare che lo fossero, ma semplicemente vedendoli assieme aveva fatto questa ipotesi - sbagliando. Tanto per cambiare.

« Shimmen, hai già fatto abbastanza errori uccidendo Eruvanyë, se vuoi scappare è il caso che cominci a correre. Dopo quello che ho passato, che ho visto, che ho provato, non penso che avrò pace finchè Viktor non sarà cancellato dalla faccia della terra. Qualsiasi sia la vostra missione, qualsiasi sia lo scopo, se danneggia Viktor, io sono con voi. Vi devo la vita, è il minimo che possa fare per ripagarvi. »

Shimmen domandò poi lumi sui Korps: evidentemente proveniva da zone della terra ancora incontaminate dal dominio del Beccaio - il che era confortante, poichè pensare che esistessero ancora regioni incolumi dalla sua ambizione era un bel pensiero per un eventuale pre-pensionamento.

« Viktor von Falkenberg è detto il Beccaio, signore del castello volante di RottenHaz e dei Korps, il suo esercito personale. n tempo era un uomo, credo - ed anche un Goryo. Ma è cambiato molto da allora. Ha sfidato apertamente i signori del Clan e, a modo suo, ha vinto. Il suo dominio di terrore ora appesta completamente il meridione di Asgradel, ma si sta spostando a nord. Io e Floki abbiamo combattuto contro molti di loro, ma l'unico che ha lottato direttamente contro Viktor è stato Morpheus. Ad ogni modo, non è un nemico che possiamo sperare di sconfiggere. E' puro male. »

Le storie sul Beccaio erano ben chiare al riguardo. Uno che aveva schiacciato sia Shivian che l'introvabile Hyena non doveva essere un gattino indifeso...
Lasciando da parte quell'allegro discorso, il mercenario cominciò a ricomporre il corpo della povera Cashka. Lui non la conosceva, ma se per Fanie doveva aver significato qualcosa, allora doveva essere una buon'anima; il codice criminale non gli consentiva di lasciare la sua salma così, alla mercè di sciacalli e condor, disseppellito come un brigante qualsiasi; non c'entrava nulla la religione, qui: molti pensano che si debbano sotterrare i defunti per una lunga serie di ragioni - continuità con la terra; decomposizione del corpo in nutrimento per il terreno; vicinanza con il cuore del pianeta; pietra miliare per i posteri; semplice decenza; rimedio anti-resurrezione zombie...
Per lui si trattava di semplice rispetto. Nient'altro contava.

« SHIMMEN! Si può sapere cosa diamine vai blaterando? Io sono un'elfa di quasi ottant'anni e non ho mai usato frasi astruse come quelle per giustificare la mia codardia!
[...]
»

Vaairo si perdette rapidamente nel discorso di Fanie, che stava strillando furibonda da dentro la gabbia - peraltro, gran bel piano quello; prima di tutto capiva meno di zero ciò a cui la ragazza stesse facendo riferimento. Tipo, chi cazzo era la Dama d'Oriente? Per evitare figuracce, il mercenario aveva tenuto la testa bassa e le braccia all'opera, ma il primo commento l'aveva fatto trasalire.
« Ottant'anni? » Vaairo alzò la testa stranito, poi guardò l'elfa stralunato. Alla fine, realizzò. « Ottanta? » mormorò, piuttosto sconcertato. Non era per nulla abituato alla variegazione razziale - nè alla longevità degli elfi. « Cazzo, sono un moccioso... »

[...]

Alla fine, Shimmen non fu dei loro. Non aveva motivo di avventurarsi nella morte per salvare una sconosciuta - non poteva biasimarlo davvero. Se non ci fossero state mille faccende personali coinvolte, probabilmente neanche lui avrebbe rischiato. Alla fine, tuttavia, tutti i fili del destino convergono verso un punto preciso ed i nodi vengono al pettine, come si suol dire. Il qui e l'ora erano sempre contati tantissimo per il povero Vaairo, che faceva sempre di necessità virtù, e lamentarsi non avrebbe cambiato la situazione. Era in una gabbia con una bellissima elfa; si fingeva prigioniero; stavano dirigendosi ad una cava di nemici per salvare una ragazza forse già morta e che probabilmente neppure era là; era dolorante in svariati punti del corpo; aveva fame; era invischiato in quella storia in così tanti livelli di casino che a pensarci gli veniva la nausea.
Era (ancora) vivo.

Non male per un giorno di metà settimana.


Status: danno da lacerazione Basso al trapezio sinistro, danno Basso al fianco sinistro, mana 75%
 
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Lenny.
view post Posted on 28/11/2013, 14:37




Azure's whisper ~ il richiamo della speranza


Procedettero sino all'incedere della sesta ora, quando il sole era ormai ridotto a un bulbo cremisi risucchiato dall'orizzonte. Fanie e Vaairo giacevano rinchiusi all'interno della gabbia, portando ai polsi le corde legate in nodi fasulli, in grado di sciogliersi con un semplice scatto delle braccia. Alla guida del carro, Floki e Morpheus, gli elmi a calotta stretti bassi sul capo, la pelle che fuoriusciva tra questi e la giubba nera di sangue ormai secco e incrostato. Una pantomima accuratamente studiata, che tuttavia possedeva sin troppe incognite dettate dal caso per essere considerata sicura.
Avevano studiato quel piano durante il tragitto. Sarebbero penetrati all'interno delle Fosse Grigie, per liberare la povera Azure. Una ragazza bionda dagli occhi color cobalto, disse Morpheus, di una bellezza assolutamente non indifferente, specie in un ambiente infestato dalla feccia del Beccaio. E loro dovevano salvarla da quella feccia il prima possibile. La rapidità e la cautela erano dei fattori essenziali per la riuscita del piano. Se tutto fosse andato bene, intimò Floki, non si sarebbero scontrati con nessuno dei Korps. Anche perché i reiter erano semplicemente troppi -decine e decine- perché loro avessero la benché minima possibilità di scamparla. Ecco il perché del travestimento, della pantomima, della cautela. Dalla loro parte avevano solo il fattore sorpresa.
E la speranza.

Presto giunsero alle Fosse Grigie.
Una vasta e profonda altura ampia decine e decine di metri, alle pendici di un monte così alto da perdersi tra le nubi. Attorno a loro non vi erano altro che strutture crollate, crateri slabbrati, e cordigliere di detriti di quello che un tempo era forse stato un villaggio, l'ennesima remota cittadina messa a ferro e fuoco dai Falkenberg Korps. E di cui ora restava soltanto uno spettacolo di sfacelo. Rovi strisciano sulla terra come artigli dal sottosuolo, strappando ai rampicanti il dominio delle rovine, mentre il vento da nord agitava i grovigli, sibilando tra le spine. Delle strutture si ostinavano a ergersi sull’altura, erose dagli elementi, di un nero assoluto contro il cielo crepuscolare. Abitazioni e mura sono state una difesa, una speranza e uno sguardo al futuro, eppure adesso anche loro parevano solo vecchie ossa spezzate. L’intera cittadina era stata sventrata, e da dentro la morte era passata. E infine, al centro di questo inestricabile groviglio di distruzione, l'entrata di una miniera.

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Un viavai caotico di figure ricurve su se stesse marciava ai lati del carro. Un centinaio di uomini, donne, vecchi, ragazzini. Corpi scheletrici ingobbiti sotto il peso di rocce più grandi di loro portate di peso sulla schiena, organizzati in file serpentesche dirette da e verso l'ingresso sorvegliato della miniera. Portavano sacche colme di rocce da cui estrarre minerali da fondere per la fabbricazioni di armi, corazze, utensili. Vestiti di stracci sotto e senza indumenti dalla cintola in su, volti ridotti a teschi, occhi vitrei privi di alcuna emozione, labbra esangui. In un tempo lontano, erano stati gli abitanti di quello e altri centri abitati assaliti nel cuore della notte da RottenHaz. Adesso erano ridotti a ben altra cosa.
Schiavi.
E tra loro, altri Korps a cavallo conducevano e riassettavano le file, mantenendo ordine e silenzio con la voce o -spesso e volentieri- con lunghe fruste a stringhe di cuoio. Ogni lamento era una scusa per gridare allo schiavo stremato un Muoviti, bastardo! o un Rialzati, non perdere tempo!accompagnati da epiteti poco gratificanti, e da una ben meno eloquente frustata sulla schiena. Spettacoli raccapriccianti di fronte ai quali Floki fu costretto a voltare lo sguardo e Morpheus a digrignare i denti. Ma a passare avanti. Completamente impotenti.
L'ago del marchingegno che Floki portava in mano, sul quale era posato il bracciale di Azure, puntava verso l'ingresso della miniera.
Lei doveva essere lì dentro, da qualche parte.

« Alllt! »

Quando il carro si accostò a una baracca posta alle pendici della miniera, una delle due guardie all'ingresso fermò il cavallo, prendendolo direttamente per le redini. Lanciò uno sguardo torvo ai due nella gabbia, per poi rivolgersi ai due alla guida con voce dura.

« Ve la siete presa comoda, Dekker vi aspettava da un pezzo. »

Il reiter sogghignò, per poi dirigersi verso la baracca. Si trattava di una vecchia e grande abitazione in legno, evidentemente rimessa a nuovo come uno dei centri organizzativi delle Fosse Grigie.

« Non è molto intelligente far incazzare il caposquadra, accidenti a voi. »

Morpheus e Floki si scambiarono uno sguardo, per poi voltarsi verso i due finti prigionieri. Floki diede un lieve cenno del capo verso la baracca facendo intendere che c'erano molte probabilità che questo caposquadra Dekker avesse visto Azure, e che sapesse dove si trovava.
Il reiter tornò dopo neanche un minuto, fiancheggiato da colui che doveva essere il caposquadra. Era un vecchio basso e tarchiato, dal volto olivastro incorniciato da una folta peluria rossiccia simile a un groviglio di spine. Il ventre gonfio come un otre soffriva stretto dentro la giubba di cuoio, ben più ampia rispetto a quella dei compagni. Doppio, forse triplo mento sotto una faccia rugosa e bitorzoluta, colma di chiazze da problemi di fegato. Radi capelli simili
a stoppa scompigliati sul cranio pressoché calvo. Labbra violacee simili a vermi rigonfi.

« Due giorni di ritardo! Attendevo la consegna di Burk da due maledetti giorni.. »

Abbaiò rivolto a Morpheus. Strinse le palpebre, minaccioso e insospettito, puntandogli contro un indice accusatorio.

«..ma che fine ha fatto Burk? E tu chi cazzo sei? »

« Burk è morto. Il mio nome è Morph, e io prendo il suo posto. »

La risposta di Morpheus fu rapida e sicura. Il drago non si fece cogliere da alcuna esitazione, rispondendo con tono ugualmente minaccioso al caposquadra.

« Un'orda di pelleverde ci ha attaccato durante la strada. Questa è la ragione del nostro ritardo e dell'assenza permanente di Burk. La cosa ti crea problemi? »

Dekker assottigliò lo sguardo, come cercando di studiare il giovane Morph. Passarono alcuni secondi di silenzio. Una stasi dura come la stessa roccia che le file di schiavi trasportavano tutt'attorno a loro. Alla fine, il caposquadra esplose in una grassa risata gracchiante.

« Aahahahah..Aspettavo la sua morte da anni, e ora quel figlio di puttana continua a tormentarmi dall'aldilà. Solo un uomo e una donna...così misera questa consegna? »

Morpheus fece spallucce.

« Le merde dei Pelleverde, te l'ho detto. »

« Va bene..li porto dentro, che gli do un'occhiata. Voi aspettate qua. »

Morpheus si strinse nelle spalle, mentre Floki smontava da cavallo e andava ad aprire la gabbia. Lanciò uno sguardo denso a Vaairo e a Fanie, strattonandoli teatralmente per farli scendere dalla gabbia. Le loro armi si trovavano in una sacca attraccata a lato del destriero. Avrebbero potuto strappare i legacci e riarmarsi in qualsiasi momento, se fosse stato necessario. Ma quello non era il momento. Fanie e Vaairo furono trascinati da Dekker all'interno della baracca. Floki e Morpheus restarono fuori, in compagnia delle due guardie. In attesa del ritorno dei due "prigionieri" da scortare dentro la miniera.

L'interno dell'abitazione era costituito da un solo, ampio antro quadrangolare dominato dalla polvere. Al centro, un tavolo rettangolare divorato dai tarli e quattro sedie sulle quali, ovviamente, Dekker non permise di sedere i due. Sulla superficie del tavolo era spiegata una lunga pergamena raffigurante una mappatura aggrovigliata, quasi certamente raffigurante la miniera interna. Un pugnale infilato di traverso, dritto nel tavolo, teneva punto fisso su una delle vie della mappa. A lato di tutto questo, una bottiglia mezza vuota contenente un liquido grigiastro di natura forse alcolica, dato che la prima cosa che fece Dekker fu bervi a canna, ingollando un paio di sorsate.
Quando terminò tirò un lungo e stanco sospiro, per poi fissare Vaairo dal basso verso l'alto. Lo sguardo critico di chi valuta un utensile più che una creatura.

« Che spreco, tu potresti stare benissimo nella fortezza. Ma pazienza...penso di poterti ficcare nel settore quattro. Da oggi, tua madre sarà una parete di pietra e la tua amante un piccone. Se non lo sai usare meglio che impari in fretta, o non avrai vita lunga qui, eheh. »

Commentò acido, prima di spostarsi su Fanie. Gli occhi di Dekker brillarono di una luce sinistra e lasciva. Si passò la lingua bulbosa sulle labbra già sbavanti. Era da tempo che il caposquadra non vedeva un pezzo così pregiato. E prima di gettarlo in balia delle Fosse Grigie, aveva tutte le intenzioni di collaudarlo.

« A proposito di amanti.. » La mano grassoccia del caposquadra andò alla gota di Fanie. Un tocco che voleva essere una carezza, ma risultò qualcosa di grottesco. Le dita scesero lungo il collo, e poi lungo il busto, minacciando di diventare ben più curiose, se l'elfa non si fosse inventata presto qualcosa.

« ..quale colpa condanna una bellezza del genere alle miniere? »



QM POINT: La situazione è abbastanza chiara, e la reputo molto interessante.
Vi trovate al cospetto di un caposquadra che potrebbe sapere dove si trova Azure. Voi siete "prigionieri" al momento disarmati, i polsi legati dietro la schiena con un nodo finto, tanto che basterebbe un secco scatto braccio per scioglierlo. Sul tavolo è presente una mappa (probabilmente delle miniere) tenuta fissa da un pugnale infilato di traverso. Dekker ha in mano la bottiglia.
Recuperate il 20% di energie entrambi, e Fanie il Basso psionico.
Mi sembra già abbastanza descrivere l'arrivo e la situazione attuale. Terminate il post con la reazione dei vostri pg alle parole di Dekker, mentre il prossimo giro sarà fatto più in confronto che qui. Vi ricordo che all'ingresso della baracca ci sono due guardie e ovviamente tutt'intorno altre decine di Korps. Potete dialogare e agire come desiderate ma non siate autoconclusivi. Avete 5 giorni di tempo.

A voi ^^


Edited by Lenny. - 28/11/2013, 15:15
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 29/11/2013, 20:47





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Qualcuno in quelle terre raccontava una storia, per quei pochi sfuggiti alle grinfie artigliate e venefiche dei Korps, per descrivere la situazione in cui versava quello spicchio di mondo. Lo ricordo ancora, passato da voce in voce, quasi monito a perenne memoria di ciò che era stato:

"Muore il vecchio e muore il sovrano, muore il bimbo col piccone in mano, muoiono i malvagi e le persone piene di guai... ma i Falkenberg Korps non si fermano mai."



Le Fosse Grige. Nessun nome al mondo sarebbe mai potuto essere più azzeccato e coerente di quello. Durante il viaggio mi era capitato di appisolarmi involontariamente: la sicurezza di essere finalmente tra amici mi donava quel minimo di serenità che mi serviva per recuperare ben due giorni di quasi assoluto terrore. Per forte che mi fossi dichiarata e mostrata nella mia anima c'erano svariate ferite che solamente con la compagnia giusta ed il tempo adeguato avrebbero trovato risanamento. Ma già quando all'orizzonte iniziarono a delinearsi le rovine di quella che doveva essere una città, il mio cuore tornò ad agitarsi e scalciare.

Quel luogo doveva essere uno degli ultimi avamposti d'umanità prima delle immense e devastanti distese prive di vita del Midgard. Ed i Korps non avevano avuto certo rispetto per il coraggio di quei pochi che si erano azzardati tanto lontano dalla civiltà, tutt'altro, avevano distrutto tutto e trasformato l'intera zona in una grottesca serie di miniere, di campi di lavoro e, ne potevo quasi sentire l'odore permearmi le narici, di fosse comuni.
Il numero di vite perdute doveva essere esorbitante, a giudicare da come erano trattati i lavoratori la cifra raggiungeva agevolmente i due zeri... e quel rumore, cadenzato ed allo stesso tempo aritmico e disturbante, frutto di migliaia di mani che scavano, colpi di piccone, rocce sgretola ed urla... quello, stavo imparando, era il suono della disperazione.

Azure; se non fossi stata in quel luogo per liberarla da una sorte peggiore della morte, probabilmente, sarei corsa fino a Basiledra senza fermarmi, a costo di morire, pur di scatenare qualsiasi persona in grado di brandire un'asse di legno contro i Korps... e liberare quella gente. Ma non era il momento, dovevo restare calma e non dare di testa nonostante ciò che ero costretta a vedere. Più e più volte desiderai distogliere lo sguardo ma non lo feci, volevo costringermi a guardare quanto in basso la corruzione umana poteva raggiungere, cosa era in grado di fare a persone innocenti per la sola voglia di distruzione. Volevo fomentare in me quella fiamma di libertà e di giustizia ed ogni persona, ogni volto che vedevo dalle sbarre nere della mia cella, rinvigoriva quel fuoco come legna secca. Serrai le mani, falsamente legate dietro la schiena, contro una sbarra della gabbia stringendola tanto forte da far gonfiare le vene dell'avambraccio: era il mio solo canale di sfogo quello, l'unica maniera per lasciare scivolare via la rabbia senza attirare l'attenzione.
Avrei voluto, eccome, liberarmi e iniziare una lotta suicida con tutte quelle belve, mietendoli come grano maturo sino al nuovo sorgere del sole, ma a cosa sarebbe servito? Alla morte di tutti noi, di molti degli schiavi e alla fine della nostra speranza di salvare Azure. Più vivevo nel mondo degli uomini e più comprendevo, passo passo, quando fosse importante dosare le azioni: pur non essendo lenti e riflessivi come gli elfi, anche gli uomini avevano una consecuzione temporale di eventi a cui attenersi... se avessi agito d'impulso, selvaggiamente, come voleva la mia parte selvatica, forse avrei permesso a pochi di fuggire, sacrificando però la speranza di molti. Altre sì, attendendo e soffocando quel devastante desiderio di vendetta, forse alcuni avrebbero sofferto, morendo da schiavi, ma molti, molti altri avrebbero ottenuto la loro libertà. Era solo questo a mandarmi avanti, a capo chino, in religioso silenzio seduta accanto a Vaairo.
In altre circostanze, forse altri luoghi, il nostro incontro non sarebbe stato così veloce e grezzo. Distraendomi da quei pensieri nefasti, per qualche istante, mi ripromisi di invitare quel giovane a Basiledra, per fargli ammirare la cattedrale di marmo, i mercati cittadini e le piazze piene di fanciulli dediti al gioco ed alle risate. Forse, così facendo, anche l'atmosfera cupa che regnava sul nostro piccolo gruppetto si sarebbe dissipata.
Guardavo, di quando in quando, Morpheus e Floki conciati in una maniera a dir poco grottesca cercando di capirne i sentimenti, provando ad andare oltre quell'apparenza di calma e tranquillità che, invece, sembravano palesare. La terribile verità, forse, era che quei miei tre salvatori, ed attuali compagni nell'epica impresa, altro non erano che abituati a ciò che stavano vedendo, sentendo, provando. Una piccola parte di me, inaspettatamente, diventò più triste.

[ ... ]

Il nostro viaggio ebbe fine al cospetto di una guardia che, quasi indispettita dal nostro arrivo, andò a chiamare tale Dekker, un uomo la cui sola visione mi fece quasi venire il voltastomaco. Doveva essere lui il caposquadra dei cantieri minerari, la cosa non mi sorprese poi molto data l'evidente nullafacenza che lo aveva portato all'obesità ma, soprattutto, al fatto che ogni cosa in lui mi ricordava un cadavere rimasto troppo tempo senza degna sepoltura. Decomposto.
Risposi con il solo sguardo al cenno di Floki, in realtà la mia attenzione era focalizzata su Vaairo e sulla grande incognita che si stagliava sul nostro futuro. Lasciai che Floki mi spintonasse, accentuando quel gesto con un sonoro gemito di disapprovazione, doveva essere tutto reale, una perfetta rappresentazione teatrale.
Quando i nostri compagni scomparvero dal mio sguardo, costretta da quel lurido ad entrare in una specie di tugurio che un tempo doveva essere stato un magazzino o forse una casa molto povera, il cuore iniziò a rallentarmi, quasi come se mi stesse avvertendo di fare attenzione a come reagivo ed al fatto che essere impulsivi avrebbe significato, nel bene o nel male, la mia morte prematura. Senza appello.

Immediatamente notai la mappa sul tavolo, conscia della sua importanza ed allo stesso tempo sconfortata dall'impossibilità di raggiungerla. Dekker si mise a tracannare alcolici, cosa che non trovai affatto strana, disgustandomi ancora di più, iniziando a scrutare Vaairo al pari di una bestia: sembrava quasi che stesse decidendo se indirizzarlo a lavoro, al macello o semplicemente abbatterlo per lasciarlo divorare dai vermi. Digrignai i denti per la rabbia, badando bene a tenere le labbra chiuse per non mostrare quel brutto accenno d'ira. E poi passò a me.
Oh, se avrei voluto torcergli il collo dieci volte, quando lo vidi passarsi la lingua sulle labbra nemmeno fosse stato davanti ad un succulento banchetto. Cercai di ritrarmi dal suo tocco, lo schifo ed il disgusto che provavo stava letteralmente toccando il culmine della mia sopportazione, ma ero consapevole di non potermi liberare le mani senza scatenare una battaglia in cui, sfortunatamente, sarei uscita perdente.
Cosa potevo dirgli? Non potevo tacere, no, dovevo assolutamente fare in modo che smettesse di toccarmi e, soprattutto, fargli prendere talmente tanti dubbi su quanto stava facendo che, inavvertitamente o meno, mi sarebbero giunte le notizie che cercavo. Iniziai a parlare, non con un vero e proprio piano in mente, ma semplicemente per evitare di sentire a lungo quella sua pelle ruvida come il legno a contatto con la mia.
Mi scostai appena, facendo mezzo passo indietro senza troppa convinzione.

« Vuoi sapere perchè sono qui? Farò un riassuntino, sperando che tu sia più sveglio di quei due là fuori. » presi a parlare col tono più severo che la mia emotività mi permetteva, facendo molta leva sulla rabbia che provavo dentro, sperando che mi sostenesse ed allontanasse il demone della paura che si era insinuato, di soppiatto, nel mio cuore. « Ho ucciso mia sorella. Per meglio dire, mia sorella corrotta dal Beccaio in persona, ed ho ingaggiato lui... » guardai Vaairo negli occhi con una veleta richiesta di sostegno. « ...per aiutarmi. Chiaramente non era da sola, con lei c'era quel tizio idiota, Burk, a cui Viktor aveva dato ordine di portarmi qua in attesa del suo arrivo... poi è morto, da perdente quale era, e quel Morph non ha capito niente, consegnandoci a qualcuno come te. » lo guardai fisso negli occhi, riversando tanta di quella rabbia che, quasi, credetti di iniziare a piangere lacrime di sangue. Lo odiavo, maledizione a me se lo odiavo. Ed odiavo anche quello che era stato fatto a Eru e a Cashka, ma non potevo fare altro che sperare e pregare dentro al mio cuore che quel maiale cadesse nel mio tranello.
« Il nome di mia sorella era Eruvanyë, e la mia punizione sarà quella di prendere il suo posto a fianco del vostro comandante supremo. » strozzai il mio odio, costringendomi a tenere un tono normale.
« Ora... puoi continuare quello che stavi facendo, conscio che quando Viktor lo scoprirà ti strapperà gli arti costringendoti a vivere come busto tutta l'eternità, oppure portarmi dovunque voi abbiate la cortesia di tenere gli ospiti più importanti. » inclinai un poco la testa.
« Potresti farci bella figura, non essere stupido come i tuoi colleghi qui fuori. »
Avrei, forse, dovuto sorridere per dare maggiore enfasi a quella frase, ma non ci riuscivo. Mi sentivo sporca anche solo per aver usato il nome di mia sorella assieme a quello di Viktor, nella stessa frase, figuriamoci alla sola idea di doverlo servire vita natural durante. No, dovevamo trovare Azure e fuggire il più presto possibile da quel luogo.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso da ustione. (Diffuso)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Speranzosa -> Furiosa -> Determinata.
Energia: 55% + 20% = 75%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[N/D]

~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Nel carro]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Nel carro]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ////

Note:
Fanie prova grande rabbia per tutto ciò che vede, eppure si morde la lingua. Sfrutta una mezza verità per cercare di far sorgere il dubbio in Dekker, dicendo da una parte la realtà dei fatti e dall'altra inventandosi nella maniera che a lei sembra più plausibile, un motivo per essere "speciale" agli occhi di Viktor. Così facendo spera di essere portata in un luogo vicino se non nel medesimo di Azure ed allo stesso tempo di far prendere abbastanza paura a Dekker per non essere violata ulteriormente. L'unica cosa che potrebbe aiutarmi è la mia passiva da avatar ma sospetto che non sia troppo efficace sui Korps! Spero che comunque piaccia la mia scelta d'azione!
 
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view post Posted on 1/12/2013, 22:03




( Midgard Centrale, Fosse Grigie )

« ... »

Vaairo rimase semplicemente zitto. A volte, commentare non è necessario: gli erano bastati una manciata di fugaci sguardi sulla miseria che ricopriva quel campo di lavoro per capire che, davvero, non c'era nulla da vedere. Poteva sembrare codardo e meschino, ma se c'era qualcosa che il suo orgoglio non era mai riuscito a piegare era la sua tendenza a "guardare da un'altra parte". Il fatto che il pensiero cosciente di questa azione lo mandasse puntualmente in bestia era un altro paio di maniche: il mercenario era effettivamente infastidito davanti a quel triste spettacolo di puro e semplice schiavismo, ribadito dal suono schioccante della frusta e del ritmico eco del piccone sulla roccia, giù lungo la cava nera.

Ma non erano affari suoi - e, soprattutto, gli portava alla mente ricordi dolorosi.

Le Fosse Grigie sembravano tanto la vecchia miniera di Kimberly. Stesso contesto, stessi volti rilassati; praticamente, una località turistica - un bel bagno penale.
Vaairo era stato trasferito lì durante la sua prima condanna minorile, a quindici anni: sette mesi di terribile agonia. A Kimberly faceva molto più freddo, perchè si trovava molto più a settentrione rispetto al suo quartiere natale, il Bloodrunner, che già caldo non era. Immersa nella taiga boreale stava la grande buca che prendeva il nome dal villaggio che vi sorgeva accanto: un ammasso informe di baracche per i sorveglianti e dei dormitori comuni per i giovanissimi detenuti. Avevano tutti le dita e le unghie nere, lì, perchè a Kimberly si estraeva il carbone; nonostante cominciasse ad essere un combustibile datato - gli idrocarburi stavano soppiantando il mercato - il loro grande paese non aveva il denaro sufficiente per aggiornare la tecnologia dei suoi vari impianti. Solo qualche fabbrica d'industria pesante poteva permettersi certi motori scintillanti: loro si arrangiavano con i vecchi metodi tradizionali.
Solo che laggiù si stava di merda, e dubitava che i Falkenberg Korps fossero aguzzini più clementi dei secondini di Kimberly.

Per qualche istante, Vaairo rabbrividì scosso da sudori freddi: si stava cacciando in un vecchio incubo, procedendo quasi del tutto a tentoni; ogni fibra del suo corpo gli urlava di levarsi di torno, di cercare riparo e abbandonare quella follia. Il semplice pensiero che lo stava facendo per qualcosa di concreto, qualcosa che aveva finalmente deciso di perseguire, non lo aiutò affatto.

Concentrati, si disse. Pensa ad altro.

Rivolse lo sguardo all'enorme montagna che li sovrastava: difficile che là sotto tirassero fuori del carbone. Poteva essere ferro - molto facile fosse ferro -, o zinco, o rame. Per trovare argento ed oro di solito c'era bisogno di acqua, e non ne aveva vista neppure una goccia. Magari, i poveri abitanti di quel villaggio raso al suolo appena attraversato avevano fatto un ben triste jackpot, e là sotto si trovava un mucchio di diamanti nascosti nella cavità di un vulcano inattivo. Vaairo non conosceva affatto il Midgard, nè d'altro canto la geografia del mondo umano gli era nota: quel luogo poteva trovarsi ovunque ed essersi formato dopo una scoreggia di arcimago particolarmente pestilenziale, per quanto ne sapeva. Possibile, quindi, che quello fosse un vulcano - e là sotto vi fossero gemme.

Mentre rifletteva tra sè e sè di tali oziosi argomenti, la loro minuscola carovana si fermò e venne gentilmente accolta da alcuni Korps di guardia. Il calore con cui i cani di Viktor abbracciava i propri uomini era così leggendario che Vaairo non avrebbe potuto sognare un benvenuto migliore, quindi evitò direttamente di seguire la scena, cogliendo giusto quelle informazioni necessarie per la loro missione - Dekker, Azure-là-dentro, e via discorrendo. Nel cuore del mercenario regnava uno strano fatalismo che lo stava facendo scadere nel sarcasmo da quattro soldi, e quando se ne rese conto sussultò visibilmente. Fu una fortuna che in quell'istante facesse la sua apparizione il corpulento, schifosissimo caposquadra: avrebbero potuto prendere quella sua reazione come sommesso terrore - o come singhiozzo da "saliva di traverso"; l'effetto era identico.
Idiozie a parte, la loro situazione stava vertendo dal "mischiamoci con la manovalanza della miniera" a "stupro": Dekker infatti, dopo averli condotti nella baracca che teneva come ufficio dirigenziale, li valutò per bene con sguardo clinico e labbro macchiato da ubriacone incallito. Per quanto quest'ultima fosse una caratteristica che Vaairo generalmente apprezzava nelle persone (purchè condividessero), il fatto che avesse preso a palpeggiare Fanie e scrutarla con lo sguardo da cane arrapato non aiutò la sua causa.

L'elfa, ovviamente, non la prese bene.

Al mercenario salirono alle labbra almeno quattro commenti piuttosto sagaci ed incredibilmente intelligenti, almeno per la sua media, ma propendette per un annoiato silenzio; si sentiva in qualche modo imbarazzato: doveva difendere la ragazza o lasciare che fosse lei a rimettere il Korps al suo posto? Insomma, era tenuto a fare il cavaliere in quel frangente? Non farlo significava apparire scortesi e dimentichi delle buone maniere; farlo, invece, avrebbe potuto offenderla perchè, dopotutto, pareva più che in grado di difendersi da sola...
Stava cominciando a salirgli un'emicrania epocale.

Fanie, invece, si dimostrò una bugiarda provetta: il suo fiume furibondo di parole lo investì così violentemente che quasi gli scappò una risata; comprendeva meno della metà di quanto lei stava raccontando al Korp ciccione, ma, quando venne interpellato, annuì gravemente guardando Dekker dritto negli occhi. In quell'istante, gli venne un'idea molto, molto bastarda.

« Per ciò che riguarda me, invece, », commentò non appena l'elfa ebbe terminato la sfua sfuriata
« con un piccone posso sventrare il granito, ma con un manganello posso raddoppiare la produzione in una settimana. »

Era abbastanza vero: era già stato minatore, dopotutto, e come caporeparto avrebbe potuto pungolare quei poveri disgraziati a lavorare molto più alacremente... Solo che non aveva specificato che cosa avrebbero prodotto - aveva un paio di idee piuttosto irritanti in mente, roba che faceva rima con sindacalismo, scioperi, rivolta. E, ad essere onesti, proprio non gli andava di fare il crumiro.
Mentre parlava, assunse un'aria annoiata, disinteressata, come se quella conversazione non lo riguardasse davvero.

« Comunque, reiter Dekker, Eccellenza, io sono un vostro agente dormiente nel Goryo.
Devo vedere il reiter major di stanza qui, se c'è; in alternativa, il più alto in grado.
»

Era una vera fortuna che avesse imparato quel genere di cose sui Korps - combattendoli, s'intende. Il dettaglio più straordinariamente ironico era che ciò che stava dicendo era più o meno sincero; tecnicamente, non stava bluffando.
Tecnicamente, Vaairo era la più grande faccia da stronzo nel circondario.



« Il prima possibile, Eccellenza. Se vi compiace, Eccellenza. »

Eccellenza, già.
Proprio come a Kimberly.


Status: danno da lacerazione Basso al trapezio sinistro, danno Basso al fianco sinistro, mana 95%


Edited by Drag. - 2/12/2013, 00:06
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 5/12/2013, 02:08





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Quel grassone poteva essere stupido al punto giusto, vero, ma era pur sempre un Korps che lavorava in una miniera piena di schiavi: di frasi e scuse campate in aria pur di avere qualche vantaggio ne doveva aver sentite a milioni, e a quel punto avrebbe dubitato di qualsiasi cosa senza le prove necessarie. Certo, come pretendesse "prove" sulla mia prigionia mi sfuggiva, di certo non mi avevano consegnato un foglio con su scritto "Viktor vuole corrompere la tua anima", anche se in quel caso, ammetto, mi avrebbe potuto salvare la vita. Ritraendomi, disgustata oltre maniera dall'alito fetido del Korps, iniziai lentamente a trasformarmi in driade.
Se proprio non voleva credere alla mia versione, sicuramente avrebbe dovuto credere al fatto che non ero esattamente il tipo di persona che si manda alle miniere, con quella mia particolarissima abilità. In quel momento mi voltai a cercare lo sguardo di Vaairo, più per un bisogno inconscio di non sentirmi sola che per un motivo vero e proprio.
L'adrenalina ed il dolore per tutta quella morte mi sosteneva più di quanto non volessi ammettere a me stessa: se non fosse stato per quei sentimenti così feroci e avvampanti, l'oscurità e la paura avrebbero preso il sopravvento delle mie azioni. Era come una catena di eventi, più cercavo di trarre in inganno quell'individuo e maggiore era al foga con cui recitavo la mia parte, certa che se mi fossi fermata il teatro avrebbe definitivamente chiuso i battenti, condannandomi al peggio. Prima che per Azure lottavo per me, perché per quanto Morpheus avesse organizzato un gruppo piuttosto omogeneo, non era lui a rischiare il collo... o peggio... in quella baracca con le mani, seppur falsamente, legate. Completai la mia trasformazione, consapevole anche di avere il tempo contato a causa del tramonto, caricando la dose di minacce su quel disgraziato.
« Devo darti ulteriori dimostrazioni? Temo di non avere un permesso scritto di Viktor che attesti il mio stato di prigioniera... » con un poco di ribrezzo mi avvicinai a lui piegando il busto in avanti, quasi a voler fingere un sussurro. « ...inizio a credere che tu sia stupido al pari di quei due là fuori. Non dare a te stesso questo dispiacere... ed alle tue braccia, soprattutto. »
Da quando eravamo entrati il tempo sembrava essersi dilatato all'infinito. Dei cinque, forse sei minuti che avevamo impiegato tra scendere, entrare, sorbirci lo sproloquio e inventare quella menzogna, la mia anima ne sentiva il triplo, se non di più. Ad un tratto, mentre Vaairo inventava liberamente altre scuse a cui appena riuscivo a prestare attenzione, mi venne il desiderio quasi irrefrenabile di fuggire dalla porta e scappare lontano da quel posto infame. Non mi ritenevo affatto una codarda a desiderare la fuga, chiunque sano di mente avrebbe preferito restarsene accoccolato nel proprio albero-casa, nelle foreste fuori Basiledra, anzichè in compagnia di un maniaco dentro una cava Falkenberg. Ed io, per coraggiosa che fossi, non facevo certo eccezione.

La scusa di Vaairo era più convincente della mia, e in un certo qual senso temevo che ci fosse del vero, non perché non mi fidassi di lui, dato che gli dovevo pur sempre la vita, ma per il mestiere che faceva. Era un Goryo, un mercenario di nome e di fatto, indipendentemente dagli ideali nobili e dal cuore d'oro che potesse avermi dimostrato, nel suo passato potevano celarsi delle macchie che mai, almeno per me, si sarebbero potute estinguere. Questo faceva di lui una persona orribile? No, tutt'altro, ne faceva forse una persona migliore di molte altre ma, allo stesso tempo, una molto più complessa e difficile da comprendere. Forse, alla fine di quella brutta avventura, Morpheus, Floki e Vaairo mi avrebbero offerto di andare con loro... per vedere il mondo anche fuori dalla mia nuova casa.

Purtroppo, forse per una certa resilienza alla menzogna o per una nostra scarsa abilità nel mentire, il Korps non parve apprezzare. Si irritò notevolmente, sbraitando in maniera evidentemente alterata, con noi. A costo di peccare di presunzione mi parve di scorgere un piccolo, insignificante, cenno di paura nel suo modo di fare, perché non aveva la stessa aria di arroganza che lo aveva contraddistinto sino a quel momento. Lui era il capo in quel posto, ma poteva davvero permettersi di "rovinare" qualcosa che aveva ordinato direttamente il suo comandante in capo? No, non poteva.
Una cosa l'avevo appresa dei Korps, oltre alla furia e alla loro disumana crudeltà: il loro assoluto ed incontrastato terrore di fare uno sgarro a Viktor. Era divertente vederli gonfiare il petto d'arroganza e coraggio davanti a persone indifese, bambini, donne... e farsi piccoli ed insignificanti quando la sola nomea del Beccaio giungeva alle loro orecchie. Erano tutte annotazioni che, bene o male, fluivano nella mia mente e trovavano posto in un luogo dal quale, un giorno, le avrei nuovamente tirate fuori per schiacciarli tutti quanti. Socchiusi gli occhi per evitare di guardare quell'orrore in sovrappeso mentre strillava.
Almeno una notizia buona c'era: Viktor non era in quella cava per quanto ne sapessimo.

Non appena si aprì uno spiraglio, per quanto minimo, mi avvicinai abbastanza da poter guardare la mappa: sapevo dove ci avrebbero portato e dovevo fare in modo di capire come orientarmi memorizzando nel minore tempo possibile tutto ciò che potevo. Vaairo, elegantemente, mi fece da scudo mentre osservavo la pianta.
Onestamente non ci capivo niente. L'unica cosa che mi sembrava sensata, oltre ai numeri che contraddistinguevano i settori, erano alcuni segni rossi particolarmente interessanti che non riuscivo a ricondurre a niente di logico: erano celle? Pozzi di aerazione? Non mi importava nemmeno troppo, la cosa che mi faceva piacere era che, se fossimo usciti dal settore, andando a destra e proseguendo dritti al primo bivio ce li saremo trovati l'uno in fila all'altro. Circa. Se solo avessi avuto più tempo, o se togliere quella mappa non avesse costituito un palese impiccio per noi, le cose sarebbero andate sicuramente meglio. Ma non potevamo rischiare di attirare ulteriormente l'attenzione sulle nostre persone, era come giocare al tiro alla fune sino a spezzarla, dovevamo essere molto cauti.
In quel momento, realizzando in quale guaio ci stavamo cacciando ad una velocità esorbitante, un brivido freddo mi percorse la schiena, scuotendomi sin dentro le ossa. Immaginai che se il mio corpo non fosse stato pieno di fogliame e corteccia, Vaairo mi avrebbe visto tremare. Non un tremolio soffuso, ma un tremito vero e proprio, frutto del terrore che mi causava la sola idea di farmi rinchiudere in quel posto, anche se con un fine ben preciso. Inspirai ed espirai molto velocemente per un paio di volte, riuscendo a riprendere il controllo della mia emotività, almeno per un poco.

Morpheus e Floki, eseguendo i comandi del caposquadra, si misero alle nostre spalle iniziando a scortarci. Fuori il tempo era oramai prossimo alla sera vera e propria, anche se avessi voluto le mie sembianze non avrebbero retto altro che pochi secondi. Lentamente tornai ad essere una piccola elfa dagli occhi di smeraldo, con la pelle bianca e lo sguardo torvo che mal celava uno stato emotivo piuttosto incerto.
E forse le parole di quell'uomo avevano colto nel segno, perché dove stavamo andando c'erano davvero fuoco e fiamme.
All'inferno.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso da ustione. (Diffuso)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Intimorita.
Energia: 75%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[N/D]

~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ////

Note:
Post breve di congiunzione della scena, spero che possiate comunque apprezzarlo ^^
 
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view post Posted on 6/12/2013, 23:05




Dekker era un cliente difficile.
L'aria persa del dubbio che corrode la coscienza tradiva la sua indole metodicamente gerarchica; Dekker non pensava spesso. Il reiter agiva, muoveva e faceva muovere, ma non metteva mai in moto per primo. Era, probabilmente, il gregario perfetto: abbastanza responsabile da uscire dalla massa di straccioni comuni ed abbastanza alcolizzato per non puntare i piedi sulle questioni sbagliate. Tanto per non sbagliare, tirò giù un lungo sorso di acquavite cercando conforto nei preziosi, brucianti secondi in cui il liquore scadente gli raschiava la gola e scioglieva le viscere.

Poi, ovviamente, sbraitò come un cane incazzato incatenato ad un palo.

Vaairo avrebbe potuto sposarlo un uomo così, se i suoi gusti fossero stati "della comune sponda"; fortunatamente, lui propendeva per il gentil sesso e in generale i ciccioni-unti-servidelDemonio non erano il suo target abituale. La reazione del Korp era stata all'incirca quella di una ragazzetta scema che scopre di essere incinta dopo un'orgia: abbastanza incredula che possa essere capitata davvero a lei ed abbastanza consapevole che certi casini, in una posizione come la sua, purtroppo capitano. Per Dekker era uguale: quella era una grana bell'e buona, ma era verosimile che uno scenario del genere potesse accadere. Magari questo non era il suo peggior giorno della carriera, ma il mercenario poteva stimare che rientrasse in una buona top tre.

« Devo darti ulteriori dimostrazioni? Temo di non avere un permesso scritto di Viktor che attesti il mio stato di prigioniera... ...inizio a credere che tu sia stupido al pari di quei due là fuori. Non dare a te stesso questo dispiacere... ed alle tue braccia, soprattutto. »

Bè, driade permettendo, ovviamente.
Vaairo spostò il proprio peso da una gamba all'altra, restando eretto sul posto. Il suo piano era complesso, arzigogolato e, diciamolo, piuttosto improvvisato. Poteva benissimo prendere a testate quel ciccione lì, in quel momento esatto, e chi s'era visto s'era visto... Ma poi avrebbero dovuto vedersela con un contrariato esercito di Falkenberg Korps, il che gli pareva un tantino suicida. Vaairo non era uno stratega: portava a termine i propri incarichi piuttosto bene, ma sempre scegliendo vie bizzarre e idiote, percorrendo quei sentieri che gli avversari non pensano mai lui possa camminare - cosa che puntualmente accade, ma per sua stupidità, non certo per astuzia. Il caldo, poi, non lo stava aiutando affatto: mettiamoci la tensione, il peso della missione, lo stress, il disagio di trovarsi in una miniera-penitenziario come Kimberly, quella punta di masochismo antisalutare che lo porta a fare a botte per schiarirsi le idee... Ecco, il mercenario del Goryo non era proprio al massimo della sua condizione. Asama gli avrebbe consigliato uno psicoterapeuta, se Asgradel già sfornasse strizzacervelli; Red, più prosaicamente, gli avrebbe dato un paio di indirizzi per case chiuse.

« Eccellenza, non vi biasimo per la vostra saggia diffidenza; io però non posso mostrare a chiunque l'unico documento che dà valore alla mia missione. Sono stato reclutato ormai un anno fa da Gerth 'Fortunello' ed ho collaborato con Ragnar Takevada prima che questi venisse scoperto dal Goryo. Ho usato questa elfa per raggiungere le Fosse Grigie e allontanarmi dal Clan con una scusa credibile, ma potrebbe non essere bastato. Se può aiutarvi nella decisione, mandatemi pure nella miniera - mandate entrambi, visto che lei si professa pronta a prendere il marchio... Ma dovrete decidere alla svelta, Eccellenza. »

Non era malaccio a leccare il culo: quando ti trovi a corto di tutto, l'orgoglio viene ingoiato abbastanza facilmente; ci sono dei mattoni di dignità, tuttavia, che non possono essere divelti: quelli, se li perdi, ti mandano a puttane la vita.

« ORA BASTA! »
Uh-oh. Qualcuno è su di giri...!
« O sono il caposquadra, e IO decido cosa fare di voi. Vi faccio rinchiudere nelle celle del settore nove, e se mi avete raccontato balle getto via anche le chiavi, ecco cosa. »

Vaairo storse appena l'angolo della bocca in una minuscola smorfia: amico, quel genere di temperamento non ti porterà lontano, si disse. Ok, non erano stati i prigionieri più credibili delle Fosse, ma la performance che avevano messo in mostra lì era poco meno che da premio: che cazzo, Dekker avrebbe dovuto preparare loro il tappeto rosso, non schizzare come un pazzo per la tangenziale dell'ira e mandare a quel paese ogni tentativo di fotterlo. Ok, ora da "minatori" erano stati degradati a "detenuti", il che non era male, considerato che non avrebbero dovuto lavorare (ma questo precludeva il suo piano di attivismo sindacale) e che la bella elfa non sarebbe stata stuprata; c'era stato un tempo in cui Vaairo avrebbe fatto i salti di gioia a sentire quelle parole, perchè essere esentati dagli scavi, a Kimberly, era praticamente sinonimo di "Natale". C'erano stati alcuni che si erano addirittura mozzati le dita pur di non stare laggiù, tra il fumo, il calore soffocante, i crolli ed il gas letale. Poi c'erano i ratti, il buio improvviso, le malattie, le esplosioni di polvere... Qualcuno aveva persino finto tendenze omosessuali ed era diventato la troia di qualche secondino pervertito (considerato che la maggior parte di loro erano minori), ma, fortunatamente per Fanie e Vaairo, non avevano dovuto scendere a certi compromessi per finire in gattabuia.

« Non esiste nessuna cazzo di stanza per gli ospiti qui. Aspetterai l'arrivo dell'oberkommandierende, SE e QUANDO arriverà, e allora sarai di nuovo libera, elfa.
Tu hai detto di aver collaborato con Ragnar? Ottimo. Parlerò di te al reiter major in persona. Se quanto dici è vero non hai nulla da temere. Uscirai di lì anche tu. Prima o poi. »

Grande! Ora hanno tempo e solitudine in quantità industriali per fare i loro comodi: evadere, cercare Azure, tirare in piedi un casino tale da portare Dekker alla meningite - gli ultimi due propositi non forzatamente nell'ordine descritto.
Con la coda dell'occhio vide Fanie, ancora trasformata in superbonsai, allungare lo sguardo verso la mappa sul tavolo; era un'idea eccellente. Per un attimo, la mente scema del mercenario pensò di prendere la mappa, e nasconderla sotto i vestiti o persino metterla in bocca tutta quanta. Era un proposito cretino, perchè il reiter l'avrebbe notato subito - se mai quella fosse entrata tutta -, quindi si limitò a fare un passettino a lato per nascondere con la sua mole l'azione della compagna.

Vennero poi scortati all'esterno da Morpheus e Floki per poi dirigersi nel tanto famigerato Settore Nove. Aveva proprio un nome cazzuto, quel Settore Nove.

« Tu farai meglio a tornare come eri prima, elfa. Fa caldino li dentro, le tue belle foglioline potrebbero prendere fuoco », sogghignò Dekker, prendendosela ovviamente con la ragazza; era il solito marpione, ma non sembrava attaccare proprio con lei quel genere di approccio scherzoso. Se avesse avuto modo, Vaairo avrebbe voluto consigliargli di cambiare tattica, ma, a ben pensarci, non gli andava molto. Anzi, aveva con sè la mappa ed il pugnale: al primo pozzo libero lo buttò giù, pensò.
Scrollò le spalle: la loro missione suicida stava procedendo sempre meno razionalmente.
Tanto valeva canticchiare a mezza voce.

« Oh Darcy, quando ti ho conosciuta ero di cinque anni troppo giovane,
un ragazzo ben oltre la sua età, o almeno questo era ciò che raccontavo alla gente...
»

La ballata del Lurido Boccale aveva sempre un certo effetto; un vero peccato non ci fosse una compagna criminale con cui cantare il duetto. Magari avrebbe insegnato a Fanie una strofa o due: era certo che l'elfa avesse un bel timbro.



Edited by Drag. - 6/12/2013, 23:21
 
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Lenny.
view post Posted on 7/12/2013, 12:48




Azure's whisper ~ il richiamo della speranza


I quattro entrarono nel cuore pulsante delle Fosse Grigie.
Non era semplicemente più vasto, ma enorme: largo almeno trenta piedi, alto nove, forse dieci, sezione ellittica. Una immane anaconda di vuoto dilatato nella roccia.
Per primo venne il calore. Trenta, trentacinque gradi di aria soffocante e ostile, torrida come il respiro di un drago, appesantita dai fumi delle rare lanterne a olio attraccate alle asperità delle pareti. Morpheus e Dekker non sembravano soffrire mentre Floki -dentro la giubba di cuoio duro dei Korps- era già inzuppato di sudore. Per non lasciare le armi incustodite, infatti, teneva in pugno la lancia di Fanie mentre Morpheus portava con sé una sacca contenente le altre, compresa la desert eagle di Vaairo.
Per secondo venne il suono. Metallico e pungente, uno scroscio continuo dal picchiettare di coloro che a torso nudo lavoravano la roccia. Uomini, donne, vecchi, gli stessi che trasportavano i minerali all'esterno delle miniere qui li sventravano direttamente dalle pareti, muniti solo di picconi e rassegnazione. Alla base del collo portavano un collare in metallo, collegato con una catena troppo corta a un fusto infilato di traverso nella parete. Nessuna via di fuga, nessun'altra visione per loro, a parte la roccia che continuavano a scavare, colpo dopo colpo, incitati dalle frustate di guardie stizzite dalla propria mansione.
Per terzo venne l'odore. Un fetore nauseante di metallo, di salnitro. e di escrementi. All'arrivo dei quattro, un paio di grossi topi si dileguarono nel buio squittendo, scaricando altri grumi di escrementi alla base di una parete.
Dekker si voltò verso i due prigionieri.

« Benvenuti alle Fosse Grigie, miei illustri ospiti. »

Annunciò Dekker, facendo un gesto ampio con le braccia.

« E ringraziate di essere solo ospiti, e non abitanti...per ora. »

Si immersero in un condotto scavato sulla sinistra, un budello inclinato dalle pareti scabre, incrostate da lichene albino, largo a stento per permettere il passaggio di tre uomini, facendosi strada su una lunga fila di schiavi ricurvi su se stessi. Non c'erano solo uomini in quei tunnel, purtroppo, e raramente capitava di incrociare anche nani ed elfi, ridotti al pallido spettro di ciò che erano un tempo.
Fu proprio allora che uno degli schiavi si fermò, esausto, abbandonando la presa sul piccone. Crollò in ginocchio, gli occhi incapaci persino di lacrimare. La cosa non sfuggì allo sguardo rapace di Dekker. Il caposquadra cercò con lo sguardo una delle guardie, ma nessuna era in vista in quel tratto del tunnel. Lentamente, la mano del Korps scivolò dietro la giubba, per estrarre il fusto in legno della sua frusta. Sogghignò, pronto a risolvere la faccenda personalmente, per poi srotolare la lunga stringa di cuoio.

« Rialzati, cane maledetto. Rialzati subito! »

Senza attendere risposta e con evidente piacere nel farlo, Dekker assestò un calcio ai reni alla figura riversa a terra. Lo schiavo si contorse su se stesso, spezzato dal dolore causato dagli stivali borchiati. Lentamente sollevò il volto sul suo aguzzino. La sua parve quasi una sfida. Un elfo silvano, forse proveniente dallo stesso bosco di Eruvanyë, troppo giovane per entrare tra le fila del Beccaio, non poteva dimostrare più di tredici o quattordici anni. Era esistita bellezza in quel volto. Lineamenti raffinati, occhi intelligenti, attaccatura dei capelli ramati a punta di lancia, lunghe orecchie ai lati. Una bellezza che il lavoro del Beccaio aveva ridotto a uno scempio grottesco. Viso scavato sino all'osso, naso fratturato, occhio destro tumefatto, labbra spaccate. Non era la prima volta che qualcuno dei Korps riprendeva quel ragazzino, e Dekker se ne dovette accorgere. Caricò la frusta da dietro la spalla, pronto a lasciare l'ennesimo indelebile segno sulla schiena dell'elfo, ma bloccò il movimento a mezz'aria. Si voltò verso Vaairo, con una nuova luce minacciosa che gli brillava nello sguardo.

« Un momento, c'è il nostro agente dormiente qui. E c'è anche un modo per sapere se dice il vero. »

Ringhiò, per poi portarsi alle spalle di Vaairo. Con la mancina estrasse il pugnale per lacerare con un solo scatto le funi che legavano -più o meno- il prigioniero ai polsi. Tornò al suo fianco, per porgergli la frusta dalla parte del manico e ammiccare verso l'elfo ai loro piedi.

« Avanti, dimostrami che sei uno dei nostri. »



QM POINT: La situazione è chiara e semplice. Dekker si rivolge a Vaairo, ma ovviamente anche Fanie è liberissima di intervenire con pensieri/parole/azioni prima o dopo Drag. Rispondete in confronto.
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 11/12/2013, 03:37





Azure's Whisper - Il richiamo della speranza.


Se mi avessero chiesto che cosa era l'inferno, probabilmente, avrei risposto le Fosse Grigie. Ogni passo che facevo sulla terra polverosa mi conduceva di un poco verso la mia fine. Non importava che avessi le mani legate per finta, che fossimo quattro contro uno, che gli sguardi sicuri di Floki e Morpheus mi dessero fiducia... quel posto asciugava ogni goccia di speranza, come una spugna nera e malsana, ripiena della disperazione di quei poveri disgraziati. Come era possibile che il mondo intero, i Regni, chiunque potesse permettere al Beccaio di fare quelle cose alla propria gente? Quale Dio avrebbe mai potuto sopportare la vista dei propri fedeli ridotti a gusci vuoti? Abbassai lo sguardo, incapace di sostenere ulteriormente lo sgomento che mi tormentava l'animo.
La temperatura rovente, l'odore acre e solforoso delle polveri che provenivano dal ventre delle miniere, tutto si mescolava rendendo l'aria quasi irrespirabile, se non a costo di numerosi colpi di tosse ed un soffuso bruciore agli occhi. Emozioni, sensazioni e suoni che non potranno mai cancellarsi dalla mia mente, cose che nemmeno il peggiore degli uomini sarebbe in grado di concepire, cose che, talvolta, avrebbero tormentato anche l'anima del più coraggioso. No, ogni volta la mia certezza si riaffermava: a creare tutto ciò non era stato un essere umano, non poteva più esserlo... e non poteva nemmeno essere condannato ad una pena minore della morte.
Il rumore delle picconate, cadenzate, ritmiche, riempiva l'aria rendendo tutti sordi anche ai propri pensieri. Quel luogo era concepito in maniera tale da offuscare i sensi, da rende le persone prive di qualsiasi appiglio di speranza. Quel luogo non era una prigione, non era un campo di prigionia e nemmeno una miniera...
...era un raccapricciante mattatoio.

E nel ventre di roccia che conduceva nel cuore oscuro di quel luogo uno dei lavoratori cadde stremato, attirandosi le ire del caposquadra. Quando lo guardai, trovando dentro di me la forza per vincere il misto di paura e repulsione, il mio cuore parve rallentare sino quasi a fermarsi. Quello che stavo fissando con lo sguardo inebetito altro non era che un mio fratello, sangue del mio sangue, di un'altra foresta, di un altro mondo... ma pur sempre mio fratello. Improvvisamente mi sembrò di sentire quella scintilla di Eru rimasta vigile nella mia mentre gettarsi con tutte le sue forze contro le pareti della mia testa, urlando e singhiozzando a quella visione. Le mani mi si serrarono quasi involontariamente contro le corde, pronta a spezzare il nodo ed afferrare la mia lancia se le cose si fossero messe male. Ne avevo abbastanza di quel maledetto grassone, aveva già commesso abbastanza crimini nella sua vita per meritare la morte nove volte, la decima condanna doveva essergli fatale.

Squadrai Vaairo con uno sguardo così intenso e carico d'odio che nemmeno mi capacitavo di dove avessi trovato tanta rabbia. Non era solo la mia, lo sentivo, era come se tutte le persone che avevo visto morire, dai mercenari, a Cashka, fino a mia sorella, stessero riversando le proprie emozioni nelle mie mediante quei pochi ricordi, quelle sensazioni sbiadite dai giorni sotto al sole, nella cella, gonfiandomi il cuore di un coraggio e di una determinazione che mai, prima di allora, mi era parso di poter possedere. Il fato di Dekker era segnato ancora prima che aprisse bocca l'ultima volta, lo avrei fatto con le mie stesse mani.
Ma Vaairo, intuendo probabilmente le mie intenzioni, mi prese in contropiede eliminando per sempre quel lurido e disgustoso individuo dal creato. Quel ragazzo era forte, veloce, e non guardava in faccia decisamente nessuno. Il suo modo di combattere era per me strano, non era marziale, non era ferale, era come se si confrontasse con le situazioni muovendosi come acqua dentro ad un contenitore... adattandosi. Forse era proprio quella la forza del Goryo e dei suoi mercenari, la versatilità, qualcosa che con la forma mentis della capitale non aveva nulla da spartire. Purtroppo.
Strappai il nodo con forza, mentre Floki e Morpheus iniziavano a discutere sulle nostre prossime mosse. « Dobbiamo provare a liberarne quanti più possibili, Azure è una persona a te cara e lo capisco, ma è una vita sola. Non possiamo ignorarne altre decine. » cercai di far ragione il dragone, ma non c'era verso. Il suo cuore era stato rapito da Azure che, a sua volta, era stata rapita da Viktor... e non ci sarebbero stati argomenti umanamente concepibili per farlo tornare alla ragione. Io non avrei mai abbandonato tutte quelle persone, ma non avevo i mezzi, le possibilità, la forza di farcela da sola. Nemmeno con l'aiuto di tutti loro c'erano grosse possibilità, figuriamoci solamente in due o tre. Distogliendo la testa da quei pensieri mi avvicinai all'elfo per tranquillizzarlo.

« Toron, il'e Fanie, lle tyava quel? Mani naa essa en lle?* » aveva al collo un collare, come molti altri schiavi, che gli impediva di muoversi oltre quel poco spazio concessogli per scavare. Soffocai un singhiozzo in gola. « Ya naa tanya kivh?** » non sapevo dove fosse stato rapito, era così giovane che forse non era nemmeno mai uscito dalle sue terre natie prima dell'arrivo del Beccaio. Gli domandai se conosceva la lingua comune degli uomini. « Lle quena i’lambe tel’ eldalie? *** »
Le sue risposte non arrivarono, se non due parole soffocate da un respiro irregolare ed una fatica insostenibile per il suo debole e malnutrito corpo. Non avevo niente da dargli, né cibo né acqua, non potevo fare altro che guardarlo deperire incatenato alla roccia, nelle mie condizioni. Strinsi la mano contro sull'asta della lancia, ancora incapace di tanta crudeltà, sospesa in un limbo di rabbia e di paura per me stessa. Avrei così tanto voluto vedere Viktor cadere trafitto dalla mia arma, riverso a terra a gorgogliare nel suo stesso sangue, soffrendo tra la vita e la morte un secondo di più per ogni vittima che il suo passaggio aveva causato. Non mi ero mai sentita così vicina a perdere del tutto il controllo, così affine alla vendetta, così... umana.

Vaairo cedette alla frustrazione della scelta. Non potevo biasimarlo, non lo avrei potuto fare, perchè anche io nelle sue condizioni mi sarei sentita tradita da quel gesto. L'amore per Azure aveva davvero offuscato il senno di Morpheus? Una cosa, in tutto quel turbinio di scelte ed incertezze, però, mi era chiara come il sole del meriggio: non importava essere leggendari eroi, draghi onnipotenti e nemmeno Re e Regine dalla forza spropositata... ci sarebbe stato sempre quel qualcosa di vulnerabile, di debole, per il quale ogni nostra certezza sarebbe franata senza speranza nell'oblio. Che fosse il cuore o la mente, l'amore o l'odio, tutti noi avevamo un punto debole. Anche Viktor.
« Smettetela di litigare! E' questo che vuole Viktor, dividere i suoi nemici per affrontarli uno ad uno! Restiamo più uniti possibile e riusciremo dove altri hanno fallito. » sbottai. Non era forse quello che il malvagio cerca sempre di fare, dividere i buoni? E noi, stupidi come scarafaggi ci stavamo già scannando l'uno contro l'altra, senza criterio.

Floki non era un bell'uomo, ora che si era avvicinato ed aveva rimosso parte della lorda attrezzatura Falkenberg potevo vederlo bene. Eppure aveva un cuore ed un coraggio che in pochi, anche tra la mia gente, avevo visto. Quale uomo avrebbe rischiato la sua vita per salvare semplici schiavi? Quale mercenario avrebbe rischiato tutto per una causa che sembrava apparentemente persa? Uno, infondo al pozzo di menefreghismo ed arroganza, c'era: Floki Grimher.
Avrei voluto dirgli che lo stimavo per quella scelta, che se fossi stata più forte e più determinata sarei rimasta anche io, ma le parole mi morirono tra le labbra.

« Iye na tua'ille... namaarie, tenna’ ento lye omenta**** » dissi, con la voce frantumata dalla disperazione, al giovane elfo. In quel momento giurai sulla mia stessa vita di tornare alle Fosse Grigie, un giorno, liberando tutti coloro che vi erano intrappolati e strappando quella nobile terra dalle grinfie dei Korps.
Ma nonostante i miei buoni propositi, la mia determinazione nel perseguire una nobile causa, ed il coraggio che solo una giovane donna può trovare... non riuscii ad incrociare lo sguardo vissuto e deluso di Floki. Incassai le sue parole mentre mi allontanavo, raggiungendo Morpheus e Vaairo.
Non sentivo più il picconare cadenzato, l'odore fetido e marcio dei fumi e nemmeno il calore. Non sentivo più niente perchè c'era qualcosa, dentro di me, che si era già preso tutto il dolore che potevo provare. Mi appoggiai alla lancia come se non riuscissi più a camminare, abbassando lo sguardo sul terreno, perduta, vuota. Gli occhi arrossati per le particelle di polvere disperse nell'aria, le narici dolenti e la gola riarsa erano inezie al confronto di quello che provavo nel profondo nel mio cuore. Con che coraggio avrei continuato a guardarmi allo specchio, dopo quel giorno, con quei volti sulla coscienza?
Mentre la nostra strada andava dritta nella profondità della montagna, una lacrima, e poi un'altra, ed una terza ancora, scesero lentamente sulle mie guance lavando via quel delicato strato di fuliggine e sporco. Mi passai la mano libera dalla presa sull'arma negli occhi, pulendoli dalle lacrime e tirando su col naso.
Mi era entrata della polvere nell'occhio, continuavo a ripetermi, mentre seguivo i miei unici due amici in quel posto dimenticato da Dio...
...ma non ero una brava bugiarda, nemmeno con me stessa.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso da ustione. (Diffuso)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Addolorata.
Energia: 75%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [N/D]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[N/D]

~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III


Attive in uso:
» ////

Note:
Anche questo nuovo post molto sentito. Davvero è stata forse una delle scelte più difficili da quando gioco sulla piattaforma, nonchè forse la più sentita. Spero che vi piaccia.
[Elfico]
* Fratello, io sono Fanie, stai bene? Come ti chiami?
** Sai chi ha la chiave di questi?
*** Riesci a capire la lingua comune?
**** Non siamo preparati per aiutarvi... addio, fino a quando non ci rivedremo.
 
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Drag.
view post Posted on 19/12/2013, 08:33





« Avanti, dimostrami che sei uno dei nostri. »



Certi sguardi possono ferire, e quello di Fanie possedeva la violenza di una fucilata dritta in fronte.

Vaairo deglutì piano, afferrando con naturalezza la frusta che Dekker gli porgeva; ecco, quella era una situazione spinosa. Normalmente, per quanto gli fosse pesato sul cuore, avrebbe assecondato l'invito del reiter: la posta in gioco era troppo alta per rischiare di mandare tutto a puttane per uno schiavo già sull'orlo del collasso. C'era un implicazione morale sottintesa che non gli andava proprio giù, secondo la quale seviziare un disgraziato già spezzato era pura crudeltà. Quello, anche Vaairo riusciva a comprenderlo. Poteva comunque agire e avere la coscienza pulita? Nella sua vita, il mercenario aveva frustato ed era stato a sua volta punito nella stessa maniera. Per quanto dolorosa ed umiliante, non uccideva - solitamente. Perchè quelle remore, dunque? Era l'occasione perfetta per dimostrare la propria lealtà nei confronti del caposquadra ciccione e procedere con quella farsa. Poteva considerare tutti questi minatori come delle tristi "vittime collaterali"? Poteva davvero?
Il caldo e i brutti ricordi lo stavano facendo sudare - paradossalmente - freddo. Kimberly era fottutamente identica, solo vagamente più moderna. Non erano legati con catene alle pareti solo perchè quella cava era circondata da centinaia di miglia di tundra, e l'evasione non avrebbe portato a nulla di buono. In genere, i carcerati lo capivano e ci mettevano una pietra sopra; se non altro, la loro pena era temporanea, per quanto lunga potesse essere. Cosa dovevano pensare invece i prigionieri delle Fosse Grigie? Qual erano i loro dubbi, le loro paure, le loro speranze?
Torse un poco con entrambe le mani la rusta, afferrandone entrambe le estremità come per sciogliere la tensione del cuoio.
Quell'elfo sperava ancora in qualcosa? Difficile dirlo. Fosse stato lui nella sua posizione, Vaairo avrebbe agognato la morte - meglio, avrebbe scommesso su quale dipartita l'avrebbe colto per primo: le sevizie, la stanchezza, le malattie, la disidratazione o il digiuno? Se poi si consideravano anche i vari incidenti tipici del ramo minerario, c'era di che divertirsi.
Ciò che era certo era che Fanie lo avrebbe ucciso se avesse proceduto come Dekker gli ordinava di fare. Era comprensibile, essendoci affinità nella loro razza - sebbene tra gli umani stessi non esistesse quel genere di "cameratismo". Gli occhi della ragazza-pianta erano pozzi di collera, punti scuri che lo trapavano così profondamente che faceva fatica a sostenerne l'intensità. Forse c'erano significati reconditi, qualcosa che a lui proprio sfuggiva, ma non aveva bisogno di molte ragioni perchè la sua mano rimasse ferma ancora qualche istante: quell'elfo aveva probabilmente la stessa età di quanto lui era finito in miniera...!
Dio santo, sarebbe stato come picchiare se stessi!

Vaairo sospirò.
« Molto lieto, Eccellenza! »

Si voltò improvvisamente con la forza e la rapidità di una pantera che si slancia per afferrare con i suoi artigli letali la preda stupita; il suo sguardo grigio incrociò gli occhi increduli di Dekker mentre i lacci attorcigliati della sua stessa frusta gli ghermivano la gola, avvolgendogli il collo come un cappio che Vaairo, con il suo peso e la potenza delle sue enormi braccia, trascinò violentemente verso il basso dietro la sua schiena.
L'azione richiese solo l'istante necessario perchè le vertebre cervicali del reiter si spezzassero con un crack così inquietante da sovrastare persino il ritmico, nauseante cozzare dei picconi sulla roccia. La carcassa senza vita del caposquadra scivolò a terra sbattendo con tutto il proprio peso sul ruvido pavimento. Tutt'attorno, nessuno dei prigionieri parve notare il repentino omicidio appena consumato - come automi, come morti senza desiderio di fuga.
Vaairo digrignò i denti, imprecando per la fatica che quel gesto gli aveva costato. Per quanto semplice, rompere l'osso del collo ad un bestione del genere era comunque una pratica che richiedeva una certa forza. Gettò a lato la frusta, come per liberarsi di un'arma maledetta, e seguì con lo sguardo Morpheus che faceva altrettanto con la sua maschera da Korp.
« Perfetto. Visto che la copertura è saltata, dobbiamo muoverci a trovare Azure prima di essere scoperti. Dev'essere qui, da qualche parte. », disse, strappando la mappa dalle insensibili mani del reiter defunto. Floki, tuttavia, era del tutto contrario a quel genere di decisione. « Aspetta un secondo. » Commentò, spogliatosi a sua volta. « E tutti loro vuoi lasciarli qui? Alla mercé dei cani di Viktor? Non se ne parla. Anche loro meritano di essere liberati, e non riuscirei a dormire la notte sapendo di non averlo fatto..o di averci provato. »
« Siamo qui per liberare Azure, Floki. » Ringhiò Morpheus, con fare minaccioso. « Loro sono troppi, come sono troppi i cani di Viktor. Ci impiegheremmo troppo tempo e non ne usciremmo vivi, lo sai anche tu. »
« Non mi interessa. Ci sono donne e bambini in catene, e non tornerò a casa finché avrò mani per liberarli. Con che coraggio dovrei dormire la notte, sapendo di averli abbandonati in questo inferno? »
« Allora siamo a un bivio. Io ho una strada da seguire, amico mio, e se vuoi fermarti qui è una tua scelta. »

Woah, woah, woah; sul serio?

« La vostra qual è? »

Ma erano entrambi rincoglioniti?

« Ehi, frena, frena... », rispose, cercando di calmare gli animi. Poteva capire il desiderio del drago di trovare subito la sua bella ragazza, essendo ormai vicinissimi, ma il discorso di Grimher aveva un suo senso, per quanto Vaairo la vedesse da una prospettiva diversa. Verosimilmente, non potevano fare molto per questa gente: potevano aiutare qualche gruppo a liberarsi dal terribile giogo delle catene di ferro e uccidere qualche pattuglia, ma la libertà avrebbero dovuto conquistarsela da soli - loro erano venuti lì per uno scopo differente e ben preciso. Tuttavia, a loro serviva quella ribellione, che riuscisse o meno. Vaairo non era Dio: lui poteva, voleva dare una chance a tutti quei prigionieri, ma la fortuna è una condizione che va favorita con le proprie mani.
« No, l'ultima cosa che ci serve è attirare attenzione con un crollo. », rispose Morpheus alla sua proposta di creare un diversivo facendo esplodere la galleria con delle granate. Ehi, a lui sembrava un buon piano... Far saltare tutto in aria era un modo come un alto per dare l'estremo saluto al compianto Dekker, riposi in pace - ma anche no. « Devo trovarla subito, non posso perderla di nuovo. »
« Dobbiamo provare a liberarne quanti più possibili, Azure è una persona a te cara e lo capisco, ma è una vita sola. Non possiamo ignorarne altre decine. »

Fanie sembrava appoggiare la decisione di Floki; dopo essersi riarmata - proprio come lui - ora stava prestando soccorso al giovanissimo elfo tramortito, parlando nella sua stranissima lingua natìa. Il mercenario cercò di non restare incantato da quella voce, focalizzandosi sulla perquisizione del cadavere del reiter (dal quale tirò fuori il suo pugnale e una chiave che presumibilmente avrebbe aperto le celle alle quali erano inizialmente diretti. Il famosissimo Settore Nove...).

« Ma a noi serve attirare l'attenzione per uscire da qui.
Il Beccaio ha preso Azure perchè si aspetta che tu venga a riprendertela, amico; quando la porteremo via, lui lo saprà. Il punto non è salvare questa gente: non abbiamo i numeri nè un piano di fuga per farlo. Dobbiamo creare un diversivo, e in questo possiamo aiutarci a vicenda. Noi li liberiamo dalle catene, loro si riprendono questo posto tenendo tutti quanti impegnati almeno quanta basta perchè possiamo filarcela da qui indisturbati. Se vinceranno, sceglieranno da sè il loro destino.
Avanti, fai piovere info da quella mappa.
»

Viktor aveva lsciato in vita il drago perchè voleva che lui lo sfidasse nuovamente; non avrebbe altrimenti avuto senso il fatto che avesse risparmiato entrambi e si fosse dato la pena di buttare Azure in questa miniera dimenticata dagli dèi. La loro missione era già fin troppo idiota ed improvvisata: se non avessero colto quell'opportunità avrebbero potuto pentirsene amaramente in seguito - senza contare tutte le implicazioni morali dietro tutta quella babele.

« Capisco e rispetto la vostra scelta, ma io sono qui solo per salvare lei. Se volete restare a creare un diversivo o a liberare altri prigionieri potete farlo, non siete obbligati a seguirmi. Vi auguro buona fortuna. »

Non siete obbligati a seguirmi...?



Ok. Questo lo fece incazzare.

In due passi lenti e misurati fu addosso a Morpheus. Normalmente non era un dettaglio che si notava molto, ma il mercenario era veramente alto e, ora, troneggiava sopra l'amico. Il suo volto era scuro e la mascella contratta, come se stesse cercando di bloccare il fiume di parole che sarebbe uscito; a quel punto, travolto da una sorda e silente ira, afferrò il drago per il collo dell'armatura e, tenendolo ben fermo, lo colpì con un diretto destro dritto sul muso.
Morpheus decisamente non se l'aspettava: indietreggiò pietosamente accusando il colpo, il naso dolorante almeno quanto lo erano le nocche del mercenario, che lo stava guardando con occhi pieni di risentimento e delusione.
« Non trattare in questo modo gli amici che stanno rischiando la loro vita per te. », disse, glaciale. L'insensibilità di Morpheus lo aveva travolto, lasciando solo la rabbia dentro il suo cuore. Sia lui che Floki si erano gettati nella mischia senza risparmiarsi semplicemente per lui e la sua ragazza (anche se nel suo caso c'era qualche ragione in più), ed il fatto che ora lui li stesse mollando con un "tante grazie ci si becca in giro" nel mezzo di un'intera base nemica significava solo che lui non vedeva loro come loro consideravano lui: amici.
« Smettetela di litigare! E' questo che vuole Viktor, dividere i suoi nemici per affrontarli uno ad uno! Restiamo più uniti possibile e riusciremo dove altri hanno fallito. »
Fanie come sempre era razionale e ben posata, ma avrebbe persino potuto recitargli Buddha in quel momento e Vaairo non l'avrebbe ascoltata; era, semplicemente, troppo incazzato per calmarsi.
Morpheus sembrò riprendersi con estrema lentezza dal cazzotto, portandosi la mano al volto incredulo. Non si aspettava quell'assalto e, dalla sua postura, pareva intenzionato a rispondere per le rime; solo dopo qualche istante parve capire le implicazioni delle parole che gli erano uscite dalle labbra, nonostante ciò non fosse abbastanza per smuovere quel suo culo draconico da quell'idea scema.

« Hai ragione Vaairo, ti chiedo perdono. Ti chiedo solo di comprendere.
Sopravvivete..e sappiate che ritorneremo.
»

Grazie al cazzo. Sicuramente Floki sarebbe stato radioso di sentire quelle stronzate.

« Andate al diavolo, voi e quella ragazza che neanche conosco. Mi spiace, ma per me la sua vita non vale più di quella di tutti questi poveracci.
Vi aspetto qui, cerco di liberare più gente possibile... Voi vedete di muovervi.
»

...Appunto.

« Andiamo.
Torneremo dopo per loro quando il drago avrà finito di pestare i piedi come un moccioso.
»

Fece cenno a Fanie di seguirlo e andare con il drago, giù negli abissi della miniera.
Faceva strano avere (nuovamente) sopra la testa migliaia di tonnellate di roccia, poichè era una sensazione che non gli capiva da Merovish e, prima ancora, da Kimberly. La verità era che tutta quella puttanata tendeva i nervi del mercenario come una corda sempre sul punto di spezzarsi, e venir scartato da un suo amico in quel modo (che, per quanto si scusasse, aveva parlato d'istinto e, quindi, dischiudendo ciò che davvero sentiva nel cuore) lo aveva profondamente sconfortato. Non l'avrebbe mai ammesso, ma Vaairo aveva bisogno di loro come essere umano - soprattutto, aveva bisogno di Fanie.
Strinse i pugni fin quasi a farsi del male. Doveva ricordarsi in qualche modo che c'era una ragione per rimanere calmo e razionale come lei: senza perdere la propria umanità, senza gettarsi nel buio dell'animo dove regnava incontrastato Viktor von Falkenberg...


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