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Winterreise ~ Im Dorfe, Capitolo VI: Ritorno a Lithien

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Bastard de la Nuit
view post Posted on 24/1/2014, 01:09




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Inspirò l'aria gelida, e sentì nel cuore una mistura pesante di ineluttabilità, nostalgia, paura.
Kreisler si erse sul dorso della sua mostruosa cavalcatura: doveva mostrarsi ritto e sicuro per i suoi uomini, l'esercito che lui e Shakan avevano radunato. Cosa avrebbero pensato se volgendo lo sguardo verso il loro generale avessero scorto un uomo curvo per i troppi destini che gravavano sulle sue spalle, sconsolato perché il fato lo costringeva a portare la morte invece che la vita?
Doveva fingere, per il bene di tutti. Per il bene di Lithien.

Guglia dell'Alba e Guglia del Tramonto erano i picchi più alti dell'Erydlyss, tronconi gemelli di una stessa concrezione montuosa che sovrastava di centinaia di piedi ogni altra altura circostante. Bianchi scintillavano il granito e la dolomite a chi ne contemplava la grandezza dalla distanza, ma il guerriero aveva imparato a conoscerne il lato oscuro tanto bene quanto quello lucente: Lithien sorgeva esattamente nell'avvallamento tra le due vette come regina assisa in trono, e misurava il tempo a seconda di quanto l'ombra della Guglia opposta al sole coprisse l'altra. Erano molto poche le ore del giorno in cui la piena luce del giorno la colpiva, giusto un paio prima e dopo il mezzogiorno. Ma quale spettacolo allora si parava innanzi agli occhi dei visitatori! Svestendo l'apparenza di un terzo picco più basso e immerso nell'ombra, la città riluceva della sodalite blu e dell'argento dei suoi pinnacoli e delle sue finestre istoriate. Perché anche da lontano Lithien può insegnare qualcosa: a cogliere il trascorrere del tempo, ad apprezzare il valore di brevi istanti, a diffidare delle apparenze.

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Era metà mattina, e il sole iniziava appena a carezzare i colori della Città Bella, come era chiamata un tempo, e il Cavalcaviverne si domandò cosa stessero provando i suoi uomini alla visione della loro meta dopo giorni di cammino. Per quanto fosse splendida, però, chi come lui vi aveva vissuto fino a poco prima della catastrofe sapeva come quello fosse uno splendore pallido, decadente, malato. Alcuni pinnacoli erano franati e molte finestre erano rotte per l'incuria, ma tale danno non era paragonabile all'orrore che si agitava nel dedalo di strade che serpeggiavano sempre più in alto fra i palazzi slanciati fino all'Acropoli, sede del Conclave, della Corte del Reggente e del Pantheon.
Irwing Ravelon: tale il nome del signore della guerra che aveva preso il controllo della città e della massa di gente condannata a morte dalla Gullhiw, che non aveva interrotto il suo corso da quando anni prima era stata diffusa con l'inganno. Al cospetto di costui ogni ultima sacca di resistenza lealista, di gente sana era stata spazzata via dall'orda brulicante di mostri divorati dal morbo.
Kreisler guardò alle sue spalle l'assembramento di guerrieri giunti da ogni parte del Nord per la gloria, per l'oro, forse per volontà di rivalsa nei confronti di chicchessia, alcuni a piedi, altri a cavallo, altri ancora in forme strane e inusuali. Non l'armata di straccioni che era partita alla volta del Trono del Titano, non stavolta. Non poteva permettersi di sacrificare le ennesime vite innocenti alla malattia che tante ormai ne aveva già prese. Questi erano uomini che potevano difendersi dal contagio, che potevano tenere lontani da sé i miasmi e i loro portatori facendosi strada a colpi di spada verso il covo di Ravelon.
E lì, pensò amaramente, davanti al suo cadavere caldo, tu mi seguirai, Shakan.
L'idea di dover perdere un rivale che in fin dei conti era diventato un amico perché tanto aveva passato in comune con lui lo amareggiava al punto da disgustarlo, e fu con rabbia che strinse i talloni sui fianchi di Nacht per farla girare e arringare il suo esercito. La Viverna obbedì stridendo irritata, e la schiera si fermò davanti a lui. I venti del nord mugghiarono ansiosi in attesa delle parole del Cavaliere.

- Soldati. Amici. Fratelli.
Lithien è di fronte a voi, a un giorno di cammino. È il miglior osservatorio dell'intero Erydlyss, quindi un assalto a sorpresa è del tutto improbabile. Ma possiamo dare a quei bastardi meno tempo di quanto pensano per prepararsi.
-

Si guardò intorno: si trovavano su di un promontorio abbastanza ampio da contenere un campo, sarebbe stato stupido proseguire in cerca di altri luoghi favorevoli. E gli uomini avevano bisogno di un po' di riposo senza l'ansia di cadere in un dirupo alla prima folata di vento. Poi continuò, la voce di solito quieta e inespressiva fattasi stentorea e carismatica.

- Ci accamperemo ora. Dormiremo durante il giorno e marceremo di notte. Non ci saranno torce: chi di voi può vedere al buio guiderà gli altri.
Attaccheremo all'alba.
-

Un gesto ampio con il braccio, a indicare la città che ormai brillava nel sole del mezzodì, e il ricordo andò a quello che il capitano della guardia cittadina gli disse quando egli gli chiese come mai la città non avesse mura più spesse o solide: Kreisler, Lithien non si deve proteggere dagli eserciti. Le orde di uomini non sono ciò che essa teme. La storia aveva mostrato che aveva ragione, dopotutto.
Le mura che vedeva dalla distanza, tuttavia, non gli erano familiari: il grigio della pietra viva pareva avvolgere la città in un sudario, lasciando intendere che, dopo aver preso la rocca, Ravelon aveva eretto delle difese in previsione di ospiti sgraditi.

- La città ha delle mura, ma sono state costruite in fretta e dei colpi di armi d'assedio ben assestati possono sfondare una breccia. Gli Artiglieri saranno responsabili di questo, e dopo aver creato un ingresso per gli altri scaleranno le mura e proteggeranno il passaggio degli altri, Fanti e Cavalieri... -

- Ma come faremo anche solo a far arrivare un unico cavallo a metà strada? Metà sono già morti di fatica, e l'altra metà non sono mia fottuti stambecchi! -

Si voltò verso il mercenario col volto scuro che aveva parlato qualche decina di metri più distante. Le cicatrici sugli zigomi e sulla fronte parlavano per lui quanto a esperienza di battaglie, e il guerriero convenne che aveva ragione. Molte delle bestie erano stramazzate di fatica, ed erano state macellate e mangiate per risparmiare sulle provviste. Non avrebbe permesso che la sua cavalleria si assottigliasse ancora di più.
Stette un momento in silenzio, poi allargò le mani e chiuse gli occhi: lasciò che il Nulla sorgesse in lui e fluisse all'esterno, per la prima volta ad aiutare qualcuno anziché ucciderlo. Inspirò, espirò. Non diede peso alle esclamazioni di stupore e spavento che proruppero quando il vento nero investì l'armata. Poi riaprì gli occhi, il fiato improvvisamente un po' più pesante: se avesse fatto una cosa del genere all'inizio della marcia l'effetto si sarebbe esaurito prima di arrivare a scalare le Guglie, e usare quell'incanto una seconda volta l'avrebbe privato delle energie necessarie alla lotta.

- Ho condiviso con ognuno di voi un frammento del mio potere. Ora potrete correre sul ghiaccio senza timore di scivolare e scalare pareti verticali come se steste correndo su di un prato. -

Colse il brusco cenno di assenso del mercenario con la coda dell'occhio, e proseguì.

- Il nemico non si aspetta un assalto di Cavalleria in un luogo impervio come Lithien. Chi può cavalcare dovrà travolgere la prima linea e sfondare velocemente le difese della città una volta che gli Artiglieri abbiano preso il controllo delle mura. Sarà compito della Fanteria eliminare la resistenza e prendere il controllo degli edifici una torre alla volta. Lithien è una città che combatte dall'alto, e non sarà impossibile che qualcuno rischi una colata di pece bollente addosso. Per evitarlo dobbiamo prendere il controllo della città in maniera metodica prendendo torre dopo torre e assicurandosi che non ci siano più soldati nemici prima di avanzare. -

Ammesso che la malattia non sia avanzata a tal punto da controllare perfino i cadaveri.

- E ora cercatevi un riparo e riposatevi completamente -

...perché potrebbe essere l'ultima volta che lo fate sapendo di potervi svegliare il mattino dopo.



littleqmpointwinterreisBenvenuti a questo nuovo capitolo di Winterreise. Ringrazio tutti in anticipo e spero che questa quest aperta vi diverta quanto io e Janz ci siamo divertiti nel progettare. Il nucleo del vostro primo post consiste in un combattimento autoconclusivo: ognuno sceglierà per il proprio pg il ruolo di Artigliere, Cavaliere o Fante e si regolerà di conseguenza: gli Artiglieri dopo aver aperto la breccia nelle mura (sulle quali è addossato un ammasso di case di poveri fatte di mattoni a secco, che contrasta molto con la raffinatezza decadente della città vera e propria) combatteranno sui tetti, coprendo l'avanzata degli altri; i Cavalieri combatteranno sulle strade, i Fanti nelle torri.
L'incanto che Kreisler ha donato all'intero esercito si tratta fondamentalmente di una passiva che durerà fino a fine giocata che permette un viaggio senza problemi fino alla presa della città.
Il nemico sarà costituito da soldati resi mostruosi dalla Gullhiw, che oltre a privarli della ragione ha donato loro facoltà sovraumane: forza, velovità, volo, abilità psioniche o rudimentali magie. Avete totale libertà nel caratterizzare il vostro o i vostri avversari e nell'interagire con altri membri dell'esercito, siano essi altri questanti o png mercenari di vostra invenzione.

Attenzione! Durante il vostro combattimento il vostro pg potrebbe essere infettato dalla Gullhiw tramite miasmi o contatti diretti. La malattia scomparirà alla fine del ciclo di Winterreise e non porterà in alcun modo alla morte dei pg, quindi non pensate che questa sia una scelta negativa; è solo un ulteriore spunto di interpretazione che vi viene fornito. Siete voi a scegliere se questo possa accadere o meno. L'infezione non porta vantaggi in termini di abilità appena viene contratta, ma solo mutamenti fisici che si possono tradurre in aggiunte di armi naturali come coda, ali, artigli, zanne o quant'altro. In più essa comporta un malus passivo di follia progressiva che porterà i pg a vedere chiunque gli stia intorno come un nemico da eliminare: chiunque subisca il morbo dovrebbe essere disposto anche ad attaccare i propri compagni e a subirne le offensive. È una scelta più difficile in termini interpretativi, per cui i tre migliori post di giocatori che avranno voluto infettare i propri pg saranno ricompensati con abilità temporanee dovute al morbo.

Posterò ogni dieci giorni circa, per qualsiasi domanda e per eventualmente organizzarvi tra di voi c'è il topic apposito in confronto.
Buon divertimento!
 
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view post Posted on 27/1/2014, 17:21
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Ձմեռը ~ Winterreise ف Im Dorfe ~ է Գյուղի
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Ջ ~ Capitolo VI: Ritorno a Lithien ~ Ջ

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(Vahram [pensato, lingua aramana], Vaairo, Fanie)

I venti gelidi e mordenti del Nord spazzavano le montagne, rapidi scivolavano sui poggi innevati sollevando filiformi sbuffi bianchi. Un incessante ululato riecheggiava nell’aria, trasportando echi lontani, perdute voci ancestrali dell’Eden.

L’Erydliyss: un’infinita giungla di pinnacoli, archi e crepacci congelati in perenni cortecce di ghiaccio e neve e martoriati da inesorabili tormente boreali.

La triste e interminabile colonna di soldati si snodava per chilometri sull’angusto sentiero che serpeggiava tra gli affilati dossi cristallini. Talvolta abissi vertiginosi, profondi quanto erano alte le montagne, fiancheggiavano la strada.

Il freddo insopportabile era ormai divenuto la preoccupazione comune di tutti i miliziani dell’armata, addirittura quasi superando il pensiero della battaglia imminente... o quella del morbo, il Gûl-lhiw.

In quelle schiere silenziose di uomini intabarrati alla meglio, tra le arrancanti carovane di cavalli, macchine d’assedio e carri dei rifornimenti, non si scorgevano solamente guerrieri di ventura arruolati nelle terre del Nord o nei Regni Umani, ma spiccavano gruppi di avventurieri dai colori e armamenti più disparati. Persino i clan avevano risposto al bando: gente del Sorya, del Toryu, persino sparuti gruppi provenienti da Taanach avevano attraversato mezzo continente per unirsi all’esercito di Kreisler Valrafkan.

Vahram era con loro. Col suo biroccio sommerso dalla neve, le insegne coperte e rinserrate, si era accodato alla teoria di vagoni e artiglierie, ritrovandosi sventuratamente proprio dietro a un grosso basilisco, il quale puntualmente s’incagliava nei modi più improbabili in una qualche crepa del ghiaccio, costringendo gli artiglieri a bloccare l’intera fila ogni volta, incitati da un coro di ingiurie ed esortazioni – spesso non tanto gentili – a darsi una mossa. Talvolta, sulle salite più ripide, i quattro cavalli che lo trainavano non ce la facevano. Sicché quel grosso bestione in acciaio e in ghisa iniziava a slittare all’indietro, incombendo pericolosamente su tutta la carovana retrostante, scatenando un fuggi fuggi generale e costringendo tutti i soldati nel raggio di centro metri a buttarsi sulle gigantesche ruote del cannone per aiutare a spingerlo su per il pendio onde evitare l’imminente disastro.

L’unico a sentirsi più o meno a suo agio in quell’ambiente pareva essere Raffi, che trainava il carretto. Seppur stanco, il cavallo di montagna di Vahram, grosso quanto un cammello, avanzava sicuro sul ghiaccio e sulla neve, piantando saldamente i suoi affilati zoccoli bidattili da rupicavallo, ognuno largo quanto una faccia umana, nel terreno scivoloso. Aveva persino aumentato la sua pelliccia per fronteggiare il rigido clima del Erydliyss, trasformandosi in qualcosa di simile a un bizzarro incrocio tra un grosso asino e un bue muschiato. E mentre diversi altri cavalli dell’esercito soccombevano al freddo e finivano macellati, lui proseguiva indefesso, indifferente ai morsi del gelo.

«Beato lui...» Pensava Vahram in cassetta, imbacuccato con tutti i vestiti pesanti che aveva. Indossava farsetto, casacca e pantaloni invernali neri, stivaloni da cavaliere, giubba pesante lunga fino alle ginocchia decorata con ricami geometrici variopinti su sfondo nero. Sulle spalle l’ampia cappa frangiata di lana marroncina e la sciarpa, alzata sul volto fin sotto gli occhi. La sua testa era tenuta al caldo da un colbacco di pelliccia nera. Sopra portava il suo inseparabile e devastato mantello nero da combattimento, con una pelle di lupo fulva – aggiunta al momento – cucita intorno al cappuccio.

«Santi Dei... spero che questo incarico mi renda una giusta ricompensa. Sarò pure nato tra le montagne, ma questo freddo madornale è insopportabile anche per le mie ginocchia!» Per fortuna la sua tempra di mamūluk aiutava, anche se in verità era più abituato all’afa del deserto. La sua lunga permanenza nelle terre del Nord aveva persino schiarito la sua pelle bruna.

Quella era la prima volta che si addentrava nell’Eden, e il primo impatto che ne ebbe non fu certo un granché. Nonostante si trovasse in un luogo simile all'alta montagna, quei luoghi desolati e pieni di morte non rassomigliavano minimamente alla sua terra natale.

Cercò di non pensare a cosa lo avrebbe aspettato a Lithien. La battaglia non lo spaventava, ma la “maledizione” che gravava su quella città... era un altro discorso. Morire in battaglia era una cosa, ma contrarre il morbo e trasformarsi in un mostro privo di senno, scivolare lentamente nell’oblio, nella prigione della pazzia era quanto di più orribile potesse capitare anche al più impavido dei guerrieri.

Scacciò queste preoccupazioni dalla sua mente. Ci avrebbe pensato una volta giunto sul posto. Aveva bisogno di qualche altro problema su cui concentrarsi.

*CATAKLONK!!*

«Mehret chunam...!!» Bestemmiò sonoramente.

Ecco... Il basilisco si era inchiodato di nuovo.

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Lithien. La Città Bella – o almeno così la chiamavano – si stagliava finalmente pallida all’orizzonte, incastonata come una frastagliata roccia di sodalite tra due svettanti picchi bianchi e affilati.

Vahram scrutava l’acropoli arroccata sulla sommità di una guglia rocciosa con il suo cannocchiale, cercando di carpire qualche dettaglio interessante sull’obbiettivo che avrebbero assaltato la mattina seguente.

Annotò qualcosa sul suo taccuino blu, dove schedava ogni informazione sui luoghi che visitava, sotto la voce “Erydlyss ~ Lithien”. Nulla d’importante.
L’esercito si era accampato sopra un alto promontorio. Gli ordini di Kreisler erano stati chiari. Avrebbero attaccato all’alba.

L’ora si stava facendo tarda. Forse era meglio tornare al proprio carretto: doveva ancora affilare le sue armi e preparare e controllare tutto il suo equipaggiamento. Ripose il cannocchiale nella borsa e si avviò a passi svelti verso la sua postazione.

Mentre camminava, estrasse il suo taccuino rosso, dove schedava ogni persona che riteneva degna d’interesse, e iniziò a sfogliarlo. Si era arruolato nella cavalleria, e da quanto aveva sentito nella sua squadra ci sarebbero stati alcuni membri provenienti dai clan. Cercò la pagina giusta e lesse le note sotto i duo nomi che vi erano riportati.

Vaairo Bloodrunner. Anche lui membro del Clan Goryo. Con quel poco che aveva udito non era riuscito a inquadrare bene questo guerriero. Sembrava essere un tipo particolare, come lo era anche il suo modo di combattere. Fare la sua conoscenza sarebbe stato oltremodo interessante. Forse parlandoci di persona avrebbe potuto sapere di più su questo curioso personaggio. Sperava di trovare in lui un buon compagno d’armi.

Fanie Elberim. Un’elfa del Clan Toryu. Aveva sentito parlare molto di lei: voci piene di rispetto e ammirazione. Tutti i membri del Toryu a cui aveva chiesto informazioni s’illuminavano narrando non solo della sua abilità in battaglia, ma anche della sua bellezza e generosità. Si diceva inoltre che non fosse... del tutto un’elfa.
«Una donna...?» I suoi pensieri si fecero confusi nel decidere su come avrebbe dovuto relazionarsi con lei. Appena l’avesse incontrata, si sarebbe fatto le idee più chiare.

In fondo li avrebbe conosciuti entrambi molto presto.

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Sui versanti del promontorio alcuni esploratori avevano scoperto diverse grotte abbastanza ampie in cui allestire magazzini e ricoveri per gli animali. La scuderia della squadra di Vahram si trovava proprio in una di queste caverne.

Il guerriero decise che probabilmente era meglio portare anche Raffi insieme agli altri cavalli, almeno così sarebbe rimasto al caldo durante la notte gelida e avrebbe avuto da mangiare.

Un angusto viottolo scendeva sul fianco dell’altura portando a una grossa cavità della roccia, abbastanza grande da permettere a tre cavalli di passarci contemporaneamente.

La grotta non era molto profonda, ma l’interno era sorprendentemente spazioso. Gli stallieri e cavalieri avevano allestito nell’esiguo tempo a disposizione una rudimentale, ma efficiente scuderia. Con i tronchi e i materiali da costruzione portati sui carri dalle regioni temperate avevano costruito delle rastrelliere a cui legare gli animali sfruttando ogni spazio disponibile. Mucchi di fieno, barili pieni d’acqua, selle, briglie e ogni strumento necessario per la cura dei cavalli erano stipati più o meno ordinatamente in ogni angolo ancora utilizzabile.

L’accogliente tepore misto al piacevole odore di fieno e sterco di cavallo tipico delle stalle fu una gioia per le narici di un cavaliere vissuto come Vahram.

Appena Raffi intuì che il suo padrone intendeva legarlo insieme agli altri cavalli, cominciò a fare i capricci, a tirare e a scuotere la testa in segno di disappunto.

«Ma che fai, Raffi?!» Esclamò nella sua strana lingua. «Lo faccio per il tuo bene. Non posso lasciarti libero: so che sei uno scalmanato. Domani abbiamo una battaglia da combattere, non vorrei che ti stancassi durante la notte andando a zonzo o saltellando qua e là.» Lo accarezzò dolcemente. «Cerca di capirmi, ne va di tutti e due. Allora, farai come ti dico io?»

Per un momento Raffi fu scettico, ma infine annuì, lasciandosi legare alla rastrelliera insieme agli altri senza protestare.

I fieri cavalli di razza Yomud, oltre ad essere eccellenti scalatori, si rivelano inoltre creature sorprendentemente intelligenti. Non c’è da stupirsi se i cavalieri aramani erano soliti lasciarli in libertà, senza legarli o confinarli in recinti. Questi infatti non solo non fuggivano dai propri padroni prediletti, ma erano persino in grado di avvertirli in caso di pericolo. Per questo motivo Vahram solitamente preferiva non legare Raffi. Però in quel momento la situazione era diversa: il giorno successivo il suo destriero avrebbe cavalcato in battaglia per la prima volta, dunque era meglio assicurarsi che quella notte si riposasse.

Il cavaliere diede un’ultima carezza d’incoraggiamento al suo grande amico, poi si allontanò.

Proprio in quel momento li vide.

All’entrata della scuderia vi erano un giovane guerriero dai capelli rosso fuoco e gli occhi caparbi e ferini e una fanciulla in armatura di celestiale bellezza. Non c’erano dubbi, le descrizioni coincidevano perfettamente: erano loro.

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Vaairo Bloodrunner e Fanie Elberim.

Si tolse la sciarpa dalla faccia e si passo assorto due dita sulla sua barba pizzuta, ormai decisamente incolta a causa delle indigenze del viaggio. Li scrutò da lontano, soprattutto Fanie: nonostante il suo aspetto marziale, suo sorriso era illuminato da una spontanea benevolenza e affabilità.

Ciò che Vahram provava nel guardarla era un sentimento strano, come se quella ragazza fosse una creatura completamente diversa da quella succube assassina che in una notte lontana avvelenò la sua vita, costringendolo a scorgere la stessa ombra di terrore in ogni viso e corpo femminile.

Un freddo e vago timore però non accennava a lasciarlo. Si era convinto di aver trovato maggior sicurezza in quella maledizione, ma in quel frangente risultava semplicemente un molesto incomodo.

«Avanti... domani ti dovrai trovare comunque a faccia a faccia con lei. Tanto vale fare la sua conoscenza ora. In fondo adesso è una tua compagna, una sorella d’armi.» Disse a se stesso.

Si scrollò di dosso quelle preoccupazioni e riacquistò la proverbiale freddezza di Al Patchouli, l'efferato assassino. Fece un lungo respiro e improvvisamente sul suo viso apparve un artificioso sorriso bonario – il migliore che gli riuscì in quel momento –. Dunque si avvicinò a loro.

«Barev aperes.» Esordì, appoggiando il pugno sul petto e rivolgendo un inchino prima a Fanie e poi a Vaairo. Subito si rivolse a quest’ultimo. «Sbaglio o anche tu provieni dal contingente del Goryo?»

«Non sbagli, socio, e se dici "anche" significa che sei di Taanach anche tu.» Rispose. «Vaairo Bloodrunner.» Si presentò, porgendogli la mano.

Vahram la strinse con entusiasmo, rispondendo cordialmente al gesto. «Al Patchouli, molto piacere. A quanto pare saremo nella stessa squadra.»

«Con i cavalli? Siete tutti più esperti di me, qui.» Disse, lasciando alla fanciulla lo spazio per presentarsi.

«Fanie Elberim, della Schiera del Drago Nero, molto lieta.» Pronunciò con un inchino.

Nel sentire la sua voce, Vahram ebbe un mancamento. Per un attimo il suo sorriso si ammosciò in una smorfia grottesca. Non fu solo la sua fobia a farlo tentennare: in quel momento ebbe la certezza che una palpabile aura... innaturale circondasse Fanie.

A Vaairo non sfuggì la sua reazione. «Significa che non devi farla incazzare. E' una ragazza pericolosa.» Scherzò, ridacchiando.

Vahram si ricompose all’istante. «Ah! Hahaha...» Rispose ridendo giovialmente, poi si rivolse nuovamente a Fanie. «Ehm, errm... onorato di conoscervi. Ho sentito molto parlare di voi. Sono felice di poter combattere al fianco di cavalieri esperti. Certo... non ho mai fatto parte di corpi di cavalleria pesante, ma vanto una grande esperienza delle squadre d'assalto e nella cavalleria leggera.»

«Per affrontare la fortezza ci vorrà molto più che l'esperienza, ve lo garantisco...» Ribatté Fanie. «Però sono felice di vedere tanti mercenari lavorare per un fine giusto come questo. È lodevole.»

«Abbiamo affrontato di peggio. Per quanto mi riguarda, l'assalto di domani sarà solo un inconveniente tra me e un comodo letto: fa un freddo fottuto, quassù.» Aggiunse Vaairo.

Fanie annuì in tutta risposta.

«Hai ragione, anch'io vengo dalle montagne, ma non immaginavo che esistessero luoghi in cui può fare tanto freddo.» Commentò Vahram. «Il clima del mio paese natale in confronto è rovente quanto il Plakard.»

La conversazione proseguì amichevole tra aneddoti, osservazioni sull’imminente battaglia e battute di spirito. Vaairo si dimostrò un compagno espansivo e sagace, una persona interessante e simpatica agli occhi del guerriero aramano, anche se non osava mettere la lingua quando Fanie e Vahram s’inerpicavano in arzigogolate disquisizioni su tattiche di cavalleria e sottigliezze di strategia. Insomma, un buon camerata con cui scambiare facezie e opinioni... e magari anche una sana scazzottata.
D’altra parte Fanie si rivelò una ragazza affabile e cordiale e un’interlocutrice oltremodo brillante. A udirla parlare, mostrava una saggezza e un’esperienza ben superiore a quella che si addirebbe a una fanciulla della sua età. Be’, in fondo... gli elfi sono gli elfi.

Parlando con i suoi due nuovi amici, sentì riemergere quel caldo sentimento d’intesa, di fiducia reciproca che non sperimentava da anni; quella sensazione vincolante di essere legati tutti a un destino comune.

Cameratismo.

Quante memorie riemersero nella mente di Vahram, quanta nostalgia... Più dialogava con Vaairo e Fanie, più si acclimatava alle loro personalità. In particolare, il timore iniziale nei confronti di Fanie parve scomparire come un imbarazzante ricordo.

Infine si sentì persino in obbligo di invitarli al proprio biroccio, facendo onore al proverbiale spirito di accoglienza aramano.

«Se voleste accettare il mio invito... possiedo una tenda abbastanza ampia e comoda per tre persone e del cibo caldo.»

«Potrei sposarti, amico.» Vaairò non ci pensò due volte, accettò al volo l’offerta.

«Grazie sei molto gentile.» Rispose Fanie, accogliendo cordialmente l’invito.

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Posizionata nelle vicinanze della caverna-scuderia, la postazione di Vahram sembrava quasi di per sé un piccolo accampamento. Come il maschio di un castello, il carretto si ergeva al centro di una cortina di tendaggi, absidi e separé minuziosamente ancorati al terreno tramite corde, paletti e tondini di metallo, in modo da creare una compatta struttura aerodinamica e resistente alla furia del vento. Lì sotto erano allestiti tutti il laboratori in cui il cavaliere curava e affilava le sue armi e preparava le sostanze chimiche e magiche da usare in battaglia. Sopra quella piccola fortezza di stoffa svettava la tenda a casetta che copriva il biroccio, foderata di raffinati tappeti decorati con variopinte forme geometriche.

Le parti più solide e appariscenti della struttura erano state letteralmente spalmate di neve al fine di mimetizzare al meglio il tutto e ridurre la dispersione di calore dall’interno.

Vahram invitò i suoi ospiti ad accomodarsi dentro il carretto – ormai svuotato, salvo per alcune pellicce stese sul pavimento –, la zona più calda e accogliente.

«Sistematevi dove volete, aperes. Fate come se foste a casa vostra. C’è spazio a sufficienza per tutti. Dovrei avere anche delle coperte in più da qualche parte. Ah! Vi sconsiglio solo di toccare quella leva se non desiderate fare un bel volo giù dalla rupe e ritrovarvi anzitempo sotto le mura di Lithien: è il freno meccanico del carretto.»

Dato che il tessuto della tenda era sufficientemente spesso da schermare la luce, Vahram raccattò una lanterna ad olio, la accese con una miccia da pistola e la appese alla traversa del soffitto. Mise a loro disposizione ciò che aveva e iniziarono a mangiare.

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«Cavalleria leggera quindi...» Fanie ruppe per prima il silenzio. «Dovresti starmi dietro domani. Io andrò in prima linea!»

«Mi sembra più che ragionevole. Starò dietro di voi e vi supporterò con arco e lancia.» Disse Vahram, attizzando pacatamente la sua lunga pipa.

Il mercenario dai capelli rossi si accese una sigaretta con un fiammifero e rimase ad ascoltare la conversazione in silenzio.

Fanie sorbì un altro sorso del suo sidro e proseguì. «Quelli che incontreremo sono uomini e donne che hanno subito un destino peggiore della morte... ucciderli sarà come liberarli, quindi non dobbiamo temere per le loro anime.»

«Proprio come con i Korps.» Aggiunse Vaairo.

«Buono a sapersi.» Rispose il cavaliere, impercettibilmente sollevato da un problema morale in meno. «Questo facilita le cose. Temo solo per quella strana malattia che li appesta... Voi l'avete mai combattuta in passato?»

«No, mai. Spero che sapranno proteggerci da questa epidemia...» Commentò il rosso.

Il volto di Vahram si adombrò. «Io non temo la morte... ma quell'esistenza dannata è un'altra cosa.»

Fanie, elargì un vivace e incoraggiante sorriso ai due guerrieri. «Posso dirvi solamente una cosa... restiamo uniti. Schiena contro schiena. Se ci sciameranno addosso non abbiamo alcuna possibilità di sopravvivere da soli... che ne dite, siete della mia idea?»

«Ormai sono abituato a guardarti le spalle, Fanie.» Rispose Vaairo. «Un paio di occhi in più non farà certo male.»

«Non ci accadrà nulla se riusciremo a stare uniti. Io porterò lo stendardo della mia armata in battaglia...»

Fanie sollevò un gonfalone arrotolato in modo che tutti potessero vederlo.

«...restateci sotto e qualcuno vi guarderà sempre le spalle, proprio come ha detto Vaairo!»

Vahram osservò quello stendardo con vaga curiosità. Non conosceva la Schiera del Drago Nero, forse l’aveva solo sentita nominare in passato, da qualcuno che non ricordava. Cavalcare con una paladina di quell’ordine lo galvanizzava, ma il suo spirito di volpe solitaria non lo rendeva per nulla adatto al lavoro di squadra.

Persino ai tempi dei mamūluk era uno scalmanato irriverente. Nella sua compagnia di cavalieri tendeva a ricoprire solitamente ruoli di supporto, dato che era un medico; non aveva nemmeno mai avuto la stoffa del capo. Preferiva combattere dando libero sfogo alle sue follie, senza avere troppi vincoli, piuttosto che restare fisso in una formazione.
Inoltre il suo stile di combattimento a cavallo era totalmente differente dal loro.

L’ombra di un ghigno apparve sul volto di Vahram. «Ci proverò, aghjik. Ma vi avverto: in genere sono abituato a fare... un po' di testa mia.» Assaporò un lungo tiro di pipa, per poi incorniciare il suo viso bruno in una sonnolenta nuvola di fumo.

«Io facevo parte dei corpi di cavalleria leggera aramana, quando ero uno schiavo guerriero. Le nostre tattiche di cavalleria erano famose. I guerrieri del mio popolo cavalcano i rupicavalli Yomud, i cavalli di montagna, destrieri avvezzi a galoppare sulle scoscese pareti rocciose. Quindi non stupitevi se prenderò... altre strade durante l'assalto. Seguirò il tuo stendardo, ma ti disturba se qualche volta... ci resterò sopra invece che sotto?» Disse mimando con ampi gesti in alto, sopra la sua testa, un qualche strano animale saltellante.

La sua scenetta destò l’ilarità generale.

«Questo lo voglio vedere assolutamente.» Esclamò Vaairo, divertito, mentre Fanie scoppiò a ridere al pensiero di quale bizzarria avesse in mente il guerriero aramano.

«Oh, lo vedrai, lo vedrai, se mi capita l'occasione. Dico davvero.» Incalzò Vahram, rivolgendosi al mercenario.

Fanie obiettò prontamente. «No affatto, il mio obiettivo è creare una testa di ponte in mezzo alla strada principale, smonterò dopo aver travolto le prime linee cercherò di resistere fino a che gli altri non avranno ripulito le torri, bloccando quanti più rinforzi nemici.» Sospirò appena. «Se vorrai unirti a noi, sarebbe bello avere una spada in più.»

«Vedremo come si svolgerà la battaglia. Non si sa mai.» Ribatté Vahram, sventolando flemmaticamente la pipa verso l’elfa. «Il combattimento volante è il mio forte.»

Fanie lasciò intendere di voler concludere la serata. «Dopotutto sono fiera di essere qui oggi... tante culture, tanti stili di combattimento... e tutti siamo qui per una ragione ben più grande di noi.» Fece una breve pausa. «Sapete cosa vi dico? Date il meglio di voi stessi e fidatevi gli uni degli altri. Sono sicura che ne usciremo vittoriosi!»
Infine si sistemò sui tappeti di pelliccia, intenta a coricarsi. «Adesso però sarebbe meglio riposare, cosa ne dite?»

Vaairo non disse nulla. Annuì, spense la sigaretta e si distese anche lui.

«Uhm...» Mugugnò Vahram accorgendosi di quanto il tempo fosse volato. «Parole sante.» Concluse, pronunciandosi in un profondo gesto di assenso. Spense la pipa svuotandola fuori dal carro, soffocò la fiamma della lanterna e si sdraiò anche lui, cercando di prendere sonno.

All’alba li aspettava una giornata molto dura.

Forse la più dura della loro vita.

Forse l’ultima.



Ecco qui, finalmente. Scusate la lunghezza. :look:
Ho trascritto i dialoghi come avevamo concordato cercando di trattare il meno autoconclusivamente possibile i vostri pg. Siate liberi di interpretare il tutto come volete.

Sunto: all'inizio descrivo una scena del viaggio verso Lithien, poi, appena arriviamo e ci accampiamo, Vahram fa la conoscenza di Fanie e Vaiiro in una stalla allestita in una grotta. Infine Vahram invita tutti alla sua tenda, dove passano la serata mangiando e chiaccherando, finché non decidono di coricarsi in vista della pesante giornata successiva.

PS: Inserisco lo specchietto quando inizia la battglia.

EDIT: Ho aggiunto un breve riassunto.




Edited by Orto33 - 27/1/2014, 17:38
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 28/1/2014, 04:56





Winterreise ~ Im Dorfe


La lunga marcia nei territori a nord non mi aveva fiaccata, ma il mio spirito era ancora vessato da più d'una preoccupazione in merito al futuro. Gli eventi di Lithien sarebbero stati solo una goccia in una mare ben più grande, almeno secondo la mia prospettiva, ma non era possibile ignorarli. Quando avevo saputo che svariati uomini, tra mercenari e soldati regolari, si erano proposti di espugnare la città dalle grinfie della malattia mi ero messa immediatamente in marcia per unirmi a loro. Si, Basiledra aveva dei problemi che non potevo trascurare, ma la Schiera che io e Raymond stavamo costruendo andava ben oltre quel semplice gioiello dell'umanità...
Quello che volevamo si estendeva sopra le verdi valli coltivate, le pianure desertiche e le foreste impenetrabili, sino ai picchi più aspri sferzati da venti gelidi perenni: noi volevamo essere una speranza.

Il discorso gel Generale, nonostante il freddo penetrante, riuscì a farmi capire che al mondo non ero la sola a voler intraprendere battaglie, a volte disperate, alla ricerca di ciò che è giusto. Forse Lithien non sarebbe mai più stata la stessa, incapace di riprendersi dal brutto colpo subito, o forse sarebbe rinata a vita nuova, come una fenice dalle proprie ceneri, dimostrando al mondo tutto quanto forte e robusta sia la gente del nord. In ogni caso e ad ogni costo, però, le forze oscure che l'abitavano non lasciavano che le anime dei morti trovassero la via del cielo... e non potevamo permetterlo.
Guardandomi attorno, pur nella vasta eterogeneità dei volti, scorgevo solo individui decisi a portare a compimento quell'incarico, quasi come se il denaro, il vizio, il mero bisogno di mangiare e lavorare, passassero in secondo piano davanti all'esigenza, reale e retta, di riportare ordine nel caos.
La cosa mi colpì particolarmente perché mai, prima di quel giorno, mi era capitato di vedere uomini diversi, con idee e scopi altrettanto diversi, collaborare fianco a fianco per uno scopo unico e superiore alle loro singole necessità. Era forse quello, in un piccolo angolo di mondo abbastanza vicino al cielo quale era l’Erydlyss, ciò che più si avvicinava al mio sogno.

[ ... ]

Il contingente dei mercenari Goryo era senza alcun dubbio il più numeroso: vuoi per denaro, per fama o semplicemente per la bramosia della battaglia, eppure mi rendeva felice sapere che molti individui che, almeno sulla carta, si prestavano al soldo del migliore si erano imbarcati in una crociata di tale importanza... se loro erano dalla nostra parte, nessuno poteva voltarci le spalle. Tra tanti, però, nessun volto noto... tranne uno: Vaairo. Ero felice di vederlo, felice di sapere che stava ancora combattendo nonostante i suoi demoni ed il suo dolore. Mi ero fatta assegnare all'unità di cavalleria, perché ero stata addestrata alla prima linea ed era quello il luogo dove mi sarei dovuta trovare, ma chiesi ugualmente al ragazzo del Bloodrunner di montare con me, per lottare nuovamente schiena contro schiena contro un nemico temibile. Inutile dire che accettò con una certa enfasi. E fu proprio mentre cercavamo di capire quale cavallo ci fosse stato assegnato che qualcuno, a me sconosciuto, parve farsi largo tra gli altri per venire a parlarci.

A vederlo, sarò sincera, non mi ispirava eccessiva fiducia: dall'aspetto stravagante e dalla parlata chiaramente staniera mi dava l'impressione di essere uno di quei bizzarri ciarlatani che spopolano nei mercati dell'oriente, sempre pronti a vendere qualche pozione miracolosa che altro non è che acqua colorata. Però Al Patchouli non era così. Si presentò educatamente e si offrì di fornirci un luogo dove dormire la notte, evitando l'agghiaccio. Molti, al suo posto, non l'avrebbero fatto e quella singola gentilezza mi fece ricredere sulle mie iniziali perplessità, dandomi modo di apprezzare qualcuno che, pur molto diverso da me, stava seguendo il medesimo obiettivo. Vaairo scherzava, spesso e volentieri, su di me e questo mi faceva sentire bene, in qualche modo più umana e mortale, lontano dalle preoccupazioni e dai problemi insormontabili che tendevano ad ottenebrare la mia anima ogni sera al calar del tramonto. Se le situazioni fossero state diverse, se il tempo ci avesse permesso di sederci tutti quanti ad un tavolo per parlare... quante storie, quanti racconti e quanta conoscenza, avrei potuto apprendere.
Sospirai spesso, quella sera, discutendo del più e del meno con quei miei due compagni, a volte di cose inerenti al combattimento ed altre semplicemente atte a conoscere meglio gli uomini con cui averei lottato l'indomani.

E nonostante la paura, il timore ancestrale di perdere la vita in combattimento, non avrei cambiato un solo istante di quel giorno. Perché? Perché stando seduta attorno ad una piccola lanterna, ben nascosta alla vista della fortezza, potevo sentire un calore che raramente mie era concesso provare: il calore umano.

Durante la discussione mi lasciai andare a diverse raccomandazioni, non volevo che qualcuno restasse isolato o bloccato in mezzo alla confusione, specialmente lanciando una carica di cavalleria, quindi mostrai a tutti uno stendardo della Schiera indicando cosa fare in caso di necessità.
« Non ci accadrà nulla se riusciremo a stare uniti. Io porterò lo stendardo della mia armata in battaglia... »
Lo stesi perché potessero vederlo meglio, col drago nero ben visibile al centro.
« ...restateci sotto e qualcuno vi guarderà sempre le spalle, proprio come ha detto Vaairo! »
Era la seconda volta che scendevo in battaglia portando la bandiera della mia nuova famiglia... avrei dovuto dimostrare a tutti che la Schiera era ancora viva e non giaceva inerme come un animale ferito tra le mura di Basiledra! Rogozin mi aveva, a suo modo, aperto gli occhi in merito al ruolo che avevamo avuto negli eventi importanti del Regno ed io, nel mio piccolo, avrei mostrato a tutti i presenti che il Drago Nero non giaceva al suolo con le ali tarpate ma ruggiva, con forza e coraggio, al male in ogni sua forma, sia nel suolo sacro della Cattedrale che nelle catene montuose più lontane dell'intero continente.
Le persone dovevano tornare a fidarsi le une delle altre, creare qualcosa che durasse nel tempo abbastanza da cambiare le cose. Quello che stavo facendo era solo un primo, miserabile, passo... ma era decisivo per il futuro di coloro che amavo.

Quando chiesi di riposare, spegnendo anche quell'ultima fonte luminosa appena percettibile, l'oscurità mi lasciò piacevolmente sollevata. Non perché non mi rendessi conto del pericolo che avrei corso all'alba, non ero certamente stupida, ma perché nel buio più totale, col ruggito del vento che saltuariamente tornava a tormentarci, sapevo di non essere sola. Era come una forza incredibile che mi sosteneva in ogni pensiero, il solo sapere che vicino a me c'era qualcuno pronto a dare la sua vita per me, e viceversa, mi rendeva sicura e salda nel mio dovere.
Uniti resistiamo, divisi cadiamo.



Ecco il piccolo post introduttivo! Ho preferito non riprodurre i dialoghi già scritti in maniera totale da Orto, per evitare una ripetizione che potrebbe annoiare e stonare col tutto, quindi ho preferito analizzare la cosa dal punto di vista psicologico e rimanere nel breve per poter, in seguito, scrivere il post principale in maniera più completa. Spero piaccia ^^
 
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Ydins
view post Posted on 1/2/2014, 11:39




Winterreise Im Dorfe - Piccoli inizi.



Località: Lithien - Erydlyss.
Orario: ??:??
Stagione: Inverno
Status progetto: Prima fase - Esplorazione.



Quella marcia in cui era impegnato era senza dubbio faticosa e lunga. Erano successe molte cose da quando era fuggito dalla sua condizione di schiavo. Aveva trovato lo scudo di cui aveva bisogno per tenere lontane eventuali minacce da parte dei signori dello Xuaraya. Stava iniziando a farsi dei buoni alleati o amici, a seconda delle interpretazioni. Il secondo passo per la corretta realizzazione del suo piano consisteva nel farsi il nome. Il solo pronunciare la parola Urbanista avrebbe dovuto ispirare fedeltà e garantirgli la possibilità di poter guidare un esercito allo scopo di radere al suolo il polmone dello schiavismo e far capire a chiunque abbia intenzione di privare qualcuno della libertà per qualunque ragione.

Una folata di vento lo riportò alla realtà. Per la prima volta della sua vita si era avventurato nell'Eden allo scopo di svolgere un compito. Non condivideva la causa, ne sentiva alcun tipo di brama di combattere. Non sentiva alcun tipo di impulso nel gettarsi nella mischia, ma era conscio di ciò che avrebbe dovuto fare. Non percepiva più le difficoltà iniziali nel dover colpire la gente. Sapeva che cosa doveva fare e non aveva la minima intenzione di tirarsi dalla mischia oppure scaricare il barile ad altre persone.

Attenzione nano!



Con un debole e svogliato movimento della testa, l'Urbanista guardò nella direzione da cui aveva percepito quelle parole. Vide un umano sulla trentina. Si stupì di essere riuscito a camminare tanto tempo senza accorgersi di quella persona che si trovava al suo fianco. Dalle cicatrici sulle braccia e l'odore marcante di metallo poteva dedurre che stava avendo a che fare con qualcuno abituato al campo di battaglia. La carnagione scura suggeriva una provenienza del sud oppure una grande esposizione ai raggi solari. Il nano trovò curioso il modo in cui quella persona teneva i capelli, ovvero in cinque trecce che si univano per formarne una più grande. Le labbra del suo interlocutore si mossero ritmicamente.

L'ascia non è ben assicurata, ti sta scivolando.



Con la mano sinistra l'ex schiavo verificò la veridicità di quelle parole, effettivamente l'arma si trovava fuori posto e quindi agendo sulle cinghie riuscì a sistemarla sulla schiena velocemente.

Ti ringrazio.



Corto ed arido, come gli piacevano le relazioni con le persone che non conosceva.

E' la prima volta che vai a combattere? Non sembri un guerriero navigato. Che cosa ti spinge a impugnare quell'ascia?



Sembrava essere intenzionato a parlare, forse per ingannare il tempo oppure per curiosità. Ydins non aveva problemi a raccontare la sua storia e parlare con gli sconosciuti e dopotutto quello sarebbe stato un bel modo per spendere quel tempo.

No, non lo sono affatto. E' la mia prima battaglia. Mi sono prefissato uno scopo. Acquisire esperienza in battaglia è una delle prime tappe.



Seguì un istante di silenzio, necessario perché l'Urbanista trovasse il coraggio di continuare a parlare.

E che mi dici di te invece? Perché te ne vai in giro con quella spada e lo scudo? Hai la faccia di qualcuno che poteva diventare un eccellente soprano!



I due si misero a ridere. Le spalle di Ydins si rilassarono per la prima volta in qualche giorno trovando sfogo da una tensione che si stava pericolosamente accumulando prima dello scontro. La conversazione continuò ed il guerriero si presentò come Talin di Rilo. Era stato introdotto ad un'educazione militare da parte dello zio, ma alla fine aveva deciso di seguire la via del mercenario perché gli piaceva lottare, conoscere posti differenti e non aveva paura di non potersi più svegliare il giorno successivo. Tutto sommato entrambi potevano dirsi abbastanza simili.

Quella sera il guerriero si permise di insegnare all'ex schiavo un paio di utili trucchetti con l'ascia, riteneva i movimenti dello sciamano ancora troppo acerbi e facili da prevedere. In battaglia abilità e conoscenza degli strumenti adoperati erano le chiavi del successo. Quando Rou chiese perché stesse facendo tanto per lui ricevette in cambio questa risposta:

Perché sono stanco di iniziare una conversazione con qualcuno la mattina e non poterla finire la sera. E poi mi stai simpatico.



Il tempo passò e quell'armata stava raggiungendo la sua meta. In quella metà mattina quello che doveva essere probabilmente il comandante si concesse con un discorso alla truppa. Pronunciò poche parole, ma allo sciamano fece piacere sapere che c'era comunicazione fra i piani alti ed i soldati. In qualche modo sollevarono il suo morale. Lo preoccupò decisamente la marcia forzata verso quel nucleo urbano di notte. Non sarebbe stato facile in quelle condizioni, ma non vedeva altre alternative valide, quindi avrebbe dovuto accettare il buon vecchio piano A.

Ydins e Talin riposarono raccontandosi storie di fronte ad un fuoco. Il mercenario pareva essere sopravvissuto a molte battaglie e la foga con cui narrava le proprie vicende con gesti ed esclamazioni raccolsero una piccola folla attorno a quelle fiamme.

[…]



Lo scontro stava andando abbastanza bene. Tramite degli esplosivi, gli artiglieri erano riusciti a creare una breccia abbastanza grande da far passare il plotone - o come diavolo si chiamasse quell'insieme di uomini armati – iniziando così il combattimento in mezzo alle strade, nelle torri, oppure sui tetti.

Dopo qualche minuto di combattimento il nano si trovò appoggiato ad un comignolo. Non era affaticato, ma piuttosto impressionato dal numero di quei mostri, che non sembrava accennare a diminuire. I consigli del suo nuovo amico gli erano tornati utili specialmente contro quel bastardo munito di tre code. La sua pausa durò qualche secondo, prima di accorgersi di un infetto corrergli incontro armato di pugno chiuso della grandezza di un melone e bava ripugnante che praticamente zampillava dalla sua bocca.

Per proteggersi dal quel colpo rudimentale, il nano fece uso del guanto sinistro, mentre con l'altra mano assestò un colpo d'ascia al braccio mutato, ma quell'arto dimostrò essere abbastanza resistente al punto da bloccare l'arma bianca. Per farsi strada il nano avrebbe dovuto tagliare la spalla oppure il torace, ma volle evitare la seconda opzione perché avrebbe richiesto una forza enorme per portare a termine la seconda opzione.

Questa volta fu l'artigliere a prendere l'iniziativa. Senza concedere un solo istante di riposo caricò il suo avversario dandogli una spallata, seguita da un colpetto alle gambe facendolo così cadere a terra. Quello era il momento perfetto per colpire. Senza porsi questioni di etica, persa troppe frustate prima, l'Urbanista calò l'arma su quel membro separandolo dal resto del corpo. Seguirono delle urla inumane e schizzi di sangue in ogni dove sporcandogli di fatto l'arma. Con un piede sull'addome, il nano cercò di tenere fermo l'infetto in modo da ucciderlo senza provocargli ulteriore sofferenze. Con un secondo movimento del braccio, la scure penetrò lo sterno ed il pericardio, ferendo così il muscolo cardiaco irrimediabilmente.

Mentre quella creatura spirava, un'altra fece il suo ingresso in scena nel peggiore dei modi, ovvero un attacco a sorpresa.

Mentre Ydins stava cercando di estrarre l'arma da quel cadavere, ricevette un colpo alla spalla destra, arretrando così di qualche passo.

Più che semplice dolore, l'ex schiavo provava rabbia. Non gli piacque essere stato preso alla sprovvista. Non poteva permettersi grandi schivate a causa dell'instabilità delle tegole, oltre all'inclinazione della copertura, oltre allo spazio ristretto. In altre parole avrebbe dovuto impegnarsi davvero per non rischiare di dover cadere e rompersi tutte le ossa. Si assicurò che fosse ancora in grado di muovere il braccio ferito, le smorfie di dolore ed un paio di imprecazioni per la sua negligenza gli fecero capire che doveva reagire. Non gli interessava quanti nemici ci fossero. Progettando edifici aveva capito che i problemi andavano necessariamente affrontati uno alla volta a cominciare da quelli di più bassa difficoltà, per poi isolare i più impegnativi. Applicando questo concetto alla vita reale doveva ammettere di avere un grande numero di nemici, ma il bello – sempre che di “bello” si possa parlare – era che faceva parte di un esercito, quindi c'erano altre persone che si sarebbero occupate delle altre minacce.

Il nano voleva far fuori quella creatura. Gli doveva una ferita e non si sarebbe fermato prima di ucciderlo, era troppo pericoloso lasciarlo in giro, il rischio di essere indirettamente responsabile di altre vittime era troppo alto. Sbattendo un piede a terra e spostandolo in direzione del suo avversario creò a terra una sorta di pinna di squalo con l'intenzione di ferirlo agli arti inferiori.

Una barriera di energia grezza, sporca, ma senza dubbio di natura magica riuscì a bloccare quell'attacco. Ydins se lo aspettava e non rimase ad osservare il panorama. Scattò in direzione del nemico impugnando con la mancina l'ascia, invece con l'altra mano una biglia dissonante. Giunto a distanza da corpo a corpo, l'urbanista cercò di colpire con un fendente parallelo al terreno i piedi del nemico, allo scopo di farlo saltare, cosa che avvenne come da copione. Dall'altezza che il nemico era riuscito a raggiungere con un semplice balzo capì che quella specie di mutazione potenziasse in ogni aspetto gli infetti. Lo sciamano scagliò la sfera e senza indugio in direzione del torace, ma con una forza limitata. Afferrò una tegola ed approfittando della sua nuova capacità di lanciare con precisione degli oggetti ed armi mirò al torace, dove sarebbe dovuto passare l'oggetto. Il coccio di terracotta colpì la sfera facendola esplodere e liberando nell'aria un terribile acuto che stordì il mostro facendolo cadere a terra.

Che brutto deja vu.



Disse in tono sarcastico. Si stupì di essere così freddo con qualcuno che respirava la sua stessa aria, probabilmente aveva letto dei libri, aveva una famiglia e dei progetti per la sua vita. Quello era il passato e ciò che importava adesso era solo il presente, ovvero una bestia deforme da sconfiggere. Con un piede bloccò il torace del suo avversario e con l'ascia lo ferì allo sterno, uccidendolo sul colpo. Talin lo raggiunse e gli diede una pacca sulle spalle. I due proseguirono sul tetto successivo per abbattere l'avversario successivo.

Dai, forse stasera ti racconto di quella campagna nell'Estvan!



Un segnale di fiducia, forse aveva delle probabilità di farcela.

CITAZIONE
Energia residua: 85%
Fisico: Danno medio da ustione alla spalla.
Psiche: Illeso.
Stato d'animo: Teso.
Armi usate: Biglia dissonante.
Note: Ho modificato per aggiungere nello specchietto riassuntivo la biglia dissonante. Azione compiuta con il consenso di Bastard de la Nuit..

Azioni:

1) Ydins si protegge da un attacco fisico facendo uso del guanto.
2) L'urbanista prova a colpire con l'ascia il pugno dell'infetto, ma viene bloccato.
3) Ydins contrattacca con una serie di colpi, ovvero una spallata, poi uno alla gamba sinistra gettando a terra l'avversario.
4) Ydins finisce il nemico con un fendente al torace.
5) Ydins viene colpito da una sfera di natura magica (danno medio).
5) Il nano contrattacca con l'abilità braccio liberatore (potenza media), che viene schivato con l'uso della pergamena del mago barriera.
6) Sfruttando un attacco fisico portato agli arti inferiori, lo sciamano riesce a far saltare il nemico, così il nano getta una biglia dissonante e la fa' esplodere usando la sua abilità "lancio dell'ascia" (consumo basso).
7) Stordito l'avversario cade a terra e l'ex schiavo lo finisce con un colpo di scure.


Abilità in uso:

Tenacia :. La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.

Passiva del nano.



Braccio liberatore :. La tecnica ha natura fisica. L'utilizzatore scaglia un pugno o un calcio a terra. Poi, muoverà l'arto che ha "danneggiato" il suolo in direzione del bersaglio da colpire. L'energia trasmessa dal colpo creerà un'effetto "pinna di squalo" che si dirigerà in direzione dell'obiettivo con lo scopo di infliggere danni variabili da impatto. Durante la sua esecuzione, dietro la pinna si alzerà un polverone dalla brevissima durata (gli istanti che separano l'inizio dalla fine della tecnica) che non riuscirà ad ostacolare la vista dei presenti. Molto utile a causa della sua potenza regolabile a seconda delle necessità..

Abilità personale - Consumo di energia: Medio.



Lancio dell'ascia :. La tecnica ha natura fisica. Il caster diviene in grado di compiere scatti molto rapidi, al fine di difendersi da attacchi del proprio avversario. La tecnica, a scelta, permette di compiere o un singolo scatto, oppure due brevi scatti; in ogni caso, il potenziale difensivo della tecnica rimane, nel complesso, pari ad alto, ed ogni abuso di tale circostanza potrà essere punito come "antisportivo". La tecnica non è da considerarsi un power-up, bensì un effetto fisico a scopo difensivo. Può essere personalizzata con effetti particolari legati alle gambe del caster, o trasformazioni specifiche che giustifichino i salti o le capacità così come descritte, benché l'effetto non si discosti da questo. Non è un teletrasporto, ma uno spostamento molto rapido.

Abilità personale - Consumo di energia: Basso.



Biglia dissonante :. Il più grande problema di Ydins è quello di non riuscire a combattere a distanza. Non è abile nella magia, anzi, è praticamente incapace nei suoi utilizzi e per questo motivo deve ricorrere ad altri stratagemmi per avere la meglio in battaglia. Creare un'occasione per poter portare a segno un colpo decisivo è fondamentale in battaglia, così il nano ha deciso di fare uso di oggetti la cui funzione sia quella di creare il diversivo necessario per poter vincere. Uno di questi oggetti è la biglia dissonante. Quando rotto l'involucro di vetro a forma sferica; si genererà uno stridio fortissimo che si propagherà in tutte le direzioni. Le vittime di questo gingillo che non saranno in grado di difendersi saranno costrette ad affrontare un senso di disorientamento, dolore ai timpani e tempie oltre ad un forte stordimento. Ydins possiede questo oggetto in dose doppia.


Edited by Ydins - 2/2/2014, 15:04
 
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view post Posted on 2/2/2014, 19:15

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Winterreise

« Incontri»





Passato~ Terra degli Spiriti

Questa non é la nostra gente Thudyr, non é la nostra guerra!
La voce del Generale Brogan, primo paladino della Terra degli Spiriti, risuonava sul vociare confuso della dozzina di esuli che affollavano il Tempio degli Spiriti. Ognuno di quei profughi portava sul corpo i segni di una malattia crudele e violenta, un morbo che aveva reciso centinaia di esistenze, che aveva prostrato l'esercito, annichilito la popolazione e consegnato quella civiltà alla rovina. Erano stati gli orchi. Gol il Nero e i suoi immondi seguaci erano una tribù di pelleverde considerati eretici e scacciati dai loro simili. Professavano una fede antica, blasfema che onorava una divinità oscura e malvagia. Tramite i rituali negromantici in suo possesso Gol infettava le città che poi voleva assaltare, quando la malattia aveva fatto il suo corso i suoi soldati facevano il resto del lavoro. Nessuno capiva perché uccidessero in quel modo, ma molti indizi portavano a pensare che quel modus operandi fosse una sorta di distorsione del Grande Gioco e che l'intero culto seguito dalla tribù del Sangue Nero fosse una costola eretica di quello "ortodosso" dell Net, l'Unico.
Il mio maestro non pareva dare attenzione al suo secondo in comando, passava invece da un malato all'altro, lavorando senza concedersi un istante di respiro. Studiava il morbo, cercava una cura, interrogava gli esuli e aveva ordinato ad un drappello di esploratori di visitare la città assaltata per portargli notizie.
Non capisci? La gente ha paura di ammalarsi. Girano voci strane, sentori di rivolta. C'é chi dice che loro porteranno Gol dritto da noi.
Noi non crediamo alle voci, non é cosí? - gli risponde infine sorridendo.
Io non so piú a cosa credere Thudyr..
Lo Sciamano si fermó, punto i suoi occhi dritti verso quelli del generale Ti dico io a cosa credere allora, razza di idiota! Gol attaccherà ancora e presto o tardi arriverà a minacciare anche noi. Ho accolto questa gente, sto curando il loro morbo, sto sorvegliando il loro nemico perché domani potrebbe essere il nostro morbo o il nostro nemico. Ti é chiaro?

Era stato quel ricordo, evocato dalle voci che parlavano di un contingente diretto a liberare Lithien, a spingermi ad arruolarmi all'inizio. Pensavo che fosse prudente vigilare sulla disgrazia che aveva colpito quel popolo, perché un giorno avrebbe potuto bussare alle porte di Basiledra.
Del resto avevo combattuto per Taanach perché temevo che l'inferno che brulicava sotto il Vecchio Cimitero e che mi era stato mostrato in un presagio, potesse invadere presto o tardi anche il mio Regno.
Qualcuno chiamerebbe il mio egoismo, io mi giustificavo affermando che quello era semplicemente buonsenso; l'esperienza altrui mi avrebbe ammaestrato, da una disgrazia avrei colto l'opportunità di fare del bene. Tanto mi bastava.
Poi, mentre marciavo verso il perduto Eden, mi é capitato di ascoltare i racconti di coloro che quando la caduta di Lithien ha avuto inizio erano li...
La mia visione egoistica era cambiata. Sarà per effetto della Sete, sarà che anche io sono un figlio di un popolo tradito da coloro che dovevano proteggerlo, sarà piú semplicemente per colpa di una specie di empatia il destino di quella gente aveva iniziato a starmi a cuore.
Non lo nego, ci sono altre ragioni sul tappeto. Come Sciamano sono affascinato dalla natura di quella pestilenza che impazza laggiú. In piú anche i protagonisti di quest'epopea in cui sto cercando un posto, sono personaggi in grado di eccitare curiosità, dubbi e timori.
Lithien é la città di Shakan, lo Spettro, una leggenda nei Quattro Regni. E cosa dire dell'uomo che ci guida, Kraisler il Cavalcaviverne?
A farla breve sono qui, ad offrire il mio volto al gelido vento che spira tra queste impervie montagne. Mi accodo a quest'impresa folle e disperata alla ricerca di chissà cosa...
Chi sei, dunque, oggi Malzhar? Lo Sciamano ? Lo zelante agente del Regno? Il Giustiziere?
Tutte queste domande, peró, scompaiono alla vista di ció che ci attende oltre i monti. Le mille voci che affollano i miei pensieri si perdono nell'urlo gioioso e disperato degli uomini, che segue le parole del condottiero.
Forse amo questa vita. Forse...

Presente~ Accampamenti

Sto girovagando nell'accampamento da piú di un ora. Faccio domande sul morbo, sulla città, sui nostri condottieri.
Ho notato che non sono l'unico suddito del Sovrano qui, ma non credo sia qualcosa di ufficiale.
Diciamo pure che ho visto lo stendardo della Schiera sventolate da qualche parte; ma é pur vero che da quando quell'elfa é entrata a far parte di quell'onorevole corpo, lo stendardo della Schiera del Drago Nero sembra onnipresente ovunque. Se posso mi terrò ben lontano da lei, mi inquieta... Ogni volta che il mio cammino si é incrociato con il suo qualche disgrazia mi é piombata addosso. Senza contare che nemmeno lei pare amarmi molto, visto che non perde occasione per definirmi un chiacchierone borioso.
Mentre penso a chi tenerumi vicino e chi tenermi lontano mi accorgo che un gruppo di uomini si sta affilando intorno ad uno strano figuro.
É un cartomante, come ho già altre volte notato, probabilmente uno dei tanti ciarlatani che infestano i campi di battaglia come pidocchi una testa poco lavata.
Eppure sono affascinato, le sue predizioni sembrano lasciare i suoi clienti turbati e confusi, come se azzeccasse sempre. Ciarlatano o non voglio provare anch'io, nasconde qualcosa e io voglio sapere cosa. Mi fermo li vicino, memorizzando parola per parola i vaticini forniti a coloro che mi precedono.
- Non é raro incontrare persone che millantano capacità profetiche nei campi di battaglia...- affermo non appena riesco a trovare un varco per avvicinarmi- ...ma di solito questa gente chiede qualcosa in cambio, tu non lo fai... - proseguo sorridendo - ...Malzhar Rahl, Sciamano e Profeta, sarei onorato di poter approfittare del dono di un collega, a buon rendere ovviamente...
Faccio seguire la mia presentazione da un breve cenno del capo. Ho chiarito la mia posizione, ora sa chi sono e sa che potrei smascherare i suoi trucchetti. Sempre ammesso che di un imbroglioni si tratti...
E invece stupisce anche me, lasciandomi di sale. Mi guarda con calma, é uno sguardo carico di millenario sapere il suo, uno di quelli che saprebbero congelare l'acqua semplicemente guardandola. Forse non é un Profeta ma di certo é a conoscenza di arcani occultati ai più.
" Sciamano?
Un figlio della Torre del libro di pietra? È raro vedere un Thyrsus, di solito preferite perdervi fra i boschi.
O magari vi riferite ad altro?
"

Agita la mano. Forse non mi ritiene degno di condividere saperi che ritiene appannaggio di pochi eletti.
" In ogni caso, io ho guadagno in tutto ciò, non in moneta sonante è vero, ma esistono altri tipi di ricchezze. La battaglia sarà difficile, serve che il morale sia alto fra i ranghi, e questa è una maniera semplice per farlo. Dopotutto se si ha predetto un futuro, anche difficile, significa che non si morirà durante la prossima battaglia. Se volete provare... "
Mi mostra il mazzo invitandomi a pescare. Ma io sono concentrato su altro, chi é lui per conoscere l'esatto nome della mia professione. Che appartenga anche lui alla stessa cavalleria spirituale che unisce noi che percorriamo il Sentiero dell'Estasi? Ho davvero trovato un altro Oracolo, un altro Sciamano? Puó essere il Fato cosí generoso?
Sento le mie guance tendersi verso l'alto mentre un sorriso malinconico mi incurva le labbra.
- Non sento parlare del Cammino dell'Estasi in questi termini da cosi tanto...- mi perdo un attimo nei ricordi, sono costretto a scacciarli e focalizzarmi nuovamente su questa inaspettata, interessante, nuova conoscenza- Sei un uomo in possesso di conoscenze che credevo perdute e mi piacerebbe parlare ancora con te dopo che la questa tempesta sarà passata... - sospiro - Ma il futuro incombe oggi non é forse così? Chiede di essere ascoltato... - pesco tre carte dal mazzo, non ho bisogno di indicazione su cosa fare. Sebbene non reputi la cartomanzia una tecnica di divinazione efficace, i suoi meccanismi non mi sono oscuri. - ...e qual'é il tuo percorso, collega? Non puoi conoscere certi misteri senza esserne parte. Qual'è il tuo sentiero se posso chiederlo? - insisto. La mia curiosità e il mio istinto prevalgono. In fondo cosa puoi aspettarti da un Thyrsus? Certo, non voglio offenderlo. Quell'uomo ha qualcosa che mi suscita una riverenza istintiva..o forse sarebbe meglio dire timore.
" Il mio sentiero?
Io ho seguito il peggiore dei sentieri, il cammino della frusta.
Io sono un Mastigos.
"

Il solo nome che ha pronunciato basterebbe a far tremare di indignazione molti dei miei fratelli sciamani. Oscuri rituali si tramandano lungo il cammino della frusta. Chissà quali orrori hanno visto i suoi occhi negli obbrobiosi intermundia in cui il suo sentiero l'ha condotto. Eppure non provo repulsione per lui.
Nessun sentiero é peggiore o migliore di altri, tant'é vero che spesso capita che si incrocino... -
E stato Thudyr, il mio mentore lungo il Sentiero dell'Estasi, mi ha edotto su come i vari cammini si intersechino.
...o almeno per me le cose sono andate cosí..
Ma nel frattempo il cartomante volta la prima carta. Conosco il significato di quell'Arcano ed incarna molti dei miei attuali dubbi. Dubbi che pensavo di aver seppellito accettando in me la Sete e che invece ritornano in superficie.
" A quanto sembra non sono l'unico ad avere un passato oscuro.
Sei stato tentato o forse sei sempre stato un egoista a quanto pare, un servo di te stesso; proprio come me. Mi aspettavo la luna o forse l'eremita, ma questo sviluppo è ben più interessante.
"

Impallidisco e faccio un passo indietro inorridito. La consapevolezza di ciò che cova nel mio passato è una visione sconvolgente come quella di un cadavere mal seppellito che emerge dalla terra pregna di humor mortis. Il tuo dono é potente, fratello...Vai avanti ti prego. - riesco a balbettare, mentre la fame di sapere cosa cela il seconda Arcano mi divora.
L'istante necessario a voltare la carta sembra durare secoli.
" Adesso invece tu sembri aver trovato un appiglio, forse una fede o una persona di cui ti fidi ciecamente. Qualcuno di potente. Ciò ti da stabilità, ma mina la tua autonomia, la tua libertà; e ciò in parte ti turba. " - mi dice.
Vero anche questo. Ma a cosa mi sono legato davvero?
Riacquisto una certa calma - Oppure temo cosa potrei essere senza questi freni.. - mormoro.
Volta il terzo tassello. Il futuro. " Questa carta è molto importante, e modifica in parte il significato della scorsa estrazione. Il papa è il simbolo delle fede, nella sua declinazione maschile; in una sfumatura decisamente concreta. La papessa invece è la sua declinazione femminile, e la fede che vive non di certezza ma di dubbio. "
Si ferma un attimo, poi riprende.
" Puoi darmi liberamente del ciarlatano: il tuo futuro è segreto. Potrei rabbonirti dicendo che troverai la serenità, accogliendo le stranezze e le tortuosità che la vita ti metterà davanti. Qualcosa mi suggerisce invece che andrai incontro al mistero che si nasconde dietro al velo di vita e morte. Fai attenzione. "
Gli sorrido- Ti avrei dato del ciarlatano se tu avessi affermato di conoscere ció che mi attende, noi veggenti non facciamo questo. La gente crede che rivolgendosi a noi potrà trovare la risposta alle loro domande e non capisce che noi non possiamo fornirgli altro che la domanda successiva a quella che ci hanno appena posto... - mi soffermo pensieroso ad osservare i tre Arcani dinnanzi a me - Spero di avere ancora una volta l' occasione di parlare con te in futuro. Da tempo ormai ho perso i contatti con i miei confratelli e i legami che un tempo mi univano al Sentiero dell'Estasi sono stati recisi prima che io fossi totalmente pronto... Vivo in un limbo da troppo tempo. Forse potresti aiutarmi, chissà...
Lui annuisce " Forse, ne riparleremo a battaglia finita. O cercami a Taanach qual'ora i nostri destini ci separino.
Purtroppo ho ancora molto da fare. Buona fortuna.
"
- dice e così ci congediamo.

Ma mentre mi allontano dal cartomante e penso che potevo almeno chiedergli il nome, qualcun'altro si avvicina. Parla con tono formale e sebbene appaia calma percepisco un turbamento rodergli le viscere.
«Scusatemi, messere. Avreste la cortesia di concedermi parte del vostro tempo?»- esordisce.
Concedere tempo é il mio mestiere - rispondo sorridendo, ma é evidente che il mio è un sorriso turbato da ciò che ho appena udito - Anche se é raro che qualcuno chieda il mio di tempo... - mi accorgo di parlare per indovinelli -Dovete scusarmi, parlavo per enigmi, quello che volevo dire é che di solito che mi si rivolge a me lo fa per conoscere il futuro, o per avere una seconda opportunità dopo la morte... E' questo quello che faccio... Ma vi prego, ditemi come posso esservi utile...
«Riguarda la capacità di predire il destino altrui.»- risponde con prontezza, soffermandosi poi un istante alla ricerca delle parole adatte.- «Ho scelto di farmi predire il futuro attraverso la lettura delle carte. In realtà non sono tipo da credere a tali responsi, perdonate il mio scetticismo. Penso di averlo fatto per semplice curiosità. E...»«...E la predizione è risultata fin troppo veritiera, come se quella persona mi stesse leggendo l'anima. Non è possibile. Ho attraversato gli Inferi per essere libero dai vincoli del fato. Cerco di non pensare al significato di quelle tre carte, ma non ci riesco... e questo mi confonde. Potete aiutarmi a comprendere... a capire per quale motivo non sia libero nelle mie scelte, poichè basta una carta a raccontare chi sono e cosa sarò?»
Pone domande complesse. E' sveglio ma lo è abbastanza per condividere i segreti del Fato? Molti uomini si lasciano condizionare da Profezie ed Oracoli perchè è piu semplice pensare che qualcuno guidi il nostro agire, piuttosto che prendersi la responsabilità delle proprie azioni.
Avete mai pensato all'eventualità che basta una carta a mostrare chi siete e cosa sarete perché in fondo siete voi a scegliere cosa vedere? - gli sorrido apertamente - Stavo appunto dicendo al mio collega che la gente viene da noi alla ricerca di risposte, ma noi non le possediamo. Un veggente, un vero veggente, ha solo domande... Ma ditemi, cosa avete visto in quei tre presagi?
«Intendete dire che mi è stata mostrata quella determinata combinazione di carte, perchè ho scelto io che ciò accadesse? Voi veggenti sareste solo il tramite per indicare con chiarezza il cammino che uno ha deciso di sua volontà di intraprendere?» - mi chiede fissandomi intensamente. «Il Folle, il Mondo e la Giustizia, per rispondere alla vostra domanda. Parlano di un mutamento che mi ha reso libero, simboleggiano l'inizio e la fine di un viaggio che mi renderà completo. L'ultima carta parla del mio futuro, un futuro di equilibrio e armonia, oppure una morte che mi riscatterà dai miei peccati... O la manifestazione di eventi soprannaturali... che potrebbero essere attinenti... o qualcosa di simile...»
La sua domanda è più interessante del risultato della sua predizione.
Intendo dire che voi in particolare siete cosí condizionato dalla vostra idea di futuro, sia il vero esito della predizione diviene irrilevante. Voi avete già scelto quello che accadrà, voi combatterete per redimervi dal senso di colpa vi portate dietro fino a quando non si sentirete emendato. Ma siete anche una persona intelligente e avete la piena consapelezza che questa spasmodica ricerca di redenzione potrebbe portarvi a compiere sciocchezze; il genere di sciocchezze che portano dritti in fondo ad un fosso o sulla punta di una spada... - chino il capo imbarazzato- Dovete perdonarmi sono inguaribilmente loquace e posso apparire borioso e forse le mie confuse parole hanno solo aumentato i vostri dubbi...
Lui non sembra offeso, anzi la mia franchezza lo porta ad aprirsi -
«Si, credo di capire quello che intendiate dire. Alla fine ognuno è l'artefice delle proprie azioni. Ma esistono casi in cui il proprio fato è predeterminato. In quelle circostanze qualsiasi azione uno compia sarà vana e non potrà sfuggire a ciò che è stato deciso per lui. A volte questo destino è legato ad una Maledizione. Ne sapete qualcosa? Potete illuminarmi al riguardo?»
É questo il vostro errore,-gli rispondo-pensare al Fato come qualcosa di già scritto, quando invece é qualcosa in eterno divenire...Non c'é niente di predeterminato, prendete me ad esempio: il mio destino era stato deciso quando ancora non ero nato sulla base di presagi, paure e ambizioni... - la rabbia monta dentro di me al ricordo di quel passato- ...ed erano riusciti a convincermi, mi avevano fatto credere che la mia stessa esistenza fosse qualcosa al confine una maledizione e un dono...
...e invece io ho scelto altrimenti Ho ripreso il controllo del mio destino e non esiste maledizione, discendenza o dono che possa impedirmi di proseguire sulla strada che ho scelto!
Ora peró vediamo di riuscire a capire qualcosa di piú della vostra maledizione, venite spostiamoci da questo luogo affollato... - indico un fuoco da campo intorno a cui non siede ancora nessuno- ...li potrete raccontarmi la vostra storia al sicuro da orecchie indiscrete, sempre che ne abbiate voglia.
Ci dirigiamo verso il falò e li inizia a raccontare- «La mia storia si perde nel flusso del tempo. Quando ha avuto inizio? Non so dirlo neanche io con certezza. Ho vissuto mole esistenze, ma non erano comuni cicli vitali. Ogni mia vita era legata alla Maledizione. Quando appariva io perdevo memoria di quell'esistenza e il mio ciclo vitale ricominciava. Quei pochi ricordi sono frammenti scritti su un diario, nulla di più. Pochi attimi al termine di ogni vita in cui mi era concesso di vergare qualche riga. Sono morto nello spirito, esistenza dopo esistenza. Le uniche memorie reali sono state ancorate alla mia essenza, ma non sono di aiuto per capire chi io sia. Il mio nome, la mia identità... Solo illusioni... Ho lottato per creare una storia che non potessi perdere, per essere libero di scegliere la mia strada. Alla fine sono riuscito a sconfiggere la Maledizione, morendo e rinascendo fisicamente, ma a caro prezzo. Ho perduto la chiave per recuperare le mie memorie, il mio passato.»
Lo ascolto in silenzio mentre la mia mente ricollega le numerose similitudini tra la sua Maledizione è la Sete-Una storia singolare... - affermo con voce distante e lo sguardo perso nella danza delle fiamme - ...una Maledizione cosí potente da affliggere il tuo Spirito in quel modo deve essere molto antica. Normalmente questo tipo di sortilegi si estinguono con la morte, ma con te é diverso è qualcosa di simile al tormento degli Spiriti Inquieti. Ma la maledizione che grava su spettri e fantasmi non restituisce un corpo e una vita... - lo fisso con intensità- Posso scavare piú a fondo, posso provare a supplire alla tua amnesia con le mie doti profetiche...Non sarà semplice.... -torno a guardare il fuoco, il mio respiro cambia ritmo, diventa piú lento. Improvvisamente le fiamme iniziano a bruciare con piú intensità. I miei occhi dello o mutare colore. Il mio Dono mi apre le nebbie del Fato. Un espressione estatica mi si dipinge volto, mentre annego nella dolce consapevolezza offerta dal Fiume degli Eventi. Quando parlo la miaa voce é innaturalmente profonda e distante.
Vedo una foresta e un infante. Ha gli occhi dello stesso colore dei fiori dell'oblio. L'aspetto é quello di un figlio degli uomini ma un retaggio oscuro contamina il suo sangue...o il suo spirito. - faccio fatica a scrutare oltre - Qui il Fato oppone resistenza...É difficile distinguere con chiarezza... Una fuga. Due cuori uniti scappano da obbrobriosi figli di rituali proibiti. Portano con loro una vita, lei la stringe tra le braccia. C'é qualcosa nella donna, qualcosa di simile alla contaminazione che ho percepito nell'infante con quegli occhi cosí strani...Corromo verso il buio, non mi é concesso vedere oltre. - passano alcuni secondi di silenzio - ...lo stesso bambino. É riuscito a fuggire agli abomini che lo inseguivano. Ma la sua sopravvivenza é legata alla morte altrui. É simile all'edera con le querce, sopravvive sfuggendo la vita di chi lo circonda. Non vuole che la gente muoia, ma non puó controllarlo. Vedo un desiderio di famiglia, di casa, di affetto ma la sua maledizione é piú grande. Prevale.. - Chino la testa di lato mentre le mie pupille si dilatano. Sto osservando qualcosa di curioso - Cambia forma. Cambia aspetto. É il suo modo di fuggire dal laccio di chi ancora lo insegue.
Vedo un vegliardo. Sembra proteggere quella giovane vita. I miei poteri faticano a prevalere, qualcosa confonde questa visione, una magia forse?. Vedo un sigillo, brilla come l'alba.. Poi uno sguardo che sembra possedere un età che si perde nel remoto...É uno sguardo che cela pericolo. Quegli occhi possono vedermi..Il Passato mi sbarra la strada, no posso vedere oltre..io..io..- Eccolo. Il varco che separa ciò che è accaduto da ciò che è in divenire. Passarci attraverso richiede fatica. I miei capelli e i miei vengono mossi da un vento che sembra spirare dal mio interno. É un vento innaturale, segno che quello a cui si sta assistendo ha la natura di portento. - Il tuo futuro é incerto. Bianca é la tela e il tuo inchiostro é cruento come una lama dopo la battaglia..La Tela si imbratta con lettere confuse, si fanno sempre piú nitide metre le fiamme scaturiscono ovunque...La fenice spiega le ali.. Le parole trovano il loro significato... Leggo libertà...Ma siamo tornati indietro...questo é l'oggi...il futuro mi é precluso...
Apro gli occhi. Il mio respiro ritorna regolare. Il mio interlocutore mi riporta alla realtà con il suono della sua voce.
«Mi avete sorpreso. Alcune delle vostre predizioni trovano conferma sia in una recente visione sia in quei vaghi ricordi che sono racchiusi nella mia mente. Vi ringrazio. Mi avete fornito nuovi indizi da cui ripartire, informazioni che avrò necessità di elaborare, ma non ora... Devo rimanere concentrato, mantenere il sangue freddo per l'imminente battaglia che ci attende.» volge lo sguardo verso le fiamme «Sapete, trovo straordinario il fatto che persone così diverse tra loro si siano riunite sotto quest'unico stendardo. Messere...»- torna guardarmi- «... Posso porvi una domanda?»
Gli dico che può procedere, mentre mi crogiolo nella calda sensazione che segue un atto di generosità verso gli altri. In qualche modo ho pagato il mio debito con il Fato. Il Cartomante mi ha offerto il suo aiuto e io l'ho offerto ad un giovane guerriero.
«Cosa vi ha spinto ad unirvi all'esercito? Potete non rispondere se pensate che la mia domanda sia inopportuna.» - mi chiede.
Sorrido pensando che deve aver finito le domande complesse e spinose.
Ora tocca a me scegliere se fidarmi. Posso davvero confidargli le mie motivazioni?
In fondo che male può derivarmene?
Inizialmente per un moto egoistico. - affermo -Il morbo che tormenta Lithien potrebbe superare i confini dell'Eden e impazzare anche a casa mia...Pensavo che aiutando a comprendere cosa lo scatena e come fermando potevo evitare che la mia città e la mia gente subissero lo stesso destino miserabile. - lancio uno sguardo verso l'orizzonte - Ma quando mi sono arruolato la compassione ha prevalso. Ho sentito i racconti di chi ha visto, patito, perso persone care.. - un lampo selvaggio passa nei suoi occhi - Io ho perso già la mia gente una volta. So cosa significa ...tutto questo... - affermo allargando le braccia. - Ho visto la mia terra divorata dal fuoco, annegata nel sangue dei miei concittadini. Non ho potuto fare niente per salvarli e la vendetta mi è stata strappata dalle mani dal nemico dei miei nemici. Sono precipitato in un vortice di follia ed amarezza e poi...
...mi è stata offerta una casa, un ruolo, una vita. Chi mi ha risollevato dalla mia caduta non aveva da guadagnarci nulla. Io ero, forse sono, un essere minuscolo dinnanzi le potenze che governano questa terra eppure... - guardo con intensità il mio interlocutore - Che genere di persona sarei se non facessi del mio meglio per aiutare chi si ritrova nella mia stessa condizione? - a questo punto distolgo lo sguardo - Ma sarei disonesto se affermassi che combatto questa guerra solo per questo. Il morbo, il suo modo di diffondersi, gli effetti che produce eccitano la mia curiosità di Sciamano. Inoltre anche coloro che guidano questa folle missione sono personaggi affascinanti. Vedere in azione delle leggende come il Cavalcaviverne è una cosa che non mi perderei mai per nulla al mondo. - scoppio in una risata - Ora mi riterrete di sicuro un pazzo che si nutre di istinto. Qualcosa di non molto dissimile di un cane da caccia lanciato dietro una volpe... Ma io sono un figlio della Torre del Libro di Pietra, come mi hanno appena ricordato...Io vivo di istinto.. - scuoto la testa - Ancora una volta ho dato una risposta confusa ad una domanda semplice. Credo che questa sia l'altra cattiva abitudine di noi Profeti..Voi piuttosto come mai siete qui?
«Vi assicuro che ho compreso le vostre parole.» «Gloria, ricchezza, un posto alla tavola del vincitore... Se avessi ambito a tali ricompense, forse, la mia scelta sarebbe stata più semplice. Ho deciso di arruolarmi per imparare cosa significhi realmente agire per il bene, antemponendo le necessità altrui alle proprie. E non sto parlando dell'aiuto che sarei in grado di dare al singolo, ma voglio capire se sarò davvero capace di recidere vite per un bene superiore. Domani dovremmo combattere contro persone, la cui unica colpa è di essere state infettate. Non sappiamo chi ci troveremo davanti, se un soldato o lo speziale, una mamma, forse un bambino. Non sarà facile... E il sangue di cui ci macchieremo... di cui mi macchierò... dovrò conviverci finchè avrò vita, perchè ora mi è concesso ricordare.»
Sospiro. Forse ha ragione. -Voi ritenete che cornacchie, avvoltoi e iene siano animali malefici? - gli chiedo -Le loro rivoltanti abitudini alimentari non sono forse indispensabili alla vita?
I cittadini di Lithien sono già cadaveri, noi verseremo il loro sangue è vero ma li emanciperemo da una vita indegna e salveremo altri vite. Ci aspetta un compito crudele, ma potete consolarvi .. - affermo alzandosi e pensando a chi sia rivolta quella rassicurazione. A me o a lui?-...pensando che ogni vita che oggi spegnerete ne salverà centinaia domani. - rivolge poi uno sguardo compassionevole al giovane - Non so quale maledizione affligga la vostra esistenza, ma so ciò che vi tormenta. Il senso di colpa può uccidervi. Smettetela di vivere nel passato. Io ho visto molti mali nel vostro passato, ma ho visto anche l'innocenza e la purezza. Non siete un mostro, dunque smettete di reputarvi tale. Voi soffrite per le sofferenze che infliggete. Un mostro questo non lo fa.. -gli sorrido ancora una volta - Spero che un giorno gli Spiriti vi concedano la pace e l'armonia che tanto agogniate. Fino ad allora, per quanto poco sia, vi offro la mia benedizione e quella dei miei Antenati. - chino il capo in segno di concedo - Emancipatevi dal senso di colpa messere e forse spiegherete le ali come la fenice che ho visto poco fa...Spero di rivedervi alla fine di questa battaglia.
«Sagge parole le vostre, mi impegnerò per farne tesoro. Qualunque sia il cammino che ci attenderà domani, spero anche io di rivedervi al termine di questa battaglia.» - mi saluta.
Strani incontri si fanno alle porte di Lithien. Chissà cos'altro mi attende.

Improvvisamente avverto qualcosa in grado di farmi rizzare i capelli. Non è una sensazione del tutto spiacevole è piuttosto come se un'ingombrante presenza sgomitasse per farsi notare. Volto la testa alla ricerca della fonte di quell'aura.
Non so cosa mi aspetto di vedere o trovare e poi lo noto.
Cerco di capire dove e quando ho visto quella figura che mi pare familiare.
I miei ricordi mi soccorrono, ecco dove l'ho già visto...
Le mie doti profetiche mi avevano avvertito che un male oscuro si celava a Taanach e presto sarebbe sorto portando morte e distruzione. Mi ero recato in quella città accompagnato da Aaron, il Redentore, un'altra vecchia conoscenza...
Durante i tumulti che si scatenarono in città persi il mio compagno d'avventure e il Fato me ne fornì un'altro. Era un giovane, combatteva senza apparente rispetto per la sua vita. Mi aveva colpito il suo spirito altruista. Dopo i fatti di quella giornata era stato ringhiottito dal nebuloso corso degli eventi ed ora rieccolo li, risputato fuori da chissà quale avventura od impresa.
Era cambiato, era divenuto più forte. Quel giorno a Taanach non avevo avvertito la prepotenza della sua aura, ma oggi sembra impossibile non notarlo.
Benchè la giornata si sia già dimostrata pregna di incontri, non voglio ignorare questa coincidenza..
...chi non muore si rivede, prode difensore dei deboli - lo saluto.
Anche lui sembra avermi notato. Del resto non posso presumere di passare inosservato dopo aver scatenato il mio Dono dinnanzi a tutti.
Non credevo fossi vivo! Salute a te...ci rincontriamo sempre in momenti non certo piacevoli. Mi domando chi dei due porta rogna!
Già chissà chi dei due porta rogna...Ad essere onesto sembra che sia io. E' già la terza guerra a cui partecipo ed ogni volta qualcosa è andato storto.
Cosa vuoi che ti dica? Sono uno Sciamano e un Oracolo, i campi di battaglia sono i posti che piú necessitano dei miei servigi... - sorride e intanto mi domando per la seconda volta in un giorno a chi siano rivolte le mie parole. Forse la mia risposta serve più che a giustificarmi dinnanzi ai suoi occhi, al cospetto della mia coscienza - Temo di non aver avuto il piacere di presentarmi l'ultima volta, io sono Malzhar. E tu sei?
Un brutto lavoro essere un Oracolo...molte volte vedere troppo è come avere su sè stessi una gabbia: una prigione in cui ci rinchiudiamo noi stessi... - afferma osservando le fiamme scoppiettare.
Mi chiedo come mai la gente tenda a dare un'interpretazione delle mie doti profetiche anche quando non le è richiesto. Credo che sia un modo come un'altro per razionalizzare, per contenere il timore scaturito dalla circostanza di essere di fronte ad un uomo che potenzialmente potrebbe annunciarti il giorno della tua morte. Sarà il cattivo umore che la rievocazione del mio passato mi ha messo addosso, sarà per pura e semplice arroganza sto pensando seriamente di farlo...Cosa accadrebbe se gli rivelassi esattamente il giorno, il modo e persino l'espressione dipinta sul suo volto al momento della sua dipartita?
Ma lui sorride e si presenta, disarmando quell' intenzione velata di crudeltà che poco fa mi stuzzicava la mente.
Io sono Hyou..piacere!
I campi di battaglia non sono i posti più piacevoli del mondo ma vi è una pace che si trova solo al di là di una guerra...comunque come mai da queste parti?!
Quella sembra essere una domanda frequente. Per cosa combatti? Perchè partecipi a questa campagna?
Il morbo che affligge questa gente, le sofferenze che hanno patito e devono patire offendono gli Spiriti.. - spiego- ...se posso essere d'aiuto e restituire loro anche solo una parvenza di umanità allora avró compiuto il mio lavoro. Tu invece, come mai sei abituato a frequentare città sotto assedio e mercenari? - gli chiedo non senza accompagnare le mie parole con un tono di velata malizia.
Per la libertà! Hanno sofferto troppo è pure giusto che combatta per liberarli da questa merda! era serio mentre lo diceva. Furikami era un idea che tutti avrebbero abbracciato!
E poi non riesco mai a stare fermo in un posto! Il mondo è grande...e c'è molto da vedere. Capire com'è questa realtà...se sia vera o falsa...
Ed eccola la sua motivazione! Una motivazione abusata, tradita, sfruttata fino a ridurre quell'ideale a poco più che un cumulo di immondizia putrescente in un angolo. Ho imparato a non fidarmi di chi combatte con la presunzione di difendere l'altrui libertà. L'esperienza mi ha insegnato che dietro ogni liberatore si può nascondere un tiranno...
Un nobile intento!- esclamo con forse un po' troppa enfasi, quasi non riuscissi a contenere la mia diffidenza. Eppure non credo che questo giovane sia già corrotto. Ecco perchè i miei occhi prendono a scandagliare i suoi, forse cerco la menzogna, forse è il contrario. - Purtroppo di buone intenzioni é lastricata la strada dell'inferno..Vedi amico mio, la libertà é qualcosa che va conquistata. Senza averla prima desiderata ardentemente con tutto se stessi e se giunge per mano di altri la libertá diviene qualcosa di estremamente simile alla schivitú. Non si é in grado di gestirla, la si perde con estrema facilità e ci si abitua all'idea che siano altri a dovercela restituire - questi discorsi evocano cattivi ricordi che mi incupiscono più di quanto già non lo sia- Senza contare che il mestiere di paladino dell'altrui libertá é troppo spesso solo la scusa per perseguire i propri ipocriti interessi - Forse sono troppo diffidente, forse sarebbe bene concedergli il beneficio del dubbio. - Ma questo, sono sicuro, non é il tuo caso!
Molte volte si è solo assuefatti ad una realtà messa di fronte ai nostri occhi per garantire lo status quo. Vi sono molti che sono schiavi: a volte serve una fiamma per riaccendere i cuori. Utopia?! Si è vero...è utopico tutto questo ma da qualche parte, se si vuole iniziare, bisogna pur partire... - ed eccola di nuovo, la retorica tipica della gente del suo stampo.
Combattere per la libertà degli altri è un buon modo per morire non trovi?! Quante volte si combatte per le cause altrui senza che siano le nostre?! Comunque perchè ogni qualvolta ci si trovi prima di una battaglia mortale si pensa sempre in maniera così cervellotica? -prosegue.
Non sarebbe meglio del buon vivo, una bella donna e un pregare gli Dei - sempre che uno ci creda - per non pensare ad un giorno che potrebbe essere l'ultimo?!
Temo che non esista un buon modo per morire - affermo tentando di infrangere quell'assurda convinzione che sembra animare molti prodi in questa terra- ma dimmi, tu da dove hai intenzione di iniziare la tua battaglia per la libertà?
Dal basso! allungò le mani sul fuoco per riscaldarle.
Dalle strade...preferisco di più...non amo troppo mischiarmi con gli altri...e preferisco combattere in prima linea...
Ami le crociate in solitaria allora..- ridacchio- In realtà intendevo chiederti da dove hai intenzione di iniziare la tua battaglia contro l'oppressione, non che ruolo vuoi ricoprire in questa guerra.. - perdo il mio sguardo nelle fiamme mentre la mia mente si perde nei ricordi avvelenati di un passato ancora invadente - Se ti avessi incontrato qualche tempo fa probabilmente mi sarei unito alla tua missione. Ero solo, arrabbiato, tutto quello che volevo era vendetta! Avrei combattuto contro il Re in persona se solo avessi sospettato il suo coinvolgimento nel massacro del mio Popolo. - lo guardo con intensità -
Ma poi ho capito che da soli si conclude ben poco, ho piegato il mio ginocchio dinnanzi un ideale e ho scelto di essere un suddito!- ridacchio ancora -
Ero destinato a guidare un popolo e sono diventato uno schiavo, perché probabilmente é cosi che mi vedi. Eppure ora mi sento completo, ho di nuovo un popolo da proteggere e servire, le mie conoscenze non sono andate perdute e il ricordo del mio popolo vive vivido nella gratitudine di coloro che aiuto e difendo nella mia nuova condizione di suddito. Se il Re non mi avesse offerto una casa e una nuova vita, ora non sarei qui e non potrei combattere al tuo fianco per la libertà di Lithien
Ognuno sceglie le proprie cause.. e in ogni caso inizierò sempre dal basso...
Ogni volta che i potenti si muovono è sempre il popolo che ne fà le spese! Uno stato dovrebbe guidare e proteggere ma alle volte, ho visto, pensa solo a sè stesso...è difficile essere liberi, lontano da tutti e tutto e seguire solamente noi stessi. A volte è più facile credere negli ideali degli altri piuttosto che pensare che si trovino dentro di noi... fa una pausa. Poi riprende -
A volte ci si deve inginocchiare...ma io ho sempre avuto un crampo al ginocchio. Piegarmi mi riesce difficile...
Lascio che finisca Posso permettermi un consiglio? - gli chiedo-Ho già sentito simili proposizioni. Molti nemici del Regno sventolano ideali simili ai tuoi, propagandandoli come la panacea, la cura per i mali dei popoli. Spesso si rivelano poi solo esseri meschini, guidati dagli stessi bassi istinti che attribuiscono ai loro nemici. Io li ho conosciuti... - affermo non riuscendo a trattenere un espressione disgustata - ..ero li quando quella sordida feccia eretica ha distrutto centinaia di vite in un solo giorno... Ho visto il mostro che ci hanno ritorto contro...Un essere senz'anima, senza pietà...- mi accorgo di essere scattato in piedi, in preda all'indignazione- É questa la libertà? Massacrare chi non la pensa come noi? Se é questo l'ideale che servono, sono ben felice di aver pianto una ventina di centimetri di buon vecchio acciaio nella pancia di un paio di questi liberatori...
Tu sembri diverso. Ricordo cosa hai fatto a Taanach, ho visto coraggio, ho visto un brav'uomo disposto a morire per salvare degli innocenti. Ecco il mio consiglio, non trasformarti in qualcosa di diverso. Mantieni puro il tuo ideale o...- sospiro - ...o diventerai schiavo della stessa ipocrisia di Guardia Insonne, Ala Rossa e compagni. E a quel punto saresti buono solo ad uno scopo: nutrire i vermi in un fosso.
Semantica... - mi risponde, dimostrando una caparbietà notevole - Dov'è la verità e dov'è l'ipocrisia? Sono tutte gabbie che non fanno altro che tenerci vincolati a stupidi idealismi che, a ben vedere, non portano a nulla. Bisogna saper andare oltre le verità degli occhi: conoscere, indagare, guardare, osservare e percepire. Ma sempre con il proprio cuore non con quello degli altri...e forse ti accorgeresti come i nemici e gli amici si confondino come le nuvole...
Accade qualcosa, qualcosa che è lui a provocare. Il cielo si rannuvola. Non so come interpretare quel gesto. Se non confidassi nella sua ingenua bontà d'animo probabilmente gli mostrerei cosa io sono capace di fare..
Combatti seguendo il tuo cuore...o sarai te buono solo per concimare campi!
Trattengo a stento uno scoppio di risata, poi decido che risultare irriverente potrebbe non deporre a mio favore. Del resto chi può dire chi è davvero quel giovane idealista?
Oh sarebbe una prospettiva niente male per uno Sciamano no? Quella di concimare i campi, intendo... - affermo diplomaticamente- Preferisco nutrire la terra che combattere contro i miei simili. Anche se a sentirmi parlare non si direbbe
La mia affermazione distensiva sortisce il suo affetto. L'elettricità che si respirava fino ad un attimo fa scompare.
Infatti! Dall'odio non nasce niente...ma diventa difficile ricordarselo non trovi?! - mi risponde.
Ha ragione in fondo e sembra un bravo ragazzo. Annuisce sorridendo,ma quel sorriso dura poco scacciato da un pensiero che nasce mentre il mio sguardo si perde in direzione della città -Disgraziatamente dovremmo nutrirci di odio o non saremo in grado di combattere l'incubo che ci attende a Lithien... - sorrido un ultima volta al giovane - Che gli Spiriti ti proteggano e che il tuo animo non perda mai il suo ardore...Dubito che questa notte mi riserverà qualche ora di riposo, tuttavia devo pur provarci no? O non saró utile a nessuno - mi congeda in fine.
Un'altra contraddizione del mondo...Anche il giovane si alza porgendomi la mano.
Se avrai bisogno di aiuto cercami nel cuore della battaglia...in bocca al lupo... sciamano.- conclude.


Lithien ~ Nel cuore della battaglia

Il cuore batte all'impazzata mentre corriamo come folli verso l'obbiettivo.
Ero pronto a trovare una città devastata, stracolma di orrore ma ciò che rimane della leggendaria bellezza di quella città è qualcosa che esacerba il cuore e può condurre alla follia. Orde di civili infetti si accucciano in ogni dove. Sono ormai bestie senza ragione mosse dall'istinto omicida che contraddistingue la malattia.
Ho visto con i miei occhi un uomo, che dell'essere umano non aveva più nemmeno le sembianze, divorare il fegato di uno sventurato combattente aprendogli la pancia con una poderosa zampata. L'ho visto urlare di selvaggia soddisfazione inarcando la schiena magrissima su cui spuntavano numerose protuberanze simili a corna. Alzava le mani verso il cielo arrossato dall'alba mentre il sangue gocciolava lungo gli artigli e poi giù fino all'incavo dei gomiti. La bocca deforme era colma di denti minuscoli e aguzzi ancora sporchi dopo l'infame pasto. La testa era completamente calva eccetto i pochi ciuffi di pelo ispido che crescevano senza apparente ordine.
Era solo e noi eravamo in molti. Lo avevamo sorpreso a pasteggiare in un vicolo buio che secondo uno dei soldati doveva condurci ad un cunicolo sotterraneo che portava dritto all'interno di una delle torri. Ci ha guardati per un istante negli occhi era apparso un lampo di terrore che non potrei chiamare emozione, quanto più una sorta di istinto.
Il soldato che ci aveva indicato il vicolo era stato un abitante di quella città. Urlando ed impugnando la sua lancia aveva tentato di attaccare il mostro ma quello aveva dimostrato un agilità spaventosa; con un salto si era aggrappato al muro di una delle case che costeggiavano il vicolo. Aveva usato gli artigli delle mani come picconi da scalata ed era rapidamente sparito arrampicandosi sui tetti.
Schifoso bastardo torna qui!- urlava fuori di se il fante. Abbiamo dovuto trattenerlo per impedirgli di tentare la scalata e inseguire l'infetto.
Non c'è nulla da stupirsi se mentre camminiamo nel cunicolo buio ed umido sobbalziamo al solo rumore di un ratto che fugge al nostro passaggio.
Pochi metri e ci siamo.. - afferma l'uomo che sembra aver frattanto ritrovato un po' di calma - ...spunteremo nel magazzino della torre. Ci sarà cibo e acqua, non toccateli sono infetti..
Perchè secondo te dopo lo schifo di prima qualcuno ha voglia mangiare? - gli risponde un altro.
Il fante non risponde continua a guidarci mantenendo alta la fiaccola. Giunto ad un punto si ferma -Vedete quella scaletta di metallo? Porta ad una botola che si può aprire in entrambi i sensi. Ricordatevi non toccate niente...
Ci arrampichiamo lungo la scaletta metallica resa scivolosa dalla melma umidiccia del sottosuolo. Uno dopo l'altro torniamo in superficie.
Il magazzino sembra essere deserto. Mucchi di cibo marcescente fanno il paio con armi abbandonate e ormai inutilizzabili.
Camminiamo rapidamente verso la porta, ringraziando il cielo che nessun infetto sorvegli quel luogo.
Usciti di li ci incamminiamo lungo una scala di pietra che porta al piano superiore. Sentiamo urla selvagge provenire da lassù.
Ci prepariamo al peggio.
Non appena il primo di noi varca l'arcata che conduce al primo piano della torre una vera e propria orda di soldati infetti lo attacca. Lo scempio che fanno del suo corpo è qualcosa che non oso raccontare.
Ci superano di dieci ad uno e non abbiamo speranze. Fortunatamente a cadere non è stata la nostra guida ma un mercenario grande e grosso che smaniava di menare la mani, quasi fosse convinto che il suo compenso sarebbe salito se avesse dimostrato valore e idiozia.
Giù, per le scale ! Sono troppi! -urla la nostra guida. -Sbrigatevi!
Le belve sono ancora intente a divorare il nostro sfortunato compare ma uno di loro sembra accorgersi del ricco buffet poco più avanti. Urla qualcosa ai suoi compagni e il pandemonio ha inizio.
Un soldato dall'aspetto quasi umano mi punta. Sento i suoi occhi osservarmi con lo stesso interesse con cui un lupo guarda un quarto di bue. Dalla schiena gli spuntano un paio di ali membranose che sbatte freneticamente. Si alza come un'orripilante insetto planando verso di me, con le mani artigliate tese. Una delle sue ali urta un pesante lampadario, urlando di dolore precipita al suolo ma si rialza subito avventandosi addosso.
Faccio appena in tempo a balzare indietro. Estraggo la mia pistola e sparo uno, due, tre volte colpendolo al petto.
Ride l'obbrobbio. Ride mentre i miei proiettili scalfiscono appena la corazza ossea che sembra proteggergli gli organi vitali.
Poi apre la bocca, disarticolando la mascella e mi vomita contro un liquido verdastro che corrode persino il solido pavimento di pietra. Erigo il più rapidamente possibile una barriera formata dalla ossa del mio fido Bastet. Il disgustoso flusso verdastro corrompe quei resti mortali riducendoli ad una massa informe e fumante.
Senza dargli il tempo di attaccare nuovamente distendo la mia mano. I tasselli di pietra che compongono il pavimento saltano mentre un viticcio evocato dalla mia magia corre verso il nemico. Il rampicante lo afferra, avvolge le sue spire intorno al corpo mostruoso dell'essere, gli dilania la gola con le sue spine.
Il mostro cade in terra e io gli sono sopra. Avvicino la bocca della pistola alla testa deforme e esplodo l'ennesimo colpo.
Muovetevi cazzo! Giù ho detto! - strepita la guida mentre con la sua lancia inchioda un'altro soldato infetto.
Come diavolo vuoi scappare razza di idiota? Non vedi che appena ne uccidiamo uno gli altri lo sostituiscono ?
E' vero l'orda ci sta spingendo lontano dalla scala. Abbiamo bisogno di un diversivo o di aprire un varco.
Guardo le corrotte ossa di Bastet e prima ancora di formulare il pensiero già un ombra sinuosa appare al mio fianco.
E' un'animale maestoso e bellissimo. Il lucido pelo nero risalta le forme sinuose. La dentatura affilata e bianchissima risplende perlacea alla fioca luce delle torce. Gli occhi sembrano lampi in un cielo di piombo.
Aprici un varco! -gli ordino. Fulmineo Bastet si avventa su uno dei nemici staccandogli un braccio con un morso. Schiva l'attacco di un secondo soldato e gli assesta una zampata che recidendogli i tendini lo fa cadere bocconi.
In men che non si dica l'intera orda focalizza la sua attenzione sull'enorme felino.
Veloci! Bastet non reggerà a lungo...

La pesante porta del magazzino si chiude dietro di noi. Siamo in salvo, per ora, ma in trappola.
La torre è persa. Sono troppi... - mi guarda - ...comunque grazie soldato. Se non fosse stato per te saremmo morti o trasformati in qualcosa di simile a loro...
Che facciamo ora? Usciamo di qui e andiamo dove? In un altra torre? Magari piena zeppa di mostri ?
Non è mica colpa mia ! - gli urla contro l'altro - La torre è persa, punto! Usciamo di qui in fretta e aggreghiamoci ad un gruppo più numeroso.
La torre non è persa... -affermo mentre un idea folle si fa spazio nella mia mente.
Ascolta ti siamo tutti grati, ma se vuoi tornare li sopra ci vai da solo...
La pece.. - affermo mentre inizio a girovagare nel magazzino aprendo casse e scoprendo mucchi di oggetti e vivande coperte da teli impolverati - ...ieri sera il generale ha detto che Lithien combatte dall'altro. Che dobbiamo aspettarci colate di pece..
Tu sei pazzo! - afferma correndomi incontro - Ma mi piaci. Vai avanti...
Questo è il magazzino no? Insieme al cibo e alle armi dovrebbero esserci anche i barili di pece...
E cosa accade se la pece si avvicina al fuoco? -domanda con un sorriso trionfante.
Precisamente - affermo sorridendo.
Basterà a far venir giù la torre secondo te?
Il magazzino è abbastanza grande da far crollare il primo piano. Il tutto dipende da quanto è resistente la torre e da quanta pece abbiamo a disposizione. Di certo qua sotto si scatenerà l'inferno.
L'idea piace e ci mettiamo a cercare i barili. Ne troviamo un centinaio, troppo pochi per far crollare una torre.
Amico vieni qua ho trovato qualcosa di davvero esplosivo... - mi urla dall'altra parte del magazzino.
Quando lo raggiungo noto che ha appena trovato una cassa piena di fieno al cui interno giacciono numerose ampolline.
Che ne pensi? Basterà?
Osservo quelle piccole, letali ampolle e il loro contenuto con un misto di gioia e terrore. E' fuoco alchemico, la runa impressa sulle assi che compongono la cassetta non lascia spazio a dubbi.
C'è ne abbastanza per buttare giù un'accampamento intero...
Accumuliamo i barili intorno ad un pilastro e posiamo sul mucchio la cassetta. Ne apriamo uno e creiamo una pista di pece che dal mucchio corre verso la botola.
Dobbiamo fare in fretta ad uscire da la sotto una volta accesa.. - avverto mentre scendiamo lungo la scaletta coperta di viscidume. - O a morire saremo noi...
L'ultimo a scendere è il mio nuovo amico. Prima di chiudere la botola lancia la torcia sulla grossa macchia di pece.
Correte!

Note: Lascio volutamente "aperto" il finale del mio post per consentire al Qm di decidere l'esito dell'azione. Il post è lungo, denso di contenuti e ha richiesto una notevole fatica. Chiedo scusa per eventuali errori, omissioni o simila ma diversi sfortunati eventi mi hanno rallentato e ostacolato. Spero che comunque il risultato finale sia gradevole.


CITAZIONE
<b>Fisico: //
Mente: //
Energie rimanenti: 50%
Energie utilizzate: Alto (20%) x 2; Medio(10%)

Armi ed Armature:

Diplomazia Benchè siano in molti a credere il contrario, il Popolo degli Spiriti non è mai stato avverso alle innovazioni tecnologiche specie per quelle in grado di costituire un eccellente difesa contro intrusi e ospiti molesti. Le armi da fuoco rientravano sia nella categoria dei "diabolici marchingegni profani ma comunque un buon compromesso tra rimanere indietro in fatto di offesa e fare uno strappo alla Tradizione" e sia in quella " noi non le condividiamo, ma ci fanno comodo" e ancora nella più importante delle tre categorie " io sono il capo e posso averla, tu no ma se la usi per far fuori chi entra nei nostri confini chiudo un occhio".
La storia del loro ingresso nella cultura della Terra degli Spiriti inizia, come sovente, con un malinteso.
Si racconta che un diplomatico al servizio del Re uccise "involontariamente" una delle guide del Popolo degli Spiriti, scambiandolo per un cinghiale o per un lupo. La sua sorte era già scritta, uccidere un membro del popolo all'interno della sua terra significava morte.
Fortunatamente l'Alto Sciamano Thudyr, che come poi si ebbe a notare era uomo assai propenso ai compromessi, decise che la faccenda sarebbe potuta tornare utile. Propose così un equo scambio: il diplomatico sarebbe stato perdonato in virtù dell'amicizia con il Re e in cambio il regno avrebbe "regalato" in segno di " contrizione, buona volontà, gratitudine, e spirito di autoconservazione" i progetti di quegli "infernali marchingegni di cui il Popolo degli Spiriti non poteva più fare a meno, per proteggere la sua integrità ma comunque con sommo disprezzo per l'inganno che costituiscono"
La proposta venne fatta allo stesso diplomatico, disarmato, legato ad un palo al centro di una delle piazze della capitale della Terra degli Spiriti, mentre un paio di cacciatori gli puntavano contro dardi avvelenati in grado di uccidere un toro. L'uomo ovviamente acconsentì e portò "l'accordo" alla corte del Re; accordo che si perse negli ingranaggi burocratici del regno, non degnato di uno sguardo per qualche mese e poi controfirmato da uno dei burocrati di corte con il ruolo di evadere quante più pratiche possibili.
Ma l'Alto Sciamano non era uno sciocco e sapeva quanto pericoloso fosse lasciare che chiunque, tra la sua gente, possedesse un arma del genere; l'errore del diplomatico era stato maestro e di certo Thudyr non voleva che le capanne dei guaritori si riempissero di feriti, o peggio, che la popolazione "spirituale" della regione crescesse a causa di un uso disinvolto delle armi in questione.
Convocò un raduno di spiriti da cui ne uscirono ordini precisi sull'argomento: le armi - che in onore dell'accordo vennero ironicamente chiamate Diplomazia o Compromessi- non sarebbero state usate nella caccia, il loro uso, salvo minacce esterne, era strettamente riservato ai guardiani dei confini e agli stessi Sciamani.
Gli Sciamani ebbero così un ulteriore e temuto strumento per il mantenimento dell'ordine e della loro posizione.
[Pistola a pietra focaia: 5 colpi per giocata]



Attive:

«Vendetta»

Simile a rampicanti che sorgono dal terreno, estemporanei, subdoli, letali questa è la vendetta che ho a lungo desiderato. Ho spesso sognato di giungere silenziosamente dai carnefici del mio Popolo; nelle case dei traditori che minacciano la pace del Regno che ho giurato di servire mascherando la loro ambizione sotto un oceano di ipocrisia e menzogne, inneggiando alla caduta di Tiranno e alla libertà ma adottando mezzi e strumenti criminali, spietati, oscenamente crudeli.
Il tradimento mi accende di una rabbia cieca, sorda, bruciante che la sola vendetta può placare. La mia "Sete", l'istinto che mi muove a portare giustizia è scatenata principalmente dalla sordido cospirare, tradire, complottare senza cura per le conseguenze che da ciò potrebbero derivare.
La manifestazione della mia vendetta e l'occasione per perpetrarla mi è offerta dal particolare rapporto che ogni Sciamano stringe con la natura; nella sua incondizionata alleanza e fiducia, la Natura mi offre le sue armi. Posso così colpire il nemico alla sprovvista, in maniera tale da sorprenderlo mentre ancora pensa alla sua strategia, con l'ausilio degli abitanti più antichi di questo mondo: le piante. Posso, infatti, far sorgere dal terreno un rampicante in grado di stritolare o sferzare il nemico per poi consumarsi rapidamente, colpendo e poi rapidamente svanire..Come la vendetta appunto, che una volta saziata si dissolve come nebbia al sole di agosto.
[ Pergamena Rampicante Strisciante - Consumo Alto]

Come Leggenda * Una storia come questa potrebbe non essere vera, dopo tutto chi ci crederebbe? Chi comprerebbe un oggetto del genere pensando che sia veramente antico? Qualunque rigattiere potrebbe aver contraffatto un monile e un dente rubato a qualche vecchio animale morente. Chi però saprà percepire realmente la natura di questo oggetto, saprà anche quale sia il suo potere più insidioso. Con un consumo Medio sarà possibile evocare sul campo per un turno un gatto nero grosso come una pantera, dotato di denti e di artigli e di un numero di CS pari a 4 (2 in Forza 2 Agilità). Ogni suo attacco sarà considerato come un attacco fisico e non potrà essere trattata auto conclusivamente. Al termine del turno o qualora venisse distrutta scomparirà in un vortice di sabbia, dissolvendosi nel nulla. [Tecnica di Evocazione]


Vita di stenti *
Ma un animale che ha subito vessazioni per anni ha imparato anche a difendersi, così come il guerriero che ogni giorno è costretto a vedersi attaccato e a rischiare la vita. Per questo gli basterà spendere un consumo Medio per evocare su un lato, di fronte o alle spalle uno scudo composto da tante piccole ossa ammucchiate le une sulle altre. Una parete fragile, pronta a infrangersi non appena venga colpita, ma sufficiente ad alleviare il peso di un attacco. [Tecnica Magica Difensiva]

Passive:

«Inquisitore»

Ma quello di proteggermi dai tranelli della mente non è la sola arma che la "Sete" mi ha donato.
Sono infatti in grado di riconoscere immediatamente la menzogna nelle parole, nei gesti, persino nei cuori di chi mi è dinnanzi. Posso inoltre, tramite un mero sforzo di volontà esigere da chiunque che non mi sia detto altro che la verità.
[Attiva e passiva I Livello Informatore]

 
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view post Posted on 2/2/2014, 23:13
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Un'altra battaglia per la libertà; o per meglio dire per liberare alcuni da un Giogo pressante. Non voleva combattere, non ora e non adesso, aveva molto da dire, molto da fare e il combattimento contro Fanie lo aveva fiaccato. Troppo a dir la verità e in cuor suo seppe che la Schiera sarebbe stata un avversario difficile, ostico e che non si sarebbero piegati.
Troppo idioti da capire che combattevano per opprimere non per liberare, eppure continuavano imperterriti sordi a tutto e a tutti.
Ma quella sordità rendeva le loro spade temibili e le loro corazze spesse e impenetrabili…si sarebbero stati degli avversari ostici da affrontare e spazzare via.
I colpi di Fanie avevano lacerato e lasciato cicatrici ma non solo nel corpo anche nell’anima e quella marcia, lenta e inesorabile, scandita dal clangore di armi, armature, uomini e bestie era come un gong lapidario nella sua anima. Faceva da cornice e da sottofondo ai suoi pensieri; perché anche lui avrebbe marciato con un esercito e chissà…e se si fosse tramutato lui stesso in Shinjitsu? Se fosse lui l’oppressore?
E se un giorno altri, come quell’esercito, fossero marciati contro di lui per ucciderlo? Vi era davvero questa possibilità? Alzò lo sguardo al cielo a pensare: come fare a non dubitare del proprio animo se mai, mai, era stato messo alla prova con tali poteri; sarebbe rimasto saldo? O sarebbe sprofondato in quel pozzo di cupidigia che aveva preso Shinjitsu? Quanti dubbi facevano da cornice a quello sfondo di guerra: un'altra, più subdola e più malevola, si combatteva nella sua anima. Il tarlo del dubbio, del rimorso e di una guerra utopica che, in memoria di quello che era successo a Shibuza, poteva traviare, corrompere e rendere Dittatori i Liberatori. Forse, chissà, un giorno un esercito sarebbe marciato su Furikami…il vento freddo, gelato, soffiava su quel viso perfetto, con un Rosa tra la bocca e occhi enigmatici: le nocche sbiancate in un pugno di rabbia. Non sarebbe mai successo che la sua strada fosse divenuta incerta perché per troppo tempo aveva camminato senza una meta; senza uno scopo; senza un sé. Conscio di questo si sarebbe battuto affinché altri si unissero per lottare, per riprendersi la libertà che in quel mondo era un utopia ma che, invece, era di diritto nostra. Utopia solo finché molti la ritenessero tale ma tra poco Furikami l’avrebbe resa una Realtà anche se lui doveva scendere, e già lo stava facendo, all’inferno. Dare la libertà agli altri togliendosi la propria.

L’ennesima folata di vento e lui si mischiò, ombra tra le ombra, persona comune tra molte altre, in quell’esercito che marciava per difendere. O forse lui preferiva pensarla così. Pensare che erano lì per difendere e non per offendere; che erano lì per qualcosa e non per i motivi, personalissimi, di qualcun altro: l’ennessimo pazzo che voleva solo approfittarsi di questa situazione.
Chissà se era davvero così o forse in questo mondo vi era ancora una luce; una piccola luce, fioca e spenta, tra tenebre . per quella luce lui si batteva anche se i suoi metodi non erano proprio convenzionali ma vi era un’altra strada per i suoi ideali? Chissà…solamente vedere quelle montagne aguzze, orgogliose, imponenti lo rendevano conscio di quanto fosse solo un semplice uomo. Forse con un idea ma era ancora così fallace, era ancora così debole…pieno di dubbi, contraddizioni e paure ma forse proprio da queste poteva nascere quella luce. Forse avendo visto le tenebre poteva difenderla più strenuamente di chiunque altro. E ancora le montagne svettavano…

Rimani fermo e immutabile come i Ghiacciai che si ergono di fronte al Sole. Non si sciolgono ma rimangono lì: in un moto di orgoglio e di forza. Non farti mai prendere dal dubbio ma rimani calmo e concentrato…freddo come quei ghiacciai e devi sempre sapere per cosa combatti. Non scendere mai in guerra senza saperlo…è il primo passo per morire! Spazza i dubbi… credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero guerriero non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato..


E con queste parole si avvicinò sempre di più alla guerra; mentre il lungo serpente d’acciaio, di ferro, di armi brillava alla tenue luce solare perdendosi tra i picchi montani. Ma in esso vi erano due laghi diamantini che scintillavano. E queste parole erano in quel vento…



Freddo strano; freddo inusuale, un freddo che penetrava nelle ossa e non era per la temperatura ma per qualcos’altro. Quel freddo mischiato alla paura, come il fango che si mischiava alla neve candida, come le mani che si scaldavano al fuoco e le armature e le armi brillavano nefaste. Erano come gemme preziose a cui tutta la luce era stata rubata e rimanevano solo una luce oscura, come una pietra preziosa del mondo dei morti.
Gli sguardi si mischiavano con altri e le mani nervose, convulse da tic, stringevano altre mani più sicure, callose ed esperte. Sguardi bassi, sguardi tranquilli, sguardi di noia, sguardi che erano così diversi, con così tante sfumature che sembravano l’arcobaleno della guerra. Se mai vi fosse stato un colore per la guerra, se mai potesse essere rappresentata le mille e passa sfaccettature che essa portava con sé, bastava solo osservare gli occhi dei soldati per capire come la Guerra fosse significante. Un significante a cui ognuno di noi dava il proprio significato. Mille facce, mille storie, mille volti, con qualcuno si è giurato che non sarebbe mai stato scordato ma poi alla fine tutto passa e tutto si dimentica; qualcuno te lo scordi. Perso per la strada ma la guerra di tutto questo, delle proprie storie, della propria vita, delle proprie aspirazioni se ne fregava. Eppure a volte, se voleva, poteva regalare qualcosa; un incontro inaspettato. Vicino ad un fuoco; un volto che ritornava dalle nebbie del passato e di nuovo nello stesso scenario. Modi e attori differenti ma la quinta teatrale era sempre quella: uno scenario di guerra.
Non lo aveva dimenticato ma ritrovarlo di nuovo in battaglia…era solo coincidenza? E allora perché avvicinarsi? Solo per scacciare quel freddo o per scambiare due chiacchiere con qualcuno con cui si era condiviso sangue e morte?
Non lo seppe dire seppe solo che provava la voglia irrefrenabile di avvicinarsi, anche solo per un momento, e scaldarsi al fuoco…ma un fuoco che si può trovare solo tra due persone che avevano condiviso la propria vita e la morte mettendola l’uno nelle mani dell’altro.

...chi non muore si rivede, prode difensore dei deboli Un saluto. A quanto pare neanche quell’uomo si era scordato di Rogozin, di Tanaack e della pazzia che imperversava tra le sue strade. Strade brulicanti di non-morti e avevano combattuto, allora cme oggi, per liberare pochi dall’oppressione, dal giogo e dalla morte. Coincidenza?

Non credevo fossi vivo! Salute a te...ci rincontriamo sempre in momenti non certo piacevoli. Mi domando chi dei due porta rogna! Un sorriso e un occhiolino d’intesa.

Cosa vuoi che ti dica? Sono uno Sciamano e un Oracolo, i campi di battaglia sono i posti che piú necessitano dei miei servigi... - sorrise - Temo che l'ultima volta non ho avuto il piacere di presentarmi, io sono Malzhar. E tu sei?

Io sono Hyou..piacere! il suo soprannome; non poteva permettersi, ancora, di potersi fregiare con il suo vero nome. La discrezione era tutto soprattutto per le troppe orecchie ed occhi che quell’esercito portava con sé.

I campi di battaglia non sono i posti più piacevoli del mondo ma vi è una pace che si trova solo al di là di una guerra...comunque come mai da queste parti?! uno sguardo e un sedersi vicino.

Il morbo che affligge questa gente, le sofferenze che hanno patito e devono patire offendono gli Spiriti.. – spiegò con tono normale e tranquillo- ...se posso essere d'aiuto e restituire loro anche solo una parvenza di umanità allora avrò compiuto il mio lavoro. Tu invece, come mai sei abituato a frequentare città sotto assedio e mercenari? Domanda più che legittima a dire il vero.
E poteva dire che era solo sfortuna o che i guai lo cercavano sempre. Ma perché mentire in quella situazione?

Per la libertà! Hanno sofferto troppo è pure giusto che combatta per liberarli da questa merda! era serio mentre lo diceva. Furikami era un idea che tutti avrebbero abbracciato.

E poi non riesco mai a stare fermo in un posto! Il mondo è grande...e c'è molto da vedere. Capire com'è questa realtà...se sia vera o falsa... disse guardandolo negli occhi.

Un nobile intento!- esclamò lo sciamano fissando diritto negli occhi il giovane - Purtroppo di buone intenzioni é lastricata la strada dell'inferno..Vedi amico mio, la libertà é qualcosa che va conquistata. Senza averla prima desiderata ardentemente con tutto se stessi e se giunge per mano di altri la libertà diviene qualcosa di estremamente simile alla schiavitù. Non si é in grado di gestirla, la si perde con estrema facilità e ci si abitua all'idea che siano altri a dovercela restituire - l'espressione dello sciamano divenne incredibilmente seria - Senza contare che il mestiere di paladino dell'altrui libertà é troppo spesso solo la scusa per perseguire i propri ipocriti interessi - improvvisamente sorrise - Ma questo, sono sicuro, non é il tuo caso!

Molte volte si è solo assuefatti ad una realtà messa di fronte ai nostri occhi per garantire lo status quo. Vi sono molti che sono schiavi: a volte serve una fiamma per riaccendere i cuori. Utopia?! Si è vero...è utopico tutto questo ma da qualche parte, se si vuole iniziare, bisogna pur partire... un occhiolino e un sorriso sardonico. Rispose tranquillo e di getto a quell’uomo.

Combattere per la libertà degli altri è un buon modo per morire non trovi?! Quante volte si combatte per le cause altrui senza che siano le nostre?! Comunque perchè ogni qualvolta ci si trovi prima di una battaglia mortale si pensa sempre in maniera così cervellotica? sorrise e si stiracchiò.

Non sarebbe meglio del buon vivo, una bella donna e un pregare gli Dei - sempre che uno ci creda - per non pensare ad un giorno che potrebbe essere l'ultimo?! lo guardò ancora.
Malzhar ascoltò Ragozin con attenzione senza interromperlo, come a soppesare le sue parole…forse un sintomo che qualcosa si smuoveva nella sua coscienza? Temo che non esista un buon modo per morire – sorrise ancora- ma dimmi, tu da dove hai intenzione di iniziare la tua battaglia per la libertà?

Dal basso! allungò le mani sul fuoco per riscaldarle.

Dalle strade...preferisco di più...non amo troppo mischiarmi con gli altri...e preferisco combattere in prima linea...

Ami le crociate in solitaria allora..- ridacchiò lo Sciamano- In realtà intendevo chiederti da dove hai intenzione di iniziare la tu battaglia contro l'oppressione, non che ruolo vuoi ricoprire in questa guerra.. - perse il suo sguardo nelle fiamme - Se ti avessi incontrato qualche tempo fa probabilmente mi sarei unito alla tua missione. Ero solo, arrabbiato, tutto quello che volevo era vendetta! Avrei combattuto contro il Re in persona se solo avessi sospettato il suo coinvolgimento nel massacro del mio Popolo. - guardò intensamente la Rosa e la Rosa non perse mai le sue parole. Perché sempre la Libertà chiama sé chiunque abbia voglia e cuore per ascoltarla. Anche in quel caso? Lo ascoltò ancora più attentamente.
Ma poi ho capito che da soli si conclude ben poco, ho piegato il mio ginocchio dinnanzi un ideale e ho scelto di essere un suddito!- ridacchiò ancora.
Ero destinato a guidare un popolo e sono diventato uno schiavo, perché probabilmente é cosi che mi vedi. Eppure ora mi sento completo, ho di nuovo un popolo da proteggere e servire, le mie conoscenze non sono andate perdute e il ricordo del mio popolo vive vivido nella gratitudine di coloro che aiuto e difendo nella mia nuova condizione di suddito. Se il Re non mi avesse offerto una casa e una nuova vita, ora non sarei qui e non potrei combattere al tuo fianco per la libertà di Lithien.

Lo ascoltò attentamente guardandolo fisso negli occhi...profondamente e il fuoco che danzava, creando ombre vivide sui loro volti, si rifletteva n quegli occhi diamantini dove ruggiva un altro tipo di fuoco.

Ognuno sceglie le proprie cause.. e in ogni caso inizierò sempre dal basso...

Ogni volta che i potenti si muovono è sempre il popolo che ne fa le spese! Uno stato dovrebbe guidare e proteggere ma alle volte, ho visto, pensa solo a sè stesso...è difficile essere liberi, lontano da tutti e tutto e seguire solamente noi stessi. A volte è più facile credere negli ideali degli altri piuttosto che pensare che si trovino dentro di noi... una pausa.

A volte ci si deve inginocchiare...ma io ho sempre avuto un crampo al ginocchio. Piegarmi mi riesce difficile... sorridette sincero e tranquillo. Il suo viso dell’altro era serio questa volta quasi rabbuiato.
- Posso permettermi un consiglio? - chiese lo Sciamano-Ho già sentito simili proposizioni. Molti nemici del Regno sventolano ideali simili ai tuoi, propagandandoli come la panacea, la cura per i mali dei popoli. Spesso si rivelano poi solo esseri meschini, guidati dagli stessi bassi istinti che attribuiscono ai loro nemici. Io li ho conosciuti... - il suo volto assunse un espressione disgustata - ..ero li quando quella sordida feccia eretica ha distrutto centinaia di vite in un solo giorno... Ho visto il mostro che ci hanno ritorto contro...Un essere senz'anima, senza pietà...- si alzò in piedi di scatto- É questa la libertà? Massacrare chi non la pensa come noi? Se é questo l'ideale che servono, sono ben felice di aver pianto una ventina di centimetri di buon vecchio acciaio nella pancia di un paio di questi liberatori...- guardò con intensità la Rosa- Tu sembri diverso. Ricordo cosa hai fatto a Taanach, ho visto coraggio, ho visto un brav'uomo disposto a morire per salvare degli innocenti. Ecco il mio consiglio, non trasformarti in qualcosa di diverso. Mantieni puro il tuo ideale o...- sospirò - ...o diventerai schiavo della stessa ipocrisia di Guardia Insonne, Ala Rossa e compagni. E a quel punto saresti buono solo ad uno scopo: nutrire i vermi in un fosso.

Semantica... rispose a tono all'uomo. Ravvivò il fuoco.

Dov'è la verità e dov'è l'ipocrisia? Sono tutte gabbie che non fanno altro che tenerci vincolati a stupidi idealismi che, a ben vedere, non portano a nulla. Bisogna saper andare oltre le verità degli occhi: conoscere, indagare, guardare, osservare e percepire. Ma sempre con il proprio cuore non con quello degli altri...e forse ti accorgeresti come i nemici e gli amici si confondano come le nuvole... un movimento della mano e le nuvole si ammassarono di fronte alla Luna spegnendo la sua luce.

Combatti seguendo il tuo cuore...o sarai te buono solo per concimare campi! un sorriso; l'ennesimo e uno sguardo d'acciaio. Perché sapeva come tutto in questo mondo era relativo: i nemici di oggi erano gli alleati di domani; i pazzi di oggi i sognatori di domani. Tutto era significante non significato.
E quell’uomo si perse a guardare le nuvole; forse una metafora di come l’animo umano sia perso e di come bastino delle nuvole a oscurare la luce.

Oh sarebbe una prospettiva niente male per uno Sciamano no? Quella di concimare i campi, intendo... - sorrise e la Rosa lo guardò cercando di capire che uomo fosse- Preferisco nutrire la terra che combattere contro i miei simili. Anche se a sentirmi parlare non si direbbe…

Infatti! Dall'odio non nasce niente...ma diventa difficile ricordarselo non trovi?!
Quando le nuvole si ammassano bisogna ricordarsi della luce. Ma anche lui aveva le sue personali nubi che ancora oscuravano la luce. Ma solo proseguendo su quella strada poteva capire…e comprendere meglio sè stesso e quella realtà. Ma era giusto combattere l’odio con altro odio? Le sue parole erano vere o mendaci? Doveva ancora maturare molto…e doveva ancora guardare il mondo prima di mostrare il vero Drago.
Lo Sciamano annuì però a quelle parole, sorridendo,ma quel sorriso durò poco: un pensiero, forse, che nasceva mentre il suo sguardo si perse in direzione della città. Disgraziatamente dovremmo nutrirci di odio o non saremo in grado di combattere l'incubo che ci attende a Lithien... - sorrise un ultima volta al giovane - Che gli Spiriti ti proteggano e che il tuo animo non perda mai il suo ardore...Dubito che questa notte mi riserverà qualche ora di riposo, tuttavia devo pur provarci no? O non sarò utile a nessuno .

Un'altra contraddizione del mondo... si alzò anche Rogozin e gli porse la mano. Quel mondo si nutriva di contraddizioni era chiaro e i suoi dubbi vertevano proprio su questo. Ma avrebeb combattuto ancora. Perché era l’unica strada percorribile… al momento

Se avrai bisogno di aiuto cercami nel cuore della battaglia...in bocca al lupo... sciamano.
Un ultimo sguardo. Un ultimo sorriso prima della battaglia, delle lame, del sangue e della morte. Non dubitare, da oggi in poi non ti perderò d'occhio... E Fanie si riaffacciò nella sua mente e nel suo cuore. Una fitta al cuore che il vento freddo di Lithien spazzò via con il suo gelo. Ma non quella sensazione…



Arrivo anche io con questo post introduttivo. Per l'autoconclusivo lo stò già scrivendo e credo di postarlo in questi giorni.
 
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zis
view post Posted on 3/2/2014, 01:37





La grande guerra è alle porte.
Uomini e mostri si combatteranno,
uomini e mostri sicur periranno.
Non questa dovrebbe esser la sorte

Di un esser vivente, qualunque esso sia,
feroce e ignorante,
mansueto e pensante.
Chi siamo noi per dire "la tua vita è or mia"?

Il mio scopo era cristallino,
guarir dalla Guillhiw il popolino.




Di quest'impresa ero venuto a conoscenza tramite alcune richieste di arruolamento come mercenario, per un grande esercito che avrebbe marciato verso Lithien.
Come poteva un piccolo elfetto obeso come me partecipare ad un massacro? Le guerre erano tutte un tripudio di violenza e sangue, di massacri e crudeltà, non c'era onore nel combattere.
Entrambe le fazioni si consideravano sempre nel giusto e quindi si erogavano il diritto di sacrificare dei poveri innocenti per i loro scopi personali.
Cosa mi aveva spinto su quell'altura, piena di grandi uomini barbuti e forzuti, circondato di armature, freddo e ghiaccio?
La risposta era semplice: la misericordia.
Io e Slimmy non avremmo mai permesso che il male e la disperazione dilagassero, non verso innocenti, non verso degli indifesi.

La Guillhiw



ci aveva condotto in quel luogo remoto del mondo, una malattia che era stata disseminata tra la popolazione con l'inganno, derubandola del libero arbitrio, addirittura della loro forma umana.
Ali, code, artigli crescevano informi sul loro corpo, che lentamente si trasformava in una crudele arma pronta a distruggere tutto ciò che c'era di buono nel mondo.
Poco sapevo in realtà dell'origine di quest'avvenimento, le informazioni che ero riuscito a reperire non erano complete, tuttavia era sufficienti a dissuadermi dal disinteresse iniziale.
Non so ancora esattamente cosa sarei stato in grado di fare, Slimmy non era mai stato un grande guaritore, tuttavia dovevamo tentare con tutte le nostre forze, con tutto il nostro spirito, con tutta la nostra ciccetta strabordante.

Slimmy, grazie per avermi seguito ancora in quest'avventura.



Ti sono eternamente grato per la tua presenza al mio fianco.
La gelatina ebbe un moto di affetto, totalmente fuori dal comune, mi abbracciò! Sentii la gelatina calda nella quale sprofondava il mio volto e tutte le paure per i pericoli che ci stavano aspettando svanirono.
Ci sarò sempre per te Inu, lo sai! Qualunque decisione tu prenda, anche se essa dovesse rivelarsi la più dura delle imprese!
Mi lasciò andare leggermente e mi guardò in faccia ridendo sommessamente.

Perché sogghigni Slimmy?



Oggi mi sento un po' come te, non prenderla come offesa, ma seppur ci imponiamo questa grande meta, rimaniamo comunque i signori dell'inutilità.
Sorrisi, ricordando la prima volta che mi aveva chiamato in quel modo, lui non si era mai incoronato con quel nomignolo.
Tra quelle alte montagne, tra il freddo ed il ghiaccio sembrava che la nostra unione risplendesse come un fuoco ardente che non poteva essere spento.
Ma le nostre smancerie commoventi vennero interrotte da un epico discorso, un incoraggiamento da parte della nostra guida, del nostro capitano! Colui che avrebbe reso possibile la conquista di Lithien.
Parole forti, decise, che ispiravano speranza là dove essa vacillava!
Tutto l'esercito in effetti aveva dei dubbi, gli svantaggi strategici erano evidenti e inoltre avremmo combattuto contro dei mostri.

Grazie a Kreisler ottenemmo nuovi poteri.



Potevamo scalare pareti verticali come se stessimo correndo su un prato, avere l'assoluto equilibrio sul ghiaccio.
Io personalmente avrei desiderato poter creare delle caramelle giganti, ma ovviamente i miei sogni non si realizzavano mai... uffa!
Dopo un po' il discorso risultava anche noioso, non riuscivo a seguire le lunghe prediche e spiegazioni, la mia testa fantasticava e vagava per mondi immaginari dove esistevano degli alpacorni alati tutti rosa.
Scrutavo anche le facce degli uomini dell'esercito, uno di essi mi ricambiò lo sguardo con fare paterno come per dirmi "cosa ci fa un bambino in guerra?"
Ma la risposta era ovvia, io e Slimmy eravamo gli eroi che combattevano dalla parte degli innocenti, come la popolazione di Lithien.
Eravamo dalla parte dei deboli perché io per primo lo sono e comprendo la loro sofferenza!
Anche se saremmo stati inutili, volevo cercare di estirpare questa malattia con tutte le mie forze! A tutti i costi.

11j5i1d



Mi ritrovavo in mezzo all'esercito, la battaglia era già incominciata.
Il tempo era trascorso così velocemente: l'accampamento, la marcia notturna ed ora mi ritrovavo in questo massacro!
Noi fanti dovevamo combattere sulle torri, cercando di eliminare più nemici possibili; io stesso mi sarei fatto carico di quest'impresa, non potevo permettere che Inu si facesse male.
Slimmy, non penserai mica che me ne stia con le mani in mano...vero?
Non avevo mai compreso come mai il suo desiderio di pericolo fosse direttamente proporzionale alla sua massa di ciccia, tuttavia trovavo veramente snervante questa sua indole suicida, anche perché poi dovevo sempre rimediare io ai suoi errori.
Tanto anche se ti dicessi di non combattere probabilmente ti butteresti comunque sull'avversario!
Era chiaramente una causa persa, quando quel bambino si metteva in testa qualcosa l'unico modo per poterlo sopportare era di assecondarlo!
Iniziai a scalare il più velocemente possibile la parete, delle liane di gelatina entravano negli anfratti dei vari mattoni per mantenere una presa forte ed aderente al muro.
Inu ovviamente era sulla mia testa che urlava cose senza senso, il suo peso non era indifferente, tuttavia ero più tranquillo a pensarlo sopra di me, invece che vederlo arrancare nel tentativo di scalare questa questa torre.
Noi dovevamo andare in avanscoperta.
Ovviamente non eravamo da soli, c'eravamo organizzati con alcuni soldati Katniss e Wergull.
Questo piano serviva per mantenere Inu più al sicuro possibile, per impedire che qualunque pericolo potesse venirci incontro lui rimanesse comunque sostanzialmente indenne.
Avevo soltanto dovuto promettere una parte della mia paga alla fine della battaglia per questi piccoli servigi sottobanco, ma non era poi una grave perdita.
Non appena avessero sfondato le mura ci avrebbero raggiunto il prima possibile sulla torre, rimuovendo qualunque pericolo che avessero incontrato sulle scale.
Katniss possedeva il controllo magico della luce divina, era una specie di chierico che incanalava le energie mistiche all'interno della sua spada.
Un paladino del bene, che tuttavia non mostrava pietà verso i mostri che si trovava davanti, poiché sosteneva che ormai la loro anima fosse stata plagiata dal male!
Wergull era invece molto più silenzioso e tranquillo, non ero riuscito a scoprire che poteri possedesse, tuttavia i due si muovevano in coppia: probabilmente erano molto legati, forse quanto me ed Inu.

La scalata fu comunque estenuante.



Finalmente un terreno solido su cui appoggiare le mie gelatine stanche: se non fosse stato per il potere di Kreisler probabilmente saremmo morti prima ancora di ingaggiare il primo combattimento.
I rumori della battaglia sottostante ci raggiungevano lontani, come un'eco di un mondo lontano. Da quell'altezza magnifica si potevano vedere tutte le valli, le montagne rosate ed il fantastico cielo pacifico, dove la violenza del mondo non poteva arrivare... almeno così credevo.
Lucertoldraghetto!
Cosa significa?
Lucertoldraghetto!!!
Sei impazzito?
No, guarda! Oddio, è così tenero che vorrei andare lì, prendergli le guance e fargli dire choppi choppi.
Ok, probabilmente la sanità mentale di Inu era andata a farsi benedire, guardai tuttavia nella direzione da lui indicata!

9uchae



Oddio, un Lucertoldraghetto! Viene verso di noi!
Probabilmente era stato un bambino prima dell'infezione, forse addirittura un neonato, per quanto la malattia lo avesse trasformato ancora si vedeva un testa più grande rispetto al corpo, le gambine corte, gli occhi grandi e le sue dimensioni minute.
La Gullhiw non risparmiava nessuno.
Un leggero senso di paura iniziò ad affiorare nel profondo della mia anima!
Una sorta di preveggenza che mi mostrava il futuro, il dubbio era chiaro: se fosse stato Inu il prossimo ad essere infettato?
Non potevo permetterlo, non dovevo assolutamente farlo avvicinare a quell'essere ormai corrotto dalla violenza e dal male.
Promettimi che non combatterai!
Il nemico ormai era vicino.
Promettilo ora!

Ma era tardi.



Troppo vicino. Pronto ad attaccarci. Aprì le sue fauci, le scaglie della sua testa iniziarono a colorarsi di rosso, il segno che qualcosa di terribile stava per colpirci: una grande fiammata uscì dalla sua piccola bocca.
Dovevo agire ora! Mi concentrai, sentii il potere iniziare a scorrere dentro di me, chiusi gli occhi: le urla ed i rumori della battaglia non potevano toccarmi in alcun modo, c'era solo quest'istante, questo momento importatissimo da cui sarebbe dipesa la nostra incolumità.
Sentivo già il terribile rosso calore che era pronto a deturpare il mio corpo quando si erse dal terreno un muro di caramelle Mou. Le fiamme fecero sciogliere velocemente le mie difese e la sostanza appiccicosa si afflosciò sul terreno!
Slimmy... si mettono marshmallow al fuoco.
Lo guardai solo un secondo, facendo un piccolo sorrisino.
Ti prometto che non verrò coinvolto.
Mi sentii subito sollevato, non perché un aiuto esterno non era ben accetto, ma perché non sarei riuscito a sopportare di veder Inu infettato dalla malattia per cui eravamo venuti a trovare una soluzione.
Ma il mostro non stava ad aspettare noi.
I suoi occhi incontrarono quelli di Inu e vedetti una piccola scintilla, un luccichio innaturale, poi il disastro.
Inu si afferrò immediatamente la testa, come se qualcosa lo avesse trafitto.
Uno smorfia di dolore mi fece capire che era stato colpito da qualcosa e poi lo vidi tremare!
Inu? Prese una pietra dal terreno e cercò di scagliarla contro il nemico, che la schivò agilmente volteggiando in aria... alla faccia che non doveva combattere!
Tuttavia avevo il sospetto che queste sue azioni non fossero naturali, come se il nemico avesse fatto uso di qualche potere per il controllo della sua mente.

2prv1ba



Paura, ecco cosa provavo, mi sentivo confuso, spaesato, ma l'unica cosa che comprendevo con l'assoluta certezza era che quel mostro fosse una minaccia.
Non mi importava più della promessa fatta a Slimmy!
Io dovevo combattere.
Non potevamo aspettare oltre: il budino sputò una freccia mirata alla testa del nemico, ma quest'ultimo si spostò di nuovo con estrema facilità, volteggiando al di sopra del terreno solido della torre, proprio sopra al cerchio magico creato dal mio compagno slime.
Una piccola parola venne pronunciata dal budino Brucia!
Prima una luce intensa sorse dal contorno del cerchio e poi alte e incandescenti fiamme dal colore cremisi si alzarono dal terreno avviluppando completamente la figura alata.
Con Slimmy non c'era un grande vantaggio a combattere al di fuori del suo raggio di azione, poiché tutte le sue capacità particolari erano in grado di raggiungere anche coloro che si libravano nell'aria.
Eravamo dei cacciatori: se non fossimo stati in grado di catturare un qualunque volatile allora non potevamo essere considerati tali.

Ma l'infetto sembrava non provar dolore.



La malattia era arrivata ad un profondità tale da rendere quegli esseri una semplice macchina da guerra?
Non potevo permetterlo, l'avrei curato, ci sarei riuscito, ma ora per me quel bambino malato era una grande minaccia.
Scese in picchiata su di me.
Era pronto a colpirmi con i suoi artigli, pronto a dilaniare la mia ciccia con le sue lame, ma Slimmy si frappose immediatamente. Le unghie nemiche sprofondarono nella gelatina verde, mentre la ferita laterale rilasciava sostanze viscose, color vomito e puzzolenti.
Rimasi per qualche istante bloccato dal terrore.
Era stato infettato?!
Dovevo andarmene, correre via; non sarei dovuto rimanere qui, era stata tutta colpa mia!
Slim...
Stai tranquillo resta concentrato!
La forza con cui era stato portato quell'attacco era impressionante e io non potevo credere che una tale violenza potesse essere sprigionata da un essere così piccolo.
Delle lacrime iniziarono a scendere dal mio volto, incontrollate, accompagnate da leggeri singhiozzi.
Del moccolo denso iniziò a scendermi dal naso posandosi sul labbro superiore.
Perdonami! Ti prego, non dovevamo venire qua! Scusami...
Era forse la fine del mio compagno?

Che la sua anima ed il suo libero arbitrio avrebbero iniziato a scemare col tempo?



La disperazione si trasformò in rabbia!
Al diavolo i buoni propositi! Volevo solo vendicare il mio compagno!
Il bambino infetto tuttavia non stava ad aspettare; guardò Slimmy fissò negli occhi e di nuovo una scintilla venne sprigionata, una luce intensa comparve sotto forma di raggi bianchi e candidi.
Talmente lucenti da richiamare il ricordo della morte. Presi la rincorsa, sentendo il cuore che pulsava forte! Dovevo interromperlo, ma ormai era tardi: Slimmy aveva completamente subito quella tecnica ed ora tremava di paura!
Saltai, pronto a colpire il volto di quel mostro.
Muoriiii!!!!
Ero così tanto vicino al mio obiettivo, tutta la mia forza stava per riversarsi sulla sue pelle fatta di scaglie, quando l'ala si frappose sulla traiettoria.
Mi sentivo così inutile, ero così inutile, debole, tanto che ovunque andassi la sfortuna perseguitava coloro che mi stavano vicino!
Ogni volta finivano per soffrire.
Osservai il corpo di Slimmy che stava lentamente mutando, in modo impercettibile per ora, nonostante si vedesse che il verde smeraldo delle sua pelle iniziava lentamente a diventare più scuro e opaco. Malato.
Slimmy!

11j5i1d



Non ora!
Il bambino infetto ancora bruciava colpito dalla trappola sul terreno! Credevo proprio di essere stato infettato, infatti per ora non sentivo grandi cambiamenti, ma non riuscivo a spiegare in alcun modo il cambio di colore che è avvenuto nel mio corpo.
Quel mostro mi spaventava e avevo paura per il mio futuro, per quello che mi sarebbe potuto accadere.
Tuttavia avevo un compito più importante: dovevo proteggere Inu.
Slimmy...
Tremavo, quasi non riuscivo a muovere un muscolo, eppure avevo il mio bersaglio proprio di fronte! Quell'essere aveva sicuramente dei poteri di controllo mentale, si insinuava nelle nostre menti, immettendo delle sensazioni oscuri.
Non avevo alcun modo per contrastarlo.
Concentrati, diamine! Una mia protuberanza schizzò verso il nemico, una frusta pronta ad avvilupparsi attorno a lui. Riuscii ad afferrarlo e lo sbattei con forza contro il terreno, tanto che l'urto con le piastrelle alzò della polvere brillante, illuminata dalle rosse fiamme che si alzavano dal suolo.
Una rabbia diabolica iniziava lentamente a crescere dentro di me, pronta ad esplodere da un momento all'altro. Slimmy!

Slimmy!



Slimmy!
CHE C'E'?
Blblblblbl!! Ohohoh.
Quel verso era quando decideva di esprimersi solo più in Unicornese e quando iniziava a farlo non smetteva più per tutto il giorno! Peccato che capitasse sempre nei momenti meno opportuni!
Non so se fosse la malattia, ma iniziavo a volerlo uccidere! No, non il mostro: Inu.
Blblblblbl! Blblbl.
Il bambino infetto aprì con forza le sue ali liberandosi dalla mia frusta e le fiamme dal terreno scomparvero.
Si librò in volo, alto nel cielo per poi cadere in picchiata ad ali chiuse, lasciando che la forza di gravità massimizzasse la violenza del suo attacco. Frapposi lo scudo... ma non servì a nulla, il nemico era troppo potente! Sentii l'impatto, il dolore.
BLBLBLBL!!!!
Non sentivo più il terreno, l'attacco nemico era riuscito a sbalzarmi lontano... al di fuori della torre, al di là delle mura!
Quanto poteva durare una caduta del genere? Sarebbe stata la mia fine?

2prv1ba



Mi sporsi immediatamente dai merli della torre.
La visione della battaglia toglieva il fiato e Slimmy stava cadendo in picchiata, sentii nascere un vuoto incolmabile dentro di me. La scena era orribile!
Lo slime si sarebbe probabilmente spiaccicato sopra l'esercito che combatteva, la sua gelatina si sarebbe sparsa tra i cadaveri inermi che giacevano nel terreno, sopra i mostri infetti, sopra gli umani che urlavano e combattevano contro le fiere diaboliche!
Per molti di loro questo sarebbe stato l'ultimo giorno, ma perché doveva toccare anche al mio compagno? Al mio caro e unico amico.
NON MI LASCIARE! Ti prego...
Le ultime parole vennero sussurrate come una supplica, che il vento si portò via in fretta. Uno strano pensiero istantaneo mi folgorò la mente: dovevo seguirlo! La mia vita non avrebbe avuto un senso senza di lui. Misi un piede sul cornicione, pronto a lanciarmi nel vuoto, incurante del nemico che mi era alle spalle, ero lì per compiere l'ultimo grande balzo della mia vita.
Non potevo abbandonare il mio amico, non poteva abbandonarmi anche lui.
Ma proprio nei momenti più improbabili, quando il buio e la speranza sembrano vacillare, l'intelligenza del mio compagno brillò lucente come una luna piena in una notte oscura.
Creò delle evocazioni: degli slime in punti strategici, in modo che essi potessero spingerlo verso il muro e, grazie al potere donatoci da Kreisler, riuscì ad aderire alla parete frenando la caduta proprio a pochi metri dal terreno.

Proprio in quel momento dei rumori giunsero dalle scale.



Se per un primo istante sospettai l'arrivo di nuovi mostri, rimasi estremamente sollevato nel vedere degli esseri umani in armatura che vennissero in nostro aiuto.
Erano proprio coloro che erano stati assoldati da Slimmy; certo che ce ne avevano messo di tempo per raggiungerci!
Una raggio di luce partì dalla spada di Katniss che trafisse con violenza il bambino infetto, già gravemente ferito.
Kill stealer! Non sapevo esattamente cosa significasse, ma mostrava il mio disappunto verso quell'uccisione. Poteva probabilmente essere una nuova parola per l'unicornese!
Come hai potuto ucciderlo? Era un bambino... Era un bambino malato!
Questa è la guerra. Disse un soldato senza troppo curarsi di me.
E poi quelle ferite non se le sarà fatte di sicuro da solo, immagino infatti tu l'abbia picchiato per bene.
La guerra non giustifica il massacro. Potevamo curarlo!
Non c'è cura per la Gullhiw.
Non c'è cura per la violenza, ma per le malattie c'è sempre speranza! Sono qui apposta.
Bastava renderlo inoffensivo, cosicché avremmo potuto almeno tentare qualcosa, gli avete tolto ogni possibilità futura.
Aveva già provato il sentimento della morte quando aveva perso il suo libero arbitrio era veramente necessario fargli riprovare quell'orrore?

Risero.
Risero di me, dei miei pensieri, delle mie speranze. Mi avvicinai al cadavere osservando i suoi lineamenti.

Slimmy sarebbe diventato così?



Mi sporsi leggermente dalla Torre per osservare ancora una volta il mio amico, facendogli un gesto con la mano per indicargli che la situazione si era completamente stabilizzata: la torre era stata conquistata.
Lithien: la città bella ora ci attendeva.
Le sue porte erano state aperte, così che si potessero finalmente osservare i suoi orrori e misteri, per scoprire chi fosse realmente il mostro: l'uomo o gli infetti?
Guardai con occhi spenti e tristi il budino che saliva a fatica la torre.
Le ferite che aveva riportato erano pesanti ma non gravissime, tuttavia ciò che veramente mi preoccupava erano i mutamenti fisici che lentamente si stavano mostrando.
Avrei ancora potuto vedere il suo sorriso o la sua anima sarebbe stata corrotta a breve?
Avevo paura ed il senso di colpa attanagliava il mio cuore.
Ero inutile, ero Inu.
Perdonami, ti prego...

Blblblbl!






CITAZIONE

Narratore esternoParlato Inu Parlato Slimmy

Slimmy
Mana: 100%-(10%+20%)-(10%)=60%
Cr 40%|Al 20%|Me 10%|Ba 5%
Stato fisico: 8/16 danno Alto Ferita laterale di entità alta e dolore diffuso sul corpo.
Stato Mentale: 2/16 danno alto alla mente per il terrore.
Cs: [1] intelligenza.

Inu
Stato fisico: 0/16 danno alto illeso
Stato Mentale: 4/16 danno medio alla mente. Identificando il nemico come una minaccia.


Passive:
Useless: Inu Tyle è inutile, assolutamente, può piangere oddio, può cibarsi e parlare, ma non se ne parla di combattere.
Tutte le sue tecniche delle pergamene, talenti, abilità di classe, CS, beneficio degli oggetti, in realtà saranno trasferiti sul compagno animale!
Inu non possiede addirittura una riserva di mana ed è talmente grasso e goffo che non può correre per tanto e se ci prova è più lento di una lumaca!
Per fortuna c'è Slimmy che fa tutto per lui! E' come se la situazione fosse capovolta ed in realtà il compagno animale fosse Tyle.

[Tipo: passiva]

Evocatore: il possessore del talento ha sviluppato una capacità innata di sfruttare la potenza delle proprie creature, senza ritardi o ostacoli. Il possessore, quindi, sarà in grado di richiamare l'aiuto dei suoi compagni di battaglia a tempi pressoché azzerati, ovvero quasi istantaneamente. Per lui, quindi, sarà sufficiente desiderare l'aiuto delle creature prescelte, qualunque tipo o specie esse siano, per averle già al proprio servizio. Un battito di ciglia rapido, una parola appena sussurrata o uno sciocco di dita e le creature accorreranno immediatamente.
[Tipo: passiva]

Friends Inu è un elfo, il suo compagno animale può partecipare alla battaglia!

Agility: Inu e Slimmy sono in grado di mantenere una stabilità perfetta sul ghiaccio e possono scalare facilmente le mura o le pareti di roccia! Questo potere gli è stato donato da Kreisler prima dell'inizio della battaglia.

[Tipo: passiva]


Armi
Frusta: alcune porzioni gelatinose dello slime si protendono velocemente e possono essere utilizzate come una frusta per colpire l'avversario, l'estensione di queste protuberanze non aumenta può allontanarsi a più di due metri dal mostriciattolo! Slymmy è un grande slime e questi sono i metodi principali con cui caccia piccoli animaletti o raccoglie bacche ed ortaggi.

Scudo: Slime possiede quattro sferette esterne di gelatina, essa è molto più resistente di quella normale ed equivarrà ad uno scudo della resistenza del metallo,.
Ovviamente con modalità completamente diversa! La viscosità del gel di queste porzioni esterne è estremamente alta quindi rallenterà il colpo fino a fermarlo! Non ci saranno difficoltà per l'avversario ad estrarre facilmente e velocemente la spada o l'arma, queste porzioni hanno solo funzioni difensive e funzionano solo se utilizzate tutte assieme.


I quindici sputi: Per quanto possa sembrare orribile lo slime può sputare ed equivale più o meno alla forza di un arco! Sì i dardi di gelatina possono perforare la carne avversaria con facilità se non trovano difese ed intoppi.

_-O-_


L'infetto
Pericolosità: G
Energia: bianca
Cs complessivi: 1 Forza
Talento: Eremita
Classe: Guerriero.
Razza: Orco.

Mana: 100%-(10%+10%)-(10%+5%)-(20%)=45%
Cr 40%|Al 20%|Me 10%|Ba 5%

Passive:
» Effetto passivo del Talento: la capacità più caratteristica dei possessori di questo talento è quella di avere una concentrazione tale da aver trasformato una parte del proprio corpo in una pericolosa armi al pari di quelle maneggiate dai più banali guerrieri. Che questo potere gli derivi da anni d'addestramento o da semplici caratteristiche fisiche, questo ha relativa importanza: per ognuno sarà particolare e non meno dannosa. L'esempio più comune è quello di quei guerrieri che hanno passato anni ad addestrarsi in solitudine fino a trasformare le proprie mani in veri e propri strumenti di morte, che ora sono in grado di contrastare senza difficoltà anche le lame più affilate. In termini tecnici questa passiva concede al personaggio un'arma in più alla creazione della sua scheda, purché quest'ultima sia una parte del corpo del personaggio; può essere anche una parte aggiuntiva, come artigli particolarmente lunghi, una coda prensile o altro ancora. L'arma ottenuta tramite questa capacità non può essere né distrutta né sottratta in un post autoconclusivo di vittoria.

» Aria: L'infetto possiede la capacità di volare, in modo un po' goffo in realtà! Le loro ali non funzionano perfettamente quindi l'altezza massima che possono raggiungere sono i cinque metri.
La malattia può raggiungere finalmente anche l'aria, essa può trovarsi ovunque e colpire quando meno uno se lo aspetta! Da mille angolazione diverse, perché sei tu il suo bersaglio.

(capacità personale. 1/10)

»Spirito di guerra: L'attitudine battagliera degli orchi è rinomata ovunque sul continente. Bruti, efferati, grezzi. Il loro stile di combattimento raffigura appieno i tratti fisionomici sgraziati e rudi, dove la preponderanza fisica è anteposta alla sveltezza dei movimenti o all'ingegno di subdoli trucchi. Ma al di là delle risultanti del loro agire, ciò che davvero impressiona è la capacità di combattere in qualsiasi situazione, dalle sfavorevoli alle disastrose, senza mai fermarsi.
L'indole degli orchi è ardente al punto da renderli in grado di combattere persino quando i colpi subiti si sono cumulati gli uni agli altri, persino con ossa spezzate e muscoli contusi. Sono in grado di camminare nonostante una gamba spezzata, di impugnare le armi quando le braccia appaiono inservibili, di muoversi con discreta disinvoltura col corpo leso e ammaccato. Macchine inarrestabili nella cui anima è temprata la guerra..


Armi:

L'infetto possiede dei lunghi artigli affilati, tanto da poter recidere la carne con estrema facilità! Se l'avversario venisse colpito da quest'arma naturale allora ci sarebbe trasmissione della Gullhiw verso il soggetto!

Le fauci si sono irrobustite, i muscoli della mandibola sono ora più resistenti ed i suoi denti si sono lentamente trasformati in piccoli rasoi pericolisi, pronti a recidere con forza la carne dall'avversario: il costo è stata la sua anima ed il suo libero arbitrio.
Anche i morsi sono in grado di trasferire la malattia!

La Gullhiw ha trasformato questo povero bambino in un mostro, violento, assetato di sangue, per far fronte alle battaglia una spessa pelle lo riveste completamente! Un'armatura naturale, fatta di scaglie dure, dal colore grigiastro!

Gli effetti della malattia sono imprevedibili, ogni soggetto sviluppa peculiarità differenti, questo ex-bambino ha sviluppato delle ampie ali! Le scaglie su queste strutture sono estremamente particolari, esse sono in grado di staccarsi grazie ad un movimento particolare e sono estremamente taglienti.
La loro forza è paragonabile a quella dei coltelli usati normalmente.


Round Tecniche:
1° Slimmy & Inu:Difesa Mou

Difesa di mou: La tecnica ha natura magica. Una grande barriera di caramelle mou compare davanti al caster, difendendolo da eventuali tecniche magiche dell'avversario. La potenza della difesa sarà pari a media. La dolce barriera avrà una durata istantanea e svanirà non appena avrà compiuto il suo compito... con grande disappunto per coloro che volevano affondare i denti nella sua molle sostanza appiccicosa. Questa caramella che ricorda molto uno slime è stata venerata dalla loro cultura per millenni! Mille leggende sono state create attorno a questo flaccido dolciume ed attraverso vari studi è diventato possibile sfruttare il suo potere, concedendo quindi la possibilità a chi lo invoca di difendersi da magie anche decentemente potenti.
[Consumo: medio]

Trappola incandescente.


Trappola incandescente: il cacciatore crea una sagoma di luce sotto i piedi dell'avversario, causando gravi ustioni a chiunque permanga all'interno della stessa che non sia il cacciatore stesso.
La tecnica ha natura magica.
La tecnica sarà personalizzabile a piacimento circa natura, forma e fattezze della sagoma, purché questa renda sempre identificabile l'area di effetto della stessa.
Chiunque permanga nella sagoma di luce, e non sia lo stesso caster, subirà danni da fuoco pari a Medio per ciascun turno.
La tecnica dura complessivamente due turni e svanisce al termine del secondo turno seguente dell'avversario.
Qualunque materiale infiammabile presente nell'area di effetto subirà danno da fuoco come se esposto ad una fonte diretta di calore.
Per evitare il danno, l'avversario dovrà sfruttare le proprie abilità e combinarle in uno stratagemma idoneo a liberarlo dall'effetto della sagoma, non potendo sottrarsi semplicemente camminando.
L'effetto agisce su tre dimensioni, interessando chiunque attraversi la sagoma, anche volando.
Consumo di energia: Alto

1° Mostri: Fiamma


Fiamma:
Il fuoco è stato il più grande dei vantaggi portato dalla malattia, che si è insinuata in profondità nel suo corpo, tanto da modificare in modo sostanziale le sue vie respiratorie! Esse ora sono in grado di concentrare l'ossigeno in piccoli anfratti ad una percentuale così tanto alta che anche il solo calore del proprio corpo è in grado di innescare una reazione violenta come l'accensione della fiamma ed ecco che l'espirazione è in grado di portare verso il nemico questa violenza, simbolo della corruzione profonda che la Gullhiw ha causato in questo bambino.
La tecnica ha natura magica.
[Personale: Media 2/10]

Minacciare


Minacciare: il guerriero manifesta la sua pericolosità, identificando se stesso come una minaccia e attirandosi addosso le ire dei nemici.
La tecnica ha natura psionica. Il guerriero lancia in aria un grido di minaccia, o esegue un'azione che lo identifica come un pericolo imminente per gli avversari circostanti. La tecnica ha valenza di offensiva psionica ad area, quindi di potenza Bassa per qualunque nemico si ritrovi a fronteggiarla: se non opportunamente contrastata, causerà nel bersaglio l'impellenza di attaccare il caster e dei danni Bassi alla psiche. Durerà un singolo turno, al termine del quale il guerriero non sarà più necessario bersaglio degli attacchi avversari.
Consumo di energia: Medio


2° Inu & Slimmy://



2° Mostri:Accumulo di energie

Accumulo di energie: il guerriero concentra le sue energie per riuscire in un'azione al di là dell'ordinario.
La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di ottenere le capacità per eseguire azioni al di là dell'ordinario, superando ostacoli che altrimenti gli bloccherebbero il cammino inesorabilmente o sconfiggendo avversari fino a quel momento troppo abili per lui. La tecnica fornirà al caster 4 CS in una singola caratteristica fino al termine del turno. La capacità potenziata sarà personalizzabile liberamente, ma andrà specificata al momento dell'inserimento della tecnica in scheda e dovrà avere natura prettamente fisica.
Consumo di energia: Medio

Intimorire


Intimorire: il guerriero riesce ad imprimere timore nel momento in cui esegue un'offensiva, spaventando l'avversario con la sua foga.
La tecnica ha natura psionica. Il guerriero sarà in grado di far percepire la propria intenzione aggressiva all'avversario, con un semplice sguardo o una parola di minaccia. Così facendo potrà fare breccia nella mente del nemico, spaventandolo e impedendogli di conseguenza una pronta reazione per i successivi istanti. La tecnica ha valenza di influenza psionica Bassa, e come tale va contrastata; perché venga attivata con successo è sufficiente stabilire un qualche tramite visivo o uditivo con l'avversario. Cagiona un danno Basso alla psiche della vittima.
Consumo di energia: Basso


3° Inu & Slimmy: Attiva del talento di evocatore, creando svariati Slime, con 2 CS complessi alla forza.

.
spendendo un consumo pari a Medio, il personaggio è in grado di sfruttare la propria capacità per richiamare una creatura di esigua potenza, che avrà la funzione di suo spirito guardiano personale. La creatura richiamata, quindi, si genererà attorno a se, o comunque ad una breve distanza. Il suo aspetto potrà essere il più vario, ma confacente alla specie, o alla razza, prescelta al momento dell'inserimento del talento in scheda. Pertanto, essa potrà rispecchiare la tipologia di creature fantastiche come fate, o creature mostruose come arpie e draghetti, sino ad animali reali, o esseri umanoidi. L'importante è che rappresenti un'entità di bassa potenza della specie, tipo o razza prescelta. Il numero delle creature evocate contemporaneamente dipenderà direttamente dalle dimensioni del guardiano - più l'evocazione sarà grande, meno di essa sarà possibile richiamarne con uno stesso consumo; viceversa, più sarà piccola, più se ne potranno richiamare. La forza della somma degli spiriti evocati è pari a 2 CS, e resteranno sul campo per un totale di due turni compreso quello d'evocazione, svanendo al termine del secondo, se non richiamati in precedenza. Non vanno trattati autoconclusivamente. La tecnica ha natura di evocazione.


3° Mostri: Contraccolpo


Contraccolpo: il guerriero esegue un'offensiva diretta in grado di respingere violentemente il proprio avversario.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero può eseguire questa tecnica sia fronteggiando fisicamente con un impeto travolgente il proprio avversario, sia eseguendo una qualche forma di presa marziale che possa sortire il medesimo effetto: scagliare lontano, o respingere con violenza il nemico. Le dinamiche della tecnica sono liberamente personalizzabili a discrezione del giocatore, purché non autoconclusive. Va considerata come tecnica offensiva di potenza Alta, e come tale è necessario fronteggiarla.
Consumo di energia: Alto


Riassunto per round:
1°: L'infetto mi scaglia contro una fiammata dalla sua bocca, con consumo medio diretta verso di Slimmy che si difende con difesa mou, natura magica, a costo medio.
Dopo l'infetto si fa identificare da Inu come una minaccia utilizzando la pergamena del guerriero Minacciare.
Inu gli lancia una pietra a caso e Slimmy una freccia, ma vengono entrambe schivate facilmente. Tuttavia svolgendo queste manovre aeree finisce sopra la trappola incandescente del budino... subendo danni medi.

2°: L'infetto si potenzia di 4 CS, utilizzandoaccumulo di energie attaccando Inu.
Slimmy riesce a frapporsi al pelo, subendo in pieno l'attacco con un danno alto e viene infettato dalla Gullhiw.
Il nemico inoltre grazie al contatto degli occhi con Slimmy usa intimorire infliggendogli danni medi alla mente e spaventandolo.
Inu prova a colpirlo con un pugno, ma a causa della differenza di CS il nemico lo para con un'ala.
La trappola incandescente infligge ancora danni medi e Slimmy riesce ad afferrare il nemico con la sua frusta, sbattendolo per terre: l'infetto subisce danni medi.

3°: Il mostro utilizzando contraccolpo infligge danni alti al budino, facendolo cadere giù dalla torre.
Grazie all'evocazione di vari slime in punti strategici durante la caduta Slimmy riesce a farsi spingere verso la parete rallentando poi la caduta grazie alla passiva donatagli da Kreisler.
Il nemico viene ucciso dall'arrivo di altri soldati sulla torre infliggendogli un danno medio.

Note.

Ho calcolato come vita totale per il mostro un critico.
Calcolando che fosse solo di pericolosità G mi è sembrata una scelta opportuna.
Spero che i consumi siano appropriati, non ho voluto consumare troppa energia per mantenerla poi per il resto della quest.
Il verde del parlato di Slimmy si scurisce con l'avanzare della malattia.
Per il resto buona lettura.
Edit: avevo dimenticato un'azione di Inu nello specchietto riassuntivo.



Edited by zis - 3/2/2014, 19:14
 
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The Grim
view post Posted on 3/2/2014, 08:24





Taanach, primo pomeriggio

Mischiava le carte Jace, come tante volte aveva fatto nella sua vita. Doveva predire l'esito di una azzardata speculazione di Jacob Rabel, un mercantucolo che si era convinto dei poteri del cartomante e ora non muoveva passo senza il suo consiglio. Il cartomante era stanco di quelle predizioni, mentre l'ometto dai baffi unti riusciva ogni volta a giustificare qualsiasi dettaglio Jace inventasse tanto la sua fede era cieca. Il signor Rabel voleva finanziare un'ardita spedizione mercantile che avrebbe venduto armi di qualità scarsa in un lontano cantone del Erydlyss, al confine tra Eden e Midgar. Diceva che fra quelle montagne si facevano buoni affari, che c'era alta richiesta di lance e lame ma scarsità di materiali e contava di lucrare vendendo a prezzi troppo alti lame di poco valore. Jace sapeva pochissimo di commercio e ancor meno di armi, ma conosceva quanto fosse aspra la vita nei territori dell'Eden, di come il clima rigido e le intemperie non fossero i mostri peggiori ma di certo i nemici del quotidiano. Mentre disponeva le carte sul tavolo ripensava alla sua disavventura tra le tetre foresta Gwathlàiss, e in un certo senso doveva molto alle lande del nord e aveva preso un impegno con loro. Rimuginava su quelle questioni mentre le sue dita agili agitavano le carte, tagliavano il mazzo in parti più piccole, le mescolavano l'una nell'altra. Sentiva la testa farsi pesante, e come un fischio nelle orecchie diventare sempre più incessante. Le dita si muovevano sempre più rapide, contorcendosi compulsivamente, scattando in materia frenetica e meccanica, quasi non fosse più la mente a comandarle ma loro a muoversi spontaneamente. Fu allora che la stanza si disperse, divenendo un cielo terso e aperto di un azzurro smorto e quasi grigio. Pile di fumo si innalzavano da una montagna innevata, e poteva sentire il gracchiare di corvi farsi incessante e una pioggia di piume nere ricoprire il terreno. La terra marcia si squarciava mentre passeggiava, e zaffate di odore di carne putrefatta si levavano dal suolo gravido di cadaveri bianchi, come se un epidemia fosse passata di lì. Erano morti in tanti, forse in troppi, tanti che pure il suolo non riusciva a contenerne le moltitudine. Sentì una voce, flebile e distante, disperata e supplicante, eppure forte e convincente. Lo stregone prese a ripetere le sue parole una poi due e tre volte, come una cantilena o un sortilegio. Cantava sempre più velocemente, confondendo le parole l'una sull'altra, sentendo l'urgenza di quel richiamo, l'importanza dello stesso; fino a che le forze non gli mancarono. Quando riaprì gli occhi del mercante non vi era nemmeno l'ombra, eppure lo Stregone sapeva che cosa fare. Per la prima volta avrebbe usato il tesoro che gli era stato affidato dai Leoni dell'Eden, e avrebbe anche reso onore al titolo che gli era stato affidato. Il ragazzino pauroso era scomparso, affossato forse definitivamente, l'uomo adesso sbucava fiero e consapevole da quella cappa azzurra. Richiamò chiunque volesse seguirlo in quell'impresa folle e distante, mentendo spudoratamente, promettendo tesori inesistenti e facendo accordi sui quali non aveva alcun potere; radunò chi l'avrebbe voluto seguire e si avviò così verso l'Erydlyss; sarebbe stato un lungo viaggio, sperava solo di essere in tempo.


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Campo di Kreisler, notte prima dell'assalto

L'accampamento era gremito di persone: mercenari di ogni nazione, nativi in cerca di riscatto, soldati eccitati in cerca di gloria, fanatici che avevano risposto a quel richiamo quasi religioso. Non ero stato l'unico a giungere le pendici dell'Erydlyss, all'ombra delle cupa Lithien. Molti tremavano ed avevano paura: il nemico sembrava pericoloso e ai più sconosciuti; nella mia mente rimbalzavano le immagini di quegli uomini dalla carnagione pallida e gli occhi ricolmi d'orrore. Non sapevo che cosa aspettarmi, ma di certo doveva essere tremendo, sopratutto per gli altri. Da avevo sorpassato le terre degli uomini per entrare in quel reame montuoso avevo sentito il mio corpo farsi più robusto: non pativo freddo e fatica, non sembravano esserci difficoltà per le mie gambe e capivo immediatamente che quel titolo che avevo ricevuto non era solo una vuota parola; essere una Vena di Granito significa veramente qualcosa. E pareva che ciò non influenzasse solo il mio corpo ma che la fama di cacciatore si avviluppasse attorno a me come un manto, o meglio un vessillo che tutti parevano riconoscere con facilità. La cosa m'inquietava ma non mi azzardavo a nascondere il Becco del colibrì e privarli della loro speranza, anzi mi misi ben in vista a distribuire pronostici e leggere il fato. Assicuravo un futuro a chi fosco a chi luminoso perché non si focalizzassero sul presente; perché per essere tradito dalla tua bella fra un mese dovevi essere vivo. Lessi le carte a un elfo del nord e un cavallerizzo del sud, a un ragazzino pallido e un veterano vissuto, ma anche a un individuo molto particolare che si presentò come sciamano.

" Sciamano?
Un figlio della Torre del libro di pietra? È raro vedere un Thyrsus, di solito preferite perdervi fra i boschi. O magari vi riferite ad altro?
"

Oziosa curiosità, una domanda buttata lì più per scacciare il tempo e far qualcosa di diverso che dispensare speranze e prodigi davanti a figure colorate. Volevo solo una conversazione senza sottesi, inganni e doppi sensi, aperta a plurime interpretazioni.

" In ogni caso, io ho guadagno in tutto ciò, non in moneta sonante è vero, ma esistono altri tipi di ricchezze. La battaglia sarà difficile, serve che il morale sia alto fra i ranghi, e questa è una maniera semplice per farlo. Dopotutto se si ha predetto un futuro, anche difficile, significa che non si morirà durante la prossima battaglia. Se volete provare... "

" Non sento parlare del Cammino dell'Estasi in questi termini da cosi tanto.
Sei un uomo in possesso di conoscenze che credevo perdute e mi piacerebbe parlare ancora con te dopo che la questa tempesta sarà passata ma il futuro incombe oggi non é forse così?
Chiede di essere ascoltato.

E qual è il tuo percorso, collega?
Non puoi conoscere certi misteri senza esserne parte. Qual' é il tuo sentiero se posso chiederlo?
"

Il mio volto si incupisì. La mia curiosità aveva un prezzo fin troppo alto, dire la verità su me stesso, ricordare quello che alla fine ero. Non ne ero per nulla fiero, anzi era duro ammettere le proprie origini; questo non rappresentava più ciò che ero diventato. Ma rinnegarlo era anche peggiore.

" Il mio sentiero?
Io ho seguito il peggiore dei sentieri, il cammino della frusta.
Io sono un Mastigos.
"

L'altro trema un poco, si spaventa davanti a quel nome ma mi aspettavo di peggio. Poteva alzarsi e scappare, ringhiarmi contro, in fondo sono stato un assassino e anche peggio.

"Nessun sentiero é peggiore o migliore di altri, tant'é vero che spesso capita che si incrocino. "

Allungo il mazzo verso l'altro e lo sciamano prende la prima carta.

" Il diavolo, mi aspettavo la luna o forse l'eremita, ma questo sviluppo è ben più interessante. A quanto sembra non sono l'unico ad avere un passato oscuro
Sei stato tentato o forse sei sempre stato un egoista a quanto pare, un servo di te stesso; proprio come me.
"

" Il tuo dono é potente, fratello, vai avanti ti prego. "

" Questo è il papa, significa che adesso invece tu sembri aver trovato un appiglio, forse la fede o una persona in cui credi ciecamente; qualcuno di potente.
Ciò ti da stabilità, ma mina la tua autonomia, la tua libertà; e ciò in parte ti turba.
"

" Oppure temo cosa potrei essere senza questi freni. "

La terza carta fu una vera rivelazione. La guardai quasi sbalordito, cercando di decifrarne il significato. Ne studiai il disegno, ricordandone i significati, perché una risposta banale era possibile, ma l'accostamento delle carte non pareva casuale; come se una forza mistica avesse forzato quell'incontro. Mi domandai se lo scetticismo con cui ero sempre vissuto fosse stato un errore.

" La papessa. Questa carta è molto importante, e modifica in parte il significato della scorsa estrazione. Se il papa è il simbolo delle fede, nella sua declinazione maschile, in una sfumatura decisamente concreta, la papessa invece è la sua declinazione femminile, e la fede che vive non di certezza ma di dubbio.

Puoi darmi liberamente del ciarlatano ma devo ammettere il tuo futuro è segreto. Potrei rabbonirti dicendo che troverai la serenità, accogliendo le stranezze e le tortuosità che la vita ti metterà davanti. Qualcosa mi suggerisce invece che andrai incontro al mistero che si nasconde dietro al velo di vita e morte.
Fa' attenzione.
"

Ti avrei dato del ciarlatano se tu avessi affermato di conoscere ció che mi attende, noi veggenti non facciamo questo. La gente crede che rivolgendosi a noi potrà trovare la risposta alle loro domande e non capisce che noi non possiamo fornirgli altro che la domanda successiva a quella che ci hanno appena posto. Spero di avere ancora una volta l' occasione di parlare con te in futuro. Da tempo ormai ho perso i contatti con i miei confratelli e i legami che un tempo mi univano al Sentiero dell'Estasi sono stati recisi prima che io fossi totalmente pronto. Vivo in un limbo da troppo tempo.
Forse potresti aiutarmi, chissà...


" Forse, ne riparleremo a battaglia finita.
O cercami a Taanach qual'ora i nostri destini ci separino. Purtroppo ho ancora molto da fare.
Buona fortuna.
"



Lithien, assalto alle torri

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Avevano varcato le spesse mura e si erano infine infiltrati in città, o quasi. Quella appollaiato in cima alla salita era solo l'imitazione dello splendore di un tempo, come il volto di una bella donna dopo che la vecchiaia l'aveva fatta sfiorire. Sotto le cicatrici del tempo si scorgevano i segni di ciò che un tempo doveva mozzare il fiato. Quella sfacchinata avrebbe dovuto fiaccare l'esercito e invece da quando il Cavalcaviverne guidava l'esercito la fatica sembrava essere svanita e quella che doveva essere una marcia forzata nel cuore della notte, sembrò quasi una passeggiata al chiaro di luna. Piedi e zoccoli scivolavano sulle pietre sconnesse con leggerezza, quasi fosse il lastricato di Taanach. La cavalleria fu la prima a giungere in città, benedetta dal bacio dell'alba, seminando il panico nell'esercito nemico, scompigliando i ranghi così come le tattiche nemiche, spezzando reggimenti e travolgendo le truppe. Chi come lo Stregone era a piedi aveva un compito diverso: sgomberare le fortificazioni nemiche, impedire che esse si riempissero di soldati e mettessero in scacco l'esercito dello Straniero. La cttà non aveva vere e proprie fortificazioni ma ogni villa e ogni palazzo era stato trasformato in un forte o comunque in un baluardo contro gli esterni trasformando quella che doveva essere una battaglia in mille più piccole. Ogni compagnia si separava dalle altre, chi per efficienza e chi per ingordigia di tesori, gettandosi dove poteva, invadendo cortili e combattendo in sale da pranzo, espugnando scale signorili e morendo per conquistare un gradone in pietra.

Jace non avrebbe dovuto, ma era in prima linea. Aveva lasciato la frusta allacciata alla cinta e stringeva con forza il suo Becco di colibrì. Lui e un piccolo manipoli di mercenari di Taanach si erano infiltrati in un torrione di ardesia bluastra, passando di soppiatto da una porta sul retro e finendo in uno stretto corridoio che permetteva a malapena a due uomini di camminare affiancati. L'edificio alto e slanciato dava un'ottima visuale sul campo di battaglia, su eventuali nemici e poteva essere un vero e proprio pericolo per l'esercito sottostante: un bastione difendibile da pochi soldati ma al contempo capace di essere una vera spina nel fianco, potendo colpire le retrovie di un esercito che si spingeva troppo a fondo nella città e da cui scagliare dardi e frecce in quantità sui nemici, senza però che gli arcieri potessero essere colpiti di rimando. Appena entrati però le cose precipitarono immediatamente: un folto gruppo di nemici dagli occhi iniettati di sangue si gettò su di loro, i loro ghigni distorti e le loro lingue sbavanti fecero capire allo stregone che la ragione aveva abbandonato quelle menti, lasciando qualcosa di ben peggiore al suo interno: feroce follia. I loro corpi riflettevano perfettamente l'assurdità che regnava nei loro pensieri: fisici storti da gobbe vomitevoli e da code striscianti, arti dalle lunghezze impari e che crescevano in numero rispetto al naturale, mutazioni aliene e orrende che crescevano sul loro petto o talvolta sulla loro stessa faccia. L'uomo perse tutta la sua freddezza e urlò, perché di fronte per quanto gli avessero descritto a cosa andavano incontro, Jace non era preparato ad una tale vista e ne rimase sconvolto; poi però l'istinto ebbe il sopravvento. Alzò le braccia di scatto bloccando con l'asta della lancia una chela ossea del mostro davanti a lui all'altezza di quello che doveva essere il suo avambraccio; sarebbe stata una mano se si fosse trattato di un uomo. La chela si mosse rapida, graffiando la fronte dell'uomo e lacerando la pelle proprio sopra gli occhi, una ferita sottile ma pericolosa. L'altro allora si mosse e spinse in avanti la creatura, gettandola contro l'orda sciamante alle sue spalle che resse l'urto. Jace riabbassò l'arma, e portando le braccia indietro si preparò alla carica del Chelato che già si era ripreso ed era pronto ad ucciderlo. Così mentre l'altro si gettava addosso a lui, la lancia si mosse quasi di volontà propria verso il collo violaceo e coperto di bubboni, tirandosi dietro il braccio del cartomante. Pus giallognolo colò sulla lancia mentre la punta affondava nella gola del mostro, che portò le mani alla gola, e subito lo stregone colpì di nuovo ma stavolta all'altezza del ventre, ammazzandolo; un ruggito di morte si unì ai mille suoni della battaglia che imperversava tutta attorno a loro. Il primo morto di quella torre ruppe un incanto: i due schieramenti si gettarono l'uno sull'altro e Jace si trovò coinvolto in una folle danza mortale al ritmo del quale ballava controvoglia. Ma fermarsi significava morire, e dunque rinnovò due volte i suoi sforzi.

La battaglia infuriava, colpo dopo colpo, uomo contro mostro, in un susseguirsi di colpi sempre più rapidi. I nemici soverchiavano di molto il manipolo di Taanach, che contava a malapena sei uomini benché tutti ben armati, coraggiosi e feroci quasi quanto i loro avversari. Gli altri, ridotti ormai a due dozzine, si battevano però in maniera impulsiva, facevano leva su tutto il loro peso e sembravano resistere al dolore con fervore da fanatici, inoltre potevano contare su attacchi improvvisi, su code guizzanti e artigli retrattili, su lingue aguzze e corna e altre mostruosità. Vide Jaqen, un nano dalla barba rossiccia, essere gettato a terra da un colpo di coda e il suo cranio schiacciato dalla zappa che il mostro impugnava e Neril Settetrame perdere due dita dal morso di una seconda bocca che uno di quei mostri aveva sul dorso di una mano. Se la lotta fosse continuata a quel ritmo in una o due ore il cartomante sarebbe rimasto solo; e in tanti l'avrebbero sopraffatto. Lo stregone urlò un incantesimo e dietro di lui apparve un grosso demone dalla pelle del colore del sangue e vestito soltanto di nere catene uncinate. Il diavolo ruggì e i suoi occhi gialli lampeggiarono saette azzurre; nient'altro che un inganno ben ordito, un'illusione. I corrotti alzarono le armi verso la creatura, disorientati e i mercenari di Taanach si gettarono su di loro, mulinando le lame per mutilare e distruggere quel branco di bestie. Jace era in testa a loro, affondando la lancia dove poteva, scatenandosi come un forsennato. La sua figura sfasava, un attimo prima era davanti a un mostro disgustoso con due teste affiancate l'una sopra l'altra, e quello dopo era sparito nel nulla, quasi non esistesse, e i contorni della sua cappa erano sfocati, i suoi movimenti incerti benché i suoi piedi fossero saldi. Il manto dell'imperatrice lo proteggeva e quei mostri non riuscivano a colpirlo tanto erano confusi i suoi movimenti; e nel frattempo loro cadevano uno dopo l'altro. I fanti corsero su per le gradinate, cercando così di raggiungere la sommità della torre.

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Fu a quel punto che dall'alto della torre sciamò un nuovo gruppo di guerrieri, soltanto cinque e tutti dotati di ali benché nessuno simile all'altro. C'era a chi crescevano ali di ossa e cuoio, chi un ala di piume e l'altra di scaglie come una viverna, chi invece esibiva delle strane membrane come di ragnatela, e piombarono sui guerrieri, urlando. Le loro strilla penetravano fin al cervello, rendendo i guerrieri inermi, come se la testa gli stesse per esplodere e i timpani scoppiare, e Wexen di Gerico venne preso da uno di questi e gettato di sotto. Il tonfo del cadavere che si schiantava assomigliava fin troppo a quello di un pomodoro marcio che cadeva per i gusti dello stregone, e un brivido gli percorse la schiena. Il cartomante gridò di andare indietro e rifugiarsi dietro la porta di noce che avevano appena sorpassato; e così fecero correndo di gran carriera. Non riuscirono a barricarla che già i mostri erano già dentro e si gettarono ognuno sul proprio bersaglio. Non c'era solidarietà tra di loro, solo il cieco istinto che un branco fosse meglio del singolo per cacciare, ma arrivati al momento del pasto ognuno per sé. Erano come bestie, avevano perso anche il più tenue briciolo di umanità; e Jace provò compassione per loro. Un sentimento che mal s'addiceva a quell'assassino di uomini e cacciatore di mostri, a quella sentinella che si riteneva insensibile; ma agli uomini era permesso di essere contraddittori. Così mentre il mostro s'avventava su di lui notò come quella donna avesse profonde rughe sotto gli occhi e la pelle macchiata proprio come sua madre; dimostrava all'incirca la sua stessa età. A quel morbo che trasformava in mostri non importava nulla di te, gli bastava che respirassi per renderti un suo schiavo. Un fiotto verde proruppe dalle sua labbra e la bile lo colpì in pieno petto, sciogliendo vesti e armatura, bruciando le carn. Mentre ancora digrignava i denti per il dolore l'arpia era già su di lui, pronta ad affondare le sue unghia negli occhi; Jace la teneva distante usando tutta la forza nelle sue braccia e puntellandosi alla parete di roccia con la lancia e coi gomiti. Scattò rabbioso colpendola con la testa al mento, e mentre lei già contrattaccava usando le sue ali contorte come un'ascia, lo stregone si chinò gettandole in faccia una biglia metallica. L'acido le esplose in faccia e Jace ne approfittò per scagliarle addosso la maledizione della Torre; il di lei fisico si fece più piccolo e gracile a vista d'occhio. Adesso stare in piedi era per lui più difficoltoso, mentre la terra oscillava sotto i suoi piedi, quasi il pavimento stesse per cedere e sprofondare nel vuoto; si sentiva come su di una nave durante una tempesta. L'arpia ancor più furiosa ritentò la mossa, gettando un fiotto acido direttamente verso gli occhi del cartomante, nella speranza di accecarlo e poi finirlo con un taglio alla giugulare. Lui si appiattì al muro, quasi confondendosi con le ombre della torre, ma non fu abbastanza svelto e la bava lo colpì alla spalla bruciando cappa e muscolo. Urlò nuovamente di dolore e la lancia gli sfuggì di mano rotolando sul pavimento con un tonfo sordo. Lei era su di lui, pronta a piombargli addosso, così Jace si buttò a terra, allungando la mani a tastoni fino a prendere l'arma. La mancina si ferì con la punta del Becco di Colibrì, screziando di sangue la piatta lama della lancia, innescandone l'antica benedizione. Sembro quasi brillare la Vena di granito, assaporare quel liquido rosso e goderne della potenza vitale. Jace la sollevò e puntellandosi coi piedi scattò verso la donna, trafiggendola quasi in pieno petto, squarciandone il costato in fiotto di sangue nero e denso come pece. Barcollava l'Arpia, incapace quasi di reggersi in piedi, ma nei suoi occhi stanchi brillavano ancora odio e ferocia, la folle voglia di uccidere lo stregone. Così lui con un urlo la spinse con forza indietro, correndo sempre più veloce col manico dell'arma premuto sul collo. Lei tentava un'ultima resistenza spingendo con entrambi le mani e facendo leva sui talloni, ma era fiacca e stanca. Mugulò una supplica mentre sul bordo della scala priva di cornicione tentò un ultima artigliata che ferì Jace sulla guancia. Poi precipitò nel vuoto, schiantandosi sul pavimento. Il cranio esploso in mille pezzi, il cadavere freddo mentre un fiotto di sangue caldo l'abbracciava di un tepore che non avrebbe più provato.


Z18bS

specchietto
CS: 4 | Intelligenza 2 Prontezza 2
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5



Stato Fisico: Leso, ferita Bassa alla fronte, danno Medio da ustione al petto, autodanno Basso alla mancina;
Stato Psicologico: Scosso, danno Basso da strillo acuto, autodanno Medio di vertigine;
Energia: 100 - 10 -10 -10 - 5 - 5 = 50 %

Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Estraendo la vena è riconoscibile come cacciatore di nemici del Sorya,
° Non soffre di stenti/intemperie all'interno delle terre dell'Eden;


Riassunto Post:

- Jace spinge via il Chelato che però si riprende subito e carica nella sua direzione,
- Lo stregone usa Chuan per effettuare un affondo al collo, che il Chelato non riesce a parare, e subito lo finisce con un attacco fisico al ventre,

- Per aiutare i suoi uomini nella battaglia Jace usa Il diavolo, cagionando un danno basso ad area a tutti i mostri,
- Poi attiva L'imperatrice e forte dell'immunità agli attacchi fisici si getta in mischia contro i mostri nel salone uccidendoli l'uno dopo l'altro,

- Mentre il gruppo sta salendo le scale verso la cima della torre viene aggredito da cinque mostri alati.
- L'Arpia usa Urlo di guerra, stordendo tutti e poi getta un mercenario giù dalla scalinata,
- I soldati si rifugiano nel pianerottolo e lo scontro si divide in duelli singoli.

- L'arpia scaglia uno proiettile d'acido (Accolito degli elementi + Disgregare) che colpisce al petto Jace e distrugge la sua armatura,
- La donna si butta addosso a lui e inizia a lottare in corpo a corpo, dalla quale l'uomo si libera grazie una testata,
- Jace lancia addosso alla donna il Bacio del Bufo e poi usa la Torre, che le infligge un danno Medio alle CS,
- L'arpia lancia un nuovo fiotto acido(Accolito degli elementi) ma Jace si difende parzialmente usando Xuan Yeé a Basso, subendo un danno alla spalla,
- Per via del dolore l'uomo perde l'arma e si getta a tera nel tentativo di recuperarla, si ferisce e attiva l'abilità dell'artefatto Sangue per sangue,
- Mentre l'arpia piomba su di lui lo Stregone la affonda con la lancia - potenziata dall'abilità - ferendola gravemente,
- Jace inizia a fare leva sul collo della donna alata fino a portarla sull'orlo della dorre dove era iniziato il combattimento,
- L'arpia gli graffa la faccia - danno estetico e non debilitante - come ultima resistenza, poi viene gettata giù dalla scala e muore.

Avversari:

Chelato, pericolosità F, 2 CS in Forza
20 x Guerrieri, pericolosità G, 1 Cs (non affrontati tutti direttamente)
4 x Soldati alati, pericolosità E, 2 CS in Velocità e 1 CS in Resistenza (non affrontati direttamente)
Arpia, pericolosità E, 2 CS in Forza e 1 CS in Velocità

Attive:

CITAZIONE

Chuan: Trasferendo una quantità Media di energia ad un'arma, questa tenderà a scavare nelle carni nel tentativo di provocargli un danno molto profondo, ma estremamente localizzato alla zona colpita, di entità pari al consumo. Consumo: Medio [Pergamena Attacco furtivo

L'Imperatrice: LA benedizione dell'Imperatrice scenderà su di lui soltanto dopo aver pagato un costo Medio di energie, e qualsiasi attacco fisico portato senza l'ausilio di una tecnica contro Jace sarà infatti destinato a fallire per due turni [Pergamena sfocatura]

Il Diavolo:
Jace, spendendo un consumo Variabile di energia, può instillare in uno o più persone accanto a lui un sentimento di paura che cagionerà una danno alla mente delle vittime di valore pari al consumo impiegato, o di un livello inferiore di un livello in caso di uso a 360° Consumo: Variabile Medio a 360° [Pergamena Terrorizzare]

Urlo di guerra:
La tecnica ha natura psionica. Il guerriero emette un grido fragoroso, che si diffonde in tutto il campo di battaglia. Nel momento in cui giunge alle orecchie delle vittime ha un effetto stordente per qualche secondo. Il guerriero può scegliere liberamente cosa gridare, così come coloro che subiscono la tecnica possono scegliere la concretizzazione dei suoi effetti, che potrebbero variare da un forte giramento di testa, a un senso di smarrimento, o semplice confusione. La tecnica va affrontata come un'influenza psionica Bassa e infligge altrettanti danni alla mente di ogni vittima.Consumo di energia: Medio

Accolito degli elementi:
La tecnica ha natura Magica. Al momento dell'acquisto della pergamena l'utente dovrà scegliere l'elemento che decide di utilizzare (acido). La tecnica infliggerà quindi un danno pari a Medio all'avversario, compatibile con l'elemento scelto. La manifestazione scelta può essere di volta in volta personalizzata (raggi, sfere, getti o altro) ma i suoi effetti devono essere comunque dipendenti dal consumo impiegato.
Consumo di energia: Medio

Disgregare:
La tecnica è un danno all'equipaggiamento di natura Magica. Il mago colpisce l'arma dell'avversario con una modalità a propria scelta (castando l'arma da lontano, toccandola, colpendola sono solo alcuni esempi) e la disgrega distruggendola con un aspetto a propria scelta (rendendola una massa di ruggine, riducendola in polvere sono solo alcuni esempi). Consumo di energia: Basso

La Torre
A livello tecnico egli subirà un danno Medio alle proprie capacità straordinarie, ovvero un danno di Due CS. Per poter fare ciò anche lo Stregone deve perdere qualcosa: parte della sua lucidità, autoinfliggendosi un danno Medio alla proprio mente sotto forma di perdita dell'equilibrio. Potenza: Media Consumo: Nullo

Bacio del bufo
Ha la forma di una biglia arancio del diametro di un paio di centimetri. Se gettata a terra si fracasserà come se composta di vetro, generando un pericoloso miasma che se inalato indurrà nausea o stordimento che perdureranno per qualche istante. [Biglia Tossica]

Xuan Yeé :
Jace, pagando un consumo d'energie Variabile, con un movimento basato sull'ombra potrà annullare o smorzare un'offensiva di potenza pari alla spesa, o di un livello inferiore se usata per difendersi a 360 gradi Consumo: Variabile Basso [Pergamena Fondersi con le ombre]

Sangue per sangue:
Con un consumo Basso e infliggendosi una ferita al corpo (come un piccolo taglio) di entità bassa, il personaggio potrà sferrare un attacco tramite la Vena. La tecnica provoca un danno basso alla mente per due turni, compreso quello in cui si subisce l'attacco, da interpretarsi come profondo timore che porterà la vittima per quella durata a ritrarsi dallo scontro e cercare di non fronteggiare l'aggressore. L'attacco provocherà anche una ferita fisica dovuta all'attacco effettivamente subito

Note: Scusate della lunghezza del post. Ho interagito con molte persone in questo turno (i pg di Orto33, Shinodari, Sheerva, Emilianenko, Malhaar) e per quanto mi ha divertito leggervi i tarocchi ho preferito per praticità riportare un singolo dialogo - quello con Malz - spero che non sia un problema. Ho scelto per Jace la fanteria, spero che sia tutto corretto. Volevo inizialmente far contagiare il mio personaggio ma ho preferito non aggiungere troppa carne al fuoco in questo giro. Grazie per l'opportunità. :D




Edited by The Grim - 3/2/2014, 10:49
 
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Vorgas
view post Posted on 4/2/2014, 10:44




Infezione ◊

Passo dopo passo si ritrovò disperso in un mondo bianco. Vero che cercava una strada per uscire dalle anguste e oscure gallerie del Samarbethe, ma ad ogni piede che sempre più affondava nella neve, Jethro si convinceva che quella non era la strada corretta.
Sbuffò sonoramente per la fatica e per lo sbaglio, eppure continuò su quella strada irta e scivolosa che lo conduceva su, sempre più su, tanto che l’aria diventava sempre più rarefatta e la fatica ancor più si sentiva. Avvolto dal nero manto del suo soprabito, adornato al collo da pelo grigio, non pativa tanto il freddo. Ad aiutarlo era sicuramente la marcia forzata che si era imposto, doveva lasciare più in fretta possibile il covo degli Esuli prima che qualcuno di loro tentasse di seguirlo. Sicuramente Madeleine non sarebbe riuscita a mantenere il segreto, non lo aveva promesso e conosceva l’apprensione della ragazza verso di lui. Questo gli aveva fatto accelerare il passo, dandogli modo di camminare di gran carriera per i primi giorni, portandolo inevitabilmente a non pensare il percorso ma semplicemente a percorrerlo. La neve si era fatta alta e le vesti ormai zuppe appesantivano ancor di più la sua marcia, nessun punto di riferimento lo guidava in quell’immensa distesa di ghiaccio e la sua unica speranza era trovare un qualche eremita che viveva da quelle parti, sperando che esso non lo uccidesse prima di dargli ristoro.
Nemmeno le imprecazioni servirono per farlo sfogare, la speranza era ormai scivolava nella sua mente come la neve al sole del mattino, ma alzando lo sguardo, in quella fredda mattina vide un fuoco. Più di un uno in realtà, ma soltanto la prima fiamma bastò per dar speranza al ragazzo che spinto da ritrovata forza, aumentò il passo per raggiungerlo prima. Ma non soltanto quello i suoi occhi videro, altro c’era nella gittata della sua vista, qualcosa che nuovamente fermò il suo ritrovato entusiasmo. Davanti a lui, come a voler sbarrar la strada, ecco presentarsi un essere alquanto bizzarro nel suo orrido. Deforme a tratti seppur non tanto da somigliar ad uno dei Molti, si presentò vestito con una tunica leggera tinta d’azzurro scuro. La veste avvolgeva un corpo magro e ossuto, come scavato da una malattia ormai ai suoi ultimi stadi, eppure non sembrava risentire di questo male, tanto che restava ritto in piedi nonostante il vento battesse abbastanza forte e le sue membra sembravano pronte a volar via con zefiro. Il volto mostrava alcune cicatrici che spuntavano dalle bende coprenti la faccia, soltanto un paio di occhi neri si potevano intravedere sotto quella frettolosa medicazione, iridi perse in un qualcosa d’oscuro. Gli occhi bigi di Jethro si chiusero a fessura, sicuramente non era di buon auspicio trovar un essere di quel genere nel mezzo del ghiacciaio, mise mano alla spada stringendone forte l’elsa e preparandosi al peggio. Improvvisamente il ragazzo cominciò a sentir il suo corpo vacillare, tolse lo sguardo dalla figura per guardarsi le gambe, queste tremavano ma non per il freddo. Tornato a fissare l’essere, notò che le secche labbra si muovevano come a recitar una nenia, un cantico oscuro che fece cedere le gambe a Jethro facendogli toccare la neve con le ginocchia e gettando la sua mente in una malsana confusione. Che sta succedendo? Si domandò con rabbia, sentì il capo divenir ancor più pesante e intontito, come se avesse ricevuto una botta in testa, cercò di alzare il braccio sinistro per sparare, ma dietro di lui una strana presenza comparve. Nemmeno riuscì a rendersene conto o a far qualcosa, l’unica cosa che percepì fu il freddo acciaio che passò sul suo corpo tranciandone le carni alla schiena. Ciò che ancor più lo sorprese fu il dolore che cominciò a provare, sensazione strana e antica per lui, che da quando venne corrotto dall’incubo non aveva più provato. Una sensazione viva, vera quanto il sangue che macchiò il bianco manto alle sue spalle, un sentire che echeggiò nella sua mente facendo riaffiorare un ricordo non suo, eppure presente nella sua mente.

«Liberatene, non vorrai altri ospiti?»

Una voce cavernosa s’impadronì della mente di Jethro, sapeva di chi si trattava seppur non potesse usar parole per definirla, era la stessa che lo aveva spinto a divorare Garnet e a gioire delle sue carni, era la stessa che lo aveva quasi portato a trafiggere Madeleine. Era lui, era l’Incubo. Cosa volesse non lo sapeva, cosa intendesse con altri ospiti era un mistero, ma questa volta non prese il sopravvento lasciando la ragione a Jethro che ora comprendeva di dover agire in fretta. Ricordò gli insegnamenti che gli erano stati impartiti, ricordò quelle ore passate a concentrarsi nel buio di quella grotta, giornate intere ad ascoltare di come il re fosse grande e di come il suo credo guidasse verso la vittoria. Fu proprio quando nella sua mente la figura rarefatta del re prese forma che ebbe l’illuminazione. Il dolore svanì com’era venuto, lasciando soltanto la consapevolezza della ferita alla schiena, ma non solo la malia venne scacciata –anche se soltanto in parte-, egli infatti ora sapeva come agire e lo avrebbe fatto in fretta. Da dietro la sua coda spinse forte sul tessuto bucandolo e serpeggiò sino alla minaccia che stava alle sue spalle, pronta ad attaccarlo nuovamente. Il mancino si mosse saggio in avanti prendendo la mira, la bocca dell’essere era il suo bersaglio e prima che questo potesse fare qualcosa esplose un colpo diretto ad egli. Con la destra estrasse velocemente Shahrazād facendola scivolare sul drappo rosso che la legava a lui, la coda nel frattempo avvolse per intero la gamba dell’essere, Jethro poteva sentirne la presa salda. Non aspettando oltre, ruotò il busto mantenendo le gambe nella posizione di prima, rivolte quindi sull’unico avversario che aveva visto. Quando riuscì a vedere il suo aggressore esso non era dissimile all’altro, se non per il volto liscio e senza cicatrici e la corporatura ben piazzata e avvolta in una spessa armatura. Che diavolo erano quelle creature? Mostri di quel luogo? Eppure parevano tanto simili agli umani se non per la pelle ingrigita e gli occhi simili a pozzi di pece. Non si domandò altro, continuando il movimento della sua arma volto a colpire il nemico alla testa. Non di taglio, bensì di piatto, Jethro infatti voleva stordire il nemico ed evitare di combattere in quelle condizioni che lo avrebbero visto perdente. Poco prima che la sua lama impattasse con il capo avversario, questa emise uno stridio, simile a quello di due spade che sfregano tra loro. Ciò significava che il suo colpo non era una semplice “mazzata”, esso infatti era stato saggiamente caricato dal ragazzo e avrebbe sortito i suoi effetti all’interno del malcapitato. Quest’ultimo aveva cambiato direzione al suo colpo, quasi dimenticandosi della sua vittima, era intenzionato a tranciar di netto la coda nera che ne costringeva una gamba. La scure che brandiva cominciò a calare sull’estensione, ma la lama di Jethro fu più veloce e colpì il capo dell’essere con forza, interrompendo il movimento altrui. Quando la spada colpì, anche il proiettile sparato giunse a destinazione colpendo in pieno volto il primo aggressore e facendolo cadere a terra con un abbondante fuoriuscita di sangue dalla bocca e dalla gola. Stessa sorte, se non peggiore, capitò al guerriero che codardamente aveva colpito alle spalle, il colpo di piatto infatti aveva rilasciato forti vibrazioni che colpirono il cervello. Dagli occhi e dalla bocca, rigagnoli di sangue decretarono che il colpo era andato a segno e il corpo cadde nella soffice neve macchiandola ulteriormente di rosso. Entrambi gli esseri erano ancora vivi, ma abbastanza feriti e storditi per permettere al giovane di tentare la fuga.
Nonostante sentisse ancora la testa pesante e sulla schiena la ferita stranamente pulsasse, cercò di muoversi più velocemente possibile sul manto nevoso, volendo raggiungere quei fuochi che poco prima lo attirarono. Mentre muoveva freneticamente le gambe per issarsi dallo sprofondare, la paura che quell’accampamento fosse base di quegli esseri attraversò la sua mente. Ma poco importava, se doveva morire in quella algida terra tanto valeva farlo in un luogo più caldo, motivazione poco convincete di per se. Ma allora perché scappare? Forse fu per paura, ma ciò che più spaventò Jethro fu il sentir nuovamente quella voce emergere dal profondo della sua anima. Quella voce che lo guidava in atti osceni, una nota grave che avvolgeva la sua musicale essenza stringendola a spire strette e che ancora si sarebbe fatta sentire perché bisognosa di Morte.

L’Accampamento ◊

Giunse alle porte di quello che sembrava in tutto e per tutto ad un accampamento militare, dall’esterno si notò le tende montate da poco e pronte ad ospitare i soldati stranamente per il gioro. Il fuoco non era alto come pensava anzi, stava nascosto, probabilmente per non mostrare la posizione, cosa aveva attirato allora l’attenzione di Jethro? Il giovane arrivò all’ingresso e venne prontamente fermato da due guardie che frapposero le loro armi tra lui e l’entrata.

«Fermo! Di qui non si passa, chi sei? Perché ti trovi qui?» Il giovane si tirò indietro guardingo e osservò i due. Al contrario dei suoi aggressori questi apparivano normali e Jethro volle fidarsi delle apparenze. «Voi siete normali…ehm…non siete come loro» Farfugliò le parole in modo confuso, più volte s’acciglio, la sua mente era ancora confusa e parlare gli era faticoso. «Che stai dicendo ragazzo? Che ti succede?» Parlò nuovamente la guardia di destra, dall’armatura e dal tono sembrò quella più alta in grado delle due. Entrambe strinsero forte le armi, pronte a usarle contro il giovane che ancora vacillava. «Sono stato attaccato da due esseri deformi, chiedo di poter riposare una notte» Un sorprendete sprazzo di lucidità riuscì a farlo parlare senza interrompersi, ci volle un piccolo sforzo ma ne valse la pena, considerato che le guardie allentarono la presa sulle armi restando comunque guardinghe. «Dov’è successo? Sai chi erano?» Le domande incalzarono nuovamente mostrando la diffidenza degli uomini, al che Jethro cominciò a togliersi il pesante manto che portava addosso. Sotto di esso un bizzarro vestito arancione, molto simile a quelli dei giullari nelle corti, diede un tono colorito all’atmosfera candida. Ma a render ancor più vivaci le tinte fu la ferita alla schiena che il giovane mostrò alle guardie, voltandosi. Nonostante non fosse grave –e Jethro non ne sentisse il dolore- questa attraversava tutta la schiena risultando sicuramente molto scenica. «Non so di chi si trattasse, è ormai giorni che ho smarrito la strada e voi siete i primi uomini che incontro. Chiedo solo una notte di riposo e qualche benda per fermare il sangue nulla di più» Voltandosi nuovamente vide gli sguardi dei due abbastanza perplessi, lo squarcio sul dorso pareva averli convinti tanto che quello che parlava rinfoderò la lama assumendo un’espressione più “dolce”. «Seguici ma stai ben attento, ti terremo d’occhio tutto il tempo»



Venne condotto da quello che sembrava un guaritore, anche se entrambe le guardie si appellarono a lui come medico, ovvero colui che guariva non tramite la magia ma tramite la scienza. Si aspettava di trovare un uomo di una certa età, ma le sue aspettative s’infransero sul volto di un giovane uomo indaffarato tra vari arnesi lucidi e metallici. Quando i tre si avvicinarono alzò subito lo sguardo osservando con interesse in nuovo giunto.

«Com’è possibile che vi siano già feriti che ancora la guerra non è cominciata?» Disse in tono scherzoso e ironico, un ampio sorriso s’allargò sul suo volto rivolgendosi più a Jethro che alle guardie. Un atteggiamento completamente diverso rispetto a chi lo aveva accolto, questo fece piacere all’acrobata che sentiva comunque la pesante presenza dei due alle sue spalle. «Si è presentato all’accampamento da solo, non sappiamo da dove arrivi ne tanto meno chi sia. Curalo per quanto ti è possibile, noi lo sorveglieremo per evitare che diventi una minaccia» Il giovane medico s’accigliò davanti alla brutalità della guardia, invitò con la mano Jethro ad avvicinarsi e lo fece sedere davanti a lui dandogli la schiena. «Andate pure, posso cavarmela da solo qui, oppure volete metter in dubbio anche le mie abilità da soldato oltre che a quelle di medico?» Le parole furono seguite da uno sguardo deciso del curatore, entrambe le guardie si sentirono colte di sorpresa tanto che le loro lingue parvero asciugarsi in bocca. Seccate da quel comportamento arrogante, si voltarono e tornarono alla loro mansione principale, lasciando soli i due. Il medico tornò a sorridere al suo nuovo paziente, già aveva visto la ferita alla schiena e non si dilungò a domandare il perché e il percome degli accadimenti, se vi era un qualcosa di sanguinante, andava semplicemente curato, senza preoccuparsi di cosa l’aveva provocato. «Amico mio, sei capitato proprio in un brutto luogo, qui è in atto una guerra e ti converrà andartene al più presto quando sarai guarito» L’uomo parlò a Jethro mentre con mani esperte deterse la ferita, non era molto profonda e per questo non sarebbe servito ricucirla, ma il sangue perso era parecchio e facilmente poteva infettarsi. «Guerra…chi mai potreste combattere in questo luogo impervio?» Il medico sorrise seppur il paziente non potesse vederlo, il suo lavoro era minuzioso e ordinato e il suo divertimento nel vedere quello sprovveduto alleviava il pensiero della giornata che li attendeva. «Penso tu abbia già avuto un assaggio di ciò che stiamo combattendo» Le parole altrui accesero un lume nella mente di Jethro, quindi erano quegli esseri il motivo di quella diffidenza. Cos’erano quelle creature dalla pelle grigia e gli occhi persi nell’ombra?«Un tempo erano uomini, come me e te, ma un grande male cominciò ad affliggerli e a farli divenir bestie» Il dottore cominciò a parlare. Non potendolo osservare, l’acrobata gettò lo sguardo sull’accampamento. Gli uomini erano parecchi, e sembravano ben motivati nonostante il clima rigido, forse quella era una guerra appena cominciata ma da come ne parlava il medico sembrava che da tempo il conflitto fosse in atto. «Arroccati nella fortezza di Lithien, essi proliferano nella loro malattia, perdendo la ragione e non sapendo distinguere nulla se non il sangue» Il tono dell’uomo scese sempre più, assumendo un timbro grave e sottolineando la problematica che li spingeva sino in quelle terre. Le parole del dottore si facevano via via più interessanti, parlando di una sventura che ammorbava questi uomini, spinti alla ferocia e alla pazzia senza più riuscire a tornare alla ragione. Le analogie con l’incubo che affliggeva Jethro erano sorprendenti, forse era quella la vera strada che doveva seguire per comprendere cosa infestava le sue notti. Il suo sguardo si fermò su di un uomo poco lontano da lui. All’interno di una tenda, stava seduto difronte ad un altro, nessuno dei due era ben visibile ma ciò che stavano facendo era ben chiaro. Il primo voltava delle carte, sembravano intenti in qualche gioco da taverna ma l’acrobata notò che soltanto uno dei due muoveva il mazzo, mentre l’altro sembrava ascoltare. Un cartomante, un fattucchiere, anche nel circo di Abel vi era una cartomante e nonostante molti pensavano possedesse mistici poteri, lo scetticismo di Jethro lo portava a pensare che fosse più l’ammaliamento provocato da quelle figure che le reali predizioni. «Ora ho finito, sdraiati un poco e riposa. Domani comincerà la battaglia e tu potrai continuare il tuo cammino» Le parole del medico strapparono Jethro da quei pensieri inutili, portandolo alla realtà, attorno al suo corpo una spessa fasciatura teneva aderenti gli unguenti medicamentosi. Provò a muovere le braccia compiendo rotazioni inusuali per un uomo e sorprendendo il dottore, non pativa alcun dolore nonostante la zona colpita venisse più volte piegata e mossa. «Verrò anch’io con voi domani, la mia strada è ormai persa e questo è l’unico lume.» Il tono si fece serio e lo sguardo del giovane ora si voltò diretto all’obbiettivo dell’attacco. Nulla sapeva, ma quelle poche parole del medico lo avevano convinto che l’unica strada possibile era Lithien: li avrebbe trovato risposta ai suoi quesiti. «E tu che centri con tutto ciò? Non è la tua guerra e fidati amico mio, fuggi da tutto ciò che provoca dolore e sangue» L’uomo cercò di ammonirlo ma lo sguardo risoluto di Jethro si scontrò con quello saccente del medico. Occhi bigi, ormai del tutto neri fissavano il dottore con determinazione. « È diventata la mia guerra quando il mio corpo è stato lacerato, nessuno può sfuggire dal dolore e per questo va affrontato. Grazie medico, mi sdebiterò.»

Detto ciò si alzò dalla sedia, con un cenno salutò l’uomo che lo aveva curato e si coricò nella tenda a fianco, sentiva la testa pesare e pochi pensieri riuscì a formulare prima di cadere in sonno profondo. Il medico lo osservò perplesso, anche quel giovane cercava qualcosa e la strada che aveva scelto era la guerra, non lo biasimava anche perché lui stesso era partito alla ricerca di qualcosa e inevitabilmente era capitolato in quel conflitto senza nemmeno ben capire il perché. Per entrambi le carte si sarebbe girate il giorno successivo, chissà quali sarebbero stati i loro destini.

Winterreise ~ Im Dorfe
L’Assalto


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Il sole calò dietro la Guglia del tramonto, l’ombra s’allungò sul manto bianco che precedeva il castello. Stranamente nel cammino non provò la stessa fatica del giorno precedente, i suoi movimenti erano precisi e agili sulle grandi lastre di ghiaccio. Un incanto forse, da quando era giunto in quel campo sentiva di esser rinvigorito e questo inevitabilmente aveva effetto anche sul suo morale. Bravo medico! Pensò slanciando un sorriso mentre avanzava dietro ad un gruppo di soldati. Aveva cercato di restare in disparte, non gli interessava tanto le motivazioni di quella guerra, ma le parole del dottore ancora echeggiavano nella sua mente.

”Un grande male cominciò ad affliggerli e a farli divenir bestie”

Dentro di lui sentiva arrancare un irrefrenabile desiderio di conoscenza, voleva sapere cosa infestava le sue notti. Il solo fatto di non comprendere lo rendeva nervoso. Questo, senza che nemmeno se ne accorgesse, avrebbe fatto si che l’incubo emergesse nel suo corpo, nutrendosi per il momento dei soli dubbi e delle paure dell’acrobata.

”Perdendo la ragione e non sapendo distinguere nulla se non il sangue”
e lasciando un immenso piacere all’anima.

Jethro si sorprese di quell’ultimo pensiero, si scurì in volto e tornò a concentrarsi sulla marcia. Era entrato nel corpo così detto di Artiglieria, coloro che per primi sarebbero scesi in campo per aprire una breccia nelle difese nemiche. Nessuna arma d’assedio, il terreno non lo permetteva, e poi a sentir i soldati, sarebbe stato complesso avvicinarsi alle mura senza venir intercettati. La città di Lithien “combatteva dall’alto”, la sua posizione sopraelevata e immensamente strategica, permetteva ai difensori di avvistare eventuali invasori molto prima. Jethro scelse quella compagnia per evitare battaglie inutili in principio, agendo in sordina e cercando di avvicinarsi il più possibile alle mura. Puntare all’ingresso principale sarebbe stato inutile e sconveniente, così il gruppo seguì una compagnia di fanteria che puntava ad una delle torri. Sfruttando la loro incursione, gli artiglieri avrebbero cercato di scalare il muro per poi provare ad aprire un ingresso dall’interno. Poco dopo che i fanti entrarono nella torre, il clangore della battaglia diede il via all’avanzata degli scalatori. Alcuni si aiutavano con corde ma i più utilizzarono quella strana magia che permetteva di camminare su pareti lisce e verticali, e forse fu proprio questa troppa fiducia a far cadere in inganno il gruppo. Dalle mura sovrastanti, un pentolone di metallo incandescente fece la sua comparsa sul bordo della rudimentale merlatura. La sua grandezza era notevole, anche se soltanto due soldati la reggevano, prontamente venne rovesciato il contenuto bollente denso che precipitò fino a toccare chi per primo aveva cominciato la scalata. Le urla degli uomini riempirono l’area, voci strozzate dall’ardente pece che bruciava la loro vita, un orrendo liquido ancor più denso del sangue tanto caldo da sciogliere la pietra. Jethro camminava di gran carriera cercando di raggiungere la cima, improvvisamente un uomo cadde dalle mura completamente ricoperto di nero liquido, marmorizzato in una maschera di nero terrore. Alzò gli occhi e lo spettacolo fu orribile. Soltanto pochi uomini avanti a lui, la pece correva avvolgendo ogni corpo che incontrava nel suo abbraccio, difficile pensare a come sfuggire considerata la velocità, ma non quello fu il pensiero che passò nella mente di Jethro. Egli cominciava a decadere in quel baratro solito che le situazioni di violenza aprivano in lui, una nera fogna fatta di orrore e raccapriccio, che lo vedeva camminare come un funambolo sul filo della ragione. Com’era successo così in fretta? Infondo nemmeno aveva sguainato la spada o ucciso qualcuno, quel morbo che lo affliggeva ormai da tempo si era risvegliato da solo, come sospinto da altra follia. .

”Lasciati andare, non ci pensare, conosci forse qualcuno di questi uomini? Pensi di poter aver rimorsi se IO dovessi ucciderli” Nuovamente quella voce, ma stavolta fu più forte, come se effettivamente qualcosa ci fosse nella sua mente. Non risposte, gli occhi sbarrati sulla pece che sempre di più avanzava, non mosse un muscolo, perso nella più totale oscurità. ”Ancora cerchi di comprendere? Ti darò nuovamente una dimostrazione del perché le tue idee sono errate”


Jethro trasalì.
Dalla sua bocca cominciò a fuoriuscire un fumo nero che via via s’addensò. Più ne fuoriusciva dall’orifizio, più questo pareva divenir incandescente, vampate di rosso davano uno strano senso di vita in quell’ammasso che compariva. Non aveva una forma e non ne necessitava di avere, questo partì diretto verso la colata nera scontrandosi con essa e generando una piccola esplosione dovuta ai due calori che si scontrarono. Non tutta la pece venne fermata, parte infatti fluì ancora dopo l’esplosione e Jethro ne venne inevitabilmente travolto, la sua pelle arse macchiata di nero in più punti. Il suo volto non mostrava dolore, maschera seria e fissa all’obbiettivo, la cima delle mura. Continuò la sua scalata ma non fu alquanto semplice, finita la pece infatti, alcuni arcieri cominciarono a bersagliare coloro che erano sopravvissuti alla colata. I più vennero sorpresi dalle frecce, non tutte mortali, ma abbastanza efficaci da rallentare la marcia, l’acrobata invece riusciva a muoversi agile e ogni dardo sfilava di fianco. Bruciò in poco tempo la distanza che mancava alla cima, il braccio mancino si mosse mirando ad un arciere poco a lato e sfiorando appena la sua spalla. Giunto sulla cima spiccò un ultimo balzo verso l’alto, e davanti ai suoi occhi comparvero due soldati. Il balzo finale, permise all’acrobata di ritrovarsi in una posizione favorevole per colpire, infatti il busto risultò a livello delle teste degli arcieri così da superare il loro vantaggio in altezza. La destra già da prima poggiata sull’elsa la impugnò più salda, con una buona forza tirò un tondo da destra, cercando di prendere entrambi i soldati che avevano gettato l’olio e provando a colpirli alla testa. Il suo vero intento venne però svelato nel secondo movimento. Infatti rapido ritrasse la spada portandola sopra la testa e impugnandola con entrambe le mani, questa sarebbe calata ma non cercando i soldati, ma le mura stesse. L’idea era infatti di cercar di imprimere una vibrazione tale alla lama da abbattere o almeno danneggiare considerevolmente quel tratto di protezione. Ciò avrebbe colpito non soltanto le difese della città ma anche tutti gli uomini che sopra ci stazionavano.
Uno strano ghigno tagliò il volto dell’acrobata mentre la sua lama si alzò stridendo, una smorfia contorta di follia ed eccitazione dovuto a quell’immenso momento di potere che stava provando. Non per strategia o per altro fece la sua mossa, l’unico spirito che lo spinse fu quello di distruzione e ben sapeva che se quel colpo fosse andato a segno –con gli effetti sperati- molti sarebbero caduti sotto le macerie. Sapeva di essersi abbandonato nuovamente all’incubo, ma la facilità con la quale aveva preso piede era preoccupante. Ancora non riusciva a controllarlo quasi per nulla, troppo debole la sua mente e troppo viva l’emozione del massacro. In quell’istante non importava chi sarebbe rimasto coinvolto nel crollo, perché lui sarebbe emerso nuovamente e ancora avrebbe continuato ad avanzare nella follia. La lama si trovava ormai vicino al suolo, pronta a rilasciare la sua potenza.

”Riesci dunque a capire?”
”No, ma in questo momento non è importate”


CITAZIONE

Riassunto Post


Scusate il post un poco lungo, ma essendo la prima giocata in assoluto con il personaggio nuovo volevo introdurlo al meglio, cercando qualcosa di valido per farlo partecipare.
Il post è diviso in tre fasi:
1) Infezione. Qui spiego come prima di giungere all'accampamento vengo infettato dal Gullhiw. Il mio pg già di base è "infettato" e ho voluto usare questo fattore per legarlo. Questa nuova infezione infatti spinge la precedente a comparire più velocemente e intendo giocare in questo modo la caratterizzazione concessa. Il combattimento in se non è rilevante, considerato che la scena di guerra vera e propria arriva dopo. Mi sono basato su tecniche possiedo ma evito di citarle per non appesantire ancor di più il post già gravoso. Da questa parte "ricavo" soltanto un Danno Basso alla schiena, più interpretativo che altro.
2) L'accampamento Qui Jethro arriva all'accampamento, dove viene curato nonostante la diffidenza. Il Medico racconta una parte della storia di Lithien e l'acrobata viene particolarmente colpito dalle analogie tra la malattia che affligge lui e quella della città. Questo lo spinge a preder parte alla battaglia per saperne di più e comprendere se vi è un legame tra i due. Nella scena vedo anche il Cartomante Jace, ma non vi è nessuna interazione diretta.
3) L'assalto Parte vera e propria dell'attacco che verrà spiegata meglio sotto. In soldoni, Jethro si muove con gli Artiglieri e cerca di aprire una breccia nelle mura, qui viene completamente pervaso dal morbo e attacca d'istinto senza preoccuparsi dei suoi "compagni".

Riassunto azioni


- Giunto nei pressi delle mura e sfruttando l'assalto di una torre vicina, Jethro comincia a scalarle grazie alla passiva conferita da Kreisler che permette di camminare su pareti verticali, questo insieme ad una compagnia di artiglieri.
- Dalle mura viene lanciata una colata di pece bollente (Critico ad area - Fisico) che cerca d'investire il gruppo. Alcuni vengono colpiti dall'attacco e cadono al suolo ricoperti di pece, Jethro abbandonandosi alla maledizione rilascia una creatura di fumo e fuoco [Pergamena "Alleato di Tenebra" (Medio - Magico)] con la quale ferma in parte la colata anche se non interamente (Danno Medio).
- Successivamente alla colata di pece, gli arcieri sulle mura bersagliano i sopravvissuti, Jethro con la sua agilità riesce a schivare ogni freccia [Attiva I "Acrobata" (Basso - Fisico)] La scalata è aiutata dalla mancanza di sensibilità al dolore, prova successivamente a colpire un arciere con la pistola fallendo.
- Giunto sulla cima delle mura, Jethro prova a colpire i due soldati che con il calderone di pece con un tondo portato al capo, qualsiasi sarà l'esito, l'azione reale che Jethro vuol compiere è un attacco diretto alle mura stesse portato con la spada carica di potenti vibrazioni [Abilità Personale I (Critico - Fisico)] cercando di far crollare le mura o provocare ingenti danni strutturali. Ho lasciato tale ultima azione ipotetica considerata la portata che potrebbe avere.

Stato Mentale: Taglio alla schiena (Basso), ustioni sul corpo (Medio)
Stato Mentale: Voglioso di distruggere
Energia: 45% (100 -10-5-40)
Capacità Straordinarie: 1 Velocità

Passive

Prima tra le abilità inculcate ad un acrobata è il Contorsionismo. Quest'esercizio permette un controllo assoluto sulle articolazioni del proprio corpo, superando i limiti umani senza che il fisico ne risenta in dolore o ne cagioni danno. La contorsione degli arti è spesso fonte di disgusto in chi la osserva nella sua completezza, l’abilità con la quale gli acrobati riescono a slogare le proprie spalle, torcere il collo sino a guardarsi la schiena e piegare i propri arti senza seguire il normale decorso delle articolazioni, lascia esterrefatti gli spettatori, sicuri di veder l’artista spezzarsi. Ma il corpo di questi è simile a quello di una marionetta o di una bambola, rendendoli capaci di muoverlo e “modificarlo” a loro piacimento e utilità. Diverrà infatti difficile, se non addirittura impossibile, costringere questi uomini in gabbie o con catene, o chiuderli in morse che provocherebbero fratture. Gli sarà possibile anche infilarsi in passaggi ben più stretti del suo corpo, scivolare tra fessure inaccessibili e molto altro ancora senza che il loro corpo venga minimamente leso da questi spostamenti interni. Proprio da questa loro capacità inusuale, gli acrobati vengono spesso associati alle serpi, ricordando il sinuoso movimento del rettile, ogni volta che il corpo si torce oltre il comune umano. [Passiva I Acrobata]

Dopo il “banchetto” con le carni di Garnet, primo fra tutti fu il corpo di Jethro a risentire di quell'atto osceno. Non sempre è visibile il cambiamento, ed è proprio quando questo s’annida sotto la superficie che diviene ancor più pericoloso e profondo. Le membra del giovane infatti hanno subito velocemente una desensibilizzazione, ma non dannosa come si potrebbe pensare, bensì vantaggiosa in svariati sensi. Jethro infatti, non è in grado di sentire alcun dolore fisico dovuto a ferite di qualsiasi genere. Che sia un’insidiosa lama, una forte caduta o una qualsiasi fonte di dolore per il suo corpo, esso riuscirà ad ignorarla, raggiungendo soglie molto alte di sopportazione, impossibili per un comune uomo. Ciò non renderà le carni del giovane invulnerabili o le ossa infrangibili, egli infatti subirà le normali conseguenze fisiche di ogni lesione che subirà, riuscendo soltanto a negarne il dolore derivato.[Razziale]

Attive

Non di uno è fatto quest’incubo che affligge Jethro, ma di molti, tanti talvolta da sembrar infiniti per il loro agitarsi ma allo stesso tempo nessuno per gli interminabili silenzi che lo scuotono. Ricordi, sogni, passioni, in una miscelana confusa e spropositata che nella mente del giovane s’intrecciano e si combattono generando un continuo tumulto o un eterno silenzio. Ecco infatti che spesso accade che tutto ciò viene a galla, pretendendo si uscire, ricercando una libertà anche se momentanea e giungendo sul piano materiale in cui si trova Jethro. Un denso fumo all’apparenza ardente fuoriesce dagli orifizi del giovane che invano riesce a trattenerlo, prendendo forma sempre più consistente e tornando alla vita per pochi istanti, spinto da una rabbia verso chi ha infranto l’unica ragione che ancora lo lega all’esistenza. Ciò che ne uscirà è soggettivo e dipende da quanta opposizione Jethro farà. La creatura potrà essere un semplice ammasso di fumo e braci ardenti dalle forme più fantasiose e in base all’essenza stessa del desiderio che viene a galla. Ma questa altro non è che la semplice forma contenuta nell’incubo, se infatti Jethro non resisterà alla nascita di quest’abominio, questo prenderà la sua forma originale. Dal denso fumo infatti potranno fuoriuscire i più svariati personaggi intrappolati in quel terribile sogno, uomini e donne di tempi ormai andati, guerrieri o fattucchieri. Questi avranno durata limitata per la loro quasi esistenza, riuscendo con rabbia ad attaccare il nemico utilizzando armi che li resero grandi o biechi. Da tale miscela potrà fuoriuscire l’essenza stessa di Jethro, mescolata a tutte le altre già presenti, formando una copia fedele del suo corpo e delle sue armi, mostrando come lui non sia altro che uno dei molti intrappolati in quell’incubo di cui è soltanto il portatore. [ Pergamena “Alleato di Tenebra”]

Alcuni li accusano di esser boriosi e vanitosi, considerate le ore dedicate all'esercizio e alla cura del proprio corpo in ogni forma e movimento. Ma la verità è che gli acrobati fanno del proprio corpo l'unico strumento dell'arte di cui sono portatori. Il processo è lento e l’impegno deve essere costante per raggiungere la perfezione, fatta di quelle movenze leggiadre e flessuose tipiche di questa figura circense. Talvolta i movimenti saranno tanto rapidi e precisi da fargli raggiungere un sorta di "imprendibilità", non che questi siano intangibili o intoccabili, ma muovendosi essi riusciranno a schivare e rendere nullo ogni attacco portato con spada, mazza o freccia, semplicemente scansandosi di lato risultando troppo veloci per poter esser colpiti dalle offese più semplici. Spesso tali movimenti vengono associati ad una danza o a qualche coreografia artistica, rendendo il tutto non più una semplice schermaglia ma un vero e proprio spettacolo. [Attiva I Acrobata]

Non soltanto di movimenti articolati e di pose innaturali è fatto il corpo di Jethro, egli infatti, dopo le lunghe sessioni di esercizi e dopo aver trovato il suolo con il viso più volte, è riuscito a comprendere come concentrare la sua forza in pochi movimenti, o in uno soltanto, per ottenere la massima potenza dal suo corpo. Tale potenza non si trasmetterà in modo plateale e arrogante, l’arte del corpo necessita di svariati particolari nascosti all'occhio dello spettatore, lasciando che questo si goda soltanto il finale e non la lavorazione. Jethro riuscirà a concentrare la sua forza e la sua velocità in un’offensiva fisica, imprimendo un quantitativo di energia a suo piacimento. L’attacco che verrà portato non avrà nessuna caratteristica particolarmente appariscente anzi, a tutti gli effetti sembrerà un semplice attacco fisico se non per il sottile stridio che lo precede. La vera potenzialità si mostrerà su ciò che viene colpito, infatti dalla lama verranno rilasciate delle vibrazioni potenti, motivo dello stridio precedente al colpo. Se queste colpiranno una casa o un muro potrebbero generarne il crollo, mentre se andranno a colpire un corpo vivente, provocheranno dei danni agli organi interni in base alla potenza impiegata nel colpo. Tale è la potenza di un acrobata, in grado di concentrare la sua forza in un unico movimento, senza che ve ne resti traccia, ma sconvolgendo profondamente qualunque cosa venga a contatto con il suo corpo. [Abilità Personale I - Variabile Critico]

 
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view post Posted on 6/2/2014, 19:12
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L’alba. Un alba rossa come una premonizione del sangue che sarebbe stato versato. Il drago d’acciaio si stava svegliando e avrebbe vomitato fiamme, acciaio e morte su quella città; ma quanto avrebbero visto le loro insegne sventolare sulla città? Quanti sarebbero tornati e quanti altri avrebbero fatto da cornice a quella guerra? I loro cadaveri avrebbero impreziosito quella città, in pose macabre, con un ultimo ghigno, con la paura a deformare i loro volti, con l’ultimo rantolo disperato, aggrapparsi alla vita che scemava e cercare con lo sguardo qualcosa…un qualcosa o qualcuno che potesse dargli coraggio nell’ultimo viaggio.
Quanti di loro avrebbero condiviso tale destino? La contraddizione della guerra e dell’uomo: per dare la libertà si diventa assassini, mietitori; per la pace si dà la guerra e si diventa noi stessi dittatori e uccidiamo per un bene superiore…ma è giusto tutto questo? La classica domanda di un animo dubbioso e della natura umana che, contraddittoria, si domanda se quello che fa è giusto o sbagliato. Così la Rosa si domandava le stesse cose: in un percorso di crescita, difficile, dove ogni strada era inesplorata e dove stava passando un difficile momento di presa di coscienza e dei suoi obbiettivi, oltre che ad una ricerca personale. Moltissimi intrecci nella sua anima, moltissime idee e obbiettivi tutti accumunati dal suo passato e dalla strada che aveva scelto di intraprendere.
Ma non era il momento di pensare perché in guerra pensare troppo significa non focalizzarsi sull’attimo; perdere il flusso impetuoso della battaglia ed essere travolti…doveva sgombrare la mente e focalizzarsi sull’attimo: il tempo per pensare e sciogliere i suoi dubbi sarebbe arrivato. Così come l’alba illuminò Lithien – le sue case, la sua progenie infettata, i suoi orrori – così dava il segnale per l’attacco. Un ultima alba per alcuni e per chi fosse riuscito ad arrivare al tramonto chissà quali ombre si sarebbero allungate e chissà su cosa, la notte, avrebbe posato il suo manto di riposo…o il suo sudario.


Le urla si mischiavano la rumore di armature e di armi; zoccoli di cavallo e rantoli di agonia. Rumori incessanti di battaglie e sangue. La pazzia della guerra mischiava alleati e nemici; la polvere si appiccicava su corpi madidi di sudore e macchiati di sangue e le spade recidevano le vite e nulla più contava alla fine: idee, utopie, sete di conoscenza o solo di un'altra guerra era tutto mischiato, tutto vorticava in un unicum ove la furia della guerra aveva preso il sopravvento deformando volti, ghigni stampati su facce bestiali e la falce della morte reclamava, senza diseguaglianze, le vite degli uni e degli altri.
Non vi era bellezza nella guerra ma solo contraddizione, morte e bestialità…vi era pazzia e uccisioni e tra tutto quel miasma velenoso, tra quei stridori, vi era una bellezza.
Una piccola luce, un profumo soave e delle spade vorticanti. Occhi profondi, selvaggi e di un colore che solo in natura lo si poteva ritrovare: occhi diamantini, belli, profondi come due laghi calmi che si mostrano come in un sogno; leggiadro ma insieme mortifero la sua danza era un insieme di straordinaria bellezza ma che racchiudeva una forza immensa. Come il mostrarsi di una corolla, come lo schiudersi di un fiore e capire, come i petali, non nascondano altre che spine. Quelle spine ferali che ora, intrise di veleno, difendevano la Rosa di fatal bellezza.
Tra le strade tutto era caos e la pazzia dilagava insieme all’orrore: triste come tutto questo li ricordasse Tanaach, come gli zombie ora fossero uomini contagiati resi pazzi, mostruosi e privati della loro umanità da qualcosa di così assurdo.

La Rosa si batteva e i suoi capelli ondeggiavano al vento mentre le sue lame fermavano gli assalti e recidevano vite ma si sa che in guerra, anche il miglior guerriero, può essere preso alla sprovvista.
Erano penetrati profondamente in città ma, forse, era solo un obbiettivo, un piano ben congeniato e svoltando in una piazza, uscendo da un macero vicolo ecco l’amara sorpresa: un gruppo di artiglieri, fucilieri li stava aspettando. Tutto durò pochi attimi, pochi secondi e fu l’istinto – più che la ragione – a salvarlo. Si mosse veloce e evitò la prima scarica nascondendosi dietro una casa diroccata.

Attenti! Cercate di muovervi velocemente e riparatevi tra gli edifici! E non fermatevi mai…

Poche parole ma chiare e precise. La piazza era enorme per cui ci voleva un diversivo per permettere un attacco: erano un bersaglio troppo semplice e troppo facile; non a caso era un tiro al piccione!
Non poteva restarsene lì anche perché i nemici iniziarono a muoversi crivellando di colpi la zona; in questo modo era un azzardo anche tirare fuori la testa…poi sentì delle strane grida. Alte, furiose come di animali che erano appena scappati dall’aguzzino e che ora sfogavano la loro rabbia; i suoi occhi si illuminarono mentre strisciava tra le macerie cercando un punto di osservazione per capire cosa stesse succedendo.
Pulì la propria lama e la fece uscire guardando cosa stesse succedendo dal riflesso sulla lama: come uno specchio in modo tale da ripararsi e controllare la situazione e…

Stà arrivando la cavalleria a quanto pare…se continua così ci trucideranno a tutti… Quegli urli erano di bestie e bestie erano.




UFSfmvl




Doveva fare in fretta o sarebbero stati travolti. E nessuno di loro, lui compreso, avrebbero visto il sole di domani…anzi peggio il tramonto. Dovette prendere una decisione e subito e i suoi occhi si voltarono al cielo che era inquinato dai fumi degli incendi della battaglia.

State pronti! Al mio segnale caricate…

Va bene ma che hai intenzione di fare?! disse un vecchio mercenario dalle mille rughe sulla faccia e dalle mille cicatrici sul corpo: teneva il proprio stocco fermo e saldo nella sua mano, mentre accarezzava il calcio della sua pistola. Sputò per terra, forse, un tic.

Un diversivo…

Oppure un attacco e sorrise mentre le nuvole si addensarono nel cielo. Lampi e tuoni dal nulla…un respiro profondo e intenso mentre la natura si inchinava di fronte a lui. Perché la Rosa si erge sopra tutto e sopra tutti e la natura non è che il suo trono e solo a lei risponde e così fu. Lampi e fulmine rischiararono quel cielo plumbeo e si abbatterono sui nemici.

Ma cos..?! Che botta di culo! proruppe il mercenario e poi lo guardò intensamente.

Te lo sapevi! Ma…

Attaccate! Le chiacchiere dopo! e da per terra prese alcune pietre, alcuni ciottoli e schegge di vetro e li lanciò, come shurinken: saettarono nell’aria e nelle sue mani risultarono mortali. Più acuminati di spade o lance, più ferali di proiettili: nelle mani della Rosa tutto diveniva utile perché in battaglia bisogna sapersi battere anche con funi e bastoni…già proprio funi e bastoni.
Vecchi ricordi che affogarono in un mare rosso: fiotti caldi e fumanti schizzarono in aria e sul suo viso mentre le sue spade mutilarono fiammeggianti come fuochi bianchi e i suoi occhi si volsero al suo prossimo nemico.
Veloce, enorme, agili con protuberanze ossee ai gomiti e alle ginocchia; artigli che potevano squarciare l’acciaio e una bocca con file di denti aguzzi, lunghi e taglienti che potevano tranciare e squartare. Piedi artigliati e una placca ossea sul petto ,schiena e spalle; occhi neri in cui vi era la luce della pazzia e ringhiò gettandosi su di lui. Le spade incontrarono i suoi artigli deviandoli mentre il ginocchio venne caricato indirizzato al fegato: riportò le spade a sé e acciaio contro osso fu, deviò la sua traiettoria ma lo ferì ugualmente al fianco, ma poteva andare molto peggio e con una rapida giravolta e passò lui al contrattacco. La sua offensiva fu veloce e nascose le sue reali intenzioni: la parte superiore aveva placche ossee che lo difendevano ma quella inferiore no; la sua velocità unita alla sua forza, lo rendevano un avversario temibile; doveva toglierli la sua più grande arma quella velocità che lo rendeva saettante e agile. I suoi occhi ebbero un lampo; la pantera dentro di sé, il suo animale totem, ruggì mentre dalla punta di Antares si formò un globo di un liquido rosso, simile all’acqua, che andò ad impattare sulla rotula del suo avversario mentre Wrigel morse le carni del fianco sinistro. Un altro fendente mirando all’inguine: sangue nero e dolore si mischiarono in un tutt’uno, mentre la Rosa danzava come un petalo nell’aria.
Un ruggito di dolore ma che era anche di rabbia e fu lacerante, forte e che fermò la rosa nella sua offensiva. Lo lasciò sgomento e poi con un altro ringhio, un ruggito forte, profondo, intenso caricò, dimentico di ferite e dolore, il suo avversario. Sentì le ossa piegarsi di fronte a quell’offensiva e venne sbalzato indietro di diversi metri: anche se aveva messo le proprie braccia incrociate per assorbire l’impatto nulla aveva potuto. Ma non era finita qui perché, tra l’incoscienza, il dolore lo vide avanzare per finire quello che aveva iniziato. Godeva della sua vista, del suo sangue, della sua vittoria: inebriato dal sangue che odorava, che annusava, che leccava lo faceva assomigliare sempre di più ad una belva che, dimentico che quello non era un avversario semplice, aveva abbassato le sue difese credendo in una facile vittoria.
Ma ogni predatore sa che la preda per dirsi sconfitta deve essere azzannata alla giugulare; il suo sangue caldo essere assaporato dalle labbra e il suo odore ferroso inebriare le narici e far accelerare il cuore. Ogni cacciatore sa che una preda è tale quando la si ha tra i propri artigli, quando le proprie zanne affondano nella carne squartandola e sentendola gemere di dolore e rantolare l’ultimo respiro.
Ma qui vi era solo una bestia con l’unico istinto di uccidere: un vero predatore non si lascia mai far guidare dai propri istinti più bassi e davanti a lui vi era una pantera sotto le spoglie di un uomo. Lo colpì violentemente al viso e i suoi artigli aprirono uno squarcio sul suo petto. Le urla della Rosa erano musica per quelle orecchie sataniche.
Lui era su di lui, pronto a piombargli addosso, e Rogozin restò fermo aspettando la sua occasione: stretta la presa, lo sollevò di peso ma Rogozin rimase fermo; occhi da pazzo mentre la stretta sulla sua gola lo era sempre di più…ma lui rimase ancora fermo e come un serpente, quando tutto era grigio e la morte stava scendendo su di lui – scattò: le lame si infilarono nelle sue braccia sotto l’armatura di placche ossee. Un urlo sgraziato: ossa che si rompevano e venivano torte e un sorriso beffardo; venne meno la presa e tra tosse e respiri profondi lui era libero ma il suo avversario era ancora in piedi: allungando la mani a tastoni fino a prendere l'arma – un’alabarda e la strinse forte tra le sue mani. Rogozin la sollevò e puntellandosi coi piedi scattò verso quella bestia, trafiggendola quasi in pieno petto, squarciandone il costato in fiotto di sangue nero e denso come pece. Barcollava la bestia, incapace quasi di reggersi in piedi, ma nei suoi occhi stanchi brillavano ancora odio e ferocia, la folle voglia di uccidere la Rosa. Così lui con un urlo la spinse con forza indietro, correndo sempre più veloce con la lama dell'arma piantata sul collo. Lui tentava un'ultima resistenza spingendo con entrambi le mani e facendo leva sui talloni, ma era fiacco e stanco e le ferite erano bluastre perché la rosa ha spine di veleno. Il muro dietro di loro fermò la corsa: la lama piantata in profondità bucò il muro da parte a parte. E con un ultimo, ferale movimento, agitò l’alabarda e gli spaccò il cranio che esplose in mille pezzi; il cadavere freddo mentre un fiotto di sangue caldo l'abbracciava di un tepore che non avrebbe più provato.






Rogozin
Energia: Gialla Pericolosità: F CS: +1 Maestria armi
Status fisico:Basso da taglio al fianco destro; basso da contusione al petto; Alto da squarcio sul petto. Status Psichico:Basso; Consumi energetici in questo turno: 20%;10%;10%
Riserva energetica residua: 70%

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Abilità Passive:
Presenza angelica:
Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]

Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

Armatura naturale. I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sè in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sà bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

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Abilità Attivate:
Scatto del lupo: Lo sciamano può compiere scatti molto rapidi, come se fosse un lupo, al fine di difendersi da attacchi imminenti.
La tecnica ha natura fisica. Il caster diviene in grado di compiere scatti molto rapidi, al fine di difendersi da attacchi del proprio avversario. La tecnica, a scelta, permette di compiere o un singolo scatto, oppure due brevi scatti; in ogni caso, il potenziale difensivo della tecnica rimane, nel complesso, pari ad alto, ed ogni abuso di tale circostanza potrà essere punito come "antisportivo". La tecnica non è da considerarsi un power-up, bensì un effetto fisico a scopo difensivo. Può essere personalizzata con effetti particolari legati alle gambe del caster, o trasformazioni specifiche che giustifichino i salti o le capacità così come descritte, benché l'effetto non si discosti da questo. Non è un teletrasporto, ma uno spostamento molto rapido.
Consumo di energia: Alto

Dominio dei cieli: Lo sciamano, sollevando una mano verso il cielo, è in grado di cambiare le condizioni climatiche.
La tecnica ha natura magica. Il caster, dopo aver compiuto un qualche gesto evocativo, potrà variare il clima a proprio piacimento. Sarà possibile trasformare una giornata serena in un diluvio, una bufera, una rigida gelata o anche il contrario. Mai però potrà cambiare la notte in giorno e viceversa. Se utilizzata in un duello, egli potrà anche causare un violento temporale e generare fulmini e lampi tanto violenti da causare un danno all'avversario pari al consumo speso. Effetti scenici che non causano danno alcuno, invece, saranno ottenibili con un semplice dispendio di energie pari a Nullo. La tecnica dura il singolo turno di attivazione.
Consumo di energia: Medio(effetto ad area)

Proiettile acquatico: Lo sciamano genera una piccola sfera d'acqua che, come un vero e proprio proiettile, spara verso l'avversario.
La tecnica ha natura magica. Il caster, non necessitando di particolari tempi di concentrazione, crea dal nulla un quantitativo d'acqua sul proprio palmo della mano o in prossimità di un dito proteso e la scaglia in direzione del bersaglio scelto. Questo oggetto avrà le stesse caratteristiche (velocità, consistenza) di un proiettile sparato da una normale pistola, ma causerà danni e dolori proporzionati al consumo energetico speso pur non lasciando segni all'esterno del corpo colpito. Potranno essere scagliati fino a un massimo di quattro proiettili con un singolo utilizzo di questa tecnica, e in quel caso il loro potenziale sarà suddiviso equamente tra le varie pallottole acquatiche (la potenza di due proiettili sarà di metà di un Medio ciascuno, di tre equivarrà a un terzo di Medio e per quattro sarà di un quarto). La tecnica è personalizzabile con qualsiasi tipo di liquido non abbia caratteristiche differenti dall'acqua. Ha potenza e consumo complessivi Medi.
Consumo di energia: Medio

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Gruppo di una Trentina di nemici

Colpo Critico ad areasotto forma di raffica di pallottole e frecce.


Guerriero Belva
Pericolosità: F CS: +1 Forza; +1 Velocità

Intimorire: il guerriero riesce ad imprimere timore nel momento in cui esegue un'offensiva, spaventando l'avversario con la sua foga.
La tecnica ha natura psionica. Il guerriero sarà in grado di far percepire la propria intenzione aggressiva all'avversario, con un semplice sguardo o una parola di minaccia. Così facendo potrà fare breccia nella mente del nemico, spaventandolo e impedendogli di conseguenza una pronta reazione per i successivi istanti. La tecnica ha valenza di influenza psionica Bassa, e come tale va contrastata; perché venga attivata con successo è sufficiente stabilire un qualche tramite visivo o uditivo con l'avversario. Cagiona un danno Basso alla psiche della vittima.
Consumo di energia: Basso

Colpo di sfondamento: il guerriero colpisce l'avversario con grande impeto, spingendolo a terra e frastornandolo.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero effettua una carica, o aggredisce l'avversario con un attacco particolarmente impetuoso, in grado di spingere il nemico a terra oppure indietro. La tecnica ha il duplice effetto di cagionare danni Bassi e causare nella vittima una forma di paralisi temporanea che dura un turno e non è sintomo di ulteriori ferite. Il bersaglio colpito subirà quindi una contusione e sarà impossibilitato a fornire reazioni immediate per tutto il suo turno. Va considerata una tecnica fisica di potenza Media e come tale fronteggiata.
Consumo di energie: Medio


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Riassunto e Note:
La prima offensiva è una tecnica ad area di Potenza Alta che Rogozin evita con scatto del lupo riparandosi dietro alcune macerie. Per aiutare gli uomini che si trovano in netta minoranza con un numero di fuoco maggiore casta Dominio dei Cieli a consumo medio effetto ad area per distrargli. Il fulmine cade in mezzo a loro e a quel punto si gettano nella mischia. Con la passiva di Dominio uso le pietre e frammenti di macerie vetri come fossero pugnali e mi lancio anche nella mischia.
Ingaggio battaglia con un infetto e rimedio un basso al fianco per via di un attacco fisico che smorzo con il mio Cs e la mia armatura naturale. Casto Proiettile acquatico e miro alla rotula e attacco mirando al fianco sinistro e all’inguine destro.
Ferito e debilitato dal veleno e dal dolore la Bestia ricorre a intimorire e a Colpo di Sfondamento che sortiscono l’effetto sperato e tramortiscono Rogozin scagliandolo lontano di qualche metro. Il colpo al viso è solo scenico ma lo squarcio sul petto no e mi causa un danno Alto. Conscio che frontalmente non riuscirei a batterlo opto per restare fermo e far leva sul suo istinto bestiale per cui glielo lascio fare in modo tale da fargli abbassare la guardia e renderlo cieco ai miei veri intenti.
Vuole finire il lavoro soffocandomi ma li pianto le spade nei gomiti rompendoglieli e rimettendomi in piedi prendo un arma trovata nelle vicinanze. Lo ferisco al fianco e poi al collo impalandolo su un muro. Concludo aprendogli il cranio a metà.

 
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view post Posted on 8/2/2014, 03:32
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Ձմեռը ~ Winterreise ف Im Dorfe ~ է Գյուղի
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Ջ ~ Capitolo VI: Ritorno a Lithien ~ Ջ

Atto I
II


(Vahram [pensato, lingua aramana], soldati.)


Giunse infine l’alba.

L’intera armata di Kreisler era dispiegata innanzi alla città. Soldati, mercenari e paladini, timorosi, frementi attendevano ognuno con i propri pensieri e preoccupazioni una sola cosa. Il segnale.

Vahram si trovava nella sua squadra, il volto coperto, la lancia in mano. Sebbene fosse molto meno corazzato rispetto ai suoi commilitoni, in groppa a Raffi, che superava di gran lunga in stazza gli altri cavalli, si ergeva di ben due o tre palmi sopra le teste degli altri cavalieri.

Intorno a lui scorgeva visi duri, mani tremanti strette attorno alle lance, occhi agitati puntati dritti in avanti, verso l’impressionante e sinistra città dove entro poche ore – o pochi minuti – avrebbero combattuto per la vita o per la morte. L’inquietante timore che il proprio destino stesse forse per compiersi in quello stesso giorno si leggeva come un’ombra sul volto di ogni soldato.

Nessuno scherzava, nessuno parlava. Vigeva il silenzio.

Alcuni, soprattutto i più giovani, restavano fermi immobili con gli occhi sbarrati, nei quali si potevano scorgere pensieri cupi di paura e morte, evidenti come dipinti su una tela bianca. Alcuni abbassavano la testa per vomitare la colazione, altri pregavano gli dei più disparati. I guerrieri e i mercenari più anziani e vissuti, invece, scacciavano le preoccupazioni tenendosi occupati, sistemandosi l’armatura, controllando il filo delle loro lame.

Vahram no. Era andato a dormire presto la sera precedente, insieme a Fanie e Vaairo e si era alzato un’ora prima che i rombi dei cannoni, il vociare concitato degli artiglieri e le urla dei capitani svegliassero di soprassalto tutti gli altri fanti e cavalieri. Si era messo con largo anticipo a preparare pacatamente tutte le sostanze alchemiche e gli armamenti tattici, che richiedevano una particolare cura, e ad affilare perfettamente le sue armi come era suo solito.

In alto sulla sua esotica sella dal curioso pomolo lungo e biforcuto a forma di T, se ne stava disteso e impassibile. Con Yen Kaytsak tediosamente appoggiata alla spalla, studiava interessato le operazioni dei genieri e degli artiglieri, intenti a farsi strada sotto il fuoco nemico fino alla base delle mura per posizionare i barili di esplosivo che avrebbero aperto completamente la breccia. La morte non lo spaventava: da buon mamūluk la arrideva beatamente, oltre al fatto che un guerriero esperto come lui ben poco si lasciava impressionare dalla mischia.

Provava invece emozione e nostalgia all’idea di cavalcare nuovamente in battaglia dopo così tanto tempo; erano passati sette anni e tre mesi dall’ultima a cui aveva partecipato. Quella era la trentatreesima a cui prendeva parte, aveva segnato quel numero sul suo taccuino colorato – lo aveva scritto prima dello scontro, per sicurezza, dato che non aveva la certezza di poterlo fare dopo – aggiungendolo sotto alle altre trentadue battaglie campali e non sotto i suoi ben sette assedi, poiché a suo parere un muro sfondato in una notte era ben lungi dalla definizione che dava lui di “assedio”.

A preoccuparlo erano piuttosto la minaccia del terribile morbo che appestava la città e il fatto che quella sarebbe stata la prima battaglia di Raffi.

Il suo cavallo raschiava nervoso il terreno gelato con i suoi zoccoli bidattili non ferrati, pronto alla carica, ma un vago senso di incertezza pareva disturbarlo.

Ad un certo punto un possente boato scosse la valle, scrollando le nevi ammassate sulle cime delle montagne giù per le ripide coste rocciose. Le mura della cittadina esplosero in una nuvola di fumo e detriti, sparando grosse rocce tutt’attorno anche per alcune centinaia di metri.

Un corno suonò la carica. La via per Lithien era aperta.

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L’impatto della cavalleria contro l’orda di infetti che si accalcava sulla breccia fu tremendo, ma non bastò per sfondare. Nonostante ciò, riuscì a penetrare oltre la cortina per una decina di metri. Ora quel che serviva era assicurare una linea difensiva abbastanza avanzata da permettere alla fanteria retrostante di salire sulle mura, infine cercare spezzare le difese nemiche ed entrare in città.

Dall’alto del suo cavallo, Vahram menò la lancia di piatto sul cranio di un’altra di quelle creature mostruose, smagrita e resa furiosa dalla malattia; la fece stramazzare sul terreno fangoso e poi la finì con un affondo ben mirato al centro del petto. E con quello facevano nove.

Intorno a lui la battaglia infuriava: urla, gemiti, stridii bestiali, sangue, la familiare bailamme assordante e disorientante di cozzare sul metallo e sulla carne. Ovunque guardava vedeva asce sventrare corpi, spade mozzare arti, mazze sfondare crani. Frecce e quadrelli – sia amici, che nemici – schizzavano pericolosamente sopra le teste e tra le spalle dei cavalieri. Inutile preoccuparsi della propria incolumità in quei momenti: avere una certa destrezza nella furia della mischia è fondamentale. Saper cogliere alle spalle i nemici già impegnati, sfruttare le opportunità, battersi come indemoniati; bisogna saper uccidere velocemente in battaglia e stare sempre all’erta: ogni secondo perso ad affrontare un singolo avversario od ogni tentennamento significa esporsi sempre più inesorabilmente a qualsiasi altro nemico si trovi intorno a te.

Era una mischia un po’ strana a dire il vero... vedendo tutti i suoi alleati dibattersi come disperati per cercare di sfuggire ogni volta al contatto fisico con quei mostri e agli schizzi di sangue contaminati. Gli infetti del Gûl-lhiw che stavano combattendo non erano né abili, né organizzati, ma compensavano queste mancanze con la loro brutalità e frenesia bestiale, il ribrezzo che suscitavano le loro forme mostruose e – ovviamente – il deterrente che rappresentava il temibile morbo di cui erano portatori.

Udì un urlo di cieca follia sopra la sua testa. Alzò lo sguardo appena in tempo per vedere un miliziano infetto in un logoro gambesone e con artigli da orso saltargli addosso da una delle basse case a ridosso delle mura.

«Raffi!» Gridò.

Il cavallo scartò pronto di lato. Vahram impugnò la lancia con tutte e due le mani e l’alzò d’istinto contro il mostro, parando il suo attacco e scaraventandolo per terra, poi lo finì piantandogli la lunga lama nel collo. Per un attimo aveva visto quei denti ferini gocciolanti di saliva a pochi centimetri dal suo naso. C’era mancato poco...

A Vahram sorse spontanea la drammatica questione: quanti soldati sarebbero stati contagiati alla fine di quella giornata? Quanti camerati ad un certo punto si sarebbero rivoltati contro i propri compagni? Quanti amici avrebbe dovuto uccidere, sopprimere come bestie...?

Appena contemplò la catastrofica natura di quella pestilenza, un brivido gli corse lungo la schiena al solo immaginare cosa sarebbe accaduto se fosse dilagato nel continente, appestando e desolando i popolosi regni degli uomini.

Ad un tratto si sentì più compartecipe ai nobili – e necessari – scopi del suo generale e di Fanie Elberim.

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Impugnò la lancia a due mani e la confisse con forza e impeto tra le scapole di un grosso infetto dalle braccia sproporzionate terminanti in minacciose protuberanze ossee impegnato a combattere con un altro soldato. In quel momento si accorse che molti cavalieri erano scesi da cavallo e si erano schierati in formazione compatta contro l’orda di mostri, creando un muro di scudi.

«Spingete! Spingete!» Incitavano diverse voci.

Tutta la linea appiedata cominciò a spingere come forsennata cercando di far indietreggiare i nemici. L’impatto della cavalleria aveva sortito degli effetti, ma in quel momento, per tenere saldo il fronte, stare a cavallo serviva a ben poco.

I pochi infetti rimasti dietro il muro di scudi finirono presto massacrati.

«Accidenti, sono incastrato.» Constatò Vahram. Non avendo uno scudo, non poteva posizionarsi in prima linea insieme agli altri, a cavallo non poteva avanzare e dietro era bloccato da tutti fanti che spingevano per unirsi alla battaglia.

Infilò la lancia nel fodero dietro la schiena ed estrasse dunque l’arco. Individuò lo stendardo con il drago nero: Fanie e Vaairo erano lì. Scorse un grosso infetto orribilmente deforme, con il dorso ricoperto da lunghe spine d’istrice e braccia corazzate da piastre chitinose e spuntoni, piegate in angolazioni innaturali come zampe anteriori di una mantide; lo vide avanzare pericolosamente verso Vaairo, intento a combattere altri nemici. Vahram tese l’arco, mirò con cura e scoccò. La freccia si piantò in profondità in mezzo al petto del mostro, che stramazzò a terra con un ghigno spasmodicamente contratto.

Le schiere disordinate di infetti stavano pian piano retrocedendo. Ad un certo punto sulla destra si aprì un angusta stradina tra le case, che tutti i soldati più vicini si adoperarono immediatamente a difendere. In fondo a quella viottola si poteva scorgere l’inizio di una rampa di scale che portava alla sommità della mura.

«Fanti, avanti! Presto, presto!» Ordinò un ufficiale a cavallo, facendo ampi segnali alle truppe appiedate retrostanti. Subito i fanti avanzarono e imbroccarono in fila la stretta via per assaltare le torri e le mura alle spalle del nemico. La scala di pietra era deserta: i soldati infetti sulla sommità, intenti a scagliare frecce e quadrelli sugli assedianti ancora all’esterno, non si erano ancora avveduti di quel piccolo passaggio in cui si stavano riversandosi le truppe di Kreisler.

Vahram scorse l’opportunità di fare una piccola deviazione.

Con uno strattone guidò Raffi verso la stradina, immettendosi in mezzo alla teoria di fanti. La percorse insieme a loro e salì le scale in groppa al cavallo. Appena superò il livello dei tetti delle basse e povere case che affollavano i quartieri a ridosso delle mura, fece un cenno al suo nobile destriero.

«Si comincia, Raffi. Fammi vedere cosa sa fare uno Yomud.»

Raffi non se lo fece ripetere. Con le sue possenti zampe da rupicavallo balzò dalla scala ai tetti adiacenti senza troppa difficoltà. Agile e rapido trottò a ritroso fin sopra alle schiere che combattevano davanti alla breccia. Da lassù si poteva avere una visuale migliore della battaglia.

A forza di spingere, i cavalieri avevano piegato la schiera d’infetti a ferro di cavallo, come una membrana in tensione in procinto di spezzarsi: quei mostri non avrebbero resistito ancora a lungo. Vahram notò un punto debole, un lieve assottigliamento proprio nelle vicinanze della sua squadra. Un suo piccolo aiuto avrebbe facilitato il lavoro a tutti quanti.

Da una tasca speciale della sua faretra estrasse una strana freccia dall’ampio impennaggio con uno strano piccolo cilindro al posto della cuspide. Da quel tubicino strappò un filo per innescare la carica esplosiva che vi era all’interno, incoccò la freccia sulla corda e la scagliò nelle retrovie all’altezza di quella falla nella linea nemica, onde evitare di colpire per errore i propri alleati.

Il dardo esplose con un botto sonoro come una margherita di fiamme e colori, in uno spruzzo di lapilli variopinti e fasci di scintille guizzanti. Alcuni infetti in prossimità dell’esplosione gridarono di dolore dimenandosi come indemoniati o si gettarono a terra ustionati, altri garrirono sorpresi o spaventati. I guerrieri sani nelle vicinanze non ci pensarono due volte ad approfittare di quell’attimo di confusione: si accalcarono tutti in quel punto, travolgendo i mostri che si trovavano davanti a loro. Non ci volle molto prima che quel ferro di cavallo brulicante di arti deformi e indiavolati cedesse esplodendo come un palloncino bucato, lasciando traboccare oltre la solida barriera una fiumana di prodi soldati.

L’armata di fanti e cavalieri rapida insidiò il baluardo di difesa nemico su tutti lati, smembrandolo, disperdendolo. Un grido di gioia si levò mentre l’esercito di Kreisler si riversava per le vie di Lithien, combattendo e conquistando posizioni strategiche, puntando ognuno ai propri obiettivi.

Scoppi di moschetti e pistole e rimbombi di esplosioni risuonarono a qualche centinaio di metri di distanza. Vahram si voltò e fu felice di avvistare plotoni di maghi e tiratori assaltare la città dai tetti, flagellando le torme di infetti dall’alto. Anche gli artiglieri erano passati alla carica.

A quanto sembrava, le mura erano state prese. Era ora di avanzare alla conquista della città.

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Vahram doveva riunirsi alla sua squadra. Si guardò intorno, vide lo stendardo con il Drago Nero sventagliare fiero sul viale dinanzi la breccia.

«Ora si fa sul serio, Raffi!» Disse, compiaciuto, accarezzando con energico entusiasmo il collo villoso del suo amico corsiero. «Stai andando benissimo, sei un gran cavallo da guerra! Ora fa’ vedere a quei ronzini di cosa sei capace. Raggiungiamo i nostri amici.» Lo incoraggiò, indicando il vessillo che sfrecciava sulla strada davanti a loro.

Raffi nitrì burbanzoso, quindi si lanciò in corsa sui tetti. Vahram ripose l’arco nel fodero, si tenne saldamente in sella con le gambe e si aggrappò al pomolo biforcuto, preparandosi a quei violenti movimenti a cui era tanto abituato in passato.

Lentamente il trotto aumentò in galoppo, il galoppare si tramutò in lunghi balzi, presto Raffi sembrò quasi letteralmente volare sulle cime delle case. Scartava camini, valicava angiporti, zompava in alto, sempre più in alto, saettando rapido verso il centro della città quasi più veloce dei cavalli sottostanti in strada, piantando saldi e stabili quei suoi affilati zoccoli da scalatore nelle tegole e nelle friabili murature del tetti.

Vahram sorrise euforico, nostalgico. Quella cavalcata turbolenta gli fece rivivere lontani ricordi, glorie passate, fierezze estinte... ataviche malinconie. Per un attimo gli parve di tornare dopo tempo immemore a cavalcare libero e indomabile sulle impervie coste rocciose delle montagne, come i suoi fratelli, come i suoi antenati...

«YAAAAARRRR!!! YAAAAARRRR!!!»

Rideva, gridava, sbraitava. Urla di guerra, versi impetuosi... La voce selvaggia di un nobile cavaliere aramano risuonò ancora una volta tra le montagne, riecheggiò potente tra le Guglie dell’Alba e del Tramonto, le vette più alte dell’Erydlyss, come se volesse dichiarare a quella terra che la sua stirpe ormai dimenticata esisteva ancora; che Vahram Nenad Akrtchyan degli altopiani d’Aramania era lì, e cavalcava rapido come il vento sui tetti delle case di Lithien, dove i comuni cavalieri d’arme non potevano osare.

D’un tratto, un essere snello ed emaciato armato di arco balzò su uno degli spioventi di fronte, mirando alle strade sottostanti. Aveva folta peluria e piedi allungati e deformi del tutto simili a quelli dei felini. Osservando meglio, il guerriero si accorse che oltre a quell’infetto dalle fattezze di giaguaro ve n’erano diversi altri che attaccavano dai tetti delle case, scoccando dardi sulle truppe sottostanti e ingaggiando le squadre di artiglieri.

Fulmineo estrasse la scimitarra. L’infetto giaguaro si accorse solo all’ultimo momento del cavaliere in carica verso di lui; si voltò e scagliò affrettatamente la freccia che aveva in cocca verso la minaccia inaspettata. Vahram si aspettava quella reazione e fu pronto a ricevere il colpo: scansò di lato e con una violenta frustata del resistente mantello deviò la freccia sopra la sua spalla.

«Raffi, l’aquila picchia verso l’alba!» Gridò. Raffi afferrò subito l’ordine.

Scartò leggermente a sinistra, per passare accanto al nemico alla distanza giusta. Vahram si gettò di lato sul fianco destro del cavallo, spada in pugno, aggrappandosi saldamente al pomolo della sella con la mano libera scese quasi fino a toccare terra e menò una sciabolata sulla coscia dell’appestato, aprendogli un ampio squarcio nella gamba. Questo stramazzò a terra berciando e soffiando dal dolore. Il cavaliere tornò in sella e tirò dritto: ci avrebbero pensato gli artiglieri a finire quel disgraziato.

Continuò a galoppare a piena velocità, quando udì un sibilo tagliente alle sue spalle. All’improvviso una stecca appuntita gli si conficcò con un tonfo sordo nella schiena spingendogli l’aria fuori dai polmoni e strappando un verso rabbioso dalla sua bocca contratta. Il familiare e fastidioso dolore di una freccia conficcata malamente nella carne cominciò a pulsare.

Subito si guardò dietro e ciò che vide lo lasciò attonito. Mostruose creature dalle fattezze umane volavano nei cieli di Lithien sbattendo grottesche imitazioni di ali: gigantesche ali di pipistrello, striminzite ali piumate o membrane alari malformate. Alcune di queste si avventavano in picchiata sui combattenti sopra i tetti, altri li bersagliavano con archi e balestre.

Individuò quello che lo aveva attaccato: un infetto dalle orecchie a punta e ampie e artigliate ali di pelle. Doveva essere un eccellente tiratore, vista la distanza da cui aveva scagliato la freccia, e per giunta era troppo lontano per essere contrattaccato in qualche modo dal cavaliere.

«Santi dei! Hanno persino imparato a volare quei bastardi.» Pensò.

Si tastò il dardo piantato nel suo tergo, poco sotto le spalle.

«Una quadrella...» Constatò, toccando appena lo stelo che gli spuntava dal mantello subito sotto le spalle per comprendere che tipo di freccia aveva in corpo. Se fosse stata uncinata o barbuta, toglierla sarebbe stato un problema più difficile. «Una ferita superficiale. Non ha leso nessuna arteria, per fortuna.» Diagnosticò: nulla di problematico per un medico come lui. Con un secco strappo estrasse la freccia dalla carne e la gettò via. Il calore viscido del sangue impregnò il retro del farsetto.

«Dobbiamo scendere da qui, siamo un bersaglio troppo facile.» Disse a Raffi, guardandosi intorno alla ricerca di un buon punto dove scendere in strada.

Ci pensò la fortuna – o la sfortuna – risolvere il problema.

Raffi balzò accidentalmente sul tetto sbagliato. Vi fu uno schianto di assi marce. Vahram sentì il terreno mancare sotto gli zoccoli del suo cavallo. Precipitò nel buio per pochi metri, per poi finire sbalzato con una gran frastuono sulle assi di legno di un qualche attico.

«Attento a dove metti gli zoccoli, diamine...» Borbottò al suo amico, appurando di essere ancora tutto intero.

Dov’erano finiti?

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La prima cosa che mise in allerta Vahram fu l’odore di quella stanza. Era pregna di un terribile fetore dolciastro di putrefazione, come se lì dentro stessero marcendo un gran numero di cadaveri.

Alzò la testa e si guardò intorno. Ovunque regnava la povere. Vicino a lui, lungo le pareti dell’ampio, seppur povero, attico vi erano ben allineati tre letti. Il primo era più piccino degli altri e aveva un gran numero di giocattoli sparsi intorno: soldatini, cavallini e una spada di legno ben lavorata. Sopra la testata, si poteva scorgere una targhetta di legno con sopra scritto in un calligrafia alquanto incerta il nome “Bernard” circondato da intarsi e scarabocchi. Doveva appartenere sicuramente a un bambino.

Il secondo letto era invece un po’ più grande, sommerso di bambole e cuscini variopinti ormai sciupati e sbiaditi. La sua targhetta era abbellita con graziosi fiorellini disegnati a gessetto che contornavano il nome “Clementine” scritto in bella e tondeggiante calligrafia. Una ragazzina adolescente, senza dubbio.

Il terzo era il più grande e il più sobrio. Pulito e ordinato, coperto da lenzuola verdoline. L’unica nota decorativa era un delicato centrino bianco con pizzi e merletti, appoggiato sopra vi era un vaso con dei fiori, ormai appassiti da tempo. La targhetta, la più modesta delle tre, riportava il nome “Peline”. Doveva essere la sorella maggiore.

All’altro lato della stanza si poteva scorgere un separé con dietro un letto matrimoniale.

I giacigli di un’intera famiglia.

Raffi si trovava a pochi passi dal guerriero, ribaltato come una strana di tartaruga pelosa sullo scricchiolante pavimento di legno.

«Tutto a posto?» Gli domandò Vahram, tastandosi il corpo e constatando che anche lui era tutto intero.

Il cavallo emise un nitrito di assenso.

La stanza era arredata con varia mobilia, congelata nel tempo come se i proprietari di quella casa si fossero volatilizzati come fantasmi. Da una botola scardinata nell’assito s’intravedeva al piano di sotto un bancone, degli scaffali e un forno per il pane. La porta d’entrata e tutte le finestre erano sbarrate o bloccate in modo repentino da tutto ciò che di pesante o di più simile a un puntello si potesse trovare in casa, come se la famiglia avesse cercato di asserragliarsi per sfuggire agli infetti che si propagavano in città.

«A quanto sembra, siamo finiti in panetteria... Senti un po’ che odore, meglio uscire al più presto o finiremo appestati.» Si guardò intorno alla ricerca della fonte dell’odore nauseabondo, ma col buio che c’era in quella stanza non si vedeva molto, soprattutto negli angoli.

«Però non vedo i...»

...cadaveri.

Non arrivò a finire la frase: Raffi, rotolandosi sul pavimento, si era rialzato. Sul suo fianco era sfracellato e conglobato alla sua folta peluria un informe ammasso rosso amalgamato a luridi brandelli di un fine tessuto trapuntato con motivi a foglie. Scrutò meglio nella stanza e comprese.

La famiglia del panettiere era sparsa un po’ dappertutto.

In un primo momento non li aveva notati, ma appena i suoi occhi si abituarono all’oscurità comparvero tutt’intorno a lui pezzi di corpi smembrati, frammenti di vestiti e ovunque, su tutto il pavimento, sulle pareti e sul soffitto, macchie nerastre di sangue essiccato. Il pezzo di cadavere su cui Raffi era caduto probabilmente apparteneva alla madre.

Vahram sia alzò in piedi e rimase a contemplare per qualche secondo quel massacro, curioso di capire cosa fosse accaduto in quella stanza.

In quel luogo chiuso, la battaglia che infuriava all’esterno parve farsi lontana, ovattata alle sue orecchie.

«Che strano...» Commentò, tamburellandosi nervosamente il dorso della scimitarra sulla spalla. Analizzò le pareti della stanza e diede un’occhiata giù dalla botola, scrutando la bottega sottostante. «Ogni entrata è sbarrata, così come ogni buco... O qualche infetto è riuscito sventuratamente a entrare da un punto che non riesco a vedere...» Si passò due dita sulla barba incolta, turbato. «...oppure quando si sono barricati avevano già un infetto in casa.»

Rimase lì in piedi assorto per un po’.

Improvvisamente un dubbio atroce lo assalì. Strinse la mano sulla spada e alzò lentamente lo sguardo. Non erano soli in quella stanza.

Due occhi giallastri li stavano scrutando dall’oscurità.

Immobili, silenziosi, stavano osservando il cavaliere e il suo cavallo probabilmente da quando erano piombati in quel posto. Chiunque fosse nascosto laggiù in quell’angolo non li aveva ancora attaccati: forse per paura, forse perché aspettava il momento adatto per colpire il vigile guerriero.

Vahram si mise in guardia.

«Sei stato tu a fare questo massacro, aper?» Chiese ironicamente in tono gelido, dando per scontato che il suo interlocutore non gli avrebbe risposto.

La figura si fece avanti emettendo un sibilo minaccioso.

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La prima cosa che saltò agli occhi fu quel suo abito verdolino, gli stivaletti in pelle, il grembiule gialliccio e il fazzoletto bianco che ancora copriva i suoi capelli del colore del grano raccolti in due lunghe trecce e ornati da un grazioso fermacapelli rosso. Una ragazza di sedici o diciotto anni, a prima vista. La sua bocca e i suoi vestiti erano completamente sporchi di sangue e icori putridi. Nei suoi occhi di un giallo brillante e innaturale si intravvedevano una spaesata follia e una lunga e pietosa privazione. La sua pelle si era ricoperta di piccole scaglie smeraldine. In mano teneva saldamente una lurida lunga pala da panettiere.

A sua volta il cavaliere la fissò guardingo dritta negli occhi.

«Suppongo tu sia Peline...» Sussurrò grave.

Era chiaro quale tragedia si fosse consumata in quella casa. La famiglia si era trincerata, ma nessuno probabilmente si era accorto che la figlia maggiore era stata contagiata... o forse semplicemente non ebbero il cuore di abbandonarla.

Le parole di Fanie risuonarono di nuovo in mente a Vahram: nessuna pietà. Uccidere questi disgraziati significava liberarli da quella dannata maledizione, da quella vita di eterna follia e sofferenza. E il mamūluk non se lo sarebbe fatto ripetere un'altra volta.

Scattò in avanti, deciso a porre fine alla vita di quella poveretta in un colpo solo. Con sua grande sorpresa si ritrovò a fendere l’aria a vuoto. Peline, prima apparentemente smunta e zoppicante, schizzò di colpo come una lucertola fuori dalla portata della lama rituffandosi nell’ombra sibilando tagliente e subito sfoderò una reattività che lasciò sbigottiti sia il cavaliere che il cavallo.

Vahram vide incombere la grossa pala sulla sua tempia. Istintivamente alzò la scimitarra. Con un gran clangore parò il colpo finendo sbalzato con forza sconcertate all’indietro. Cercò di recuperare l’equilibrio, sentiva la spada vibrare ancora per il colpo.

«Merda! È tosta!» Imprecò nella sua mente.

Dal buio spuntò ancora la pala, troppo rapida, troppo vicina per essere schivata.

*SDENG!*

Colpì di piatto il guerriero in pieno volto con un suono acuto e stonato. In men che non si dica, Vahram si ritrovò scaraventato addosso al muro. I pensieri gli si offuscarono per un secondo, un gran male alla guancia lo ridestò. Vide davanti a sé la ragazza tornare all’attacco, ma questa volta non si fece cogliere impreparato. Schivò fulmineo la pala, che cozzò sonoramente sul legno duro, prese la spada a due mani, la sollevò sopra la testa e menò un poderoso fendente alla spalla sinistra dell’infetta.

Udì il colpo andare a segno con uno scricchiolio secco di ossa rotte e robuste squame spezzate. Peline stridette di dolore. Se fosse stata una ragazza normale, un colpo del genere gli avrebbe spaccato il torso in due come un ciocco di legno, ma quel manto di piccole squame da rettile che il Gûl-lhiw gli aveva donato a quanto pareva era incredibilmente robusto.

Improvvisamente una lunga e sottile coda scagliosa emerse da sotto la gonna e si avvinghiò ai piedi di Vahram. Il guerriero fu trascinato a terra, preso alla sprovvista. Nonostante il profondo taglio sulla spalla, la ragazza non sembrava per nulla menomata, né minimamente rallentata. Con un urlo bestiale, tentò ancora di spaccargli la testa con la pala caricando il colpo con tutta la sua forza.

Vahram tastò freneticamente il pavimento in cerca di un oggetto con cui proteggersi; trovò un drappo di tessuto con qualcosa di pesante attaccato. Lo afferrò e lo frappose appena in tempo per parare l’attacco. La pala si conficco nel pezzo di carne che aveva tra le mani con un raccapricciante suono di ossa frantumate. Sentì dei lunghi capelli setosi sfiorargli in viso. Guardò meglio cosa aveva raccolto.

Si ritrovò a faccia a faccia con due delicate orbite vuote, una faccia ormai cancellata dal disfacimento. Teneva tra le mani un torso smembrato avvolto in stracci su cui erano ancora visibili graziosi motivi floreali.

Ringraziò Clementine di avergli appena salvato la vita.

Peline risollevò la sua arma improvvisata, cercando di scrollare via il busto impalato della sorella.

«Presto! Vai giù e aspettami!» Gridò Vahram a Raffi. Il cavallo obbedì subito: si gettò verso la botola e cominciò a scendere la scalinata di legno.

*SCRASH!*

Com’era ovvio pensare, le scale non ressero il peso dell’animale, che scomparve dentro la botola piombando al piano di sotto in un immane fracasso misto a nitriti sguaiati.

«Cretino... se ti fai male adesso io che faccio?!» Pensò Vahram, stizzito.

Con una rapida mossa, si allontanò dall’infetta e ritornò nuovamente in piedi per poi lanciarsi verso la botola della scala, seguendo Raffi. Dovevano uscire da quel posto buio e angusto se non volevano rimanere contagiati dalla malattia.

Peline però non sembrava avere la minima intenzione di farlo fuggire. Strinse saldamente la pala con il cadavere squarciato ancora attaccato e la schiaffò in faccia al cavaliere, prima che questo potesse raggiungere l’apertura nel pavimento. Vahram sentì qualcosa come una grossa e dura spugna bagnata sfracellarsi sul suo volto. Vide per un istante il busto di Clementine venir sbalzato al piano di sotto, vicino a Raffi, che nel frattempo si era rimesso sulle sue zampe davanti al bancone della panetteria; poi tutto si fece torbido, offuscato. Liquidi untuosi e grumi maleodoranti gli colarono negli occhi. Il guerriero arrancò a tentoni, ma non ebbe il tempo di fare nulla: un violento colpo portato con l’estremità piatta della pala lo percosse in mezzo alla schiena, spingendolo giù nella botola. Cozzò sul duro pavimento di pietra irto dei pezzi della scala distrutta.

«Ooohh... Ugh!» Gemette dal dolore.

Si passò la manica sugli occhi per pulirsi, giusto in tempo per vedere l’infetta balzare su di lui dall’attico. Vahram rotolò via di scatto sfuggendo per un pelo alla lama della pala, che picchiò con un assordante cozzo metallico nell’esatto punto dove un attimo prima si trovava il collo del guerriero. Subito il cavaliere balzò in piedi, arrancando incerto sull’impiantito reso accidentato da tutte le assi e travi schiantate della scala, e sferzò un fendente verso il viso della ragazza. Fu soddisfatto nel vedere una scia di sangue segnare la guancia di Peline, colpita di striscio dalla lama. Le aveva restituito il favore della badilata di prima.

La bottega del fornaio era divisa al centro da un bancone, dietro al quale si trovavano diversi forni e lunghi scaffali stipati di pani dalle forme e dimensioni più disparate ormai ammuffiti e maleodoranti. Vahram cercò qualcosa, qualunque cosa potesse utilizzare per distrarre quel mostro.

Sacchi di farina. Sotto il bancone ce n’erano diversi. Senza pensarci su troppo, ne afferrò uno e lo scagliò contro Peline. Con un tonfo ovattato, la sacca esplose in una soffocante nuvola bianca che invase tutta la stanza mentre Raffi nitriva spaventato. La ragazza indietreggiò frastornata.

Vahram ne approfittò. Aveva già puntato con precisione chirurgica il dolce collo di quella fanciulla, deciso a donargli il colpo di grazia. Trattenne il respiro e colpì fermo e deciso, recidendo la tenera carne. Si ricordò solo all’ultimo momento del rischio a cui si stava esponendo.

«Porc... il morbo!» Pensò... troppo tardi.

Balzò come un ossesso contro i forni appena il sangue uscì a fiotti gorgogliando dalla gola tranciata schizzando su ogni parete, schivando nel panico ogni goccia di liquido infetto come se fosse piombo fuso.

Peline lasciò cadere la pala e si strinse le mani alla gola. Subito il guerriero afferrò il pesante armadio che percorreva in lungo tutto il bancone e tirò con tutte le sue forze, ribaltandoglielo addosso. Il gigantesco mobile piombò con un boato sulla ragazza urlante e annaspante, schiacciandola.

Vahram non stette a guardare quella scena pietosa. Voleva uscire da quel posto orribile al più presto.

«Andiamocene via di qui, Raffi!» Gridò al cavallo.

Il destriero non se lo fece ripetere. Si gettò sulla porta sbarrata, sfondandola con un potente colpo di zoccoli.

I due uscirono di corsa dalla panetteria in una nuvola di farina, bianchi come fantasmi e tanto luridi da rischiare di essere essi stessi scambiati per appestati.

Nelle strade infuriava la battaglia. Soldati e infetti scorrazzavano disordinatamente per le vie, cercandosi, nascondendosi combattendo, duellando, azzuffandosi. Vahram balzò a cavallo e si lanciò al galoppo per il viale gremito di caos, sangue e acciaio mulinante sciabolando a destra e a manca i nemici che gli capitavano a tiro. Doveva raggiungere la sua squadra al più presto.

Nel menare un fendente gli capitò di voltarsi. Ciò che vide gli fece cadere la braccia.

«Mehreth Chunam! È ancora viva!» Imprecò.

La panettiera era dietro di loro, ferma davanti alla porta del fornaio col grembiule inondato da un mare di sangue e totalmente cosparsa di farina. Li fissava da lontano con il volto contratto una rabbia ferina. Ad un tratto il vestitino verde che portava cominciò a gonfiarsi dietro la schiena, fino a strapparsi, snudando due lunghe e uncinate ali da rettile volante.

«Oh, santi dei...» Vahram buttò gli occhi al cielo. «Corri, Raffi!»

Con un potente balzo, Peline schizzò in aria spiegando le ali e gettandosi in volo all’inseguimento del cavaliere.

«Cosa diavolo devo fare per ucciderti, aghjik?!» Gridò alla ragazza, agitando istericamente il pugno verso di lei.

Rinfoderò la scimitarra e tornò a impugnare l’arco, mentre Raffi evitava agilmente i nemici sulla strada. Vahram incoccò una freccia, si voltò, prese accuratamente la mira e scoccò al bersaglio. Con un’agile quanto disinvolta virata, l’infetta senza difficoltà evitò il dardo, che schizzò girando all’impazzata perdendosi nel cielo.

«È troppo veloce! Cerchiamo di seminarla nei vicoli!» Disse al cavallo, guidandolo in una stradina laterale. Cominciarono a zigzagare per le strette viottole correndo come dei forsennati, ma non servì a molto: balzando da una parete all’altra e stabilizzandosi grazie alle ali la ragazza mostro continuava a stargli dietro, incombendo su di loro come un falco che punta la preda.

Raffi ad un certo punto svoltò in uno stretto e lungo passaggio sovrastato interamente da un ballatoio di legno che sporgeva basso dall’edificio alla loro sinistra fino ad arrivare a ridosso dell’altro lato. Era come ritrovarsi in una galleria. Non appena lo imboccarono, Peline li inseguì volando a rasoterra, sotto quella balconata.

Gli occhi di Vahram subito s’illuminarono.

«Ben fatto, Raffi!» Esclamò, con un sorriso diabolico.

Estrasse un’altra di quelle strane frecce con un cilindro piantato sulla cuspide e una curiosa pallina bianca. Gettò la boccia davanti a sé, appena questa toccò terra, esplose in una gigantesca, fittissima e impenetrabile nube di fumo candido che invase tutta la galleria. Raffi si lanciò al galoppo dentro la coltre senza indugi. Immediatamente Vahram si voltò con l’arco teso e scagliò la freccia esplosiva incoccata su una delle travi di sostegno della balconata, subito dietro di loro.

Vi fu un’esplosione, un bagliore in mezzo al fumo, poi un frastuono, un tonante crollare di legna e calcinacci. Si udì un grido straziato in mezzo a quell’inferno di oblio bianco, un urlo subito soffocato e sovrastato dal fragore delle macerie.

Peline c’era cascata. Vahram tirò un lungo respiro di sollievo. Non avvertiva la solita sensazione che provava dopo aver sconfitto un nemico pericoloso, quanto piuttosto il sollievo di aver liberato un’anima sventurata.

Fanie. Doveva ritrovare Fanie... e Vaairo.

Imboccò il vicolo più vicino per tornare al viale principale e raggiungere la sua squadra.

Il clangore della battaglia risuonava ancora forte e concitato.

Quel giorno di sangue e di morte era appena iniziato e non sarebbe finito molto presto... né tanto facilmente.



Personaggi
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Alto+Basso) Ferita da freccia sulla schiena (Bassa), contusione sulla guancia sin. (Bassa), taglio sulla schiena (Medio), danni da caduta distribuiti su tutto il corpo (Basso)
Mente: (Danno Illeso) Illeso.
Energia: 100-5-10-5= 80%

Raffi: Corpo (Danno Basso): Danni da caduta alla coscia sin. (Basso).


Armi:
Yen Kaytsak: infoderata.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.


Munizioni
Faretra: 15-4= 11



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

Tecniche attive utilizzate

(In ordine di apparizione)
[ Fiore di fuoco (Pergamena Cacc. Dardo esplosivo) ~ Consumo Variabile Basso+Basso] X2
~ Buone feste, aper!
Questa tecnica offensiva ha natura magica. Vahram scaglia una speciale freccia dotata una potente carica pirotecnica innestata al posto della cuspide, che esplode a contatto con un nemico o un bersaglio predestinato generando un magnifico fuoco d’artificio. Chiunque si trovi in prossimità dell'esplosione, subirà un danno pari al costo speso, ad esclusione di Vahram, che non sarà minimamente influenzato dalla deflagrazione, sotto nessun aspetto. La durata è istantanea.


[ Colpo menomante (Pergamena Ladro. Attacco furtivo) ~ Consumo Medio]
~ Qui, qui, qui e anche qui ti asicuro fa molto male, aper.
La tecnica ha natura fisica.
Vahram compie un unico, rapido movimento per affondare la propria mano, un proprio dito o una propria arma da mischia nel corpo del nemico, nel tentativo di provocargli una ferita molto profonda, ma estremamente localizzata alla zona colpita. A seconda della personalizzazione è possibile utilizzare qualsiasi parte del corpo e qualsiasi arma, purché queste ultime siano da mischia. La tecnica ha potenza Media e provoca un danno Medio; la sua efficacia si basa sulla rapidità con la quale viene eseguita il gesto, tramite la quale è possibile penetrare più o meno in profondità.





Nemico:
Peline, una prestinaia infetta (Umano Cacciatrice, Tal: Acrobata B/G)


Cs: 1 Forza, 1 Velocità
Resistenza complessiva: Critica


Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%


Corpo: (Critico *morta*) Ferita alla spalla sin. (Basso), Ferita alla guancia sin. (Basso), squarcio alla gola (Medio), danni da schiacciamento su tutto il corpo (Medio), fratture e contusioni gravi (Medio-Colpo di grazia)
Mente: (Illesa) Illesa.

Armi: Pala da panettiere, coda (arma naturale)
Armatura: Squame robuste (armatura naturale)


Abilità Passive
[Controllo energetico ~ Abilità razziale Umana] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Passiva di talento Acrobata] Il possessore del talento padroneggia totalmente i movimenti del proprio corpo, ignorando qualsiasi normale vincolo fisico. In tal senso, il possessore del talento potrà contorcere i propri arti, la propria testa ed il proprio busto come se fosse una marionetta, ossia un corpo inanimato e del tutto privo di limitazioni di sorta dovute ad ossa e muscoli. Potrà quindi divincolarsi liberamente: avrà la possibilità di girare la testa di centottanta gradi; di piegare le gambe e le braccia in qualunque direzione ed angolatura; o in generale di compiere movimenti innaturali che altrimenti gli sarebbero preclusi. In termini tecnici è possibile sfruttare questa passiva per liberarsi da corde, manette o simili impedimenti che legano il personaggio, di attraversare spazi notevolmente più piccoli del corpo del personaggio stesso o altro ancora.

Tecniche attive utilizzate
(In ordine di apparizione)
[ Attiva di talento Tiratore] (Usata da uno degli infetti)
spendendo un consumo Basso il possessore di questo talento è in grado di aggirare o ignorare quelle coperture che l'avversario potrebbe utilizzare per difendersi dai suoi colpi. Egli scaglierà infatti un dardo che avrà la capacità di virare leggermente per aggirare gli ostacoli più sottili, oppure talmente penetrante da bucarli ed attraversarli del tutto, raggiungendo colui che vi si nasconde dietro. In termini tecnici la tecnica ha potenza Bassa e provoca un danno Basso se non ci si difende da essa; ha natura fisica.

Cieco: il cacciatore annulla la vista dell'avversario con un singolo attacco.
La tecnica ha natura fisica. Consente al caster di accecare un avversario. Grazie alle proprie capacità di combattimento, dunque, il caster potrà compiere un singolo attacco con lo scopo di accecare il suo avversario. L'attacco sostanzialmente si sostanzierà in un colpo arrecato a mano chiusa, o con la parte contundente dell'arma impugnata, ovvero finalizzato a causare meno danno possibile (es. l'elsa della spada), ma diretto agli occhi dell'avversario. Questa offensiva, se non difesa, costringerà l'avversario a chiudere gli occhi per qualche attimo prezioso e rimanere alquanto confuso. La natura e le specifiche relative all'attacco, che dovranno mantenere l'effetto "accecante", sono totalmente rimesse alla personalizzazione del giocatore: l'attacco potrà consistere anche in una freccia che applica un effetto di "buio" sugli occhi dell'avversario, o della vernice lanciata direttamente sulla sua faccia o qualunque altro espediente che renda logico l'effetto di annullarne la vista. La tecnica, comunque, non arrecherà mai altri danni che non siano l'accecamento. La tecnica, se usata a scopo difensivo, può causare autoconclusività. L'effetto dura un singolo attacco.
Consumo di energia: Basso

Carica furiosa: il cacciatore compie una breve carica verso il suo avversario, danneggiandolo.
La tecnica ha natura fisica. Il caster compiere un singolo scatto contro il suo avversario, caricandolo a testa bassa. Lo scatto potrà essere attuato sulle brevi distanze e potrà terminare anche nelle immediate vicinanze dell'avversario, pur essendo tendenzialmente finalizzato a travolgerlo. Questo scatto causerà comunque un danno Medio all'avversario, al momento dell'impatto. La tecnica può essere accompagnata a mutamenti del corpo del caster che permettano di giustificarne il potenziamento, purché questo sia sempre riconoscibile e non muti drasticamente. Vanno comunque sempre preservati gli effetti della tecnica, che dura comunque il tempo di una singola carica.
Consumo di energia: Medio





Tabella riassuntiva
Sunto: La scena inizia con una breve descrizione dell'esercito di Kreisler dispiegato davanti alle mura in attesa dell'ordine d'attaco.

Si passa dunque alla battaglia.

La cavalleria impatta contro il drappello di infetti che difende la breccia nelle mura, ma non sfonda. Vahram rimane incastrato tra l’avanguardia e la retroguardia. Un miliziano infetto con grosso artigli da orso cerca di assalirlo attaccandolo dall’alto degli edifici più bassi. Vahram con la lancia riesce spingerlo via, parando il suo colpo, avvedendosi però del reale pericolo del Gûl-lhiw. Lo uccide piantandogli la lancia nel collo.

Cerca d’inserirsi nella prima linea, ma le formazioni alleate (molti dei cavalieri sono scesi da cavallo per combattere più agevolmente) che spingono come forsennate per cercare di avanzare sono troppo serrate. Rinfodera quindi la lancia e tira fuori l’arco. Dall’alto del cavallo scocca una freccia in mezzo al petto di un infetto con spine da istrice sul dorso e affilate zampe chitinose da mantide che sta minacciando Vaairo.

La formazione avanza a sufficienza per permettere ai fanti di introdursi in un’angusta stradina e raggiungere una scalinata di pietra che porta in cima alle mura. Vahram, sempre a cavallo, si infila nella fila della fanteria, sale le scale e, raggiunta una sufficiente altezza, a cavallo di Raffi balza sul tetto della casa più vicina (una di quelle addosso alle mura). Da quella posizione, riesce ad avere una visuale migliore della mischia. Scorgendo un punto debole nella schiera di difensori nemici, proprio vicino alla sua squadra, scaglia un Fiore di Fuoco a potenza Bassa nella retrovia nemica – onde evitare di colpire i propri alleati. Quel fuoco d’artificio è poco potente, non cagiona molti danni agli infetti, ma scatena il caos nelle loro schiere. Che i miei alleati si accorgano o meno della mia azione, alcune squadre di cavalleria riescono con più facilità a sfondare, disperdere i difensori e sgominarli, per poi riversarsi nelle strade della città.

Vahram scorge lo stendardo della sua squadra avanzare per le vie, dunque la segue galoppando e saltando da un tetto all’altro cercando di stargli dietro. Su un tetto scorge un infetto, peloso e deformato in grottesche forme feline, armato di arco mirare alle truppe di artiglieri sui tetti. Appena si accorge del cavaliere, rivolge la sua attenzione verso di lui e cerca di scagliargli una freccia. Intanto Vahram ha già estratto la scimitarra e, preparato, devia la freccia sferzando il mantello, subito si getta su un fianco del cavallo e colpisce l’infetto a una gamba facendolo stramazzare a terra: ci penseranno gli artiglieri a finirlo.

Un quadrello lo colpisce alla schiena arrecandogli un danno Basso: si tratta dell’Attiva di Talento Tiratore Bianca lanciata da lunga distanza alle sue spalle da un infetto volante con le fattezze deformi di un pipistrello. Vedendo che ce ne sono molti altri che svolazzano nei cieli della città, capisce che non è stata una buona idea salire lassù. L’infetto che lo ha colpito è troppo fuori portata per poter rispondere al fuoco, decide quindi di cercare un punto dove poter scendere.

Ci pensa la (s)fortuna a dargli una mano, infatti cavallo e cavaliere finiscono per sbaglio su un tetto di legno marcio. Le assi cedevoli si sfondano e i due si ritrovano nell’attico di una panetteria dove si è consumata una terribile tragedia: la famiglia del panettiere – padre, madre, un bambino, e due figlie – si era barricata in casa per sfuggire agli infetti, ma probabilmente non si sono accorti del fatto che la figlia maggiore era stata contagiata dalla malattia. La ragazza – di nome Peline – ha massacrato quindi tutta la famiglia in preda agli effetti della malattia.

Da qui inizia lo scontro con Peline


La ragazza di fatto si trova ancora lì, sopravvivendo mangiando le carni dei propri cari, mutata con fattezze e coda da lucertola. Esce dall’ombra e si mostra. Vahram la carica con la scimitarra, ma la ragazza schiva il colpo e contrattacca con la lunga pala da panettiere di metallo che tiene in mano. Vahram ferma il primo colpo con la spada e cerca di allontanarsi, ma non riesce a schivare un secondo colpo, che lo colpisce in piena faccia, causandogli un danno Basso e ritrovandosi contro il muro.

Vahram stavolta riesce a schivare la pala e a rispondere colpendola con un pesante fendente di spada alla spalla portato a due mani, ma le resistenti squame che la ricoprono attutiscono in parte il colpo, facendole subire solo un danno Basso.

Con la coda, Peline sbilancia Vahram, che cade per terra, e si avventa di lui sempre con la pala. In virtù delle sue CS in Astuzia, para il colpo raccattando la prima cosa che trova a portata di mano: il torso smembrato e macilento della sorella. Dunque ordina a Raffi di scendere al piano di sotto.

Il cavallo obbedisce e cerca di scendere le scale di legno, le quali ovviamente cedono sotto il suo peso, facendolo cadere al piano di sotto. Raffi subisce un danno Basso da caduta alla coscia sinistra, e Vahram si ritrova bloccato sopra con Peline.

Vahram cerca di sfuggire lanciandosi verso la botola, dietro a Raffi, ma viene raggiunto dalla pala di Peline con sopra incastrato ancora il cadavere della sorella, che usa per lanciare la tecnica Cieco (Basso) gettando negli occhi del guerriero gli umori putrescenti e le frattaglie della carcassa.

Vahram è in posizione precaria. Con una Carica Furiosa (Media), Peline getta Vahram giù dal piano, cagionandogli ulteriori danni Bassi. Si ritrova dietro al bancone della panetteria.

Vahram si pulisce gli occhi e si scosta giusto un attimo prima che la ragazza gli tranci la testa con la pala balzando giù dall’attico, rotola allontanandosi di nuovo da Peline e riacquista la concentrazione e l’equilibrio. Dunque le sferza un fendente in pieno volto, colpendole la guancia sinistra di striscio e causandogli un danno Basso, e le tira addosso un sacco di farina, che si sparge per tutta la stanza, le sferra un Colpo menomante (Medio) alla gola, colpendola in pieno, e le rovescia addosso il grande e pesante scaffale dietro al bancone, cagionandole altri danni Medi. Credendola morta, se ne va.

Raffi si lancia contro la porta sbarrata della panetteria sfondandola facilmente.

Fuori infuria la battaglia. Vahram sale a cavallo e si lancia al galoppo menando fendenti a destra e a manca sui nemici impegnati in combattimento con altri soldati. per recuperare la sua squadra. Peline esce in strada per in seguirli. Vahram si aspetta di seminarla presto, ma questa, superando ogni aspettativa, spiega due ampie membrane alari e si getta all’inseguimento in volo.

Vahram infodera la spada, estrae l’arco e le scaglia una freccia, mancando però clamorosamente l’agile bersaglio. Imbocca quindi stradine secondarie per cercare di seminare l’infetta, ma nulla pare fermarla.

Si ritrova ad un certo punto in una piccola, lunga e stretta viuzza sovrastata da una balconata. Ne approfitta quindi per lanciare una Bomba fumogena lontano davanti a sé. Appena entra nella nuvola di fumo, si volta e scaglia un Fiore di fuoco a potenza Bassa sui sostegni della balconata subito dietro di lui, facendo crollare parte della struttura. Peline, accecata dal fumo, ci si schianta addosso subendo un danno Medio e morendo sul colpo.

Vahram raggiunge infine la sua squadra.

NB: Ho speso così poca energia appunto per risparmiarla per dopo. Non si sa mai... Lo dico solo per chiarire.

I combattimenti contro gli infetti "random" li ho inseriti unicamente per fare scena e dare un po' più di realismo alla battaglia, dato che tecnicamente li combatto uno alla volta.
L'avversario principale dell'autoconclusivo è Peline.

 
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Fanie Elberim
view post Posted on 11/2/2014, 21:39





Winterreise ~ Im Dorfe


Il cavallo sbuffava, irrequieto, vapore caldo nell'aria fredda dell'alba.
Persino sotto la corazza imbottita, il mantello e l'adrenalina che cresceva prima della battaglia, potevo sentire il freddo pungente farsi largo tra le mie ossa come una piaga ben peggiore di quella che stavamo andando a combattere. Prima della battaglia, prima del vociare e dell'urlio incontenibile dei soldati e dei nemici, il tempo sembrava come essersi fermato, cristallizzando quel momento tra la notte e l'alba che avrebbe segnato, di li a poco, un momento glorioso per uno dei due schieramenti.
Mossi appena l'asta della lancia ed il rumore prodotto dallo stendardo della Schiera mi rincuorò notevolmente. Alle mie spalle, in groppa sul destriero completamente corazzato, c'era un Vaairo piuttosto teso, forse non esattamente l'uomo giusto per quella missione, ma pur sempre qualcuno che avrebbe dato la vita per guardarmi le spalle... ed era questa l'unica cosa che contava, in quei momenti, prima di tutto.

Ripensai alle parole di Rogozin, al come aveva accusato la Schiera di non essere laddove serviva, ed era stato proprio quello a spingermi a tenere in alto il mio vessillo, perché nessuno potesse dubitare che anche noi, per quanto in un luogo remoto, ci eravamo schierati in prima linea contro il male. Indipendentemente da ciò che implicavano i nostri doveri ed i nostri giuramenti.
Portai lo scudo a difesa del corpo, reggendo con la medesima mano anche le briglie dell'equino, in maniera tale da usare la lancia al meglio: il tempo aveva ripreso a scorrere e sembrava volersi riappropriare di quel momento di stasi concessoci poc'anzi. Qualche parola, uno sguardo ai miei due compagni, e poi tutto avrebbe avuto inizio.

« Ricordatevi lo stendardo. Dobbiamo restare uniti, ad ogni costo. » mi sforzai di sorridere, di mostrarmi forte anche in quella situazione. «C'è sempre una nuova alba per cui combattere, amici miei. » Socchiusi gli occhi in quell'istante, sentendo il cavallo irrigidirsi, mentre il sibilo dei primi colpi d'artiglieria fendeva l'aria del mattino come una lama affilata. Lithien si era appena dimostrata vulnerabile.

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Gli zoccoli dei cavalli rombavano nel terreno accidentato creato dai detriti delle fortificazioni, ignorandone la friabilità grazie all'incanto del generale, puntando a spezzare una vera e propria orda di nemici che si apprestava a costruire un muro "umano" laddove la pietra era venuta a mancare. Due, tre secondi prima dello scontro, dalla prima linea, contro quelle belve abbassai la lancia, lasciando che la bandiera di arrotolasse su se stessa attorno all'asta... e poi l'impatto: brutale, stridente, misto di gorgoglii sommessi, urla eccitate e nitriti soffocati da unghie e spade. Il mio stallone schiacciò quattro, forse cinque aggressori, massacrandoli senza pietà sotto quasi una tonnellata di muscoli e acciaio. I suoi zoccoli piegavano elmi, spezzavano ossa, perforano corazze, ma in pochi istanti la carica iniziale venne attenuata dal numero impressionante di difensori.
Ogni nemico schiacciato impediva alla mia unità di proseguire e nel giro di pochi metri eravamo quasi impantanati in uno spazio sempre più ristretto e pericoloso. Al Patchouli, in groppa al suo cavallo, si era diviso da noi quasi immediatamente e non riuscivo più a vederlo, mentre Vaairo faceva del suo meglio per tenere liberi i fianchi del nostro destriero. Con un ultimo, disperato, tentativo di superare lo sbarramento spronai la bestia a compiere un ultimo sforzo in avanti, quasi saltando addosso ai nemici, che costò al mio compagno l'equilibrio necessario per rimanere in sella.
Non mi resi immediatamente contro della cosa, ero troppo impegnata a colpire con gli speroni qualsiasi soldato infetto stesse mulinando armi e quant'altro in mia direzione, ma quando mi trovai in una zona meno affollata la verità mi fece trasalire.
Smontai da cavallo immediatamente, piantando a terra lo stendardo perchè svettasse sopra le teste di tutti quanti, mentre la bestia che mi aveva portata sino a li cadeva vittima delle troppe ferite riportate.

« VAAIRO, VAAIRO! »

Lo scudo mi protesse da una lancia mirata all’addome, mentre sfoderando la spada mozzai la gamba di quello che un tempo avrebbe dovuto essere un guardiano della città. Molti difensori si erano accalcati nella mia zona, cercando di respingere i miei compagni che premevano da ogni parte, fin sulle mura e sui tetti, ma i miei occhi continuavano a scandagliare la zona alla disperata ricerca dei miei due compagni, senza successo. Solo all'ultimo, quando oramai ero quasi obbligata a rimanere perennemente sulla difensiva, la silhouette agile ed arrogante di Vaairo spuntò di nuovo dalla massa correndo in mia direzione.
Poche volte, nella mia vita, mi ero sentita tanto coraggiosa come in quel momento. E non erano le grida di incitamento, le risate dei più spocchiosi o gli stridii dei nemici a rendermi sicura e decisa, ma il solo fatto di non essere da sola davanti a tutto quello.

Schiena contro schiera, noi e non noi soli, per cercare di conquistare mezzo metro di quelle strade, un tempo splendide, ora ridotte in rovina dal tempo e dalla piaga. Più d'uno, tra quelli con un rigore militare, si era messo al nostro fianco sotto lo stendardo per darsi manforte a vicenda: ogni colpo che ci veniva inferto era difeso da altrettanti scudi, ogni caduto vendicato con la stessa rapidità della sua scomparsa. Dopo nemmeno un minuto avevo già la corazza e la spada lorde di sangue, malato e non, ma lo stendardo svettava in alto, intonso. « Serrate i ranghi! Chiunque abbia uno scudo in prima linea, non fatevi coglie dai lati! » con un colpo di scudo evitai a Vaairo di ritrovarsi una lama vecchia di almeno dieci anni tra capo e collo. Di contro, un nano dall'aspetto burbero e possente divise letteralmente a metà un infetto desideroso di saltarmi addosso, cogliendo l'occasione per burlarsi di me. « Mingherlina, hai una voce piuttosto potente per quel corpicino... » e poi, con la freddezza di chi, sui campi di battaglia, ci è stato letteralmente consacrato, si buttò di nuovo nella mischia.
Il tempo di assestarsi era finito, adesso dovevamo combattere con tutte le nostre forze per mantenere la testa di ponte sulle strade.


Un tempo doveva essere stato anche lui uno di noi, un soldato addestrato con una carriera brillante ed un futuro incerto. Un tempo doveva essere stato anche lui fiero, sotto una corazza scintillante e tirata a lucido ogni giorno, per mostrare a tutti quanto fosse dedito alla causa... ma adesso, negli occhi di quella bestia deforme, stipata a fatica dentro il metallo che nei giorni di gloria l'aveva protetto, non v'era nulla che potesse anche solo svelare il ricordo di chi era il mio nemico. Si avvicinò assieme ai suoi simili, come sciamando, strisciando una grossa spada bastarda, con la punta consunta, sulle strade pietrose di Lithien. Forse parlò, forse emise solo una serie di suoni gorgogliati e gutturali che a stento sembravano parole, ma ciò che mi colpì fu la lucidità, limpida e agghiacciante, con cui i suoi occhi neri e opachi si fissarono sui miei. Non era lo sguardo perduto di chi, come un'anima morta intrappolata in un corpo decrepito, fissa con invidia la carne vivente... era lo sguardo di un soldato che, per impazzito che fosse, aveva a cuore ancora il suo scopo principe: difendere Lithien dall'invasore.
Un brivido mi percorse la schiena e, mentre alzavo lo scudo per proteggermi dal suo primo fendente, mi resi conto che qualunque fosse stato il prezzo da pagare per i piagati esso era ben oltre la semplice morte, ben oltre l'abbandono spirituale e materiale della persona. Erano stati cambiati, mutati, resi qualcosa che forse, in fondo, li accomunava ai Korps più di quanto non volessi ammettere a me stessa.

Vibrò un secondo colpo, questo molto più potente del primo, che mi sorprese dato l'aspetto precario di quell'abominio, colpendomi alla spalla e obbligandomi a chiudere velocemente la difesa per evitare di subire ulteriori colpi. Forse gli era rimasto l'estro della lotta, lo spirito guerriero, ma aveva perduto da tempo la speranza... ella guidava la mia spada così come guidava l'animo nobile di coloro che, anche se apparentemente parevano interessati solo al denaro, si erano offerti di affrontare quella battaglia. Mi liberai della postura difensiva iniziando a lavorare velocemente i fianchi del mio avversario, un colpo di spada dopo l'altro, tra scambi di fendenti e parate da manuale. Se le cose fossero state diverse, se lui fosse stato diverso, quello scontro si sarebbe potuto tenere in una qualsiasi giostra per intrattenere nobili e cortigiani. Grugniva, sì, ma non c'era rabbia in ciò che stava facendo... ed io continuavo a ripetermi che, forse, anche se per i contagiati di Lithien non c'era più speranza, le loro anime avrebbero potuto ascendere ad un piano di vita superiore. Dove nessuno le avrebbe più costrette a guardare i loro fratelli massacrarsi a vicenda.
Due dei miei colpi andarono a segno, tagliando la carne del soldato laddove la corazza si era fatta più debole, facendogli perdere per qualche istante la concentrazione necessaria ad attaccare. Ne approfittai per scagliare verso di lui una fiammata blu, un guizzo appena percepibile in quel marasma di luci e fumi, che timidamente dipartì dalle mie dita, nascoste dietro lo scudo, per avvolgersi sul collo di quel disgraziato, ustionando la pelle resa cerulea dalla malattia.
Quante altre volte ancora avrei dovuto vedere scene come quella? Nel mio cuore sapevo di dover essere pronta a veder morire migliaia e migliaia di persone, buone e cattive, per perseguire il mio scopo... per benevolo che fosse c'era sempre qualcuno che doveva pagare il prezzo per gli altri.
Si agitò, mulinando brutali fendenti in mia direzione, così forti e pesanti da riuscire a ferirmi il braccio a causa del contraccolpo ricevuto nel bloccare con lo scudo. Non era qualcosa che potevo affrontare normalmente, si trattava di un avversario che già di per sarebbe stato temibile, reso ancora più forte da una malattia che pareva sì aver preteso qualcosa dal suo corpo, ma che gli aveva anche donato una resistenza straordinaria.
Ripresi velocemente il controllo della situazione aprendomi, con un colpo di scudo, uno spiraglio abbastanza grande da potergli conficcare la spada, fuori per fuori, nella coscia... ma quello non batté minimamente ciglio.
Ero così vicina a lui che quasi potevo sentirne il respiro veloce e rauco, come se stesse lentamente strozzando con un boccone troppo grosso da deglutire, e la tentazione di chiudermi a riccio in difesa mi balenò nella mente come un fulmine a ciel sereno. Appena in tempo tirai via la spada e posi davanti a me lo scudo, prima che un possente colpo dall'alto si abbattesse su di me: il rumore del legno e del metallo si confuse con il resto del clangore, tra le mie mani solamente metà dello scudo aveva resistito, peraltro inutilizzabile, mentre il resto giaceva a terra calpestato dai soldati che infuriavano al mio fianco.
Non potevo più fare niente, a quel punto, se non impedire a quel mostro di vessarmi a quel modo: mossi velocemente la lama in guardia mentre abbandonavo i frammenti oramai perduti dello scudo per afferrare saldamente la lancia, e con un colpo ben assestato della stessa lo colpii sulle tempie.
L'effetto non sembrò sortire eccessivo riscontro e quello riprese, più di prima, a caricarmi con rabbia e ferocia inaudite.

Con un fendente andato a vuoto colpì un suo simile poco distante, amputandogli buona parte del braccio, e non parve minimamente curarsene, perpetrando anzi i suoi colpi in un turbinio di acciaio che, ogni volta, mi arrivava sempre più vicino costringendomi oramai ad una continua serie di parate e schivate tremendamente difficili in quell'ambiente ristretto. Un attacco mi colpì il busto, impattò sulla corazza pesante e ne scalfì un pezzo che, piegandosi, tagliò la carne sottostante. Strinsi i denti e mi guardai attorno per cercare un qualsiasi modo di evitare lo scontro diretto. Improvvisamente mi venne l'idea.
Mossi velocemente la lancia con la bandiera ancora attaccata, stavolta non per colpirlo ma per fare in modo che il tessuto gli oscurasse la visuale.
Serrai la mano attorno all'elsa della spada prodigandomi in un fendente diretto a violentissimo all'arma del mio avversario che, colpita proprio nel centro, divenne incandescente nel punto d’impatto prima di scomparire in una nuvola di cenere e scintille.

Nella foga della lotta mi ero scordata quasi del motivo per cui eravamo lì. Non era la prima volta che dovevo togliere la vita a qualcuno, sarebbe stato stupido farmi ancora problemi e porre la mia coscienza sotto accusa... eppure era questo che, dentro di me, iniziava a montare ogni colpo che mi portava più vicina alla vittoria. Mi disturbava, eppure ne ero felice, perché temevo il giorno in cui avessi smesso di provare paura nel togliere una vita al pari di quello in cui fossi diventata nemica di tutto ciò che volevo proteggere: continuare a dubitare della morte mi rendeva fiera di portare in alto il nome dei miei ideali, mi rendeva orgogliosa di potermi fregiare del titolo di amica di molte persone, e molte altre che non conoscevo ancora.
Con questo pensiero in testa colpii il terreno con la base della lancia, facendo germogliare da esso un petalo grigio e marmoreo, frutto di vita anche in quell'ecatombe di morti, che si scagliò contro il ginocchio del guerriero oramai disarmato, costringendolo a genuflettersi mentre gridava di rabbia. Si portò le mani al costato, come se soffrisse di un dolore a me incomprensibile, mentre lo trafiggevo al centro della testa per porre fine alla sua vita.
Forse quel gesto poteva sembrare naturale per molti soldati, uccidere o essere uccisi, vivere provando dentro di se una tale rabbia che difficilmente si poteva prestare attenzione a ciò che ci circondava... alle piccole cose. Ma io mi sentivo fuori posto con quell'atteggiamento e guardando il mio nemico morire, libero per la prima volta dopo tanto tempo, mi parve di comprendere qualcosa che a molti sarebbe semplicemente sfuggito.

Era una sensazione, un déjà vu, come se da quello sguardo appannato e dai gorgoglii soffocati quell'uomo mi stesse raccontando una storia. In un primo momento non riuscivo a comprenderlo, mi sembrava semplicemente l'ennesimo rimorso per aver tolto una vita, ma poi compresi. Dalle labbra oramai socchiuse, tenute in vita solo dalla malattia, spirarono parole che alle orecchie di tanti sarebbero parse prive di importanza.
Forse era solamente la mia mente, impaurita e addolorata, o forse era la verità più assoluta, ma io sono convinta che quell'uomo, riverso sul terreno assieme ad altrettanti cadaveri, prima di morire abbia sussurrato una parola ben precisa...
...grazie.

Dolorante per le ferite, seppure non compromessa, levai di nuovo la lancia per alzare lo stendardo.
« Possiamo farcela! Rimanete vicini e continuate ad attaccare! » E senza aspettare altro tempo, mi gettai di nuovo nella mischia, tenendo in alto il mio vessillo.
Lithien non potrà essere liberata...
...Lithien verrà liberata.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Medio (Spalla) + Basso (Addome) + Medio (Avambraccio, da contusione)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Risoluta.
Energia: 100% - 5% - 5% - 20% = 70%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Rotto.]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Mano Destra]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Mano Sinistra]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.

Attive in uso:
» ~ Saa'n Belah.
Non sono solo le piante che Fanie ha imparato a gestire, ma anche l'acqua ed il fuoco, due elementi opposti che in realtà provengono da una sola radice comune: l'aria. Creare piccole fiamme in grado di distrarre o confondere i nemici, oppure illuminare il cammino non è un segreto per le sue capacità. Allo stesso modo, anche utilizzare l'acqua per ferire mortalmente i propri avversari rientra nelle conoscenze dell'Elfa: lanciando una sfera, o più segmenti della stessa, contro qualcuno l'acqua penetrerà all'interno dell'organismo danneggiandolo senza lasciare alcuna traccia sulla pelle. Qualcosa di subdolo, forse sleale, che ricorda sempre a tutti che in natura la lealtà è un concetto effimero. Falso. [Pergamene dello sciamano: Fuochi Fatui Basso e Proiettile Acquatico Medio]

» ~ Will against Steel.
Fede e coraggio possono battere qualsiasi cosa e, se unitamente a queste due cose, c'è anche l'intromissione di un potere superiore a qualsiasi immaginazione, come quello degli elementi, la risultante è quanto di più efficace si possa desiderare. Fanie ha compreso sin troppo bene che le armi e l'equipaggiamento possono fare la differenza tra un buon soldato ed un pessimo soldato, per questo fa affidamento ad uno straordinario potere frutto della mescolanza dei due mondi a cui oramai appartiene: quello naturale e quello militare. Impregnando un'arma, o anche le nude mani, di energia sarà in grado di sferrare un colpo talmente possente da frantumare qualsiasi oggetto vi si trovi in traiettoria. Che siano spade, corazze, di pelle o d'alabastro, il potere così sprigionato sarà in grado di spezzare e ridurre all'inutilità ogni utensile. Durante questo particolare attacco le armi usate per colpire risplenderanno di una luce smeraldina e, una volta colpito il bersaglio, rilasceranno minuscole scintille del medesimo colore dissolvendosi nell'aria. [Pergamena del campione: Infrangere, danno all'equipaggiamento, consumo Basso]

» ~ Voorum.
Manipolare, plasmare gli elementi, danzare al chiaro di luna con gli stormi di corvi cullanti dal canto tetro dei gufi o fissare la propria anima volare in cielo nelle giornate di sole splendente, sono tutte parti inscindibili del medesimo insieme. La capacità di piegare la natura al proprio volere è qualcosa che si acquisisce con anni ed anni di praticantato, spesso affidandosi a maestri degni di tale nome che istruiscono giorno e notte in questa o quell'arte. E poi c'è un secondo gruppo di individui, nati sotto il segno della speranza e benedetti dalle labbra di madre natura, che non necessitano di piegare la natura per ottenere qualcosa... devono solamente chiederla e, se il loro animo è puro e l'intento nobile, ella li ascolterà come una madre amorevole che accontenta il figlio triste. E che mai si dica che i petali di una rosa non possono nuocere a nessuno, giacché poteri superiori alla nostra concezione sono sempre pronti a smentirci, spesso con grande dolore. Fanie è capace di attingere a poteri incredibili, richiamando ed evocando alberi, petali, rami e foreste per farsi da scudo contro qualsiasi amenità. Queste non sono piante comuni ma vere e proprie piante di pietra dure come l'acciaio e dal colore grigio pallido. Esse non sono piante morte, sono solo addormentate e ripiene di una vita cristallizzata che sfugge alle menti più deboli ed incapaci di comprenderla. Le foglie di queste piante hanno bordi taglienti come rasoi, e sottili come un foglio di carta, in grado di perforare, tagliare e distruggere qualsiasi cosa si frapponga tra la giovane guaritrice ed il suo obiettivo. [Abilità offensiva e difensiva a consumo Variabile Alto][2/10] Questa capacità prende il nome di boccioli di pietra ed è uno dei rituali unici scoperti da Fanie nel suo lungo praticantato in solitaria.

Nemico: Ex guardia di Lithien (Pericolosità E, 1 CS Forza, 1 CS Costituzione, En. Gialla, Guerriero.)
Stato Fisico: Medio + Basso (da taglio) + Basso (ustione) + Basso (urto) + Medio (autoinflitto) + Alto (gamba) + Critico (colpo di grazia) [morto]
Stato Psicologico: Illeso.
Energia: 100% - 10% - 10% - 5% - 0% (Nulla) = 75%

Attive in uso:
» Colpo duro: il guerriero esegue un attacco più potente del normale, in grado di ferire gravemente l'avversario.
La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di eseguire una singola azione offensiva più pericolosa della norma. L'azione in questione potrà essere personalizzata con differenti stili o modalità di esecuzione, ma in ogni caso consisterà in uno ed un solo attacco - sia esso a mani nude o portato con un'arma bianca. La tecnica dura infatti solo il tempo necessario a portare a termine il colpo successivo al momento in cui è stata attivata. Andrà considerata come tecnica fisica di potenza Media e fronteggiata in quanto tale.
Consumo di energia: Medio

» Berserk: il guerriero cade in una sorta di trance, preda di una furia indomabile durante la quale non può fare altro che attaccare.
La tecnica ha natura fisica. Quando il guerriero entra in questo stato di trance, non sarà più in grado di riconoscere gli alleati dai nemici, né potrà smettere di attaccare chiunque gli si pari dinanzi indistintamente o avere chiari i propri obiettivi, ricordi e pensieri. A margine di quest'incoscienza, però, otterrà un potenziamento di 2 CS da conferire a due distinte caratteristiche (per un totale di 4 CS per turno). La tecnica dura due turni, durante i quali il guerriero potrà continuare a utilizzare come di norma le proprie armi e tecniche. Al termine del secondo turno di utilizzo - compreso quello di attivazione della tecnica - il fisico del personaggio subirà una ferita di entità Media, sotto forma di affaticamento degli organi e dei muscoli, che risentiranno di danni interni. Va considerata una tecnica di potenza Alta.
Consumo di energia: Nullo

» Frantuma scudi: il guerriero individua e colpisce il punto debole di un equipaggiamento avversario, spaccandolo.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero, in virtù della sua proverbiale esperienza in fatto di armi e oggetti da guerra, riesce talvolta a riconoscere nell'equipaggiamento avversario un qualche punto debole. Attivando questa tecnica potrà potenziare il prossimo attacco così da colpire quella zona particolarmente fragile e causare un danno all'equipaggiamento in questione. La tecnica andrà considerata come un'offensiva fisica di potenza Bassa, e come tale fronteggiata; in nessun caso potrà essere utilizzata per cagionare danni a qualsivoglia essere organico. L'equipaggiamento danneggiato potrà essere ripristinato nella giocata in corso solo mediante l'uso di tecniche apposite.
Consumo di energia: Basso

» Colpo pesante: un colpo in grado di infliggere danni da contusione con qualsiasi arma od oggetto nelle mani del guerriero. Con questa tecnica si può potenziare un normale attacco fisico perchè infligga un danno medio oltrepassando le corazze e le difese di tipo fisico.
[Personale]
Consumo di energia: Medio

Note:
Rissumo velocemente il combattimento in pochi punti salienti:
- la lotta inizia con il piagato che usa "colpo duro" e colpisce Fanie causandole un medio.
- subito dopo Fanie, forte di maggiori CS, infligge due danni fisici al nemico, uno medio ed uno basso, per poi utilizzare i fuochi fatui per infliggere un ulteriore basso nella zona del collo al piagato.
- il nemico mulina svariati colpi, uno dei quali è una personale fisica che gli permette di infliggermi un medio a tradimento, ovvero come contraccolpo dovuto ad una mia parata con lo scudo, ed in seguito riesce anche a ferirmi al petto. Usa Berserk portandosi in vantaggio di CS. Usa una tecnica per spezzarmi lo scudo che ha successo.
- subisco i danni dagli attacchi fisici e dalla tecnica fisica personale e perdo lo scudo. Imbraccio allora la lancia, con lo stendardo legato, e la uso per distrarre il nemico e distruggergli l'arma, così da renderlo praticamente inoffensivo: a questo punto uso la mia variabile di manipolazione ad alto per danneggiargli gravemente una gamba e costringerlo in ginocchio.
- il nemico subisce, a questo punto, i danni autoinflitti per l'uso del Berserk ed un colpo mortale (quello di grazia) da parte di Fanie.

In conclusione: sono riuscita a postare, ho fatto tutto ciò che era in mio potere nonostante la recente ospedalizzazione e problematiche annesse, pure di creare - anche se non uno scontro eccelso - una giusta atmosfera per partecipare degnamente a questa giocata. Spero quindi che mi si possano perdonare, se presenti, alcune mancanze che prometto non si ripeteranno nei post successivi.
Ovviamente le parti con Vaairo erano state concordate per aggiungere spessore alla scena, così come l'uccisione di altri nemici per puri scopi scenico-narrativi. Buona lettura.
 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 12/2/2014, 06:11




Le dita che scostavano il lembo della tenda di velluto erano lunghe e ossute. La luce glaciale dell'alba metteva impietosamente in risalto ogni vena che si abbarbicava sul dorso di quella mano e da lì risaliva le falangi fino alle unghie, adunche e trascurate.
Eppure quella mano era stata capace di indicare con sicurezza le decisioni di un governatore. Di issarsi sullo scranno di un Reggente e di impugnarne lo scettro. Quella mano si era stretta a pugno nell'assistere alla caduta di tanti membri della Setta che lui stesso aveva contribuito a far grande, ma mai per un solo momento aveva ceduto.
Incavato in un'orbita profonda quanto il male in cui aveva scrutato, un occhio rifletteva i raggi che filtravano dalla vetrata, venandoli di un sinistro verde pallido.

Alla fine sei giunto…

Il pensiero fu articolato quasi a ritmo con le ali nere che si levavano dal fumo della breccia, centinaia di metri più in basso. L'ultimo dei Valrafkan conduceva la sua schiera attraverso le strade della Città un tempo bella, macellando l'esercito degli infetti con una spietatezza che nemmeno l'infimo tra i macellai avrebbe dimostrato.
E in fondo l'ammirava per questo, come un tempo aveva ammirato suo padre, Eyden, Reggente segreto di Lithien, che non ci aveva pensato due volte prima di tradire la sua amicizia e consegnarlo alle forze che di giustizia avevano solo il nome.
Il prezzo del potere. Le dita invecchiate anzitempo lasciarono cadere il drappo nero sulla vetrata e l'uomo si voltò, muovendo passi lenti mentre i suoi occhi si riabituavano alla penombra rischiarata da decine di candele disposte lungo i muri. Candele dell'odore denso e speziato, per coprire il tamfo di malattia e morte.
Giunto davanti a uno scranno di legno bianco intagliato, egli vi si sedette. E il peso di anni capati prematuramente sulle sue spalle sembrò svanire, e la schiena si raddrizzò dell'orgoglio di aver conquistato una città con le sue sole forze. E il vecchio rancoroso fu di nuovo Irwing Ravelon, Signore della Guerra e despota di Lithien, assiso sul trono che aveva strappato a colui che un tempo l'aveva tradito.

- Kogron. -

Il comando non fu più sonoro di un sussurro, eppure riscosse effetto immediato. Da ognuna delle candele si sollevò un filo di fumo, e ogni singolo filo convergette al centro della stanza, aggrovigliandosi in una matassa che lentamente prese forma. Una figura emerse dalla bruma speziata: un colosso dall'armatura completa porpora, il cui elmo tempestato di corte corna non lasciava trasparire nulla del viso se non un bagliore rossastro lì dove sarebbero dovuti essere gli occhi.
Rimase immobile per alcuni istanti, poi piegò il capo. Mio signore. Ex comandante della Legione d'Argento, la guardia di Lithien dei tempi d'oro, ora Kogron Nubor era il servo più fedele di Lord Ravelon. La malattia con lui aveva avuto un corso diverso da quello che aveva avuto con gli altri: guidata dalla magia, essa aveva portato potere e grandezza laddove per gli altri aveva portato solo miseria e follia. Il vecchio lord lo contemplò quasi con orgoglio: l'aeva sempre sentito come sua creatura.

- Lithien brucia, Kogron. E tu sai cosa succederebbe se l'Acropoli cadesse. - Silenzio. - Fa' serrare il cancello, e manda Gart e Galad a sorvegliarne l'apertura. Poi fa' piovere morte sugli invasori. -

Un cenno di una mano quasi gallinacea, e il guerriero silenzioso si dissolse in mille sbuffi di fumo grigio che si persero fra le travi della volta. Rimasto nuovamente solo nella stanza, Irwing Ravelon si lisciò le guance infossate e prive di barba. Se controllando l'infezione di Gullhiw era riuscito a dominare la vita, controllare la morte di un esercito di pezzenti sarebbe stato uno scherzo.
___________________________________

Le macerie ammonticchiate a ridosso della città si sgretolarono come fossero state grumi di polvere. Neve e ghiaccio si sollevarono insieme ai detriti in uno sbuffo candido venato di grigio, segnando l'avvio della riconquista di Lithien.
L'esercito vi riversò come uno sciame, travolgendo la schiera di Infetti che avrebbero dovuto proteggere le strade. E sopra ogni altra cosa fu Kreisler a levarsi più in alto della nube , più in alto di quanto le goffe ali delle creature contagiate e ormai spacciate potevano permettere. Falciò nemici, inarrestabile come l'onda di un fiume in prossimità del delta, ansioso più che mai di poter dire di essere di nuovo a casa: ma non provò soddisfazione o gioia in questo. Era il lavoro di un macellaio quello che stava compiendo, non quello di un condottiero. E anche se la sua espressione non lo tradiva, ad ogni fendente che scagliava temeva di stare uccidendo una persona che aveva conosciuto.
Si stava levando nuovamente in aria in groppa a Nacht quando lo stridio di possenti catene d'acciaio raggiunse le sue orecchie.

- Il cancello! -

Davanti a lui, poche centinaia di metri più avanti e in alto, l'Acropoli chiudeva l'unico accesso al suo baluardo. Rabbia e frustrazione salirono al volto dello Straniero quando si vide tagliato fuori.
Poi le frecce infuocate sciamarono dai tetti soprastanti.

- Attenti! -

Protese le mani in avanti, estese tentacoli di Nulla a proteggere la sua gente. Ma le frecce erano troppe, e giunte troppo in fretta perché la barriera potesse essere efficace: fiamme e dolore serpeggiarono per le strade martoriate.
Poi ricordò: sapeva come quell'inferriata era attivata, ricordava come le guardie in cima alle torri laterali dovessero girare gli argani allo stesso tempo. E cercò di sovrastare in un urlo la furia della battaglia.

- Qualcuno scali le torri e apra il cancello, è l'unica speranza!
Io e tutti gli altri rimarremo sotto i cancelli a distrarli!
-

Sapeva che il suo nemico era furbo, quindi doveva batterlo in astuzia. Irwing Ravelon, il folle traditore che aveva usurpato il trono di Lithien ai tempi in cui suo padre, Eyden, era ancora il capo dell'ordine dei Guaritori e non il Dottore spietato dal viso di corvo.
Irwing Ravelon, l'Untore che aveva messo una fiala di veleno in mano a Lucian Alastor quella notte maledetta.
Lucian Alastor, l'uomo che doveva pagare per tutto il male compiuto.
Quell'alba avrebbe conosciuto di cosa poteva essere capace l'ira di un Cavaliere del Nulla.



littleqmpointwinterreisBravi tutti, e scusate il ritardo.
I vostri attacchi permettono all'esercito di avanzare fin quasi ai cancelli dell'Acropoli, ma questi vengono chiusi in extremis. Contestualmente una pioggia di frecce infuocate si riversa sui pg, che dunque subiscono autoconclusivamente un danno Basso a testa (la difesa di Kreisler ne limita il potenziale offensivo).
Sotto i cancelli si prospetta un'ulteriore scelta: chi vuole e ne ha facoltà può scalare una delle due torri ai lati della grata alta una cinquantina di metri che chiude l'acropoli per cercare di azionare il meccanismo. In tal caso bisognerà scegliere se la torre destra o la sinistra e comunicarmelo in confronto. Vi dirò cosa succede vi mp. Chi non vorrà o non potrà rimarrà al fianco di Kreisler a cercare di arginare l'ondata di Infetti.
In questo turno, più che soldati con poteri speciali, il nemico è più pericoloso nel numero, e i vostri post potranno essere a vostra scelta un ulteriore autoconclusivo o un post di pura role e interazione in una situazione in cui i pg vengono assaliti da una quantità innumerevole di mostri di pericolosità infima (diciamo una G per ogni dieci, solo perché vi voglio tanto ma tanto bene <3).
Chi ha deciso di essere infettato potrà proseguire per la sua strada cercando di approfondire i sintomi della follia, o potrà anche ingaggiare battaglia con altri pg: in tal caso la scena va concordata con l'utente o gli utenti interessati.
Dieci giorni da oggi, divertitevi!
 
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view post Posted on 18/2/2014, 14:08

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« Preda o Cacciatore ? »





«Quindi lasciatemi capire» insiste con la sua voce di cornacchia. «Voi geni volete far saltare in aria la torre giusto?
Nessuno risponde, stiamo attendendo in silenzio l'esito della nostra folle idea.
Le sue parole rimbalzano nello stretto cunicolo di pietra, giungono alle mie orecchie martellanti come il suono insistente del maglio sull'incudine.
E' un suono che trovo semplicemente intollerabile. Mi fa digrignare i denti, pulsare le vene della testa, mi riempie la gola di bile e non so perchè.
«...e non vi basta! » prosegue aumentando di una tacca il tono della voce « Voi volete rimanere qui sotto a fare la fine dei topi? Non avete pensato stupidi idioti che questa cosa potrebbe crollarci addosso???»
Gli rivolgo appena un occhiata sdegnosa, sono troppo intento a controllare la rabbia che la sua voce stridula mi provoca. Il mio cuore batte così intensamente che potrebbe saltarmi fuori dalla bocca non appena la apro. Il sudore, un sudore freddo come il cuore dell'inverno, mi scivola in lunghi rivoli dalle tempie e lungo la schiena.
«I tunnel sono resistenti. » cerca di convincerlo soldato appartenente, un tempo, alla guarnigione cittadina di Lithien. «Sono stati costruiti per reggere il peso delle costruzioni edificate sopra...»
«e chi sei tu un fottuto ingegne...»
Le parole di quella fastidiosa forma di esistenza sono coperte dal rombo dello scoppio. Tutto sembra tremare mentre una nevicata di polvere e sporcizia ci cade addosso. Un lampo di luce illumina il tunnel quando la botola dalla quale siamo usciti lascia intravedere un frammento dell'inferno che abbiamo scatenato.
Più lontano, chissà dove, l'eco inquietante di un crollo. Rapido ne segue un secondo, poi un terzo...
Da ultimo l'arcata, sotto la quale ci troviamo e che separa una sezione del tunnel dall'altra, elargisce una vera e proprio fiume di polvere e detriti. La sezione immediatamente precedente al punto in cui ci troviamo crolla.
L'aria è resa irrespirabile dal quel pulviscolo malevolo, che si insinua nei polmoni e ci costringe a tossire convulsamente. Sfortunatamente non serve ad impedirgli di urlare di nuovo «Cosa vi avevo detto razza di idioti??? Ora siamo in trappola! Morti! Fottuti! Cibo per i vermi! »
E così dicendo si avventa su di me, mi afferra per il mantello e inizia a strattonarmi. Non reagisco immediatamente, il mio corpo è inerme come un manichino da addestramento. Mentre mi sballottola, urlandomi in faccia le sue rimostranze condite per buona misura di alito fetido e goccioline di saliva, sento il sangue nelle vene farsi come di mercurio. Un gelo intenso mi rattrappisce le membra, nella mia testa c'è come un vuoto pieno di stridii.
Improvvisamente il dolore. La carne delle mie mani si lacera mentre artigli lunghi parecchi centimetri rubano il posto delle unghia. Con l'agonia giunge una sorta di febbrile calore, i muscoli si gonfiano come se l'ira evaporando li riempisse come bizzarri palloncini.
In bocca si fa largo un sapore acido, amaro che rapidamente si muta in un deserto di sete che esige solo una cosa...
L'orrore fa scempio di ciò che rimane del mio intelletto. So cosa vuol dire quello che mi è appena accaduto. Lo so ma non riesco a non provarne compiacimento.
Buio.
Le mie mani si muovono.
Buio.
Il rumore di ossa che si spezzano..
Una cortina rossa.
Un colpo alla nuca.
L'aria fresca sul mio volto.
Come una valanga i ricordi di ciò che ho appena compiuto premono sulla mia mente di nuovo padrona di se. Qualcosa li frena, qualcosa che attende a sua volta di sferrare un attacco. Capisco che quel qualcosa non vuole che io ricordi, non vuole perchè mi farebbe sentire in colpa. E il senso di colpa inizierebbe a combattere con la cosa, ritardando il momento del suo trionfo su di me.
Tossisco e penso a quanta viltà si annidi in me se non riesco a chiamare la cosa con il suo nome: Gullhiw.
«Amico mio... » mi mormora l'alfiere con un espressione indecifrabile sul viso «...sei infetto! »
Pensavo che sentirmelo dire da un altro fosse quasi una sentenza di morte.
Non è così. La cosa mi risulta totalmente indifferente. Ed è grave...
« Non possiamo lasciarti vivere...Tu mi capisci non è vero? Insomma...Io, noi combattiamo per questo...»
Un sorriso ferino si dipinge sulle mie labbra. La voce esce irrochita e sibilante «Potevi lasciarmi li...Non mi ucciderai ora...»
Il volto dell'alfiere sbianca. Mi rendo conto che il mio aspetto è ancora del tutto umano. Salvo le mani, ovviamente.
«Io..Io...Non rendere la cosa più difficile di quanto già non sia...»
Un altro sorriso. «L'idiota. Dov'è? L'ho ucciso?»
Il soldato cittadino guarda involontariamente verso la sua sinistra. Riconosco il vicolo, riconosco l'uomo appoggiato al muro. Ha un braccio penzolante, il viso graffiato, l'orgoglio a pezzi e l'umore decisamente a terra. Ma a parte questo sta benone. «La prossima volta potrebbe non andarti bene. Non l'hai ucciso perchè eravamo in quattro a fermarti. La malattia non è ancora al culmine. Puoi ancora controllarti ma...»
Mi rialzo in piedi repentinamente. Quasi scattando sulle gambe. Il soldato arretra, gli altri si fanno più vicini e tutti estraggono almeno un arma.
«Facciamo un patto.» - affermo mentre piego il collo come farebbe una bestia che annusi l'altrui paura. «La malattia rende incredibilmente forti no? Hai detto che i vecchi infettati dal morbo combattono come veterani e i veterani combattono...Bhè hai compreso no?
»

Mi guardano senza muovere un muscolo, se mi muovessi troppo velocemente mi ucciderebbero senza fare domande. «Perchè sprecare tutta questa forza quando potremmo usarla contro i nemici? Lasciatemi combattere, lasciate che un infetto combatta al vostro fianco. Immaginate cosa vorrebbe dire, combattere ad armi pari con loro...E se dovessi perdere il controllo allora fate pure, piantatemi un coltello nel cuore...E' un offerta accettabile no?»
Il nostro silenzio è coperto dai rumori della battaglia «Senza di me sareste morti in quella torre. Me lo dovete...»
Qualcosa dietro la schiena mi provoca un dolore lancinante. Gli occhi mi lacrimano e non posso trattenere un urlo.
«AMMAZZATELO CAZZO! E' IMPAZZITO! »
Esitano, un istante di troppo. Il dolore aumenta per un istante mentre qualcosa spunta sulle spalle. La consapevolezza di ciò compio giunge un istante dopo le mie azioni. Mi ritrovo su un tetto. Sbatto ali membranose, simili a quelle di un pipistrello montate su protuberanze ossee lunghe e sottili. Il respiro è mozzo.
Non ho idea di come sia salito fin li, anche se è ovvio che ho volato o planato almeno. Gli uomini con cui ho condiviso i primi attimi della battaglia ora mi osservano spaventati e rabbiosi da laggiù.
Mi guardo intorno e vedo solo la battaglia impazzare. Cerco con gli occhi qualcuno che sia in grado di aiutarmi, invano.
Il mio mondo collassa rapidamente. Paura, rabbia, furia, incoscienza.
Mi trovo di nuovo a terra, nella mischia. Combatto.
Nei momenti di lucidità sempre più rari mi rendo conto che il mio nemico non è cambiato, per ora.
Non so dove mi trovo, non ho idea di come mai non sia stato ancora attaccato dai miei alleati. So solo di essere sporco di sangue rappreso e polvere.
E' un delirio assai più orribile di quanto osassi pensare. Sono sempre meno uomo e sempre più mostro. Ma i momenti di umanità sono stranamente illuminanti...
Come il bagliore di un fulmine riesco a ricordare l'esatto momento in cui il morbo mi ha infettato. Riesco a vedere la gocciolina di sangue entrarmi in un occhio, mentre uccido il mostro nella torre...Riesco a vedere ciò che ho compiuto fin'ora.

Mi sono mosso come una belva affamata. La mia furia era ancora rivolta ai mostri che infestano Lithien. Un gruppo nutrito di cittadini infetti stava assalendo una nostra truppa. Non ho pensato. Ho agito soltanto.
Mi sono avventato su uno dei nemici. Era una donna, gli abiti che indossava la qualificavano come erborista. Ricordo la sua bocca esangue e sdentata. Le sue mani mutate in escrescenze ricolme di aculei che usava come rudimentali mazze da guerra. Le sono balzato addosso, atterrandole sulla schiena. Le ho afferrato la testa e i miei artigli le hanno reciso la gola.
Alcuni dei suoi compari hanno urlato selvaggiamente e mi si sono scagliati addosso. Sento ancora i loro morsi, i loro graffi, il puzzo insostenibile dei loro corpi mutati dalla malattia.
Gli uomini al servizio del Cavalcaviverne hanno raccolto l'opportunità offertagli e hanno iniziato a massacrare i mostri che mi erano sopra.
Libero dal peso sono riemerso. E ho ripreso a combattere, incurante delle ferite, sordo al pericolo.
Ho cercato la mia pistola e ho iniziato a fare fuoco a caso, consumando fino all'ultimo le mie munizioni. In quel cieco e assurdo attacco ne ho fatti fuori altri tre. Ho visto la punta di una lancia così vicina alla mia gola da ferirla superficialmente.
Con un pragmatismo davvero sorprendente l'uomo che guidava quel manipolo di soldati, dava l'ordine di lasciarmi andare. Ero stato d'aiuto e non rappresentavo un pericolo imminente. Fintanto che ammazzavo mostri, cosa mi spingeva a farlo non aveva senso. A pulire le strade dai nemici rimanenti ci avrebbero pensato dopo...
Io non sentivo quelle parole, percepivo solo il mio desiderio di combattere di infierire sui nemici, di devastarli. In pochi agili passi mi sono ritrovato in un altra stradina, deserta questa volta. Un soldato giaceva ucciso, nessuna forma di esistenza attirava la mia attenzione. Mi sono mosso ancora, alla ricerca di prede.
Ne ho trovato un gruppetto intento ad organizzarsi.
Dalla mia gola è uscito un urlo, un ruggito che li ha costretti a tapparsi le orecchie gemendo. Il mio braccio si è disteso, una figura sinuosa e letale è apparsa.
Invocato per la seconda volta contro gli stessi nemici, Bastet dimostra di saper come agire senza comandi. Finisce i nemici storditi dalla magia che ho involontariamente trasfuso nel mio grido e poi si dissolve in un turbinio di sabbia.
In quello sbuffo di polvere, in quel lampo dorato si dissolvono anche i miei ricordi.

Sono di nuovo qui. So di essere nascosto in qualche vicolo. Mi appoggio ad un muro, esausto e spaventato. Ero curioso di sapere come agiva il morbo, il Fato mi ha esaudito. Nella maniera peggiore, temo.

CITAZIONE
Fisico: Alto diffuso sul corpo ( a seguito delle varie collutazioni)
Mente: //
Energie rimanenti: 10%
Energie utilizzate: Alto (20%) x 2

Armi ed Armature:

Arma Naturale L'infezione ha iniziato la sua opera di corruzione dalle mani, fornendole di artigli affilati come lame. Ha proseguito concedendo anche un paio di ali.


Diplomazia Benchè siano in molti a credere il contrario, il Popolo degli Spiriti non è mai stato avverso alle innovazioni tecnologiche specie per quelle in grado di costituire un eccellente difesa contro intrusi e ospiti molesti. Le armi da fuoco rientravano sia nella categoria dei "diabolici marchingegni profani ma comunque un buon compromesso tra rimanere indietro in fatto di offesa e fare uno strappo alla Tradizione" e sia in quella " noi non le condividiamo, ma ci fanno comodo" e ancora nella più importante delle tre categorie " io sono il capo e posso averla, tu no ma se la usi per far fuori chi entra nei nostri confini chiudo un occhio".
La storia del loro ingresso nella cultura della Terra degli Spiriti inizia, come sovente, con un malinteso.
Si racconta che un diplomatico al servizio del Re uccise "involontariamente" una delle guide del Popolo degli Spiriti, scambiandolo per un cinghiale o per un lupo. La sua sorte era già scritta, uccidere un membro del popolo all'interno della sua terra significava morte.
Fortunatamente l'Alto Sciamano Thudyr, che come poi si ebbe a notare era uomo assai propenso ai compromessi, decise che la faccenda sarebbe potuta tornare utile. Propose così un equo scambio: il diplomatico sarebbe stato perdonato in virtù dell'amicizia con il Re e in cambio il regno avrebbe "regalato" in segno di " contrizione, buona volontà, gratitudine, e spirito di autoconservazione" i progetti di quegli "infernali marchingegni di cui il Popolo degli Spiriti non poteva più fare a meno, per proteggere la sua integrità ma comunque con sommo disprezzo per l'inganno che costituiscono"
La proposta venne fatta allo stesso diplomatico, disarmato, legato ad un palo al centro di una delle piazze della capitale della Terra degli Spiriti, mentre un paio di cacciatori gli puntavano contro dardi avvelenati in grado di uccidere un toro. L'uomo ovviamente acconsentì e portò "l'accordo" alla corte del Re; accordo che si perse negli ingranaggi burocratici del regno, non degnato di uno sguardo per qualche mese e poi controfirmato da uno dei burocrati di corte con il ruolo di evadere quante più pratiche possibili.
Ma l'Alto Sciamano non era uno sciocco e sapeva quanto pericoloso fosse lasciare che chiunque, tra la sua gente, possedesse un arma del genere; l'errore del diplomatico era stato maestro e di certo Thudyr non voleva che le capanne dei guaritori si riempissero di feriti, o peggio, che la popolazione "spirituale" della regione crescesse a causa di un uso disinvolto delle armi in questione.
Convocò un raduno di spiriti da cui ne uscirono ordini precisi sull'argomento: le armi - che in onore dell'accordo vennero ironicamente chiamate Diplomazia o Compromessi- non sarebbero state usate nella caccia, il loro uso, salvo minacce esterne, era strettamente riservato ai guardiani dei confini e agli stessi Sciamani.
Gli Sciamani ebbero così un ulteriore e temuto strumento per il mantenimento dell'ordine e della loro posizione.
[Pistola a pietra focaia: 5 colpi per giocata]



Attive:

Voce del Profeta

La voce di un Profeta è qualcosa di immediatamente riconoscibile: profonda, calda, piacevole, seducente. Il suo vigore è tale da insinuarsi nelle pieghe delle altrui menti ed impiantarvi un seme di soggezione destinato a crescere e a dominare i ricordi di chi la ode per sempre. Spendendo un consumo Alto, il Profeta è in grado di infondere una tale malia nella sua voce da riuscire a convincere della veridicità delle sue affermazioni chiunque lo circonda.
Questa capacità è alla base de timore nei confronti di questa categoria: un Profeta non deve necessariamente raccontare la verità su ciò che ha visto nel futuro o nel passato per soggiogare gli eventi al suo volere. A questo scopo gli basta saper manipolare la verità e la menzogna, ciò che realmente accadrà o e accaduto è irrilevante...
Questo è uno dei motivi per cui un Profeta è ritenuto un mago pericolosissimo.

Come Leggenda * Una storia come questa potrebbe non essere vera, dopo tutto chi ci crederebbe? Chi comprerebbe un oggetto del genere pensando che sia veramente antico? Qualunque rigattiere potrebbe aver contraffatto un monile e un dente rubato a qualche vecchio animale morente. Chi però saprà percepire realmente la natura di questo oggetto, saprà anche quale sia il suo potere più insidioso. Con un consumo Medio sarà possibile evocare sul campo per un turno un gatto nero grosso come una pantera, dotato di denti e di artigli e di un numero di CS pari a 4 (2 in Forza 2 Agilità). Ogni suo attacco sarà considerato come un attacco fisico e non potrà essere trattata auto conclusivamente. Al termine del turno o qualora venisse distrutta scomparirà in un vortice di sabbia, dissolvendosi nel nulla. [Tecnica di Evocazione]


Passive:

«Inquisitore»

Ma quello di proteggermi dai tranelli della mente non è la sola arma che la "Sete" mi ha donato.
Sono infatti in grado di riconoscere immediatamente la menzogna nelle parole, nei gesti, persino nei cuori di chi mi è dinnanzi. Posso inoltre, tramite un mero sforzo di volontà esigere da chiunque che non mi sia detto altro che la verità.
[Attiva e passiva I Livello Informatore]

Riassunto Malzhar viene infettato dal morbo e aggredisce uno dei suoi compagni. Quando viene portato fuori si rende conto di non essere più in grado di controllare coscientemente le sue azioni. Quello che lo conforta è che fin'ora i suoi bersagli sono sempre stati nemici e mai alleati.
Affronta il primo gruppo di "mostri" (4 circa) utilizzando l'arma naturale fornitagli dalla malattia e la sua pistola.
Durante l'attacco viene però preso di mira e subisce un totale di danni pari ad Alto. Senza l'intervento dei soldati alleati, probabilmente, sarebbe morto.
Non pago continua a cercare nemici. Quando (sono circa 6) li trova utilizza due tecniche: una è una pergamena (Instillare del Campione) reinterpretata come un urlo; l'altra è un'evocazione a consumo Alto. Con questa "combo" fa fuori gli altri avversari.

 
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Vorgas
view post Posted on 18/2/2014, 14:53




La sua spada toccò le mura con fragore, le vibrazioni si espansero su tutto il perimetro e le guardie sulle mura sembrarono risentirne ma la struttura resistette. Questa parve assorbire il furente impatto, Jethro digrignò i denti deluso, scivolando sulle mura e ritrovandosi a terra. Atterrò sul tetto di una casupola fatta di mattoni a secco, il suo passo sicuro sulle superfici più scivolose venne meno e il suo atterraggio fu deciso ma senza provocargli danni. Strane costruzioni in confronto alla maestosità delle mura, queste sembravano addossate per caso alle mura, come residui portati dal mare a riva. Incurante di queste, scese dal basso tetto ritrovando la terra ed osservando i volti dei suoi “compagni”, tinti dalle più disparate emozioni. Alcuni osservavano terrorizzati i compagni arsi dalla pece, altri invece tenevano le proprie ferite doloranti, bruciature e perforazioni a causa dei dardi erano le più diffuse, ma tra le loro menti cominciò a serpeggiare l’idea che quell’assalto sarebbe stato un suicidio. I più restavano ben saldi, si potevano vedere uomini esperti in quell’esercito che nonostante la superiorità nemica, riuscivano a intravedere alcuni spiragli di luce nel loro assalto. Tutto ciò era appena cominciato, le schermaglie iniziali li avevano fatti avanzare sino al cancello principale e soltanto ora la battaglia stava per cominciare. Le grandi torri dell’ingresso davano a quel luogo la giusta scenografia, gli uomini contro le bestie arroccate nella fredda Lithien. Jethro rise di gusto a quel pensiero trovandolo estremamente stupido, come potevano degli uomini sfidare un potere tanto grande?

- Attenti! -

Lo sguardo di Jethro venne catturato da quella voce, ruotando il capo vide il generale di quella brigata che con fiera abnegazione, imbastiva l’assalto alla città. Forse era quello il motivo di tutto ciò, forse lui la chiave di tutto ciò. Dunque la battaglia era soltanto un fine egoistico dell’uomo? Non si rispose, non ne ebbe tempo. Guardò il cielo con sguardo serio, mentre questo venne oscurato dal fuoco. Un fitto sciame di frecce ardenti, cominciarono a piovere su di loro, danzarono sopra le loro teste per pochi istanti cadendo poi in picchiata. Cosa fare? Evitarle sarebbe stato impossibile, troppe e troppo ravvicinate, impossibile prevederne l’arrivo, che il loro assalto fosse già concluso in una mera sconfitta? Improvvisamente un brivido percorse la sua schiena, una sensazione assenza totale, un picco di silenzio che anticipò l’irreale. Sopra il suo capo vide estendersi una barriera, traslucida e incolore si frappose tra lui e le frecce, in principio questa sembrò invisibile, formata da nulla, percepita soltanto quando i dardi s’infransero su di essa. Questi si schiantarono con fragore sulla difesa, il fuoco sembrò ardere l’aria sopra Jethro che continuò ad osservare stupito, un pensiero di sollievo pervase per qualche istante il giovane, un muto sospiro per aver scampato quel pericolo. Posò nuovamente gli occhi sul generale, il quale stava a braccia allargate ansimando, l’energia che lo aveva protetto proveniva da quell’uomo. Si schifò di quello che poc’anzi era successo, senza l’aiuto dell’uomo sarebbe sicuramente morto mentre ora, soltanto una freccia colpì al braccio il giovane che sorrise di un ghigno perverso, davanti a quella sua mancanza, non solo lo aveva difeso ma allo stesso tempo lui stesso si era felicitato di questa cosa.

Anche se tutto ciò fosse frutto del tuo egoismo,
voglio aiutarti nella battaglia per la città.
Non per riconoscenza ma per disgusto,
davanti alla mia debolezza nell'accettare la tua protezione.

Fu un attimo di lucidità in quel tripudio di follia, il giovane non era intenzionato a seguire l’uomo e le sue motivazioni. Quel morbo che sentiva salir sempre più, lo guidava ad entrare nella bianca fortezza e la coincidenza volle che ora si sentisse legato alla causa, più sanare il suo orgoglio che per interrompere l’infezione, della quale bramosamente si nutriva.

- Qualcuno scali le torri e apra il cancello, è l'unica speranza!
Io e tutti gli altri rimarremo sotto i cancelli a distrarli!
-

Fiera la sua voce anche se affaticata, lo sguardo di Jethro si gettò sulla torre più vicina a lui. Le grigie mura salivano sino al cielo, imponenti e forti, ultimo bastione prima della città, la spada del giovane aveva vibrato, ma il granito ancora stava in piedi, sfidandolo a riprovare. Avrebbe dovuto agire d’astuzia perché quella sarebbe stata la forza per superare quella prova. Intenzionato a partire si soffermò ancora per un istante, il suo sguardo infatti intravide una figura “conosciuta” o per meglio dire già vista. Osservò il mantello ceruleo muoversi appena nell’incedere, trame d’un bianco irreale ordivano quel piccolo spazio di cielo dandogli vita e attirando l’attenzione di Jethro. Era il cartomante, ricordava il pulsare dei suoi occhi mentre lo osservava durante il giorno girare le sue carte. Non ci fece molto caso allora, infondo era scettico verso le sue profezie e il suo reale valore, ma vedendolo muoversi nella battaglia restò sorpreso. Mai avrebbe pensato di vederlo arrancare nel mezzo di quel frastuono, idealizzava l’uomo come uno scenico ciarlatano pieno di parole ma di poche azioni, un pregiudizio dovuto soltanto alla sua “veste” di cartomante, ma tanto radicato in Jethro che di soggetti di quel genere ne aveva visti parecchi nel circo.
Si mosse rapido verso l’uomo, quando fu abbastanza vicino il cartomante neppure si girò, continuando ad incedere e a guardarsi attorno: fin troppo facile avvicinarlo, povero stolto.

«Nelle tue carte avevi visto tutto questo?» Chiese in modo sarcastico il giovane, mentre si portava davanti all’uomo per poterlo guardare in volto, trovò il suo sguardo piuttosto assente, disinteressato a tutto quello che accadeva attorno a lui, come se il suo scopo fosse soltanto procedere senza far caso ad altro. «Che succede Cartomante, forse i l’orrore ti hanno mangiato la lingua? Oppure la paura ti stringe la gola rendendoti muto?»

Continuò il suo sfottò ma l’uomo sembrò non farci caso. Il muto sguardo mistico non sembrò nemmeno considerare la figura di Jethro, il Cartomante scivolò al lato del giovane semplicemente ignorandolo e proseguendo nel suo percorso. Il ghigno dell’acrobata divenne un volto d’ira, come poteva farsi beffa di lui quell’essere, non considerando nemmeno la cortesia della risposta? Si voltò nuovamente verso di lui con sguardo furente, sentiva gli occhi pulsare e una strana sensazione fluire dentro di lui rinvigorita da quell’affronto tanto ardito. Strinse l’elsa della sciabola con vigore, i denti digrignarono con forza simili a quelli di una bestia. Il bianco dello smalto cominciò a tingersi di sangue, i canini dapprima di una dimensione normale, presero ad allungarsi senza che Jethro se ne accorgesse. Serrò la mandibola con forza, le zane da poco spuntate lacerarono un poco le labbra formando due piccoli rivoli di sangue, nella mente di Jethro un desiderio di sangue venne a galla, macchia ancor più rossa nella sua coscienza violentata.
Senza pensar oltre partì alla carica dell’uomo, nonostante si trovassero “dalla stessa parte”, in quel momento ciò non contava. La parte da cui un uomo decide di schierarsi è ininfluente in una guerra, perché l’esito sarà sempre la distruzione, e anche in quel piccolo angolo, si stava consumando un tradimento. Forse. La fredda lama di Jethro, ancora candida nel suo acciaio, continuò la sua verginità dal sangue attraversando senza fatica il collo del Cartomante. Il gesto fu rapido e preciso, ma altro non trovò che l’aria, scomponendo soltanto per un istante la figura dell’uomo e che proseguì la sua corsa senza lasciar traccia. Un’illusione, un’immagine tenue che rappresentava quel particolare soggetto probabilmente nascosto da qualche parte ad osservar gli accadimenti. La figura nemmeno si accorse del colpo dell’acrobata proseguendo la sua avanzata, lo sguardo del giovane fissò la lama sbigottito del suo fallimento, guardò l’illusione continuare imperturbabile e tornò ad aver quel malsano ghigno sulle labbra.

«Sei un uomo piuttosto interessante Cartomante e lodo la tua astuzia»

In un gesto ampio e carnevalesco, l’acrobata fece un profondo inchino verso la figura, la sua lingua cominciò a passare il labbro inferiore in un gesto osceno. Sembrò eccitato davanti a quel fallimento e il ritrovar persone così tanto potenti in una volta sola, alimentava il suo desiderio di proseguire il suo incedere. Il suo sguardo si spostò verso la torre più vicina, questa restava a sinistra del cancello principale e sarebbe stata il suo obbiettivo. Che fosse per togliersi un debito con il Generale, o per seguire il Cartomante, lui avrebbe continuato la sua avanzata, danzando tra l’acciaio e il sangue nel gioco del massacro. Ma nascosto dietro tutta quella follia, tra le pieghe corrotte e pervase dal desiderio di strappare le carni, s’annidava la convinzione e la speranza che dentro Lithien esistesse la cura a quel male. Nel profondo inconscio di Jethro, egli puntava alla città perché tutto finisse e tornare ancora a gioire della felicità.

CITAZIONE

Riassunto Post

Post di collegamente dall'avanzata iniziale, sino alla decisione di assaltare la torre di sinistra. In questo post espongo le motivazioni di Jethro per continuare la battaglia nella quale sta venendo coivolto, qui oltre a ammirare la difesa del Generale (Kreisler) e a decidere di proseuire, incontra anche un'illusione del Cartomante (Jace) con la quale prova ad avere un colloquio senza aver successo. Qui avviene la prima esplosione del Gullhiw che porta alla crescita dei canini di Jethro, ora più simili a zanne (Arma Naturale) e all'attacco dell'illusione del Cartomante, con relativa scoperta. Detto ciò, dopo averlo elogiato, parte all'attacco della torre di sinistra. La scena è puramente di role.

Riassunto azioni
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Stato Mentale: Taglio alla schiena (Basso), ustioni sul corpo (Medio)
Stato Mentale: Voglioso di uccidere
Energia: 45%
Capacità Straordinarie: 1 Velocità

Passive


- Passiva I Talento "Acrobata" [Jethro potrà controllare completamente il suo corpo riuscendo ad effettuare torsioni, piegamenti e estensioni degli arti e del corpo intero superando i vincoli fisici comuni. Sarà in grado di slogarsi spalle e polsi per liberarsi da catene, corde o manette, infilarsi in passaggi più stretti del suo corpo e ruotare la testa di 180°, tutto senza risentire di alcun dolore o danneggiamento.]
- Passiva Razziale "Mezz'orco" [Jethro potrà sopportare ogni tipo di dolore fisico diventandone insensibile, nonostante le offese avversarie cagioneranno danno, Jethro non ne percepirà il dolore. Ciò gli impedisce comunque di utilizzare arti non più funzionanti o malconci.]

Attive
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Note

Per la scena dell'illusione ho chiesto il consenso all'utente The Grim

 
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49 replies since 24/1/2014, 01:09   1757 views
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