Dalle Cronache
della Fenice
Lithien
Voi piuttosto come mai siete qui? Mi aveva chiesto Malzhar, il Profeta, la sera prima della battaglia.
«Gloria, ricchezza, un posto alla tavola del vincitore... Se avessi ambito a tali ricompense, forse, la mia scelta sarebbe stata più semplice.
Ho deciso di arruolarmi per imparare cosa significhi realmente agire per il bene, antemponendo le necessità altrui alle proprie.
E non sto parlando dell'aiuto che sarei in grado di dare al singolo, ma voglio capire se sarò davvero capace di recidere vite per un bene superiore.
Domani dovremmo combattere contro persone, la cui unica colpa è di essere state infettate.
Non sappiamo chi ci troveremo davanti, se un soldato o uno speziale, una mamma, forse un bambino.
Non sarà facile... E il sangue di cui ci macchieremo... di cui mi macchierò... dovrò conviverci finchè avrò vita, perchè ora mi è concesso ricordare.»
...La mia risposta...
Jace, il Cartomante
Lo incrociai attorno ad uno dei fuochi da campo, la notte antecedente l'attacco alla città.
Quando fu il mio turno mi invito a sedermi e a scegliere tre carte dal mazzo.
Il primo tarocco, "Il Folle ". La mia partenza sembrava essere stata decisa con ingenuità, come se avessi preso troppo alla leggera il compito che mi sarebbe prospettato davanti; la diretta conseguenza della mia rinascita. Potevo ridefinire la mia esistenza liberamente, ma questo stava a significare che non avrei più avuto alcun punto di riferimento.
La seconda carta, " Il Mondo ". Non potei non notare lo sguardo accigliato del cartomante mentre osservava la carta. Era uno schema molto raro. La carta del mondo e quella del matto sono la fine e l'inizio del viaggio, un antitesi molto interessante. Presto mi sarebbe stato permesso di essere completo, qualunque cosa avesse voluto dire.
La terza carta, la " Giustizia ". Se avessi condotto un'esistenza retta, in un futuro non troppo lontano sarei stato ricompensato trovando l'equilibrio e l'armonia, che avevo sempre desiderato raggiungere. Il cartomante, però, mi mise sull'avviso: la sequenza di carte era insolita, per cui non era detto che il finale che mi attendeva non fosse una morte onorevole che mi avrebbe redento dalle mie colpe, o sarei incorso in eventi sovrannaturali di portata simile.
Sadness and Sorrow
L'alba era arrivata fin troppo presto.
Mi ero unito la sera prima al gruppo degli artiglieri. Nostro sarebbe stato il compito di aprire delle brecce, affinché il resto dell'esercito potesse penetrare all'interno della città.
E fin da subito mi resi conto con orrore che avremmo subito molte perdite tra le nostre fila, ancor prima che la battaglia avesse inizio.
Non potendo contare su macchine d'assedio atte a supportare il nostro gruppo con un “fuoco” di copertura a causa della conformazione orografica a nostro svantaggio, potevamo solo sperare che le mura non fossero troppo sorvegliate.
Gli infetti si davano ad una frenesia estatica nell'uccidere i propri avversari o rimaneva in loro un barlume di lucidità mentale? Nel primo caso avremmo avuto più possibilità di successo, almeno per quanto riguardava la prima fase del piano di conquista.
Quella era la nostra scommessa, l'unica possibilità di non soccombere tutti ancor prima di raggiungere la cinta muraria.
La breccia fu aperta, gli esplosivi fecero il loro lavoro, lasciando spazio alle truppe di sciamare all'interno.
Purtroppo il sangue versato fu un tributo cui avrei preferito non assistere.
Mi concessi un singolo istante per onorare la loro memoria, sperando che i feriti in qualche modo riuscissero a tornare all'accampamento. A malincuore mi costrinsi ad avanzare, ad abbandonarli al loro destino: avevo un altro compito da portare a termine.
Per proteggere la carica della cavalleria in quelle strette e tortuose stradine noi artiglieri dovevamo offrire copertura da una posizione soprelevata, ripulendo la loro avanzata da ogni possibile attacco nemico.
Grazie all'incanto che ci era stato donato fui in grado di raggiungere i tetti di uno degli edifici più vicini alle mura, scalando le sue pareti con estrema facilità.
Mi feci strada vibrando fendenti e utilizzando la magia per creare dei proiettili laddove i miei avversari erano lontani da raggiungere.
Non avevo tempo da perdere se volevo proteggere l'avanzata dei miei compagni, non potevo concedermi il lusso di pensare che quegli infetti, un tempo erano gli innocenti abitanti di Lithien.
Presi la rincorsa e saltai da un terrazzo all'altro dove stava infuriando una piccola battaglia personale.
Uno dei miei compagni, non molto più anziano di me, stava duellando con estrema abilità con un gruppo di infetti.
Sebbene in inferiorità numerica, il giovane sembrava avere la situazione sotto controllo fino a quando il mio sguardo si posò su una figura, inizialmente un'ombra che aveva invaso il mio campo visivo. Era un essere grottesco, un tempo umano, mentre ora era un insieme di mutazioni che cercavano di collidere le une contro le altre.
Non indugiai un istante di più, l'indice destro era premuto sul grilletto della flintlock. Feci fuoco, una, due volte, alla schiena dell'infetto. Non molto onorevole, un atto di sopravvivenza, quella del mio compagno. Avevo preso di sorpresa quella misera creatura straziata da colpe non sue. La vidi cadere al suolo, in un ultimo gemito di vita la sua mano destra abnorme tesa nel tentativo di artigliare la caviglia del giovane ma senza successo, prima di trovare la pace, il riposo eterno.
Raggiunsi il mio compagno d'arme. Schiena a schiena combattemmo per le nostre vite, falciando con la spada e la magia chiunque provasse a rivendicare la nostra esistenza.
Al termine di quel massacro il mio sangue era misto a quello delle vittime che erano cadute sotto i nostri assalti.
Ero ferito, nessuno di noi due era uscito indenne.
L'infezione sembrava rinvigorire alcuni di loro, quasi donandogli un'energia che andava oltre i limiti fisici.
In mezzo a quel bagno di sangue per un istante fui sopraffatto dal dolore.
Nella foga del combattimento avevo preferito non vedere; ogni minima distrazione sarebbe potuta risultare letale, ma ora in quel minuscolo angolo di pace potevo guardare in faccia la realtà.
La pace che mi ero conquistato, seppure effimera, era costata l'esistenza di persone che non avevano chiesto di far parte di quel carnaio. Era vittime indifese che si erano ritrovate a vivere l'orrore di una vita che non gli apparteneva più, guidate da istinti che le avevano portate a desiderare la morte altrui senza alcun freno o remora morale.
Mi inginocchiai accanto ad uno di quei corpi privi di vita. Era poco più di una bambina. I vestiti laceri dove erano spuntati degli embrioni di ali simili a quelle dei pipistrelli, ancor atrofizzate, troppo piccole per permetterle di volare. I suoi lineamenti un tempo delicati erano stati deturpati dal rigonfiamenti di uno dei due occhi e da zigomi acuminati da cui sembrava volessero uscire degli aculei ossei. Teneva stretta in una mano una bambola di pezza ormai logora; forse un ultimo ricordo della sua umanità, un riflesso di quello che il contagio le aveva strappato via per sempre.
Piansi, non riuscii a frenare le lacrime che mi rigavano il volto, il cuore sopraffatto da un dolore che non credevo fossi in grado di provare per uno sconosciuto.
Ero rimasto da solo in quel lago di sangue, circondato dall'eco della battaglia che infuriava.
Il giovane, di cui ignoravo il nome, era scomparso al termine dello scontro.
Persi la cognizione del tempo, la mia mente concentrata sul non soccombere a quelle creature, il cui numero non aveva fine.
Eppure non potevo fare a meno di pensare che a Lithien, come a Taanach, era stata la popolazione ad aver fatto le spese delle decisioni di pochi. Una manciata di persone che, per il proprio tornaconto o la propria sopravvivenza, aveva condannato anime cui non era stato concessa nessuna possibilità di salvezza.
E per quanto sapevo di dover mantenere il sangue freddo questa consapevolezza mi faceva rabbia, una profonda rabbia.
Frenai la mia corsa contro gli infetti e scelsi di occuparmi dei compagni feriti, aiutandoli dove potevo a ritirarsi, a dare loro una possibilità anche se minima di tornare indietro.
Le morti gratuite non sarebbero servite a nulla.
Decisi di assumere la forma demoniaca. L'effetto magico era scomparso ormai da tempo e l'unico modo che avevo per muovermi rapidamente era di volare.
Mi mossi alla ricerca di quei drappelli circondati dagli infetti, cercando di aprirgli una strada con ogni mezzo, ma la mia energia non era illimitata e per ogni infetto che uccidevo altri prendevano il suo posto.
Mentre ero in volo notai uno stendardo ergersi come un baluardo, un gruppo di persone che si stava frapponendo all'orda di infetti per permettere ai loro compagni di avanzare.
Mi avvicinai facendo attenzione a schivare le creature volanti che infestavano i cieli.
«
Kirin! Kirin qui! » mi sentii chiamare.
La riconobbi, era Fanie, la fanciulla elfica che avevo incontrato a Babilonia, con cui avevo piacevolmente parlato davanti ad una tazza di tè e biscotti al limone.
Non persi tempi e planai al suo fianco, trasformandomi in umano per evitare che le ali mi fossero di intralcio.
Non c'era tempo per le domande.
Concentrai la mia magia per creare una fenice di fuoco che si scisse in una moltitudine più piccola per attaccare un gruppo di infetti, per cercare di dare un po' di respiro a quei soldati provati dalla battaglia.
Ne ammiravo il coraggio, sapevo di aver scelto di condividere con loro, con Fanie, il rischio di non vedere una nuova alba. E forse era quello il destino che aveva predetto l'ultima carta, ma...
...Ma non ero tipo da arrendermi, non intendevo farmi condizionare dai tarocchi.
Avrei scelto io il mio destino a colpi di spada e di proiettili arcani, collaborando con i miei compagni, aiutandolo a restare in vita.
[size=3]Kirin Rashelo
CS
[Riflessi 3, Intuito 1], «Kirin l'umano»
[Intuito 2, Intelligenza 2], «Zeross l'avatar demonico»
Energia Residua: 40%
Danni Fisici: Basso da artiglio al polpaccio destro, Medio da contusione per un colpo di mazza alla schiena, Medio per una ferita da taglio al fianco sinistro, escoriazioni varie di natura Bassa
Equipaggiamento
Flintlock scarica, rinfoderata
Schiavona nella mano destra
Passive
Presenza Demoniaca
Kirin incute un lieve timore in chiunque gli stia accanto, purché questo non sia un demone stesso, e che sia di energia pari o inferiore a lui.
Arcanista I
Kirin è in grado di a manipolare la magia per creare delle pallottole di puro potere arcano.
In termini tecnici questi attacchi a distanza possono essere utilizzati liberamente,
ma rappresentano comunque dei semplici colpi non tecnica.
Arcanista II
Le abilità magiche possedute da Kirin saranno così elevate da superare qualsiasi processo che intercorre fra intenzione e azione,
permettendogli di utilizzare tutte le proprie tecniche di natura magica in tempi di concentrazione pressoché nulli,
generandole istantaneamente e in qualsiasi condizione psicologica.
Arcanista III
Affinando l'intelletto con l'aiuto della “Gemma della Sapienza”, Kirin ha raggiunto lo stadio ultimo dei suoi studi: la “Visione della Magia”.
Non importa come si definisca tale capacità, auspex, sesto senso, intuito, quello che conta è il poter “vedere” gli effetti arcani comprendendone la loro natura intrinseca.
Telecinesi
Taanach: quel giorno segnò la fine di quasi tutte le mie abilità "Esper".
L'unica capacità, che è sopravvissuta, consiste nel riuscire a muovere il mio equipaggiamento con la sola forza del pensiero,
senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto alla mia posizione.
Attive:
Pergamena
◊ Fenice di Fuoco ◊
Accolito degli elementi, [iniziale]
L'incantesimo inscritto in questa pergamena permetterà al mago, una volta che l'abbia imparato, di manipolare l'energia elementale del fuoco per dar vita ad una Fenice fiammeggiante che si scaglierà contro l'avversario.
Se utilizzata ad area, la tecnica causerà danno basso ad ogni nemico colpito.
Note: Tecnica di Natura Magica, elemento Fuoco.
Danni: Medio.
Consumo di energia: Medio.
Note:
Ho cercato di riassumere le azioni di Kirin durante la battaglia fino a quando si ricongiunge con Fanie per combattere assieme.
Le ferite e il dispendio energetico sono stati aggiunti per dare coerenza al racconto. Non era possibile che Kirin uscisse illeso dagli scontri. Però ho scelto di non infettarlo.