Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Im Dorfe, Capitolo VI: Ritorno a Lithien

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view post Posted on 31/3/2014, 15:52

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Winterreise

«Im Dorfe »




Esausto, riarso, febbricitante, folle.
Il fetore del sangue sparso penetra nelle narici suscitando un'euforia malata, una brama di massacro, una sorta di delirio dal quale sono salvato dal progredire non troppo rapido della malattia. La mia coscienza è sempre più preda dei continui assalti del Gullhiw, non resisterò a lungo ma non rimarrò qui ad aspettare che la follia mi trasformi in una bestia assassina.
Ho poco tempo, devo sfruttarlo al meglio. Improvvisamente qualcosa devasta i miei sensi. Olfatto, vista, udito, gusto, tatto vengono travolti da un insieme di stimoli che non riesco a controllare o filtrare. Gli odori sono così aggressivi da darmi la nausea, il sapore della polvere, del sangue, il vago sentore di polvere da sparo e persino della pece mi amareggiano la bocca.
Persino i colori smorti e la fioca luce del vicolo in cui mi trovo sembrano ferirmi gli occhi, il contatto degli abiti con la mia pelle è intollerabile, vampate di calore mi squassano, il più piccolo bisbiglio mi perfora i timpani come il suono di un corno da guerra.
Sto cambiando, sto mutando con più rapidità di quanto sperassi...
Ma dopo il primo attimo di smarrimento i miei sensi si abituano alla nuova condizione d'essere, sono affinati, rinvigoriti tremendamente influenti sulla mia già precaria lucidità.
Riesco ad avvertire le vibrazioni che uomini, macchine da guerra, mostri, destrieri di ogni tipo provocano nel loro muoversi. I suoni, le voci, i rumori della battaglia giungono come un turbinio confuso in cui è appena possibile distinguere il passo di un soldato dal cigolio di una porta sbattuta dal vento.
Qualcosa si muove, viene verso di me. Ne sento l'odore, riesco a percepire il battito del suo cuore, la pressione del sangue nelle sue vene...
Sciamano, tutto bene? Sei ancora in te?
No. Le ali membranose aperte sulle mie spalle, le mie mani corredate da artigli affilati come rasoi, i miei sensi non più umani, la mia ragione che danza sul ciglio del baratro che la separa dal buio abisso della follia...Come potrei definirmi anche solo umano?
Se non conoscessi quest'uomo, se solo non mi sforzassi di trattenere i miei istinti probabilmente mi fionderei su di lui per strappargli il cuore dal petto o peggio...
Non posso chiamarlo amico, non posso definirlo alleato. Che situazione semplicemente assurda!
Uno Sciamano, un protettore dell'equilibrio, un Parlacoisogni, un profeta che si fa leggere i tarocchi da un Mastigos...Mastigos che si rivela essere tutt'altro che il solito ciarlatano, che colpisce nella bruma del Fato con la precisione di una lanciatore di coltelli, che fende il mio passato, vede il mio futuro, scioglie i freni delle mie più recondite paure...
Quell'uomo che dovrebbe essere mio nemico naturale per molte ragioni - e il morbo è solo una di queste - ora è l'unica speranza di salvezza per me. Se dovesse scegliere di combattermi mi ucciderebbe, se dovesse scegliere di abbandonarmi al mio destino non farei in tempo a sfogare la mia ira sui nemici prima che la malattia mi costringa ad attaccare gli alleati...
Cammino su una scala di cristallo appena unta: scivolare è assai più semplice che rimanere in piedi, figurarsi arrivare in cima.
Gli chiedo se ha intenzione di attaccarmi.
Buio.
Sono le mie palpebre che si chiudono per non permettere al sudore di entrarmi negli occhi o è un'altro di quegli istanti di follia? E' passato un istante o intere ore ?
Alcuni soldati ci hanno già provato...Non sono stato in grado di controllarmi e non hanno fatto una bella fine. - le mie parole fluiscono dalla bocca senza che ne sia pienamente cosciente...Tra Malzhar e il mostro che cova in me inizia ad aprirsi uno spazio che la mia mente non è in grado di controllare..
Non ho intenzione di farti del male, per ora, ma ho visto i contagiati perdere il senno in breve tempo. Non so quanto a lungo potrai ancora essere lucido. "
Ancora una volta il Mastigos sembra assai avezzo a predire eventi...Ma questa volta non è necessario alcun potere. Parla con la forza dei fatti, non c'è scampo diventerò come gli altri, diventerò un mostro. Ma quando?
Non importa,
quando non sarò più lucido ci sarà qualcuno in grado di fermarmi.
Ho sprecato molte energie, tra un po' non sarò comunque in grado di lottare, ma se hai visto gli altri contagiati ti sarai sicuramente accorto di come combattono.

Espongo il mio piano. Lo faccio ora, prima che qualche altro "salto nel buio" mi impedisca di farlo. Con il suo aiuto, forse, posso farcela..
Si, ho dovuto ucciderne qualcuno un po' per arrivare fin qui, sono ferocia allo stato puro
Alla parola "uccidere" qualcosa si rompe. Digrigno i denti, l'istinto di attaccarlo è forte. Vorrei sventrarlo, vorrei affondare le mie mani artigliate nella sua carne.
Irrigidisco i muscoli. Non so se per prepararmi ad attaccare o per trattenermi.
Non posso fermare l'incedere del morbo, ma posso usare le sue mutazioni a nostro vantaggio. Potrei ritorcere contro i nostri nemici la loro stessa arma - spiego. La mia speranza è che nel duello tra Malzhar e il Morbo il primo riesca a sopportare l'assedio almeno fino al momento in cui sarò nella mischia.
Parlare, usare la testa mi servono a mantenere me stesso consapevole che il mio lato umano è ancora lì...per poco, ma lì...
Se non dovessi riuscire a controllarmi, se dovessi iniziare ad attaccare i nostri alleati cerca di fermarmi... - un ghigno passa sulle mie labbra. Figlio di un'ironia amara, della consapevolezza della mia condizione..Ma almeno è un'espressione puramente umana...
senza uccidermi se non ti è di disturbo - concludo. Sono felice di aver detto quelle cose. Sono il metro della mia lucidità, se sono in grado di un pensiero simile, se temo per la mia vita allora vuol dire che la malattia non ha ancora prevalso.
Non mi fa promesse. Non ne pretendo...Siamo in guerra, infetto o no dovrei già aver accettato la prospettiva di rimetterci le penne. In ogni caso, nonostante la mia intimità con il mondo degli Spiriti, la mia conoscenza di quell'estremo attimo che precede il trapasso la paura del salto nel vuoto rimane.
Pianificare significa esorcizzare la paura di perdere il controllo su ciò che circonda.
Per me, ora, pianificare significa sapere di essere presente a me stesso, sapere che il momento in cui la lancia di un alleato mi colpirà mentre tento di strappargli la faccia a morsi non è ancora giunto.
Chiedo come sia la situazione altrove, se abbiamo fatto progressi nell'assedio.
Dalla sua risposta apprendo che abbiamo fatto progressi. Siamo riusciti ad aprire una breccia, l'esercito si muove in quella direzione.
Non posso presentarmi in queste condizioni.... Le ali sono troppo evidenti anche quando le ritraggo e lo stesso vale per gli artigli. Posso dire che la mutazione è frutto di una magia, sono uno sciamano dopotutto.
Ma per il momento è meglio trovare qualcosa per nasconderle,
un mantello potrebbe andar bene

Cerco di raddrizzarmi me le mie poche energie non sono in grado di mantenermi eretto...
- In più ho bisogno d'acqua e di qualcosa che mi rimetta in forze.
Il mastigos mi passa dell'acqua e una stranza pozione che a suo dire dovrebbe permettermi di passare inosservato. Il sapore amaro della pozione e l'effetto rinvigorente della pura acqua sembrano donarmi qualche minuto di ferma lucidità.
E' tempo di giocarmi l'ultima carta Ti devo un favore fratello.
Al diavolo, dopotutto sei un mastigos, argomenti del genere non dovrebbero sconvolgerti.

Io posso riportare in vita le persone.
Non ti auguro di avere bisogno dei miei servigi, solo sappi che se mai dovessi averne bisogno.
Il morbo mi impedirà di poter essere utile in questo senso in battaglia, ma ciò non toglie che se dovessi riuscire a contenermi ancora per un po' il mio potere potrebbe fare la differenza.
Ti ho chiesto di non uccidermi anche per questo.
"
Puoi riportare in vita le persone? Questo è...
impressionante.
Non ti ucciderò, ma non posso garantire che tutto l'esercito mi imiti, cerca di volare lontano quando senti di non resistere più.

Ancora una volta nessuna promessa. Ma è comunque meglio di niente.
Devo molto a quest'uomo.
Spero di ricordarmelo quando il morbo ucciderà l'ultimo grammo di umanità che mi rimane...

Ci muoviamo sciamando verso la breccia aperta nella mura come il sangue preme su una ferita. Prima ancora che la mischia ci inghiotta perdo il contatto visivo con Jace. Se anche lo stigma della malattia è occultato dall'intruglio dello stregone i suoi deliri non cessano di assilarmi. I momenti di buio pesto si fanno più frequenti, il momento cruciale è vicino. Non posso risparmiare nemmeno una libbra di energie...
Se lo facessi potrei usare i miei poteri contro i miei alleati e vanifare gli sforzi di qualcun'altro. Non devo avere un solo istante di tregua, non posso condecermi pause, non posso usare misericordia con il mio corpo. Devo colpire e farlo il più duramente possibile nel breve arco di tempo che mi resta.
Il cielo si riempie di abomini a cui il morbo ha donato ali...Li guardo oscurare la pallida luce ch ingombra il cielo dopo l'alba, li guardo e penso che forse anche io ingrasserò i loro ranghi tra un po'...
La mia attenzione è catturata da uno dei campioni del nemico. Sventola la sua ascia nell'aria, protegge il varco, ci impedisce di avanzare. La concitazione del momento non mi permette di ragionare, di misurare le mie scelte. Devo scegliere chi o cosa attaccare e farlo in fretta.
Getto uno sguardo al Cancello, sembra essere sul punto di cedere...Raccolgo le forze, chiudo gli occhi, cerco una concetrazione che so non poter trovare.
Improvvisamente un sibilo acuto...
Sento ogni mio pensiero, ogni singolo granello di lucidà strappato a forza dalla mia testa. Una cortina di ombre scivola sui miei occhi, un lungo momento di oscurità...

Tudhyr.
Il mio maestro.
Si erge bianco nella folla di uomini in armi. Attrae la mia attenzione con la stessa inevitabile forza con cui un magnete attira la polvere di ferro. La pelle sottile e sconciamente bianca pende sulla struttura ossea fragile. Quell'uomo tanto odiato e rispettato al contempo sembra affranto da un dolore che trascende la morte.
Non parla, muove un braccio, indica un punto imprecisato dietro di me.
L'orrore, la rabbia esplodono. Vedo il mio popolo, vedo ogni singolo volto, ogni cadavere riempire il campo di battaglia. Vedo gli uomini in arme accanirsi su di loro, sottoporre quei miseri residui di una vita oramai fuggita da questo Mondo alle più orripilanti offese.
Urlo. Lascio che la collera si prenda tutto. Mi annullo.
Il baratro in cui la mia coscienza si trova ora è stranamente privo di connotazioni.
Non è buio, non è luminoso, non ha odore, non emette suoni. Non sono padrone del mio corpo, questo è certo, ma mai come oggi sento la mia coscienza presente, viva.
Di quello che il mostro che sono diventato sta compiendo ho solo istantanee visioni.
Una lancia che trapassa qualcuno. Il viso stravolto di un soldato che si lancia all'assalto. Le urla disperate di un uomo aggredito da un infetto. Lo scricchiolio del cancello colpito da una bordata di fiamme scaturite da chissà dove.
Mi risveglio. Il dolore è ovunque. La pozione non nasconde più alcunchè.
Le mie mani sono sporche di sangue, ma non sono più in grado di capire se sia quello di un nemico o di qualche mio alleato. Sono vivo, questo significa che almeno in parte il piano sta funzionando.
Poi un particolare sinistro mi provoca un ricordo.
Da uno dei miei artigli pende quello che, a prima vista, sembra uno straccio.
Annuso quel pezzo di stoffa. Niente.
Lo osservo meglio. Rabbrividisco.
Riconosco il particolare, riconosco l'emblema. Ho visto quel vessillo trionfare sul petto di molti dei nostri uomini. Sento il sapore di sangue nella bocca. Mi volto, mi giro intorno e vedo lo sguardo terrorizzato degli altri. E ricordo...

In un attimo imprecisato dalla battaglia, un sibilo. Poi sento il mio corpo staccarsi dalla mia mente. Vedo un essere ormai mostruoso avventarsi su qualsiasi cosa si muova. Soldati, animali, infetti. Non fa differenza. Sento i colpi di lame, bastoni, guanti ferrati sulla mia pelle, sulle mie ossa. Non importa, il dolore non impedisce di proseguire la follia che la malattia mi obbliga a perpetrare.

Freno il flusso di memorie prima che mi riveli ciò che ho commesso e non ho voglia di sapere. Le mie mani non sono più sporche di quelle degli altri. Anche uccidere gli infetti significa uccidere persone anche se ora non lo sono più. Nel frattempo lo scenario è mutato...
Oltre il cancello l'orrore della realtà supera la più truculenta, sadica, storia di orrore raccontata dinnanzi un camino acceso.
Io sono passato oltre, sono all'interno. Sciami di obrobbi alati impediscono la vista.
Sento che ormai il momento in cui perderò totalmente il controllo il è vicino.
Il guerriero che sembra muovere le fila di quell'ammasso di mostri è tenace. Qualcosa o qualcuno sembra averlo privato della sua mastodontica arma.
La cosa non lo rende meno pericoloso...
Ci scaglia addosso un'ondata di fiamme. Non posso, non voglio usare le mie forze per difendermi. Sono già ridotto ad uno straccio, qualche ustione in più non cambierà il risultato della giornata. Se sopravivrò sarò già stato fortunato..
Il sangue prende a martellarmi le vene che si ramificano nelle tempie. Scandisce gli istanti che mi separano dalla perdita definitiva della mia ragione. Non posso esitare ancora. Devo agire. Farlo ora e poi al diavolo tutto.
Lascio che la magia si prenda l'ultimo grammo di forze. La scateno alla cieca, senza curarmi delle conseguenze delle mie azioni; non è una novità...Lascio la bestia che è in me a briglia sciolta. La mia mente non mi aiuterà a colpire il mio nemico, quindi spero che l'istinto del me infatto sopperisca.
La magia prorompe in un grido, un urlo disperato e selvaggio. Avverto le mie energie consumarsi in quell'atto, scivolare via da me. Poi il buio. Una sola preghiera prima di scomparire, impressa in quel grido, incisa nella mia mente: ammazzate quel bastardo!

CITAZIONE
Fisico: Critico + Alto diffuso sul corpo ( a seguito delle varie collutazioni)
Mente: Fuori di se, totalmente prono all'incedere del morbo.
Energie rimanenti: 10% + 10 ( bonus energie del post precedente)
Energie utilizzate: Medio (10%)

Armi ed Armature:

Arma Naturale L'infezione ha iniziato la sua opera di corruzione dalle mani, fornendole di artigli affilati come lame. Ha proseguito concedendo anche un paio di ali.




Attive:



Il Canto delle Sirene
La mente è fragile, vulnerabile agli attacchi dei vecchi fantasmi, schiava di innominabili passioni; sempre tesa verso fini più alti eppure, inevitabilmente e proprio a causa di questa brama di altezza, sempre prossima al ciglio del baratro. Io lo so bene, io l' ho sperimentato sulla mia stessa pelle... Collevento mi ha ammaestrato bene! Sospetti, complotti, frasi sussurrate nell'ombra, promesse tradite, aspettative deluse, grandi ambizioni e piccoli uomini, bassi compromessi e alti tradimenti...Collevento marciva già prima del massacro che seguì il tradimento che rese quella rocca tristemente famosa.
Io, nell'incoscienza e nell'arroganza, mi ritenevo superiore a tutto questo. Mi vedevo capace di districarmi da quella rete. Pensavo, forte della mia esperienza di Sciamano, di poter dominare quegli eventi, di esserne fulcro e perno, pensavo di poter rendere giustizia...Mi sbagliavo.
Quell'esperienza non voleva essere la magnificazione delle mie capacità, l'esaltazione dei miei poteri o, meno che mai, una lezione sul modo in cui il Leviatano elargisce la sua giustizia. Quell'aspro, umiliante insegnamento non mirava a convertirmi o indottrinarmi. Collevento doveva e fu' la dimostrazione di come le nostre esistenze non siano altro che fili nelle mani del Sovrano, di come sia impossibile- al nostro fragile intelletto -percepire l'intessuto di quell'arazzo che i Corvi chiamano Trama. Ma non era solo questo il fine di quella visita alle rovine di Collevento... Non ritenermi protagonista di un Fato diverso diverso da quello assegnatomi era solo uno degli ammaestramenti di Caino, ma questa è un'altra storia...
Ciò che realmente conta è quello che sono riuscito ad apprendere. Ed ho appreso molto. No, non ho ricevuto soltanto una lezione morale da quella notte. Io quegli eventi li ho vissuti. Io quegli eventi li ho patiti. Ho sentito il sapore dei baci di Akena sulle mie labbra, ho assaggiato il ferro della sua spada nel mio stomaco.
Ho visto il sangue, ho percepito la paura, ho udito le urla disperate dei congiurati mentre il Re che non perde mai elargiva la sua giustizia.
L'eco di quella battaglia irrompe ancora nei miei incubi, infesta quelle rovine, funge da costante memento di ciò che in quei luoghi ho appreso. Ed io quell'eco posso risvegliarlo, non so ancora sei in virtù della mia arte sciamanica o come sinistro presente del Sovrano ad un suo servitore, nelle menti dei miei nemici.
Posso impartire loro la stessa lezione che Caino e per suo tramite il Sovrano mi hanno impartito. Posso risvegliare quel triste canto di morte, posso condividere con i profani il Canto delle Sirene.


[Psionica Offensiva a consumo Medio - Pergamena Mago Sussurro]

Passive:

«Inquisitore»

Ma quello di proteggermi dai tranelli della mente non è la sola arma che la "Sete" mi ha donato.
Sono infatti in grado di riconoscere immediatamente la menzogna nelle parole, nei gesti, persino nei cuori di chi mi è dinnanzi. Posso inoltre, tramite un mero sforzo di volontà esigere da chiunque che non mi sia detto altro che la verità.
[Attiva e passiva I Livello Informatore]

Riassunto e Note Due post in uno, spero che la cosa non dispiaccia. Inutile spiegare cosa accade nella prima parte del post se non concisamente: Malzhar si "riprende" da uno dei blackout provocati dal morbo e incontra Jace. Breve scambio di informazioni tra i due durante il quale Malz riceve una pozione in grado di occultare i segni della malattia e una borraccia raccolta da un soldato caduto. ( il bonus di energie)
La seconda parte del post corrisponde al PoV attuale. Malzhar decide di mischiarsi agli altri assedianti, ma a causa della psionica del post precedente perde il controllo.
La descrizione di ciò che fa ( ho evitato di utilizzare tecniche e quindi il tutto si risolve in attacchi fisici non-tecnica) è volutamente confusionaria e lacunosa. Malz parla e descrive in prima persona, il suo punto di vista coincide con quello che lui compie e vede mentre gli eventi si dipanano intorno a lui; coerentemente con ciò ho preferito ridurre l'ennessimo "momento di follia" provocao dal morbo a pochi flash.
Ad ogni buon conto, quando il mio PG "rinviene" si accorge di aver subito parecchi danni, è consapevole di aver attaccato sia alleati che nemici ma sa anche che non poteva agire diversamente.
Coglie l'opportunità di quell'ultimo istante di lucidità per "sprecare" le sue energie rimanenti con un Medio psionico rivolto al PNG.
Compiuta quest'ultima azione cede al delirio.

 
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view post Posted on 3/4/2014, 15:27

Lamer
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Attacchi inutili erano stati i suoi; la freccia si era persa nell'ammasso di orrori e la sua corsa si era fermata per lo stesso motivo. Nella confusione della battaglia Lhotar iniziava a non capire più dove fosse. Gli effetti della pipa iniziavano a farsi sentire più del dovuto e in quel campo di battaglia troppo affollato quella confusione che aveva in testa era un dettaglio da non sottovalutare.

Il nano fendette l'aria un paio di volte facendo allontanare gli orrori prima di poter capire cosa era successo nei secondi precedenti; l'arma del colosso che aveva provato ad attaccare stava volando nell'aria mentre il suo proprietario guardava con occhi sicuri di se il campo di battaglia estraendo una borraccia, poi però lo perse di vista, ma non dovette aspettare troppo per capire cosa stava facendo.

Infatti pochi secondi dopo l'aver perso di vista il suo bersaglio, una fiammata si propagò dal luogo dove aveva visto il suo bersaglio. In quel momento Lhotar fu preso dal panico; sapeva che avrebbe potuto difendersi da quel colpo, ma l'istinto guidato dalla confusione che aveva in testa lo fece voltare. Un ondata di calore lo colpì sulla schiena. Un senso di calore si diffuse in tutto il suo corpo e un urlo straziato uscì dalle sue labbra.

Il nano girò la testa appena in tempo per scorgere in un piccolo varco tra gli orrori il suo nemico lanciargli contro una spada infuocata mentre esclamava di riprendersi l'ascia, ma questa volta fu la ragione a dominare sull'istinto e sul potere nefasto che gli aveva procurato la pipa. Velocemente si girò e facendo roteare entrambe le spade deviò il colpo che sfrecciò alla sua destra senza colpirlo.

A quel punto Lhotar si guardò in torno, notando con piacere che una decina di uomini lo stavano affiancando. Rapidamente il nano si avvicinò al gruppetto iniziando a colpire alcuni orrori che stavano importunando i soldati, ma dopo qualche colpo questi tornarono a volare lontano. A quel punto uno dei soldati iniziò a parlare:

"Nano, riesci a rallentare il bestione?"

Il Doppielame cercò di collegare al meglio ciò che gli stava chiedendo, la sua confusione non accennava a diminuire e i mostri che giravano impazziti per il campo di battaglia non erano sicuramente d'aiuto, ma dopo aver riflettuto un attimo si convinse che poteva almeno rallentare quell'energumeno, specialmente ora che era disarmato.

"Si, posso farcela, ma dovete tenermi lontano queste infide creature."

Il soldato annui e con un grido spiego al manipolo di soldati cosa dovevano fare, quindi il gruppo iniziò ad avanzare verso il loro bersaglio, ma subito si accorsero che trovare il loro nemico sarebbe stato un impresa forse più grande che fermarlo.

Dovettero passare un paio di minuti prima che un soldato dietro di lui gridasse di averlo visto e subito il gruppo si mosse in quella direzione. Essendo decentemente protetto dai soldati Lhotar iniziò a pensare a come rallentarlo. I primi pensieri che fece erano confusi e addirittura alcuni non centravano minimamente con la battaglia, ma lentamente facendo appello a tutta la concentrazione di cui disponeva ancora gli venne in mente un modo per rallentarlo.

A quel punto i soldati in torno a lui iniziarono ad avanzare con più foga risvegliandolo dalla sua meditazione interiore. All'inizio il gruppo riuscì ad avanzare senza tanti intoppi, ma lentamente gli orrori diventarono troppi e i soldati furono costretti a rallentare mentre lui, al centro, si preparava a colpire.

Dovettero passare parecchi minuti, nei quali tre dei soldati persero la vita, prima di arrivare abbastanza vicino al suo bersaglio. A quel punto gridò di aprirsi e lui scattò come un felino in direzione del suo nemico. C'erano pochi metri a dividerli, ma impiego parecchi secondi prima di raggiungerlo.

A quel punto si affiancò al suo bersaglio e con entrambe le lame eseguì un fendente diretto alla coscia destra per poi mettersi davanti all'enorme uomo. Si sentiva oppresso da una tale mole, ma non gli importava, lui era il suo nemico e contro di lui avrebbe combattuto, anche fino alla morte. Dopo qualche secondo però Lhotar parlò:

"Uomo gigante, so che stai tentando di recuperare la tua ascia, ma per farlo dovrai prima affrontarmi e non mi sottovalutare solo perchè sono basso, sarò un avversario degno del tuo rispetto."

Non ci credeva tanto nelle parole che aveva detto, ma la confusione che aveva in testa gli aveva fatto dire ciò che pensava veramente e che forse era la verità. Avrebbe affrontato quel colosso anche se la battaglia lo aveva spossato, anche se la schiena gli bruciava ancora, avrebbe combattuto fino allo stremo delle sue forze.


Corpo :-medio da ustione
Tot: (2\16)
Mente : - alto da deconcentrazione
Tot (4\16)
Energia rimanente: 30%

CS : Maestria nell'uso delle armi= 1
Costi: Basso = 5% | Medio = 10% | Alto = 20% | Critico = 40%

Armi:
spade (x2), arco e frecce (x12)

Passive : il possessore del talento ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.
Raziale nanica: La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.



Attive:
Parata: il guerriero, muovendo abilmente la propria arma o scudo davanti a sé, può proteggersi da un attacco nemico.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero potrà mulinare la propria arma, o sollevare il proprio scudo dinanzi a sé per bloccare, deflettere o intercettare un'offensiva fisica volta a danneggiarlo. La tecnica consiste in una difesa ampiamente personalizzabile, e può essere attuata anche a mani nude purché nei limiti di buonsenso e sportività. In nessun caso l'attacco parato potrà essere ritorto contro l'avversario. Può bloccare offensive di portata Media o inferiore.
Consumo di energia: Medio

Destrezza nanica (I): Variabile di natura fisica, provoca danni fisici
Lhotar potrà compiere in simultanea due attacchi portati con delle armi (anche frecce) di potenza complessiva pari al consumo.
consumo medio

Attive dal turno precedente:-



Riassunto:
Al fine tecnico, subisco l'attacco ad area, ma mi difendo con parata da quella a potenza media, poi dopo una parte narrativa, mi avvicino al boss e usando la variabile a potenza media provo a ferirlo alla coscia destra. Ifine mi metto davanti a lui per sbarrargli la strada.

Note: nulla da dire

 
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Shervaar
view post Posted on 6/4/2014, 12:35







Arrivò inaspettatamente e colpì indiscriminatamente amici e nemici lasciandosi alle spalle uno stuolo di corpi ustionati ed agonizzanti. Ma il fiume di fuoco, vomitato direttamente dalla bocca del Rosso e che investì in pieno l'esercito assediante, fu solo il primo dei problemi di Shervaar. L'elfo si slacciò il mantello che gli toccava la schiena ustionata e combattendo con tenacia contro le fitte si girò cercando si capire cosa fosse successo.
Vuoi per istinto, vuoi per riflessi, vide appena in tempo la punta di una spada e riuscì ad evitarla appena prima di essere trafitto in pieno petto. Provò a scartare su un fianco portando uno dei bracciali a coprire il petto e se la cavò deviando l'arma ma con una brutta ferita sull' avambraccio e un graffio sul fianco. La spada, lanciata con potenza inaudita attraverso il muro di orrori, impattò contro il pavimento alle spalle terminando il suo volo mortale. Ma non era quella l’arma che gli interessava.
Per terra, a qualche metro dal Rosso riusciva a scorgere nel caos brulicante di membra e artigli l’Ascia, quella per cui tutti si erano mossi. << Ben fatto, aper…>> pensò, accorgendosi solo in quell’istante che l’uomo che aveva scagliato la fatidica feccia non era più lì. L’elfo era talmente preso, trascinato in quella danza di morte e dolore, da essersi totalmente estraniato da tutto ciò che non fosse lui stesso e la sua manciata di orrori urlanti.

Cosa gli stava succedendo? in cosa si era trasformato? che cosa significava per lui quella battaglia?
Stava veramente combattendo per i propri ideali o in quell’avventarsi con rabbia contro ogni mostro c’era solo un disperato tentativo di sfogarsi, di liberarsi di dubbi e rimorsi che il Cartomante gli aveva involontariamente stillato in testa?

C’era tutto, tutto quello, e probabilmente molto altro ancora.
Shervaar aveva avuto una vita per rifletterci su ma se non si fosse mosso non glene sarebbe spettata un altra per finire quanto lasciato in sospeso, per liberarsi dei propri demoni.

Si alzò a fatica in piedi, la schiena massacrata dalle ustioni, il braccio sinistro grondante di sangue, ed invocò la protezione degli elementi. Ancora una volta aveva bisogno di loro, l’umile elfo pregò perché lo proteggessero e quando ormai coperto da una sottile patina di vento, capito che anche questa volta non sarebbe stato solo, inizio a correre come un disperato dritto contro il muro di mostri.
Una corsa disperata perché disperato era il tentativo di raggiungere l’arma ancora in terra prima del suo proprietario. In un turbinio di orrori ormai allo sbando Shervaar non riusciva ne a vedere dove fosse l’uomo dalla treccia rossa ne tantomeno a capire se la direzione che aveva imbroccato fosse quella giusta.
La corse seppur breve sembrò infinità in quel brulicare casuale di corpi deformi, ormai privi di un controllo infatti gli orrori si agitavano come furie nell’aria rendendo praticamente impossibile capire cose accadesse pochi metri più in là. E in questo caos totale mentre i mostri gli piombavano addosso in modo totalmente causale nel loro moto perpetuo l’elfo avanzava imperterrito, scavalcando corpi di amici e nemici e protetto miracolosamente dal suo scudo d’aria. Sicuro di aver vagato un po’alla cieca perché privo di riferimenti rivide infine come un oasi nel deserto l’oggetto che cercava proprio quando ormai si sentiva totalmente perso, nel cuore della tempesta lì dove il caos sembrava maggiore e dove gli elementi a stento lo aiutavano a tenersi dritto. E mentre ancora un mare di orrori gli piombava addosso l’elfo con un ultimo disperato scatto coprì gli ultimi metri, lo stesso fuoco che gli ardeva in petto si liberò tra le sue mani e lanciandosi in avanti fece in volo quella manciata di passi che lo separava dal freddo metallo dell’arma.
Poteva solo sperare di essere ancora in tempo.





Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

CS:

Danni fisici subiti: (5+2+2/16)

Danni mentali subiti: (0/16)

Energia rimanente: 45 - 10 - 5 = 30%

Abilità passive: Istinto x2
Empatia Animale - Bloodwing: Permette l'utilizzo del proprio compagno animale all'interno del combattimento, indipendentemente dal suo scopo.
[Razziale]

Furia del Fulmine: Permette di lanciare piccole saette con un secco gesto della mano e con la valenza di un colpo fisico non tecnica.
[Dominio I]

Residuo elementale: I colpi fisici corpo a corpo non tecnica di Shervaar sono infusi dell’elemento corrispondente alla natura dell’ultima tecnica utilizzata elementale.
[Personale]

Dominio Elementale: Le tecniche di natura magica possono essere lanciate in qualsiasi condizione psicologica e in tempi pratiamente nulli.
[Dominio II]

Tecniche usate:
Scudo d’Aria: Protetto degli spirito dell'Aria lo Sciamano verrà ricoperto da una sottile patina di vento, così da poter deviare i più blandi attacchi fisici nemici. Questa difesa si potrà estendere per una durata complessiva di due turni e può essere annullata in qualsiasi momento dall'elfo.

[Abilità attiva - Dominio elementale del Vento a costo Medio - Pergamena]



Tocco Infuocato: Non vi sarà legno che non arderà o metallo che non si scioglierà sotto il tocco infuocato di Shervaar, che, se ausiliato degli spiriti del Fuoco, potrà stringere nel proprio palmo un elemento tanto affascinante quanto temibile poiché, benché il contatto possa durare anche solo un attimo, qualsiasi cosa sarà vittima della furia del fuoco diverrà irrimediabilmente danneggiata e inutilizzabile.
In termini pratici l'elfo è in grado per un attimo di concentrare nelle proprie mani una fiamma tale da ardere o fondere qualsiasi arma o armatura.

[Abilità attiva, Dominio elementale del Fuoco a costo Basso, Dominio I]



Note:
L’elfo incassa tutto, perso nella foga del massacro, allora vedendo confusamente il tipo cercare di recuperare l’arma si lancia a capofitto nella massa di orrori. Attiva la pergamena Scudo d’Aria e corre come un forsennato. Il caos che turbina intorno a lui lo rallenta e lo fa sbandare facendogli perdere tempo prezioso, impossibilitato inoltre a vedere Kron nel caos coperti gli ultimi metri decide di lanciarsi in avanti, esponendosi volutamente a tutto e tutti pur di toccare e fondere definitivamente l’arma.


Edited by Shervaar - 7/4/2014, 21:23
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 7/4/2014, 18:40





Winterreise ~ Im Dorfe


Ho viaggiato per i campi di battagli di mezzo mondo, affrontato Re e Regine, negromanti e stregoni.
Ho visto cadere città, imperi, castelli, dal mio piccolo angolo di mondo che era la prima linea. Mai la morte di un compagno era stata per me cosa semplice da accettare, ed anche dopo anni veder cadere qualcuno, di sconosciuto, che indossava i miei stessi colori mi tubava il cuore e lo spirito. Eppure ho visto molte cose, sopportato molte ferite, e imparato a convivere con quello che il destino, Dio e chiunque altro ci guidi dall'alto dei cieli, avesse in serbo per me.
Ma ciò che ho visto in quei tempi, in quei luoghi, non uscirà mai dalla mia testa. Il tempo è passato, ha lavato gran parte delle mie cicatrici sotto rughe e ispida barba, ma quando ero ancora in grado di combattere senza l'ausilio di un bastone, ho visto cose che vorrei non riuscire a ricordare.
Ciò che ho visto a Lithien, in quei tempi, ha fatto di me un uomo più maturo e coraggioso... ma anche consapevole della fragilità del nostro mondo.
Abbiate pietà di chi non è morto a Lithien, perché nessuna colpa è abbastanza grande da aver meritato quell'incubo.
~ Diario di un veterano.

Non era la paura né il dolore ciò che temevo. Il dolore sarebbe passato, la paura si sarebbe affievolita, ma il ricordo agghiacciante di ciò che mi passava sotto gli occhi, invece, sarebbe rimasto per molto, molto più tempo di quello che avrei potuto e voluto sperare. In un attimo mi ero ritrovata da sola, con Varham sgusciato di nuovo alla carica nel disperato, e piuttosto eroico, tentativo di porre fine a quella carneficina. E come lui molti, molti altri si erano riversati oltre la breccia nel cancello, cercando in ogni modo e maniera di combattere un nemico migliaia di volte superiore in numero. Io non avevo quell'estro eroico, quella capacità straordinaria - per alcuni - di ignorare i miei alleati per un bene superiore. Questo faceva di me una persona debole, forse inadatta a comandare o a tenere a freno delle truppe, ma mi rendeva oltre ogni ragionevole dubbio, qualcuno da avere a fianco in quei momenti oscuri e tenebrosi dove anche la più tenue luce sembrava affievolirsi all'orizzonte.

Mi voltai a destra e manca, menando fendenti di spada contro qualsiasi infetto arrivasse a portata, ma per ogni nemico che riuscivo ad abbattere ne spuntavano quattro, per ogni soldato che resisteva, due ne cadevano. Quello non era un assedio, era un mattatoio. Cercai con lo sguardo il generale, ma era già troppo distante, troppo impegnato, per essere di conforto alle sue truppe in un momento come quello. Non mi era mai capitato di discutere gli ordini prima di quel momento, non mi ero mai sentita così indignata ed allo stesso tempo impaurita dalle scelte compiute da altri per me. Era una sensazione nuova, quasi assurda, dove non sentivo altro che l'impellente desiderio di domandare al nostro condottiero: perchè in questo modo?
Che senso aveva conquistare quel brullo sperone di roccia, quella città perduta e malata sin nel midollo, al prezzo di migliaia e migliaia di altre vite? Quella non era giustizia, non era libertà e nemmeno la cosa giusta da fare. Lithien doveva essere semplicemente rasa al suolo a colpi di cannone, bruciata e spogliata di ogni sua costruzione, dovevamo fonderne i cancelli sotto le fiamme incessanti della magia, sbriciolarne le mura a colpi di trabucco, non entrarci nel mezzo e farci massacrare a quel modo. Anche se avessimo vinto, anche se Lithien fosse stata conquistata, il sacrificio di tante persone non avrebbe mai compensato il valore reale di quelle pietre scure e malate. Chiamatela codardia, chiamatela arroganza, ma non avrei mai permesso a quelle persone di morire a quel modo se fossero state sotto il mio comando. Il dolore, il dolore che provavano loro si trasmetteva a me con un filo invisibile che ogni urlo, ogni gorgoglio soffocato, arrotolava sempre più stretto attorno al mio cuore.
Nel giro di pochi istanti tutto si era fatto insostenibile, eravamo pressati come bestie gli uni sugli altri, incapaci persino di menare fendenti abbastanza lesivi da mutilare il nemico, il sangue ricopriva le strade come pioggia torrenziale, il numero di morti aumentava a dismisura e così quello dei redivivi infettati. Iniziai a strillare, con tutto il fiato a che avevo in gola, per tenere in riga quei pochi disgraziati che erano rimasti eroicamente a difendere il cancello.
« Restate in formazione circolare, l'uno accanto all'altro! »
Rimanendo in cerchio, difatti, quando uno dei nostri moriva veniva subito sostituito dal compagno, restringendo si il cerchio ma impedendo alle bestie di arrivare da tutti i lati ed aumentando a dismisura la potenza difensiva della nostra piccola unità. Io, nel centro, presi ad usare lo stendardo per impalare qualsiasi immondo cercasse di scavalcare i soldati, provando in ogni modo a tenerli in riga contro quell'orrore. Non ero certo la persona più autorevole nella mischia, ma almeno non avrei avuto rimorsi una volta tornata a casa. Io ero una combattente, un soldato addestrato alla disciplina ed al rigore, ed ero certa e consapevole che qualsiasi cosa ci fosse successa solamente restando uniti non ci avrebbe spazzato via.
« Le retrovie ci stanno per raggiungere, teniamo le posizioni ancora per qualche minuto! »
Forse strillare non serviva a niente, forse molti nemmeno ci avrebbero fatto caso, ma una voce amichevole che li incitava a combattere era pur sempre meglio dello stridio agghiacciante di quelle bestie.
La cosa più strana, forse quella più raccapricciante, per certi versi, era che in quel momento non era la paura della morte ciò a cui pensavo, ciò che mi passava per la testa, ma solamente l'istinto più feroce e primordiale di continuare a colpire, bloccare, colpire e bloccare senza sentire la stanchezza sulle braccia, il dolore delle ferite, o l'odore del sangue che diventava sapore ferroso e putrido sulla lingua.
Un un tratto qualcosa attirò la mia attenzione nel cielo: non era uno degli orrori alati, era più veloce e molto più sinuoso, era quasi irriconoscibile in quella sua forma ma quando si diresse verso di me un guizzo, forse negli occhi più che nell'aspetto, mi fece capire chi avevo davanti.
« Kirin! Kirin qui! »

Combattere fianco a fianco con quel ragazzo mi dava un poco di speranza in più. Ogni secondo che passavamo in vita resistendo era un secondo che avvicinava i rinforzi alle nostre linee sempre più sottili e vulnerabili.
Prima della fine del mezzo giorno Lithien avrebbe visto la libertà o un'armata più numerosa alle sue dipendenze.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia | CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Medio (Spalla) + Basso (Addome) + Medio (Avambraccio, da contusione)
Stato Psicologico: Alto (Da paura)
Stato Emotivo: Risoluta.
Energia: 50% - 10% (Medio) - 10% (medio) = 30%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Rotto.]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Mano Destra]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Mano Sinistra]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.

Attive in uso:
» ////

Note: Post più sentimentale che tecnico. La scena è concordata con l'arrivo del pg di Shinodari ^^
Fanie in questo turno cerca di far serrare i ranghi ai suoi compagni facendo in modo che si mettano a cerchio per assorbire meglio i colpi e le perdite (tattica basilare da fanteria). Lei sceglie di prendersi cura dei soldati anzichè dare la caccia al nemico, perché ritiene le loro vite più importanti dell'obiettivo finale. L'alto l'ho messo come senso di abbandono e di dubbio per il generale che ha compiuto le scelte di mandarci a morire in quel modo, l'ho trovato calzante.
 
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The Grim
view post Posted on 7/4/2014, 21:45





Lithien, oltre il cancello

Il cielo sopra Lithien era sempre più cupo, denso d'ali nere e starnazzi di folli. Quegli infetti volanti, che per qualche minuto avevano mostrato una parvenza di logica, domati dall'impeto del guerriero, ora era nuovamente precipitati nella più disordinata pazzia, a farsi stormo senza cervello e senza alcuna stella a tracciarne la rotta. E ormai pareva che la notte fosse calata sulla battaglia, tanto il cielo era stato oscurato dal loro frullare che copriva l'intera volta celeste e solo raramente concedeva uno squarcio di luce ai soldati nella piazza. Vaghi barlumi di speranza in tenebre così disperate. Il cartomante si sentiva oppresso, quasi schiacciato da quella massa di piume e morte, e dalla battaglia che che infuriava attorno a sé, che sembrava persa. I nemici erano molti e potenti, le truppe allo sbando, aggrappate alla sopravvivenza più che determinate alla vittoria, il loro condottiero scomparso chissà dove. Voci lo volevano fuggito in groppa alla sua viverna, altre abbattuto in qualche vicolo della città, altri ancora dicevano fosse a combattere il signore dell'acropoli; nulla vi era però di certo, solo voci tremule. Il nord inospitale sembrava vincerli come solo il crudele Eden con le sue mostruosità e le sue aspre intemperie sapeva fare. Quello era dunque il destino a cui andava incontro e che aveva letto nelle pieghe del tempo, scritto fra le sue carte?


No, lo rifiutava, a Jace beleren, il Cartomante, non calzava bene quel fato. Non era un eroe - la paura e la disperazione che lo stavano asfissiando ne erano un'inconfutabile prova - ma non sarebbe stato un gingillo nelle mani del Destino. Il libro su cui era scritta la sua storia sarebbe stato vergato da una mano sola: la sua, e solo da quella. Decidere della sua vita l'aveva tirato fuori da un'umida prigione di Taanach, e da una nera torre di Stregoni, l'aveva condotto fino all'Erydlyss alla scoperta dell'uomo che era, e così l'avrebbe portato ancor più lontano. Di nuovo padrone di sé, inspirò la gelida aria di quella città, assaporandola come per la prima volta, poi chiuse gli occhi. Il mondo divenne un palcoscenico dal sipario calato, attraverso il quale non scorgeva gli attori, ma ne avvertiva la presenza e i movimenti. Soltanto che anziché scorgere ombre che si muovevano, la sua mente avvertiva la fitta ragnatela di vite sotto forma di auree colorate, dalle forme varie e stravaganti come l'oceano di anime che lo circondava. La magia pulsava da ognuno di loro, ma tra le tante vi era una sorgente più forte delle altre, una che sembrava sul puntò di eruttare; e così fu. Un'ondata incandescente, calda, esplose da quella vulcanica aura rossa - probabilmente il guerriero con l'ascia - espandendosi rapidamente in ogni direzione. Lo stregone, preso alla sprovvista, riuscì a malapena a formulare un blando controincantesimo di dispersione, che non lo salvò dalle fiamme voraci. Ancora una volta sentì sul suo corpo il morso del fuoco.

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A fatica riuscì a mettersi in piedi, sulle sue gambe traballanti. Il suolo vacillava sotto di lui, ondeggiava come un mare in tempesta, complice anche la spossatezza della lunga battaglia. Sentiva il fiato farsi corto, e la carne sfrigolare come stesse friggendo. Eppure serrava i denti e si costringeva alla lotta, a star ritto verso quelle mostruosità, poiché l'unica altra alternativa era l'oblio. Lui da solo non poteva vincere, ma attorno a lui stavano uomini e donne in difficoltà, soldati che avrebbero potuto facilmente ribaltare la situazione. Non era un eroe, ma poteva fingere di esserlo, ingannare i propri stessi alleati per spronarli alla vittoria. In assenza del loro condottiero ne avrebbe fatto le veci.

Il cielo si squarciò ed un enorme drago dalle scaglie d'argento squarciò le nubi al di sopra della fortezza. L'essere era immenso, tanto grande che la sua ombra poteva oscurare un intero palazzo, e planava rapivo verso di loro, ruggendo con furore. Un alleato provvidenziale, un'astuta illusione creata ad arte per attrarre gli occhi dei combattenti e rapire i loro cuori. La creatura pura e bellissima non mostrava alcun segno di corruzione ed appariva chiaro a chiunque per quale dei due schieramenti parteggiasse; o così pareva allo Stregone. Per non lasciar adito ad ogni dubbio però esercitò un altro trucchetto che avrebbe fatto comodo più agli altri che ad esso stesso. Le dimensioni del cartaio cambiarono in un istante e da semplice umano quale era apparve alto più di tre metri mentre spire azzurre d'elettricità danzavano attorno alla sua figura, conferendogli un aspetto divino e curiosamente pericoloso. Proprio come un tuono la sua voce si sparse per l'intera piazza, forte come una tempesta ma chiare come un cielo sereno; era lì per guidarli non per spaventarli.


Soldati di Kreisler, Liberatori di Lithien
il cielo ci manda un aiuto per sconfiggere i mostri di questa città

Lo stregone indicò in alto
Il drago Nicol Bolas è giunto in nostro soccorso!
È il nostro momento! Carichiamo!

Puntò la lancia verso il guerriero con l'ascia, sperando che anche lui avesse notato la scena.
Era pure immagine, nulla di tangibile o dannoso, ma forse questo avrebbe dato tempo e speranza ai suoi commilitoni.
La pelle del camuffamento di Jace si fece di un bianco luminosissimo, i suoi occhi di pura energia azzurra, il suo viso stravolto da un ghigno bestiale.


MORTEE!
MORTEEE!!



Z18bS

specchietto
CS: 4 | Intelligenza 2 Prontezza 2
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5



Stato Fisico: Grave, danno Alto da ustione su tutto il corpo, ferita Bassa alla fronte, autodanno Basso alla mancina;
Stato Psicologico: Risoluto, danno Basso da strillo acuto, autodanno Medio di vertigine;
Energia: 30 - 10 - 10 = 10 %

Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Estraendo la vena è riconoscibile come cacciatore di nemici del Sorya,
° Non soffre di stenti/intemperie all'interno delle terre dell'Eden;


Riassunto Post: Jace riesce a orientarsi nel combattimento grazie al suo Auspex magico. Si accorge però troppo tardi dall'offensiva e riesce così a disperderne - usando la Temperanza - soltanto una parte, subendo un ustione Media. A questo punto Jace usa la Luna a Medio (abilità di talento di secondo livello) per creare l'immagine di un drago maestoso venuto a dare aiuto all'esercito, e per distrarre gli attaccanti. Sfrutta così la passiva di II livello per rendere la sua voce chiara a tutti i guerrieri, e la passiva di III livello per creare l'illusione di esser divenuto gigantesco, e sprona così alla carica contro Gron.

Attive:

CITAZIONE
Temperanza:
Jace è capace, con un semplice gesto della mano od anche un impercettibile cenno col capo, annichilire uno o più fenomeni di origine magica che lo circondano, consumando un ammontare di energie Variabile pari od inferiore alla potenza della manifestazione, nel secondo caso sarà capace soltanto di indebolirla ma non eliminarla. [Consumo energetico: Variabile Medio]

La Luna:
Jace può ricreare sul campo di battaglia un'illusione, ossia l'immagine di un singolo soggetto priva di qualsiasi potenziale offensivo o difensivo ma in grado di ingannare tutti i cinque sensi del proprio avversario, e persino altri sensi aggiuntivi nel caso in cui ne disponga. L'immagine resterà in campo per un turno, qualora spendesse un quantitativo Basso d'energia, oppure per due turni, consumandone una quantità Media. [Consumo energetico: Medio]


 
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view post Posted on 7/4/2014, 22:26
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Aveva assistito alla scena impotente, come se appena svegliatosi da un incubo era immobile e madido di sudore, aveva visto Shakan parlare con Dama Mior, nonostante la vecchiaia e le orbite vuote aveva riconosciuto l'austera presenza della donna, che seppur morente aveva mantenuto la sua altezzosità fino alla fine. I ricordi di quando era stato Lukas erano ancora vivi nella sua mente, gli sembrava di aver vissuto la sua vita più a lungo di quanto l'illusione gli avesse concesso, e ora non aveva dubbi nel riconoscere in quel corpo segnato inevitabilmente dal Tempo la donna che lo aveva iniziato al suo primo caso. Al primo caso di Lukas.
Shakan aveva indicato il monaco che era con lui nei canali di Lithien, e poi Ainwen, dicendo loro di seguirlo lungo una scala a chiocciola poco distante. L'Oracolo non poteva vedere il Demone, che però la fissava chiedendosi se lei condivideva i ricordi di quella guerra, lontana da loro, che però li aveva visti come involontari protagonisti, chiedendosi se le scelte che avevano, che aveva, fatto avevano cambiato qualcosa nel loro presente, chiedendosi se avesse veramente evitato di uccidere Ainwen o se era solo un'altra illusoria immagine disegnata solamente per lui.

-Gli altri seguiranno quel condotto in fondo, invece - arriveranno dinanzi al cancello principale, potendo supportare l'esercito di Kreisler.-
Le parole di Shakan lo riportarono alla realtà, ordinava loro di uscire nelle strade di Lithien per dare man forte alle truppe di Kreisler, nel cuore della battaglia. Senza bisogno di altre parole il Demone corse verso la porta che lo Spettro aveva indicato loro, la katana già sfoderata. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando Kreisler aveva iniziato l'attacco, ma una lama in più serve sempre, e serve subito.
Entrò nel corridoio semi immerso nell'oscurità, una scala a chiocciola simile a quella che aveva visto nella stanza puntava verso il basso, alla fine della scala una spessa porta in mogano si apriva su una via laterale.
Appena uscito in strada i suoni della battaglia che infuriava gli riempirono le orecchie, indicandogli la direzione da seguire.
Continuò a correre lungo la via finchè non arrivò al cuore della battaglia: mostri volanti riempivano il cielo, il terreno era ricoperto di sangue e cadaveri, mentre uomini deformi assaltavano i guerrieri di Kreisler. Sembravano gli infetti che lui stesso aveva guidato come Araldo della Verità e della Menzogna, il morbo che aveva mutato i loro corpi doveva essere lo stesso che aveva colpito le bestie nelle viscere della città.

La battaglia infuriava ovunque, e per ogni soldato che cadeva nasceva un infetto, la situazione sembrava disperata... Un essere volante si abbatté su Montu abbandonando il collo di un mercenario che stava straziando, ma la lama affilata della katana gli recise la membrana dell'ala destra facendolo precipitare a terra emettendo un verso stridulo che riempì l'aria. Temendo fosse un richiamo per i suoi simili il Demone scattò verso la creatura, che invano tentava di tornare a volare rotolandosi nel terreno sabbioso, e la decapitò con un colpo secco della spada. Si voltò per gettarsi nella mischia quando vide un muro di fuoco muoversi veloce verso di lui, come generato da un'esplosione il muro si sviluppava rapido circolarmente.
Il Demone riuscì appena in tempo a difendersi: la mano sinistra, non impegnata dall'arma, si mosse da destra verso sinistra con il palmo aperto rivolto alle fiamme che si avvicinavano, come a disegnare una barriera.
I cadaveri davanti a lui cedettero ai suoi poteri e si mossero inermi formando una muraglia davanti al Negromante, le ossa si spezzarono per la velocità con cui i corpi si scontrarono, e l'insieme schiacciato di arti, carne e ossa, difese Montu dalle fiamme. Superato il pericolo i cadaveri ricaddero pesanti al suolo.
Il Demone si arrampicò sul cumulo di cadaveri che si era formato davanti a lui per cercare l'epicentro del muro di fuoco, ma le bestie volanti gli oscuravano la vista muovendosi in modo caotico, scontrandosi fra di loro e continuando a gettarsi in picchiata sui soldati per poi tornare ad impegnare il cielo sopra di loro.
Riuscì a vedere per un attimo le vesti fiammeggianti di un uomo al centro di una mischia, non provava dolore per le fiamme che si estinguevano sulla sua schiena, e il Demone immaginò fosse lui la causa del fuoco precedente. La sua figura gli fu di nuovo nascosta, e Montu decise di unirsi ai numerosi soldati che stavano affrontando quello che sembrava il generale dell'orda di mostri. Scese dai cadaveri e cominciò a correre nella sua direzione, cercando di evitare gli scontri che lo avrebbero solamente rallentato.
Con una scivolata superò un fendente che lo stava per raggiungere al petto, estrasse la pistola e sparò un colpo sotto il mento dell'uomo che l'aveva attaccato, facendogli esplodere il cranio. Ricominciò la sua corsa ancora prima che il corpo senza vita toccasse terra.
Una bestia alata si gettò su di lui, quasi riuscì a morderlo quando il Demone alzò la katana e gliela piantò nel petto. La creatura sbattè ancora le ali schioccando le fauci, poi esalò l'ultimo respiro abbandonandosi senza vita alla lama di Montu, che facendo perno con il piede estrasse la spada dalla carne grigia del mostro.
La distanza che lo separava era ancora troppa per poter sperare di raggiungere l'uomo in breve tempo, e più si avvicinava più i mostri sembravano aggressivi e senza controllo. Si fermò in un punto che sembrava non essere interessato dagli scontri ed alzò nuovamente la pistola puntando al generale. Combatteva valorosamente contro più soldati, sembrava non accusare la fatica o le ferite. La linea di tiro non era pulita, ma doveva tentare, così esplose un colpo e gli sembrò di vedere il proiettile fendere l'aria in direzione della testa dell'uomo che combatteva distante circa cinquanta metri. Quaranta metri, trenta metri, venti metri... in una frazione di secondo il proiettile stava per arrivare a bersaglio, quando incrociò il cranio deforme di un infetto, il proiettile si piantò nella fronte spessa e affondò pochi centimetri nella materia cerebrale, e l'uomo si accasciò a terra, fu calpestato e in un attimo non fu che un misero tassello nel mosaico di sangue che riempiva il terreno.

Fissò ancora l'uomo, se non poteva colpire il suo corpo avrebbe colpito la sua mente. Se la stava cavando egregiamente contro i soldati, ma come avrebbe affrontato le sue paure? Ogni grande uomo è piccolo di fronte ai propri incubi.
Affronta le tue paure, combatti te stesso.



-Parlato Shakan-
Parlato Montu

Energia: 80 -10 -5 =65%
Status Fisico: Danno da caduta alla gamba destra (Medio)
Status Psicologico: Paranoia (Basso); Sforzo mentale per proiettare l'incubo (Medio + Medio = Alto)
CS Forma Umana: +1 Intelligenza

Armi:
Shokan: Impugnata mano destra
Pistola: Impugnata mano sinitra (1 colpo)

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Dissonante: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione

Abilità usate:
Muro d'Ossa. Consumo: Medio (10%)
Il negromante richiama davanti a sé una barriera invalicabile composta dalle ossa dei suoi nemici, bloccando gli attacchi che gli sarebbero rivolti contro.
La tecnica ha natura magica. Il caster richiamerà un muro di ossa dal terreno per bloccare le offensive rivoltegli contro; a seconda della personalizzazione, la barriera potrà essere composta da ossa, carne, lame o qualsiasi altro materiale solido che possa essere utilizzato per la stessa funzione. La tecnica ha potenziale difensivo pari a Medio e nessun potenziale offensivo. Le dimensioni coperte dal muro potranno essere particolarmente grandi, permettendo di generare una difesa non solo potente, ma anche di grande portata.

[Personale 1/10] Genera nella testa dell’avversario immagini del più terribile incubo che attanaglia la sua mente. Provoca un danno Psionico Alto (20%).
[Abilità Psionica - Consumo Energetico Basso (5%); Auto danno alla mente Medio (10%); Auto danno al fisico Basso (5%)]


Note: Mi difendo dalle fiamme con Muro d'Ossa, poi attacco Kogron con la personale Psionica.

P.S. Ho scalato un danno Basso al fisico che avevo e un altro danno Basso che mi sono autoinflitto con la personale per togliermi in totale un Medio al fisico, e ho aumentato le energie del 40% arrivando a 80% come concesso nell'ultimo specchietto del Capitolo VII
 
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view post Posted on 8/4/2014, 02:45
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Ձմեռը ~ Winterreise ف Im Dorfe ~ է Գյուղի
~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~O~~~
Ջ ~ Capitolo VI: Ritorno a Lithien ~ Ջ

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Atto IV

(Vahram [pensato, lingua aramana], paggio, capitano, Gron.)

«Ma cosa diavolo...»

Quelle parole gli balenarono rapide e frettolose nella mente prima che la sua concentrazione tornasse a rivolgersi sull’alabardiere lordo di sangue, con quattro braccia e occhi trasudanti lividi icori, in procinto di caricarlo a testa bassa. La lama di Yen Kaytsak si sollevò quasi meccanicamente guidata dall’abile presa del cavaliere aramano, le bastò cozzare rapida e misurata sull’asta dell’arma, deviandola, per poi affondare fino alla base nella gola dello sventurato miliziano con inaspettato impeto, tranciandogli di netto la cervicale.

«Ho preso un abbaglio o davvero quell’elfa si è staccata un pollone dalla testa?» Seguitò nei suoi pensieri, scrollando sbrigativamente il corpo senza vita del soldato dalla lancia. «Chi... Anzi, cosa è quella donna?» Si portò la mano al petto, accarezzando il punto in cui Fanie gli aveva piantato il germoglio fatato; sentiva ancora quegli strani, piccoli viticci opalini contorcersi mollemente all’interno del suo corpo. A poco a poco l’ampio taglio che la prestinaia gli aveva inflitto sulla schiena aveva smesso di dolergli. «Di certo non è umana, ehm... elfa. O almeno... non del tutto.»

Di creature bizzarre ne aveva incontrate fin troppe per non accorgersi quando qualcosa non andava in una persona.

Un altro infetto interruppe le sue speculazioni sulla flora corporea della compagna d’armi, questa volta un cavaliere corazzato con affilate creste ossee sugli avambracci. Non durò molto: appesantito dall’armatura, fu prontamente atterrato e massacrato dai soldati addossati al cancello.

Guardò Fanie, a pochi metri da lui. Più tardi forse avrebbe trovato il tempo di fargli qualche domanda e... ringraziarla.

Svuotò la testa da tutti i pensieri inutili. Le sue preoccupazioni tornarono alla battaglia che infuriava ovunque intorno all’entrata di quella cerchia di mura. Quel che lo crucciava più di ogni altra cosa in quel momento era di essere stato trascinato nuovamente fuori dal portone.

Non appena la sua attenzione fu attirata dall’inferno che si stava scatenando nel mezzo delle schiere di Kreisler, tutte le inutilità che gli sciamavano in testa svanirono. I soldati contagiati dal morbo si dibattevano come mostri indemoniati in mezzo a quella mandria di bestie, pressate sulle scale dalle linee retrostanti, che spingevano e spingevano. Afferravano e dilaniavano le povere anime disperate intrappolate e impossibilitate a fuggire a causa della ressa, diffondendo la terribile malattia come una macchia sanguinolenta nel cuore dell’esercito.

Le urla di terrore e le richieste di aiuto sovrastavano ormai le grida di incitamento e le imprecazioni contro i nemici. Vahram li vedeva in faccia quegli uomini. Gote livide e contratte, denti digrignati dal panico più bestiale, braccia e bocche annaspanti in una estrema ricerca di salvezza; alcuni la trovavano... oltre i parapetti del ponte, in fondo al mortale abisso ghiacciato. Certi a occhi chiusi mormoravano preghiere, altri invocavano lamentosi chi la madre, chi i propri dei. Alcuni ingenui attaccati a vane speranze morivano maciullati per mano di compagni e amici, ormai nella morsa della follia indotta dal morbo, nel tentativo di farli rinsavire con le mere parole.

Nei volti dei guerrieri di fianco a lui, il cavaliere leggeva lo stesso identico turbamento. Orrore. Sconforto.

Ma lui no. Al contrario di loro, Vahram si accorse di non provare nulla. La Gûl-lhiw non lo spaventava più.

La traumatica vista di quelle mostruosità, le assordanti sguaiate richieste di pietà, di soccorso, la palpabile disperazione che alimentava il panico nel cuore degli uomini... Di fronte a tutto questo, si scoprì cieco, sordo, insensibile.

Di nuovo... dopo tanti e tanti anni.

In quei soldati, in quei suoi compagni, per un istante rivide quel commiserabile terrore che tingeva i volti dei miliziani sulimani e kiseviti, soldati semplici addestrati alla pretta schermaglia, ma non al sacrificio. O quelli degli schiavi “guerrieri” – se potevano definirsi tali – provenienti dallo Xuaraya: cacciatori, agricoltori, artigiani, boscaioli, inetti alle armi, ma tanto copiosi in numero da poter essere comprati in centurie per una miseria al solo scopo di ingrassare le già nutrite marmaglie di carne da cannone.

Pavidi, deboli, incapaci. Pecore.

Le schiere dell’ormai caduto Impero Sulimano erano colme di quella schiatta di gentaglia. In mezzo a loro, al di sopra di loro, si ergevano i mamūluk. Schiavi fedeli. Veri guerrieri. E ogniqualvolta questi avessero intraveduto quell’ombra d’inquietudine nei volti dei loro liberi compagni d’arme, una volta disposti in formazione di fronte al nemico, all’incombere della battaglia, essi si rimpettivano e li squadravano dall’alto in basso con occhi colmi di compassione, se non disprezzo. Orgogliosi della loro natura cinica e spietata. Orgogliosi della loro mostruosità.

Uomini addestrati a essere mostri. Ecco cosa erano i mamūluk.

In mezzo a tutto quell’orrore, apparentemente nessuno notò il leggero sogghigno allargatosi sulle labbra di Vahram. Ebbe come la buffa e folle impressione che quegli appestati fossero solo bestie grottesche create da qualche dio o taumaturgo per insediare le paure dei deboli.

Nulla in confronto alla sua mostruosità.

Tutte quelle briciole di emozioni umane che aveva faticosamente conquistato da quando il destino gli aveva donato la libertà disparvero nel nulla, come se un qualche demonio le avesse strappate dal suo corpo. Il dolore della perdita di un compagno, di un amico, di un familiare, il timore dell’oblio nella follia, tutti questi valori all’improvviso non ebbero più alcun senso per lui.

Rimase solamente la fredda risolutezza, la cieca esecuzione. A qualunque costo, con qualsiasi mezzo, come solo lui sapeva fare. Il richiamo della battaglia lo tramutò, spegnendogli la fiamma dell’anima e lasciando unicamente un guscio vuoto, ma duro come l’acciaio, efficiente come una macchina... spietato come la morte in persona.

Lo sguardo del guerriero si accese di un bagliore gelido e spettrale. Il suo volto si fece duro e inespressivo.

Come un lampo a ciel sereno lo realizzò, ancora una volta.
Si riscoprì orgoglioso di essere schiavo.

Uno schiavo guerriero.

Un mamūluk...

Un mostro...

nyrh


Gli appestati cadevano uno dopo l’altro sotto i colpi di Yen Kaytsak. La sensazione che Vahram provava in quel momento era inesplicabile. Era come se si sentisse perfettamente a suo agio in mezzo a quella bolgia di sangue, morte e terrore. Combatteva come una furia a spalla a spalla con i fanti pesanti di fianco a lui. Non provava alcun sentimento, solo il puro e naturale istinto di sopravvivenza che lo aizzava a trafiggere, squartare, spappolare, schiacciare qualunque ostilità gli si parasse davanti.

Secchi scossoni rimbombarono alle sue spalle: in tutto quel caos l’avanguardia, anche se non fu in grado di spalancare il portone, era riuscita ad aprire un passaggio abbastanza ampio da permettere a quella risacca umana di defluire piano piano in colonna all’altro lato.

«Il cancello è aperto! Forza! Dentro, dentro! Dovete impedire a quel gigante figlio di un demonio di riprendersi l’ascia! Addosso, fermatelo!» Udì gridare uno dei comandanti, incitando i soldati ad avanzare per quel grosso spiraglio.

«Cosa?! No... non glielo permetterò...» Penso, lasciandosi sfuggire un ringhio di disappunto. Era stato lui a disarmare il guerriero rosso e, fiero della sua abilità, non avrebbe lasciato che il suo sforzo fosse vanificato.

La stanchezza cominciava a farsi sentire, ma Vahram aveva il sentore che man mano che l’acropoli si avvicinava, più la battaglia si sarebbe fatta serrata. Doveva restare lucido, aveva bisogno di nuovo vigore. Trasse fuori dalla bisaccia un pezzo di corteccia, se lo cacciò in bocca e iniziò a masticarlo. Corteccia d’acacia, una droga utilizzata dagli aborigeni dello Xuaraya; si diceva che permettesse a un guerriero di combattere per un giorno intero senza accusare minimamente la fatica.

«Mi dispiace, Fanie.»

Si coprì di nuovo il volto con la sciarpa nera e, senza esitazione, si gettò in mezzo alla colonna di soldati concitati che tentavano scalciando e spintonando di superare il portone. Erano passati appena una trentina di secondi da quando l’elfa lo aveva trascinato via dalla prima linea e già vi tornava con rinnovata veemenza.
Fu allora che lo vide.

Il paggio che aveva combattuto al suo fianco pochi minuti prima giaceva a terra supino e coperto di sangue. Un infetto avvinghiato a lui gli mordeva il collo dilaniandogli la morbida pelle chiara e vellutata. Con un agile balzo, Vahram gli fu addosso. Piantò con forza la lancia nella schiena dell’appestato e lo staccò dalla sua preda, trascinandolo via come se lo avesse infilzato con una grossa forchetta; pose fine alle sue sofferenze con un colpo di grazia dritto nel cuore. Si chinò sul ragazzo mentre ancora il corpo dell’infetto si dimenava di fianco a loro negli ultimi spasmi di morte.

«A-Aiutami...» Supplicò il giovane con voce gorgogliante, rigurgitando un fiotto di sangue. Vahram vedeva nei suoi occhi il terrore, il terrore della morte, o peggio di trasformarsi in una di quelle cose, ma non provava alcuna compassione o affezione. I suoi occhi erano gelidi e i suoi freddi pensieri studiavano unicamente il modo più saggio di agire.

Alzò la lancia, puntando con precisione al centro del petto del paggio.

«E-Ehi, ma cos...? Che stai facendo?! Ti prego, no! NO!!» Guaì il ragazzo con voce tremante.

«Mi dispiace, yeritas.» Il tono del guerriero era fermo e atono, innaturalmente spettrale. «Ma è meglio così.»

Colpì rapido e preciso. Senza alcuna esitazione.

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«Forza. Avanzate, soldati! Non fermatevi!» Sbraitò ancora il robusto capitano da un punto imprecisato in mezzo alla torma.

Ben pochi sentirono quelle parole, né altrettanti si adoperarono per farsi strada oltre il pandemonio che l’armata si trovò davanti una volta superato il cancello. Gli orrori volanti, affrancati dal potere dell’ascia, sciamavano impazziti in ogni dove, scatenando un putiferio assordante e caotico. Diversi combattenti avanzavano a stento, bassi e proteggendosi la testa con gli scudi – chi ne possedeva uno – o con le mani, ma la maggior parte indugiava sull’uscio o a ridosso del portone o addirittura fuggiva nel panico. Non si sentiva nulla, non si vedeva nulla.

Vahram, chino, si intrufolò in quel caos senza alcun timore, puntando al suo obiettivo come un leone in procinto di aggredire la sua preda. Riusciva a intravedere vagamente le possenti gambe del Rosso in mezzo a quell’intrico di ali turbinanti.

«Non mi serve una grossa arma per farvi a pezzi.» Urlò il gigantesco guerriero, guardando con disprezzo la marmaglia impaurita di nemici di fronte a lui. «Brucerete... e di voi non rimarrà nulla.»

Il cavaliere aramano lo vide portarsi rapidamente qualcosa alla bocca. D’improvviso un inferno di fuoco e fiamme investì ogni cosa. Quasi istintivamente, Vahram si accucciò alzandosi il resistente mantello nero da combattimento sopra la testa per proteggersi. Sentì l’ondata rovente ustionargli la schiena, ma il danno che subì non era nulla in confronto alla strage che questa seminò tra i soldati alle sue spalle.

Quando si rialzò, ovunque intorno a lui lingue di fuoco guizzanti correvano e si dimenavano. Udì urla straziate e gemiti di dolore mentre stormi d’infetti precipitavano contorcendosi in fiamme. L’aria era impregnata dell’acre e insopportabile odore di carne bruciata.

Anche il suo mantello stava andando a fuoco, ma non se ne curò: la sua concentrazione era rivolta unicamente all’unico grosso ostacolo che si ergeva sulla sua strada.

«Non mi separerete facilmente della mia ascia.» Il Rosso stava cercando si recuperare la sua arma.

Subito Vahram trasse fuori dalla faretra un’altra di quelle strane frecce dall’ampio impennaggio, questa volta con una strano e grosso contenitore incartato di forma ovale al posto della cuspide, dal quale spuntava una miccia. Un altro fiore di fuoco, uno di quelli speciali. Abbastanza potente da sventrare una parete di mattoni. Strappò il rivestimento che fungeva da sicura, spezzò l’asta della freccia e accese la miccia sopra una delle fiamme che gli stavano consumando gli abiti. Il sottile fio bianco cominciò a sfrigolare di scintille gialle.

«Uno... Due... Tre...» Tenendo nel palmo quello strano uovo, osservò la miccia calcolando l’intervallo di tempo giusto tra il lancio e l’esplosione.

Sentì un colpo al dorso della mano e la bomba rotolò lontana dalla sua mano.

«Merda!» Un’ala vagante uscita dalla bolgia soprastante lo aveva colpito. Vahram vide la miccia esaurirsi rapidamente e lo sfavillio avvicinarsi pericolosamente al buco. Non si perse d’animo: senza pensarci due volte, si gettò a capofitto nella tempesta di orrori, arrivando appena in tempo a calciare l’uovo di terracotta con una rocambolesca scivolata.

Fece appena in tempo a vedere l’ordigno ruzzolare veloce dirigendosi in mezzo alle gambe del Rosso, prima di gettarsi a terra per proteggersi dall’esplosione.

La situazione era troppo concitata per poter notare chiunque altro cercasse di ostacolare il campione nemico, ma la priorità in quel momento era rallentarlo o fermarlo ad ogni costo.

E quella carica sarebbe bastata a spappolare le gambe di un toro.



Personaggio
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Alto+Basso) Ferita da freccia sulla schiena (Bassa), contusione sulla guancia sin. (Bassa), danni da caduta distribuiti su tutto il corpo (Basso), ustione sulla guancia sin. (Bassa), ustione sulla schiena (Basso).
Mente: (Danno Alto) Danni alla mente (Alti).
Energia: 55+10-5-20= 40%

Raffi: Corpo (Danno Basso): Danni da caduta alla coscia sin. (Basso).


Armi:
Yen Kaytsak: in mano.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.

Oggetti: Corteccia d'acacia (oggetto di quest/+10% energia).


Munizioni
Faretra: 10-1= 9



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.


Tecniche attive utilizzate
[[1/10] “È tutta questione di metodo” (Tecnica personale difensiva di natura fisica) ~ Consumo Variabile Basso]
~ Perché erare è umano, persevrerare est himar, aper.
Questa tecnica difensiva ha natura fisica e può essere utilizzata solo sul caster.
In virtù della sua fine accortezza, del suo occhio analitico e della sua inesauribile inventiva, Vahram può evitare o limitare i danni degli attacchi offensivi fisici o magici degli avversari studiando in anticipo i loro movimenti o escogitando difese o espedienti bislacchi o imprevedibili.
Il modo in cui Vahram sventerà l’attacco può essere del tutto personalizzato. Starà poi all’arbitro valutare la validità e la sportività delle sue azioni.
Potrà essere utilizzata per avvantaggiarsi al fine di effettuare un attacco o una tecnica separata, ad esempio schivando una palla di fuoco gettandocisi contro e passandoci sotto a metà strada per avvicinarsi all’avversario e attaccarlo successivamente in corpo a corpo. In ogni caso, tassativamente l’uso di questa tecnica dovrà rientrare nel numero di tecniche massime eseguibili in un singolo turno.


[ Fiore di fuoco (Pergamena Cacc. Dardo esplosivo) ~ Consumo Variabile Alto]
~ Buone feste, aper!
Questa tecnica offensiva ha natura magica. Vahram scaglia una speciale freccia dotata una potente carica pirotecnica innestata al posto della cuspide, che esplode a contatto con un nemico o un bersaglio predestinato generando un magnifico fuoco d’artificio. Chiunque si trovi in prossimità dell'esplosione, subirà un danno pari al costo speso, ad esclusione di Vahram, che non sarà minimamente influenzato dalla deflagrazione, sotto nessun aspetto. La durata è istantanea.


Tabella riassuntiva
Sunto: Dopo una breve introduzione in cui Vahram parla di come Fanie l'ha curato, supera nuovamente il portone (Fanie lo aveva ritirato fuori), ma non prima di aver utilizzato l'oggetto curativo concesso dai QM. L'ho personalizzato come corteccia d'acacia - usata realmente comunemente in guerra dalle tribù Masai per non sentire la fatica - per ripristinarmi un 10% di energie.

Una volta dall'altra parte, mi difendo dall'ondata di fuoco di Gron utilizzando “È tutta questione di metodo” a consumo Basso accucciandomi e riparandomi sotto il mantello, subendo così solo un Basso da ustioni.

Infine attacco lanciando un Fiore di Fuoco a potenza Alta tra le gambe di Gron, tentando di azzoppare o almeno rallentare il guerriero per permettere a Shervaar di distruggere l'ascia.
 
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view post Posted on 8/4/2014, 16:51
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Suzushikei
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Dalle nebbie del passato...

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Dalle Cronache
della Fenice


Lithien


Voi piuttosto come mai siete qui? Mi aveva chiesto Malzhar, il Profeta, la sera prima della battaglia.

«Gloria, ricchezza, un posto alla tavola del vincitore... Se avessi ambito a tali ricompense, forse, la mia scelta sarebbe stata più semplice.
Ho deciso di arruolarmi per imparare cosa significhi realmente agire per il bene, antemponendo le necessità altrui alle proprie.
E non sto parlando dell'aiuto che sarei in grado di dare al singolo, ma voglio capire se sarò davvero capace di recidere vite per un bene superiore.
Domani dovremmo combattere contro persone, la cui unica colpa è di essere state infettate.
Non sappiamo chi ci troveremo davanti, se un soldato o uno speziale, una mamma, forse un bambino.
Non sarà facile... E il sangue di cui ci macchieremo... di cui mi macchierò... dovrò conviverci finchè avrò vita, perchè ora mi è concesso ricordare.»

...La mia risposta...


cittagrave_zps9b15a08d


«Parlato (Umano)» «Parlato (Avatar)» Pensato Narrato/size]



Jace, il Cartomante


Lo incrociai attorno ad uno dei fuochi da campo, la notte antecedente l'attacco alla città.
Quando fu il mio turno mi invito a sedermi e a scegliere tre carte dal mazzo.
Il primo tarocco, "Il Folle ". La mia partenza sembrava essere stata decisa con ingenuità, come se avessi preso troppo alla leggera il compito che mi sarebbe prospettato davanti; la diretta conseguenza della mia rinascita. Potevo ridefinire la mia esistenza liberamente, ma questo stava a significare che non avrei più avuto alcun punto di riferimento.
La seconda carta, " Il Mondo ". Non potei non notare lo sguardo accigliato del cartomante mentre osservava la carta. Era uno schema molto raro. La carta del mondo e quella del matto sono la fine e l'inizio del viaggio, un antitesi molto interessante. Presto mi sarebbe stato permesso di essere completo, qualunque cosa avesse voluto dire.
La terza carta, la " Giustizia ". Se avessi condotto un'esistenza retta, in un futuro non troppo lontano sarei stato ricompensato trovando l'equilibrio e l'armonia, che avevo sempre desiderato raggiungere. Il cartomante, però, mi mise sull'avviso: la sequenza di carte era insolita, per cui non era detto che il finale che mi attendeva non fosse una morte onorevole che mi avrebbe redento dalle mie colpe, o sarei incorso in eventi sovrannaturali di portata simile.



Sadness and Sorrow



L'alba era arrivata fin troppo presto.
Mi ero unito la sera prima al gruppo degli artiglieri. Nostro sarebbe stato il compito di aprire delle brecce, affinché il resto dell'esercito potesse penetrare all'interno della città.
E fin da subito mi resi conto con orrore che avremmo subito molte perdite tra le nostre fila, ancor prima che la battaglia avesse inizio.
Non potendo contare su macchine d'assedio atte a supportare il nostro gruppo con un “fuoco” di copertura a causa della conformazione orografica a nostro svantaggio, potevamo solo sperare che le mura non fossero troppo sorvegliate.
Gli infetti si davano ad una frenesia estatica nell'uccidere i propri avversari o rimaneva in loro un barlume di lucidità mentale? Nel primo caso avremmo avuto più possibilità di successo, almeno per quanto riguardava la prima fase del piano di conquista.
Quella era la nostra scommessa, l'unica possibilità di non soccombere tutti ancor prima di raggiungere la cinta muraria.
La breccia fu aperta, gli esplosivi fecero il loro lavoro, lasciando spazio alle truppe di sciamare all'interno.
Purtroppo il sangue versato fu un tributo cui avrei preferito non assistere.
Mi concessi un singolo istante per onorare la loro memoria, sperando che i feriti in qualche modo riuscissero a tornare all'accampamento. A malincuore mi costrinsi ad avanzare, ad abbandonarli al loro destino: avevo un altro compito da portare a termine.
Per proteggere la carica della cavalleria in quelle strette e tortuose stradine noi artiglieri dovevamo offrire copertura da una posizione soprelevata, ripulendo la loro avanzata da ogni possibile attacco nemico.
Grazie all'incanto che ci era stato donato fui in grado di raggiungere i tetti di uno degli edifici più vicini alle mura, scalando le sue pareti con estrema facilità.
Mi feci strada vibrando fendenti e utilizzando la magia per creare dei proiettili laddove i miei avversari erano lontani da raggiungere.
Non avevo tempo da perdere se volevo proteggere l'avanzata dei miei compagni, non potevo concedermi il lusso di pensare che quegli infetti, un tempo erano gli innocenti abitanti di Lithien.
Presi la rincorsa e saltai da un terrazzo all'altro dove stava infuriando una piccola battaglia personale.
Uno dei miei compagni, non molto più anziano di me, stava duellando con estrema abilità con un gruppo di infetti.
Sebbene in inferiorità numerica, il giovane sembrava avere la situazione sotto controllo fino a quando il mio sguardo si posò su una figura, inizialmente un'ombra che aveva invaso il mio campo visivo. Era un essere grottesco, un tempo umano, mentre ora era un insieme di mutazioni che cercavano di collidere le une contro le altre.
Non indugiai un istante di più, l'indice destro era premuto sul grilletto della flintlock. Feci fuoco, una, due volte, alla schiena dell'infetto. Non molto onorevole, un atto di sopravvivenza, quella del mio compagno. Avevo preso di sorpresa quella misera creatura straziata da colpe non sue. La vidi cadere al suolo, in un ultimo gemito di vita la sua mano destra abnorme tesa nel tentativo di artigliare la caviglia del giovane ma senza successo, prima di trovare la pace, il riposo eterno.
Raggiunsi il mio compagno d'arme. Schiena a schiena combattemmo per le nostre vite, falciando con la spada e la magia chiunque provasse a rivendicare la nostra esistenza.
Al termine di quel massacro il mio sangue era misto a quello delle vittime che erano cadute sotto i nostri assalti.
Ero ferito, nessuno di noi due era uscito indenne.
L'infezione sembrava rinvigorire alcuni di loro, quasi donandogli un'energia che andava oltre i limiti fisici.
In mezzo a quel bagno di sangue per un istante fui sopraffatto dal dolore.
Nella foga del combattimento avevo preferito non vedere; ogni minima distrazione sarebbe potuta risultare letale, ma ora in quel minuscolo angolo di pace potevo guardare in faccia la realtà.
La pace che mi ero conquistato, seppure effimera, era costata l'esistenza di persone che non avevano chiesto di far parte di quel carnaio. Era vittime indifese che si erano ritrovate a vivere l'orrore di una vita che non gli apparteneva più, guidate da istinti che le avevano portate a desiderare la morte altrui senza alcun freno o remora morale.
Mi inginocchiai accanto ad uno di quei corpi privi di vita. Era poco più di una bambina. I vestiti laceri dove erano spuntati degli embrioni di ali simili a quelle dei pipistrelli, ancor atrofizzate, troppo piccole per permetterle di volare. I suoi lineamenti un tempo delicati erano stati deturpati dal rigonfiamenti di uno dei due occhi e da zigomi acuminati da cui sembrava volessero uscire degli aculei ossei. Teneva stretta in una mano una bambola di pezza ormai logora; forse un ultimo ricordo della sua umanità, un riflesso di quello che il contagio le aveva strappato via per sempre.
Piansi, non riuscii a frenare le lacrime che mi rigavano il volto, il cuore sopraffatto da un dolore che non credevo fossi in grado di provare per uno sconosciuto.
Ero rimasto da solo in quel lago di sangue, circondato dall'eco della battaglia che infuriava.
Il giovane, di cui ignoravo il nome, era scomparso al termine dello scontro.

Persi la cognizione del tempo, la mia mente concentrata sul non soccombere a quelle creature, il cui numero non aveva fine.
Eppure non potevo fare a meno di pensare che a Lithien, come a Taanach, era stata la popolazione ad aver fatto le spese delle decisioni di pochi. Una manciata di persone che, per il proprio tornaconto o la propria sopravvivenza, aveva condannato anime cui non era stato concessa nessuna possibilità di salvezza.
E per quanto sapevo di dover mantenere il sangue freddo questa consapevolezza mi faceva rabbia, una profonda rabbia.
Frenai la mia corsa contro gli infetti e scelsi di occuparmi dei compagni feriti, aiutandoli dove potevo a ritirarsi, a dare loro una possibilità anche se minima di tornare indietro.
Le morti gratuite non sarebbero servite a nulla.
Decisi di assumere la forma demoniaca. L'effetto magico era scomparso ormai da tempo e l'unico modo che avevo per muovermi rapidamente era di volare.
Mi mossi alla ricerca di quei drappelli circondati dagli infetti, cercando di aprirgli una strada con ogni mezzo, ma la mia energia non era illimitata e per ogni infetto che uccidevo altri prendevano il suo posto.
Mentre ero in volo notai uno stendardo ergersi come un baluardo, un gruppo di persone che si stava frapponendo all'orda di infetti per permettere ai loro compagni di avanzare.
Mi avvicinai facendo attenzione a schivare le creature volanti che infestavano i cieli.

« Kirin! Kirin qui! » mi sentii chiamare.

La riconobbi, era Fanie, la fanciulla elfica che avevo incontrato a Babilonia, con cui avevo piacevolmente parlato davanti ad una tazza di tè e biscotti al limone.
Non persi tempi e planai al suo fianco, trasformandomi in umano per evitare che le ali mi fossero di intralcio.
Non c'era tempo per le domande.
Concentrai la mia magia per creare una fenice di fuoco che si scisse in una moltitudine più piccola per attaccare un gruppo di infetti, per cercare di dare un po' di respiro a quei soldati provati dalla battaglia.
Ne ammiravo il coraggio, sapevo di aver scelto di condividere con loro, con Fanie, il rischio di non vedere una nuova alba. E forse era quello il destino che aveva predetto l'ultima carta, ma...
...Ma non ero tipo da arrendermi, non intendevo farmi condizionare dai tarocchi.

Avrei scelto io il mio destino a colpi di spada e di proiettili arcani, collaborando con i miei compagni, aiutandolo a restare in vita.


D7g4Hgy
[size=3]Kirin Rashelo

CS
[Riflessi 3, Intuito 1], «Kirin l'umano»
[Intuito 2, Intelligenza 2], «Zeross l'avatar demonico»


Energia Residua: 40%

Danni Fisici: Basso da artiglio al polpaccio destro, Medio da contusione per un colpo di mazza alla schiena, Medio per una ferita da taglio al fianco sinistro, escoriazioni varie di natura Bassa

Equipaggiamento

Flintlock scarica, rinfoderata
Schiavona nella mano destra

Passive

Presenza Demoniaca
Kirin incute un lieve timore in chiunque gli stia accanto, purché questo non sia un demone stesso, e che sia di energia pari o inferiore a lui.

Arcanista I
Kirin è in grado di a manipolare la magia per creare delle pallottole di puro potere arcano.
In termini tecnici questi attacchi a distanza possono essere utilizzati liberamente,
ma rappresentano comunque dei semplici colpi non tecnica.


Arcanista II
Le abilità magiche possedute da Kirin saranno così elevate da superare qualsiasi processo che intercorre fra intenzione e azione,
permettendogli di utilizzare tutte le proprie tecniche di natura magica in tempi di concentrazione pressoché nulli,
generandole istantaneamente e in qualsiasi condizione psicologica.


Arcanista III
Affinando l'intelletto con l'aiuto della “Gemma della Sapienza”, Kirin ha raggiunto lo stadio ultimo dei suoi studi: la “Visione della Magia”.
Non importa come si definisca tale capacità, auspex, sesto senso, intuito, quello che conta è il poter “vedere” gli effetti arcani comprendendone la loro natura intrinseca.


Telecinesi
Taanach: quel giorno segnò la fine di quasi tutte le mie abilità "Esper".
L'unica capacità, che è sopravvissuta, consiste nel riuscire a muovere il mio equipaggiamento con la sola forza del pensiero,
senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto alla mia posizione.


Attive:

Pergamena
◊ Fenice di Fuoco ◊

Accolito degli elementi, [iniziale]

L'incantesimo inscritto in questa pergamena permetterà al mago, una volta che l'abbia imparato, di manipolare l'energia elementale del fuoco per dar vita ad una Fenice fiammeggiante che si scaglierà contro l'avversario.
Se utilizzata ad area, la tecnica causerà danno basso ad ogni nemico colpito.
Note: Tecnica di Natura Magica, elemento Fuoco.
Danni: Medio.
Consumo di energia: Medio.


Note:
Ho cercato di riassumere le azioni di Kirin durante la battaglia fino a quando si ricongiunge con Fanie per combattere assieme.
Le ferite e il dispendio energetico sono stati aggiunti per dare coerenza al racconto. Non era possibile che Kirin uscisse illeso dagli scontri. Però ho scelto di non infettarlo.

 
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Bastard de la Nuit
view post Posted on 8/4/2014, 17:57






Dapprima fu un cigolio, la cui eco si perse nell’urlo di mille spade sguainate e mille corpi straziati.
Non se ne era nemmeno avveduto il guerriero del Nulla, teso com’era nel compito ingrato di spegnere tante vite, prima che queste spegnessero la sua, e con essa l’ultima possibilità di salvezza per Lithien.
Poi uno scricchiolio fastidioso vibrò nell’aria, e la Viverna voltò il capo verso il cancello spezzando con uno schiocco secco la spina dorsale dell’ennesima vittima che si dimenava tra le sue fauci.

E il cancello si schiuse.

Solo un filo dapprima, solo quanto bastava perché una lucertola vi passasse. Ma tanto bastava. Voltosi dalla fiumana incessante di infetti, Kreisler in groppa a Nacht cominciò a colpire il solido metallo nella speranza di creare un pertugio. L’esercito intorno urlava e si difendeva come poteva, ma uno ad uno i soldati cominciarono a radunarsi intorno alla minuscola breccia, pressati da creature immonde su ogni lato.
Un ultimo urlo della viverra, un colpo di coda disperato e finalmente accadde ciò che nella storia di Lithien non era mai accaduto: la via dell’Acropoli era aperta agli invasori. Le svettanti sagome del Pantheon e del Palazzo del Conclave, lassù, torreggiavano nel cielo del mattino, e non si riusciva a distinguere se quella visione fosse un buon auspicio o l’ironica beffa di un destino avverso.
Ma presto il cielo fu oscurato: nube nera sbocciò dalle viscere della terra, si abbarbicò alle torri, dipanò le sue trame a coprire quello scorcio di speranza col nero dell’orrore.
Orrore. o orrori. Migliaia, milioni di abomini che un tempo erano persone normali che amavano il buon cibo e fare l’amore. E che ora aspettavano solo il dono di estrema pietà: una morte veloce.
- Apritemi un varco, vi prego! -
Non perse tempo il Cavaliere, e si mise in volo verso l'obiettivo, tra lo stormo rivoltante che si fendeva ai colpi dei suoi guerrieri.
Vibrava la lancia alla cieca mentre teneva gli occhi bassi sul collo di Nacht per paura di scorgere le fattezze di qualcuno che conosceva.
Non c'era tempo.
Ravelon doveva essere trovato prima che scatenasse altre calamità sull'esercito allo stremo. Strinse ancora più forte le gambe attorno al corpo della sua cavalcatura, che volò in direzione del guerriero che comandava l'orda di creature.
Alzò il capo verso il suo obiettivo, lo vide, lo riconobbe.

- KOGRON! -

La voce, carica di odio, risuono' al di sopra del frastuono degli abomini. Lo ricordava, il Generale. Comandante supremo delle forze armate di Lithien e membro del Conclave, aveva sempre optato per le soluzioni drastiche, per il governo del pugno di ferro. Questo era cio' che dicevano di lui nei corpi di guardia dove era stato addestrato dopo essere fuggito da suo padre e aver assunto un'identità fittizia. Lord Nubor, Ascia della Giustizia. Kreisler digrignò i denti: che giustizia era, quella dell'uomo a cui costui si era asservito? Quale rettitudine nel conquistare e difendere una città in preda alla malattia?
Il colosso in armatura ricambio' lo sguardo dello Straniero con tono di sfida, e abbozzò la parvenza di un sorriso beffardo sul volto sfigurato del Morbo mentre parava i colpi che i pochi coraggiosi che si erano riusciti a spingere fino a lui gli vibravano.

- Saresti dovuto arrivare prima, Valrafkan. La Gullhiw ha riservato un trattamento di favore a noi esseri superiori. Ci ha nutriti, fortificati. Io e la Regina non ti permetteremo mai di passare! -

Come una gigantesca scia nera, i mostri che sciamavano nell'aria tutt'intorno, oscurando perfino i cieli, seguirono la parabola tracciata dall'enorme bipenne e riabbatterono con tutta la loro furia sulla viverna. Straziante, lo stridio di dolore dell'animale risuonò per tutto l’Erydlyss mentre le ali abbrancavano l’aria senza sorreggervisi, e la maestosa predatrice di chitina e acciaio cadde.

- NO! -

Un tuffo al cuore. La coscienza di non poter fare niente per salvare un amico, di nuovo. Saltò, e si maledisse, e il vento del nord gli ghiacciò le lacrime sul viso. Non riuscì nemmeno a vedere Nacht nel momento in cui rovinava al suolo: non poteva, se almeno lui voleva vivere.
Fu inghiottito nel vortice di orrori, vi sparì. Un ghigno di soddisfazione si dipinse sul volto del Generale Gron mentre riponeva l’ascia. Il silenzio calava sull’Acropoli devastata. Non era rimasto più nulla del sedicente eroe che avrebbe conquistato Lithien, e il suo esercito avrebbe fatto di lì a poco la stessa fine sotto l’ondata inarrestabile di infetti.
Si voltò, mosse alla volta del Pantheon per comunicare la riuscita della missione alla Regina.

La lancia ne trapassò il costato prima ch’egli si accorgesse della presenza comparsagli di fronte.

- Tu… -

L’acciaio fu rigirato nella carne, e la vita scivolò via da Lord Nuborok, potente tra gli Infetti. Con uno strattone secco Kreisler tornò in possesso dell’arma, il cuore troppo gonfio di dolore per la perdita di Nach per poter gioire della vittoria. A passi lenti e grevi si avviò verso il Pantheon, seguito dal guerriero dalla pelle d'ebano.
__________________________________________

Assisa su di uno scranno marmoreo senza tempo, la Matriarca di Nobilunia contava gli istanti come lunghi secoli di non vita le avevano insegnato a fare. Paziente come il ragno dopo aver tessuto la sua tela, inamovibile come quella Bianche Mura che aveva giurato di proteggere, anche da leghe e leghe di lontananza.
Vai a Nord, le aveva detto un giorno il Signore di quelle mura. Cerca tra i picchi dell’Erydlyss la città decaduta di Lithien. Conquistala dall’interno. Rendila segugio fedele, lascia che si creda libera senza che scopra il suo reale padrone. Ferma lo Spettro quando, ribelle, tornerà alla sua patria. Perché so che non potrò tenerlo stretto a me a lungo.
E cosa aveva potuto fare lei, che per tanto tempo aveva protetto l’entrata del Maniero da nemici e indegni? Aveva lasciato una vita sicura, l’unico uomo che era riuscito a smuovere il suo cuore carbonizzato e vizzo ed era partita.
E ora era lì, in una città che non conosceva a fondo, in una realtà che non le apparteneva - non più di quelle sembianze da eterna ventenne con cui l’acqua di eterna giovinezza aveva pietosamente rivestito il suo corpo devastato dal rogo degli eretici.
E contava gli istanti, Ecatherine la Strega, aspettando Shakan e la sua nemesi.
Aspettando il suo Cavaliere.
Kreisler.

Le alte porte bronzee si spalancarono, la luce del mattino vi si riversò impietosa sul selciato di marmo opaco del passaggio dei sacerdoti nei secoli. Ma il sole non era ancora allo zenit, e i suoi raggi non erano tanto abbacinanti da impedire alle due figure in controluce che avanzavano nel Pantheon di passare inosservate agli occhi della Strega.
Venivano vicine, lentamente, uscendo poco per volta dalla chiazza di sole dell'entrata, gli occhi che si abituavano alla penombra profumata di incenso antico come quelli della regina senza tempo si facevano adusi alla luce. Passi e battiti di cuore e interminabili silenzi interposti a scandire un tempo altrimenti privo di senso per lei.

E furono finalmente vicini abbastanza da riconoscersi, abbastanza da ricordare e soffrire.
Kreisler era cambiato: la luce di vigore e speranza nello sguardo gli si era spenta, fiaccata da innumerevoli delusioni.
La barba incolta, le armi infrante e riforgiate. Lo scintillio di un filo grigio tra i riccioli neri.
Ecatherine sapeva di non essere cambiata in quel tempo in cui aspettava trepidante il suo Cavaliere di ritorno dalle sue battaglie, in cui entrambi servivano il Leviatano senza che la loro fedeltà vacillasse - del resto come poteva cambiare un cadavere? Il cuore non pulsante eppure vivo non sussultò, nessuna emozione turbò il viso pallido e perfetto incorniciato dalla cascata di capelli color della notte. Lo Straniero invece… Senza una parola la Strega assisté impassibile al mutare dell'espressione del guerriero dalla determinazione alla sorpresa, all'incredulità, allo smarrimento.

- …Ecatherine? -

L'altro si girò verso di lui squadrandolo. Che pensieri si insinuavano nella sua mente in quel momento? Probabilmente vedeva il suo capitano mancare di risolutezza, magari si chiedeva se avesse il cuore abbastanza duro per poter ricoprire degnamente il comando dell'esercito.
Ma non erano quei pensieri ciò che le interessava al momento: si rivolse nuovamente a Kreisler.

- Precisamente, Kreisler traditore del Regno. -

Alzò il mento per guardare l'uomo che l'aveva amata dal basso in alto, per cercare di trovare nel suo cuore un disprezzo, un odio che in realtà non poteva trovare.

- Fu Ray a ordinarmi di conquistare Lithien, di affiancarmi al signore della guerra che ne aveva usurpato il dominio per renderla schiava inconsapevole. Per eliminare una minaccia alla pace del Regno. Cos'hai fatto tu per lui invece? Hai infranto il giuramento di fedeltà che io stessa ti ho fatto prestare risparmiandoti la vita e lasciandoti varcare le Mura come servo del Toryu. -

L'uomo provò ad aprire bocca per intervenire, ma lei continuò imperterrita.

- Ti sei alleato ad altre forze, hai volto le spalle al Re ed ora sei venuto a portare la guerra a un luogo che doveva solo essere lasciato a morire in quarantena per preservare l'incolumità del Regno.
Hai aperto le sue porte e hai lasciato che la Gullhiw si diffondesse per le montagne, e che i venti la portassero fino ai villaggi e alle città. Pensavi davvero di salvare Lithien, Kreisler? In realtà hai condannato molte più...
-

- IL RE È MORTO! -

Smarrimento, disperazione, frustrazione. Mentre dipanava le sue accuse poteva leggere le emozioni che passavano rapide dietro gli occhi dello Straniero come fossero insegne su una strada familiare. Ma quel grido improvviso, quell'esclamazione troppo intensa per poter essere tenuta dentro non se l'era aspettata. Ricordava Kreisler come un uomo che serbava le sue sofferenze senza mostrarle al di fuori, che nei momenti di maggior disperazione era capace di un distacco dalla realtà che poteva sembrare indifferenza a chi non capiva, o fare paura a chi intuiva il fiume in piena di emozioni che si agitava sotto la maschera di impassibilità.
Kreisler era cambiato, questo era certo. Ma non poteva sperare di aver ragione di una Regina con fandonie prive di ogni fondamento logico.

- Menti, Kreisler, e pure male. Come può Ray morire? Il suo potere cresceva sempre più mentre ero vicina al Maniero, e già rasentava l'onnipotenza quando me ne sono andata. La morte non può averlo. -

Silenzio. Egli aprì la bocca un paio di volte, la richiuse non trovando le parole. Infine rispose.

- Non sai niente del Crepuscolo? -

Aveva sentito parlare della guerra che aveva sconvolto in mondo, Ecatherine. Eventi lontani, da cui la città era stata protetta entro la magia antica della sue mura, non evidente eppure tangibile. Potere arcano quasi quanto i rituali di stregoneria di Nobilunia, cui lei era stata iniziata un giorno che le sembrava lontano una settimana o un eone.
Il conflitto tra Ray ed Eitinel aveva modellato il mondo, Ravelon le aveva rivelato. Ma nessuna voce le era giunta a proposito della morte del Sovrano. Una lieve incertezza incrinò la barriera delle sue sicurezze.
Che…?

- Il Leviatano e la Fenice si sono affrontati e il primo ha vinto, ma al prezzo della vita del suo stesso capo. Shakan l'ha visto con i suoi occhi. Non vi è più giuramento che valga la pena di mantenere, Ecatherine. -

Le tese la mano, nello sguardo un barlume di speranza.

- Vieni con me, salviamo Lithien dalla rovina. Per la gente di qui ora non v'è più speranza, ma la Gullhiw ora può essere fermata in tempo nei primi stadi della malattia. Insieme possiamo… -

- No! -

S'alzò di scatto dallo scranno. Era troppo. Ogni cosa che credeva certa, ogni verità che aveva assunto come incontrovertibile veniva meno. Quell'uomo distruggeva il suo mondo ogni volta che la incontrava, prima come l'amore, poi con la guerra. E nel suo orgoglio di Regina, Ecatherine non poteva permetterlo.

- Se speri di trarmi alla tua causa con semplici parole, Kreisler Valrafkan, ti sbagli di grosso. Non mi importa di quello che è stato in passato: adesso sono qui, e il mio compito è fermarti! -
All'istante i quattro drappi di seta purpurea che si dipanavano dall'orlo del suo vestito presero vita, avvolti da fiamme nere che ricordavano vagamente le fattezze di serpenti. Se lo Straniero voleva passare avrebbe dovuto farlo con la forza.



littleqmpointwinterreisEccoci infine entrati nel Pantheon. La misteriosa Regina di Lithien si rivela nient'altro che Ecatherine, vecchia guardiana del Toryu che affrontò sia Kreisler che Shakan al loro arrivo (sì, Kreisler un tempo era Toryu e poi ha voltato le spalle al Re per motivi di background). Le giocate tra lei e il guerriero possono essere rintracciate qui. Allontanatasi dal Clan per una missione misteriosa nella scena "Sì dolce è il tormento", solo ora si scopre che Ecatherine è giunta a Lithien e si è alleata con Irwing Ravelon per conto di Ray. Ignara della morte di quest'ultimo, ora è decisa a rispettarne la volontà anche a costo di combattere.
Complimenti a tutti per i post e le azioni di successo, sono davvero contento del risultato. Insieme col compare Janz, che ringrazio ancora di aver tamponato le mie mancanze in termini di tempo e assiduità, abbiamo deciso di premiare l'impegno: Orto33 può continuare in questa fase.Puoi postare liberamente, il combattimento non è obbligatorio ma Ecatherine attaccherà per prima se non riesci a convincerla a un altro tipo di approccio in maniera magistrale.
Buon divertimento e buona lettura a tutti!
 
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view post Posted on 12/4/2014, 15:32
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Maestro
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La mano protesa, distesa al suolo.
Occhi ricolmi di arroganza ed inedia. Increduli verso un destino che non pensava potesse realizzarsi davvero.
Kogron Nuborok, detto Gron - Ascia della Giustizia, si era battuto come un leone. Una fiera da battaglia, che si lancia magnificente e terribile tra le fauci del nemico, per dilaniarlo a sua volta. Ucciderlo, prima di venirne ucciso. Eppure, non era bastato.
Non pensava che esseri tanto piccoli, tanto lontani e tanto ignari del fuoco che l'aveva forgiato in tutta la sua vita, potessero colpirlo con tanta furia. Gli era piovuto addosso qualunque attacco, qualunque velleità che fosse nelle capacità dei guerrieri che affrontava. E, in un certo senso, si era sentito molto onorato per questo.
Eppure, non era bastato.

Sanguinante e dolorante, riverso in un liquame pastoso formato dal misto di sangue e fango che gli discendeva dal volto e dal torso, fino a lambirne le gambe e segnarne il passo, ebbe un ultimo scatto di reni. Le sue orme di sangue si impressero con forza nella pietra bianca dell'Acropoli di Lithien, affossandosi quasi entro la terra stessa, come fosse un demonio dell'Abisso che si adagiava sulla terra esterna col suo passo infuocato. I muscoli si gonfiarono e strinse i denti mentre frecce, esplosioni di fiamme ed invettive psioniche gli lambivano corpo ed anima fino a fiaccarlo pian piano.
Nonostante questo, però, giunse all'ascia. Afferrò la sua adorata arma per il manico, trovandola rovente. Un fuoco magico l'aveva resa un tizzone ardente di dolore, costellandola di un rosso accesso che l'aveva trasformata quasi un pezzo di metallo unico, pronto per esser forgiato nelle fiamme. Invece, era ancora la sua ascia - benché ne conservasse a stento la forma. E, nonostante non sarebbe sopravvissuto ad esso, si lanciò in un ultimo attacco.
Con la coda dell'occhio, invero, scorse il Generale dell'armata giungere verso di lui. Furioso di ardimento e coraggio, comandava l'ultimo assalto che l'avrebbe deposto da quel suo ruolo di guardiano della cima, sottraendolo alla vita invereconda della Lithien dannata per consegnarlo - infine - ad una più serena morte. E, per questo, si riscoprì quasi sollevato dalla consapevolezza della propria morte prossima. Non avrebbe retto un ultimo attacco, non certo dopo tutti quelli che aveva già incassato; non sarebbe sopravvissuto un attimo di più. Eppure, non sarebbe stato onorevole andare all'altro mondo senza procacciarsi la gloria con un ultimo atto di giustizia.
La sua giustizia. Quella che solo lui, la Regina Ecatherine e il Signore della Guerra Irwing conoscevano. Che avevano vissuto in quegli anni tra le mura infami di Lithien e che ora veniva dilapitata da un generale che credeva di portare una nuova. Invero, l'unica giustizia possibile - ora - sarebbe morta con lui, con la Regina e con chiunque avesse preteso di comandare un caos impossibile da comandare.
Invero, quella giustizia era già morta quando erano state aperte le porte della città.

Quindi, si ritrovò solo. Solo col proprio scrupolo di vita. Sarebbe bastata una parola, una frase per svegliare la verità nei cuori di tutti.
Ma si sarebbe persa, invero, come l'onta finale di un folle guerriero morente. L'ultima lacrima di un muscolo che fatica a morire. Nient'altro che delirio, quindi.
No - non poteva morire così. Sarebbe morto con le uniche parole che conosceva: la guerra ed il sangue. Quelle stesse che l'avevano fatto sopravvivere fino a quel momento e che l'avrebbero trascinato sotto terra fiero di aver fatto il proprio dovere. Di aver adempiuto al ruolo che il Signore cui s'era votato gli aveva imposto.
Fiero di aver combattuto il male fino all'ultimo. Che fossero malati urlanti di pazzia, o che fosse l'armata che credeva di liberarli.
« Saresti dovuto arrivare prima, Valrafkan » disse, tronfio di rabbioso ardore in direzione del guerriero. « La Gullhiw ha riservato un trattamento di favore a noi esseri superiori. »
« Ci ha nutriti, fortificati; io e la Regina non ti permetteremo mai di passare! »
Non l'avrebbe permesso a nessuno. Non avrebbe permesso di infliggere ulteriore male a quella città martoriata.

Quindi agitò l'ascia l'ultima volta. La mano ustionata, teneva a stento la presa sul metallo arroventato. Sentì la pelle appiccicarsi ad essa e scarnificarsi per la trazione che il suo braccio le imponeva, mentre riprendeva nel vento quella forma informe di dolore e costrizione. L'ascia risuonò un ultima volta, in una parabola ardimentosa che tagliò in due il vento dinanzi a se.
E, con esso, il collo della viverna Nacht. Gli occhi videro l'animale morire e, purtroppo, il suo padrone sopravvivere. Fu un momento di silenzio e mestizia, in cui Gron ebbe un tuffo di soddisfazione nell'aver adempiuto alla prima metà dell'opera. Eppure, non era finita: la sua ascia era nuovamente in terra. Ruvida e rovente, ma posata sul terreno. Kreisler, invece, era terribilmente vicino; troppo vicino per anticiparlo con una nuova bordata della pesante arma. Eppure, non avrebbe desistito: chiamò il suo braccio all'ultimo sforzo, ma - quando il comando giunse alla mano - lo stiletto di Kreisler era già nel suo cuore.
Per l'ultimo fendente; quello mortale.

Seguì un silenzio innaturale. Gli orrori si dipanavano come furie intorno a loro, ma Kogron non le udì. Balbettò una frase sconnessa, poi sentì gli occhi pesargli ed i sensi mancargli. L'ascia ricadde in terra con un sonoro rombo, portandosi via parte del palmo della mano dell'uomo. Il resto del suo corpo, invece, traboccò di sangue grumoso e scuro, spandendosi al suolo come un cadavere fresco di morte.
Non durò molto, però, finché non udì qualcuno chiamarlo. Era una voce sottile, lenta - che l'aveva turbato da sempre.
« Kogron Nuborok » diceva la voce, parlandogli con un tono gutturale « fino alla morte ed oltre la morte impedirai ai fedeli del fantasma di conquistare l'acropoli »
disse, sentenziando già i suoi doveri « perché se non della loro morte, potrò beneficiare - quantomeno - del loro tempo »
« ovvero, del tempo che tu sottrarrai a loro »

L'animo di Kogron rimase interdetto. Adagiato già ad una morte pacifica, si scosse nel sentirsi richiamato all'ordine.
Aveva giurato fedeltà; ma non aveva giurato di perseguirla oltre la vita. Eppure, quello stesso scherzo infame che aveva fatto sprofondare Lithien nell'inferno che era, adesso gli regalava l'ennesima fatica, ulteriore rispetto a quella che credeva essere l'ultima. Irwing Ravelon, Signore della Guerra, gli aveva comandato di controllare gli infetti, di arginare la malattia.
Di fermare Shakan e Kreisler. E, inaspettatamente, la stessa malattia sarebbe stato l'ultimo espediente per portare a termine quel compito.
Il morbo, infatti, aveva infettato Kogron come tutti gli altri. Egli l'aveva covato da tempo, arginandolo nel suo cuore col coraggio proprio di un guerriero pronto a morire, ma non a mancare del proprio dovere. Per questo, quindi, lo chiamò a se soltanto quando le forze gli mancarono: solo quando arrendersi alla malattia significava utilizzare l'ultima arma che gli era rimasta.
Il suo corpo si riempì di grossi bozzi di carne; ciascuno di essi, poi, si sciolse in un grumo di pus, aderendo al marmo bianco che ricopriva il pavimento dell'Acropoli. Lo stesso pus, infine, ribollì a lungo, per poi raffreddarsi subito dopo. E riscoprirsi duro, come quello stesso marmo bianco.
Ed il corpo intero di Kogron fu come di marmo; un golem di roccia forgiato dal suo odio e governato da un volto non più umano.
Un volto unico, un blocco di roccia con innumerevoli occhi che fissarono ciascuno uno dei suoi assassini.
E, nella furia di quell'ultimo lascito di follia, sentenziarono la morte di ciascuno di loro.
O di loro tutti.

inganno3

Dunque, mentre alle porte di Lithien giungeva finalmente il resto dell'esercito, Kogron caricava l'ultimo assalto.
Scattò in avanti, con una spallata. Investì decine di soldati ed orrori, correndo in direzione di chi l'aveva colpito. Li avrebbe investiti e storditi: li avrebbe uccisi, prima che potessero ucciderlo ancora una volta.
Benché, infatti, la sentenza di morte se l'era decretata già da tempo, la stessa si sarebbe accompagnata con centinaia di altre simili.
Quando la carica ebbe terminato la sua corsa, invero, Kogron riempì il suo corpo roccioso di magma incandescente. Si caricò, come un globo unico di lava che si preparava a spandersi per metà della città, in un lamento di possessione che avrebbe distrutto infetti e non infetti con un colpo solo. Che avrebbe arginato il problema al meglio, almeno per un altro pò di tempo.
Giusto il tempo che serviva al suo signore, per fuggire lontano. Per evitare un disastro maggiore.
Così moriva Gron, come una bomba ad orologeria. Ma così sarebbero morti tutti, per una causa che non avevano compreso fino infondo.



littlecoqmpointwinterrePiccolo recap di cosa sia accaduto.
Avete ferito Kogron pesantemente, al punto da portarlo ad un passo dalla morte. Per contro, non avete fatto "abbastanza" per impedirgli di usare l'ascia. Frapporsi sul cammino non era abbastanza e l'offensiva di Sheevar, per quanto valida, ha reso rovente l'ascia, ma non ha impedito a Kogron di sferrare un ultimo colpo con essa.
Il guerriero, infatti, ha potuto portare a segno un ultimo assalto, ed a rimetterci è stata la viverna di Kreisler, Nacht.

Kreisler, infatti, ha beneficiato del vostro aiuto. Gli avete consentito di farsi strada fino a Gron ed ha sfondato definitivamente il cancello con la viverna, arrivando ai piedi del guerriero. Eppure, giunto li, ha visto la sua viverna morire e, di risposta, ha ucciso Kogron definitivamente.
Poi, lo vedete scomparire nel Tempio con Vahram.

Fine? A quanto pare, no.
Kogron, infatti, è un infetto a sua volta - benché non l'abbiate capito fino a questo momento. Beneficiando dell'infezione, ottempera all'ultimo ordine del suo signore, così come descritto nel post. L'uomo che "gli parla" è l'obbiettivo finale della guerra, ovvero "Irwing Ravelon". Non sentite le sue parole, ma è utile - ai fini della comprensione della storia - che io ve le abbia mostrate, così i più attenti di voi potranno intendere che forse Gron non era così un "mostro" come lo si è voluto dipingere.
Ad ogni modo i suoi ordini lo portano a rinascere, inconsapevolmente, come un golem di roccia ed a tentare un ultimo assalto. Tutti coloro che sono nelle sue vicinanze, subiranno la sua carica sotto forma di tecnica Alta (la tecnica fa danno Medio al corpo e Medio alla mente da "stordimento"; è difendibile come una normale tecnica fisica). Dopo ciò, Gron inizia a caricarsi ed assume, di fatto, la funzione di una bomba. Al termine del turno (che è l'ultimo della quest), infatti, esploderà, cagionando un danno Mortale ad area (Critico a tutti). Lo scopo, quindi, in questo turno è quello di distruggerlo prima che esploda (ha recuperato tutta la vita, quindi dovete sottrargli un mortale al fisico per ucciderlo), trovare espedienti per "arginare" l'esplosione (creare muri intono, farlo sprofondare, o qualunque cosa vi venga in mente), oppure preoccuparvi solo di difendere voi stessi o chi vi sta vicino (fuggire, erigere scudi, ecc). Questo è lo scopo principale dell'ultimo turno: se esploderà, infatti, distruggerà mezza città - anche. E' evidente che tutti coloro che contribuiranno ad evitare l'esplosione, riceveranno un ulteriore bonus alla ricompensa.
Oltre a questo, vi allego i soliti "spunti ulteriori".

Il Cancello. Il cancello è ormai aperto, quindi chi era li non sarà più schiacciato contro la parete. Potete accedere liberamente all'acropoli o fuggire, dato che non c'è più "calca" sul punto.
Il richiamo. Mentre Gron si "carica", emette un sibilo che fa impazzire ulteriormente gli infetti. Chi sia vicino ad un infetto può preoccuparsi di "difendersi" da esso, come fosse una tecnica di potenza Alta.
Gli infetti. I pg che si sono dichiarati infetti, recuperano il 20% di energie e potranno, a scelta, attaccare un personaggio nelle vicinanze (magari con cui hanno già ingaggiato battaglia) con rinnovato vigore, oppure fuggire - giacché il sibilo infatti infonde in loro la consapevolezza che Gron stia per esplodere. Fate conto che il cancello principale della città è ormai aperto, ed il continente intero è li a vostra disposizione per essere infettato!
L'esercito principale. L'esercito principale è giunto ormai. Sta entrando in città e verosimilmente è abbastanza numeroso per riportare l'ordine a Lithien; potete sfruttare la cosa gdrristicamente, in quanto vedete centinaia di soldati freschi ed in forze che giungo ad aiutarvi. Certo, se l'accoglienza fosse un'esplosione di potenza Mortale, non sarebbe il massimo...

Tempi. Questo è l'ultimo giro; la scadenza è fissata per il 19 Aprile, alle 23.59, data in cui posterò le ricompense e chiuderò la parte "ufficiale" della quest, la quale rimarrà aperta solo per post non retribuiti. Domande o dubbi, dove sapete!
 
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view post Posted on 13/4/2014, 10:37

Lamer
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Incredibile, stupefacente, magnifico, forte nell'anima e nel corpo. Erano queste le parole che Lhotar avrebbe usato per descrivere il capitano degli orrori se non fossero stati nemici sul campo di battaglia. Una fiera che combatte per difendere i suoi cuccioli e il suo territorio, ecco cosa sembrava, eppure lui e altri lo avevano colpito senza pietà cercando di abbattergli mente e corpo, lacerandogli la carne, confondendogli la mente, fondendo addirittura l'ascia che con tanta fierezza aveva fatto volteggiare nell'aria, ma tutto ciò non era bastato.

Aveva sentito il cancello sfondarsi sotto i colpi della viverna di Kreisler, aveva visto come il loro nemico avesse fatto l'ultimo sforzo per adempire ai suoi compiti e lui aveva assistito impotente alla morte del compagno del generale e all'attacco fatale che eseguì contro il rosso. E lui non aveva potuto fare altro che guardare.

Stimava profondamente il tizio con l'ascia, anche se era un suo nemico, e la confusione che aveva in mente faceva risaltare in lui più un aspetto umano che un aspetto di giustiziere e di guerriero sanguinario. Strana era la vita; stimare il nemico contro cui si combatte, ma a quanto aveva capito da quando era uscito dalla montagna in tempo di guerra queste cose erano normali.

Ma non era finita. Dopo che il generale fu entrato nel tempio il rosso cominciò a mutare aspetto. Bubboni e pustole iniziarono a formarsi sul suo corpo per poi trasformarsi in una pietra bianca; un golem. Non si era minimamente aspettato quest'ultimo atto nella sua mente; un infetto che comanda altri infetti.

Appena il nemico si rialzò fu il panico fra le truppe che erano vicino a lui e il nano non era più in forze per combattere da solo un nemico di quel livello. Passarono pochi secondi e lui si ritrovo il primo di tutto l'esercito e tra lui e l'acropoli ora c'era un golem di roccia che lo puntava minaccioso.

Il nemico caricò senza esitazioni puntando dritto verso di lui. Non aveva più le forze per respingere il colosso che velocemente si avvicinava e venne travolto in pieno, provando solo un senso di dolore acuto al fianco sinistro, dove l'ammasso di roccia lo aveva colpito. Cadde a terra cercando di pensare a cosa fare, ma la sua mente non gli rispondeva più in maniera lucida e Lhotar cadde in una specie di dormiveglia momentaneo.

Era confuso oltre ogni dire, la pipa e l'urto di quel golem lo avevano disorientato quasi del tutto, solo un piccolo focolare di lucidità gli era rimasto in mente, un dovere nei confronti di quell'esercito che aveva aiutato con tanta fatica; abbattere il golem. Ma sapeva perfettamente che non ci sarebbe riuscito da solo, era come un gatto contro un leone, uno scontro impari, ma se tutti quelli ancora in forze avrebbero attaccato la creatura, forse avrebbero potuto abbatterla definitivamente.

Nella sua mente contorta un lampo di genio si accese, una possibilità per avvisare tutti quelli che avevano ancora le forze e la volontà di affrontare per l'ennesima volta il nemico più forte su quel campo di battaglia. Aprì gli occhi e provò a rialzarsi sentendo distintamente le scottature sulla schiena e il fianco sinistro dolorante e gemette trattenendo l'urlo di dolore che voleva uscire ad ogni costo.

Guardò il cielo, notando con piacere che nessun orrore ormai volava in cielo e che quei pochi che ancora lo facevano non erano un problema. Senti l'aria della speranza passargli vicino al collo e provò una frescura ristoratrice mentre quel vento spingeva di lato le gocce di sudore che gli scendevano dalla testa. Poi guardò il campo di battaglia notando che lui era l'unico in piedi dietro il golem che aveva continuato la sua corsa per una cinquantina di metri e ciò lo fece sorridere, anche se non sapeva perchè, e lo convinse ad usare quell'espediente che aveva pensato per avvisare tutti.

Estrasse nuovamente la pipa e freneticamente la accese. Il gusto particolare del tabacco che stava fumando lo riscosse ancora di più e per l'ultima volta in quella battaglia utilizzò i poteri della pipa, ma questa volta fu diverso. Aspirò dolcemente come se si trovasse in casa sua a guardare il panorama e poi cautamente eruttò il fumo dalla bocca che iniziò a dirigersi il cielo, espandendosi ma rimanendo visibile. Solo a quel punto il denso materiale gassoso iniziò a prendere forma. All'inizio furono solo immagini senza senso, ma in poco tempo divennero lettere chiare ed enormi che nel cielo indicavano l'ultimo atto che lui, e se era fortunato altri, avrebbero fatto.

"Abbattete il golem."



Poche parole, ma dal significato chiaro. Dovevano sconfiggere definitivamente quell'orrida creatura nata da una fiera sanguinaria, ma degna di stima. Il nano quindi si voltò verso il suo obbiettivo e iniziò a correre stringendo con coraggio le sue due spade che riflettevano la luce del sole e infine, quando fu abbastanza vicino, cercò di affondare le sue due spade nel collo nel golem. Sperava di fermarlo, ma solo quando fu abbastanza vicino capì che ciò che aveva scritto in cielo forse avrebbe salvato delle vite innocenti. Il golem si stava gonfiando e ciò poteva portare soltanto ad altra distruzione e forse lui, con il suoi gesti, aveva dato vita all'ultima speranza per l'esercito di Shakan e Kreisler.



Corpo :-medio da ustione, medio da contusione
Tot: (4\16)
Mente : - alto da deconcentrazione, medio da confusione
Tot (6\16)
Energia rimanente: 10%

CS : Maestria nell'uso delle armi= 1
Costi: Basso = 5% | Medio = 10% | Alto = 20% | Critico = 40%

Armi:
spade (x2), arco e frecce (x12)

Passive : il possessore del talento ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.
Raziale nanica: La razza dei nani gode da sempre di una particolare predisposizione alla vita dura, cosa che li ha resi nei secoli famosi per la loro tenacia senza pari; abituati a vivere nelle condizioni più abiette (sotto terra, dove la roccia viva non offre occasione di coltivare o allevare grandi quantità di vegetali e animali), i nani sono col tempo divenuti meno sensibili delle altre razze alla fatica fisica. Ciò si traduce, all'atto pratico, in una resistenza alla fame, alla sete, all'affaticamento del corpo dovuto a lunghi viaggi o combattimenti estenuanti. In termini di gioco un nano non sentirà i morsi della fame, non avrà bisogno di bere se non quando gli aggrada e non risentirà della fatica durante il combattimento, anche qualora questo dovesse protrarsi a lungo; ciononostante sverrà al 10% delle energie come qualsiasi altro.



Attive:
Nulla; aspirando dalla propria Pipa, il possessore dell'artefatto è in grado di creare oggetti e figure di qualsiasi dimensione - sempre nei limiti del buon senso - e forma. Tali manifestazioni saranno plasmati dal fumo, ma non potranno essere utilizzati per attaccare o per difendersi, bensì il loro utilizzo sarà relativo ad un uso scenico o narrativo.

Destrezza nanica (I): Variabile di natura fisica, provoca danni fisici
Lhotar potrà compiere in simultanea due attacchi portati con delle armi (anche frecce) di potenza complessiva pari al consumo.
consumo alto

Attive dal turno precedente:-



Riassunto:
Al fine tecnico, subisco l'attacco di potenza alta, poi dopo essermi rialzato uso la nulla per scrivere in cielo di attaccare il golem e gli casto la variabile a potenza alta, puntando al collo.

Note: grazie ragazzi per la giocata, mi sono divertito e grazie a bastrad e janz, alla prossima

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Fanie Elberim
view post Posted on 15/4/2014, 03:50





Winterreise ~ Im Dorfe


Quando il cancello si aprì, dopo lo schianto della grossa viverna, a stento mi resi conto di ciò che era successo. Ero rimasta concentrata sino all'ultimo istante per evitare di farmi massacrare come una bestia da quell'ordalia frenetica di infetti, e l'apertura delle porte fu come un raggio di sole in mezzo alla tempesta. Le truppe fresche, il grosso dell'esercito, stava avanzando a passo spedito spegnendo ogni focolaio di resistenza che si attardava a morire dentro vicoli ed edifici. Ma quando tutto sembrava volgere al meglio i nostri nemici parvero rincarare la dose. Non si fermavano davanti a niente, nemmeno sotto i colpi di decine di spade e lance davano segno di arrestare la loro furia, anzi, quando il loro signore era stato abbattuto dal generale le cose erano solo peggiorate.
Quasi tutti gli uomini che avevo raccolto sotto allo stendardo erano morti ed adesso riempivano le fila del nemico come un esercito immortale, inarrestabile. Eppure la città era caduta, non restava niente a separarci dal cuore stesso della corruzione, dovevamo solo resistere ancora qualche istante. Ancora un lungo, interminabile, respiro. Uno degli infetti riuscì ad abbattere il soldato che guardava il mio fianco, lasciandomi vulnerabile ed impossibilitata a difendermi rapidamente: un lungo artiglio ne approfittò per farsi largo tra le placche della corazza ed aprire un taglio netto sulla carne, proprio sopra la coscia.
Con una smorfia mi voltai di scatto recidendogli la testa dal collo, giusto un secondo prima che una salva di frecce martoriasse definitivamente l'accerchiamento, liberando i pochi sopravvissuti dallo stallo.
Feci un paio di passi in avanti, non propriamente stabile sulle gambe, con il fianco che sanguinava in maniera decisamente preoccupante ma ben lungi dall'essere mortale. Il capitano del distaccamento che ci aveva salvati era giovane, forse poco più che trentenne, e si precipitò immediatamente da noi ordinando ai chierici di portare al sicuro i feriti ed alle sue truppe di formare un cordone che impedisse agli infetti di accerchiare nuovamente i soldati allo stremo delle forze.
Non trovai nemmeno il tempo di ringraziarlo, nemmeno il tempo di alzare lo sguardo al cielo per rivolgergli un sorriso soddisfatto dopo aver scampato la morte l'ennesima volta, che Lithien mise nuovamente tutti alla prova.

Dapprima non mi resi bene conto di quello che era successo, ma il vociare e le grida dei fanti in prima linea non lasciavano spazio alle interpretazioni: il generale nemico si era trasformato in un abominio e stava massacrando chiunque fosse a portata di mano. Nel cielo apparve anche una scritta, cosa che mi tolse qualunque dubbio in merito, sulla necessità di abbattere quella mostruosità una volta per tutte. Mi voltai verso Kirin con sguardo un poco sofferente, a causa delle numerose ferite, ma deciso.
« Dobbiamo andare avanti! Dobbiamo farci largo sino a qualsiasi cosa stia succedendo lì davanti! »
La calca era gigantesca, sarebbe stato praticamente impossibile fuggire a piedi e, ancora meno probabile, sarebbe stato il riuscire a raggiungere Kogron in tempo utile per aiutare chiunque fosse stato abbastanza coraggioso - o sciocco - da affrontarlo una seconda volta.
Kirin mi afferrò per le spalle con una presa solida, seppure non grezza, dicendomi qualcosa in merito alla fiducia che però, nella confusione, non riuscii a sentire. Un istante dopo ero a due metri da terra che sorvolavo le truppe accalcate in basso. Il mio cuore perse qualche battito mentre le ali del giovane demone mi portavano sempre più vicina alla bestia di magma e bile che ribolliva davanti a tutti quanti.
« Kirin! » indicai l'oscenità con la spada « Portami più vicino possibile! »
Con un colpo di lama amputai lo stendardo dalla lancia, rendendola nuovamente fruibile come arma. Non mi erano rimaste molte forze ed ero abbastanza ferita da aver bisogno di un guaritore o due, ma se avessi tentato la fuga cosa sarebbe successo? Che senso avrebbe avuto perdere tutte quelle vite per conquistare Lithien per vederla poi disintegrata dall'ultimo, quasi eroico, atto dell'oscuro condottiero dei suoi abomini? Ci sarebbe stato tempo per il riposo, per chiarire gli errori, i motivi di quel massacro... ma se non avessimo impedito il peggio nulla avrebbe più avuto senso. Troppa morte e troppo sangue avevano riempito come melma le strade di Lithien, mondandole con una lordura che a stento sarebbe stata dimenticata dalla pietra: dovevamo trionfare totalmente. O morire nel tentativo.

Kirin si avvicinava rapido al bersaglio, pochi secondi ed avrei avuto l'occasione di lanciarmi all'assalto.
« A due metri da terra lasciami andare, poi lanciagli addosso tutto quello che hai! Se arriva al punto critico non ci sarà più una Lithien da liberare! »
Adocchiai un punto tra le placche incandescenti, all'incirca laddove avrebbe dovuto trovarsi la testa, e decisi che quella era la mia unica possibilità di assestare un colpo importante dall'alto. La lancia salda nella mancina, la spada protesa in avanti con la destra... e la presa di Kirin venne meno.
Una caduta ridicola, per certi versi, meno di due metri, ma abbastanza da permettermi di avere un impatto impressionante grazie al peso della corazza. Cercai di conficcare la lancia nel corpo di Kogron, in profondità, consapevole che probabilmente il metallo di cui era composta sarebbe venuto meno nel giro di qualche secondo. Ammortizzai la caduta piegando le ginocchia, ruzzolando nel terreno fetido ancora pieno di umori e sangue.
La lancia era perduta, il mio corpo contuso in svariati punti a causa del brutto atterraggio, ma non mi importava: il nano stava già combattendo contro l'abominio ed altri erano in dirittura d'arrivo. Dovevamo colpirlo all'unisono, tutti assieme, come un gigantesco maglio che schiaccia un misero chiodo storto.

Mi tirai in piedi, facendo appello alle mie ultime energie per risvegliare il potere della spada del drago nero.
Immediatamente bruciai la breve distanza che mi separava da Kogron, sforzandomi di visualizzare i punti più vulnerabili di quella bomba pronta ad esplodere. Una fessura, un punto più sottile, ogni cosa avrebbe giocato a mio favore in quello scontro la cui vittoria avrebbe sancito la libertà, eterna, per Lithien.
Lo attaccai a quella che, un tempo, avrebbe dovuto essere la sua schiena.
Menai un fendente, ed un secondo colpo di rimando a formare una croce, cercando di aprire una breccia in quella superficie ribollente. Infine, afferrando l'elsa della spada con entrambe le mani, cercai un affondo violento nell'incrocio dei due colpi precedenti, nella speranza che la scorza fosse abbastanza debole da far arrivare il colpo in profondità, laddove avrebbe fatto più male.
« Ora o mai più! »
Strillai, più a me stessa che a qualcuno in particolare, quasi a volermi incitare un’ultima volta prima della fine di tutto.
Se Kogron fosse esploso, forse, l'orrore che avevo visto sarebbe scomparso dalla mia mente, lasciandomi solamente un senso di infinita pace ed armonia. Morte.
Ma non poteva essere così facile, non volevo che lo fosse.
E con la spada che diventava sempre più calda, arroventandosi e riscaldandomi la pelle sotto i guanti d'arme, puntai i piedi preparandomi al peggio.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia +1 Maestria delle Armi (Temporaneo)
CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Medio (Spalla) + Basso (Addome) + Medio (Avambraccio, da contusione) + Alto (Fianco) [Critico complessivo, sostenuta praticamente solo dalla tecnica usata]
Stato Psicologico: Alto (Da paura)
Stato Emotivo: Risoluta.
Energia: 30% - 20%(Alto) = 10%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Rotto.]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Mano Destra]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Mano Sinistra]
~ Cuirass and Claws. Corazza di bande e guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.

Attive in uso:
» Seconda Forma: gli Insegnamenti
Il secondo desiderio di Raymond Lancaster è che lei sia pronta a combattere qualsiasi nemico, che sia preparata a scendere in guerra e che sappia difendersi anche contro i più subdoli avversari, in modo che nessuno possa sperare di eliminarla in uno scontro fisico. Per questa ragione l'ha addestrata con pazienza e perizia sin dal primo giorno in cui l'ha nominata suo scudiero, per far sì che - qualora il caso lo necessitasse - ella sia pronta ad impugnare le armi contro i nemici del popolo, forte degli insegnamenti del suo maestro. In termini tecnici, questa tecnica di natura fisica ha consumo Alto e dura due turni. Nel corso di entrambi i turni d'attivazione gli attacchi fisici di Fanie saranno più potenti del normale e provocheranno un danno Basso da sommarsi a quelli che già normalmente provocherebbero. Nel corso dei due turni d'attivazione Fanie potrà disporre anche di 1CS aggiuntiva nella Maestria nell'uso delle armi e la sua perizia sarà tale da permetterle di vincere qualsiasi scontro fisico a parità di CS, semplicemente grazie al suo addestramento superiore. A livello scenico la tecnica può essere interpretata come un'incredibile astuzia e capacità nell'arte del duello, nel saper sfruttare il campo di battaglia a proprio vantaggio e nel saper individuare e colpire con facilità i punti deboli del proprio avversario [tecnica di potenza Alta].

Note: Eccoci qui! Fanie subisce l'alto dalla furia degli infetti, arrivando ad un critico abbondante ed a stento si regge in piedi. Viene salvata dall'arrivo di un drappello ma poi, con Kirin (che vola) si fa portare sopra l'ordalia di gente vero Kogron. Dopo aver liberato dal drappo la lancia si fa lanciare sull'abominio tentando di conficcare la stessa lancia in profondità. Rotola a terra ed attiva la spada, garantendosi 1CS aggiuntivo e la possibilità di fare danno basso in aggiunta ai normali colpi fisici. Alla fine compie tre colpi fisici, due a croce ed un affondo al centro della croce per cercare di fare più danni possibili.
Forza ragazzi, possiamo farcela!
Ps: Fanie non sviene sotto al 10% perchè è attiva una delle tre forme del drago nero ^^
 
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view post Posted on 15/4/2014, 10:57
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Non si dava per vinto Gron: neanche con le spade, il fuoco, le frecce, il sangue che ruscellava sulla pietra formando chiazze rossastre dove si specchiava un viso ferito ma determinato.
La sua determinazione era una volontà ruggente ma non era ancora sconfitto: le sue armi, le ferite inflitte non lo stavano fermando affatto e la battaglia infuriava sempre di più. Le spade danzavano, si baciavano e si staccavano come amanti vestiti di acciaio scintillante per poi riprendere quella danza macabra; maglie di ferro squassate, scudi infranti, lance spezzate e il sangue che si mischiava alle viscere e alla merda.
Un fetore pestilenziale e l’acre sapore di ferro in bocca, il sudore mischiato al sangue, le mani umide che tenevano le armi e gli ultimi rantoli di agonia. Erano così maledettamente vicini ma anche così maledettamente lontani che sembrava che vi fosse un muro invisibile che non riuscivano a scardinare mentre Gron andava alla ricerca della sua ascia. La sua preziosa ascia. La sua arma o qualcosa di più?
In ogni caso era meglio fermarlo m le gambe li tremarono e cadde a terra. Perché? La stanchezza e il dolore…era stremato e distrutto e in più non riusciva a focalizzare bene la figura di gron.
I maledetti avevano cominciato a svolazzare nell’aria con una apparente casualità come se fossero impazziti e questo non favoriva affatto l’avvicinarsi a Gron. Una difficoltà anche visiva per chi si trovava ad una distanza maggiore e non era facile inquadrare il bersaglio in quell’ammasso di corpi che si muovevano così alla cieca e poter sparare, o avere un tiro pulito era impossibile. Lo era per lui riuscire anche solo a non perdere di vista Gron figurarsi chi stava più distante.
Che avessero capito che si trovava in pericolo? Che lo stessero difendendo in quella maniera? Oppure si erano totalmente impazziti?
Il tutto era successo appena la sua ascia non era stata più tra le sue mani ma…ma non era il momento di perdersi in inutili pensieri. Azione. Doveva fermarlo e dargli il colpo di grazia e far entrare finalmente le loro truppe e dare scacco matto. Ma Gron era di tutt’altro avviso: afferrò due grosse lame dalle sue spalle; spade ricurve, che espose – come un vessillo di guerra trionfante - al sole del Nord. Poi, soffiò su di esse, premendo il ventre ed emettendo tutta l'aria che aveva nei polmoni. Per qualche ragione, l'aria parve calda: rovente. Poi, divenne fiamma ed infuocando finanche le lame dinanzi a se. Una volontà ruggente come le fiamme aveva quell’uomo che non si lasciava intimidire, né avrebbe ceduto di un palmo. La battaglia era appena cominciata con quell’uomo.
Gron agitava le spade roventi, creandosi un varco nella massa informe di orrori che sferzava l'aria in ogni dove, ormai. Infine, soffiò nuovamente in direzione di coloro che l'avevano attaccato, investendoli con una vampata di roventi fiamme. Questo veramente non se l’aspettava e le fiamme morsero le sue carni incendiandogli il petto.
Sentì la carne andare a fuoco, la puzza di carne e il dolore esplodergli dentro come diecimila lame che raschiavano, tagliavano, segavano il suo petto. Un dolore atroce che lo fece urlare e venne scaraventato di qualche metro. I suoi occhi si rigirarono mostrando il bianco. Forse svenne per qualche secondo, o qualche minuto, non lo seppe dire sapeva solo che faceva male. Molto male anche il sangue non colava più dalla ferita, ad ogni movimento una fitta, anche il semplice respirare era un agonia di dolore e sentiva la bocca e la gola secche.
Voleva dell’acqua e aveva la salivazione azzerata. Cercò le sue armi e tentò di farsi forza, di rialzarsi di continuare a combattere contro…contro qualcuno che stava morendo!
Gron nell’attimi della sua incoscienza era stato ferito mortalmente ma…perché aveva quella strana sensazione? Per chi si era ritrovato tante volte tra la vita e la morte, per chi aveva combattuto tanto a volte si acquisiva una capacità, un sesto senso di pericolo, di avvertimento.
Non era finita qui non ancora. C’era ancora un ultima partita da giocare: sanguinante e dolorante, riverso in un liquame formato dal misto di sangue e fango che gli scendeva dal volto fino al torso ebbe un ultimo sussulto. Uno scatto di reni tremendo per raggiungere l’ascia e le sue mani si serrarono sull’elsa. Un elsa che era come un tizzone infernale, l’ascia era come un globo di fiamme ma a lui sembrava non interessare. Forse perché il suo vero scopo, il suo vero interesse era alla difesa di quella città, alla difesa di quello che reputava giusto. Anche se era semantica , anche se giusto o sbagliato a volte si fondevano Rogozin non potè non provare un misto di orgoglio e ammirazione per quell’uomo che ancora e ancora e ancora si sarebbe alzato e avrebbe dato battaglia. Anche nell’esalare il suo ultimo respiro. Non poteva provare ammirazione per tale coraggio e spirito guerresco.
Con la coda dell’occhio Rogozin vide il generale dell’armata farsi sempre più vicino: finalmente dei rinforzi e grugnì di dolore passandosi una mano al fianco, sotto le maglie di ferro distrutte, trovandola fradicia di sangue. Con un grugnito tentò di alzarsi facendo leva sulla lama.

« Saresti dovuto arrivare prima, Valrafkan » disse, pieno di rabbioso ardore in direzione del guerriero. « La Gullhiw ha riservato un trattamento di favore a noi esseri superiori. »
« Ci ha nutriti, fortificati; io e la Regina non ti permetteremo mai di passare! »

Non era ancora finita. “Dannazione…che cos’ha in mente?!”

Agitò l'ascia l'ultima volta. La mano ustionata, teneva a stento la presa sul metallo arroventato. L'ascia risuonò un ultima volta: tagliò in due il vento dinanzi a se.
E, con esso, il collo della viverna Nacht. Un colpo tremendo, brutale, un arco ascendente di tronfio di orgoglio e ardente animo si abbatté sul collo staccandoglielo di netto e rosso sangue zampillò nell’aria. Una nube rossastra che coprì chi si trovava intorno a loro e fiotti caldi e rossastri zampillarono senza sosta mentre scatti inconsulti prendevano possesso del corpo della possente viverna. Voleva fare qualcosa ma era stanco e soprattutto debole, il suo corpo era una cacofonia di dolori poteva solo assistere a quel combattimento e sperare che finisse presto.
L’ ascia sbatté con violenza per terra alzando schegge impazzite, sassi e pietrisco. Kreisler, invece, era terribilmente vicino; troppo vicino che quasi i due volti parevano sul punto di baciarsi. Il tutto durò pochi attimi, un battito di ciglia.
Kreisler aveva di molto diminuito la distanza, il colpo di poc’anzi era stato terribile ma ormai la distanza era troppo poca e non vi era tempo per risollevarla per colpire. Aveva abbattuto la viverna ma questo lo aveva scoperto ad un attacco frontale a corta distanza. Non poteva anticipare tale mossa, Rogozin lo sapeva eppure Gron non avrebbe desistito: chiamò il suo braccio all'ultimo sforzo, ma – prima che potesse abbozzare qualsiasi cosa- lo stiletto di Kreisler era già nel suo cuore.
Per l'ultimo fendente; quello mortale. Definitivo. Poi anche il silenzio scese: una lieve cappa, un lieve sudario per far trapassare Gron per mettere fine a tutto. Rogozin era quasi sollevato…quasi.
Tra il sangue che come un fiore sbocciava da sotto i suoi piedi, colando sullo stiletto e sulle mani del generale ecco che il suo corpo si riempì di grossi bozzi di carne; ciascuno di essi, poi, si sciolse in un grumo di pus, aderendo al marmo bianco che ricopriva il pavimento dell'Acropoli. Lo stesso pus ribollì a lungo, per poi raffreddarsi subito dopo. Ed era duro e freddo come quel marmo bianco. Era pietra. Era come la pietra dell’acropoli stessa.
Ed il corpo intero di Kogron fu di marmo; un golem di roccia governato da un volto non più umano. Un volto unico, un blocco di roccia con innumerevoli occhi che fissarono ciascuno uno dei suoi assassini.
Un ultimo sussulto. Un ultimo spasmo di vita che avrebbe condannato loro tutti ad una morte atroce. Questo era l’ultimo lascito di quell’uomo: morte.
Kogron caricò l’ultimo assalto nella follia, nell’odio più totale semmai questi termini potevano adattarsi ad un simile orrore o costrutto.
Come aveva già visto anche la follia della Gullhiw scorreva nelle vene di Kogron Nuborok, la stessa follia che vi era dappertutto era anche in lui.

Non è possibile … disse con gli occhi sbarrati e senza poter pensare, fare nulla; il suo corpo immobile come schiacciato da una forza superiore.
Sembrava che la follia difendesse se stessa in un ultimo spasmo, un ultimo sussulto di vita che si sarebbe fuso con il rantolo della morte di ognuno di loro. E il silenzio fu scosso da quella carica infernale che investì ognuno di loro con uno stridio e un impatto tremendo a cui le costole urlarono di agonia.
Si spezzarono, si piegarono e grumi di sangue pastoso affiorò sulla sua bocca mentre fu scaraventato a diversi metri di distanza. Tale era la potenza di quello che fu un uomo. Respirò, tentò di farlo, di scacciare il dolore, di rialzarsi, di fare qualsiasi cosa per arginare tale impeto ma capì che non era a loro che puntava.
Non era la loro morte che voleva ma la morte di loro tutti. Le sue mani artigliarono il bianco marmo cercando di fare forza e leva per alzarsi, mentre il sangue chiazzava la purezza del marmo e la rosa tentò un ultima disperata difesa.
Mentre Kogron riempì il suo corpo roccioso di magma incandescente. Si caricò, come un globo unico di lava che si preparava a spandersi per metà della città, in un ultimo grandioso, incandescente lamento che avrebbe distrutto infetti e non infetti con un colpo solo. L’ultimo suo urlo ferale.
Così moriva Gron, come una bomba ad orologeria. Così scandiva il loro tempo concessogli a questo mondo: la morte era un globo di lava e solo loro potevano fermarlo. In caso contrario sarebbero morti tutti, per una causa che non avevano compreso fino infondo.
Perché la Rosa non riusciva a capire la volontà che muoveva un simile uomo; l’attaccamento alla causa e al suo dovere, mentre tutto intorno era solo morte e sconfitta.
Voleva davvero immolarsi per distruggerli tutti? Perché? Cosa c’era dietro a quell’ultimo atto? Coraggio? Abnegazione? Fedeltà alla causa?
Esisteva un tale uomo sulla terra che non viveva solo per sé stesso ma la sua vita era la sua causa? La sua ascia era la città che difendeva? La difendeva davvero? O era un oppressore qualsiasi reso pazzo da tutto?
Dov’era la vera realtà, la verità che andava oltre lo sguardo? La testa girava insieme a tutte quelle domande, insieme alla cacofonia di immagini e suoni e il mondo era un turbinio confuso. Tra la botta, il dolore, le mille domande la sua mente era confusa, in subbuglio e sentiva il ferroso gusto del sangue in bocca e il mondo velarsi, faccio grigio. Solo un ombra svettava su tutto il resto. Un ombra che era un golem che fu un uomo.
Nel bene o nel male, giusto o sbagliato, non poteva andarsene non ora. Doveva combattere e fermarlo. Perché? Perché dietro di loro stavano arrivando l’intero esercito e Gron avrebbe dato loro un caloroso benvenuto.
Un benvenuto mortale e un abbraccio di magma e lapilli e un esplosione che avrebbe spazzato via tutto e tutti.
Per cui doveva tirarsi su e attaccare.

I…in piedi Rogozin… e la testa girò e sputò sangue mentre il corpo tremava e respirare era difficoltoso come se vi fosse una montagna sul suo petto e sentì la carne bruciare e i polmoni esplodere ad ogni respiro.
Ansimò, barcollò e tentò un ultimo colpo. Un ultimo disperato attacco mentre dietro di sé sentiva le urla, il clangore, le corazze che sbattevano come in un orchestra di salvezza, dell’esercito alleato. Un esercito che sarebbe stato spazzato via mentre quel globo di magma pulsava sempre più e i secondi consessi erano sempre di meno.
Doveva fare qualcosa e poi vide lei…di nuovo lei. Fanie.
E si domandò se veramente il destino a volte sa essere beffardo o se facevano parte di due facce della stessa medaglia. Divise però da ideali diversi. La mente era un caleidoscopio, il ronzio nelle sue orecchie fastidioso e sempre più acuto come un martellare di fabbri.
Anche mirare era difficile ma per fortuna Gron era molto grosso…molto ma molto grosso.
L’acqua prese vita nella sua mano lanciandosi contro di lui: acqua contro magma. Vita contro morte. Una contraddizione come l’antico proverbio cinese, come i kanji della parola contraddizione: scudo e lancia. Che anche qui si sarebbero rotte entrambe?
O una di esse avrebbe prevalso? Ma chi? Lo scudo Gron, o la lancia dell’esercito alleato? le gambe affondarono nella bianca pietra...il mondo si fece grigio.





Rogozin
Energia: Bianca Pericolosità: E CS: +1 Maestria armi
Status fisico: Alto da squarcio sul petto. Basso(causate da frecce). Medio da ustione; Medio; Status Psichico: Basso; Medio; medio da stordimentoConsumi energetici in questo turno: 10%;
Riserva energetica residua: 5%

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Abilità Passive:
Presenza angelica:
Allo stesso modo dei demoni, gli Avatar di stampo angelico non possono nascondere totalmente la loro presenza, pur mischiandosi con gli esseri umani e viaggiando tra loro e per le stesse vie. Le altre razze, infatti, percepiranno sempre qualcosa di sbagliato in loro, qualcosa di differente, ed è per questo che gli angeli incutono negli esseri innanzi a loro un innato timore reverenziale, purché questi non siano angeli stessi, e che siano di energie pari o inferiori all'agente.
Non è importante l'allineamento dell'Avatar. Quest'abilità funzionerà sempre e comunque, indipendentemente dal sopracitato fattore.. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Dominio]

Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sè in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sà bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

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Abilità Attivate:
Proiettile acquatico: Lo sciamano genera una piccola sfera d'acqua che, come un vero e proprio proiettile, spara verso l'avversario.
La tecnica ha natura magica. Il caster, non necessitando di particolari tempi di concentrazione, crea dal nulla un quantitativo d'acqua sul proprio palmo della mano o in prossimità di un dito proteso e la scaglia in direzione del bersaglio scelto. Questo oggetto avrà le stesse caratteristiche (velocità, consistenza) di un proiettile sparato da una normale pistola, ma causerà danni e dolori proporzionati al consumo energetico speso pur non lasciando segni all'esterno del corpo colpito. Potranno essere scagliati fino a un massimo di quattro proiettili con un singolo utilizzo di questa tecnica, e in quel caso il loro potenziale sarà suddiviso equamente tra le varie pallottole acquatiche (la potenza di due proiettili sarà di metà di un Medio ciascuno, di tre equivarrà a un terzo di Medio e per quattro sarà di un quarto). La tecnica è personalizzabile con qualsiasi tipo di liquido non abbia caratteristiche differenti dall'acqua. Ha potenza e consumo complessivi Medi.
Consumo di energia: Medio



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<b> Riassunto e Note:
Ritorno alla mia forma originale e incasso il colpo del turno precedente andando per qualche momento in confusione, per il dolore, la stanchezza e le ferite. Per cui non posso partecipare al turno che ho saltato( in modo tale da non creare casini e incongruenze).
Detto ciò incasso anche il resto dell’attacco e tento di alzarmi e schiarirmi le idee e trovare la lucidità e la concentrazione necessarie per castare proiettile d’acqua. Per fortuna è un golem per cui abbastanza grosso da non dover mirare con perizia.
Grazie per la giocata a tutti e speriamo che qualcuno mi salvi ^^

Edit: non mi aveva copiato un piccolo pezzo scusate. Ah premetto che ho un alto+ basso mentale per cui la nulla di Kremisy non la vedo perchè stò veramente a pezzi mentalmente ma Fanie si perchè mi compare davanti al colosso. Detto ciò cado in ginocchio conscio che ormai non posso più fare nulla di più di quello che ho fatto e stò per svenire.



Edited by Wrigel - 15/4/2014, 13:46
 
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view post Posted on 16/4/2014, 23:54
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Aper army
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Ձմեռը ~ Winterreise ف Im Dorfe ~ է Գյուղի
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Ջ ~ Capitolo VI: Ritorno a Lithien ~ Ջ

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Atto V

(Vahram [pensato, lingua aramana], Ecatherine, Kreisler.)

«Sì, mio signore.»

Non appena il suo generale gli comandò di seguirlo, la risposta gli uscì pronta e istintiva dalle labbra. Lo prese la nostalgia: gli parve di essere tornato un decennio addietro. L’orribile battaglia aveva fatto riemergere la sua sterile indole di schiavo guerriero. In egli non pulsava alcuna morale, nessun sentimento umano; in quel momento, l’unica cosa in grado di smuoverlo erano gli ordini.

Riscoprì un insano piacere nell’avere un padrone, qualcuno da ascoltare e assecondare.

Ubbidì all’istante, senza domande, senza discutere.

E così le due figure si avviarono mute e solitarie verso il nucleo di quella città. Il centro di quell’orrore, un cuore gelido non più in grado do pulsare.

Il Pantheon.

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Il raccapricciante mosaico di tatuaggi, scarificazioni e marchi impressi a fuoco che decorava le braccia del mamūluk enumerava tutti i suoi meriti in battaglia, tutte le sue vittime. Ufficiali, capitani, campioni, maghi da guerra e persino tre generali.

Però non aveva mai avuto l’occasione di uccidere una regina.

I due guerrieri superarono il grande portone bronzeo del monumentale sacrario che torreggiava come un picco zaffirino tra gli edifici dell’acropoli. Entrati tra quelle imponenti mura e colonne istoriate illuminate dai freddi raggi di sole di quella nuova alba, la trovarono.

Li aspettava. Dal frigido scranno marmoreo ammoniva i due intrusi con il suo sguardo e il suo contegno incrollabile, ribadendo la solennità di quel santuario – già morigerata dall’aria pregna di incensi – che stavano violando. Mentre l’invasore si accingeva ad assediare il suo trono, l’estremo baluardo di Lithien, fiera restava a proteggere la virtù della sua dimora, pronta eventualmente a vederla divenire la sua tomba.

«…Ecatherine?»


D’improvviso il volto duro di Kreisler, prima determinato a distruggere una volta per tutte la tiranna della Città Bella, mutò contratto dallo stupore e dallo sgomento.

Vahram si voltò incredulo verso il suo generale. La conosceva?

«Precisamente, Kreisler traditore del Regno.» Parlò la regina, squadrando il condottiero con titubante disprezzo, come se quell’uomo fosse stata l’ultima persona a cui avrebbe voluto fare del male. La fredda e immortale compostezza che ostentava in nome del suo ufficio non bastava a dissimulare quel sentimento contrastato che pareva assediarla più delle schiere del Sud che dilagavano per la sua città. Lo stesso turbamento colmava gli occhi di Kreisler.

La situazione dal punto di vista del mamūluk stava divenendo quasi irreale. Alla sua indole accorta non sfuggì quell’incrocio di sguardi. Carpì vagamente il mare di bellezza segreta e repressa che aveva segnato il loro passato, ma empatizzare con essa... come poteva intenderli un’anima sterile e insensibile da perfetto mastino da guerra come la sua?

Ciò che vedevano i suoi occhi freddi e inespressivi erano due persone ritrovatesi loro malgrado di fronte a un torrente inarrestabile di emozioni, ma oberate dagli immensi oneri che gravavano su di loro in quella circostanza. Travagliati da una scelta che mai avrebbero voluto trovare sulla propria strada.

E Vahram se ne stava lì, immobile, in guardia, escluso. Kreisler lo aveva scelto per avere una lancia valida in più contro il potente nemico, ma in quel momento si sentiva solo un terzo e inutile incomodo.

«Fu Ray a ordinarmi di conquistare Lithien, di affiancarmi al signore della guerra che ne aveva usurpato il dominio per renderla schiava inconsapevole.» Proseguì la Matriarca Eterna. «Per eliminare una minaccia alla pace del Regno. Cos'hai fatto tu per lui invece? Hai infranto il giuramento di fedeltà che io stessa ti ho fatto prestare risparmiandoti la vita e lasciandoti varcare le Mura come servo del Toryu.»

Vahram cominciò pian piano a comprendere il quadro d’insieme.

«Ti sei alleato ad altre forze, hai volto le spalle al Re ed ora sei venuto a portare la guerra a un luogo che doveva solo essere lasciato a morire in quarantena per preservare l'incolumità del Regno. Hai aperto le sue porte e hai lasciato che la Gullhiw si diffondesse per le montagne, e che i venti la portassero fino ai villaggi e alle città. Pensavi davvero di salvare Lithien, Kreisler? In realtà hai condannato molte più...»

«IL RE È MORTO!»


Gridò il generale, cercando disperatamente di arrestare quel farneticare. L’isolamento e la solitudine in quelle terre selvagge avevano tagliato Ecatherine fuori dal mondo. Era chiaro.

La regina boccheggiò incredula, ma subito ancora di più si incaponì, cieca dinanzi a quella notizia.

«Menti, Kreisler, e pure male. Come può Ray morire? Il suo potere cresceva sempre più mentre ero vicina al Maniero, e già rasentava l'onnipotenza quando me ne sono andata. La morte non può averlo.»

«Non sai niente del Crepuscolo?» Tentò di convincerla il condottiero. «Il Leviatano e la Fenice si sono affrontati e il primo ha vinto, ma al prezzo della vita del suo stesso capo. Shakan l'ha visto con i suoi occhi. Non vi è più giuramento che valga la pena di mantenere, Ecatherine. Vieni con me, salviamo Lithien dalla rovina. Per la gente di qui ora non v'è più speranza, ma la Gullhiw ora può essere fermata in tempo nei primi stadi della malattia. Insieme possiamo...»

«No...»


La regina balzò in piedi indignata, rifiutando di credere a quelle implorazioni piene di fede.

«Se speri di trarmi alla tua causa con semplici parole, Kreisler Valrafkan, ti sbagli di grosso. Non mi importa di quello che è stato in passato: adesso sono qui, e il mio compito è fermarti!»

I drappi che ornavano le vesti di Ecatherine si sollevarono sospinte da forze arcane, ardendo di nera energia magica. Dunque era così che intendeva risolvere la questione? Con la violenza? Nulla più le rimaneva: nessun padrone, nessuna disposizione, ma lei di questo non riusciva a capacitarsi. Forse stava reagendo spinta da un impulso irragionevole; sentiva il bisogno di sfogare la propria frustrazione dinanzi a una rivelazione che aveva appena distrutto tutto ciò che era stata la sua vita.

Non vedeva, non si rendeva conto che in quello sfogo si stava autodistruggendo, cercando di cancellare dalla sua esistenza l’unica cosa, l’unica speranza che le rimaneva.

Vahram colse la stupidità del gesto istigato dalla disperazione di quella donna, ma nel suo freddo pragmatismo non lo considerò degno di clemenza o compassione. Era in procinto di abbassare la lancia per prepararsi al combattimento, quando quella sua fobia, quel suo maledetto difetto, lo prese; credeva di averlo sepolto sotto la mostruosità che la battaglia aveva fatto riemergere in lui, ma si sbagliava.

Gli stupendi i profondi occhi di ghiaccio e le grazie sinuose e delicate si piantarono della nella sua testa come il pungiglione di uno scorpione. D’un tratto i suoi arti si paralizzarono e la sua gola si contrasse, come se avesse improvvisamente rammentato il morso letale che l’aveva squarciata anni prima.

«Non potevo ritrovarmi davanti un re?! Anche un arcidemone o un drago mi sarebbero andati bene, ma questa... Cazzo...»

La situazione si faceva spinosa.

~~O~~O~~O~~

Il racconto prosegue qui.





Personaggio
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Alto+Basso) Ferita da freccia sulla schiena (Bassa), contusione sulla guancia sin. (Bassa), danni da caduta distribuiti su tutto il corpo (Basso), ustione sulla guancia sin. (Bassa), ustione sulla schiena (Basso).
Mente: (Danno Alto) Danni alla mente (Alti).
Energia: 40%

Raffi: Corpo (Danno Basso): Danni da caduta alla coscia sin. (Basso).


Armi:
Yen Kaytsak: in mano.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.

Oggetti: Corteccia d'acacia (oggetto di quest/+10% energia).


Munizioni
Faretra: 9



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.


Tecniche attive utilizzate
(nessuna)


Tabella riassuntiva
Sunto: Ultimo mio post in Im Dorfe, ulteriori considerazioni di Vahram preferisco inserirle in Täuschung per questioni di coerenza con le azioni che intraprenderò. Ho descritto il modo in cui Vahram assiste al dialogo tra Kreisler ed Ecatherine. Il post finisce con il mio pg che all'iniziare del combattimento viene bloccato dalla paura di Ecatherine a causa della sua fobia.

PS: la vostra storia con Ecatherine un po' l'ho letta seguendo le indicazioni che mi avete fornito. L'ho trovata davvero molto bella. In questo post non ho fatto alcun riferimento, se non poche allusioni molto superficiali, dato che Vahram è completamente all'oscuro di queste vicende. Sto pensando forse di inserire oggettivamente in Täuschung qualche riferimento in più. ^^
 
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view post Posted on 18/4/2014, 00:02
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Il Generale barcollò, troppi attacchi erano arrivati su di lui, da tutte le sue direzioni, e anche se non sembrava risentirne nel corpo le sue energie si stavano esaurendo. I movimenti erano più lenti, e sempre più attacchi nemici andavano a segno, aprendogli sanguinanti ferite sul corpo, e il sangue si mischiava al fango sulla sua pelle.
Sputò sangue a terra e sollevò lo sguardo quando si udì un fortissimo schianto.
Montu si voltò e vide Kreisler avanzare tra gli infetti sul dorso della sua viverna, mulinando la spada e decapitando i pochi che riuscivano a sfuggire alle zanne, agli artigli e alla coda dell'animale.
Kreisler guidava l'ultimo assalto, quello che avrebbe potuto liberare definitivamente la città, ma il Generale che aveva resistito fino a quel momento non gli avrebbe servito Lithien su un piatto d'argento. Afferrò la grande ascia che giaceva a terra poco distante da lui e tagliò l'aria in direzione di Kreisler; l'aria fu tagliata dalla furia dell'attacco e quando il colpo arrivò a bersaglio decapitò la possente cavalcatura di Kreisler, lasciando però vivo e senza danni il cavaliere. Quest'ultimo smontò dalla viverna morta riuscendo a mascherare il dolore, per poi avventarsi sul nemico, trafiggendogli il cuore con lo stiletto.
Montu fermò la sua corsa, Kreisler aveva ucciso quello che era anche il bersaglio del Demone e degli altri guerrieri che lottavano lì intorno, e in un attimo l'euforia invase i loro cuori. Il nemico era caduto, e tutti credevano che la totale liberazione di Lithien fosse ormai a portata di mano. Il pensiero del Demone corse ad Ainwen, Shakan e il monaco, che all'interno del Tempio in quel momento stavano lottando contro l'artefice di tutto ciò che lo circondava, la mente che probabilmente aveva guidato anche le gesta del Generale caduto.
Montu rialzò lo sguardo e vide Kreisler allontanarsi dal corpo senza vita del nemico per dirigersi, insieme ad un altro guerriero, verso il Tempio da cui Montu era uscito. Andavano in supporto allo Spettro e agli altri, e in quel momento anche il Demone credette che forse sarebbero riusciti a liberare la città prima che il Sole mostrasse nuovamente all'Eden la spettacolare bellezza di Lithien la Bella, caduta e ora pronta a risorgere dalle proprie ceneri come una Fenice.

Montu vide un infetto corrergli incontro, i mostri volanti erano impazziti dopo la morte di colui che li aveva guidati e quasi non si interessavano più ai soldati a terra, e ripose immediatamente la pistola per affrontarlo con la katana. L'infetto, incredibilmente agile rispetto agli altri, evitò il fendente diretto al collo piegando il corpo in avanti e scivolando sul terreno sabbioso. Si voltò ancora e tentò di aggredire il Demone, che riuscì a schivarlo muovendosi di lato, poi i movimenti furono così rapidi che un soldato che stava osservando il combattimento, quando lo raccontò in bordello di Babilonia, non riuscì a nascondere lo stupore e l'incredulità nella sua voce: Montu si abbassò e girò su sè stesso prendendo una spada dalla mano di un cadavere e riponendo la katana. Evidentemente la scena successiva era già chiaramente impressa nella mente del Demone. Quando l'infetto si avventò su di lui con la bocca spalancata, pronto a diffondere la sua malattia, Montu estrasse dalla tasca una strana biglia e la spinse nella gola del mostro, ritirando la mano prima che quello serrasse la mandibola. Spostò il busto all'indietro per evitare il gancio sinistro dell'infetto che stava soffocando a causa della biglia, e gli diede un possente calcio alla bocca dello stomaco scaraventandolo all'indietro. Quando il corpo corrotto dalla malattia era a mezz'aria il Demone scagliò la spada rubata verso la sua gola, la lama rescisse la trachea e divise in due metà esatte la biglia, che produsse una scintilla e le polveri e i gas al suo interno iniziarono a reagire a velocità istantanee. La lama spezzò la colonna vertebrale e quando il corpo cadde a terra si conficcò per metà della sua lunghezza nel terreno, in quell'istante le reazioni all'interno della biglia raggiunsero il culmine e l'oggetto esplose, lasciando sul terreno una macabra immagine: un paio di nude gambe attaccate ad un busto maciullato, e all'altezza di dove si poteva immaginare ci dovessero essere le spalle una spada conficcata nel terreno, circondata da brandelli di carne e sangue.

Il Demone sorrise, ma fu un sorriso breve, che sparì dal suo volto quando si voltò in direzione delle grida che avevano improvvisamente riempito l'aria.
Vide un enorme golem di roccia sorgere lì dove fino ad un attimo prima giaceva il generale nemico. Il golem aveva caricato i soldati che lo circondavano e la potenza della spallata ne aveva fatti volare alcuni per decine di metri.
Il Demone alzò gli occhi al cielo, forse perchè cercava aiuto in qualche Dio in cui nemmeno credeva, o forse perchè era la cosa giusta da fare, quella che avrebbe fatto la differenza tra salvare Lithien o condannarla a morte... Semplicemente alzare gli occhi al cielo, per ricevere conferma dei suoi pensieri, per trovare scritto con il fumo ciò che a molti poteva sembrare ovvio, ma che pochi avrebbero avuto il coraggio di fare.
Abbattete il golem.
Già, grazie amico, l'avevo notato il bestione... Beh, almeno non sono solo, buttiamolo giù!

Il Demone ricominciò a correre, e giunto ai piedi del golem notò che già molti guerrieri avevano tentato di abbatterlo, e sicuramente dovevano averlo già indebolito.
Montu corse e superò in scivolata la possente bracciata del mostro che probabilmente gli avrebbe spezzato le costole conficcandogliele nei polmoni. Mentre la schiena scivolava sul terreno sporcandosi di fango e sangue la katana colpì una gamba del golem all'altezza dello stinco, e il Demone impresse in quel colpo quanta più forza poteva. Si rialzò alle spalle del mostro di roccia impegnato a difendersi da più attacchi simultaneamente, e che forse nemmeno si sarebbe accorto degli otto fendenti che Montu gli stava riversando contro all'altezza dei reni.



Scritta nel cielo
Parlato Montu

Energia: 65 -10 -20 =35%
Status Fisico: Danno da caduta alla gamba destra (Medio)
Status Psicologico: Paranoia (Basso); Sforzo mentale per proiettare l'incubo (Medio + Medio = Alto)
CS Forma Umana: +1 Intelligenza

Armi:
Shokan: Impugnata con entrambe le mani
Pistola: Riposta (1 colpo)

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Dissonante: 1
Biglia Deflagrante
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione

Abilità usate:
Colpo Duro. Consumo: Medio (10%) il guerriero esegue un attacco più potente del normale, in grado di ferire gravemente l'avversario.
La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di eseguire una singola azione offensiva più pericolosa della norma. L'azione in questione potrà essere personalizzata con differenti stili o modalità di esecuzione, ma in ogni caso consisterà in uno ed un solo attacco - sia esso a mani nude o portato con un'arma bianca. La tecnica dura infatti solo il tempo necessario a portare a termine il colpo successivo al momento in cui è stata attivata. Andrà considerata come tecnica fisica di potenza Media e fronteggiata in quanto tale.

Furia. Consumo: Alto (20%) il guerriero riesce a scagliare fino ad otto fendenti in successione con la propria arma.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero riesce a scagliare fino ad otto attacchi in rapida successione a mani nude, o con la propria arma. La posizione delle varie offensive cambierà in base al movimento compiuto dal guerriero. Questa tecnica può essere utilizzata anche con le armi da lancio. Non aumenta la velocità di movimento del guerriero, ma solo quella con cui compie gli attacchi. La tecnica va contrastata come un'unica offensiva di portata complessiva Alta, avente natura fisica.

Note: Arrivato sul golem dopo il preambolo (condito da un breve scontro con un infetto che faccio esplodere in diecimila pezzetti) attacco con Colpo Duro una gamba del mostro, e poi gli scateno addosso all'altezza dei reni gli otto colpi con Furia

Sono arrivato negli ultimi due giri, ma volevo comunque complimentarmi con tutti perchè ho cercato di seguire per quanto possibile la quest dall'inizio. Un saluto a tutti :lul:
 
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49 replies since 24/1/2014, 01:09   1757 views
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