Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Lamrael Redskin

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view post Posted on 20/2/2014, 21:06

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Chiedo un artefatto di caratterizzazione epico 1500 gold + 750, l'arma da incantare è la suddetta:
CITAZIONE
~ Martello nanico.
Un martello non troppo grande, utilizzabile anche con un mano. Il martello, ritrovato in delle rovine naniche, presenta una punta affilata da un lato e una parte piatta dall'altra. Poco più di un giocattolo nelle mani di Lamrael.

Vorrei, se è possibile e se l'incantatore è così gentile da farlo, che si basasse su questa giocata:
Erkdun
Per il resto nome e storia piacere. Mi fido di voi. Buon lavoro e grazie a tu che ci capiterai!
ps: mi cambiate il titolo? è Redskin, mi è scappata una i di troppo.


Edited by Lud† - 21/2/2014, 01:44
 
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view post Posted on 16/4/2014, 19:39
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C a t a r s i

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Genzaniku



Certi uomini sono quello che i tempi richiedono. Si battono, a volte muoiono, per cose che prima di tutto riguardano loro stessi. Compiono scelte che il senno degli altri e il senno di poi stringono nella morsa tra diffamazione ed epica di stato. Scelte estreme, fatte a volte senza un chiaro perché, per il senso dell’ingiustizia provata sulla pelle, per elementare e sacrosanta volontà di riscatto.

A memoria del suo antico splendore ora non si ergevano nulla più che sparute rovine, macerie desolate spazzate dal vento e dalla sabbia del deserto. Non lontano dall’abbraccio mortale del luogo conosciuto come le Saline erano veramente in pochi ad osare raggiungere i resti di quella antica città e anche loro, spesso, la vedevano solamente come un rifugio di fortuna, completamente ignari della sua antica storia e delle geste di coloro che vi persero la vita.
Nemmeno Lamrael, a quei tempi poco più che un viandante solitario, sembrò interessarsene, troppo impegnato nella sua caccia di vendetta per legarsi alle persone o ai luoghi che visitava.

Seguendo le tracce delle creature che avevano cambiato la sua vita fino a strappargli dalle mani l’amore della sua vita aveva infine raggiunto le profondità delle fosse che, o almeno così gli avevano raccontato, l’avrebbe finalmente condotto nelle profondità del sottosuolo per dare finalmente battaglia ai propri nemici nel loro luogo di origine. Allo stesso modo di come quest’ultimi avevano fatto nel suo villaggio anche lui avrebbe finalmente avuto l’occasione di ripagarli con la stessa amara medicina.

Quando, dopo diversi giorni, Lamrael emerse da quelle fosse misteriose le sue vesti erano quasi completamente a pezzi e il suo corpo presentava innumerevoli ferite, tagli e pesanti abrasioni. Oltre alla propria spada però stringeva ora nella mano sinistra anche una seconda arma, un pesante martello di foggia antica caratterizzato da un lato sagomato a punta e il secondo una compatta superficie contundente. Per quanto l’impugnatura dell’arma fosse quasi completamente distrutta il fusto costituito da una solida base d’acciaio era perfettamente integro tanto che vi si poteva ancora chiaramente leggere le lettere incise su tutta la sua lunghezza: Genzaniku.


L’abisso stesso non è altro che una diversa via per la verità
Abituato a combattere basandosi solamente sul proprio istinto Lamrael difettava completamente della pazienza e della esperienza per controllare quanto era rimasto così a lungo sopito all’interno di quell’oggetto. Qualunque cosa riposasse negli anfratti sotterranei delle miniere di Ur Lachesh aveva corroso il metallo dell’arma lentamente ma inesorabilmente trasformando quello che prima era stato un sigillo posto a trattenerlo in un veicolo della propria insaziabile oscurità.
Inconsapevole della natura dei suoi poteri ma comunque completamente affascinato dalla sua evanescente consistenza l’ammazzademoni iniziò a sfruttarla sempre più in battaglia cercando di rivolgere le oscure energie dell’abisso contro le stesse creature che da quel luogo erano state liberate nel mondo. Solo una volta raggiunta la città di Taanach e aver iniziato un periodo di noviziato presso l’ordine degli Yeniçeri raggiunse infine un livello di addestramento sufficiente a controllare la natura di quell’arma che fino ad ora aveva continuato semplicemente ad assumere tra le sue mani forme sempre ogni volta che l’impugnava per combattere.
{Abilità passiva. Ogni volta che Genzaniku viene estratta la sua forma muta istantaneamente in quella di una altra arma da mischia sia essa una lama, un’altra arma ad impatto o una con portata quali ad esempio una lancia. In questa forma per quanto possa essere normalmente utilizzata in combattimento non è possibile sfruttarne le tecniche attive.}
{Consumo Medio. Natura Magica. L'arma recupera la sua forma originaria, concedendo all'utilizzatore di sfruttare le successive tecniche attive per 2 turni e garantendogli un bonus di 1 CS. E' possibile sfruttare anche tecniche esterne che comprendano l'effetto di riportare Genzaniku alla sua forma originale per sbloccare ugualmente le abilità attive.}

Nulla vi è da temere nemmeno nel percorrere la più oscura delle vie
Nel suo intenso periodo di allenamento con i Yeniçeri Lamrael oltre ad apprendere le basi del loro stile di combattimento ha anche appreso come concentrare, nel breve lasso di tempo in cui questi sono a sua disposizione, le capacità sopite nell’arma.
Solitamente un combattente selvaggio ed irruento l’energia grezza accumulata nell’arma gli permette di proiettare la propria furia all’esterno del proprio corpo andando a prendere di sorpresa anche il più cauto tra gli avversari.
Ad ogni colpo a vuoto, volontario o meno, Lamrael potrà sfruttare l’ombra per garantirsi una seconda possibilità.
Abituato a combattere da solo ha, infine dopo la dura lezione con i Leoni rossi e durante l’addestramento con gli Yeniçeri , finalmente compreso l’importanza del lavoro di squadra sfruttando le proiezioni dell’arma non solamente in maniera egoista ma anche per difendere un alleato in difficoltà o aiutandolo a fiancheggiare un nemico altrimenti troppo forte.
Le ombre di Genzaniku possono anche essere disposte non solamente tramite uno scatto d’ira ma anche con un preciso disegno tattico in mente: legando la propria ombra a quella dell’avversario è possibile creare una emanazione più stabile dalla maggiore maestria in combattimento. Tali costrutti, che non potranno ne essere dissolti da mezzi comuni ne essere seminati o ingannati, colpiranno costantemente con la stessa forza e intensità di quanto potrebbe fare Lamrael stesso.
Per quanto distanti possano essere le ombre restano comunque intimamente legate al possessore dell’arma che può sfruttarle come varco per uno scambio istantaneo molto utile per raggiungere un bersaglio altrimenti irraggiungibile. questo processo comporta inoltre anche lo spostamento dell’ombra che, nel caso ne avesse ancora la possibilità, andrebbe a legarsi immediatamente al primo bersaglio possibile entro la sua portata.
Per quanto inizialmente in molti possano temere le ombre di Lamrael esse sono in realtà completamente scevre da qualsiasi concetto di bene e male rappresentando solamente un mezzo attraverso il quale lo sterminatore di demoni raggiunge i propri obbiettivi.
{Consumo Medio. Natura Magica. Una copia magica dell'utilizzatore viene materializzata affianco all'avversario prescelto per poi ripetere contro di esso l'attacco andato, intenzionalmente o meno, inizialmente a vuoto.}
{Consumo Basso. Natura Magica. Viene creata una ombra del proprio personaggio affianco all’avversario per 2 turni (anche contro nemici lontani) che esegue un singolo attacco fisico per turno. L’ombra non si separa dal nemico e sfrutta i CS dell’evocatore.}
{Consumo Basso. Natura Magica. Solamente in fase offensiva dopo che una ombra è stata posizionata è possibile scambiarsi istantaneamente di posto con essa. Se l’ombra non ha ancora effettuato il suo attacco ed è vicina ad un bersaglio valido allora attaccherà il nuovo avversario.}

E’ quanto ti è nascosto alla vista la minaccia più grande
Coloro che affrontano Lamrael si ritroveranno immancabilmente sorpresi dalla sua eccezionale mobilità attraverso il campo di battaglia obbligandoli a mantenere un maggiore livello di allerta costantemente. Questa soluzione può essere però facilmente aggirata fino a ritorcerla contro contro il proprio avversario dato che le ombre di Genzaniku non sono sempre necessariamente legate al mondo materiale.
Frutto dei poteri e della corruzione dell’Abisso la loro natura mutevole trova ancora più spazio quando gli viene concesso di giocare con la mente del proprio bersaglio prima di poterlo, infine, assaltarlo. Senza alcun preavviso le ombre possono infatti essere liberate per iniziare a comprare ai margini del campo visivo del proprio avversario quali immagini sfuggenti o scherzi della luce. In poco tempo Lamrael inizierà ad essere ovunque mentre la sua sagoma, il suo sguardo e la sua presenza sembreranno apparire dietro ad ogni angolo buio, porta o vicolo.
Soffocante ed opprimente la loro presenza, inizialmente solo accennata, tenderà a crescere nel tempo distraendo inevitabilmente anche il più attento degli avversari. Nel caso Lamrael decisa di ampliare o prolungare queste creazioni illusorie la presenza delle ombre diventerà sempre maggiore fino a danneggiare realmente il corpo dello sfortunato avversario.
Ai margini del campo visivo del bersaglio appariranno delle ombre simili a quelle solitamente manovrate dal possessore. Tali presenze, pur non provocando nessun danno fisico portano il bersaglio a distrarsi non potendo distinguere le minacce finte da quelle reali.
{Consumo Medio. Natura Psionica. La tecnica viene attivata normalmente ma il danno viene subito dall'avversario, nel caso in cui questo non si difenda, nel turno successivo alla attivazione.}
{Consumo Medio. Natura Psionica. Una ombra illusoria simile a quella delle tecniche precedenti infligge un danno all'avversario che si ripercuote in maniera identica sul fisico dell'avversario.}
 
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view post Posted on 16/4/2014, 19:57

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Grazie, quando vuoi ricordati di scalare ^^
 
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view post Posted on 24/4/2014, 21:05
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scalo io ^^
 
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view post Posted on 23/1/2015, 11:14

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Massì, suvvia. Incanto la mia Ammazzadraghi. Sapete tutti cos'è vero? (altrimenti guardate berserk per farvi un'idea u.u)
Il costo totale dell'incanto è 2100 gold e vorrei, fin dove fosse possibile, che fosse basata sul ciclo Fetiales o comunque sulla fazione mostruosa Caduti. Grazie in anticipo ^^

~ Spadone ammazzadraghi
Una spada troppo grossa per essere impugnata, un oggetto troppo grande per chiamarlo spada. Troppo spesso, troppo pesante e troppo grezzo. Non è altro che un enorme blocco di ferro. Per molti, ma non per Lamrael. La lama è lunga circa 180 cm.
 
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view post Posted on 8/4/2015, 23:46
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pero ti piaccia ^w^
Lascio a te la grafica e scalo i conti uwu

CITAZIONE

Magnitudo

I Maegon erano avidi accumulatori, viziosi, ma invincibili e potentissimi. Le leggende parlano dei loro regni crudeli, dipingendoli nelle tinte del rosso e del nero, del sangue e della morte. Si dice che essi infierissero sulle proprie vittime senza nemmeno considerarle creature viventi, che di essere nulla andasse sprecato. E, forse, i più fortunati erano coloro che perdevano la propria vita sul campo. Gli altri erano condannati a terminare la propria esistenza ridotti in schiavitù, soggetti alle angherie di padroni volutamente insoddisfatti, frustati e pronti a sfogare la propria frustrazione o il proprio divertimento. Vi erano schiavi per ogni mansione, dalla più umile alla più pericolosa. E non potevano mancare, naturalmente, schiavi pronti a combattersi nell’arena per la delizia dei propri padroni. Il loro sangue scorreva sulla sabbia, impregnandola a tal punto che si diceva fosse impossibile lavarlo. Uomini e donne li guardavano dagli spalti e dai palchi, agitando talvolta pigramente una mano in segno di grazia. Era proprio in questi luoghi, dove il terrore e il sudore si mescolavano all’odore delle focacce salate, che figure leggendarie sorgevano e si stampavano per sempre nella memoria dei prigionieri.
Tra di essi vi era lui. Duilio, Valoroso, era il nome che si era scelto. La sua corporatura era imponente e si diceva che la sua pelle fosse dello stesso colore della sabbia. Per lui avevano forgiato un’arma che rispecchiasse la straordinaria forza con cui in battaglia si era opposta ai padroni. Si trattava di una spada, ma un tale nome sarebbe riduttivo. Imponente, più alta di un uomo comune, dalla lama talmente ampia da essere sufficiente a spazzare l’aria. Il filo era affilato a sufficienza da dividere a metà un uomo, ma sarebbe bastato colpirlo con il piatto per stritolarlo sul terreno. Una spada del genere era un’arma unica, tanto che il suo portatore passò alla leggenda: nessuno, tranne lui, riusciva nemmeno a sollevarla. Nessuno sarebbe stato in grado di muoverla dalla propria posizione o di maneggiarla se non un uomo dotato di un vigore e una determinazione fuori dall’ordinario. Duilio non perse mai neppure uno scontro, tanto che i suoi avversari presero l’abitudine di chiedere la grazia ancora prima di scendere in campo.
Eppure la spada, inclemente come i padroni, chiese il proprio tributo. E quell’uomo giovane e vigoroso appassì ad una velocità tre volte superiore a quella di un uomo comune. Il suo viso si coprì di rughe, i suoi occhi si spensero, i suoi stupendi capelli corvini divennero grigiastri e poi pallidi. Ben presto le sue mani da callose divennero storpiate dall’artrite. Infine, quando nemmeno lui riuscì più ad imbracciare l’arma, ancora stupenda e grezza come il primo giorno, chiese per se stesso la vita che a tanti aveva tolto.
Ci si aspetterebbe un epilogo dolce amaro della lunga storia di questo guerriero. Ma i Maegon erano i Padroni. Hanno segnato la storia e lasciato una traccia del mondo. La loro forza era costellata dai corpi dei loro avversari. E Duilio morì così, senza nemmeno poter sferrare un colpo, senza poter più dar prova del suo valore. Da quel giorno la sua spada rimase conficcata al centro dell’arena, da dove nessuno riuscì più a smuoverla. Pietra, sabbie, calamità tentarono di soffocarla. Ma ella non perse mai il proprio naturale, terribile, splendore. Non elegante, non pulita, non raffinata, ma di certo impossibile da sconfiggere, ella attende. Aspetta l’uomo che sfiderà ancora una volta se stesso per poterla portare con sé.



Magnitudo è una spada dall’aspetto minaccioso. Non possiede la lama scintillante delle armi dei cavalieri, né il profilo aggraziato di quelle degli assassini. Non è possibile nasconderla sotto le vesti né portarla semplicemente alla cintura. Monolitica, imponente quanto una montagna, le leggende dicono sia in grado di fendere anche l’orizzonte. Di certo la sua memoria, per quanto annacquata dal trascorrere dei secoli, non si è persa: essa vive nei ricordi ancestrali di ogni creatura. Come chiunque tremerebbe al vedere l’ombra di un drago sul terreno, così essi reagiscono quando questa arma viene estratta. Chiunque quindi si trovi in sua presenza proverà immediatamente una forte sensazione di scoraggiamento e percepirà più certa e più vicina la sconfitta [Passiva psionica. Genera una malia in forma di scoraggiamento e certezza della sconfitta a chiunque guardi la spada. Numero di utilizzi: 6]. Allo stesso tempo, non sarà facile per coloro che non sono predestinati, impugnare Magnitudo e battersi con essa. Forgiata per un uomo dalla forza straordinaria e dallo spirito indomito, la spada si piega solamente al volere di guerrieri dall’animo antico quanto le montagne. Chiunque non ne sia il portatore e cerchi di impugnarla, non riuscirà nemmeno a sollevarla da terra. Essa, anzi, lo punirà della propria ingordigia, schiacciandolo a terra con tutto il proprio peso [Passiva: la spada non può essere sollevata da chi non ne sia legittimo proprietario. I trasgressori verranno schiacciati a terra dalla mole stessa della spada. Numero di utilizzi: 6].

Il guerriero che scelga questa spada o che ne venga scelto, potrà dominare un potere brutale, ancestrale quanto quella di una bestia feroce. Sarà lui a condurre la spada, o sarà lei a guidarlo? Si dice che Duilio fosse così deciso e valoroso da non poter essere mai scosso né intimorito. Non importa quanto noto o temibile fosse il suo avversario: egli non sarebbe mai caduto sulle ginocchia implorandone la clemenza, né avrebbe tentato di fuggire [Difesa psionica di valore Basso. Autodanno fisico pari a Basso]. Una volta che la sua mente sarà al sicuro, il guerriero potrà preoccuparsi di passare all’attacco. La spada sembra enorme e pesante, ma proprio per questo la maestria nel maneggiarla porterà immensi vantaggi. Semplicemente muovendola lateralmente, e muovendo l’aria verso il nemico, sarà possibile generare una bordata capace di scagliarlo all’indietro e sbilanciarlo [Tecnica fisica, infligge un danno Medio al Fisico e sbilancia il nemico all’indietro. Autodanno fisico pari a Medio]. Se invece l’attaccante decidesse di scagliare un colpo diretto, potrebbe riversarvi una forza maggiore al normale per rendere il suo attacco particolarmente letale. Il nemico non ne sarebbe soltanto ferito, ma si ritroverebbe anche fiaccato, meno capace di reagire ai colpi successivi [Tecnica fisica, oltre ad un danno Basso al fisico, priva il nemico di 2 CS. Autodanno Fisico]. Ma talvolta il nemico è infido, si nasconde per colpire alle spalle. Difficilmente, in questo caso, un guerriero gravato da una spada pesante potrebbe difendersi con rapidità sufficiente. Proprio per questo motivo la spada ha imparato a difendere se stessa: piantandola a terra e spendendo un consumo medio, il portatore avrà conoscenza per un turno della posizione di tutti i nemici sul campo. Non importa se si siano resi invisibili o se semplicemente siano nascosti: egli vedrà le loro anime bruciare di paura di fronte alla sua arma [Tecnica Magica, Rivela al portatore la posizione di tutti gli avversari in campo, Autodanno Fisico].
Ma i poteri di Magnitudono non solo trucchi di cui ogni accorto guerriero potrebbe farsi forza. Non sono solamente uno sfoggio di abilità adatto a raggirare il nemico. La spada fa fede al proprio nome e alla propria impotenza, conservando nella propria lama alcuni poteri dei più devastanti. Chiunque abbia la forza di maneggiarla, sarà anche in grado di controllarne la forza. Se cercherà di colpire l'avversario con un fendente caricato di un consumo Alto, egli non infliggerà un semplice attacco fisico. Al contrario, il nemico si vedrà trapassare dalla lama senza esserne ferito, come se fosse divenuta eterea. Pur non riportando ferite, si sentirà immediatamente fiaccato. Inoltre, sia lui che ogni altro avversario sul campo, vedrà un proprio artefatto infrangersi e trasformarsi in polvere tra le dita. La spada tollera solamente avversari alla propria altezza, ed è in grado di distruggere qualsiasi arma superiore essi possiedano [Tecnica fisica, Autodanno Fisico pari ad Alto, la tecnica infligge un danno Medio all'energia avversaria e distrugge un oggetto incantato ad area ad ogni nemico in campo]. Alcuni nemici dei più infidi potrebbero anche tentare di attaccare il guerriero sfruttando degli alleati. Egli, pur essendo uno solo, sarà perfettamente in grado di fronteggiarli tutti: sarà Magnitudo a conferirgli la capacità di colpirli con una forza devastante. Menando una spazzata nell'aria, il guerriero genererà un'onda d'urto che investirà tutti i nemici sul campo. Questa infliggerà un danno Medio ad ogni nemico presente sul campo. Il danno raddoppierà per le Evocazioni e si dimezzerà per tutti i personaggi giocanti [Tecnica fisica ad area. Autodanno Alto fisico. Infligge un danno Medio ad ogni nemico sul campo, che raddoppia per le evocazioni e si dimezza per tutti i personaggi giocanti].

La storia di Duilio, però, dimostra che una spada come Magnitudo non è priva di un prezzo. La sua forza straordinaria potrebbe portare qualsiasi guerriero alla gloria. Ma le energie che servono per maneggiarla sono molte, la determinazione necessaria a sollevarla potrebbe logorare l'uomo più resistente. Anche il migliore e il più puro tra i guerrieri, come lo schiavo delle leggende, verrà lentamente fiaccato dall'uso di questa arma creata da creature troppo crudeli per preoccuparsene [Malus: Ogni volta che il portatore raggiunge la soglia di un Alto castato con tecniche della spada, subisce un danno Basso alla Mente]. Inoltre chiunque combatta con questa arma è libero quanto schiavo. Essa è un'arma dei padroni, forgiata per fare del loro schiavo un vincitore, un oggetto del loro divertimento. Allo schiavo non è dato ribellarsi, così come non è possibile per la sua lama. Per questo motivo, una volta che il guerriero avrà scelto di combattere con Magnitudo, non potrà abbandonarla per nessun'altra arma fino alla fine dello scontro [Malus: se il portatore decide di combattere con Magnitudo, non potrà maneggiare o utilizzare nessun'altra arma (incantata o meno) sino al termine dello scontro]. Infine, il guerriero che combatterà con quest'arma non avrà il privilegio di arrendersi. Non potrà piegarsi sulle ginocchia, chiedere pietà o provare rispetto per chiunque lo faccia. Per lui i nemici saranno solamente pedine da abbattere, gradini da superare per arrivare ad una cima irraggiungibile. Egli non sarà più in grado di provare alcuna pietà per coloro che sono più deboli di lui [Malus: se porta la spada, il guerriero non può provare alcuna pietà o empatia per chiunque sia apparentemente più debole di lui].

 
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view post Posted on 9/4/2015, 22:20

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Grazie mille ^^
 
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view post Posted on 6/6/2015, 11:23

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Incanto: ~ Armatura completa
Un'armatura completa in metallo, la sua peculiarità è l'elmo a forma di muso di leone, con chiostre di denti che si chiudono sul volto di Lamrael, e il suo colore, un rosso molto scuro, quasi nero.

Per 2000 Gold, per l'ambientazione fate voi, mi fido abbastanza per sapere che non andrete troppo fuori tema.
 
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The Grim
view post Posted on 28/6/2015, 10:11







Mwenye kula
il Divoratore


ArmaturaLEone2_zpsy60xwwjl


In un remoto cantuccio del Plaakar stava un santuario, un edificio di pietra rozza, di palme e paglie intrecciate, tenuto assieme con lo sputo. Rozzo e spoglio di ogni ricchezza, era però mantenuto lindo e saldo da una piccola comunità di devoti, tutti intenti alla sua cura oltre che alla loro sopravvivenza; e ritenevano le cose strettamente collegate. Si preoccupavano di salmodiare preghiere ad esso al sorgere del sole, e fargli un'offerta ad ogni tramonto, a temere il suo inquilino ogni notte e curarne i resti ogni giorno. Perché Aslan-Arshan, incarnazione della Voracia, l'eterno Affamato, il sommo predatore, era un essere capriccioso, che al suo ritorno fra i vivi si sarebbe ricordato di ogni torto e sbranato coloro che lo l'avevano offeso. Così, nella speranza di compiacerlo, si curavano dei resti dell'essere, che nonostante i millenni, non sembravano esser stati scalfiti dal tempo: ungevano la fola criniera rossa, lucidavano la lunga pelliccia, smaltavano zanne e unghia, scacciavano anche il più minuto insetto; non sembrava nemmeno la carcassa di un demone morto. Eppure lo erano, e per secoli era stata riverita e temuta, bagnata col sangue di prede, vergini, e traditori, anatema e ossessione per generazioni e generazioni: era la fama stringente che attanagliava una comunità delle terre più selvagge, l'unico stile di vita per un popolo che conosceva solo la caccia, il terrore di ciò che era ignoto, del morbo e della morte. Loro seguivano l'unica maniera per scongiurare ogni pericolo e garantirsi un futuro.

Un giorno però giunse uno straniero al villaggio, un pugno di uomini al suo seguito, e punte d'acciaio splendente in mano. Forse lo spirito crudele aveva finalmente attirato qualcuno altrettanto vorace e sanguinario, forse erano state le antiche leggende a indicargli la via, forse storie di ricchezze o sirene di potere illimitato, per una ragione o per un'altra - che non si premurò mai di chiarire a nessuno, quell'uomo giunse al santuario di Aslan-Arshan e compì un massacro. Né marmocchio né vecchio lo impietosirono, né infermo o malato lo fermarono, ogni uomo fu fu torturato e ucciso, ogni donna stuprata e ammazzata, l'edificio e le poche capanne attorno a lui furono incendiate e rase al suolo, ogni traccia cancellata da un'insensata fame di distruzione, e perfino la carcassa leonina dell'antico predatore fatta a pezzi. Ma questi ultimi, a differenza di tutto il resto, furono conservati e poi fatti assemblare da fornaci infernali e incantesimi oscuri: sulla pelle furono istallate placche di metallo fuso con le ossa del mostro e temprato nel suo sangue, tendini e cartilagine usati per fare i lacci dell'armatura, gli artigli rivestivano le parti per le dita, e le zanne incorniciavano fameliche la visiera dell'elmo, dalla coda si ricavò una cintura e la rossa criniera stava arrotolata attorno al collo e raccolta in cima all'elmo in un rabbioso pennacchio. Incisioni leonine e scaglie dorate completavano quell'ammasso di acciaio brunito, dalle sfumature vermiglie, conferendole un ché di maestoso e regale, nascondendone l'indole feroce e superba.



'Ngozi, dalla scorza durissima

Aslan-Arshan cacciava quando ancora i mari erano pozzanghere e le montagne mucchietti di terra, e già allora aveva tantissimi nemici. Il suo spirito superbo l'obbligava ad affrontare ogni sfida, a non chinare mai il capo, a snudare le zanne prima di cambiare strada. I suoi artigli erano aguzzi e taglienti da affondare nella roccia come fosse aria, ma non erano quelli il cruccio dei suoi nemici, bensì la spessa pelliccia che nulla riusciva a scalfire, e le ossa forti che niente riusciva a spezzare o lussare: le lance rompevano la punta senza affondare nella carne, lo stesso destino toccava a bastoni e pietre. Il titano leonino non era immortale, e lo sapeva benissimo, molte volte era stato ferito e aveva visto il sangue vermiglio fuggire dalle sue vene, e in più usava certi trucchi perché la sua pelliccia paresse sempre intonsa e inscalfibile. Godeva della disperazione di chi vedeva ogni sforzo vano, rendeva il sapore della preda decisamente migliore.

Anche Andrej Malinowski era uno di quelli che di morire non ne aveva mai voglia. Già da giovane era finito sul patibolo - insubordinazione, aggressione di un superiore - e aveva dimostrato come la morte non lo volesse: il boia aveva rotto l'ascia al primo tentativo di decapitarlo, poi era stato giocato da un trucco dell'uomo e finito col culo per terra, e la terza volta che aveva provato le mani erano tanto sudate che l'arma gli scivolò dalle mani finendo ad un centimetro del condannato a morte; a quel punto Andrej venne graziato e reintegrato nell'esercito. Aveva la pellaccia dura, piena di cicatrici ed altri regalini di centinaia di campi di battaglia, ma in qualche maniera ce l'aveva sempre fatta. Però si era trovato a fissare la morte negli occhi una volta di troppo, ed alla fine s'era deciso a trovare una qualche assicurazione sulla vita, di quelle antiche ed affidabili. La corazza Mwenye kula era un capolavoro da questo punto di vista, impenetrabile, inscalfibile, tanto leale da non guastarsi mai, ma anche lei aveva la sua volontà, quella di rimanere integra. Ed era un desiderio tanto intenso che preferiva bere il sangue di chi doveva proteggere piuttosto che farsi distruggere; uno prezzo che Malinowski pagò più che volentieri. [Passiva, 3 utilizzi, Mwenye kula è infrangibile, se verrà minacciata da qualsiasi attacco non tecnica basterà consumare un utilizzo di questa passiva per vanificare il tentativo. Attiva Media, natura magica, consumando una quantità di salute fisica pari a Basso ed un quantitativo d'energia sempre Basso sarà possibile riparare l'armatura da un danno inflittole tramite una tecnica di distruzione dell'equipaggiamento. ]



Kiburi, dalla criniera maestosa

Aslan-Arshan era il flagello delle sue terre, ma il suo nome era noto al di fuori dal suo terreno di caccia, che nella sua testa era tutto il mondo, ma per sua comodità era un'area vasta quanto una nazione. I nomi però non sono scritti in fronte, così prede e sfidanti avevano preso a riferimento, non tanto la mole suprema del demone, che sfidava quella di una collina, ma ciò che cingeva il suo collo e coronava la sua testa. La sua rossa criniera che si agitava come un incendio, mai curata eppure sempre in ordine, non di un acceso arancione, ma di un cupo scarlatto come se il sangue dei suoi nemici fosse stato bevuto da quei peli, ed ostentato tanto per terrorizzare quanto come monito. Simboleggiava la sua imbattibilità, la forza dei nemici che aveva sconfitto, ma anche il suo orgoglio che lo costringeva a combattere sempre. Forse un giorno l'avrebbe condotto alla morte in battaglia, se vecchio e ferito o forse malato, fin'ora gli aveva portato soltanto vittorie, qualche volta a caro prezzo, ma sempre indiscusse.

Anche Andrej era uno che non si tirava indietro, si era fatto largo fra i ranghi dell'esercito Leviatano a spallate, e dal nulla era riuscito a farsi Tenente; non aveva conoscenze per aspirare a più di quello. Non era la perizia con la spada o qualche altra lama a farlo risaltare fra i molti, ma la sua spietatezza ed ambizione, oltre che la capacità di fare la mossa giusta al momento giusto. Perché essere un soldato era una bella cosa, diventare un capo era meglio; e da quando indossava Mwenye kula A. Malinowsk lo fu per davvero. Se qualcuno lo metteva in discussione, bastava uno sguardo torvo, un digrignare di denti, un gesto semplice e quello si faceva piccolo e scuro di fronte ad un portamento si regale. E la criniera raggiante al vento era meglio di mille stendardi, teneva alto il morale degli scagnozzi che lo seguivano, disperati che l'avrebbero tradito volentieri, ma lo temevano e sopratutto sapevano che con lui la vittoria era sicura. Così, se i ranghi si assottigliavano e gli uomini iniziavano a disertare, ad Andrej bastava liberarla da un laccio, e ricordare ai suo sgherri che lui li avrebbe ricompensati, o seguiti fino al Baathos se osavano fuggire. Quel portamento aveva un costo: quello di stare sempre in bella vista, facile bersaglio di ogni imboscata e sortita, ma dopotutto la fama d'invincibilità non la si ottiene certo stando nascosti da qualche parte. [Attiva Media, natura psionica, consumando un quantitativo d'energia Bassa ed una quantità di salute fisica Bassa, sarà possibile impressionare tutte le persone circostanti, facendole credere di essere superiore ed inarrivabile, si tratta di un'offensiva ad area diretta alla Mente, che causerà un danno Basso alla salute mentale delle vittime. Malus, l'indossatore di Mwenye kulanon potrà mai utilizzare abilità attive di occultamento o invisibilità di qualsiasi natura, o celarsi agli auspex con apposite passive. Potrà però nascondersi con azioni non tecnica, come ripararsi dietro un muro o simili. ]


Amri, dalla voce prorompente

Aslan-Arshan inseguiva tutto ciò che si muovesse e fosse scorto dai suoi occhi, che fosse gazzella o drago, a lui non importava, soltanto uno lasciava in pace, quel fuoco che ardeva alto nel cielo e bruciava i suoi occhi tanto era luminoso; un essere dal potere stupefacente ma troppo vigliacco per scendere a combattere con lui. Una notte che il titano leonino aveva deciso di restar veglio, si accorse della sorella del primo, la Luna alta nel cielo, circondata da migliaia di ancelle luccicanti, ma più bella di tutte, così liscia e pallida: doveva essere sua, ma quella stava in alto nel cielo, lontana dalle sue unghie, irraggiungibile per le sue zanne. Frustato urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni, ed allora crepe spaccarono la superficie, macchie visibili ancora oggi da chi la osserva attentamente. Quella spaventata prese a fuggire da un capo all'altro del cielo, sempre inseguita dal leone che non riusciva ad urlare e correre allo stesso tempo, sconvolto e inorgoglito dalla potenza della sua voce. Infine quella si nascose oltre l'orizzonte, e fece così dalla notte a seguire fino ad oggi, e anche per i tempi che saranno, Aslan-Arshan ha imparato a padroneggiare il suo dono, e con esso ha imparato a crepare tanto lo spirito che il corpo di chi si opponeva alla sua caccia.

Malinowski non cercava la gloria perpetua di mille battaglie, una caccia fine a sé stessa: voleva una vita, comoda e agiata. Forgiato il suo esercito, spietato e fedele come voleva, si conquistò un posto dove vivere: Jirian, un fazzoletto di terra in quelle che oggi si chiamano le Bekâr-şehir: una città, qualche villaggio, un fiume, e tanto bastava per chiamarlo regno. Altri avrebbero avuto la brama di far tutto proprio, dal sud al nord, dal cielo alla terra, prendendo anche l'oceano vasto e ognuno dei mille fiumi di Theras. Andrej era furbo, l'affanno di quella sfida titanica non faceva per lui, che già era giunto alla mezza età e aveva trovato tante fatiche ad attenderlo, ora che si faceva più debole preferiva non incorrere ad ulteriori problemi. Sfide e pericoli non mancavano, ma oltre alla brutalità il tiranno sapeva come usare la parola, e non semplicemente per dare ordini eseguiti da sottoposti leali. No, nella voce c'era la stessa durezza dei suoi muscoli, quella forza che vibrava come acciaio, ed allora una minaccia diventava come un macigno e schiacciava al suolo il suo nemico, senza un'alito di vigore nelle braccia o nel petto; si accasciava senza forze. Oppure ruggiva come un leone, sgretolando pietra e metallo come fosse legna marcia, sbriciolandole come una parola fa con il silenzio più assoluto, deridendo ardimentosi rivoluzionari e crociati zelanti pronti a sbarazzarsi del despota di Jirian che l'attaccavano con tanto fervore e poi si trovavano con meno di un pugno di mosche; e poi finivano nelle miniere di zolfo, ad ingrossare le fila di schiavi che morivano là dentro. [Attiva Alta, natura psionica, con un forte urlo e consumando un quantitativo Medio di energia e uno Medio di salute fisica il portatore vedrà la propria riserva di CS aumentare di 4 unità, 2 in Robustezza e 2 in Forza, mentre l'avversario si vedrà danneggiata la sua riserva di 4 unità a sua scelta, a meno che non si difenda con un'apposita tecnica difensiva. Attiva Media consumando una quantità Bassa della propria salute fisica, ed un Basso della riserva energetica, il portatore di Mwenye kula può, con un urlo di natura magica, distruggere un pezzo dell'equipaggiamento avversario e danneggiare di un basso la sua riserva energetica.]


Njaa, dalla fame insaziabile

Aslan-Arshan faceva molte cose, ma una sola era la sua preoccupazione. Non agguati né sconfitte, non lotte in cui poteva perdere, perché non vi era nulla ti potente e forte quanto lui, ma la morte poteva arrivare lo stesso. Né incidenti né malattie lo tormentavano, sarebbe stato capace di reagire a quelle inezie, ma il suo stesso ruolo lo condannava: era un cacciatore. La fame era lo spettro che lo seguiva ovunque, tanto nel brontolare del suo stomaco, quanto nell'oscurità dei suoi sogni, così come in quel barlume che poteva definirsi pensiero. I suoi muscoli titanici richiedevano grandi energie, così ogni caccia era potenzialmente l'ultima, perché per sfamare un gigante come lui non bastavano né una lepre né una gazzella, e cose tanto inferiori non venivano degnate né di uno sguardo né di un pensiero; gli uomini erano la preda preferita. Aslan era vorace e crudele, le sue razzie non colpivano il viandante, ma famiglie e carovane, villaggi se necessario, e di quella carne e di quel sangue si saziava. Un giorno sarebbe arrivato il momento nel quale attorno a lui non ci sarebbe stata preda adatta, o che lo sforzo non sarebbe stato ripagato con un pasto degno; e sfinito sarebbe morto. Quel giorno si sarebbe accasciato integro al suolo, con la sua pelle intonsa, gli artigli affilati, la criniera ruggente, il corpo immacolato; ma sarebbe morto comunque. Quello era il destino del più grande dei predatori, e nemmeno Aslan-Arshan ne poteva sfuggire, ma ad esso non si sarebbe mai arreso, e sempre avrebbe ringhiato e urlato contro tale ingiustizia, quella di cadere a causa della sua essenza: di essere il più grande fra i grandi.


Andrej Malinowski aveva un segreto imbarazzante, di quelli che nessuno sarebbe mai stato capace di accettare. La crudeltà ostentata, lo sprezzo per gli inferiori, la rabbia e violenza con cui tiranneggiava erano cose normali, che si vedevano in ogni parte del mondo, dal nord al sud, dal sorgere del sole al suo tramontare. Non riguardava la sua sessualità, uomini, bestie e bambini lo disgustavano alla stessa maniera in tal senso, le concubine del suo harem parlavano di come fosse interessato solo al proprio piacere e non a quello di chi giaceva con lui; ma nemmeno quella era una colpa grave, anzi forse la normalità. L'appetito innaturale che lo tormentava era un altro, e si trattava di vera e propria fame, un impulso vorace che fibrillava in lui dal primo momento in cui aveva indossato quell'armatura. Dapprima non se ne era reso conto, aveva scambiato quell'impulso per altro, la brama di conquista, la sete di battaglia, la rabbia mai soddisfatta, l'impossibilità di ghermire tutte le stelle nel suo pugno; poi si era accorto di una verità più banale. Non c'erano cibi e bevande capaci di saziarlo, né di ridurre il suo appetito o soddisfare il suo palato, si cibava del rancio per dovere e quello gli dava l'energia per combattere un altro giorno. Ma durante una battaglia, la più terribile fra quelle per conquistare il suo trono, la prima vera campale che affrontava, quella che avrebbe spezzato il suo esercito o soddisfatto il suo sogno, era quasi morto. Stava disteso in una trincea, circondato da soldati che combattevano, disperato nel vedersi ferito dopo che un intero battaglione di cavalleria gli era passato addosso, accanto a lui stava il suo scudiero, gli occhi ciechi e il viso pallido dal malore e dalla paura. In quell'istante Andrej capì: si gettò sul braccio del ragazzino che stava ad un palmo da lui e lo morse, tossendo via la manica della sua camicia e affondando i denti nel muscolo succoso; poco dopo una sensazione di benessere lo invase. Il guerriero si rialzò, rinnovato vigore a sostenere le braccia e gambe, le ferite sanate, la ferocia nelle vene e la fame scomparsa, al suo apparire gli uomini esultarono, e ringalluzziti dalla sua presenza lo portarono alla vittoria. L'uomo capì di essere un cannibale e solo quell'atto proibito poteva tenerlo in forze e renderlo lucido; era spaventato da quella parte di sé, che trovava disgustosa e inaccettabile. Malinowski non era un uomo dalla alta moralità, ma quel suo peccato lo faceva star male, continuò a cibarsi di uomini, con piacere perverso misto a disgusto indicibile, finché non ebbe superato la sessantina d'anni. Era ancora in forze, come un uomo di mezza età e tale appariva, il collo taurino e la salute ad arrossirgli il viso sebbene il fisico non fosse più prestante. Non fu la malattia ad ucciderlo, né un colpo di stato, ma la colpa e la disperazione: si fece scoprire, e davanti all'abominevole entità della sua perversione, nessuno osò difenderlo. La folle sputò su di lui, sebbene avesse sempre avuto paura di quell'uomo leggendario, e pure le sue guardie e i suoi commilitoni si unirono al suo linciaggio, e alla fitta sassaiola che lo uccise. Che fine fece il suo cadavere non si sa, ma nessuna tomba reca il suo nome; l'armatura invece fu trafugata e passata di mano in mano, di padrone in padrone, servendo e tentando tutti quanti. Affinché lo spirito di Aslan-Arshan sopravviva nei secoli dei secoli. [Attiva Media, tecnica di guarigione fisica al corpo sotto forma di rigenerazione dei tessuti, tramite un consumo Medio di salute mentale sarà possibile ripristinare una quantità Bassa di salute del corpo. Attiva Alta, natura fisica, mordendo un avversario il portatore potrà infliggere una ferita Media al corpo del suo avversario, guarendo la propria riserva di salute fisica di un quantitativo Basso. Per fare ciò dovrà usare una quantità Media di salute Mentale, e una quantità Media di energia. Passiva, 1 utilizzo, consumando l'unico utilizzo di questa passiva, il possessore di Mwenye kula potrà rendere le tecniche di guarigione di potenza pari al consumo per quel turno. Malus, Se durante una giocata si saranno sfruttati i poteri di Mwenye kula per un totale di consumi - divisi nel corso della stessa - pari o superiore ad un Critico, il portatore sarà ossessionato da un'ossessiva fame di carne umana; subirà una penalità alle CS pari a 8 finché non l'avrà saziata in qualche maniera. Qualora lo facesse però, anche di nascosto, il senso di colpa o qualche altro dettaglio lo tradiranno, rendendo il suo peccato evidente e manifesto a tutti coloro che lo incontrano; con le conseguenze del caso. Non è possibile schermare questo effetto tramite passive di alcun genere.]






CODICE
<div align="center">
<table border="0" width="600"><p align="center">

[size=14]<i>[font=Times][color=black][size=28][/size]<b>Mwenye kula</b>
[size=7][color=darkred]il Divoratore[/color][/size][/color][/font]</i>[/size]

<p align="center">[IMG=ArmaturaLEone2_zpsy60xwwjl]http://i856.photobucket.com/albums/ab121/Grimsworth1/ArmaturaLEone2_zpsy60xwwjl.jpg[/IMG]</p>
<blockquote><p align= "justify">[size=4][font=Times]In un remoto cantuccio del Plaakar stava un santuario, un edificio di pietra rozza, di palme e paglie intrecciate, tenuto assieme con lo sputo. Rozzo e spoglio di ogni ricchezza, era però mantenuto lindo e saldo da una piccola comunità di devoti, tutti intenti alla sua cura oltre che alla loro sopravvivenza; e ritenevano le cose strettamente collegate. Si preoccupavano di salmodiare preghiere ad esso al sorgere del sole, e fargli un'offerta ad ogni tramonto, a temere il suo inquilino ogni notte e curarne i resti ogni giorno. Perché Aslan-Arshan, incarnazione della Voracia, l'eterno Affamato, il sommo predatore, era un essere capriccioso, che al suo ritorno fra i vivi si sarebbe ricordato di ogni torto e sbranato coloro che lo l'avevano offeso. Così, nella speranza di compiacerlo, si curavano dei resti dell'essere, che nonostante i millenni, non sembravano esser stati scalfiti dal tempo: ungevano la fola criniera rossa, lucidavano la lunga pelliccia, smaltavano zanne e unghia, scacciavano anche il più minuto insetto; non sembrava nemmeno la carcassa di un demone morto. Eppure lo erano, e per secoli era stata riverita e temuta, bagnata col sangue di prede, vergini, e traditori, anatema e ossessione per generazioni e generazioni: era la fama stringente che attanagliava una comunità delle terre più selvagge, l'unico stile di vita per un popolo che conosceva solo la caccia, il terrore di ciò che era ignoto, del morbo e della morte. Loro seguivano l'unica maniera per scongiurare ogni pericolo e garantirsi un futuro.

Un giorno però giunse uno straniero al villaggio, un pugno di uomini al suo seguito, e punte d'acciaio splendente in mano. Forse lo spirito crudele aveva finalmente attirato qualcuno altrettanto vorace e sanguinario, forse erano state le antiche leggende a indicargli la via, forse storie di ricchezze o sirene di potere illimitato, per una ragione o per un'altra - che non si premurò mai di chiarire a nessuno, quell'uomo giunse al santuario di Aslan-Arshan e compì un massacro. Né marmocchio né vecchio lo impietosirono, né infermo o malato lo fermarono, ogni uomo fu fu torturato e ucciso, ogni donna stuprata e ammazzata, l'edificio e le poche capanne attorno a lui furono incendiate e rase al suolo, ogni traccia cancellata da un'insensata fame di distruzione, e perfino la carcassa leonina dell'antico predatore fatta a pezzi. Ma questi ultimi, a differenza di tutto il resto, furono conservati e poi fatti assemblare da fornaci infernali e incantesimi oscuri: sulla pelle furono istallate placche di metallo fuso con le ossa del mostro e temprato nel suo sangue, tendini e cartilagine usati per fare i lacci dell'armatura, gli artigli rivestivano le parti per le dita, e le zanne incorniciavano fameliche la visiera dell'elmo, dalla coda si ricavò una cintura e la rossa criniera stava arrotolata attorno al collo e raccolta in cima all'elmo in un rabbioso pennacchio. Incisioni leonine e scaglie dorate completavano quell'ammasso di acciaio brunito, dalle sfumature vermiglie, conferendole un ché di maestoso e regale, nascondendone l'indole feroce e superba. [/font][/size]</p></blockquote>

<span align="justify" style="display:block"><span style="display:block;margin-right: 100px; margin-left: 100px; border-left: 3px solid #430404; padding-left: 8px">[size=7][color=#A68804][font=Times]'Ngozi,[/font][/color][/size][color=#430404][size=3] <i>dalla scorza durissima</i>[/size][/color]

[size=3]Aslan-Arshan cacciava quando ancora i mari erano pozzanghere e le montagne mucchietti di terra, e già allora aveva tantissimi nemici. Il suo spirito superbo l'obbligava ad affrontare ogni sfida, a non chinare mai il capo, a snudare le zanne prima di cambiare strada. I suoi artigli erano aguzzi e taglienti da affondare nella roccia come fosse aria, ma non erano quelli il cruccio dei suoi nemici, bensì la spessa pelliccia che nulla riusciva a scalfire, e le ossa forti che niente riusciva a spezzare o lussare: le lance rompevano la punta senza affondare nella carne, lo stesso destino toccava a bastoni e pietre. Il titano leonino non era immortale, e lo sapeva benissimo, molte volte era stato ferito e aveva visto il sangue vermiglio fuggire dalle sue vene, e in più usava certi trucchi perché la sua pelliccia paresse sempre intonsa e inscalfibile. Godeva della disperazione di chi vedeva ogni sforzo vano, rendeva il sapore della preda decisamente migliore.

Anche Andrej Malinowski era uno di quelli che di morire non ne aveva mai voglia. Già da giovane era finito sul patibolo - insubordinazione, aggressione di un superiore - e aveva dimostrato come la morte non lo volesse: il boia aveva rotto l'ascia al primo tentativo di decapitarlo, poi era stato giocato da un trucco dell'uomo e finito col culo per terra, e la terza volta che aveva provato le mani erano tanto sudate che l'arma gli scivolò dalle mani finendo ad un centimetro del condannato a morte; a quel punto Andrej venne graziato e reintegrato nell'esercito. Aveva la pellaccia dura, piena di cicatrici ed altri regalini di centinaia di campi di battaglia, ma in qualche maniera ce l'aveva sempre fatta. Però si era trovato a fissare la morte negli occhi una volta di troppo, ed alla fine s'era deciso a trovare una qualche assicurazione sulla vita, di quelle antiche ed affidabili. La corazza <i>Mwenye kula</i> era un capolavoro da questo punto di vista, impenetrabile, inscalfibile, tanto leale da non guastarsi mai, ma anche lei aveva la sua volontà, quella di rimanere integra. Ed era un desiderio tanto intenso che preferiva bere il sangue di chi doveva proteggere piuttosto che farsi distruggere; uno prezzo che Malinowski pagò più che volentieri. [[size=1]<i><u>Passiva, 3 utilizzi</u>, Mwenye kula è infrangibile, se verrà minacciata da qualsiasi attacco non tecnica basterà consumare un utilizzo di questa passiva per vanificare il tentativo. <u>Attiva <b>Media</b></u>, natura magica, consumando una quantità di salute fisica pari a <b>Basso</b> ed un quantitativo d'energia sempre <b>Basso</b> sarà possibile riparare l'armatura da un danno inflittole tramite una tecnica di distruzione dell'equipaggiamento. </i>[/size]] [/size]</span>


<span style="display:block;margin-right: 100px; margin-left: 100px; border-left: 3px solid #430404; padding-left: 8px">[size=7][color=#A68804][font=Times]Kiburi,[/font][/color][/size][color=#430404][size=3] <i>dalla criniera maestosa</i>[/size][/color]

[size=3]Aslan-Arshan era il flagello delle sue terre, ma il suo nome era noto al di fuori dal suo terreno di caccia, che nella sua testa era tutto il mondo, ma per sua comodità era un'area vasta quanto una nazione. I nomi però non sono scritti in fronte, così prede e sfidanti avevano preso a riferimento, non tanto la mole suprema del demone, che sfidava quella di una collina, ma ciò che cingeva il suo collo e coronava la sua testa. La sua rossa criniera che si agitava come un incendio, mai curata eppure sempre in ordine, non di un acceso arancione, ma di un cupo scarlatto come se il sangue dei suoi nemici fosse stato bevuto da quei peli, ed ostentato tanto per terrorizzare quanto come monito. Simboleggiava la sua imbattibilità, la forza dei nemici che aveva sconfitto, ma anche il suo orgoglio che lo costringeva a combattere sempre. Forse un giorno l'avrebbe condotto alla morte in battaglia, se vecchio e ferito o forse malato, fin'ora gli aveva portato soltanto vittorie, qualche volta a caro prezzo, ma sempre indiscusse.

Anche Andrej era uno che non si tirava indietro, si era fatto largo fra i ranghi dell'esercito Leviatano a spallate, e dal nulla era riuscito a farsi Tenente; non aveva conoscenze per aspirare a più di quello. Non era la perizia con la spada o qualche altra lama a farlo risaltare fra i molti, ma la sua spietatezza ed ambizione, oltre che la capacità di fare la mossa giusta al momento giusto. Perché essere un soldato era una bella cosa, diventare un capo era meglio; e da quando indossava Mwenye kula A. Malinowsk lo fu per davvero. Se qualcuno lo metteva in discussione, bastava uno sguardo torvo, un digrignare di denti, un gesto semplice e quello si faceva piccolo e scuro di fronte ad un portamento si regale. E la criniera raggiante al vento era meglio di mille stendardi, teneva alto il morale degli scagnozzi che lo seguivano, disperati che l'avrebbero tradito volentieri, ma lo temevano e sopratutto sapevano che con lui la vittoria era sicura. Così, se i ranghi si assottigliavano e gli uomini iniziavano a disertare, ad Andrej bastava liberarla da un laccio, e ricordare ai suo sgherri che lui li avrebbe ricompensati, o seguiti fino al Baathos se osavano fuggire. Quel portamento aveva un costo: quello di stare sempre in bella vista, facile bersaglio di ogni imboscata e sortita, ma dopotutto la fama d'invincibilità non la si ottiene certo stando nascosti da qualche parte. [[size=1]<i><u>Attiva Media</u>, natura psionica, consumando un quantitativo d'energia Bassa ed una quantità di salute fisica Bassa, sarà possibile impressionare tutte le persone circostanti, facendole credere di essere superiore ed inarrivabile, si tratta di un'offensiva ad area diretta alla Mente, che causerà un danno Basso alla salute mentale delle vittime. <u>Malus</u>, l'indossatore di Mwenye kulanon potrà mai utilizzare abilità attive di occultamento o invisibilità di qualsiasi natura, o celarsi agli auspex con apposite passive. Potrà però nascondersi con azioni non tecnica, come ripararsi dietro un muro o simili. </i>[/size]] [/size]</span>

<span style="display:block;margin-right: 100px; margin-left: 100px; border-left: 3px solid #430404; padding-left: 8px">[size=7][color=#A68804][font=Times]Amri,[/font][/color][/size][color=#430404][size=3] <i>dalla voce prorompente</i>[/size][/color]

[size=3]Aslan-Arshan inseguiva tutto ciò che si muovesse e fosse scorto dai suoi occhi, che fosse gazzella o drago, a lui non importava, soltanto uno lasciava in pace, quel fuoco che ardeva alto nel cielo e bruciava i suoi occhi tanto era luminoso; un essere dal potere stupefacente ma troppo vigliacco per scendere a combattere con lui. Una notte che il titano leonino aveva deciso di restar veglio, si accorse della sorella del primo, la Luna alta nel cielo, circondata da migliaia di ancelle luccicanti, ma più bella di tutte, così liscia e pallida: doveva essere sua, ma quella stava in alto nel cielo, lontana dalle sue unghie, irraggiungibile per le sue zanne. Frustato urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni, ed allora crepe spaccarono la superficie, macchie visibili ancora oggi da chi la osserva attentamente. Quella spaventata prese a fuggire da un capo all'altro del cielo, sempre inseguita dal leone che non riusciva ad urlare e correre allo stesso tempo, sconvolto e inorgoglito dalla potenza della sua voce. Infine quella si nascose oltre l'orizzonte, e fece così dalla notte a seguire fino ad oggi, e anche per i tempi che saranno, Aslan-Arshan ha imparato a padroneggiare il suo dono, e con esso ha imparato a crepare tanto lo spirito che il corpo di chi si opponeva alla sua caccia.

Malinowski non cercava la gloria perpetua di mille battaglie, una caccia fine a sé stessa: voleva una vita, comoda e agiata. Forgiato il suo esercito, spietato e fedele come voleva, si conquistò un posto dove vivere: Jirian, un fazzoletto di terra in quelle che oggi si chiamano le Bekâr-&#351;ehir: una città, qualche villaggio, un fiume, e tanto bastava per chiamarlo regno. Altri avrebbero avuto la brama di far tutto proprio, dal sud al nord, dal cielo alla terra, prendendo anche l'oceano vasto e ognuno dei mille fiumi di Theras. Andrej era furbo, l'affanno di quella sfida titanica non faceva per lui, che già era giunto alla mezza età e aveva trovato tante fatiche ad attenderlo, ora che si faceva più debole preferiva non incorrere ad ulteriori problemi. Sfide e pericoli non mancavano, ma oltre alla brutalità il tiranno sapeva come usare la parola, e non semplicemente per dare ordini eseguiti da sottoposti leali. No, nella voce c'era la stessa durezza dei suoi muscoli, quella forza che vibrava come acciaio, ed allora una minaccia diventava come un macigno e schiacciava al suolo il suo nemico, senza un'alito di vigore nelle braccia o nel petto; si accasciava senza forze. Oppure ruggiva come un leone, sgretolando pietra e metallo come fosse legna marcia, sbriciolandole come una parola fa con il silenzio più assoluto, deridendo ardimentosi rivoluzionari e crociati zelanti pronti a sbarazzarsi del despota di Jirian che l'attaccavano con tanto fervore e poi si trovavano con meno di un pugno di mosche; e poi finivano nelle miniere di zolfo, ad ingrossare le fila di schiavi che morivano là dentro. [[size=1]<i><u>Attiva Alta</u>, natura psionica, con un forte urlo e consumando un quantitativo Medio di energia e uno Medio di salute fisica il portatore vedrà la propria riserva di CS aumentare di 4 unità, 2 in Robustezza e 2 in Forza, mentre l'avversario si vedrà danneggiata la sua riserva di 4 unità a sua scelta, a meno che non si difenda con un'apposita tecnica difensiva. <u>Attiva Media</u> consumando una quantità Bassa della propria salute fisica, ed un Basso della riserva energetica, il portatore di Mwenye kula può, con un urlo di natura magica, distruggere un pezzo dell'equipaggiamento avversario e danneggiare di un basso la sua riserva energetica.</i>[/size]] [/size]</span>

<span style="display:block;margin-right: 100px; margin-left: 100px; border-left: 3px solid #430404; padding-left: 8px">[size=7][color=#A68804][font=Times]Njaa,[/font][/color][/size][color=#430404][size=3] <i>dalla fame insaziabile</i>[/size][/color]

[size=3]Aslan-Arshan faceva molte cose, ma una sola era la sua preoccupazione. Non agguati né sconfitte, non lotte in cui poteva perdere, perché non vi era nulla ti potente e forte quanto lui, ma la morte poteva arrivare lo stesso. Né incidenti né malattie lo tormentavano, sarebbe stato capace di reagire a quelle inezie, ma il suo stesso ruolo lo condannava: era un cacciatore. La fame era lo spettro che lo seguiva ovunque, tanto nel brontolare del suo stomaco, quanto nell'oscurità dei suoi sogni, così come in quel barlume che poteva definirsi pensiero. I suoi muscoli titanici richiedevano grandi energie, così ogni caccia era potenzialmente l'ultima, perché per sfamare un gigante come lui non bastavano né una lepre né una gazzella, e cose tanto inferiori non venivano degnate né di uno sguardo né di un pensiero; gli uomini erano la preda preferita. Aslan era vorace e crudele, le sue razzie non colpivano il viandante, ma famiglie e carovane, villaggi se necessario, e di quella carne e di quel sangue si saziava. Un giorno sarebbe arrivato il momento nel quale attorno a lui non ci sarebbe stata preda adatta, o che lo sforzo non sarebbe stato ripagato con un pasto degno; e sfinito sarebbe morto. Quel giorno si sarebbe accasciato integro al suolo, con la sua pelle intonsa, gli artigli affilati, la criniera ruggente, il corpo immacolato; ma sarebbe morto comunque. Quello era il destino del più grande dei predatori, e nemmeno Aslan-Arshan ne poteva sfuggire, ma ad esso non si sarebbe mai arreso, e sempre avrebbe ringhiato e urlato contro tale ingiustizia, quella di cadere a causa della sua essenza: di essere il più grande fra i grandi.


Andrej Malinowski aveva un segreto imbarazzante, di quelli che nessuno sarebbe mai stato capace di accettare. La crudeltà ostentata, lo sprezzo per gli inferiori, la rabbia e violenza con cui tiranneggiava erano cose normali, che si vedevano in ogni parte del mondo, dal nord al sud, dal sorgere del sole al suo tramontare. Non riguardava la sua sessualità, uomini, bestie e bambini lo disgustavano alla stessa maniera in tal senso, le concubine del suo harem parlavano di come fosse interessato solo al proprio piacere e non a quello di chi giaceva con lui; ma nemmeno quella era una colpa grave, anzi forse la normalità. L'appetito innaturale che lo tormentava era un altro, e si trattava di vera e propria fame, un impulso vorace che fibrillava in lui dal primo momento in cui aveva indossato quell'armatura. Dapprima non se ne era reso conto, aveva scambiato quell'impulso per altro, la brama di conquista, la sete di battaglia, la rabbia mai soddisfatta, l'impossibilità di ghermire tutte le stelle nel suo pugno; poi si era accorto di una verità più banale. Non c'erano cibi e bevande capaci di saziarlo, né di ridurre il suo appetito o soddisfare il suo palato, si cibava del rancio per dovere e quello gli dava l'energia per combattere un altro giorno. Ma durante una battaglia, la più terribile fra quelle per conquistare il suo trono, la prima vera campale che affrontava, quella che avrebbe spezzato il suo esercito o soddisfatto il suo sogno, era quasi morto. Stava disteso in una trincea, circondato da soldati che combattevano, disperato nel vedersi ferito dopo che un intero battaglione di cavalleria gli era passato addosso, accanto a lui stava il suo scudiero, gli occhi ciechi e il viso pallido dal malore e dalla paura. In quell'istante Andrej capì: si gettò sul braccio del ragazzino che stava ad un palmo da lui e lo morse, tossendo via la manica della sua camicia e affondando i denti nel muscolo succoso; poco dopo una sensazione di benessere lo invase. Il guerriero si rialzò, rinnovato vigore a sostenere le braccia e gambe, le ferite sanate, la ferocia nelle vene e la fame scomparsa, al suo apparire gli uomini esultarono, e ringalluzziti dalla sua presenza lo portarono alla vittoria. L'uomo capì di essere un cannibale e solo quell'atto proibito poteva tenerlo in forze e renderlo lucido; era spaventato da quella parte di sé, che trovava disgustosa e inaccettabile. Malinowski non era un uomo dalla alta moralità, ma quel suo peccato lo faceva star male, continuò a cibarsi di uomini, con piacere perverso misto a disgusto indicibile, finché non ebbe superato la sessantina d'anni. Era ancora in forze, come un uomo di mezza età e tale appariva, il collo taurino e la salute ad arrossirgli il viso sebbene il fisico non fosse più prestante. Non fu la malattia ad ucciderlo, né un colpo di stato, ma la colpa e la disperazione: si fece scoprire, e davanti all'abominevole entità della sua perversione, nessuno osò difenderlo. La folle sputò su di lui, sebbene avesse sempre avuto paura di quell'uomo leggendario, e pure le sue guardie e i suoi commilitoni si unirono al suo linciaggio, e alla fitta sassaiola che lo uccise. Che fine fece il suo cadavere non si sa, ma nessuna tomba reca il suo nome; l'armatura invece fu trafugata e passata di mano in mano, di padrone in padrone, servendo e tentando tutti quanti. Affinché lo spirito di Aslan-Arshan sopravviva nei secoli dei secoli. [[size=1]<i><u>Attiva Media</u>, tecnica di guarigione fisica al corpo sotto forma di rigenerazione dei tessuti, tramite un consumo Medio di salute mentale sarà possibile ripristinare una quantità Bassa di salute del corpo. <u>Attiva Alta</u>, natura fisica, mordendo un avversario il portatore potrà infliggere una ferita Media al corpo del suo avversario, guarendo la propria riserva di salute fisica di un quantitativo Basso. Per fare ciò dovrà usare una quantità Media di salute Mentale, e una quantità Media di energia. <u>Passiva, 1 utilizzo</u>, consumando l'unico utilizzo di questa passiva, il possessore di Mwenye kula potrà rendere le tecniche di guarigione di potenza pari al consumo per quel turno. <u>Malus</u>, Se durante una giocata si saranno sfruttati i poteri di Mwenye kula per un totale di consumi - divisi nel corso della stessa - pari o superiore ad un Critico, il portatore sarà ossessionato da un'ossessiva fame di carne umana; subirà una penalità alle CS pari a 8 finché non l'avrà saziata in qualche maniera. Qualora lo facesse però, anche di nascosto, il senso di colpa o qualche altro dettaglio lo tradiranno, rendendo il suo peccato evidente e manifesto a tutti coloro che lo incontrano; con le conseguenze del caso. Non è possibile schermare questo effetto tramite passive di alcun genere.</i>[/size]] [/size]</span></span>
</p></td>
</tr>

</table></div>
 
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view post Posted on 28/6/2015, 13:33

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L'ultimo male s'intende nella giocata specifica o in tutte le giocate da quando assapora il sangue in poi? Comunque gran bell'artefatto. Grazie
 
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The Grim
view post Posted on 28/6/2015, 18:58




Innanzitutto scusami per aver postato l'artefatto in maniera bruta, senza nemmeno due parole ad introdurlo.
Il malus svanisce al termine della giocata, che tu abbia soddisfatto la sete di sangue o meno.

Sono felice che ti sia piaciuto, è il mio primo lavoro, ed ero molto in ansia per il risultato. Spero ti sia anche utile nelle prossime giocate.
 
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view post Posted on 28/6/2015, 21:04

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Grazie mille grim. No davvero è fantastico. Era ciò che mi aspettavo. Qualcosa di brutale, adoro persino i malus pensa un po' tu. Gran bel lavoro. Davvero.
 
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11 replies since 20/2/2014, 21:06   493 views
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