| Vorgas |
| | Sentì il suo corpo stringersi in quel ventre d’ombra, le costole premevano forte l’una contro le altre provocandogli un dolore mai provato. Sentì le viscere mescolarsi più volte, e ad ogni movimento la sensazione di nausea diventava più forte. Avrebbe voluto chiudere gli occhi, non sopportava più di vedere quell’abominio, ma non ci riusciva. Era come se le sue palpebre non ci fossero e un movimento così naturale fosse impossibile. Si sforzò. I suoi occhi pulsarono più forte e sentì un capillare rompersi, ma il suo sguardo restò immobile su quelle iridi infuocate che nel buio lo osservavano, compiacendosi della sua pena. Non resistermi, sai di non potere far altro che soffrire di questo male. Tu lo hai accolto nella tua anima, nella tua mente, nel tuo corpo, e ben sai che io sono ciò che desideri. Il volto di Jethro era una machera di terrore, il tono abissale e oscuro cominciò a battere nella sua mente acuendo il senso di malessere ormai cavalcante. Avrebbe voluto replicare a quelle affermazioni, lui non aveva accolto nulla e anzi, tutto ciò gli era stato imposto, si ma da chi? Ad ogni istante riviveva quei momenti di follia, si vedeva banchettare con le carni e il sangue di Garnet, la dea della perdizione e dell’inganno. La sua azione aveva salvato molte persone senza nuocere a nulla se non al male stesso, allora perché sentiva di aver errato? Improvvisamente una crepa di luce ruppe quell’involucro d’ombra che costringeva l’acrobata, sottile come un filo in principio, cominciò ad allargarsi sino a creare una costruzione a ragnatela. Gli occhi cremisi si scostarono dal corpo di Jethro e puntarono a quella luce, per un istante sembrarono dispiacersi per ciò che accadeva, ma subito tornarono a premere sul giovane.Soltanto questo è in tuo potere, fuggire da ciò che ormai è il tuo destino, come pensi di sconfiggermi se il solo tuo potere è la luce del giorno? Ricorda Lucilphul, dopo ogni sole vi è una nuova luna ed io, sarò li ad aspettare silente il tuo ritorno. Le crepe cominciarono ad allargarsi vistosamente, da esse si poté intravedere un modo diverso da quell’oscura dimensione in cui Jethro dormiva. Un modo fatto di luce, un mondo che il giovane provò a toccare nonostante sentisse il corpo contorcersi in quell’ultimo spasmo doloroso. Ancora poco sarebbe durato. Ancora poco e anche per quella notte sarebbe sopravvissuto, doveva soltanto sfiorare con i polpastrelli quella benefica veglia. Si risvegliò madido di sudore ed ansimante, spalancò gli occhi verso il cielo terso non riuscendo a comprendere in principio. La pupilla dilatata restò immobile, terrorizzata eppur rincuorata da quella visione diversa dall’oscura bara. Il suo corpo indolenzito restò per lunghi istanti immobile. Avrebbe voluto scappare, correre fin che i suoi polmoni non avessero bruciato e poi continuare fino a che le sue gambe non avessero ceduto. Non lo fece, non poteva, era consapevole che sarebbe stato inutile. Ciò da cui voleva fuggire era nella sua testa, nelle sue braccia, nelle sue gambe, nel suo cuore e fuggire in preda al panico, altro non avrebbe che fatto avvicinare quell’Incubo. Riuscì ad alzarsi con fatica, il suo corpo solitamente flessuoso e agile, risultò piuttosto rigido seppur non provasse effettivo dolore. Con le mani si toccò i vari punti dove nel sogno sentiva di esser ferito, ma nulla trovò, come al solito. Mai l’abominio lasciava segno delle sue torture, nonostante queste fossero vive nel ricordo di Jethro. Si guardò attorno e ricordò, si trovava nell’Eden, o così lo aveva sentito chiamare quel luogo, non aveva camminato per molto dopo la sua partenza dalla grotta ma l’ambiente era cambiato drasticamente. La vegetazione nera e spoglia, dava un senso di abbandono e distruzione di quel posto, sembrava quasi che una grande guerra o una catastrofe avesse colpito la zona e ora, la natura circostante riflettesse quella violenza. Non sappe dire dove si trovava di preciso, non conosceva quelle zone ne tanto meno aveva avuto indicazioni. Buttò un pensiero sugli Esuli e si trovò a ritornar serio, da quando era partito la sensazione che quell’incubo non fosse ancora finito si faceva più pesante e viva. Ripensando a quegli uomini, temeva che il loro ritorno alle calde terre degli uomini non sarebbe mai avvenuto e anzi, per il resto della loro esistenza sarebbero stati incatenati nel loro tradimento, costretti a scontare la pena. E Madeleine? A lei cosa sarebbe successo? Stranamente sentì di non doversi preoccupare, schifandosi di quel pensiero subito dopo. Tanto piccola e graziosa era, ma ormai donna risoluta e pura, sarebbe riuscita a fuggire da quell’eterno tormento fatto di colpa e rassegnazione. Ma come ci sarebbe riuscita? Gli occhi neri di Jethro si spalancarono di nuovo, sembrarono acquisire una consapevolezza maggiore della situazione e per questo si tinsero di terrore. Che l’unico modo per esser salvi, fosse portare in cuore quel obbrobrioso male che lo affliggeva? }●{ La Marcia cominciò all’alba, non indugiò oltre temendo che la notte arrivasse troppo velocemente e che l’incubo affiorasse ancora. Era ben cosciente che questo infestava soltanto i suoi sogni, ma allora stesso tempo sapeva che non avrebbe potuto star sveglio per più di tre giorni, prima di crollare a terra e dormirne uno intero. Le sue gambe si muovevano lente ancora intorpidite dalla stanchezza, i suoi passi lunghi cercavano di sopperire a quella cadenza claudicante. Sovrappensiero marciava, senza preoccuparsi di dove i suoi piedi lo avrebbero portato, ma con una strana sicurezza di battere la via giusta. L’idea che Madeleine potesse patire la sua stessa sorte lo dilaniava, il senso di colpa per averla abbandonata era come una lama che lenta trafiggeva il suo cervello portandolo verso l’angoscia di esser lui la causa di tutto. Più volte penso di tornare in quel buco nella terra, più volte il suo passo rallentò pronto a cambiare direzione, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Se fosse tornato, forse, avrebbero passato alcune notti tranquille, ma poi Lui si sarebbe destato dalla sua tana onirica e avrebbe macellato le carni dei più deboli. Avrebbe dovuto estirpare quel male prima di poterne mondare altri, ma come fare? Non possedeva nessuna arma per contrastare quel incalzante voglia di sangue, gli insegnamenti dei Chiarroccia, potevano soltanto alleviare il dolore che ogni notte lo affliggeva, ma non sicuramente sconfiggerlo.Giuse nei pressi di un lago, varcato il limitare del bosco si sorprese di quel luogo domandandosi come fosse riuscito ad arrivarci. Voltò il capo cercando di vedere l’ambiente, nessun particolare che ricordasse, segno che non aveva girato in tondo. Gli alberi neri e spogli, sembravano lame e spilli, l’intera area era pervasa da una grave sensazione di angoscia passata, tanto che persino le pietre parvero terrorizzate. Il suo incedere si fece più cauto mentre si avvicinava allo specchio d’acqua, i suoi occhi correvano in ogni direzione pronti a captare ogni pericolo circostante. Che posto è mai questo? Si domandò, la superficie dell’acqua era tanto liscia da sembrar solida, in netto contrasto con l’atmosfera che regnava nella zona, tanto calma da restar piatta. Giunse alla riva del lago, flesse le gambe in modo inusuale, compiendo una sorta di inchino enfatizzato. Il costume di scena arancione prese pieghe strane per via della mobilità di Jethro. Lo indossava da quando era partito dal circo e nonostante fosse cresciuto, l’abilità sartoria gli aveva permesso di allungarlo e allargarlo facilmente, riuscendo ad adattarlo alla suo nuovo corpo. Anche ai meno attenti sarebbe balzato subito all’occhio che il giovane faceva parte di una compagnia circense, infondo poche persone si aggiravano indossando quelle vesti così inusuali e vistose. Piegandosi, toccò con un dito la superficie dell’acqua, un gesto infantile nel voler saper se quella fosse veramente acqua. Immerse il dito quasi completamente e sorrise, estraendolo però, l’acqua sembrò echeggiare più del dovuto, increspandosi leggermente e impedendo alla figura dell’acrobata di specchiarsi. Restò a fissarla ancora per un poco attendendo che questa ritornasse uno specchio, ma improvvisamente sbiancò. Nell’acqua infatti, dietro alla sua immagine china, comparve una donna. Non poteva esser sicuro che fosse femmina, il suo volto apparve velato come quello delle danzatrici dell’est, ma le sue forme e il suo corpo sinuoso dettero l’impressione che si trattasse proprio di una donna. La mano di Jethro corse sull’elsa della sciabola e vi si avvinghiò salda, senza pensare ruotò i suoi piedi mantenendo la posizione ed estraendo la lama velocemente. Portò un forte tondo da sinistra ma la sua bocca si aprì leggermente dallo stupore. Nessuno vi era alle sue spalle, per questo continuò la sua rotazione tenendo sempre la lama estratta. Se non era dietro di lui, sarebbe emersa dall’acqua e lui si sarebbe fatto trovare pronto. Ma nuovamente il suo colpo fendette l’aria con suo grande stupore. Fece un balzo indietro dall'acqua e si mise in guardia, pronto ad eventuali assalti o comparse. Chi era quella donna? Domanda forse banale, ma unica che salì alla mente del giovane, pronto a qualsiasi situazione. Nuovamente gli occhi cominciarono a correre in ogni direzione aspettando che qualcosa accadesse, i suoi sensi erano all’erta e pronti a percepire ogni cambiamento attorno a lui.
CITAZIONE Scena free con Akuma
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