Niente che non si fosse già aspettato, dalle parole del prete cui si era rivolto: soltanto conferme, mentre scuoteva lentamente la testa, anche riguardo alle linee da seguire. “Non mi è dato conoscere il perché di queste scelte. Dopo quello che ci hanno fatto li avrei uccisi tutti, ma a Basiledra vogliono essere più magnanimi quindi senza pietà per chi non si arrende... e pietà per chi capisce di essere spacciato.” Myndill si morse lentamente il labbro a sentire tali parole: quelli di Basiledra lasciavano un villaggio a se stesso, ad affrontare orde di orchi senza mandare reali supporti, e poi chiedevano anche l’ipocrisia da parte loro? Pietà, pietà. Come se ce ne potesse essere attaccando un accampamento in fretta e furia per mancanza di risorse e non conoscendo le ragioni dei nemici, assaltando senza nemmeno aver tentato un approccio pacifico. “Apri gli occhi. Lì fuori muoiono di fame donne e bambini, non ci sono soldati a difenderci, siamo contadini e prelati. Vuoi indovinare da solo perché siamo alle strette, o ti bastano gli occhi?” All’ultima frase, la fata, si morse anche la lingua. Non c’era necessità di una risposta, non ce n’era una giusta da dare, iniziando una discussione senza fine alcuno. Soltanto la conferma dei propri timori affossava ancora di più le aspettative della lucciola, le speranze di poter avere il tempo per discutere i termini della battaglia, per tentare la via diplomatica. Tentando o no, gli animi parevano troppo infervorati, ridotti allo stremo com’erano, per poterla davvero accettare. E a lei era soltanto stato ordinato di attaccare, di comandare un assalto. Quanta responsabilità aveva in tutto ciò? Forse doveva soltanto provare a salvare il salvabile, a concludere la guerra in fretta prima che le due fazioni si distruggessero a vicenda. E poi avrebbe deciso: non era sicuramente una questione da risolvere in una notte.
Myndill si avvicinò alla donna in un angolo, già approcciata dal giovane ragazzo con un’armatura parziale: uno dei tre chiamati a guidare l’attacco. Con la sua folta chioma arancione e le lentiggini che macchiavano la pelle pallidissima, la ragazza pareva quasi grottesca con l’arma da fuoco in mano; eppure sembrava che sapesse maneggiarla con cura basandosi sulle attenzioni che le prestava. I battiti d’ali smisero di risuonare e il silenzio calò su di lei, mentre la fata poggiava i piedi nudi a terra per parlarle. “Potete fornirci qualche informazione riguardo all'accampamento degli orchi? Una mappa, qualcosa... in caso l'aveste già attaccato, magari. Altrimenti mi toccherà ottenere le informazioni da me prima, ma vorrei evitare fatiche inutili.” Il tono di voce deciso della lucciola sebbene un po’ affranto per via della situazione in cui si trovava, fu contrastato, però, dall’agitazione della donna che per un attimo parve essere seriamente confusa. Cos’aveva visto: un mostro? “Che... cosa cazzo sei? …No. No, no, io non voglio davvero sapere cosa sei. Dimentica la domanda.” Si alzò, mettendosi seduta su una panca della chiesa e poggiando i piedi sullo schienale davanti, quasi a liquidare lo stupore precedente con un disinteressamento forzato. Ogni tanto Myndill si dimenticava di apparire singolare tra le fila degli umani… Ma, in fin dei conti, lo era ormai anche tra quelle fatate. Scosse il capo, come per evitare elucubrazioni inutili. “Sessanta orchi, tra giovani e guerrieri. Ne ho visto uno con un braccio grosso quanto questa!”, disse la ragazza spostando il piede dal legno delle panche a una colonnina di pietra che sosteneva la volta della chiesa. “Ma il pericolo più grande è un gruppo di bastarde, credo siano donne... che si fanno chiamare ‘La Congrega’. Sono loro che mandano avanti le bestie.” Un sospiro seguì, quasi a indicare una nota di preoccupazione nella sua apparentemente inespugnabile sicurezza. La Congrega? Probabilmente non erano guerriere, a giudicare dal nome e dal sesso. Ciò le rendeva assai più pericolose: se non erano assetate di sangue e lotta come potevano esserlo gli orchi più stereotipati, voleva dire che la loro arma era la mente… O, peggio, la magia. ”Il campo è circondato da una pesante palizzata di legno ed è quasi rotondo... non abbiamo mappe, di cartografi non ne abbiamo mai visti qui.” Nel frattempo, purtroppo, a tempestare la ragazza di domande non c’era soltanto la fata: anche il samurai e l’ultimo dei tre la stavano interrogando… e facendo adirare. Di buono erano riusciti a ottenere soltanto informazioni riguardanti l’armamento dei paesani, soprattutto per quanto concerneva possibili arcieri, ma a giudicare dalle minacce e dal nomigonolo ‘fatina dei denti’ con cui l'aveva chiamato, sarebbe stato impossibile cavarle altro di utile. Myndill roteò gli occhi e sospirò: possibile che gli umani fossero così indisponenti pure tra loro? Non c’era certo da stupirsi se poi finivano a combattere anche contro altre razze in battaglie di confine, inutili quanto cruente. Non rimaneva altra possibilità che quella di organizzarsi con i suoi compagni, tentando di studiare una strategia risolutiva.
Il primo a parlare fu il samurai, proponendo un assalto con lance mentre si tentava di appiccare fuoco all’accampamento. La fata rispose con sguardo vacuo, impenetrabile nei suoi pensieri ma non altrettanto nelle sue idee. "Temo che i nostri uomini saranno armati con quel che hanno: dubito potranno davvero scegliere il tipo d'armamento... Forse basteranno degli arcieri con frecce incendiarie. In caso, anche i vostri dovranno munirsi di qualche torcia, da accendere sui fuochi già nati per aiutare la loro diffusione." E poi sarebbe giunto il suo turno, quello che una piccola lucciola avrebbe potuto fare molto meglio di altri: insediarsi tra le fila del nemico senza farsi notare. Ne aveva seriamente le capacità o sarebbe stato scoperto e poi ucciso partecipando a una battaglia non sua? Maledetto l'uomo che l'aveva condotto fino a lì... Ora non poteva né voleva tirarsi indietro, ma se non avesse saputo avrebbe continuato a vagare nel buio - alternativa molto migliore a quella del sangue. "Io potrei infilarmi tra le mura e cercare un modo per aprirle quando l'incendio sarà scoppiato. Saranno troppo occupati a spegnerlo, senza conoscerne la causa, per prestare attenzione alle porte." Abbassò gli occhi, abbandonando il tono di voce serio e un po’ più logico, tradito dall’incertezza e l’insicurezza del loro piano. Se avessero fallito, se l’avessero scoperto, sarebbe stato il primo a lasciarli le ali. "...Spero. Altrimenti proverò a scappare mentre il fuoco farà la sua parte."
Il samurai sembrò essere d’accordo, arricchendo la strategia con idee e dubbi, in particolare riguardo all’impreparazione degli orchi di fronte a un possibile incendio. Tuttavia quale scelta avevano se non attaccare con frecce? Alternative sarebbero state troppo rischiose e questa pareva la possibilità migliore e meno compromettente in caso di fallimento. Non tutti, però, sembravano davvero convinti. Il terzo, muto fino a quel momento, parve ravvivarsi. A giudicare dalle sue parole infervorate, sembrava volesse tentare la diplomazia. Ordinò loro di tentare l’assalto, sì, ma solo dopo che lui sarebbe uscito dal villaggio, per poi partire senza aspettare risposta. E se l’avessero ucciso sul posto, se non sarebbe mai uscito dall’accampamento? La fata sospirò di fronte a tale incoscienza e non mutò idea: se avesse avuto successo il dialogo ne avrebbero giovato tutti, ma non poteva lasciarsi condizionare da troppe incognite. Se, se, se… Il piano non poteva mutare.
Myndill si rivolse di nuovo al samurai, rimasto anche lui all’interno della chiesa a osservare il compagno partire a tutta velocità. Doveva mettere le cose in chiaro ed evitare ulteriori incertezze. “Faremo ciò che potremo. Allora è deciso? Assalto incendiario e poi frontale mentre io cercherò di aprire i cancelli?". Quasi a smorzare l’ansia e lo sbigottimento dati dall’episodio, riprese le redini della situazione giusto per confermare ciò che avevano già deciso ed esprimere la propria risolutezza: il piano non poteva cambiare. Non aspettò la risposta, ma si rivolse subito al prete. "Se avete sentito, cercate di diffondere la voce. Penso partiremo con le ultime ore della sera, poco prima che si trasformi in notte. Ti va bene... collega? Puoi chiamarmi Myndill." La fata allungò la piccola mano pallida verso il compagno, sforzandosi di non abbassare lo sguardo di fronte a quell’uomo tanto più alto e grosso di lui. La sua voce timida e il suo aspetto gracile potevano portarlo a essere sottovalutato, ma sapeva che le sue idee e il suo reale potenziale erano ben superiori alla media. Dopotutto era stato in grado di spaventare persino una ragazza armata e un po’ arrogante…
La piazza era gremita di gente armata con tutto quel che era disponibile, per lo più spade arrugginite, a volte addirittura forconi. Per fortuna c’erano anche degli archi, ma ben meno di quanti avrebbe sperato. Il prete era comunque riuscito a raccogliere davanti alla chiesa tutte le persone che potessero – e volevano, a giudicare dal loro sguardo non tanto impaurito quanto arrabbiato – combattere. "Tempo che saremo arrivati, e il... cavaliere avrà già avuto il tempo necessario a fare quello che poteva. Non è detto che non sia stato massacrato nel frattempo.” La fata si era rivolta al samurai, in piedi accanto a lei e alla sua stessa altezza grazie alle ali che permettevano il volo a quell’essere. “A metà strada mi distaccherò dal contingente per introdurmi nell'accampamento e vedere la situazione prima che voi siate giunti." Dalla strategia più astratta bisognava organizzare i dettagli, in modo che la teoria non ostacolasse la parte pratica. Eppure più ne parlava e più Myndill si sentiva incerto sebbene non lo desse a mostrare sul proprio volto. Avrebbe volato da solo in mezzo a degli orchi pronti a combattere, da solo avrebbe cavalcato le onde del deserto notturno… Tuttavia, se avesse fallito, non sarebbe morto da solo: tanti, troppi l’avrebbero accompagnato. E, forse, anche se avesse avuto successo. "Se non vedrai una lucciola uscirne entro il tempo che riterrai necessario, vorrà dire che dovrai dare inizio all'attacco. Sarò stato fatto prigioniero o in posizione per aprire le porte: in ogni caso la strategia non cambia.” Dipinse poi un sorriso forzato sul volto stanco, cercando di non lasciar trasparire le proprie ansie. Era stato gentile, quest'uomo, a prestargli fiducia. Forse, poi, un compagno in quest'azione così pericolosa, non avrebbe guastato. Avrebbe abbandonato anche lui al proprio destino come aveva fatto con gli altri? “Spero sia d'accordo o, in caso contrario, non esitare a ribattere. Siamo alleati, no?" La risposta fu come una boccata d’aria fresca in mezzo a quell’arido territorio. Parole semplici, eppure cariche di significato. “Fino alla morte. Buona fortuna, amico mio.” Morte, amicizia… La prima era ciò che temeva – non solo per se stesso – in quel momento, la seconda ciò cui aveva rinunciato. Poteva davvero dirsi amico di qualcosa o qualcuno, dopo tutto quello che aveva fatto, non avendo più un posto che potesse appartenergli al mondo? Nessuno pareva essere più come lui… Eppure sorrise, mentre la marcia iniziava.
La luna si stava levando nel cielo e le ombre degli stivali sulla sabbia sembravano cancellarsi a ogni alito di vento in quel deserto. Silenzio, soltanto il respiro della gente che avanzava si udiva in quella sera che si prospettava piuttosto lunga. Non abbastanza, forse, per chi non avrebbe rivisto l’alba. Myndill librava in aria lasciando soltanto che le ali con la loro aurea dorata producessero rumore nel loro battito regolare e a malapena percettibile, come quello di foglie che non smettano mai di cadere in una pioggia senza fine. A interrompere quella quiete ansiosa ci pensò Sara, la ragazza col fucile, che con aria innervosita si rivolse alla fata e al samurai, in cima alla colonna giusto dietro a chi li stava guidando verso l’accampamento orchesco. “Il vostro compagno è furbo come un mattone, lo sapete?! Si è fatto catturare e ha allertato gli orchi... giuro su Dio che se non l'hanno massacrato di calci i pelleverde gli sparo in faccia.” Il cuore della lucciola si strinse per un attimo. Che fossero in due, ora? Poteva soltanto sperare che la ragazza si sbagliasse e gli orchi non fossero stati avvertiti dell’attacco. Un atto di diplomazia, dopotutto, non implicava l’assalto nello stesso momento. Anzi, sarebbe stato piuttosto improbabile prevederlo proprio in quel momento. “Non abbiamo più l'effetto sorpresa, temo.” La fata la guardò sconcertato, volgendo poi lo sguardo deciso in avanti, verso la direzione della loro marcia. Poteva soltanto guardare al futuro: non c’era più tempo per tornare indietro o aspettare. “Temo anch'io, ma la nostra strategia non può cambiare. Tenteremo di aprire i cancelli e dare fuoco all'accampamento. Anche senza effetto sorpresa, sarà per loro difficile vedere una minaccia in una lucciola...” Sorrise quasi divertito, cogliendo l’occasione per fare un po’ di sarcasmo e magari diffondere un po’ di buon umore nella compagnia. “...O scovare una fatina dei denti invisibile. È tempo per me di andare in avanscoperta e cercare di fare quel che riesco. A presto e buona fortuna.” Così disse inclinando leggermente la schiena per accelerare, raddoppiando la propria velocità in modo da lasciarsi alle spalle il contingente. Sarebbe stato il secondo a giungere all’accampamento, ma non l’avrebbe certo fatto apertamente quanto chi l’aveva preceduto.
Quel mare di sabbia sembrava immutato a ogni minuto, dando l’impressione alla fata di non muoversi. Soltanto la luna che si alzava sempre più nel cielo ancora più buio permetteva di percepire lo scorrere del tempo e, quindi, la distanza sempre minore all’accampamento. Verso sud, ecco dove doveva andare. Soltanto dopo diverso tempo intravide una luce più vivida di quella fioca degli astri nel cielo, delle fiamme più terrene. Sì, era l’accampamento. Improvvisamente le braccia di Myndill scomparvero, i capelli divennero puro oro mentre il resto del corpo si rimpiccioliva in un bagliore improvviso. Dopo un istante al posto della fata, c’era un piccolo insetto a volare, viaggiando sulla sabbia. Forse così non avrebbe attirato l’attenzione, così non l’avrebbero attaccato – non subito. Mentre si avvicinava, l’insetto notò il legno della palizzata, resistente e spesso, ma comunque terribilmente secco. Due molossi stavano al di fuori delle mura, subito oltre il portone: due sentinelle pronte a dare l’allarme nel caso avessero intravisto qualcosa all’orizzonte. Ma chi avrebbe attaccato un accampamento di orchi così grossi e armati? Chi sarebbero riusciti a vedere in quella notte così buia? Probabilmente non si aspettavano di perdere la vita molto presto. La fata si limitò a sorvolare la palizzata, forte della sua capacità di librarsi in aria. Nessun altro dei suoi alleati ci sarebbe riuscito così facilmente. Il villaggio era più piccolo di quanto si aspettasse, sebbene ci fosse un po’ di movimento all’interno. Tende di pelle erano sparse qua e là mentre fiaccole bruciavano nella fredda brezza della sera, accuratamente tenute lontane dal legno. Che l’uomo, il diplomatico, fosse ancora lì? C’era ancora tempo per dare un’occhiata, ma non troppo. Myndill girò per l’accampamento cercando di udire parole che non fossero pronunciate in quel gutturale accento orchesco, di sentire anche solo discutere e sperando di intravedere qualcuno che discutesse con il cavaliere. Soltanto dei gruppetti si di quegli esseri verdi, però, si riuniva come per dare rapporti riguardanti la situazione; nemmeno nella tenda più grande, quella che più pareva utile per svolgere pratiche diplomatiche, c’era reale attività volta alla comunicazione. Che fosse davvero giunto sin lì, quell’uomo? Oppure se n’erano già disfatti? Non poteva criticarli: da molti erano considerati selvaggi, ma in mezzo a una guerra non erano certo obbligati a essere ospitali verso il nemico alle loro porte. Anche considerando quel che Myndill e i suoi si apprestavano a fare, un’azione cruenta e rapida sarebbe stata quanto mai scontata.
Era già trascorso troppo tempo e presto l’attacco sarebbe iniziato. La lucciola non aveva più tempo per cercare chi era stato troppo ingenuo e affrettato nella propria azione e non potevano certo aspettare che grazie a qualche miracolo rispuntasse da chissà dove. Si diresse dunque verso la porta dell’accampamento, studiandola e cercando un modo per aprirla. Ce l’avrebbe fatta da solo? Pareva di semplice legno, composta di due ante poco larghe. Non molto pesante né così ben messa; la protezione all’interno non era nemmeno così efficiente visto che un solo orco la sorvegliava, quasi assonnato e poco attento al compito, apparentemente inutile, che gli era stato affidato. Forse Myndill avrebbe avuto successo nella propria manovra anche senza ricorrere ai suoi poteri, forse l’assalto sarebbe stato efficace. E questi orchi così tranquilli avrebbero fatto una brutta fine, per via di un semplice conflitto con degli umani. Era davvero giusto che finisse così?
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