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Xenophobia - Origini.

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Fanie Elberim
view post Posted on 17/3/2014, 03:00





Xenophobia - Origini


umani_zpsc08689a9


not all gold that glitters,
sometimes it's just burning sand,
bathed in blood.


Alasya, una città come tante al confine meridionale del mondo umano, era in fermento già da alcuni giorni per il ritorno dell'unico Corvo presente in città.
La forgia del fabbro non trovava requie da quando, a quest'ultimo, era stato ordinato di costruire armi e corazze in quantità sufficiente per mettere insieme un drappello ben nutrito di uomini e ragazzi in grado di brandire una spada. Molti avevano accolto con entusiasmo quella notizia, erano vessati da continue incursioni orchesche e riuscivano a stento a mettere qualcosa sotto i denti oramai da giorni.
Nessun soldato viveva più in quei luoghi: molti erano semplicemente morti durante la guerra, altrettanti si erano lasciati ammaliare dalla civilizzazione delle zone urbane e non avevano fatto ritorno, altri ancora, i meno fortunati, erano stati riassegnati al nord, dove grandi pericoli sembravano muoversi minacciosi allo sguardo severo delle catene montuose dell'Eden.
E nel meraviglioso mare di sabbia, dove persino l'inverno sembrava essere straordinariamente leggero, non c'era rimasto nessuno in grado di difendere quei pochi, sfortunati, disgraziati che avevano scelto di creare lì la propria esistenza.

Dentro la chiesa, costruita in mattoni dal colore crema realizzati mescolando calce bianca e argilla, un uomo dai lunghi capelli scuri e dalla barba molto folta fissava intensamente una donna minuta ed evidentemente furibonda.
« Ci sono dei bambini che hanno fame, lo sapete, nevvero? »
Alzò il tono della voce, muovendo le mani come se stesse cercando di figurare nell'aria ciò che aveva in mente.
Era bella, seppure la pelle ambrata risultasse rovinata dal sole e da una gioventù passata a lavorare all'aperto, coi i capelli paglierini e lo sguardo vispo e azzurro. Chiunque avrebbe potuto vedere, anche senza una particolare predisposizione, che doveva venire da molto, molto lontano.
« Non è ancora tempo, madonna Letizia. Se attaccassimo adesso metà dei nostri uomini non avrebbe nemmeno una spada da brandire... non ci sono scorte d'emergenza? »
La donna sbottò battendo una mano sulla scrivania di legno grezzo dietro la quale restava impassibile il Corvo.
« Tre giorni! Se non attacchiamo possiamo resistere al massimo tre giorni senza rifornimenti... ed anche così non sono sicura che potrò dare da mangiare a tutti quanti allo stesso modo. »
Maximillian si spostò lentamente una ciocca di capelli dal volto, rivelando uno sguardo freddo e imperscrutabile. Si alzò lentamente, guardando nell'aria serale fuori dalle vetrate della chiesa. Sospirò.
« Fate in modo che il fabbro abbia cibo a sufficienza, così come gli uomini abili a combattere. Donne e bambini dovranno mangiare meno, è un sacrificio che non è possibile evitare. Ora lasciatemi, madonna, devo ritirarmi in preghiera. »
Poi parve titubare.
« Entro due giorni arriveranno i rinforzi da Basiledra, il consiglio mi ha detto che avrebbero fatto il possibile... ma dobbiamo prepararci al peggio. »
Abbozzò un sorriso e, prima che ella potesse rispondere, si defilò nella sagrestia laterale chiudendosi la porta alle spalle.
Letizia uscì nell'aria immobile e tranquilla del deserto notturno, ritrovandosi ad ascoltare le solite lamentele ed i soliti rumori della cittadina: non poteva fare niente più di quanto le era stato concesso di fare, non per cattiveria, ma per necessità. Di dieci carichi di provviste solamente tre erano riusciti a superare indenni i territori di caccia degli orchi e, molte volte, quelle bestie si erano spinte sino sotto le timide mura della città quasi fossero in vena di reclamarne il possesso. Il cibo scarseggiava, la speranza scarseggiava ma, a dispetto di tutto, la fede era più salda che mai.
Quando Lionell era tornato, incitando alla guerra lei quasi lo aveva deriso ma, oramai si era convinta, volente o nolente, che non ci fossero semplicemente alternative.

Tornata a casa, dopo aver distribuito i pasti come ordinatole dal Corvo, si distese in un letto scomodo e decisamente meno pulito di quanto avrebbe voluto.
« Ci manderanno via da qui? »
Una voce femminile, poco più giovane di quella di Letizia, spuntò dalle ombre: chioma foltissima color arancio, profonde lentiggini giustapposte ad un volto dolce e delicato, seppure appartenente ad un corpo maturo e formoso.
« Sara devi smetterla di nasconderti... un giorno di questi morirò d'infarto. Comunque l'idiota ha detto che arriveranno dei rinforzi... »
Sara sbuffò sonoramente, aprendo l'anta di un vecchio e logoro armadio, tirandone fuori una carabina a canna lunga lucida e brillante.
« Chissà che rumore fa il suono di una testa orchesca che si rompe... »

[ ... ]

Erano stati reclutati nei modi più disparati, alla rinfusa, in maniera del tutto sommaria e senza nemmeno verificare in maniera attenta le credenziali. La verità, nuda e cruda, era che nessuno di loro era stato scelto per un motivo vero e proprio, quanto più per semplice caso. Qualcuno, tra i Corvi, si era divertito ad indicarli a qualche messo che, nel giro di pochi minuti, li aveva ufficialmente convocati ad Alasya per unirsi alla battaglia per la sopravvivenza della città stessa.
Il clima era straordinariamente mite nonostante il rigido inverno che si stava giustappunto dissipando al nord e, sebbene il paesaggio non offrisse molta verità, il sole al crepuscolo ed all'aurora regalava una vista meravigliosa. Dai toni del rosso a quelli del crema, passando per tutte le sfumature dell'oro. Quello era il sud.

Alasya si presentava bene per essere ai confini della cosiddetta civiltà: un muro di cinta alto due metri, in legno e argilla bianca, proteggeva un agglomerato di case dai tetti piatti e dalle tinte pastello, divise in avorio o bianco pallido a seconda dell'età e dell'esposizione al sole che aveva subito la struttura.
Le genti che la popolavano, perlopiù minatori, esploratori o mercanti, avevano l'aspetto emaciato e smunto di chi ha sofferto visibilmente la fame ma, allo stesso tempo, c'era un qualcosa nel loro sguardo che denotava un'incapacità quasi titanica di non arrendersi nel bel mezzo di quell'inferno.
La chiesa che era stata indicata dalle loro istruzioni si trovava nel centro esatto della cittadina, ed era di una miseria tale da essere in diritto di invidiare le baracche della città bassa di Basiledra. Maximillian li attendeva nella sagrestia interna.
A guidarli da quest'ultimo, attendendoli poco oltre la soglia d'ingresso, c'era Letizia, mentre in un angolo nascosto dall'ombra sonnecchiava Sara appoggiata a quell'arnese di morte, probabilmente carico.

Quando furono arrivati tutti e tre la donna li accompagnò dal Corvo, prendendo poi congedo.
« Immagino che sappiate tutti delle vicende che hanno coinvolto il nostro grande Regno... e voglio essere chiaro con voi, stiamo per dare la caccia a degli orchi feroci e sanguinari che non si sono fatti scrupoli nell'affamarci a questa maniera, donne e bambini compresi. » Parlava restando comunque calmo ed impassibile. « Quindi è mio preciso dovete farvi presente che i Corvi ed il Sovrano non hanno intenzione di avere alcuna pietà per loro. Ma non siamo barbari incivili, li attaccheremo e ne cattureremo il più possibile per donargli un giusto processo a Basiledra. »
Tossì, schiarendosi la voce.
« Voi tre siete esperti di combattimento, spero, visto che la maggioranza di noi non ha mai imbracciato una spada sino ad oggi... seguiremo le vostre istruzioni dunque. Il campo delle bestie si trova a meno di due ore di marcia da qui, entro domani all'alba le armi saranno pronte e spero anche voi. Domande, signori? »

Nel mare d'oro del meridione non è tutto oro ciò che luccica. Spesso è semplicemente l'acciaio di una nuova guerra.



CITAZIONE
Qm Point-
Benvenuti fanciulli in questa nuovissima quest! Questo è solo un post introduttivo per farvi capire a grandi linee cosa è successo e quale sia lo stato generale della città di Alasya. Nel vostro post, quindi, sarete contattati a vostra completa discrezione (ho lasciato volutamente libertà) da un messo per unirvi alla battaglia contro gli orchi, quindi i vostri pg sono già informati di quale sia lo scopo della loro presenza sul posto. Quindi il vostro post dovrà contenere l'introduzione, il reclutamento e l'arrivo in città, potete eventualmente fare domande a Maximillian direttamente nel vostro post.
Ps: chi coglie la pseudo citazione nell'ultima frase pronunciata da Sara a Letizia vince 100 punti per Grifondoro.



Edited by Fanie Elberim - 17/3/2014, 21:15
 
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view post Posted on 18/3/2014, 15:41
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Eternal Light
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Da un periodo di smarrimento a un’opportunità di fare la differenza; da una situazione di totale mancanza di appigli a una in cui lui stesso dovesse diventarlo.
Ne aveva davvero la forza?
Myndill guardò l’uomo che si stava ponendo – stava ponendo la sua città – al suo servizio. Gente povera, affamata, ridotta a rivolgersi a sconosciuti nella speranza di poter affrontare le difficoltà. Davvero non si chiedevano se avessero sbagliato persona?
Quando, vagando sul sentiero nel bosco sottoforma di lucciola, si era imbattuto in un uomo circondato da orchi armati, non avrebbe mai potuto immagine che questo avrebbe visto in lui una scintilla di speranza per così tanta gente. La messa in fuga degli attaccanti, il salvataggio del messo erano seguiti, ma la responsabilità di una vita salvata lo aveva caricato di un peso ben maggiore. Da una a troppe responsabilità, tante vite a pesare sulle sue scelte, sulle sue azioni, su ciò che decideva di fare. Perché?

Si librava in aria, ascoltando le parole dell’uomo che pareva a capo di quella città in quel momento di grande difficoltà. Che cosa vedeva nella fata? Un potere soprannaturale in grado di fare la differenza, un faro di luce pronto a illuminare la via? Myndill era, invece, perfettamente naturale, più vicino alla madre del mondo rispetto agli stessi uomini, in quanto suo figlio diretto. Non c’era nulla di speciale in lui, se non…
No, la fuga perpetrata non lo rendeva in alcun modo speciale. Era stata necessaria, un semplice sviluppo degli eventi. E la ferita era ancora fresca nella sua mente, il legame troncato, il suo mutamento ancora incerto.
Che fine aveva fatto Antares? Stava bene? Se solo fosse rimasto ancora con lui, il tempo di assicurarsi che fosse al sicuro… Ma se la sarebbe cavata dopotutto. Una stella non poteva dipende da una lucciola e quest’ultima voleva farcela con le sue forze. Doveva, ora che ne aveva la possibilità. Si chiedeva soltanto se ne avesse anche la facoltà.

Niente pietà, dite? E poi parlate di un processo?

La fata incrociò le piccole braccia, facendo scintillare gli occhi castani verso l’uomo dalla chioma cinerea. Le sue ali battevano così rapidamente che era quasi impossibile indovinarne la forma, soprattutto per via della luce dorata che le avvolgeva. Tuttavia pochi si sarebbero fatti intimidire da un essere sì differente dalla norma, ma anche piccolo di dimensioni: avesse toccato terra, Myndill sarebbe arrivato a malapena alla cinta delle altre persone presenti. Ora, però, i suoi occhi ridotti a fessura erano alla stessa altezza di quelli dell’uomo che reggeva le fila, pronti a indagare per scoprire i dettagli. La sua voce acuta era accusatrice, ma c’era anche una nota spezzata in essa, di delusione.

Che ipocrisia, voi umani…
Se necessario, combatteremo, sì... Controproducente farlo, però, senza sapere le ragioni del nemico. Sporchi selvaggi, pensate. Eppure sono armati, vi hanno messo alle strette, vi sono alle porte. Sapete, ad esempio, come si organizzano di solito? Avete qualche notizia su di loro, che esuli dalla loro semplice natura?


Nascose le labbra in un’espressione infastidita mentre si riavviava i capelli castani di media lunghezza con la mano destra, per poi riportarla a formare il nodo al petto con l’altra. Immaginava già di sapere le risposte. O, meglio, temeva già fin troppo la loro mancanza. Che cosa poteva dire loro, tuttavia? Erano affamati e disperati, pronti a combattere nonostante non ne fossero capaci... Ormai era probabilmente tardi per ogni trattativa, visto quanto già sarebbero stati inalberati per le perdite subite. Non poteva però mordersi la lingua, Myndill, di fronte a una richiesta di agire così priva di fondamenta logiche, tanto impulsiva. A partire dal reclutamento di sconosciuti, soprattutto se dietro motivazioni blande.
Disorganizzazione e sentimento, fretta senza discernimento: le guerre nascevano spesso così. Quali delle due parti, però, era stata la più avventata? La fata non poteva non sperare che fossero stati gli orchi, ma ciò non rendeva la situazione meno difficile. Una guerra rimaneva pur sempre una catastrofe, come se toccare il fondo potesse davvero aiutare a uscire dal pozzo.
Myndill sospirò in attesa.


Myndill può volare grazie a una personale passiva.
Edit: corretto qualche svistuccia.


Edited by Desdinova - 18/3/2014, 16:29
 
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view post Posted on 18/3/2014, 17:44
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Roma! Roma? Si, Roma.

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Chiamata alle Armi
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In seguito al suo arrivo nella grande capitale umana il cavaliere cremisi non aveva avuto modo di esprimere al meglio le sue capacità combattive, di fatto come membro appena arrivato del Clan era assegnato a compiti piuttosto semplici come fare la guardia ai magazzini delle scorte, tenere d'occhio i profughi causati dalla guerra o aiutare le guardie della città nelle loro pattuglie notturne, svolgeva senza dubbio un compito utile ma nulla che riuscisse in qualche modo a dargli una mere possibilità di rendersi utile nel modo che riteneva quantomeno opportuno.
Questa terribile monotonia finì però per incontrare la sua fine quando un messo gracilino e dall'aspetto un po malaticcio si diresse frettolosamente verso il cavaliere mentre egli si stava risposando in seguito ad un turno di guardia, nel vedere al figura incappucciata egli si dimostro leggermente intimorito ma si fece coraggio e si avvicinò porgendo al cavaliere una lettera chiusa con un sigillo in cera recante il marchio reale, il cavaliere la prese senza battere ciglio e aspettò che il messo si esprimesse.

Guardiano del Clan, sei richiesto con effetto immediato nella città di Alasya.
I dettagli della tua missione sono specificati nella lettera, dovrai partire con effetti immediato.
Per il Re e per il Sovrano!


Il Cavaliere non rispose al messaggero, congedandolo con un semplice cenno mentre questi si allontanò, dandogli tutto il tempo per leggere la lettera con attenzione in modo da farsi un idea più chiara dei suoi obbiettivi e di ciò che lo avrebbe portato a marciare nuovamente nelle torride terre Meridionali, terre che aveva già avuto modo di osservare lungo la strada per Basildera.
La situazione non sembrava essere delle più favorevoli, una banda di orchi dalle dimensioni piuttosto ragguardevoli aveva preso di mira la cittadina fortificata agendo con grande astuzia, prendendo la sua gente per la fame con costanti ed incessanti assalti alle carovane delle scorte dirette li, con il probabile intento di spingere la popolazione alla disperazione ed alla fame, rendendoli una preda piuttosto facile.

Questa tattica non mi è nuova, anzi mi suona terribilmente familiare.
Io e la mia gente abbiamo emulato il modus operandi dei pelleverde sotto vari aspetti e se questo è veramente lo stato delle cose allora il loro obbiettivo è ovvio, vogliono assediare la città e saccheggiarla ma sanno che un attacco diretto sarebbe pericoloso per loro, quindi hanno deciso di puntare ai rifornimenti spediti via terra, cibarie di vario tipo ed altre provviste, tengono il loro stomaco pieno e quello dei cittadini vuoto in attesa che qualcuno faccia una mossa molto stupida.
Laa situazione spesso si risolve in tre modi, la resa da parte degli assediati anche se questo accade molto di rado, l'assedio definitivo che avviene dopo un paio di settimana dal taglio delle linee di rifornimento oppure la disperazione dei cittadini ha il sopravvento e decidono di marciare fuori dalle mura, andando verso morte certa, cadendo in un imboscata prefissata grazie alle squadre di scout che tengono la città sotto controllo giorno e notte.
Se a questo si mette in conto i danni causati dalla guerra e la scarsità di truppe nelle regioni di confine allora è chiaro che gli orchi hanno saputo cogliere una buona opportunità, salvare questa città non sarà semplice e non so neanche quante truppe ci siano a difesa della stessa, detesto andare in battaglia con così poche informazioni.
Mi chiedo quanti altri siano stati chiamati per dare manforte oltre a me.


Al Cavaliere non gli ci volle molto per comprendere quanto grave fosse la situazione della cittadina Meridionale, c'erano troppi punti bui nella reale situazione di quel luogo e sommando tutti i dettagli e le informazioni in suo possesso egli si chiedeva se forse non fosse già troppo tardi, se al suo arrivo non avrebbe trovato la città già data alle fiamme e saccheggiata dall'orda pelleverde, lasciandogli come solo compito quello di ripulire i pochi sciacalli rimasti indietro per cercare quanto di valore potesse nascondersi tra le macerie di quel luogo.
Ma non poteva certo permettere a qualche dubbio di fermarlo ancor prima di iniziare ne tanto meno di perdere tempo riflettendo su quella lettera, prende lo stretto necessario per viaggiare in quelle terre desertiche ed aspre prima di avviarsi fuori dalle mura cittadine, evocando la sua cavalcatura e dirigendosi al galoppo verso la sua destinazione, complice la natura spettrale di Rovina e la scarsa necessità di bere o nutrirsi al cavaliere sarebbero stati necessari non più di un paio di giorni per raggiungere la sua destinazione.
Due giorni non sono molti di certo, eppure in questo breve lasso di tempo il cavaliere non può smettere di pensare agli svariati perché lasciati da quel compito che lo vedeva come truppa di rinforzo in una battaglia già persa in partenza con ogni probabilità, valutando persino l'idea di far evacuare la città al suo arrivo nella speranza che i pelleverde si fossero concentrati sul luogo e non sugli abitanti.

No, gli orchi non lo permetterebbero mai, la vittoria assoluta implica la completa eliminazione del nemico.
Non si faranno degli scrupoli, uccideranno tutti senza lasciare testimoni, la ritirata non è un opzione accertabile contro di loro.
Il che lascia solo un opzione valida, una difesa ad oltranza, ma per farlo dobbiamo prima spingerli ad attaccare, prima che le scorte di cibo si esauriscano.
istigare un orda di orchi ad attaccare non è necessariamente difficile, basterebbe uccidere uno dei loro capi o quantomeno uno sciamano per farli adirare.
A quel punto...


I pensieri belligeranti del cavaliere vengono interrotti bruscamente quando in lontananza riesce finalmente a scorgere la sagoma di un muro di cinta, non particolarmente alto ma sufficiente a difendere un piccolo insediamento dalle minacce più comuni, se la strada presa dal cavaliere era giusta quella era la sua destinazione, la città assediata di Alasya.
Nell'avvicinarsi Guerra si rende conto di quanto impreparato quel luogo fosse ad una minaccia tanto grande, semplici mure d'argilla rinforzate con una palizzata in legno, probabilmente l'intero villaggio era composto del medesimo materiale che benché potesse resistere in maniera eccelsa al sole e alle intemperie di certo non avrebbe offerto una protezione adeguata alle asce da guerra degli orchi, senza contare una certa suscettibilità ad un attacco incendiario.
Nel suo avvicinarsi alla città Guerra sentì gli occhi dei popolani immediatamente su di se, in parte curiosi ed in parte inquieti da quella strana figura che aveva varcato le porte della città al trotto sul suo fumoso destriero, chiede indicazioni ad uno dei passanti che gli indica una piccola chiesa in argilla come sua destinazione finale, egli dismette la sua cavalcatura facendola svanire in quel tipico sbuffo di fumo nero e fiamme prima di avviarsi nella struttura designata ove ad attenderlo c'era una donna insieme ad altri due individui che il cavaliere identificò come i rimanenti rinforzi.

Tutto qui dunque?
Una città sull'orlo di baratro piena di gente affamata e il grande regno di Basildera ha mandato solo tre persone?
Insomma, persone, l'unico essere umano tra di noi sembra particolarmente giovane, eppure quella lama... si, durante l'addestramento ho avuto modo di osservare quel tipo di armamento, arma dei regni dell'est particolarmente grande, Nodachi dovrebbe essere il nome corretto, se si tratta veramente di un umano dello Shogunato allora forse non tutto è perduto.
L'altra invece... quindi le fatine dei boschi esistono veramente, secondo le leggende dovrebbero essere quantomeno avvezzi alla magia e in questo momento spero proprio che quelle legende parlino il vero, non credo che ci siano maghi di alcun tipo in questa città.
Oltre a noi sembra che un corvo sia qui e che, apparentemente, sia lui a dare gli ordini qui intorno dimostrando sin da subito le sue scarse conoscenze tattiche, un attacco diretto all'accampamento degli orchi è pura pazzia e per giunta vuole farlo in pieno giorno, no non sono affatto d'accordo.
Ho visto i volti delle persone lungo la strada, sembrano determinati certo ma la determinazione da sola non può vincere uno scontro, specialmente contro un nemico come questo... una strana sensazione però, non avrei mai immaginato di ritrovarmi dall'altra parte, nelle distese desertiche dell'Estvan eravamo noi gli assedianti che riducevano alla fame cittadine e piccoli villaggi prima di darli alle fiamme e razziarli, adesso invece dovrò evitare esattamente ciò che ho fatto per tutta una vita, davvero ironico.


Attaccare all'alba un campo di orchi con un mucchio di popolani arrabbiati che sanno a malapena tenere una spada in mano?
Se attaccheremo sarà stanotte e di certo non in un numero così grande, gli orchi hanno già setacciato le zone circostanti e muovere un gruppo anche piccolo di persone in pieno giorno vi condurrà dritti in un'imboscata lasciando la città senza difese, alla mercé degli orchi.
No, voglio un gruppo molto piccolo, non più di una decina di persone, tutti i cacciatori della città capaci di usare un arco o un fucile in maniera corretta, se questo posto ha una milizia addestrata mettete in conto anche loro, tutti gli altri dovranno rimanere qui a difendere la città, le mura basteranno per eguagliare lo svantaggio dettato dall'inesperienza.
Dite al fabbro di concentrarsi sulla produzione degli armamenti richiesto per la squadra necessaria per il raid notturno, in quanto alle donne dovranno portare qui quanto più olio per lanterne possibile, pece o qualunque materiale infiammabile degno di nota, inoltre voglio che si preparino involucri d'argilla grossi come il pugno di un uomo adulto con un un foro sulla sommità, non più largo di un pollice.
Una volta fatto questo vi spiegherò come agire, dovrà essere tutto pronto prima del tramonto, il tempo non è dalla nostra parte in questo scontro ma marciare contro il loro accampamento è solo un modo come un altro per farci massacrare.
Una volta fatto tutto ciò che ho detto vi dirò come agire e come preparare le difese del villaggio in vista dell'assedio, tenendo la posizione qui al villaggio dovremmo essere in grado di vincere la battaglia e disfarci degli orchi almeno per un po.
Domande?
 
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Arlecchino Lunare
view post Posted on 18/3/2014, 21:44




un piccolo bazar dentro il mercato







Quando il messo giunse davanti alla porta della casa di Toyohisa, si aspettava di trovare un soldato in perenne assetto da guerra. Il nome del messo era Jorah, era cresciuto nella città bassa di Basiledra, e nei suoi vent'anni di vita aveva più volte sentito parlare dei temuti guerrieri Chipaghesi, i così detti "Samurai". Prima di giungere davanti a quella casa aveva avuto l'ordine di consegnare un messaggio molto importante. Anche se non gli era stato detto niente, ci voleva poco a capire di cosa si trattava. Infatti; l'arrivo del monaco dal sud aveva fin da subito stuzzicato la curiosità della città. Probabilmente però si trattava solo di una missiva per conto del clan, forse un contratto di assassinio, o la richiesta di partecipare a chissà quale avventura. I pensieri turbinavano nella mente del giovane, che alla fine bussando in modo vigoroso sulla porta di legno attese che qualcuno gli rispose. La porta si spalancò. E da essa fuoriuscì un'enorme sagoma femminile non molto aggraziata. Il ragazzo fin da subito non riuscì a comprendere; che avesse sbagliato casa?

"Scusatemi se interrompo le vostre faccende madonna, abita qui il messer samurai da Chipago?"


La voce del ragazzo era titubante ma cortese. La donna era più alta e massiccia del ragazzo, che squadrandolo dall'alto in basso disse in tono sbrigativo

"Se cerchi messer "sono troppo importante per rifarmi il letto" lo trovi al mercato cittadino."

Il ragazzo ringraziò il maniera cortese la donna per le informazioni che gli aveva dato, ella rispose sbuffando e rientrando in casa sbattendo la porta dietro di se. Rimettendosi in cammino, ora Jorah si diresse verso il mercato dove gli fu abbastanza semplice rintracciare il samurai. Scorse all'interno di un tendone un uomo con dei vestiti particolari dal colore rosso scarlatto e che alla cintola portava sul fianco destro due spade legate assieme. Una più corta, l'altra più lunga. Osservando la scena intorno a lui, il giovane si era reso conto di essere entrato dentro a quello che probabilmente doveva essere un bazar orientale; gli odori al suo interno erano leggeri e si mischiavano con la dolce musica di uno strano strumento a corde a lui sconosciuto. Delle donne truccate in maniera elaborata e sontuosa, accompagnavano il tutto esibendosi in danze e canti cortesi in una lingua che prima di allora il giovane Jorah non aveva mai udito. Avvicinandosi al samurai, il ragazzo lo vide bere da una piccola tazza di ceramica mentre giocava ad un tipico gioco Chipaghese assieme ad altri tre uomini. Non appena gli fu vicino il samurai incrociò il suo sguardo, e il povero ragazzo si sentì come trapassare dalla punta di una lama. Era una sensazione forte, che mai prima di allora lo aveva colpito in maniera tanto profonda; lasciandolo praticamente pietrificato.



"E tu chi saresti?"

La voce di Toyohisa fece riprendere il ragazzo da quel suo blocco improvviso. Estraendo dalla bisaccia una pergamena arrotolata e chiusa con della ceralacca sulla quale era impresso il simbolo del clan Toryu.

"Mi è stato detto di consegnarle questo messaggio da parte del clan messere. Non so di cosa si tratta."

Prendendo la lettera e rompendo il sigillo che la chiudeva, Toyohisa cominciò a leggere il messaggio in maniera rapida. Togliendo lo sguardo dal giovane gli disse in modo cortese e amichevole:

"Grazie per esserti scomodato per portarmela, farò in modo che ti ricompensino."

Così dicendo il samurai estrasse dalla sua bisaccia una moneta d'oro che porse al ragazzo.

"Non è necessario ser, è un onore per me esserti stato utile..."

Il ragazzo fu titubante, avrebbe voluto sapere cosa conteneva il messaggio, non per qualche motivo particolare, ma per semplice curiosità. Sapeva però che non doveva essere così sfrontato, e che di certo non sarebbe stato saggio infastidire un guerriero. Salutando il samurai il ragazzo uscì dalla tenda e ritornò sui suoi passi in direzione di casa.
Nella mente di Toyohisa era in corso un confuso ma positivo susseguirsi di pensieri e idee, sulla sua faccia si dipinse un leggero sorriso o forse sarebbe meglio dire un Ghigno. Bevendo un altro bicchierino di sake, fece la sua mossa mentre giocava a shogi con un altro samurai. Quella mattina era infatti uscito di mattina presto poiché si diceva che una carovana dal lontano oriente fosse giunta a Basiledra. Aveva passato tutta la mattinata a giocare, bere e chiedere informazioni sulla situazione in madrepatria, del resto anche se era passato meno di un mese dal suo arrivo voleva comunque avere notizie di casa. Quando la partita a shogi fu terminata. Si alzò e ringraziando per il sake e per la compagnia si diresse fuori dal bazar. Una voce gli arrivò da dietro, era quella del samurai con cui aveva giocato.

"Ora cosa farai generale?"

Quella domanda era qualcosa di allettante per Toyohisa, in tutti i sensi. Era ormai passata un'eternità dall'ultima volta che lo avevano chiamato generale; dai tempi della guerra. La sensazione che provava in quel momento era simile a ciò che avvertono i lupi quando percepiscono il sangue fresco. Tirava aria di guerra.

"Andrò ad insegnare alle pecore come si comportano le tigri."

Quando Toyohisa arrivò a casa rilesse in maniera minuziosa il messaggio. Avrebbe dovuto presentarsi davanti alla porta sud della città in attesa della partenza verso la città di Alasya. A quanto pareva gli orchi avevano dato filo da torcere agli uomini e alla guarnigione della piccola città, che adesso si ritrovava senza approvvigionamenti e priva di effettive difese. Doveva prepararsi al meglio, indossare l'equipaggiamento e lucidare e preparare le sue armi alla battaglia. Si sentiva molto elettrizzato all'idea di poter tornare ancora una volta sul campo di battaglia. Ancora una volta in mezzo al sangue e alla polvere, ad urlare ordini e a preparare se stesso e gli altri alla battaglia che incombeva.

"Dove pensa di andare lei?"

Augusta; la domestica che era stata assegnata a Toyohisa era piombata nella stanza con grande goffaggine. A volte il samurai si chiedeva perché la donna fosse così poco aggraziata, e soprattutto come facesse una creatura così poco aggraziata a definirsi una donna; ciò che Toyohisa definiva per antonomasia come le creature più aggraziate, imprevedibili e affascinanti del mondo.

"Devo partire verso sud, il clan chiama a raccolta i suoi membri"

Porgendo il foglio alla donna, Toyohisa controllò il filo della sua nodachi. La lama era perfetta, non usa sola ammaccatura o macchia di sangue secco. Rinfoderando la spada, il samurai controllò anche la wakizashi che come la sua gemella più grande era nel medesimo stato di lama immacolata.

"Ah, quindi se ne va a sud? Così d'improvviso? Be in tal caso mi Porti una conchiglia del deserto se ci riesce, mi dicono che si possa udire il rumore della sabbia appoggiandoci l'orecchio vicino"

argilla e legno



sole del sud era alto nel cielo mentre la mite temperatura del deserto aveva pian piano iniziato ad alzarsi anche se in maniera molto timida. Il cielo era azzurro e solo poche nuvole bianche come la neve macchiavano il soffitto del cielo limpido. Le mura della città di Alasya si rivelarono agli occhi di Toyohisa. Osservava la città che avrebbe dovuto difendere, osservava la città e aveva un solo pensiero certo tra i molti che vorticavano nella sua testa

"Questa non è una città. Questa è una tomba in attesa di cadaveri"

Oltrepassando le porte in legno si ritrovò in una città ben differente da quello che si aspettava. Più che una città la si poteva definire come il più estremo confine di civiltà del clan Toryu, ma di certo non era una città. Le strade erano deserte, solo ogni tanto si intravedeva qualche persona che si avvicinava nel tentativo di mendicare un po di cibo. La fame e il logoramento avevano messo in ginocchio la popolazione. Avevano tolto loro il cibo, avevano razionato nel migliore dei modi le scorte nel tentativo di resistere di più. Probabilmente era anche stata una mossa utile, ma ora come sarebbe stato possibile prepararli a combattere se erano indeboliti?

"Togli ad un uomo il cibo, se avrà ancora onore riuscirà a sopravvivere anche se patirà la fame.....


Toyohisa si era addentrato nelle viuzze della cittadina. Intorno a lui erano accasciati a terra alcuni moribondi e persone che chiedevano con voce disperata l'elemosina al samurai, con fare naturale egli estrasse dalla sua bisaccia una moneta d'oro che porse a una povera donna, ma essa non volle l'oro del guerriero. Con un filo di voce e un tono delicato disse

"L'oro non ci serve, non possiamo mangiare l'oro. La prego nobile guerriero ci dia dell'acqua o del cibo. Non per me, ma per mio figlio."


Togliendosi il mantello sporco che le copriva il petto, la donna mostrò al samurai un piccolo bambino in fasce che non doveva avere meno di un anno di vita o poco più. Il bambino ora era calmo e stava dormendo beato con la testa appoggiata sul seno di sua madre, la donna osservava il bambino con le lacrime agli occhi, emettendo piccoli singhiozzi strozzati; non voleva che il bambino si svegliasse. In quel momento il samurai prese la sua borraccia d'acqua e la porse alla donna, non ne avrebbe avuto bisogno ora che era arrivato in città.

"Purtroppo non ho cibo con me. Ma prendi quest'acqua, usala con saggezza e non sprecarne."

La donna ringraziò infinitamente il samurai e nascose la borraccia sotto il mantello logoro e sporco mentre con fare dolce e aggraziato accarezzava le guance sporche del bambino. La mente del samurai andò lontano. Ritornò indietro di sette anni quando sua moglie Miko partorì il loro primo figlio maschio. Miko aveva dovuto sopportare un periodo di travaglio molto lungo e Toyohisa era rimasto sveglio per tutto il tempo che sua moglie aveva dovuto passare lottando per far venire al mondo il loro primogenito Ginryō Shimazu. Quando il bambino venne alla luce, le nutrici lo lavarono e dopo averlo fasciato e profumato con essenza di ciliegi, lo diedero alla madre. Toyohisa stava aspettando fuori dalla stanza in attesa che venisse chiamato. Quando finalmente riuscì ad entrare nella stanza, lo spettacolo che i suoi occhi ammirarono lo fece sentire in procinto di piangere di gioia. Sua moglie teneva stretto tra le braccia il piccolo Ginryō.
La visione del samurai venne interrotta dalle parole della donna accasciata a terra, con i vestiti logori e sporchi.

"Nobile guerriero, fate parte del convoglio inviato da Basiledra per proteggerci dagli orchi?"

Il samurai rivolse il suo sguardo alla donna. Aveva la faccia un poco pacata, colpa della sua breve ma intensa distrazione. Il guerriero non sapeva se rispondere o andarsene via direttamente. Non per mancanza di risposte o paura di dare risposta, Ma semplicemente perché non poteva assicurare che sarebbe riuscito a proteggere la città....ma sarebbe morto provandoci.

"Siamo guerrieri, e siamo qui per difendervi. Prometto sul mio onore di guerriero che non permetterò a quelle bestie di farvi del male."

La donna sorrise al guerriero che facendo un cenno gentile si diresse fuori dal vicolo, fuori dall'oscurità.
La piazza era misera. Solo la struttura della chiesa rendeva il tutto un minimo affascinante; ma era il tipo di meraviglia che solo un contadino poteva apprezzare, e che probabilmente non avrebbe mai emozionato Toyohisa Appena varcata la porta della chiesa il samurai notò due donne, una lo scrutava con sguardo circospetto mentre l'altra nascosta nella penombra lo fissava e si poggiava ad un fucile.

"anche le ragazzine quando giunge la guerra, imparano a combattere....togli ad un uomo l'onore e il cibo...ed esso si aggrapperà a qualsiasi disperata idea"

La prima donna lo accompagnò in una piccola sala. Erano riuniti li insieme a lui un uomo dall'aspetto altezzoso e un pò pomposo. Si doveva trattare di certo del corvo che li aveva chiamati a raccolta. guardandosi attorno il samurai fece il punto della situazione mentre ascoltava le voci degli altri due. Era d'accordo con la ragazza, si doveva prima di tutto comprendere con chi si aveva a che fare anche se la brutalità e stupidità degli orchi era conosciuta all'incirca in tutti i regni. Non seguivano schemi precisi, ma semplicemente si facevano guidare da un capo guerra o da una sciamano con l'intenzione di saccheggiare e uccidere, o nel migliore dei casi difendere qualche terreno sacro alle loro primitive divinità. L'altro guerriero era molto più diretto della ragazza e la cosa piaceva a Toyohisa. Gli mancava un pò quella compagnia da camerati che gli faceva ricordare la gioia della battaglia. il suo piano era semplice ma conciso, voleva preparare i contadini alla guerra, ma sembrava più portato alla preparazione delle difese che all'addestramento di soldati. Nessun problema, ci avrebbe pensato Toyohisa. Ma prima...voleva conoscere il suo nemico. La sua lama fremeva dal volersi affondare nel petto di qualche orco.

"nei miei trent'anni di vita ho assistito a molte battaglie. Ho affrontato la Sengoku jidai "l'epoca dei regni combattenti" e ho visto interi eserciti di semplici contadini uccidere nemici molto meglio addestrati di loro. La vera forza stava nel loro numero. Come diceva il vecchio Oda "dai una lancia ad un contadino e potrà uccidere anche un samurai." E vero, gli orchi sono grandi,grossi, e bellicosi. Ma se riusciremo ad addestrare questi contadini anche in modo rudimentale nell'uso dell'arco, dell'archibugio, della lancia e della spada, avremmo possibilità di vincere. In alternativa godremo di una splendida morte tra i cadaveri di centinaia di orchi...."

La voce del samurai aveva preso un tono misto tra il serio e l'emozionato. Egli fremeva dal desiderio di uccidere, del resto aveva dedicato tutta la sua vita alla guerra. Cosa poteva desiderare di più?

".....Comunque, appoggio l'idea del guerriero qui affianco a me. Possiamo inviare un gruppo scelto tra i cacciatori, anche se preferire farli restare qui e velocizzare l'apprendimento dell'arte dell'arco per gli altri volontari. Ma abbiamo bisogno di capire quanti sono i nemici con cui abbiamo a che fare. Ne io ne il mio compagno qui affianco siamo particolarmente adatti ad un operazione di esplorazione che richieda un minimo di "segretezza". Forse tu giovane fanciulla sei più adatta a questo compito. Che ne diresti di guidare te la spedizione? A vederti mi sembri molto portata al sotterfugio e alle imboscate. Un'arte sopraffina che purtroppo non sono ancora riuscito ad apprendere appieno."







Osservava quella ragazza con un mezzo sorriso di cortesia e ammirazione. Del resto come gli aveva sempre detto il suo maestro:

"non vience colui che distrugge l'esercito del nemico. ma colui che riesce a far arrendere il nemico senza combatterlo."
Non contava molto sull'aiuto del corvo. Piuttosto era curioso di chiedere alla ragazzina di prima se sapesse usare bene quel fucile.

"Signor corvo. Potreste chiedere alla donna che mi ha condotto qui di venire un attimo e di portare con sé la ragazzina che gli stava appresso? Avrei da fargli una domanda."

Sperava di aver fatto i calcoli corretti e che la ragazzina in questione fosse più di quello che sembrava, certo magari non sarebbe stato facile imporre la propria fiducia ai popolani. Ma doveva farlo, per se stesso e per tutti i cittadini di quel villaggio. Strano come la mente quando viene catapultata in determinate situazioni faccia sentire a proprio agio anche la persona in questione. In quella situazione Toyohisa si sentiva meglio che mai. Rivolgendosi al guerriero affianco a lui disse:







"Tu invece amico mio sarebbe il caso che supervisionassi i miglioramenti della difesa del villaggio. Qualcosa mi dice che ti intendi di fortificazioni. Rendi questo villaggio più protetto del castello di Sunomata*"

Toyohisa riponeva molta fiducia e sicurezza negli altri due compagni, era certo che con il loro aiuto avrebbe salvato quel villaggio.

"Ah. Io sono Shimazu Toyohisa. Piacere di conoscervi, lottiamo fino all'ultimo, e insegnamo a quei pelleverde cosa significa "mantenere la posizione."


bene...finalmente ce l'ho fatta :riot:
* il castello di Sunomata è una delle più grandi gesta che si possano attribuire a Toyotimi Hideyoshi; secondo la leggenda, fu in grado di far erigere il castello in una sola notte. Speriamo bene! XD
Ho modificato alcuni errori di battitura ^^






Edited by Arlecchino Lunare - 19/3/2014, 09:47
 
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K i t a *
view post Posted on 25/3/2014, 12:47




X e n o p h o b i a ❞.
ORIGINI
separatore

Il sole splendeva sopra la distesa di sabbia, donandole dei riflessi dorati che creavano piccoli giochi di luce. Il cielo era terso, con un colorito eterogeneo; una gamma quasi infinita di sfumature si succedeva in rapida successione, anticipando il tramonto che si apprestava ad avvenire. Una lieve brezza attraversava il deserto, sollevando i granelli di sabbia, che si rincorrevano nell’aria, formando delle spirali che si disperdevano velocemente nel nulla. Gli aliti di vento più forti li trascinavano più a lungo, fino a graffiare la palizzata di legno che racchiudeva un piccolo villaggio di orchi. Essa girava intorno a sé per diversi metri, e in alcuni punti le assi erano addobbate da pelle di animali e amuleti ricavati con le loro ossa. Dal suo interno proveniva un fitto vociare, dove grida sottili si mischiavano a risate più gutturali.

Era ancora tempo di allenamenti per i pelleverde; i più giovani, tenuti d’occhio e guidato dai membri più maturi, erano raccolti nel piccolo spiazzo che separava le fila di capanne dei guerrieri dagli altri membri del villaggio. In quel punto la sabbia era incredibilmente rada, mostrando solo il nudo terreno, da cui faceva capolino qualche pietra. I ragazzi combattevano tra di loro, senza mostrare il minimo accenno di fatica, e i più grandi ridevano di quello spettacolo, di cui non troppo tempo prima erano stati anch’essi protagonisti, dandosi di gomito e scommettendo a gran voce su chi sarebbe stato il vincitore dello scontro, con grande impegno da parte dei giovani guerrieri per ribaltare i toni delle scommesse. La giornata al villaggio volgeva alla sua conclusione, si attendeva unicamente il rientro dei cacciatori, che portavano con sé il pasto serale.
Erano tempi duri all’interno dell’accampamento, i viveri scarseggiavano, le spedizioni di caccia si facevano sempre più lunghe e infruttuose, e troppo spesso finivano osteggiati da gruppi di mercanti umani che battevano la loro zona di caccia. La popolazione non si lasciava abbattere, non era nelle loro corde lasciare che simili avvenimenti potessero spazzare via il buon umore e l’energia combattiva, e fin quando ci sarebbe stato un pasto caldo, per quanto misero, loro avrebbero tenuto duro con ottimismo e allegria.

I goblin al di fuori della palizzata, ritti di fronte all’ingresso del villaggio, un’alta porta serrata da un intricato insieme di catene, fissavano l’orizzonte in attesa. Sapevano che mancava poco al rientro degli uomini in spedizione, anche se ultimamente tardavano sempre di più. Non tutti dentro l’accampamento condividevano i timori espressi solo nel cerchio più ristretto, di non vederli rientrare una di quelle sere. Pochi membri erano a conoscenza delle reali schermaglie in cui erano incappate, e se non fosse stato per il rispetto profondo nei confronti della geestelike sarebbero entrati in guerra da molto tempo. I due pelleverde si scambiarono diverse occhiate durante l’attesa e quando scorsero in lontananza il manipolo di uomini che si avvicinava tirarono un sospiro di sollievo: anche quel giorno si poteva dire concluso.
Armeggiarono con l’intreccio di catenaccio, per poi passare il lungo dito sugli spazi tra i pali di legno; un rumore di ingranaggi che scattavano annunciò che la porta era stata aperta. Trascinarono le due ante sulla sabbia, per fare spazio ai guerrieri che rientravano. In testa vi era un grosso orco, il corpo coperto da pelli e un armatura grezza di metallo; la pelle scura era attraversata da cicatrici più o meno chiare, il viso era contratto in un’espressione dura, la fronte sporgente e le mandibole squadrate gli conferivano un’aria sinistra, di una persona con cui non era desiderabile avere un confronto fisico. Dietro di lui passarono un altro gruppo di guerrieri, dai fisici disparati, a seconda del proprio compito nella missione di caccia. Tutti osservavano il grande orco con deferenza pressoché palpabile, ma era quello l’effetto che procurava Matdok. Aiutò i compagni a portare dentro l’esiguo bottino, mentre gran parte degli abitanti del villaggio gli andarono incontro, con la possente mano grida di esultanza, complimentandosi con gli uomini per essere riusciti anche quel giorno a portare loro sostentamento. Mentre i suoi sottoposti si fermarono con i guerrieri più giovani, cominciando a raccontare loro il resoconto della missione, Matdok si avviò verso il centro dell’accampamento, seguito solo dagli sguardi attenti dei compagni.
Superato il cerchio di tende dei guerrieri, giunse fino alla congrega. Scostò con la possente mano il lembo di tenda, fatta anch’essa di pelle d’animale, ed entrò nella capanna. Ad accoglierlo ci furono gli sguardi sorpresi degli shamans, sostituiti in una frazione di secondo da espressione cariche di sollievo, e lo sguardo imperturbabile della geestelike, che lo guardava sopra il piccolo scranno ricavato da ossa e pietre nere. Il corpo esile era coperto da vesti lavorate grezzamente, la pelle decorata con pitture rosse, che risalivano lungo le braccia, fino al viso, incorniciato dai capelli scuri, intrecciati spessamente in varie ciocche, ornate da placche di metallo dorato. Su tutto, però, spiccavano gli occhi, neri come la pece, talmente profondi da sembrare perforare il corpo fino alla sua anima. Dopo averlo scrutato a lungo, Azsala parlò: «Matdok, non sai che gioia sapere che siete di nuovo con noi». L’orco s’inchinò rispettoso, per poi rispondere: «È una gioia condivisa anche da me, geestelike».
Azsala fece un gesto con la mano, invitando il guerriero a sedere in loro compagnia, e dopo che si fu sistemato gli domandò: «Ci sono stati problemi?». Gli shamans lo fissavano con grande curiosità; in confronto alla sua stazza quasi scomparivano, come un sasso in confronto ad una montagna. «No, geestelike, nessun problema oggi. Abbiamo tardato perché ci siamo dovuti spingere molto a largo per trovare degli animali. La situazione è sempre più disperata, e gli uomini non aiutano. Invadono di continuo il nostro territorio, si nutrono delle nostre cibarie. Non so quanto la situazione sarà ancora tollerabile». La donna ascoltò con attenzione, lo sguardo fisso sul viso di Matdok. Quando terminò sospirò, per poi rispondere con voce ferma e decisa: «Conosci il mio pensiero a riguardo, Matdok. Sopporteremo fino a quando potremo. Non voglio sacrificare nessun figlio del villaggio per l’ingordigia umana». Il guerriero annuì, abbassando lo sguardo. Sembrava desideroso di replicare, ma la devozione nei confronti di Azsala gli impediva di andare contro il suo pensiero. Dopo diversi secondi di silenzio, fu lei a interromperlo, il tono di voce più leggero e rilassato: «Lasciamo che le nubi passino anche stasera, e godiamoci i frutti del vostro duro lavoro. Se la caccia è stata così dura, è giusto dimostrarle la nostra piena gratitudine». Si alzò da quel piccolo trono con un sorriso sul volto, e gli altri membri copiarono quel gesto. Matdok le fece strada, tenendo il telo aperto al suo passaggio, e osservandola allontanarsi, verso lo spazio comune del villaggio. La seguì a pochi passi di distanza, ma la sua mente era rimasta dentro la tenda, ancora persa in quei pensieri bui che da molto tempo gli ottenebravano la testa. Eppure, nonostante le parole rassicuranti della geestelike, qualcosa dentro il suo cuore, forse dettato dalla grande esperienza accumulata, gli lasciava presagire che non potevano crogiolarsi in quella situazione. E se non avessero fatto loro qualcosa, non era sicuro che gli altri si sarebbero beati di una simile saggezza.

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QM Point
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Eccoci qua. Questo post vi permette di conoscere il punto di vista dei pelleverde; nel proseguimento della quest Fanie si occuperà di seguire gli umani, e io i pelleverde, in modo da darvi una visione a 360° di ciò che succede. Spero che vi piaccia questa nostra scelta!
Venendo a voi, per il prossimo post dovrete decidere in confronto una tattica per assalire il villaggio dei pelleverde. La manovra avverrà di notte, avrete quindi il fattore sorpresa dalla vostra parte. L'accampamento è protetto da una palizzata in legno, alta circa tre metri, ma non lasciatevi ingannare dal materiale: come vedete dal post sembra essere ben protetta. Insieme al vostro pg avrete a disposizione un piccolo contingente di uomini, formato da 20 PNG, che potrete utilizzare nel modo che ritenete più opportuno. Una volta decisa la tattica, scrivete in confronto e noi QM vi diremo il risultato delle vostre azioni, e proseguiremo così fino al nostro stop. Da quel momento, avrete cinque giorni di tempo per postare.
Pensate bene alle vostre scelte, buona fortuna!


 
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view post Posted on 22/4/2014, 11:56
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Eternal Light
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Niente che non si fosse già aspettato, dalle parole del prete cui si era rivolto: soltanto conferme, mentre scuoteva lentamente la testa, anche riguardo alle linee da seguire.
Non mi è dato conoscere il perché di queste scelte. Dopo quello che ci hanno fatto li avrei uccisi tutti, ma a Basiledra vogliono essere più magnanimi quindi senza pietà per chi non si arrende... e pietà per chi capisce di essere spacciato.
Myndill si morse lentamente il labbro a sentire tali parole: quelli di Basiledra lasciavano un villaggio a se stesso, ad affrontare orde di orchi senza mandare reali supporti, e poi chiedevano anche l’ipocrisia da parte loro? Pietà, pietà. Come se ce ne potesse essere attaccando un accampamento in fretta e furia per mancanza di risorse e non conoscendo le ragioni dei nemici, assaltando senza nemmeno aver tentato un approccio pacifico.
Apri gli occhi. Lì fuori muoiono di fame donne e bambini, non ci sono soldati a difenderci, siamo contadini e prelati. Vuoi indovinare da solo perché siamo alle strette, o ti bastano gli occhi?
All’ultima frase, la fata, si morse anche la lingua. Non c’era necessità di una risposta, non ce n’era una giusta da dare, iniziando una discussione senza fine alcuno. Soltanto la conferma dei propri timori affossava ancora di più le aspettative della lucciola, le speranze di poter avere il tempo per discutere i termini della battaglia, per tentare la via diplomatica. Tentando o no, gli animi parevano troppo infervorati, ridotti allo stremo com’erano, per poterla davvero accettare. E a lei era soltanto stato ordinato di attaccare, di comandare un assalto. Quanta responsabilità aveva in tutto ciò? Forse doveva soltanto provare a salvare il salvabile, a concludere la guerra in fretta prima che le due fazioni si distruggessero a vicenda. E poi avrebbe deciso: non era sicuramente una questione da risolvere in una notte.

Myndill si avvicinò alla donna in un angolo, già approcciata dal giovane ragazzo con un’armatura parziale: uno dei tre chiamati a guidare l’attacco. Con la sua folta chioma arancione e le lentiggini che macchiavano la pelle pallidissima, la ragazza pareva quasi grottesca con l’arma da fuoco in mano; eppure sembrava che sapesse maneggiarla con cura basandosi sulle attenzioni che le prestava. I battiti d’ali smisero di risuonare e il silenzio calò su di lei, mentre la fata poggiava i piedi nudi a terra per parlarle.
Potete fornirci qualche informazione riguardo all'accampamento degli orchi? Una mappa, qualcosa... in caso l'aveste già attaccato, magari. Altrimenti mi toccherà ottenere le informazioni da me prima, ma vorrei evitare fatiche inutili.
Il tono di voce deciso della lucciola sebbene un po’ affranto per via della situazione in cui si trovava, fu contrastato, però, dall’agitazione della donna che per un attimo parve essere seriamente confusa. Cos’aveva visto: un mostro?
Che... cosa cazzo sei?
…No. No, no, io non voglio davvero sapere cosa sei. Dimentica la domanda.

Si alzò, mettendosi seduta su una panca della chiesa e poggiando i piedi sullo schienale davanti, quasi a liquidare lo stupore precedente con un disinteressamento forzato. Ogni tanto Myndill si dimenticava di apparire singolare tra le fila degli umani… Ma, in fin dei conti, lo era ormai anche tra quelle fatate. Scosse il capo, come per evitare elucubrazioni inutili.
Sessanta orchi, tra giovani e guerrieri. Ne ho visto uno con un braccio grosso quanto questa!”, disse la ragazza spostando il piede dal legno delle panche a una colonnina di pietra che sosteneva la volta della chiesa.
Ma il pericolo più grande è un gruppo di bastarde, credo siano donne... che si fanno chiamare ‘La Congrega’. Sono loro che mandano avanti le bestie.
Un sospiro seguì, quasi a indicare una nota di preoccupazione nella sua apparentemente inespugnabile sicurezza. La Congrega? Probabilmente non erano guerriere, a giudicare dal nome e dal sesso. Ciò le rendeva assai più pericolose: se non erano assetate di sangue e lotta come potevano esserlo gli orchi più stereotipati, voleva dire che la loro arma era la mente… O, peggio, la magia.
Il campo è circondato da una pesante palizzata di legno ed è quasi rotondo... non abbiamo mappe, di cartografi non ne abbiamo mai visti qui.
Nel frattempo, purtroppo, a tempestare la ragazza di domande non c’era soltanto la fata: anche il samurai e l’ultimo dei tre la stavano interrogando… e facendo adirare. Di buono erano riusciti a ottenere soltanto informazioni riguardanti l’armamento dei paesani, soprattutto per quanto concerneva possibili arcieri, ma a giudicare dalle minacce e dal nomigonolo ‘fatina dei denti’ con cui l'aveva chiamato, sarebbe stato impossibile cavarle altro di utile.
Myndill roteò gli occhi e sospirò: possibile che gli umani fossero così indisponenti pure tra loro? Non c’era certo da stupirsi se poi finivano a combattere anche contro altre razze in battaglie di confine, inutili quanto cruente. Non rimaneva altra possibilità che quella di organizzarsi con i suoi compagni, tentando di studiare una strategia risolutiva.

Il primo a parlare fu il samurai, proponendo un assalto con lance mentre si tentava di appiccare fuoco all’accampamento. La fata rispose con sguardo vacuo, impenetrabile nei suoi pensieri ma non altrettanto nelle sue idee.
"Temo che i nostri uomini saranno armati con quel che hanno: dubito potranno davvero scegliere il tipo d'armamento... Forse basteranno degli arcieri con frecce incendiarie. In caso, anche i vostri dovranno munirsi di qualche torcia, da accendere sui fuochi già nati per aiutare la loro diffusione."
E poi sarebbe giunto il suo turno, quello che una piccola lucciola avrebbe potuto fare molto meglio di altri: insediarsi tra le fila del nemico senza farsi notare. Ne aveva seriamente le capacità o sarebbe stato scoperto e poi ucciso partecipando a una battaglia non sua? Maledetto l'uomo che l'aveva condotto fino a lì... Ora non poteva né voleva tirarsi indietro, ma se non avesse saputo avrebbe continuato a vagare nel buio - alternativa molto migliore a quella del sangue.
"Io potrei infilarmi tra le mura e cercare un modo per aprirle quando l'incendio sarà scoppiato. Saranno troppo occupati a spegnerlo, senza conoscerne la causa, per prestare attenzione alle porte."
Abbassò gli occhi, abbandonando il tono di voce serio e un po’ più logico, tradito dall’incertezza e l’insicurezza del loro piano. Se avessero fallito, se l’avessero scoperto, sarebbe stato il primo a lasciarli le ali. "...Spero. Altrimenti proverò a scappare mentre il fuoco farà la sua parte."

Il samurai sembrò essere d’accordo, arricchendo la strategia con idee e dubbi, in particolare riguardo all’impreparazione degli orchi di fronte a un possibile incendio. Tuttavia quale scelta avevano se non attaccare con frecce? Alternative sarebbero state troppo rischiose e questa pareva la possibilità migliore e meno compromettente in caso di fallimento.
Non tutti, però, sembravano davvero convinti. Il terzo, muto fino a quel momento, parve ravvivarsi. A giudicare dalle sue parole infervorate, sembrava volesse tentare la diplomazia. Ordinò loro di tentare l’assalto, sì, ma solo dopo che lui sarebbe uscito dal villaggio, per poi partire senza aspettare risposta.
E se l’avessero ucciso sul posto, se non sarebbe mai uscito dall’accampamento? La fata sospirò di fronte a tale incoscienza e non mutò idea: se avesse avuto successo il dialogo ne avrebbero giovato tutti, ma non poteva lasciarsi condizionare da troppe incognite. Se, se, se…
Il piano non poteva mutare.

Myndill si rivolse di nuovo al samurai, rimasto anche lui all’interno della chiesa a osservare il compagno partire a tutta velocità. Doveva mettere le cose in chiaro ed evitare ulteriori incertezze.
Faremo ciò che potremo. Allora è deciso? Assalto incendiario e poi frontale mentre io cercherò di aprire i cancelli?".
Quasi a smorzare l’ansia e lo sbigottimento dati dall’episodio, riprese le redini della situazione giusto per confermare ciò che avevano già deciso ed esprimere la propria risolutezza: il piano non poteva cambiare. Non aspettò la risposta, ma si rivolse subito al prete. "Se avete sentito, cercate di diffondere la voce. Penso partiremo con le ultime ore della sera, poco prima che si trasformi in notte.
Ti va bene... collega? Puoi chiamarmi Myndill.
"
La fata allungò la piccola mano pallida verso il compagno, sforzandosi di non abbassare lo sguardo di fronte a quell’uomo tanto più alto e grosso di lui. La sua voce timida e il suo aspetto gracile potevano portarlo a essere sottovalutato, ma sapeva che le sue idee e il suo reale potenziale erano ben superiori alla media. Dopotutto era stato in grado di spaventare persino una ragazza armata e un po’ arrogante…


La piazza era gremita di gente armata con tutto quel che era disponibile, per lo più spade arrugginite, a volte addirittura forconi. Per fortuna c’erano anche degli archi, ma ben meno di quanti avrebbe sperato. Il prete era comunque riuscito a raccogliere davanti alla chiesa tutte le persone che potessero – e volevano, a giudicare dal loro sguardo non tanto impaurito quanto arrabbiato – combattere.
"Tempo che saremo arrivati, e il... cavaliere avrà già avuto il tempo necessario a fare quello che poteva. Non è detto che non sia stato massacrato nel frattempo.
La fata si era rivolta al samurai, in piedi accanto a lei e alla sua stessa altezza grazie alle ali che permettevano il volo a quell’essere. “A metà strada mi distaccherò dal contingente per introdurmi nell'accampamento e vedere la situazione prima che voi siate giunti."
Dalla strategia più astratta bisognava organizzare i dettagli, in modo che la teoria non ostacolasse la parte pratica. Eppure più ne parlava e più Myndill si sentiva incerto sebbene non lo desse a mostrare sul proprio volto. Avrebbe volato da solo in mezzo a degli orchi pronti a combattere, da solo avrebbe cavalcato le onde del deserto notturno… Tuttavia, se avesse fallito, non sarebbe morto da solo: tanti, troppi l’avrebbero accompagnato. E, forse, anche se avesse avuto successo.
"Se non vedrai una lucciola uscirne entro il tempo che riterrai necessario, vorrà dire che dovrai dare inizio all'attacco. Sarò stato fatto prigioniero o in posizione per aprire le porte: in ogni caso la strategia non cambia.
Dipinse poi un sorriso forzato sul volto stanco, cercando di non lasciar trasparire le proprie ansie. Era stato gentile, quest'uomo, a prestargli fiducia. Forse, poi, un compagno in quest'azione così pericolosa, non avrebbe guastato. Avrebbe abbandonato anche lui al proprio destino come aveva fatto con gli altri?
Spero sia d'accordo o, in caso contrario, non esitare a ribattere.
Siamo alleati, no?
"
La risposta fu come una boccata d’aria fresca in mezzo a quell’arido territorio. Parole semplici, eppure cariche di significato.
Fino alla morte. Buona fortuna, amico mio.
Morte, amicizia… La prima era ciò che temeva – non solo per se stesso – in quel momento, la seconda ciò cui aveva rinunciato. Poteva davvero dirsi amico di qualcosa o qualcuno, dopo tutto quello che aveva fatto, non avendo più un posto che potesse appartenergli al mondo? Nessuno pareva essere più come lui… Eppure sorrise, mentre la marcia iniziava.


La luna si stava levando nel cielo e le ombre degli stivali sulla sabbia sembravano cancellarsi a ogni alito di vento in quel deserto. Silenzio, soltanto il respiro della gente che avanzava si udiva in quella sera che si prospettava piuttosto lunga. Non abbastanza, forse, per chi non avrebbe rivisto l’alba. Myndill librava in aria lasciando soltanto che le ali con la loro aurea dorata producessero rumore nel loro battito regolare e a malapena percettibile, come quello di foglie che non smettano mai di cadere in una pioggia senza fine.
A interrompere quella quiete ansiosa ci pensò Sara, la ragazza col fucile, che con aria innervosita si rivolse alla fata e al samurai, in cima alla colonna giusto dietro a chi li stava guidando verso l’accampamento orchesco.
Il vostro compagno è furbo come un mattone, lo sapete?! Si è fatto catturare e ha allertato gli orchi... giuro su Dio che se non l'hanno massacrato di calci i pelleverde gli sparo in faccia.
Il cuore della lucciola si strinse per un attimo. Che fossero in due, ora? Poteva soltanto sperare che la ragazza si sbagliasse e gli orchi non fossero stati avvertiti dell’attacco. Un atto di diplomazia, dopotutto, non implicava l’assalto nello stesso momento. Anzi, sarebbe stato piuttosto improbabile prevederlo proprio in quel momento.
Non abbiamo più l'effetto sorpresa, temo.
La fata la guardò sconcertato, volgendo poi lo sguardo deciso in avanti, verso la direzione della loro marcia. Poteva soltanto guardare al futuro: non c’era più tempo per tornare indietro o aspettare.
Temo anch'io, ma la nostra strategia non può cambiare. Tenteremo di aprire i cancelli e dare fuoco all'accampamento. Anche senza effetto sorpresa, sarà per loro difficile vedere una minaccia in una lucciola...
Sorrise quasi divertito, cogliendo l’occasione per fare un po’ di sarcasmo e magari diffondere un po’ di buon umore nella compagnia.
...O scovare una fatina dei denti invisibile.
È tempo per me di andare in avanscoperta e cercare di fare quel che riesco. A presto e buona fortuna.

Così disse inclinando leggermente la schiena per accelerare, raddoppiando la propria velocità in modo da lasciarsi alle spalle il contingente. Sarebbe stato il secondo a giungere all’accampamento, ma non l’avrebbe certo fatto apertamente quanto chi l’aveva preceduto.

Quel mare di sabbia sembrava immutato a ogni minuto, dando l’impressione alla fata di non muoversi. Soltanto la luna che si alzava sempre più nel cielo ancora più buio permetteva di percepire lo scorrere del tempo e, quindi, la distanza sempre minore all’accampamento. Verso sud, ecco dove doveva andare.
Soltanto dopo diverso tempo intravide una luce più vivida di quella fioca degli astri nel cielo, delle fiamme più terrene. Sì, era l’accampamento. Improvvisamente le braccia di Myndill scomparvero, i capelli divennero puro oro mentre il resto del corpo si rimpiccioliva in un bagliore improvviso. Dopo un istante al posto della fata, c’era un piccolo insetto a volare, viaggiando sulla sabbia. Forse così non avrebbe attirato l’attenzione, così non l’avrebbero attaccato – non subito.
Mentre si avvicinava, l’insetto notò il legno della palizzata, resistente e spesso, ma comunque terribilmente secco. Due molossi stavano al di fuori delle mura, subito oltre il portone: due sentinelle pronte a dare l’allarme nel caso avessero intravisto qualcosa all’orizzonte. Ma chi avrebbe attaccato un accampamento di orchi così grossi e armati? Chi sarebbero riusciti a vedere in quella notte così buia? Probabilmente non si aspettavano di perdere la vita molto presto.
La fata si limitò a sorvolare la palizzata, forte della sua capacità di librarsi in aria. Nessun altro dei suoi alleati ci sarebbe riuscito così facilmente. Il villaggio era più piccolo di quanto si aspettasse, sebbene ci fosse un po’ di movimento all’interno. Tende di pelle erano sparse qua e là mentre fiaccole bruciavano nella fredda brezza della sera, accuratamente tenute lontane dal legno. Che l’uomo, il diplomatico, fosse ancora lì?
C’era ancora tempo per dare un’occhiata, ma non troppo. Myndill girò per l’accampamento cercando di udire parole che non fossero pronunciate in quel gutturale accento orchesco, di sentire anche solo discutere e sperando di intravedere qualcuno che discutesse con il cavaliere. Soltanto dei gruppetti si di quegli esseri verdi, però, si riuniva come per dare rapporti riguardanti la situazione; nemmeno nella tenda più grande, quella che più pareva utile per svolgere pratiche diplomatiche, c’era reale attività volta alla comunicazione. Che fosse davvero giunto sin lì, quell’uomo? Oppure se n’erano già disfatti? Non poteva criticarli: da molti erano considerati selvaggi, ma in mezzo a una guerra non erano certo obbligati a essere ospitali verso il nemico alle loro porte. Anche considerando quel che Myndill e i suoi si apprestavano a fare, un’azione cruenta e rapida sarebbe stata quanto mai scontata.

Era già trascorso troppo tempo e presto l’attacco sarebbe iniziato. La lucciola non aveva più tempo per cercare chi era stato troppo ingenuo e affrettato nella propria azione e non potevano certo aspettare che grazie a qualche miracolo rispuntasse da chissà dove. Si diresse dunque verso la porta dell’accampamento, studiandola e cercando un modo per aprirla. Ce l’avrebbe fatta da solo? Pareva di semplice legno, composta di due ante poco larghe. Non molto pesante né così ben messa; la protezione all’interno non era nemmeno così efficiente visto che un solo orco la sorvegliava, quasi assonnato e poco attento al compito, apparentemente inutile, che gli era stato affidato. Forse Myndill avrebbe avuto successo nella propria manovra anche senza ricorrere ai suoi poteri, forse l’assalto sarebbe stato efficace.
E questi orchi così tranquilli avrebbero fatto una brutta fine, per via di un semplice conflitto con degli umani.
Era davvero giusto che finisse così?


Il Lume - Qualcuno, in passato, mi diede un’identità. La Lucciola, venivo chiamato, come se la mia piccola luce potesse permettermi di illuminare la via nell’oscurità più profonda. Ma solo finché la stessa tenebra non divorasse il fulgore fino a spegnerlo. Eppure quel qualcuno non mi ha mai conosciuto davvero: le regole mi hanno imposto di mostrarmi solo per quel che dovevo essere e non ero, ciò che dovevo apparire e non volevo. Un piccolo puntino d'oro, sempre acceso, fragile e innocuo quanto un insetto. Una debole goccia di luce in un oceano di tenebre... ~ Personale 2: Trasformazione due turni - consumo Nullo

Perdonatemi, davvero, ma dopo questa faticaccia a scrivere 'sto post così lungo nel tempo che avevo, l'ho ricontrollato solo una volta. Non ce la faccio più. @.@



Edited by Desdinova - 22/4/2014, 13:26
 
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Arlecchino Lunare
view post Posted on 23/4/2014, 12:42




Decisioni





Toyohisa ascoltava con finto interesse le parole del Corvo, notando come non fossero altro che notizie inutili, non gli interessava nulla della giustizia che Basiledra avrebbe inferto agli orchi, anche perché la giustizia degli uomini non era mai equa. soprattutto quando si trattava di giudicare degli orchi.
“Non mi è dato conoscere il perché di queste scelte. Dopo quello che ci hanno fatto li avrei uccisi tutti, ma a Basiledra vogliono essere più magnanimi quindi senza pietà per chi non si arrende... e pietà per chi capisce di essere spacciato.”
Il samurai riuscì a stringersi in gola parole che probabilmente avrebbero fatto scoppiare un bel putiferio nella stanza. Sapeva bene in che situazione disgraziata versasse il villaggio, ma sapeva anche che di certo non doveva essere colpa solo degli orchi per tale situazione. Un piccolo villaggio di confine non viene mai risparmiato dall'essere prosciugato sia di uomini che di oro finché ne può concedere al regno, una verità che il samurai aveva appreso in patria durante la guerra civile.
“Apri gli occhi. Lì fuori muoiono di fame donne e bambini, non ci sono soldati a difenderci, siamo contadini e prelati. Vuoi indovinare da solo perché siamo alle strette, o ti bastano gli occhi?”

Oh ma che premuroso che sei con la tua gente corvo, se la pensi davvero così allora perché hai fatto inviare solo tre persone fin quà e non un piccolo contingente? Razza di imbecille
Il pensiero pieno di rabbia balenava nella mente del samurai, se avesse potuto avrebbe attaccato immediatamente quell'accampamento, avrebbe preso le teste dei capi, risparmiato i bambini e gli anziani e sarebbe tornato immediatamente a Basiledra a giocare a shogi, almeno fino a quando quel bazar Chipaghese non si fosse rimesso il marcia verso le terre al di fuori della capitale, ma non poteva. Gli mancavano le truppe, gli mancava l'organizzazione, forse l'unica cosa che aveva erano due alleati all'altezza del compito. La prima cosa che decise di fare era quella di conoscere meglio il proprio avversario, nella sua vita non aveva mai affrontato orchi ma solo sentito parlare in maniera approssimativa di quella razza della quale tutti temevano la grande forza e impeto in battaglia. Aveva già notato nell'angolo vicino alle porte della chiesa una ragazzina dai capelli rossi e dalla pelle bianca come la prima neve d'inverno, impugnava tra le sue mani un archibugio dalle dimensioni considerevoli, forse sarebbe stata utile nell'addestrare i contadini a maneggiare quel tipo di armamento, Avvicinandosi si mise di fronte alla ragazza che già stava parlando con la fata che era venuto insieme a loro; La discussione con la fata non inizò nel migliore dei modi e il samurai potè notare come quella che sembrava una semplice ragazzina in realtà sembrava molto più "sfrontata" di quello che sembrava, dire matura sarebbe stata un'esagerazione.
Sembri parecchio abile con quel fucile, pensi di poter insegnare anche ai tuoi compaesani come si usano quelle armi?
La ragazza guardò in maniera arcigna il samurai, quasi avesse voglia di sparargli in faccia, be di certo non sarebbe stato tanto facile farlo, ma del resto non gli dispiaceva un pò di esercizio fisico.
"Imparare ad usare uno di questi richiede almeno sei mesi, ed ancora sarebbe difficile sparare dritto sopra i settanta metri! Non abbiamo polvere da sparo sufficiente per tutti e non abbiamo fucili per tutti."
La risposta della ragazza sorprese un poco il samurai, non pensava ci sarebbe voluto poi così tanto ad insegnare a dei contadini ad impiegare delle armi addirittura più semplici delle spade e delle lancie, armi ben più nobili e richiedenti la conoscenza di arti e tecniche per essere usate al meglio della loro forza. La risposta del samurai non si fece tardare, voleva vedere quanto fosse davvero disposta a combattere questa ragazzina.
Addirittura sei mesi? Si vede proprio che sono venuto a proteggere dei barbari. E pensare che da dove provengo io basterebbe una settimana scarsa per insegnare a un gruppo di contadini come sparare all'unisono sulla stessa linea di fuoco.
La ragazza non si fece attendere puntando in maniera quasi fulminea il suo fucile sulla tempia di Toyohisa. La cosa non fece mettere in allarme in samurai, sapeva benissimo che non avrebbe sparato. Poteva avere con se pure trenta di quei fucili e altrettante braccia per reggerli contro il samurai, ma nei suoi occhi vedeva lo sguardo di una persona che non è capace di uccidere se non per motivi che siano sensati.
Parla ancora male di queste persone e ti garantisco che la tua gente avrà un conterraneo con un buco in mezzo agli occhi.
Questa volta Toyohisa preferì incassare la risposta della ragazza dai capelli rossi e decise invece di rimediare alle parole che aveva detto prima, aveva messo abbastanza alla prova quella ragazzina e aveva capito che ci si poteva fidare di lei. Almeno sul campo di battaglia.
In tal caso ti chiedo scusa. Anzi, ti offrirò da bere se riusciamo a spedire quei pelleverde all'inferno. Sono curioso del suono che può fare una testa orchesca quando la schiacci.....
la risposta del samurai fece calmare un poco la ragazzina evitando che potesse succedere il peggio, cosa che si sarebbe potuta tradurre come una ragazzina armata e un samurai in preda alla furia omicida che provano ad uccidersi dentro ad una chiesa. Nel mentre la fata stava chiedendo alla ragazza informazioni sull'accampamento degli orchi.
Sessanta orchi, tra giovani e guerrieri, ne ho visto uno con un braccio grosso quanto questa!
il pensiero che dietro un piccolo accampamento si nascondesse una forza di orchi di quelle dimensioni fece salire al samurai una scarica di adrenalina. Cosa avrebbe potuto desiderare di meglio? Ovvio nessuno in quella stanza poteva capire quel tipo di eccitazione che tanto faceva impazzire il samurai da una strana sensazione mistra tra gioia e furia.
Ma il pericolo più grande è un gruppo di bastarde, credo siano donne... che si fanno chiamare "La Congrega". Sono loro che mandano avanti le bestie
come in ogni partita di shoni del resto esistono i fanti ed esiste anche il re e la regina,In questo caso possiamo dire che si tratti di tutti i pezzi maggiori. Bene, ora il samurai sapeva quali fossero i possibili bersagli da prendere di mira.
Quindi se riuscissimo ad uccidere questa "Congrega" potremmo disorientarli. Anche non so cosa sia peggio, un villaggio di orchi organizzato o tante piccole bande di pelleverde a zonzo per la regione....
La seconda opzione non lo preoccupava più di tanto, del resto pochi orchi da sterminare separatamente sono più facili da eliminare. Ma sapeva bene che non sarebbe stato facile eliminare questa "Congrega".
La conversazione andò avanti per molto, ma alla fine risultò chiaro il piano finale: attaccare di sorpresa i pelleverde e ucciderne il più possibile cercando informazioni e oggetti utili. Il terzo del gruppo, un cavaliere dall'aspetto imponente decise di partire in anticipo rispetto al samurai e alla fatina, voleva cercare di trattare con gli orchi.
Del resto è sempre meglio dare una possibilità di resa agli avversari se possibile, anche se qualcosa mi dice che la cosa non andrà a finire bene.
Pensando ciò, il samurai osservava il cavaliere che si allontanava al galoppo in direzione dell'accampamento orchesco, sperava che il suo compagno sarebbe riuscito nella sua impresa. Ora era il momento di prepararsi.
Preparate gli uomini, li voglio pronti a marciare prima del tramonto.

La marcia

Dai gradini della chiesa Toyohisa osservava con sguardo grave i contadini che si posizionavano in formazione con una goffaggine pari solo al loro equipaggiamento, alcuni indossavano cotte di metallo forgiate dai fabbri e a fatica riuscivano a sostenerne appieno il peso e per tale motivo solo i più robusti le portavano con orgoglio ma inquietudine. Altri indossavano corpetti di cuoio molto più leggera, che gli avrebbe permesso una movenza molto maggiore rispetto ai loro compagni più "corazzati".
Davanti a lui si era schierato un semplice drappello di venti uomini, ma probabilmente sarebbe stato più corretto dire "contadini inesperti" ma non doveva credere ciò, doveva cercare di illudere anche se stesso nella speranza di avere fiducia nelle sue truppe.
E pensare che ho comandato reparti interi quando ancora ero a Chipago....devo proprio essere caduto in basso.
Un leggero risolino gli uscì dalle labbra mentre il suo viso di deformava in una leggera smorfia fra il sarcastico e il nostalgico. Come se d'improvviso fosse tornato alla sua terra natia, alla vigiglia di un importante battaglia con la sola e semplice differenza che non era davvero a casa e che avrebbe avuto sulle spalle la vita di uomini che non erano veramente i suoi soldati.
Tempo che saremo arrivati e il... cavaliere avrà già avuto il tempo necessario a fare quello che poteva. Non è detto che non sia stato massacrato nel frattempo. A metà strada mi distaccherò dal contingente per introdurmi nell'accampamento e vedere la situazione prima che voi siate giunti."

Affianco a lui il suo amico fata stava ripetendo il piano che avrebbero seguito, e che dovevano rispettare se volevano sperare di avere una possibilità contro i pelleverde, anche se forse Toyohisa non voleva una speranza ma solo il sangue dei suoi nemici.
Se non vedai una lucciola uscirne entro il tempo che riterrai necessario, vorrà dire che dovrai dare inizio all'attacco. Sarò stato fatto prigioniero o in posizione per aprire le porte: in ogni caso la strategia non cambia. Spero sia d'accordo o, in caso contrario, non esitare a ribattere. Siamo alleati, no?
la fata stava osservando il samurai mentre gli rivolgeva un sorriso incerto e pieno di dubbi ed incertezze, almeno quanto lo era il ghigno che il samurai aveva fatto poco prima.
Fino alla morte. Buona fortuna amico mio
il samurai rivolse un profondo inchino al suo alleato e congedandosi da lui si diresse verso i suoi soldati, o per lo meno quelli che si erano immedesimati soldati.
appena si pose davanti alla colonna umana, tutti si misero sull'attenti in maniera meno goffa, cercando di apparire per lo meno presentabili al proprio capitano, oltre che pronti a combattere un gruppo di orchi. Passando in rassegna uno ad uno dei suoi Toyohisa si rese conto che forse avevano qualche possibilità di successo, e forse sarebbero riusciti a spuntarla a dovere contro i pelleverde non ostante il numero e l'esperienza fossero a loro sfavore. Non volle dire nulla ai suoi uomini. Non era il momento giusto, e li aspettava ancora una marcia spossante prima di giungere all'accampamento orchesco. Un ordine sordo e solitario si alzò dalla colonna e cominciarono a marciare, verso la battaglia, a marciare verso il proprio destino, nessuno escluso.
La marcia si riverlò meno difficoltosa di come appariva, anche grazie al crepuscolo che rendeva l'aria non troppo calda e il vento che lasciava una leggera brezza che rinfrescava il volto degli uomini. Toyohisa era in cima alla colonna insieme a Mindyll e osservava in lontananza tutto ciò che poteva avere un aspetto sospetto, ma apparte qualche palma e piccoli cespugli di erbacce secche, per il resto era tutto fin troppo normale, a quel punto comparve dal mezzo della colonna Sara.
"Il vostro compagno è furbo come un mattone, lo sapete!? Si è fatto catturare ed ha allertato gli orchi... giuro su Dio che se non l'hanno massacrato di calci i pelleverde gli sparo in faccia.
il pensiero fece sobbalzare il cuore del samurai che putroppo si era spettato una reazione simile da parte degli orchi, del resto non c'era da stupirsene. Avranno chiaramente pensato che fosse un diversivo o peggio ancora una trappola tesa dagli infidi e astuti umani. Ora doveva liberare anche il suo compagno e cercare di far sopravvivere più contadini possibile.
Non abbiamo più l'effetto sorpresa, temo.
Myndill non perse tempo e cercò di spiegare meglio la situazione a Sara, dopo di che con battito veloce d'ali si distanziò dalla colonna sparendo alla vista del contingente e di Toyohisa stesso.
Cercheremo di attenerci al piano e cercheremo di affrontare gli orchi come meglio potremmo. Non permetterò a questi orchi di prendersi gioco di noi.
La voce e lo sguardo del samurai erano seri e pieni di sicurezza, doveva sembrare ed essere così senza mai dimostrarsi debole o negligente. Come gli era stato insegnato da sempre: Non indietreggiare mai, non arrenderti mai. Questo era ciò a cui era stato abituato, questo era ciò che Toyohisa Shimazu era sempre stato. Ormai il sole stava calando definitivamente e la strada da percorrere era ancora abbastanza lunga, quindi senza perdere tempo diede l'ordine di ricominciare la marcia, di riprendere la corsa verso l'inferno, verso la battaglia.
Ci volle un ora piena di marcia prima di giungere in prossimità dell'accampamento, una volta definita la distanza che li separava, Toyohisa decise di far preparare ai suoi uomini le anfore di pece che si erano portati dietro.
Spero che queste bastino a dar fuoco a quella maledetta palizzata. Altrimenti dovremmo farci largo a furia di fendenti nel legno bruciato.
Lo sguardo del samurai andò ad ispezionare minuziosamente ogni singolo tronco di legno che componeva quella palizzata, da prima si chiese quanto tempo fosse passato da quando l'avevano eretta, poi gli venne un dubbio ancora più curioso: dove avevano preso la legna per costruire quella palizzata? Si guardava intorno e non vedeva altro che sabbia e dune, quindi di certo avevano dovuto trasportarla da lontano per erigere quel muro. Oppure....non riusciva a capirlo, ma non era quello il pensiero più importante. Scacciando dalla sua testa quel pensiero si girò verso i suoi uomini e ponendosi davanti a loro li scrutò uno ad uno vedendo la paura nei loro occhi, l'incertezza di poter morire quel giorno.
Io vi guardo, vedo la paura in voi, la paura che ora potrebbe afferrare anche me. Ma io so che voi combatterete oggi, non per Basiledra, non per i corvi. Che vigliaccamente hanno deciso di nascondersi. Voi oggi combatterete per le vostre famiglie, per le vostre terre, per vendicarvi dei torti subiti, per permettere ai vostri figli di vivere senza la paura, di vivere una vita sicura e onesta. Oggi noi combattiamo per questo, per la terra e per il popolo!!
Facendo balenare la sua spada, il samurai ordina l'attacco con tutta la foga e la forza che gli sta in corpo,la distanza che divide gli umani dalle loro prede e molto più corta di quello che sembra, e senza accorgersene sono già sotto le mura, a lanciare pece bollente contro le mura, ad urlare e sfidare gli orchi in mezzo al fumo del legno che brucia, il samurai deve fare appello a tutta la sua forza di volontà per ordinare ai contadini di mantenere i ranghi mentre gettano le ultime anfore contro la palizzata. Una marmaglia di inesperti; giovani, altri avanti con gli anni, più abituati alle risse da strada o nelle taverne. Si gettano in mezzo alla battaglia con stolto coraggio.Fanno la loro parte. ci sono due orchi davanti alle porte, il primo pensiero di Toyohisa è quello di fronteggiarli, avanzando a passo veloce, urlando, brandendo nelle sue due mani la sua nodachi, si getta addosso all'orco guardandolo con occhi che sembrano gemme dalle miniere dell'inferno. Facendo calare un fendente sulla sua testa utilizzando tutta la sua forza. Cerca di guadagnare tempo, aspetta che le porte vengano aperte. Aspetta che il suo amico faccia la sua parte nel mentre della confusione generale.

stato fisico: illeso
stato mentale: pronto a dare ordini e concentrato sulla battaglia.
punti energia: 100-10=90%
tecniche usate: Urlo di guerra:
il guerriero lancia un grido straordinariamente potente, che mira a stordire i nemici circostanti.
l'urlo di guerra o anche "urlo kyai" è il tipico urlo da battaglia che i samurai in prima linea rivolgono ai nemici poco prima di caricare, esso infonde paura e timore nel nemico, ciò può causare svariati effetti nei nemici, che possono variare da semplici giramenti di testa fino ad avere un effettivo senso di smarrimento e di disorientamento nell'avverario, permettendo al samurai di attaccare con tutto il suo impeto.
Consumo di energia: Medio
note: il grido di guerra è quello che uso in generale alla fine del post però l'effetto è rivolto contro i due orchi vicino alla porta. Quindi gli altri sono solo urli di intimidazione che lanciano i contadini contro gli orchi e le mura. ^^


p.s: ho modificato il consumo energetico perché avevo messo un 10% di troppo.XD





Edited by Arlecchino Lunare - 24/4/2014, 13:26
 
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view post Posted on 29/4/2014, 11:45
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Tra Incudine e Martello
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Il cavaliere arriva al villaggio solo per avere la prevedibile conferma dei suoi timori, il "leader" del villaggio era un semplice corvo con un'esperienza in combattimento pari a quella di un infante, colto alla sprovvista da una situazione che non aveva neanche lontanamente preso in considerazione nonostante quella terra fosse fin troppo familiare alle bande di orchi che l'abitavano ormai da diversi anni, ma tutto questo scemava di fronte a qualcosa di ben più grave.
Il numero dei rinforzi presente era insignificante, ammontando a tre se si contava anche la sua presenza, la tacita e al contempo lampante dimostrazione che quel villaggio sperduto nel deserto non aveva la ben che minima importanza per Basildera e che anche in caso di caduta dello stesso non cambiare nulla, si trattava solo di una piccola banda di orchi e di certo non poteva rappresentare una vera minaccia per i reami umani.

Non capisco neanche il motivo per cui sia venuto fin qui, anche in caso di vittoria questa cittadina non sopravviverà molto senza un esercito fisso.
Se non saranno gli orchi sarà qualcun'altro, eppure questo inutile e ridicolo compito ricade su di me, chiamato a risolvere i problemi di un reame debole e non curante della sua stessa gente, mi chiedo se cercare un nuovo fato nei reami umani sia stata la scelta giusta.
Ora non ha molta importanza, immagino, ho un obbiettivo e devo portarlo a termine.


Il cavaliere inizia una lunga ed esauriente conversazione con i suoi compagni di squadra riguardo alla strategia da applicare contro gli orchi, il suo piano d'attacco incendiario nel cuore della notte sembra conquistare sin da subito l'approvazione degli altri due, ma per portarlo a termine era necessario sapere di più riguardo a questi orchi, dettagli di vitale importanza che una ragazza dall'aspetto giovane e deciso sembrava possedere.
Eppure il cavaliere non trovò conforto nelle sue parole, tutt'altro le informazioni fornite dalla rossa gli avevano permesso di comprendere quanto fosse stato in errore sino a quel momento e quanto diversa la situazione fosse da quanto gli era stato detto, in futuro avrebbe imparato a raccogliere di persona le informazioni necessarie prima di formulare una tattica tanto approssimativa.
Ma la situazione non faceva altro che peggiorare, un rapido scambio di battute con la rossa rivela ben presto la natura instabile e terribilmente xenofobica della ragazza che agli occhi di guerra si tramuta da probabile alleato ad una vera e propria minaccia per l'intera operazione, poichè a quel punto i piani del cavaliere erano cambiati radicalmente per attenersi al reale stato delle cose, uno stato delle cose che poneva gli orchi quasi sullo stesso piano degli umani in quanto vittime di quell'ambiente ostile che era il deserto del sud, se s i combinava questo con la naturale e reciproca mancanza di fiducia che esiste tra orchi e umani non bisogna correre troppo con l'immaginazione per arrivare all'attuale stato delle cose.
Mentre il resto del villaggio era sul piede di guerra il cavaliere cremisi voleva optare per un approccio ben più scaltro e di gran lunga meno brutale, ma non poteva contare sull'aiuto di nessuno per questo, nessuno in quel villaggio conosceva al vera natura delle tribù orchesche e di certo nessuno avrebbe compreso la finezza del suo piano e i vantaggio che entrambe le parti avrebbero ricavato dallo stesso.
Così, lasciandosi tutto e tutti alle spalle, il cavaliere si diresse vero il villaggio da solo per portare a termine la sua mossa diplomatica nella speranza di scongiurare il peggio, eppure durante il viaggio molti erano i dubbi che attanagliavano la sua mente come una fredda morsa mentre una spiacevole realizzazione si faceva strada nella sua mente.

Non posso fidarmi di loro, nessuno di loro.
La rossa assetata di sangue, il samurai ridotto ad un semplice galoppino del clan e una fata, razza nota per al sua natura ingannevole.
Seguo questo dettame dal giorno in cui ho preso coscienza di me stesso, non ci si può fidare di nessuno ad eccezione della propria famiglia e dei propri simili.
Questi umani... non rispettano la legge su cui si basa questo mondo, la legge del più forte, gli orchi si sono dimostrati ben più meritevoli di loro nel possedere questa terra, eppure anche loro sono stati in grado di sopravvivere per tutto questo tempo nonostante le condizioni ostiche e spietate che le terre del sud comportano, ma... la loro sola determinazione non significa nulla se guidata da ideali errati.
Posso solo sperare che i due rimasta al villaggio abbiano seguito le mie indicazioni, che la rossa sia rimasta li e che aspetteranno il mio segnale per attaccare invece di fare di testa loro.
Ma quante speranze ho che tutto questi si realizzi, che riescano quantomeno a comprendere le mie intenzioni?
Poche... non mi fido di loro, non mi fido di nessuno di loro, creature irrazionali guidate dalle lor emozioni e incapaci di vedere l'attuale stato delle cose, siete solo delle bestie per quel che mi riguarda.
Solo animali da mandare al macello.
Se non fosse per tutti gli innocenti che vivono in quel villaggio, la cui unica colpa è di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, non avrei esitato ad essere stato io stesso il boia... ma la situazione attuale non me lo permette.

Infine il cavaliere giunge davanti alle porte del villaggio orchesco ove riceve un'accoglienza diffidente e sospettosa da parte dei suoi abitanti, cosa che non lo scuote minimamente considerata la sua palese somiglianza con le forme di un essere umano ed il fatto che gli orchi erano già tesi per via dei recenti avvenimenti, senza battere ciglio il cavaliere accorda il suo stesso disarmo ed incatenamento per farsi scortare all'interno del villaggio da una delle guardie nella speranza di poter incontrare una delle matriarche prima che la situazione precipitasse al punto da diventare irreversibile.
Se qualcosa fosse andato storto allora il fato del cavaliere era già segnato, se c'è una cosa che gli orchi detestano questo è il tradimento, un atto che calpesta il loro stesso onore e la loro fiducia, un'offesa che si paga con il sangue.
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 5/5/2014, 01:11





Xenophobia - Origini


Quella gente non era mai stata brava nel menare le armi. A dire il vero la maggior parte di coloro che si erano uniti al samurai nel corpo centrare dell'assalto avevano tutt'altro che buon occhio per un uomo che, chiaramente, veniva da un luogo diametralmente opposto sia a livello culturale che militare. Però li animava una foga che andava ben oltre le misere apparenze, le ritrosie comportamentali ed il mero essere pregiudizievoli nei confronti di qualcuno che, del resto, li stava guidando con particolare dedizione contro il nemico.
Il tempo sembrava quasi assecondare la lunga marcia sino all'accampamento, sebbene la notizia che Guerra si fosse lasciato catturare, rivelando l'imminente assalto e mettendo sul chi vive gli orchi, avesse non poco danneggiato il già precario equilibrio morale degli uomini.
I più saggi dicevano che una guerra può essere vinta anche senza l'uso di alcuna arma, ma solamente usando la propria forza di volontà e l'imposizione delle proprie idee su quelle del nemico. Il morale, la presenza ispiratrice di un condottiero, gli approvvigionamenti... erano tutte cose cui un buon capitano e condottiero avrebbe dovuto prestare la massima attenzione, ma in mezzo ai deserti torridi e abbandonati delle terre di confine pochi potevano disporre di tali mezzi.
Ed a rimetterci erano quei venti disgraziati che marciavano con lo sguardo perso e meditabondo chi si domanda, in cuor proprio, se davvero il gioco vale la candela.

Sara, nel suo piccolo, aveva portato con se tre fucilieri, unici possessori di un'arma da fuoco rudimentale, andando in avanscoperta. Era stata lei a scoprire il misfatto di Guerra ed informare il contingente dell'evidente stato d'allerta del villaggio orchesco. A differenza del popolino, poco ispirato e per niente felice, lei ed il suo piccolo gruppo si erano già appostati da una buona decina di minuti a spiare i pelleverde quando venne chiamata la carica da parte del samurai.
« Ci sono davvero delle speranze per noi? » domandò uno dei tre alla fulva. « Personalmente non credo. Uno di quegli sciocchi si è fatto catturare, la fatina è andata chissà dove e l'unico degno di un briciolo d'attenzione probabilmente morirà tra pochi secondi, travolto da un mare di muscoli verdi. » caricò il fucile e prese posizione. « Un colpo un morto, non sparate se non siete a bersaglio sicuro. »
E poi le urla ed il clangore dei combattimenti sovrastarono l'aria tersa e fresca del deserto notturno.

[ ... ]

La pece venne rovesciata sulle mura, ma mancando l'effetto sorpresa gran parte di coloro che tentavano di avvicinarsi per macchiare le palizzate venivano respinti da lance, dardi, pietre. Solo un piccolissimo gruppetto riuscì nell'impresa ed il fuoco generato bastò appena a spaventare un paio di vedette che si trovavano proprio sopra l'incendio. La situazione non volgeva per nulla al meglio e dei venti soldati solamente una dozzina erano in piena forma dopo appena un minuto di combattimento. Non c'erano ancora state vittime tra gli uomini ma a breve qualcuno ci avrebbe sicuramente rimesso le penne, almeno a giudicare dall'andamento.
A quel punto, in extremis, quattro colpi di fucile spazzarono via il rumore dello scontro e quattro corpi nerboruti e muscolosi caddero a terra sanguinando da enormi fori in piena fronte. Una pausa di quindici secondi circa, altri quattro colpi, solo tre orchi caddero a terra. La situazione, tutto sommato, non era ancora data per persa.



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Qm Point-
Mi scuso, immensamente, per il ritardo. La mia salute è pessima ma non è una giustificazione valida per il ritardo, per cui vi chiedo ancora scusa. Questo post non vuole essere a se stante ma è solo una breve excursus integrativo del post principale di Kita, dove verrete messi a conoscenza della risoluzione effettiva delle vostre azioni.
In sunto: gli uomini non si fidano del samurai, l'attacco fallisce miseramente perchè Guerra ha allertato gli orchi che prontamente impediscono a chiunque di lanciare la pece e, di conseguenza, il fuoco non viene appiccato se non a piccole parti insufficienti a fornire l'agognato disturbo. Solo Sara riusce a uccidere qualche orco, il resto degli uomini ha il morale sotto terra e sta per battere in ritirata.
 
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K i t a *
view post Posted on 13/5/2014, 09:30




X e n o p h o b i a ❞.
ORIGINI
separatore

Il goblin teneva stretta nella mano ossuta l’estremità della catena con cui conduceva l’uomo dentro l’accampamento. Lo tirava a sé senza curarsi che il passo gli fosse congeniale e nonostante la ridotta statura dimostrava una forza che all’apparenza non sembrava possedere. Il villaggio era silenzioso, pochi fuochi rimanevano accesi negli spazi vuoti tra le varie tende, ormai prossimi a estinguersi; solo il rumore del vento accompagnava quello dei loro passi nel terreno polveroso, mentre dalle capanne proveniva un quieto russare dei guerrieri a riposo.
Lo scortò fin dentro una di quelle tende; l’interno era spoglio e spartano, un accumulo di paglia da un lato fungeva da giaciglio, alcuni massi erano a ridosso del telo. Un grosso palo di legno troneggiava al centro ed è lì che lo trascinò con veemenza, facendovi passare intorno la catena, per poi stringerla e fermarla con forza, imprigionandolo. Fece un passo indietro, guardando il guerriero negli occhi: «Tu aspetta qui.» sentenziò lui in tono aspro, in un tentativo maldestro di parlare la lingua comune. Strinse i piccoli occhi neri in uno sguardo minaccioso, per poi voltarsi e uscire dalla tenda, lasciando l’uomo da solo.

Una volta che il telo si chiuse alle sue spalle, il goblin s’incamminò velocemente verso il centro dell’accampamento; si fermò nei pressi di un’altra tenda e rimase fermo di fronte all’ingresso, cercando di ascoltare i rumori al suo interno. Il silenzio lo rassicurò e scostò il lembo di pelle, entrando; al suo interno un colossale orco era seduto sul pagliericcio, intento ad affilare e ripulire le sue lame. Quando sentì l’ospite entrare, Matdok si voltò, osservandolo: nonostante non fosse ostile, visto il gran cameratismo che regnava tra i pelle verde, la fronte sporgente e gli occhi scuri incavati gli davano una perenne espressione truce, che fece sussultare leggermente il goblin, inchiodandolo al suo posto. «Che succede?» domandò nella lingua del popolo verde. «Un uomo è arrivato al villaggio. Dice di avere notizie importanti per noi». La notizia sorprese l’orco, che si alzò immediatamente, troneggiando sul compagno. «Dov’è ora?» chiese. «L’ho imprigionato, è nella capanna del vinto» spiegò il goblin. Matdok annuì, per poi riporre le armi nella loro fodera e attaccarle alla cinta in cuoio che gli cingeva la vita. «Bisogna informare la geestelike. Vado subito, poi vedrò il prigioniero. Richiama un gruppo di guerrieri, è meglio che facciamo una ronda questa notte». Il compagno annuì, facendosi da parte per lasciarlo uscire, per poi seguirlo e incamminarsi verso il resto delle tende, mentre l’orco si diresse verso il centro del villaggio.
Tornò nei pressi del capanno da cui si era congedato poche ore prima; sentiva dei rumori al suo interno, segno che gli occupanti erano ancora svegli. «Geestelike.» chiamò per annunciarsi. Dall’interno della tenda arrivò presto la risposta. «Entra pure, Matdok». L’orco scostò il telo, per poi trovarsi davanti alla donna, ancora intenta a prepararsi per la notte. «Geestelike, abbiamo un problema. Urnik ha catturato un uomo, si è presentato al villaggio dicendo di avere notizie per noi». Azsala sgranò gli occhi, sorpresa da quelle parole; cosa mai aveva un uomo da comunicare al villaggio? «Ora è prigioniero nella capanna del vinto, con il tuo permesso vorrei interrogarlo.» concluse l’orco. La donna annuì «Verrò con te, Matdok. Non mi fa stare tranquilla questa notizia». Il guerriero fece un piccolo inchino, scostandosi per permettere ad Azsala di passare. Quando furono al di fuori della tenda un profondo boato, proveniente dalle mura che cingevano l’accampamento, li raggiunse. Sentirono urla dall’esterno, cui si sommarono presto alcune all’interno. Immediatamente, dalle capanne adiacenti, vennero fuori il resto del consiglio, che si guardavano intorno spaventato, sino a posare lo sguardo sulla geestelike. Il suo sguardo si fece immediatamente più duro e deciso, nonostante la grande paura che le aveva subito serrato il cuore. Prima che potesse parlare, Urnik il goblin li raggiunse, il volto che non nascondeva l’agitazione: «Geestelike, ci attaccano. Le mura resistono, ma sono anche in alto, e ho visto alcuni di noi cadere sotto i loro colpi». La donna si voltò verso il consiglio: «Allontaniamoli dalle mura quanto basta per permettere ai nostri di uscire.» ordinò con prontezza. Si voltò poi verso Matdok: «Ho bisogno che tu comandi i guerrieri. Al prigioniero potrà badare uno dei ragazzi. Vai ora!». L’orco annuì, e si mise a correre verso l’ingresso del villaggio.

Mentre il guerriero si allontanava, comunicando ai suoi compagni di prepararsi per il contrattacco, gli shamans si strinsero uno all’altro. Dondolavano appena, gli occhi chiusi, intonando a mezza bocca una sorta di preghiera. All’improvviso sopra le loro teste si creò del fuoco, che si divise in un istante in svariate piccole sfere. Non appena il gruppo aprì gli occhi queste partirono verso l’alto, ingrossandosi man mano che acquistavano velocità. Compirono una parabola nel cielo, superando le mura e abbattendosi sui soldati che attaccavano l’accampamento.
I pelle verde, non appena le palle di fuoco superarono il muro, spalancarono le porte, e un piccolo contingente si riversò al di fuori, urlando con ferocia nella loro lingua madre.
La guerra aveva inizio.

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QM Point
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Molto bene ragazzi, entriamo nel vivo. Ho diverse indicazioni per ognuno di voi:

Lucious: sei imprigionato, legato ad un grosso palo di legno dentro la cosiddetta "capanna del vinto", luogo in cui i pelle verde rinchiudono i prigionieri. La prima cosa che dovrai fare è riuscire a liberarti: dovrai scrivere in confronto come intendi farlo e noi ti diremo se e come riuscirai a farlo. Dopo di ché proseguiremo in confronto sino al consueto stop da parte nostra. Le tue armi si trovano fuori dalla tenda.

Arlecchino: Il vostro attacco non va a buon fine. Le mura sono protette da ben più di semplice legno. Per fortuna dei tuoi compagni però, gli attacchi del contingente di Sara vanno a segno, e i pelle verde decidono di contrattaccare. La prima cosa a cui dovrai far fronte è la pioggia di fuoco scatenata dagli shamans. E' un attacco ad area di potenza media, puoi difenderti o subire il colpo, a tuo piacere. Dopo di che dovrete far fronte alla prima ondata di nemici che vi attaccano. Avrai a che fare con un orchetto, con cui dovrai sviluppare un autoconclusivo. Ti posto qua la descrizione dalla scheda dei mostri "Pelleverde":
CITAZIONE
Orchetti: Chiamati anche più comunemente goblin, gli orchetti sono esattamente come il loro nome li descrive: piccoli orchi. Dove gli orchi costituiscono l'elite fra i Pelleverde in ragione della loro superiorità fisica e intellettuale, i goblin sono la razza più debole appartenente a questo popolo. Gli orchetti non crescono mai sopra il metro e cinquanta; hanno corpi esili e teste molto grandi; la loro pelle è quasi sempre verde e simile alla corteccia di un albero; i loro visi sono schiacciati, irti di zanne e provvisti di lunghe orecchie e nasi a punta. Nonostante i goblin non siano particolarmente forti fisicamente, essi sono sorprendentemente intelligenti: molti fra loro sanno costruire trappole e organizzare imboscate, alle quali ricorrono durante la maggior parte dei loro attacchi. Gli orchetti adorano poi il fuoco e lo adoperano abitudinariamente nel corso dei combattimenti: alcuni incendiano le proprie armi, mentre altri hanno imparato quel minimo di arti arcane necessarie ad invocare piccole fiammate.

Non hai giri in confronto per questo turno, quindi puoi postare non appena avrai concluso il post. Non ti do un immediato termine di 5 giorni, che comunque scatterà nel momento in cui l'ultimo dei tuoi due compagni avrà in confronto il suo stop.

Desdinova: La tua posizione è la più semplice, vista anche la tua tattica molto efficace. Nessuno si è accorto di te, tutto il villaggio è in subbuglio, puoi scegliere dunque come agire: aiutare i tuoi compagni fuori dalle mura, rimanere nel villaggio, cercare Lucious, continuare l'esplorazione. La scelta è tua. Continueremo quindi in Confronto.

Per qualsiasi genere di domande o chiarimenti, vi rimando al topic in confronto. Buon lavoro!


 
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view post Posted on 1/6/2014, 21:27
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Eternal Light
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La battaglia era iniziata.
Myndill era al suo fulcro, nel bel mezzo dell’accampamento dei nemici, i quali avevano già lanciato un attacco verso l’esterno riunendosi in cerchio per un rituale con cui avevano creato meteore di fuoco.
Questi orchi non dovevano essere selvaggi primitivi? Com’era possibile che fossero così organizzati e conoscessero addirittura la magia?
Per fortuna nessuno si era accorto della lucciola, non di ciò che essa realmente fosse, almeno.
Troppo presi dalle minacce più evidenti, dall’attacco degli uomini lanciato contro il loro accampamento per prestare caso a un insetto – o anche solo a una fata, qualora si fossero davvero accorti di lui.

Ma cosa poteva fare, da solo nella bocca del leone, per aiutare coloro che l’avevano eletto loro guida?
Un attacco diretto sarebbe stato decisamente troppo avventato: avrebbe potuto condurre soltanto al suicidio. Per prima cosa Myndill volò dentro una capanna dalla porta di legno aperta, la sabbia sottile leggermente illuminata dal suo avanzare. Assicuratosi che non vi fosse dentro nessuno, riassunse le sue vere sembianze: il suo aspetto, benché nuovo, più veritiero. In un lampo di luce tornarono i capelli castani insieme alle membra antropomorfe, riapparve quel grazioso fanciullo cui rimanevano dell’insetto solo le ali trasparenti e luminose.
Le urla riempivano le sue orecchie appuntite, i gridi di battaglia, il crepitio del fuoco del falò al centro dell’accampamento. E il mormorio degli orchi, racchiusi in un cerchio, che continuavano nel loro rituale tentando di lanciare altri incantesimi verso gli uomini.
Se non poteva fare nulla da solo, avrebbe finto di essere con qualcun altro in modo che questi maghi smettessero di recitare i loro incantesimi. Certo, sarebbe stata comunque una dura battaglia, ma senza il potere sovrannaturale dalla parte del nemico sarebbe stata indubbiamente più semplice.

Attaccate!

La sua voce risuonò forte e diversa, potente e terribile, priva della nota cristallina e dolce che la contraddistingueva. Chiunque avesse udito quell’urlo l’avrebbe scambiato per quello di un uomo, di un guerriero, pronto a partire all’assalto. Myndill si sporse da una cavità, dato dal lembo di pelle mancante nel telo che formava la tenda, per osservare con la coda dell’occhio gli orchi. Il mormorio era stato interrotto, le loro mani non erano più unite. Soltanto per un attimo: subito, infatti, ripresero a intonare il loro canto con vigore riacceso e ancora più rapidamente.
Non bastava, evidentemente. Avrebbe dovuto escogitare ben più di un semplice inganno per distrarli. Chiuse per un attimo gli occhi e stese le braccia in avanti, chiudendo i pugni. Quando li riaprì tre scoiattoli apparvero materializzandosi dal nulla, come creati dal suo gesto.

C’è puzza di sangue, signore! Mai che ci sia da mordere qualche buona ghiandina anziché la faccia puzzolente della gente?

Stupide creature dalla voce stridula.
Perlomeno erano ubbidienti e avrebbero ubbidito ai suoi ordini, in quanto da lui invocate e dipendenti, qualora avessero voluto tornare indietro. Dopotutto c’era un legame tra loro, un filo che non poteva essere sciolto. Tuttavia non c’era tempo per chiacchiere inutili.

Dovete spaventare quegli orchi, ma non rischiate troppo: basterà interrompere il loro canto.
Vi coprirò le spalle.


Le creaturine, sentendo l’ordine, mugugnarono un pochino, ma partirono subito all’attacco. Il loro pelo grigio appariva quasi nero nella notte e quei piccoli roditori balzarono verso la loro meta. Intanto Myndill tese l’arco mirando alla figura centrale, quella che appariva come la più importante in mezzo al centro, la più imponente e regale, rilasciando poi la corda perché la freccia uscisse dalla piccola cavità che costituiva l’improvvisata finestra di quella tenda.
Seguì la confusione e le urla spaventate sostituirono il lugubre suono della nenia intonata da quegli esseri verdi. Soltanto la fiamma lontana del focolare illuminava quel gruppo, eppure anche i raggi della luna erano sufficienti a mostrare, in un gioco di luci e contrasti, la confusione seguita all’attacco degli animaletti.
Gli strilli gutturali accompagnavano i gridi dei roditori in una cacofonia primitiva e selvaggia che riusciva persino a coprire i rumori della battaglia oltre la palizzata.
La freccia, tuttavia, non aveva colpito il suo bersaglio: un altro orco l’aveva intercettata. A quanto pareva, Myndill aveva visto bene. L’orchessa che aveva bersagliato era evidentemente una figura importante se un suo compagno si era sacrificato per proteggerla. Solo loro due erano rimasti nello spiazzo di sabbia fiocamente illuminata, soltanto la donna che trascinava il ferito dentro una tenda.
Non poteva davvero più tirarsi indietro, ormai.
Myndill aveva ferito un nemico, forse l’aveva ucciso, per una causa che non era sua. Era davvero giusto quel che stava facendo? Se almeno non avessero manifestato sentimenti, si fossero mostrati semplici selvaggi mossi da istinto e impulsi primitivi… Persino il sacrificio, invece, sembrava essere parte di loro. Si morse il labbro, mentre gli scoiattoli tornavano da lui, illesi e soltanto leggermente sporchi di sangue.

Puah! Peggio d…

Myndill si limitò a zittirli mettendo un dito davanti alle labbra. La nenia era stata interrotta, il pericolo principale, almeno quello apparente, per il momento eliminato. Eppure a giudicare dai suoni, dalle luci e dai colpi di arma da fuoco, la battaglia era ben lungi dal finire. Forse, se avesse eliminato quella donna – loro possibile capo, gli orchi si sarebbero arresi… Strinse le mani a pugno e allungò la destra oltre il bordo della cavità del muro di terra da cui si sporgeva.
Una donna sarebbe morta e la battaglia sarebbe stata più semplice. Una fata avrebbe ucciso un’orchessa per privare i nemici della loro guida e impedire che combattessero con altrettanta lena. Un colpo e la minaccia sarebbe stata meno grande. Una battaglia e la guerra sarebbe finita.
Forse.

Era soltanto una tenda, con dentro una sciamana e un orco ferito. Solo una piccola costruzione con dentro gente che non si aspettava un attacco, essendosi già posta in difensiva. Non con i loro alleati a combattere in prima linea, almeno. Uno schiocco di dita e dei rampicanti cominciarono a crescere dalla sabbia. Spine al posto della corteccia e pungiglioni che si allungavano a loro volta formarono una rete, una sentenza che sarebbe potuta essere fatale per chiunque si sarebbe trovato sotto quella gabbia.
Dopo qualche attimo verso l’alto, a salire, a crescere fino a essere ineludibile, sarebbe caduta abbracciando coloro al suo interno in un abbraccio letale. Alla ghigliottina si sostituì il rogo, ai rovi le fiamme. E un suono alle spalle investì improvvisamente Myndill.
Dannazione!

L’avevano trovato, a quanto pareva. Un orco era entrato dentro la tenda, tanto grosso da riempire da solo metà di quell’antro. Era solo.
Tuttavia quel suo sguardo acceso, quei pettorali possenti che prorompevano dal petto nudo, la possente ascia bipenne che impugnava promettevano tutto fuorché qualcosa di buono. Myndill poté approfittare dell’attimo di confusione che l’orco aveva avuto, probabilmente trovandosi davanti a un bambino alato circondato da scoiattoli, per attaccare per primo.
Non era più questione di moralità o di possibilità: se non avesse fatto qualcosa, sarebbe stato spacciato. Impugnò l’arco e, rapido scagliò una freccia verso il viso del mostro, colpo che però fu deviato di lato dal braccio alzato a pararsi. Cogliendo l’iniziativa del loro evocatore, anche i roditori partirono all’attacco, rizzando il loro pelo argentato e cercando di arrampicarsi sul corpo tonico dell’orco.
La fata, allora, fece seguire la prima offensiva da un attacco ben più potente, mentre dal palmo disteso verso il nemico si formava un bagliore verde. Una sfera di pura energia magica scaturì dalla sua mano, andando a infrangersi contro il petto del nemico ferendogli il petto.
Un gemito scaturì dalle mandibole squadrate del nemico, mentre ansimava piegandosi a terra per riprendere fiato e divincolarsi dalle creature che lo assalivano. Myndill ne approfittò per tirare un’altra freccia, l'ennesimo dardo che questa volta si piantò nella spalla dell’orco.

Stava avendo la meglio: il suo aspetto lo aveva favorito scombussolando ancora una volta chi gli stava di fronte, ma questa volta a suo favore. Era troppo presto, però, per cantare vittoria.
L’avversario aprì le sue fauci solcate da terribili denti appuntiti mentre con un urlo possente lanciava via gli animaletti, facendoli svanire nel nulla. Per un attimo, Myndill venne colto dal terrore, di fronte a quel suono fragoroso, tanto potente da scuotere la sabbia intorno.
Avrebbe sicuramente richiamato l’attenzione di tutti i nemici attorno, avrebbe finito col rendere difficile ogni possibilità di cavarsela.
L’orco si alzò, imponente nonostante le ferite e il fiato pesante e, con un possente movimento del braccio, scagliò l’ascia verso la fata ancora terrorizzata da quel mostro che si trovava ad affrontare. Era grosso almeno quattro volte la lucciola, anche da ferito pareva essere inarrestabile e, inoltre, si trovava circondato da alleati, dentro il suo accampamento. Cosa avrebbe potuto fare Myndill?
Eresse un muro di piante davanti a sé, dei rami che si ersero a proteggerlo facendo crescere fogli verdeggianti nonostante l’aridità del terreno. Tuttavia quel muro si limitò a rallentare l’andamento dell’arma a lui scagliata e venne anch’esso tagliato in due. Il sangue iniziò a sgorgare dalla spalla della fata dopo che l’ascia ebbe colpito. Non era una ferita grave, ma era terribilmente dolorosa.

Myndill esalò un lieve gemito, mantenendo gli occhi sbarrati mentre il colore non sembrava voler sostituire il pallore improvvisamente apparso a sbiancare la sua pelle all’apparizione dell’orco.
Non c’era via di fuga: era nella bocca del leone e le fauci già si stavano chiudendo su di lui. Quello era soltanto il primo dente e lui era già in difficoltà. Soltanto la fuga avrebbe potuto toglierlo da quel pasticcio, solamente sparendo nel nulla si sarebbe potuto salvare.
E così fece. All’improvviso, in un bagliore di luce dorata, la fata scomparve e, soltanto se qualcuno l’avesse intercettata mentre attraversava la piccola cavità della tenda, quel lembo di pelle mobile, sarebbe stata scoperta.


Capacità Straordinarie: Agilità 4
Status Fisico: Ferita alla spalla sinistra, 14/16
Status Psicologico: Spaventato, 15/16
Energia: 35%


Equipaggiamento:

L'Arco - L'arma ovvia per una fata, quella più classica dopo le sue magie: con questo piccolo arco mi è permesso scontrarmi, posso tirare frecce che potrebbero risultare letali se colpissero il punto più debole del nemico. Di origine naturale come me stesso, originato dal legno di un frassino, ha una forma semplice e sinuosa. Considerata la sua lunghezza, che supera a malapena il piede e mezzo, la sua gittata non è molto elevata, ma compensa con una precisione migliore grazie alla più semplice maneggevolezza. Anche le cose più misere hanno la propria importanza... ~ Arma da tiro: 14/15 frecce


Passive Utilizzate:

La Fata - Cosa sono io? Non sono animale né pianta, umano né demone. Cosa sono, una creatura a metà tra due diversi mondi? Non ho una natura materiale definibile come gli altri esseri, non sono visibile quanto loro. Eppure posso essere colpito, posso persino essere visto. Come se fossi sempre in bilico tra dimensioni diverse, non mi è permesso essere individuato in questo mondo né percepito. Il mio passaggio non lascia tracce, il mio corpo non emette suoni, la mia presenza non è avvertibile. Eppure nulla può evadere la mia vista, nessuna cosa che non sia volutamente celata potrebbe mai eludere i miei occhi. Niente può scappare da me, tanto meno io stesso... ~ Dominio I-II-III e Razziale: Furtività e Vista
Tuttavia mi muovo in questo mondo a così poche dimensioni, in lungo e in largo, in alto e in basso, ma non abbastanza da vincere la gravità che m’impedisce di staccarmi dal terreno più di poco, come se incielarmi mi fosse impedito, quasi che un macigno fosse sempre presente, attaccato alla mia caviglia. Anche se volessi scappare non potrei, né in cielo né in terra. Ovunque troverei qualcuno, essere umano o animale, cosciente o istintivo che sia, a tentare la mia fiducia provando a ricostruire illusioni di vetro. ...Come se non potessi mai fuggire davvero. ~ Personale 1 e Pergamena Affinità Animale: Levitazione e Comunicazione Animale


Attive Utilizzate:

Il Lume - Riuscite a sentire la voce dentro di me, questo eterno sussurro che grida come se chiedesse aiuto? Questo gemito che s'intona sulle urla pronunciate da questo mondo così smisurato, tanto infinito e terribile? Posso farvelo sentire, mi è permesso riprodurlo come un’eco distante nelle vostre menti. Tuttavia non vi fareste coinvolgere davvero, ma soltanto in minima parte, come se sentiste ma non ascoltaste, quasi foste sempre abituati a vedere e non osservare, a sopportare e non affrontare. Come se ogni azione fosse inutile... ~ Dominio I: Distrazione - consumo Basso
L'Effimero - Il potere della natura, la sua fonte di sostentamento, ciò che le permette di essere sempre presente e di continuare a dominare il nostro mondo: la creazione e distruzione. Il ciclo di rigenerazione, la possibilità di creare e dissolvere, di trasformare ogni cosa, è qualcosa che appartiene anche a me, sebbene soltanto per quanto riguardi le piante. Eppure tale facoltà è minima senza la vita a donarle persistenza. La labilità, l'estrema deperibilità caratterizza il mio potere, come se potessi creare soltanto esseri dall'esistenza impressa nella caducità. Destinata a cadere... ~ Personale 4: Attacco - consumo Variabile (utilizzata a Medio)
L'annullamento e la scomparsa non sono prerogativa soltanto delle mie creazioni, ma anche di me stesso. Come se per un attimo potessi sparire nel nulla, scomparire alla vista nonostante tutto e sfuggire da ogni cosa cessando di esistere. Tuttavia sarebbe soltanto un'illusione, un momento che possa essere interrotto dalla cosa cosa che più caratterizzi il mondo terreno, il sentimento da cui più spesso gli umani si sentano schiacciati: la sofferenza. Non posso sfuggire a essa, non mi è permesso ignorarla. ...Come se il dolore fosse l'origine. ~ Talento III: Invisibilità due turni - consumo Alto
Se anche qualcosa tentasse di abbattermi, di ferirmi fino a distruggermi, non ci riuscirebbe. Nonostante il mio aspetto fragile e il mio debole bagliore, la luce dentro me non può spegnersi. Come il cuore della natura, come la stessa foresta, si può fare di tutto per sradicarla da un luogo, per cancellarla, ma sempre rinascerà. Ed essa protegge anche me, tuttora legato a essa. Come se mai potessi davvero essere annientato, posso sfruttare il suo potere per proteggermi da qualunque offensiva a me rivolta. Quasi fosse una semplice foglia trascinata dal vento... ~ Personale 3: Difesa Magica - consumo Variabile (utilizzata a Medio)
La Scintilla - Se le mie parole, se i più accorti stratagemmi non dovessero essere efficaci per evitare l'offensiva, dovrei per forza ricorrere a essa. Che sia una soluzione o meno poco importa: a volte non c'è alternativa e l'unica cosa che rimanga da fare è porre il destino tra le braccia del fato, sperando che prenda la direzione migliore. Eppure non ci si può arrendere a esso, anche a costo di sfidare il mondo terreno. Il puro potere della natura può essere forgiato dalle mie mani, permettendomi almeno di combattere questa dura esistenza. Anche se dovessi ferire... ~ Pergamena Dardo Energetico: Attacco e consumo Medio
Qualora non potessi contrastare i pericoli, qualora diventassero numerosi e provassero a travolgermi come una marea, l'unica soluzione sarebbe creare una diga sufficientemente forte per contrastarla. Oppure rispondere con un'onda più grande, che la sommerga. Frutto di legami passati, del mio stesso essere figlio del connubio tra natura e arte druidica, ho il potere di richiamare fino a tre scoiattoli che mi aiutino a galleggiare, evitandomi di affondare sommerso dalle minacce che si pongano sulla mia strada. ...Sarò sempre l'ultimo a soccombere. ~ Pergamena Cani da Caccia: Evocazione 2 CS resistenza Bassa 2 turni - consumo Medio



Riassunto:

A parte la roba trattata in confronto - cioè la tentata distrazione tramite distrazione (Basso ad area psionico), fallito, e la freccia scagliata con evocazione di scoiattoli (consumo Medio) per distrarre gli sciamani - ecco qua il riassunto molto breve del combattimento.
1) Myndill coglie la confusione dell'orco data dalla vista di un essere come lui per scagliare una freccia (deviata) e per attaccare con gli scoiattoli (siccome fa parte dello stesso turno, sostanzialmente, per non consumare troppo ho deciso di sfruttarli anche solo un turno). Scaglia Dardo Energetico (consumo Medio) ferendolo al petto, dopodiché scaglia un'altra freccia che causa un Medio, che colpisce la spalla del nemico messo in difficoltà dall'assalto delle creaturine, che però non fanno danno avendo poche CS, e dal precedente attacco. Non ho usato altre tecniche per non essere antisportivo, visto che già sfrutto gli scoiattoli.
2) L'orco usa una tecnica psionica ad area che causa un Basso mettendo fuorigioco gli scoiattoli - che sarebbero comunque scaduti, e spaventando Myndill. Dopodiché scaglia un Alto contro di lui lanciando l'arma e fa per avvicinarsi.
3) Myndill si difende, ma spaventato com'è sfrutta solo un Medio ricevendone un altro alla spalla destra. Infine, troppo spaventato dall'orco e dall'urlo da lui lanciato, che ha sicuramente attirato altri orchi, decide di defilarsi finché può (Invisibilità ad alto) uscendo dalla tenda.


Note:

L'ho potuto rileggere solo sommariamente, scusate. Spero che il combattimento vada bene... purtroppo faccio schifo a farli e li odio abbastanza, sinceramente, se non dal punto di vista narrativo. ^^' De gustiBus, anche se sono di metallo e pneumatici. E plastica. Purtroppo sto studiando dal mattino al tardo pomeriggio per gli esami davvero prossimi, quindi la sera sono davvero cotto ed è il meglio che sia riuscito a fare.
Grazie per la pazienza!



Edited by Desdinova - 1/6/2014, 22:46
 
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view post Posted on 2/6/2014, 18:08
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Perso nel Mezzo
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Il piano del cavaliere sembra finalmente dare i suoi frutti, anche se in catene egli è portato all'interno del villaggio e rinchiuso in una delle tende dove gli orchi sono soliti tenere i propri prigionieri, per il cavaliere era facile capirlo considerando che in fondo aveva vissuto con un simile stile di vita per parecchio tempo, abbastanza da poter persino anticipare cosa stava per succedere.
Sarebbe arrivata, era solo questione di pochi minuti e sarebbe apparsa scostando quella tenda sporca di polvere e sabbia, la capoclan di cui aveva parlato la rossa esaltata nell'altro villaggio, un orca probabilmente oltre al cinquantina e con molta esperienza alle spalle, il soggetto ideale con cui Guerra potesse discutere un modo quantomeno "pacifico" per fermare quell'inutile conflitto e forse trovare un modo per far coesistere gli umani e gli orchi nonostante la reciproca diffidenza che separava le due razze.
Ma tutto ciò non avvenne, la capoclan non sarebbe apparsa e il piano di Guerra non avrebbe mai trovato compimento in quel villaggio circondato da secche mura di legno poichè il suo dubbio fondato che aveva cercato di scacciare il più possibile si era trasformato nella crudele e ovvia realtà, tutto questo comprensibile da poche urla e dal distinto fuoco di armi da fuoco che sparavano in successione, la quiete del villaggio che fino a quel momento era stata appena turbata dal suo arrivo tramutata in panico con il suono tipico di donne e bambini in fuga misto a quello di guerrieri armati che accorrevano velocemente verso le mura nel tentativo di fermare l'attacco incendiario.

Tutta colpa mia, non avrei dovuto esporre alcun piano di battaglia senza aver compreso appieno la situazione.
Avrei dovuto lasciarli alla loro sorte e mettermi in marcia molto prima di loro, ho gongolato troppo a lungo preso dai miei dubbi e adesso entrambi gli schieramenti ne pagano il prezzo, un familiare tributo di sangue versato dai loro guerrieri.
Ho commesso il più grande errore di cui potessi fregiarmi, mi sono fidato degli esseri umani, una delle razze più imprevedibili che questo mondo abbia visto e non potevo certo aspettarmi che rispettassero un ordine semplice come "attendere", tenere la posizione fino al mio segnale.
Lezione appresa, mai fidarsi di un essere umano, mai...
Tempo di scoprire cosa posso salvare da questo macello.


Il Cavaliere realizza che adesso l'unico modo per salvare il salvabile prima che la situazione divenisse irreparabile più di quanto non fosse era trovare la capoclan, la prima scelta nonché la più logica era quella di liberarsi da quelle catene , unico ostacolo oltre alle catene che lo avviluppavano era la sagoma d'ombra di una guardia appena fuori dalla tenda, troppo piccola per essere quella di un orco o un ogre, probabilmente si trattava di un semplice goblin come quello che lo aveva portato sin li, un avversario abbastanza semplice per il cavaliere specialmente se si considera il poco tempo che egli aveva a disposizione.
I cavaliere fa appello alla sua forza demoniaca e con un movimento immediato e brutale spezza le catene per poi scagliarsi ferocemente contro la sagoma con il suo maglio infernale, piazzando contro il malcapitato un diretto degno di un ogre che lo colpisce sulla schiena e lo fa schiantare contro un mucchio di casse a pochi metri di distanza dallo stesso, il goblin non sembra rialzarsi ed il cavaliere tira un sospiro di sollievo nell'aver concluso lo scontro con in un colpo solo, senza sprecare troppo tempo con il suo minuto avversario.
Appena uscito nota sin da subito le fiamme in lontananza appiccate sulle mura, troppo poche per far si che l'attacco incendiario abbia pieno successo ma questo era un dettaglio paragonato al caos che sembrava essersi sviluppato al centro del villaggio, all'apparenza qualche soldato era riuscito ad infiltrarsi all'interno delle mura sfruttando il caos ma guerra stesso sembra poco incline a credere a qualcosa di tanto astuto e subdolo considerando che si parlava comunque di semplici contadini costretti alla battaglia dalle necessità del fato, il samurai in particolare anche se a conoscenza di tattiche avanzate non avrebbe mai optato per qualcosa del genere, costretto allo scontro diretto dal suo senso dell'onore.

Hmmm... Divoracaos, gentile da parte loro lasciarla qui.
Tempo di fare una chiacchierata con la ca-!


Il Cavaliere si china per raccogliere la sua lama e rinfoderarla quando un urlo alle sue spalle annuncia qualcosa di ben più spiacevole, una sciocca dimeticanza da parte del cavaliere che nella fretta di raggiungere la capoclan non si era neanche degnato di controllare che l goblin fosse stato messo effettivamente a tacere e non si fosse finto morto, tattica subdola ma incredibilmente diffusa tra i piccoli pelleverde.
La prima cosa che il cavaliere riesce a sentire è un pugnale dalla lama aguzza trapassargli al carne per poi essere estratto con altrettanta rapidità, portando con se brandelli di carne mentre Guerra ruggisce con il fare più simile a quello di una bestia immonda mentre tenta in tutti i modi di scrollarsi di dosso quel malevolo esserino senza alcun successo, decidendo piuttosto di lanciarsi verso il suolo con la schiena nel tentativo di schiacciare il goblin con la sua mole.
La semplice ma ben ingegnata ha il suo successo il cavaliere può capire ciò dal distinto suono di ossa spezzate proveniente dalle sue spalle che viene rapidamente coperto dalle lancinanti urla di dolore del piccolo goblin che si dimena inutilmente nel vano tentativo di liberarsi da quell'opprimente peso che faceva per schiacciarlo da un momento all'altro, ma grazie alla sua minuta figura e al sangue sputato per via di un probabile danno a uno dei polmoni riesce a sgusciare via sul fianco destro del cavaliere e a piazzargli una pugnalata sull'altra spalla, scatenando le ire del cavaliere cremisi il quale piazza una rapida serie di gomitate sul cranio del piccolo goblin, ancora parzialmente schiacciato sotto la sua schiene ed impossibilitato nell'evitare quella serie di colpi brutali che lo lasciano intontito e momentaneamente fuori gioco.
A quel punto il cavaliere decide di finire una volta per tutte il suo avversario e con una rapida rotolata sul fianco raggiunge la sua lama, caduta durante l'attacco a sorpresa del goblin, innalzandola in aria, l'elsa stretta con entrambe le lame e la punta rivolta verso il petto del goblin mentre questi guardava con un occhio aperto la figura incappucciata ergersi al di sopra di lui, pronta ad affondare la lama maledetta nelle sue deboli carni per reclamare la sua vita e la sua anima.
Eppure il cavaliere si ferma, rinfoderando la lama mentre volge finalmente lo sguardo verso il piccolo scout pelelverde e fare una stima approssimativa dei danni subiti dallo stesso durante la sua furia battagliera, quasi sorpreso del fatto che egli fosse ancora vivo anche se non esattamente nella sua forma migliore.

A prima vista posso dire che la cassa toracica ha ricevuto un bel trauma, diverse costole fratturate senza dubbio, sputa sangue di continuo e questo può significare un'emorragia ad un polmone... forse entrambi, la faccia è ridotta uno schifo, l'occhio sinistro ha preso tanti di quei colpi da essere irrecuperabile e non so davvero come il cranio non si sia semplicemente fratturato dopo tutti quegli impatti, ammetto di essere sorpreso dalla resistenza di questo goblin.
In quanto a me... le scapole devono aver fermato la lama impedendogli di andare troppo in profondità, sono stato fortunato, se il goblin avesse conosciuto anche qualche semplice tecnica di assassinio avrebbe puntato tra le costole e sarebbe anche potuto riuscire a perforarmi un polmone o a danneggiare la colonna vertebrale.
Hmmm... cosa fare di lui adesso... nonostante le ferite potrebbe ancora sopravvivere.


F-finisce... me.
Me-.. perso, me morte... onorevole.


No.
Una morte inutile è una morte priva d'onore, piccolo goblin.
Risparmia il fiato, uno degli sciamani ti troverà, prima o poi.


Il Goblin si sforza di parlare ma il dolore che ha in petto gli impediscono di esprimersi oltre, forse consapevole che il cavaliere cremisi non avrebbe cambiato parere e che ogni parola poteva potenzialmente peggiorare il danno subito, esso semplicemente resta li e osserva il cavaliere allontanarsi mentre questi si dirige verso il centro del villaggio, verso il caos causato dal suo piccolo alleato fatato e verso al capoclan.
Forse era un errore, forse sarebbe arrivato troppo tardi per fermare ciò che aveva già avuto inizio, eppure sapeva che un tentativo fallito era sempre meglio che non provare affatto.

CITAZIONE
Costituzione Fisica: 80% (Danni medi alle spalle, danni medi diffusi.)

Costituzione Mentale: 100%

Energia: 90%


Forza: 1 + 2 + 4

Velocità: 0 + 2

Castigo Infernale: Guerra da libero sfogo alle energie demoniache che scorrono nel suo sangue aumentando ulteriormente le sue capacità fisiche ma acquisendo anche la sete di sangue di una creatura demoniaca, quando usa questa abilità i suoi occhi ed il simbolo inciso sulla sua fronte brillano di un sinistro arancione scuro simile a quello delle fiamme infernali.
La tecnica ha natura fisica. Quando il guerriero entra in questo stato di trance, non sarà più in grado di riconoscere gli alleati dai nemici, né potrà smettere di attaccare chiunque gli si pari dinanzi indistintamente o avere chiari i propri obiettivi, ricordi e pensieri. A margine di quest'incoscienza, però, otterrà un potenziamento di 2 CS alla Forza e alla Velocità. La tecnica dura due turni, durante i quali il guerriero potrà continuare a utilizzare come di norma le proprie armi e tecniche. Al termine del secondo turno di utilizzo - compreso quello di attivazione della tecnica - il fisico del personaggio subirà una ferita di entità Media, sotto forma di affaticamento degli organi e dei muscoli, che risentiranno di danni interni. Va considerata una tecnica di potenza Alta. [Nullo/Pergamena]

Forza Demoniaca: Grazie alla sua discendenza demoniaca Guerra è in grado di aumentare ulteriormente la sua non trascurabile forza fisica al punto da raggiungere la stessa forza fisica di un demone, divenendo in grado di atti fisici normalmente impossibili anche per lui quali abbattere mura di pietra con la sua mano metallica o riuscire a tagliare a metà un gigante come nulla fosse.
Egli infatti godrà di un momentaneo potenziamento, del valore di 4 CS alla Forza, per un breve periodo di tempo. La tecnica dura solamente il turno di attivazione; va considerata un power-up di natura fisica. [Media/Talento]

Forza Disumana: Il costante allenamento e le battaglie combattute hanno forgiato il corpo di guerra tramutandolo in un arma perfetta, dotato di una forza spropositata egli è in grado di brandire armi di grosse dimensioni come Divoracaos o ogni sorta di spadone con allarmante facilità, quando la necessità lo richiede persino un carretto o una piccola colonna possono dimostrarsi armi efficienti nelle mani del Cavaliere. [Passiva/talento]

Autosufficienza: Di tutte le razze, i mezzi demoni sono senz'altro quelli più denigrati, allontanati e scacciati di tutti. Proprio per questo, quindi, hanno dovuto imparare a cavarsela da soli e non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. Crescendo in questo modo, i mezzi demoni si sono abituati a gente che tenta di intimorirli, minacciarli o irretirli e hanno sviluppato quella che potrebbe definirsi una particolare "abilità razziale". Sono infatti parzialmente immuni alle influenze psicologiche. Non a tutte, si intende, altrimenti risulterebbero atoni e privi d'emozioni, ma senz'altro, a differenza di tutte le altre razze, si lasciano intimorire meno facilmente e persuadere con notevole difficoltà.
Il timore provocato dalla vista di demoni o angeli, ad esempio, non avrà su di loro effetto.
Sensazioni profonde come forti paure, o tanto grandi, però, avranno comunque effetto. Quest'abilità è una normale difesa psionica di livello passivo. [Passivo/Razziale]


Armatura Trofeo: L'armatura indossata da Guerra sin dai tempi della sua prima battaglia si mostra agli occhi delle persone come una minuziosa e saggia combinazione di più componenti reperiti separatamente e poi assemblati per forgiare al corazza, in essa si possono distinguere quattro distinte parti.
La prima è rappresentata dallo strato base della stessa, una cotta di duro cuoio con dei pantaloni atti a formare lo strato basilare dove montare la parte corazzata della stessa, ideale per garantire una buona mobilità al cavaliere e una difesa discreta da attacchi di piccole armi quali pugnali o spade corte che potrebbero essere puntate ai pochi spazi non protetti dall'armatura vera e propria.
Il secondo strato è quello che rappresenta la maggioranza dell'armatura, larghi stivali di spesso acciaio che proteggono la gamba del cavaliere sino all'altezza del ginocchio, diversi anelli di acciaio sono montati intorno alle cosce per concludersi con una placcatura di acciaio che copre la parte dell'inguine e la base della colonna vertebrale, sulla coscia destro spicca una placcatura rappresentante il volto di un demone che copre ulteriormente il lato esterno della gamba.
Sul braccio destro del cavaliere è presente un guanto corazzato dalle mani artigliate con una piccola placcatura legata più in alto per proteggere il punto scoperto dell'avambraccio, in alto un enorme spallaccio scolpito a somiglianza di un volto demoniaco furioso che ricopre quasi completamente tutta la spalla del cavaliere.
Il secondo strato è un'aggiunta atta a completare l'armatura, composta da due ginocchiere montate sulla corazza d'acciaio che raffigurano rispettivamente un teschio ed un tridente, alla vita del cavaliere si presente un enorme cintura corazzata con dei copri gambe che cadono su entrambi i lati e insieme alla corazza coprono quasi completamente gli arti inferiori del cavaliere e la vita stessa, sui lati figurano delle incisioni scritte nella lingua degli angeli e al centro della stessa c'è raffigurato un occhio che sembra quasi scrutare l'avversario dinanzi a se.
Sulla spalla sinistra invece si presenta uno spallaccio composto in un materiale color del bronzo simile a quello delle ginocchiere e della cintura, con una forma più sobria e con incise le stesse scritte della cintura, oltre a questo vi è una sorta di spilla legata da una cintura di cuoio all'altezza del polmone destro che serve a tenere attaccato l'ultima componente dell'armatura.
La quarta ed ultima parte è formata da diversi parti di tessuto rosso che coprono o punti di giuntura dell'armatura e da un grande cappuccio collegato ad un lungo pezzo di stoffa rossa che fa per avvolgersi intorno al busto superiore del cavaliere come una sciarpa, questa parte è presente più per una sorta dia spetto estetico che non per delle attuali protezioni utili in battaglia.

Divoracaos:
Forgiata dalle squisite mani di un abile fabbro demoniaco questa lama è stata scelta da Guerra nel giorno in cui ha avuto la possibilità di scegliere il suo equipaggiamento, legando la possente lama alla sua anima in maniera indissolubile grazie alla sua energia demoniaca.
Lo spadone chiamato Divoracaos è un artefatto ben noto tanto dai demoni quanto dai divini, essa è una lama capace di nutrirsi del caos e del sangue che scaturiscono da una battaglia, rafforzandosi e potenziandosi ad ogni scontro sempre di più, alcuni hanno persino teorizzato che questa lama possieda una volontà propria anche se a detta dello stesso Guerra essa non ha mai presentato alcuna capacità insolita a parte essere di buona fattura, eppure le molte fauci presenti sullo sguscio della spada sembrano effettivamente addette alla consumazione di sangue che scorre sulla stessa, tanto che il cavaliere non ha mai trovato una sola macchia di sangue sullo spadone nonostante gli anni spesi a combattere con essa.
la realtà dei fatti è che come arma di stampo demoniaco essa spingerebbe qualunque creatura mortale alla pazzia più totale nel caso in cui cercassero di brandirla, costringendoli a uccidere chiunque in modo da saziare il suo appetito, apparentemente solo coloro che hanno sangue demoniaco nelle vene possono resistere a questo orrendo effetto.

Maglio Infernale: L'avambraccio sinistro di guerra è stato rimpiazzato con un enorme Pugno Corazzato dotato di dita artigliate, composto interamente in acciaio demoniaco che presente al suo interno una sorta di energia infuocata che lo fa diventare incandescente in base al quantitativo di forza demoniaca usata dal suo possessore.
Questo pratico rimpiazzo e ottimo strumento di morte riflette appieno la forza del suo possessore ed è capace tanto di abbattere un muro quanto di straziare le carni di un uomo come farebbero gli artigli di un dragone.
Eppure nonostante le grandi potenzialità offensive la vera funzione di questo enorme arto è quella di fungere da scudo per il cavaliere, infatti grazie alla sua mole e alla struttura incredibilmente robusta esso può facilmente deflettere colpi di armi di grossa taglia quali spadoni e martelli da guerra senza venire intaccato in alcun modo da questi.
Ma c'è anche un altro aspetto di questo oggetto, un incantesimo particolarmente potente ce lo rendono una sorta di contenitore capace di contenere ogni sorta di oggetto fintanto che questi non risulti essere di dimensioni eccessive, inoltre esso assorbe l'anima di qualunque nemico caduto per mano del Cavaliere.


Riassunto: Guerra si libera dalle catene e piazza un pugno sbrigativo sulla figura del goblin fuori dalla tenda, prendendolo in pieno e credendo di averlo steso si distrae nel raccogliere la sua lama e il piccolo pelelverde si scaglia verso di lui cogliendolo di sorpresa e ferendolo alle spalle.
Li il cavaliere cade nelle sua furia berserk e incapace di afferrare la figura minuta si lancia verso il suolo per schiacciare il goblin sulla sua schiena, ma questi riesce sgusciare ancora una volta fuori e a piazzare una pugnalata sull'altra spalla del cavaliere il quale di tutto conto gli riempie la faccia di gomitate fino a frastornarlo completamente.
Reso inoffensivo il mostriciattolo Guerra lo lascia semi-morente alle sue spalle per dirigersi verso il centro del villaggio, ove le varie sciamane inclusa il capoclan sono intente a continuare i loro rituali.

Questo è stato il mio primo autoconclusivo, abbiate pietà della mia povera anima.
 
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K i t a *
view post Posted on 18/6/2014, 11:53




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ORIGINI
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Azsala teneva stretto al suo fianco Kame, il goblin che si era immolato per la sua salvezza, la cui casacca di pelle si intingeva rapidamente di sangue. Gli occhi della donna erano colmi di paura e dolore, per le sorti dei suoi fratelli, per il sacrificio che il compagno aveva appena compiuto per lei. Lo aiutò a stendersi sul pagliericcio, e sbottonò l’indumento, rivelando la carne nuda e pulsante su cui si era conficcata la freccia. La ferita era profonda e sussultava sotto il respiro affannato dello sciamano. La guardò per diversi secondi, completamente inerme, troppi pensieri le affollavano la mente, impedendole di concentrarsi a dovere. Gli occhi scuri di Kame le scavavano il viso, sentiva il suo sguardo addosso, ma non aveva il coraggio di guardarlo a sua volta, temendo che potesse leggere la verità al suo interno. «Non ce la farò.» sussurrò all’improvviso. Non era una domanda, era una constatazione. Questo spinse Azsala a spostare gli occhi su di lui, atterrita. «N-non dire così…» cominciò, ma quello la interruppe subito. «Non mentirmi, geestlike, ti prego. Conosco la verità, il mio tempo è terminato, e sono fiero di aver dato la mia vita per la tua». La donna tremò, sentiva gli occhi che si riempivano di lacrime, ma non doveva cedere, non in quel momento. «Non essere triste, Azsala, non adesso. Devi essere forte, la più forte. Il villaggio è nelle tue mani, tu sola puoi salvarlo dal destino che cerca di distruggerlo. Aiuta loro, geestlike, non provare pena per me». Lei annuì, stringendo le labbra, cercando di mostrare quanta più forza potesse.
All’improvviso dall’esterno della tenda provenne un sonoro scricchiolio, seguito dal frusciare dei teli a contatto con qualcosa che gli serpeggiava contro. Azsala si guardò intorno, spaventata, e Kame le afferrò la mano, stringendola con la poca forza che ancora aveva. «Vai, adesso. Io ti aiuterò per l’ultima volta. Ti prego, geestlike, salva i nostri fratelli, salva la nostra casa.» lei annuì e scostando lo sguardo si alzò, per poi correre nel retro della tenda, fuggendo al di fuori. Intanto il goblin strinse gli occhi, cercando di calmare il respiro. Dopo pochi istanti il tendame s’incendiò; Kame ebbe un sussultò, dopo di che non si mosse più: aveva esalato il suo ultimo respiro.

Correva nell’oscurità, mentre alle sue orecchie giungevano le urla e i suoni della battaglia. Il tempo stringeva e le loro possibilità di successo si assottigliavano secondo dopo secondo. «Geestlike!» la voce profonda di Matdok la raggiunse e si voltò immediatamente. Vide il grosso guerriero correre verso di lei, seguito da un piccolo contingente di uomini, ciò che rimaneva del villaggio. «Matdok!» esclamò, sollevata di vederlo ancora vivo. «Azsala, sono riusciti a rompere le barricate. Stanno entrando nel villaggio, il nostro tempo si sta esaurendo!». Gli occhi dell’orco, in genere così placidi e imperscrutabili, in quel momento riflettevano tutta l’ansia provata per le sorti dei compagni e del villaggio. La geestlike comprendeva quei sentimenti, ormai la consapevolezza che le loro speranze stavano scemando aveva raggiunto il suo cuore. Lo guardò, carica di determinazione, e gli disse: «Allora sovvertiamo le regole del tempo». Il guerriero la osservò perplesso, mentre lei si avvicinava al piccolo gruppo di sciamani ancora superstiti. «Shamans!» chiamò cercando la loro attenzione. «Ho bisogno di voi, ancora una volta. Tanti dei nostri compagni hanno sacrificato la loro vita per la nostra. Facciamo sì che il loro sacrificio non sia invano. Facciamo sì che la loro forza e il loro coraggio non sia dimenticato. Nella vita come nella morte, noi serviamo il villaggio». Seguirono brevi istanti di silenzio, in cui gli shamans fissarono Azsala. Al contrario di Matdok, compresero immediatamente le intenzioni della geestlike. Cominciarono ad avanzare verso di lei, stringendosi l’uno all’altro, cominciando ad intonare «Nella vita come nella morte, noi serviamo il villaggio.», una nenia continua, crescente, delle parole dall’aspetto crescente, ma che cominciarono a scuotere il vento.

All’ingresso del villaggio, tra fuoco e fumo, arrivarono le folate, che attraversavano i cadaveri riversi al suolo. Li carezzarono amorevolmente, come il tocco di una madre, sparendo nell’istante successivo. Lentamente degli arti si mossero, sussultando brevemente. Degli occhi si spalancarono, dall’aspetto cieco, senza vita. I corpi si sollevarono dalla terra, ciondolando leggermente, ancora brandendo le proprie armi.
Nella vita come nella morte, noi serviamo il villaggio.

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QM Point
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Vi chiedo scusa per questo enorme ritardo, come accennato in confronto la sessione è ormai giunta. Comunque, ora siamo qua e possiamo andare avanti.
Per le vostre indicazioni dovrete aspettare il post di Fanie, che sarà sicuramente più veloce di me!


 
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Fanie Elberim
view post Posted on 23/6/2014, 01:53




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ORIGINI
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All'inizio sembrava una normale brezza ventosa, di quelle particolarmente frizzanti che levigano le dune alla sera, ma nel giro di pochi istanti anche i più sciocchi, i più stupidi ed ignoranti lavoratori di quell'umile terra, si resero conto di avere qualcosa di tremendamente orrendo davanti ai loro occhi. Pensavano che la forza delle loro armi, i colpi rombanti dei loro fucili ed ogni altro armonioso orpello tecnologico li avessi portati al di sopra di quelli che - per giusta maniera - chiamavano bestie... ma non era così. Gli orchi, con i loro spiriti e la loro rabbia, avevano dato il via a qualcosa che non si poteva più controllare, avevano riportato in vita, seppure per quello che sarebbe stato un tempo infinitamente breve, tutti i loro caduti. Chiunque, sano di mente, a quella visione avrebbe avuto un moto di repulsione, un disagevole senso di nausea e disgusto, e nessuno dei presenti fece eccezione: molti dei coscritti arretrarono, lasciando le tanto faticose barricate conquistate, ritrovandosi peraltro accerchiati dai nemici uccisi poco prima. Era uno spettacolo agghiacciante.

Sara, dalla sua posizione, si stropicciò gli occhi quasi incredula.
« Che cazzo?... » uno dei suoi compagni era completamente attonito mentre l'altro, fingendosi coraggioso, ricaricò l'arma senza battere ciglio, seppur nel profondo provasse un'estremo desiderio di fuggire a gambe levate.
La rossa si riprese, indicando, in modo abbastanza colorito, le sciamane che stavano catalizzando i rituali in giro per l'accampamento. Non che di magia ne sapesse davvero qualcosa, lei, ma sicuramente si era scontrata abbastanza volte con gli orchi per sapere ciò che c'era da fare.
Caricò il fucile, attese qualche istante prendendo la mira, sparò.
Una di quelle cadde al suolo con metà del teschio divelto e, come prospettato, alcuni non morti caddero al suolo perdendo la loro fonte primaria di potere.
Poi gridò agli uomini del drappello, tuonando come una belva.
« Razza di idioti, ammazzate quelle stronze, altrimenti non ci daranno tregua! FORZA! »

Altri colpi si susseguirono, uno dopo l'altro, ma per quante sciamane cadessero il numero dei morti era assolutamente insostenibile. Fu in quel singolo istante che Myndill si rese conto che una di quelle orchesse, dall'aspetto tutt'altro che guasto dalla fame, come ci si sarebbe aspettato, si era nascosta dietro una grossa accozzaglia di legnami e gabbie per animali. Se ne stava lì, rannicchiata, a cantare sottovoce la sua litania oscura, mantenendo in vita i suoi compagni anche quando decine di lame gli avevano trapassato più e più volte il cuore. Era palese ciò che avrebbe dovuto fare, ma non era, forse, altrettanto facile compierlo. Ella non aveva con se altre armi che non i pochi stacchi che indossava, anche se ad un occhio meno arrogante sarebbe risultato lampante come quelli, più che miseri cenci da arretratezza sociale, erano ornamenti religiosi, orpelli sacri e ninnoli mistici. Forse, nel cuore di quelle bestie, c'era molto di più di quanto l'apparenza lasciava ad intendere.

[ ... ]

I colpi di Sara, oramai esausta da quel continuo sparare senza tregua, avevano riportato la situazione quasi in parità, ma la maggioranza degli orchi ancora in vita si era nascosta ben al riparo dai suoi colpi, vanificando l'efficacia della sua postazione. Dovette scendere ed unisti al combattimento assieme ai soldati, prendendone il controllo non tanto per autorità quanto per la brutale arroganza con cui si mostrò loro.
« Credo di aver visto la loro sacerdotessa, voglio che bruciate tutto quanto, appiccate fuoco a qualsiasi cosa, stanateli! »
Ringhiava ferocemente nel pronunciare i suoi ordini. Dei gruppo di venti anime quasi la metà era gravemente ferito e tre avevano finito i loro giorni massacrati dall'orda di zombie rianimati. Ma resistevano, ancora, nella tenebra illuminata a stento dalle fiamme.
In pochi istante altri focolai divamparono dentro l'accampamento, tanto che il fumo arrivò persino nella zona di reclusione ove Guerra si stava giustappunto spostando. Dentro al fumo, che gli rendeva difficile muoversi e respirare, impattò contro il corpo morto di uno dei goblin, ferito mortalmente da un proiettile. Davanti a lui, a pochi metri, c'era la sacerdotessa e l'ultimo manipolo dei suoi fedeli, dall'altra parte di quella strenua resistenza, invece, si stavano avvicinando gli uomini guidati dall'avvenente fuciliera. Aveva poco tempo per agire, avrebbe potuto fare qualunque cosa, nascosto dal fumo e dal rumore della battaglia. Forse avrebbe potuto cambiare le sorti di quello scontro.

[ ... ]

Le ultime parole di Sara, prima che il rumore delle fiamme inglobasse quasi ogni cosa, risuonarono limpide nell'accampamento.
« Arrendetevi tutte, bestie! Altrimenti vi uccideremo - ancora ed ancora - sino a che persino l'inferno si rifiuterà di prendere le vostre sporche anime! »
Aveva un sorriso sinistro, inquietante, ma nessuno dei suoi uomini prestò attenzione a quel particolare, tanto erano presi a dar battaglia all'ultima resistenza orschesca.



QM Point
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Eccomi qui! Allora il post è relativamente semplice e vi porta verso la conclusione: Desdi dovrai scegliere come comportarti con la sciamana, puoi fare qualunque cosa tu desideri, anche parlarle se vuoi, e ti risponderò in confronto in quel caso, oppure puoi ucciderla, senza bisogno di uno scontro autoconclusivo, dato che la coglieresti di sorpresa avendo la chance di compiere un attacco letale. Guerra, invece, si trova la strada sbarrata dal gruppetto di Azsala, anche tu puoi decidere se attaccare, intimare la resa o fare qualsiasi altra azione, direttamente nel post. 5 giorni di tempo ^_^
PS: scusate per eventuali errori di battitura, sono stanca ma non volevo farvi attendere ulteriormente.




Edited by Fanie Elberim - 23/6/2014, 15:00
 
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view post Posted on 27/6/2014, 17:53
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Eternal Light
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Quando sei messo alle strette, prova a fuggire e, se non sai più cosa fare, prosegui per la strada che hai già percorso.
Questi erano i pensieri che annebbiavano la mente smarrita della fata mentre, invisibile, si aggirava nell’accampamento invaso tanto dai soldati umani quanto dagli orchi.
Ancora orchi?
Con gli occhi sporchi di fuliggine e lacrimanti per il fumo, Myndill cercò di scorgere tra i vari combattenti superstiti. Quelle creature verdi, un tempo dallo sguardo tanto fiero e feroce, ora avevano occhi vuoti, come quelli di bambole che possano ancora muoversi.
Nonmorti. Possibile che quegli esseri praticassero la negromanzia al punto da riuscire a muovere i corpi senza vita dei loro caduti? A quella vista, i polmoni della lucciola si strinsero ancora di più, quasi come se il carico di fumo nella sua gola si fosse addensato alla vista di tale opera immonda.
Messo con le spalle al muro, Myndill era di nuovo scappato, sì, ma questa volta non avrebbe voltato semplicemente il viso verso un’altra direzione: avrebbe continuato quel che aveva iniziato.
All’improvviso un mormorio, come una litania, giunse alle sue orecchie, quasi impercettibile eppure inconfondibile. Era una melodia simile a quella feroce e vigorosa che aveva scandito l’emergere delle fiamme magiche, ma questa era lugubre, sinistra. C’era qualcosa che faceva rabbrividire al solo udirla, come se avesse posseduto un significato dissacrante nei suoi versi pronunciati in una lingua sconosciuta, tanto da far sbiancare la fata.

La lucciola deglutì per poi stringere i pugni: aveva guidato quella battaglia e non poteva farsi spaventare da un qualche rituale. Lentamente fluttuò lungo il perimetro della tenda di pelle che aveva abbandonato, appena sfumata dalla luce rossa delle fiamme che stavano ormai divorando l’accampamento, un tempo sabbioso e sicuro. La voce, quel suono tanto sbagliato e crudele, proveniva da dietro del legname secco, abbandonato in una matassa confusa insieme con arnesi dello stesso materiale, quasi a costituire un’incera barricata facilmente superabile.
Se l’effetto dell’invisibilità fosse scaduto prima che fosse riuscito a raggiungere l’orchessa? E se questa fosse stata sorvegliata da guerrieri o, peggio, dai caduti riportati a nuova vita? No, non poteva tirarsi indietro in alcun caso, la fata: si era gettata da sola dentro all’accampamento nemico, da sola aveva disperso un intero gruppo di queste sciamane, una sola non sarebbe stata dunque un problema enorme.

Myndill percorse gli ultimi battiti d’ala che gli impedivano di vedere oltre il legname. Il cielo stellato era coperto dal fumo nero che si era alzato a coprire ogni astro, le urla si mischiavano al clangore fino a rendere indecifrabile qualunque parola della musica, eppure questa era sempre più forte. A pronunciarla era un’orchessa tremante, gli occhi chiusi nell’atto di meditazione rituale mentre stava accasciata nell’angolo formato da quella barricata, probabilmente nella vana speranza che nessuno la colpisse.
Improvvisamente ci fu un lampo di luce, un corpicino pallido, adornato da ali, si materializzò dal nulla e la fata ridivenne visibile. Sobbalzò sbarrando gli occhi, sentendosi come nuda in mezzo a una folla di persone che la osservassero, pronte a divorarla. Nessuno, però, l’aveva notata: nemmeno l’orchessa troppo intenta a non interrompere il suo incantesimo per prestare attenzione a ciò che la circondava.
Orpelli di vario genere le adornavano le vesti, piccoli pezzi di legno inciso fino a formare una cintura ai suoi fianchi, statuette d’osso che le scendevano dal collo. Conoscevano la magia, avevano una loro società e gli umani si ostinavano a chiamarli bestie. Perché non avevano potuto comunicare tra loro prima di ingaggiare battaglia gli uni con gli altri?
Perché non c’era la minima volontà di mediare e Myndill lo sapeva fin troppo bene. Eppure era lì, davanti a una povera donna indifesa, distratta, e il suo compito era ucciderla.

Cosa avrebbe fatto Antares al suo posto?
Probabilmente si sarebbe sacrificato in qualche modo per impedire inutili spargimenti di sangue, senza però impedirli così realmente. Se anche avesse impedito una battaglia, la guerra inevitabile sarebbe comunque giunta e, se non essa, altre in altri luoghi avrebbero continuato a essere combattute.
Come si poteva essere eroi in un mondo del genere? Myndill non poteva rinunciare a se stesso, né tanto meno impedire che due eserciti si scontrassero, non da solo. Probabilmente l’unica soluzione per impedire il peggio sarebbe stata schierarsi dalla parte del vincente o della causa più valida per fare in modo che gli altri soffrissero meno e ci fossero conflitti interminabili.
Era ciò che voleva, sarebbe stato celebrato per questo?
Non voleva più tirarsi indietro, ma nemmeno aveva la forza per combattere queste battaglie, per prendervi parte senza rimorsi e pensieri, come un morto vivente guidato da fili controllati da altri.
Doveva andare avanti, doveva proseguire nella strada che aveva preso all’inizio. Non poteva più voltarsi solo perché non vedeva una via oggettivamente giusta.
Non c’era.

La fata incoccò una freccia, puntandola alla gola dell’orchessa. Anche se era innocente, se combatteva solo per difendere il suo popolo, la sciamana sarebbe comunque morta prima o dopo il processo concesso dagli umani. Myndill poteva solo accorciare il tempo della sua agonia donandole una morte rapida e impedire così che altri umani perissero sotto i colpi dei non-morti.
La donna spalancò gli occhi per un attimo, la sua voce ridotta a un rantolo soffocato. Qualche secondo dopo, piegò la testa sul suo petto, celando alla vista la punta del dardo conficcata nella gola.


Myndill, sostanzialmente, uccide l'orchessa. E bon.
Perdonate la qualità del post, ma non è un momento così propizio a livello di tempo e ci tenevo a non fare ritardi. Spero sia decente, almeno. :v: Mi sono come al solito lasciato andare a elucubrazioni, ma non c'era molto da fare quindi ho lasciato le mie dita vagare sulla tastiera.
Che dire? Grazie per la questicciola. ^^
 
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