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Il cuore delle Vergini, Contest di marzo - "Innocenza"

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view post Posted on 23/3/2014, 10:45

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······

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Oltre la Barriera.

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Khalya si rannicchiò in un angolo della stanza, tremante. Ogni minimo rumore era un boato nella sua mente, il fruscio leggero del vento che accarezzava gli scuri era una brutale artigliata. Cercò di calmare il respiro: era sola.
Nessuno sarebbe tornato a farle del male...Non ancora.

Si strinse nella ruvida tunica di lana grezza che le avevano consegnato, incurante dello sfregamento del pesante tessuto contro la pelle già arrossata dalle percosse: non aveva mai visto suo padre perdere il controllo in quel modo. Con gli occhi spalancati nell’oscurità rivide il bastone calare più volte su di lei, la faccia schiumante rabbia dello stesso uomo che la prendeva in braccio da piccola, il suo sguardo folle, feroce.
Come se potesse chiudere quell’orrore fuori da sé, si tappò le orecchie con le mani per non sentire più l’eco del suo stesso pianto e delle urla fuori di sé di sua madre.

Sua madre.

Khalya singhiozzò, desiderando il conforto di un abbraccio caldo, del profumo di cannella di sua mamma e della sua stanzetta da ragazzina; aveva già quindici anni, quasi una donna fatta, ma non si era mai sentita così bambina, così sola e spaventata.


- Va tutto bene? - domandò una voce morbida dall’altra parte della porta. Khalya rispose con un singulto soffocato alla vista dell’uomo che scrutava attraverso la finestrella sulla porta. La guardò per un po’ con aria interrogativa, poi se ne andò lasciandola nuovamente sola.
Il silenzio era tombale, nel tempio.
Khalya asciugò le lacrime, soffiando sulle mani per scaldarsele: le sembrava che il sangue che le scorreva nelle vene fosse gelido come il suo cuore.
Non poteva farci niente. Il suo destino era deciso e la sua vita sarebbe cessata quella notte, in quelle stesse stanze.
Non sarebbe stata più Khalya, ma solo una pallida ombra di se stessa.

A poco a poco la paura stava lasciando posto ad una sorda frustrazione che le rodeva il cuore come una cancrena. Perché era successo a lei? Perché trattarla come un’infame colpevole, quando in fondo non era che un’innocente vittima?
L’ingiustizia di quella condanna le pesava sull’anima come un macigno.
Lei non aveva fatto niente.
Era stato lui che…
Per un attimo il pensiero di suo zio la annichilì, mozzandole il respiro: si sentiva in trappola, doveva fuggire da lì, ma lui l’avrebbe seguita, l’avrebbe perseguitata persino nell’oltretomba. Fin da bambina le sue attenzioni speciali la confondevano e allo stesso tempo la lusingavano un po’.
I suoi fratelli non avevano quel posto privilegiato nel cuore dello zio Qhil, lo sapevano tutti; Khalya era la preferita, la bimba vezzeggiata, quella a cui lo zio portava i regali più belli al ritorno dai suoi viaggi e che aveva il posto sulle sue ginocchia quando raccontava le storie attorno al fuoco nelle lunghe notti estive.
Ma un giorno le innocue coccole avevano preso una piega strana e sgradevole, e la ragazzina non capiva bene come doveva comportarsi; il piccolo seno sporgeva appena sotto le ampie vesti colorate, ma non le era sfuggito che gli sguardi degli uomini vi indugiavano volentieri. E anche quello di zio Qhil.

Gemette di sconforto nel ripensare al passato, buttandosi a giacere su un fianco sulla fredda pietra della sua cella.

E lo sentì.

Il palpito appena percepibile della vita che, inattesa e spaventosa, cresceva nel suo ventre.
Era così che suo padre se n’era accorto: era come se da un giorno all’altro Khalya non riuscisse più ad entrare nei soliti vestiti, e sebbene suo padre non l’avesse mai degnata di particolare considerazione, aveva messo incinta sua moglie troppe volte per non riconoscere una donna gravida.
Da quel momento, tutto si faceva confuso nella mente di Khalya.

Per mesi aveva celato quell’orribile segreto agli occhi di tutti, con la silenziosa speranza che il mondo si dimenticasse di lei e la lasciasse vivere nel suo angolo in ombra. Si era fatta schiva e taciturna: evitava i suoi genitori e i suoi fratelli, e svolgeva ogni mansione al mercato senza fiatare, a testa china. La madre aveva notato la stranezza della figlia senza darle peso, sospettando un'innocua cotta adolescenziale per Sam, il garzone del fornaio: aveva notato sua figlia arrossire quando il giovanotto si rimboccava le maniche sulle braccia abbronzate. Ma era così lontana dalla verità...Non si era mai accorta dei lunghi pomeriggi in cui Khalya si isolava dal mondo andandosi a nascondere nella sua stanza osservando con sgomento il suo corpo cambiare, non si era mai accorta di come la ragazza scrutasse ansiosa i volti delle giovani mamme che passavano da loro al mercato con gli occhi stanchi ma raggianti e i loro piccoli mostriciattoli rosei in braccio.
E ora sua figlia si sentiva peggio che morta, e si odiava per aver sperato che tutte quelle bastonate e calci avessero ucciso l’ombra di quella creaturina che lo zio Qhil le aveva piantato nella pancia.
Invece era ancora lì, viva e palpitante dentro di lei.

Scoppiò in un pianto dirotto, invocando il nome di sua mamma e quello della Madre di tutte le fanciulle abbandonate sulla terra. Non voleva perdere quel bambino, non poteva farlo ora che lo sentiva crescere e muoversi dentro di sé. Non importava se era il frutto di un incesto scandaloso che avrebbe infamato la sua famiglia per le generazioni a venire. Non importava se avrebbe dovuto crescerlo da sola, lontana da casa e dagli affetti. Non importava se la chiamavano puttana. Non voleva che le martoriassero il ventre per una colpa che non aveva commesso.

L’uomo ricomparve, socchiudendo la porta con delicatezza.

- E’ giunta l’ora, Khalya figlia di Qhrion. Devi seguirmi, e prepararti ad abbandonare il tuo nome. Sei pronta?

Khalya balbettò qualcosa di inarticolato. - Io non...Io vorrei...Per favore, posso tornare a casa?

L’uomo la guardò stupito. Aveva una corta barba curata e grandi occhi scuri appena velati di malinconia. - Ma tu sei già a casa, Khalya figlia di Qhrion. Una volta che le porte del tempio si chiudono, non vengono riaperte finché la novizia non è pronta a tornare alla vita.

Khalya sentì il gelo dentro di sé crescere e soffocarle il respiro.
Conosceva le leggende che circondavano il mistero delle Vestali, ma fino a quel momento aveva creduto che la sua pena consistesse solo nel liberarsi di quel figlio del peccato.
Osservò con orrore la mano tesa del suo carceriere - non riusciva a definirlo in altro modo, nonostante i suoi modi gentili - e per un istante pensò di opporsi. Non potevano obbligarla a camminare, né ad obbedire a delle sacerdotesse crudeli che non aveva mai visto.
Ma poi le gambe le cedettero.
Chi voleva prendere in giro?
La sua vita era finita nel momento in cui aveva sentito lo sguardo incredulo e furibondo di suo padre soffermarsi sulla sua pancia prominente: l’aveva cacciata dalla sua famiglia, esiliata dalla sua casa, cancellata dalla sua vita.

Khalya non esisteva più.

Le lacrime erano diventate fredde sulle sue guance, e lei mosse un passo verso la mano tesa dell’uomo.

- Andiamo. Non c’è che da eliminare quel...problema, e poi potrai riavere la tua innocenza. Vedrai, per le Vergini sarai come una sorella.

Lo sguardo della ragazza rimaneva fisso davanti a sé. Da un'immensa distanza, come se fosse il corpo di un'altra donna quello che sentiva, avvertì a malapena il movimento palpitante che le agitava il ventre; era come se sentisse, come se sapesse.

Quella notte moriva una ragazza per mano del padre.
Quella notte nasceva una Vergine.

In silenziosa attesa, la Madre più anziana sorvegliava il lavoro dell’eunuco che ripuliva i ferri sporchi di sangue.
Non era preoccupata.
Quella ragazza non le avrebbe creato grane: il suo cuore era morto dentro, com'era giusto che fosse, e lei ne era consapevole.

Una nuova perfetta, innocente creatura al suo servizio era nata.


Con questo contest voglio provare a dare spessore a un personaggio ispirato alle Vestali (vedi fazione mostruosa Taanach). Mi sono chiesta...Come inizia il percorso di una novizia all'interno di questo complesso e misterioso ordine sacerdotale? Tutte le ragazze che ne fanno parte sono lì per vocazione, o potrebbero esserci motivazioni più profonde a spingere una fanciulla a donare la propria identità alle Vestali? Mi rendo conto che la storia è abbastanza cupa e crudele; ma proprio dalla sua crudeltà nasce il senso di vuoto che ho immaginato essere parte fondamentale di una novizia obbligata ad aderire all'ordine.
L'innocenza viene richiamata sotto molteplici aspetti: il candore della ragazzina che non riconosce il mostro se non quando è troppo tardi, l'innocenza perduta prima con la consapevolezza dell'accaduto e poi con il tentativo di mascherarlo, e infine la facciata di innocenza che viene ripristinata (crudelmente, con un aborto forzato) per introdurre Khalya alla sua nuova vita da Vergine.


 
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