Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Myndill Vs. Vaairo

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view post Posted on 5/4/2014, 10:32
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C a t a r s i

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Myndill Vs. Vaairo

md3k

Verde Vs. Verde
E Vs. D


Primo post: Myndill
Player Killing: Off
Durata: Un solo post di presentazione e quattro post di combattimento.
Tempi di risposta: A cinque giorni dalla risposta dell'avversario verrà applicata una penalità di 0.25 punti alla sportività del ritardatario per ogni giorno d'attesa.

Arena: Stazione commerciale di Flotsam - Il Pontar è un lungo fiume, dalle acque calme e placide, facilmente navigabile e proprio per questo navi di ogni tipo lo sfruttano come agevole via mercantile, arricchendo le cittadine che sorgono su di esso. Tra tutte la più malfamata certamente Flotsam, che sorgendo a ridosso dell'ansa di Hensen, una larga curva in cui il corso del fiume stringe di molto, impone dazi disonesti alle imbarcazioni che si trovano costrette a fermarsi alle sue banchine. Nonostante ciò la cittadina si presenta come molto povera, gli edifici sono quasi tutti in legna locale, e la pietra è quasi sconosciuta, le vie sono fangose e mal curate, e a ridosso delle mura sorgono parecchie baracche di fascine e sterco abitate dai più poveri, che lottano costantemente coi pericoli e le asprezze della zona paludosa che si estende attorno alla cittadina e che chiunque voglia giungere a Flotsam via terra deve attraversare, coi rischi e i pericoli che comporta.
Regole: Il duello non deve interrompersi per alcun chiarimento - usate vie private, nel caso. Non si possono modificare i propri post dopo le risposte dell'avversario. Si seguono le normali regole di un duello ufficiale.
Background: Per quale motivo dei demoni fossero proprio lì era un mistero, forse trovavano che Flotsam fosse un ottimo obbiettivo, o il caso aveva disperso un manipolo di guerrieri e li aveva fatti finire in quella palude. Dovettero combattere con sabbie mobili e fuochi fatui per giorni, viaggiare in un oceano grigio e malfermo ma la voracità dei demoni sapeva dove spingerli, e che presto avrebbero trovato un bersaglio adatto alle loro brame. Emersero dal fango all'alba, come messaggeri dell'Apocalisse e sila città prese a tremare. Loredo, il governatore, diede subito l'ordine di sbarrare ogni entrata e così la guarnigione cittadine fece, dei miserabili che si affollavano attorno alle mura non importava niente, e per gli sprovveduti che erano ancora fuori o che erano arrivati in mattinata via terra, sarebbero stati problemi loro. Forse le spesse mura di legno non avrebbero resistito a quell'ora urlante; per quel momento chi poteva sarebbe salpato per la nave. Soltanto disperati e coraggiosi avrebbero combattuto.
 
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view post Posted on 7/4/2014, 18:00
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Eternal Light
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Anche in mezzo alla povertà di una cittadina del genere, i nani spiccavano per la loro condizione di schiavitù. Persino durante una guerra così accesa sarebbero stati sfruttati, denigrati, distrutti come da tempo immemore, ormai, erano stati. Flotsam si era presentata come un città diversa dalle altre del territorio, anche solo perché i ricchi sembravano davvero pochi. Si sperava che, essendo circondati dalla miseria, gli abitanti si mostrassero più solidali tra loro.
Così non era.

Come se chi aveva un tozzo di pane raffermo si sentisse superiore a chi doveva elemosinare un pugno di zuppa fangosa, ogni persona sembrava far valere il proprio rango su chi stava più in basso, quasi a raschiare con le unghie la pietra dura del pozzo della povertà per sputare sui graffi leggermente più profondi.
L’assalto, poi, non aveva reso le cose più facili.
Myndill già si trovava lì: l’aveva guidato il suo istinto, o la sua volontà naturale, seguendo il richiamo del sangue che era stato sparso lungo la marcia fino a Flotsam. Demoni si erano accalcati alle mura barcollanti della malfamata città e stavano tentando di scavalcarle per divorarne la gente. Se non ci fosse stato un minimo aiuto da parte di qualcuno avrebbero quasi sicuramente avuto la meglio e sarebbe stato un massacro; nient’altro che il fuoco e le fiamme sarebbero sorti in mezzo alla palude di quel luogo. Gli uomini sarebbero stati resi irriconoscibili, le donne stuprate, i bambini divorati.
E i nani avrebbero, come sempre, avuto il ruolo peggiore - anche in quella battaglia. Molti erano stati armati con i soliti picconi che usavano per rompere le rocce e le pale con cui scavavano, mentre le armature erano sempre e soltanto quei luridi stracci che li vestivano, che li avevano sempre vestiti da quando erano stati soggiogati. Prima linea: questa era la loro posizione.
Le catene erano state tolte dalle caviglie e dalle braccia, ma poi rimesse ai loro polsi dividendoli in coppie, permettendo così che riuscissero a muoversi solo un po’ più liberamente di prima, ma impedendogli di essere abbastanza coordinati da costituire una vera minaccia.
Rappresentavano soltanto esche, carne da macello, cibo per le creature demoniache all’esterno. Non erano altro. Venivano spinti a calci a dirigersi oltre le mura per impedire l’avanzata del nemico mentre gli arcieri scoccavano frecce per ucciderlo, non facendo caso a chi colpissero.
Come potevano i cittadini aggiungere un peso del genere a una situazione già tanto disperata come quella di anni di schiavitù?
Non rimaneva niente ai nani, ormai. Non la patria, non la libertà, ora nemmeno più la vita. Anche quest’ultima, con tal estremo gesto da parte dei compaesani, era stata loro tolta.

Tuttavia questo popolo spinto allo stremo aveva rivisto la piccola fiamma della speranza.
Il verde si era riacceso nei loro occhi persi, privi d’anima e di volontà. Avevano intravisto i focolari dimenticati, il richiamo del popolo. Quando quella notte i fuochi verdeggianti erano apparsi tra le montagne, il loro orgoglio, il desiderio di vivere e di combattere erano comparsi di nuovo, come dei tizzoni spenti da tempo immemore che all’improvviso fioriscano di nuovo generando un incendio.
Un urlo era stato emesso da un vecchio dalla barba grigia, un boato gli aveva risposto. E dal sorgere del sole era incominciata la lotta intestina alla città, una battaglia feroce quanto quella che era stata combattuta e si continuava a combattere sulle mura.
Probabilmente sarebbero stati tutti uccisi dai demoni, sia uomini sia nani. Questi ultimi, però, sarebbero morti da liberi, a costo di condannare l’intera città e tutti i suoi abitanti. Questa era la promessa che quel grido all’unisono aveva tacitamente siglato, questo il patto che non sarebbe stato rotto da nessun membro dell’antico popolo.
Ma la fine sarebbe giunta troppo presto.


Un manipolo di nani si stava avvicinando al porto.
Nei loro vestiti sudici, con i capelli lunghi e sporchi che ondeggiavano ad ogni passo mentre correvano, sembravano grotteschi con quell’espressione adirata sul volto. Potevano davvero costituire una minaccia per quegli uomini così ben armati che se ne stavano andando?
Poco distanti si sentivano le urla. Si era ormai fatto giorno, ma il cielo era plumbeo, una volta soffocante che avrebbe fatto da soffitto alla grande catacomba che la città sarebbe presto diventata. Un’ecatombe: ecco cosa attendeva coloro che sarebbero rimasti a riva, impossibilitati a partire per mancanza di navi, per egoismo dei potenti.

Libertà.
Era stata richiesta da loro, sì, e gli era anche stata concessa, insieme alla gloria e all’onore… E a una fine senza scampo.
I demoni avevano già superato le mura, si erano ormai addentrati nella città e pochi riuscivano a trovare il coraggio di opporre un’ultima vana resistenza, semplici arnesi corrosi dalla ruggine contro tenaglie demoniache e letali. Le urla disperate si contrapponevano agli strilli infernali di giubilo dei mostri in un’armonia agrodolce e grottesca: l’orchestra terribile e agghiacciante di un massacro.
Soltanto poche note stonavano in quella musica: le ultime grida dei nani che non potevano tirarsi indietro dopo aver finalmente ottenuto qualche possibilità. Ma c’era ancora davvero o era stata solo un fantasma presentatosi all’ultimo banchetto della loro misera vita?
No… Se anche fosse stata tale, non potevano tirarsi indietro ora. Per troppo tempo avevano sudato e faticato senza possibilità d’uscita. Anche se con armi comuni e fragili, senza adeguate protezioni, il loro coraggio non poteva essere superato dalla fame dei demoni. Dopo secoli intravedevano di nuovo una speranza e avrebbero lottato con i denti e con le unghie pur di soddisfarla.
Tuttavia non sarebbe stato sufficiente, e la lucciola lo sapeva mentre si avvicinava alle ultime due navi in partenza sul fiume, ancora in procinto di caricare le merci rimaste prima di abbandonare la città al suo destino. Soldati facevano da guardia ai beni e ai signorotti che salivano con le loro famiglie.
Molti soldati, troppi. Gli unici armati in modo adeguato per affrontare il nemico che stava distruggendo le abitazioni: le loro case.
Sulle travi scure della banchina, quando il manipolo di nani si fermò con i picconi di pietra alzati minacciando di caricare i soldati perché non fuggissero, l’insetto apparve. Un puntino di luce, una piccola raggio di sole in mezzo al buio che sembrava sovrastare ogni cosa nonostante l’ora. Giunse davanti ai minatori, superandoli e facendo loro abbassare gli arnesi e zittendoli con la sua sola presenza. Un segno inaspettato di buon augurio, un simbolo di speranza sembrava porsi a loro guida.
Una lucciola volava in quel luogo paludoso e oscuro, non ancora inghiottita dalle tenebre demoniache.
Un improvviso bagliore accecante seguì e al posto del piccolo insetto comparve un essere antropomorfo, quasi un bambino che librava in aria. Myndill aveva assunto la sua vera forma, le sue nuove sembianze. Con le ali luminose e trasparenti rivolte alla schiera di nani rimasta inebetita, lanciò uno sguardo ai soldati che paravano loro la strada verso il molo.

Non potete scappare.
Non possiamo permettervelo se vogliamo qualche possibilità. Insieme possiamo collaborare e vincere, ma da soli saremo uccisi.

La sua voce era acuta come quella di un fanciullo, sebbene tradisse una nota eterea, quasi atavica nel suo tono cristallino: un’eco simile ai rintocchi di un cembalo. La fata aveva parlato così da farsi udire da tutti i presenti, ma in modo pacato, calmo eppure deciso.
No. Non poteva fare a meno di schierarsi con i nani, dalla loro parte.
Sapeva fin troppo bene cosa volesse dire essere legata a qualcosa, non avere via di fuga e dover lottare per mantenere la propria autonomia. Per lungo tempo era stata un semplice essere senza volontà né futuro, soggiogato alle leggi che la natura gli imponeva, che i suoi padroni gli avevano imposto.
Cosa avrebbe fatto Antares al suo posto, dopotutto?
Gli occhi castani della fata percorsero da capo a piedi i tre guerrieri ricoperti dall’armatura che stavano immobili, con le lance puntate verso l’esterno. Avevano colto la minaccia velata, a quanto pareva, ma non intendevano arrendersi a essa. Avrebbero dovuto farlo, contro una piccola fatina che d’umano aveva solo la pelle pallida e i capelli bruni, e un gruppetto di gente che come unica vera arma possedeva la rabbia?
La stella rossa, il suo vecchio padrone e amico, avrebbe sicuramente tentato di convincere gli umani in fuga a combattere: fallendo si sarebbe addirittura sacrificata affrontando da sola l’orda demoniaca. Myndill lo sapeva e per questo la ammirava. Per questo l’aveva abbandonata.
Sempre pronto a intraprendere la strada più giusta e difficile, la migliore benché impervia, Antares sarebbe di nuovo morto pur di non andare contro la propria morale, pur di salvare chiunque lo meritasse anche solo un poco. La fata, però, non era così.
Non più.

Aveva acquisito una propria volontà, una propria mente, l’autonomia che non aveva mai posseduto nonostante la sua lunga esistenza. Esistenza priva di memoria riguardante tutti i suoi primi secoli, quando a far battere le ali dell’insetto non era nient’altro che l’istinto. Non era più relegata alle scelte di qualcun altro, non era più l’ago della bussola insieme all’astro, o il faro del druido. Poteva prendere decisioni, schierarsi. E lo avrebbe fatto.
Non avrebbe più cercato l’equilibrio per il bene supremo, non si sarebbe più sacrificata insieme a qualcun altro per far quadrare la bilancia in favore di ciò che fosse giusto e non avrebbe più guidato nessuno.
Myndill avrebbe semplicemente lottato per ciò in cui credeva. Per questo avrebbero rischiato la sua vita, la sua libertà ed esistenza, ma non per qualcosa di astratto o per il volere di un altro.
Aveva deciso di aiutare il popolo nanico e per farlo doveva sconfiggere i demoni.
Non da solo… non da soli.
Questi uomini stavano salpando lasciandosi alle spalle tutto quel che era stato loro pur di non rischiare di perdere, di morire. Stavano condannando tutti i sudditi, tutte le famiglie troppo povere anziché provare ad aiutarle, a difenderle combattendo una lotta ad armi pari contro l’assalto demoniaco.
La lucciola forse non poteva sapere cosa delle proprie azioni fosse giusto e cosa non lo fosse, e agiva soltanto seguendo il proprio credo, ma l’abbandono dei più deboli quando potevano difenderli, la fuga davanti al nemico con il sacrificio della maggior parte del popolo…
È sbagliato.
Un fremito partì dai piccoli piedi nudi di Myndill per arrivare fino alle orecchie a punta, tanto evidente che gli abiti sdruciti di tela grezza vibrarono insieme a lui mentre alzava il braccio destro verso i tre soldati.

Combatterete con noi. Non partirete.
Li fulminò col suo sguardo ridotto a fessura, mentre si preparava a combattere in caso nessuno si fosse fatto avanti. Non importava se ferendo i tanto desiderati alleati avrebbe soltanto affossato ancor di più le speranze della città verso il fondo del fiume: non poteva lasciare che l’unica possibilità di farcela salpasse.
Doveva fare in modo che l’ancora rimanesse ben piantata nelle sabbie.


Capacità Straordinarie: Agilità 4
Status Fisico: Illeso, 16/16
Status Psicologico: Illeso, 16/16
Energia: 100%
Equipaggiamento: Arco di legno
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Passive Utilizzate:

La Fata - Cosa sono io? Non sono animale né pianta, umano né demone. Cosa sono, una creatura a metà tra due diversi mondi? Non ho una natura materiale definibile come gli altri esseri, non sono visibile quanto loro. Eppure posso essere colpito, posso persino essere visto. Come se fossi sempre in bilico tra dimensioni diverse, non mi è permesso essere individuato in questo mondo né percepito. Il mio passaggio non lascia tracce, il mio corpo non emette suoni, la mia presenza non è avvertibile. Eppure nulla può evadere la mia vista, nessuna cosa che non sia volutamente celata potrebbe mai eludere i miei occhi. Niente può scappare da me, tanto meno io stesso... ~ Dominio I-II-III e Razziale: Furtività e Vista
Tuttavia mi muovo in questo mondo a così poche dimensioni, in lungo e in largo, in alto e in basso, ma non abbastanza da vincere la gravità che m’impedisce di staccarmi dal terreno più di poco, come se incielarmi mi fosse impedito, quasi che un macigno fosse sempre presente, attaccato alla mia caviglia. Anche se volessi scappare non potrei, né in cielo né in terra. Ovunque troverei qualcuno, essere umano o animale, cosciente o istintivo che sia, a tentare la mia fiducia provando a ricostruire illusioni di vetro. ...Come se non potessi mai fuggire davvero. ~ Personale 1 e Pergamena Affinità Animale: Levitazione e Comunicazione Animale

Attive Utilizzate:

Il Lume - Qualcuno, in passato, mi diede un’identità. La Lucciola, venivo chiamato, come se la mia piccola luce potesse permettermi di illuminare la via nell’oscurità più profonda. Ma solo finché la stessa tenebra non divorasse il fulgore fino a spegnerlo. Eppure quel qualcuno non mi ha mai conosciuto davvero: le regole mi hanno imposto di mostrarmi solo per quel che dovevo essere e non ero, ciò che dovevo apparire e non volevo. Un piccolo puntino d'oro, sempre acceso, fragile e innocuo quanto un insetto. Una debole goccia di luce in un oceano di tenebre... ~ Personale 2: Trasformazione due turni - consumo Nullo (disattivata subito)

Riassunto:

Devo proprio? ._. Non ho voglia ed è lungo. Scusatemi. Vi basti sapere che uso un'attiva personale scenica che disattivo subito, giusto per un effetto narrativo. Per il resto è un normale post iniziale di presentazione, con introduzione... scenica.

Note:

Per gestire il background dell'arena, visto che non presupponeva la presenza dei nani, mi sono organizzato un poco col mio avversario contestualizzando il combattimento. Spero vada bene. Ringrazio Drag per la disponibilità al dialogo e al confronto. Buon duello! Spero che questo primo post non sia troppo lungo, ma in caso mi scuso.
Edit: ah! in caso serva avere un'immagine generica del mio personaggio - non fosse sufficiente l'abbozzo descrittivo dato -, ecco qua quella... mooolto provvisoria! Click.
Edit: ho corretto soltanto alcune sviste visto che il mio avversario non ha ancora postato e lo scadere dei cinque giorni non è scoccato, pur senza cambiare minimamente la sostanza.


Edited by Desdinova - 9/4/2014, 14:44
 
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view post Posted on 10/4/2014, 21:28




( Taanach, segrete sotto la città, cinque mesi prima )
- continua da qui -

La cattività ha un modo tutto suo di rimescolare le priorità. Quando era stato catturato e le tenaglie si erano strette attorno ai suoi polsi, il suo unico pensiero era tenere Amai lontano dalle mani sudicie e grassottelle di Daryiei. Ora, dopo settimane trascorse in un'umida cella sotterranea, la sua aspirazione più grande era una boccata d'aria fresca - e serrare le sue dita sul collo dell'ex ufficiale Goryo. Non poteva definirsi un veterano della prigionia, ma quella non era certo la prima volta che finiva in catene - e, parola sua, non sarebbe stata l'ultima.
Inizialmente, la rabbia era stata la sua migliore compagna; odiava se stesso per esser stato così debole da non proteggere i Randagi, ragazze e ragazzi della Città Vecchia. Quando la Purgatory era scomparsa dai cieli di Taanach, lasciando un vuoto incolmabile sopra le loro teste, molte cose erano cambiate senza che il mercenario avesse la prontezza di coglierle. I Triarchi, come amavano chiamarsi, avevano ghermito quell'improvviso vuoto di potere con tale rapidità da generare più di un sospetto; la rabbia, così, si era trasformata in glaciale cinismo. Rinchiuso là sotto, Vaairo aveva avuto tutto il tempo del mondo per riflettere e pensare (attività di certo inusuali per un uomo semplice come lui). La scomparsa del Goryo, gli attentati ai suoi membri, il nuovo ordine sociale che governava la città... Era tutto collegato da un taciuto filo di sordida corruzione. Lui era stato catturato solo dopo aver respinto gli attacchi di silenziosi assassini: ferito e quasi incosciente, ufficiali e uomini un tempo fedeli avevano cambiato bandiera con la stessa facilità con cui buttan giù un corno di idromele. Amai non era riuscita ad avvisarlo della trappola, ed era divenuta suo malgrado la leva che aveva decretato la sua resa dinanzi ai "nuovi sbirri" di Taanach. Vaairo non poteva permettere che le venisse fatto del male.
Ma non aveva alleati - non più. L'unica cosa che lo teneva in vita era la consapevolezza che molta gente, a Taanach, non si era dimenticata di lui. Giustiziarlo avrebbe comportato molto malumore nella popolazione più povera, persone che lui inconsapevolmente aveva aiutato molto da quando, due anni prima, aveva per la prima volta messo piede nell'Akerat. Ma chi poteva aiutarlo davvero sembrava scomparso, rapito da una fitta ragnatela di menzogne: Morpheus era diventato il braccio destro di Shivian - lo stesso Shivian che lui voleva rendere partecipe dei mandanti degli attentati ai membri del Goryo; lo stesso Shivian che ora si faceva chiamare Khaeyman Ishtar ed si presentava agli altri come uno dei Triarchi -, Dave McKean era probabilmente caduto durante i tumulti, Red, Kel ed Asama...
Se; se; se; se; se; stava vivendo di ipotesi.

Vaairo si passò una mano sul mento, trovando una folta, sporca barba aggrovigliata. Daryiei era un aguzzino subdolo: non lo torturava con metodi convenzionali. Sapeva che il dolore e la sofferenza fisica non l'avrebbero piegato, perchè il mercenario aveva già passato una vita intera negli stenti: no, ciò che il grasso ufficiale sfruttava era ben più raffinato. Prima di tutto, utilizzava il buio. Lasciare un uomo per giorni interi nella più completa oscurità genera allucinazioni mostruose anche nel più incrollabile degli animi.
E poi c'erano gli specchi - quell'infame si divertiva un sacco, con gli specchi. Lo metteva davanti ad una serie di vetri riflettenti la sua immagine sudicia, facendogli vedere la bestia che la prigionia aveva costruito sul suo aspetto: il volto scavato, il lerciume che ricopriva il suo corpo, il viso irriconoscibile. Perchè se già tutti i sensi meno la vista venivano torturati da una cella di due metri quadri priva di letto e luce e buon cibo, ora anche osservarsi diventava una vera e propria pena.
Non solo: Daryiei si divertiva a raccontargli nei minimi dettagli i mille modi con cui la sua mente perversa pensava di stuprare gli orfani che Vaairo proteggeva; Vaairo non aveva modo di sapere se ciò che raccontava accadesse realmente, ma gli piaceva pensare che Daryiei fosse troppo codardo per tentare davvero qualcosa. I Randagi, anche se ostaggi, non erano un branco debole di mocciosi viziati - erano scaltri bastardi, delinquenti di strada e poveri affamati: il genere di adolescente che un tipo come Daryiei non potrebbe mai porre completamente sotto il proprio stivale. Il mercenario stesso non era un prigioniero tranquillo: picchiava le guardie ogni qual volta queste non prestavano la dovuta cautela, e finiva sempre con qualcosa di rotto come ritorsione. Sputava, bestemmiava, ringhiava.
Ma era un cane in gabbia con un giogo molto pesante al collo: sapere che la casata della Chimera (gli autori degli assassinii) teneva tra le proprie mani i Randagi gli impediva di rischiare: la sua vita non contava granchè, alla fine. Quella di coloro che amava, invece...

Ma Vaairo aspettava - e pregava.
Gli antenati, gli dèi dei criminali e dei ladri, gli spiriti negli oggetti e le anime di coloro che l'avevano preceduto in quella stanza.
Lui sarebbe uscito da quel luogo ed avrebbe vendicato tutta la sofferenza che la Chimera stava orchestrando.

« Amore mio, ci sono novità. »
La voce di Daryiei, appena udibile dietro la spessa porta di legno che costituiva l'unico ingresso alla sua "reggia", pareva baldanzosa. Il bastardo doveva essere particolarmente soddisfatto, o compiaciuto, per qualcosa di sconosciuto; Vaairo, ovviamente, non se ne curò - nè pronunciò alcunchè, fingendo di dormire.
Ma l'aguzzino continuò, consapevole della sua finzione: « I tuoi servigi sono divenuti necessari: c'è una guerra da sopprimere. »
Quello non era proprio il tono con cui il più crudele sadico di Taanach annunciava la liberazione del suo giocattolo preferito. Vaairo ebbe un tuffo al cuore che gli mozzò il fiato, debolezza che, fortunatamente, Daryiei non colse.
« Mi piace, qui. », rispose invece. Per qualche istante, non riconobbe neppure la sua voce - così provata e segnata. « Non mi interessano le vostre cazzate; ammazzatevi tra di voi. »
« Benissimo. » Era evidente il sorriso che si stava stampando sulle labbra dell'ufficiale: non poteva vederlo, ma dannazione, era certo fosse proprio lì. « Allora manderemo uno dei tuoi ragazzi contro nani e demoni. Eh? Che ne dici? Qualche suggerimento? »
Il mercenario sentì l'ira montargli dentro, accendendo un fuoco che sperava si fosse raffreddato in settimane di cattività. Era una furia celata, ma mai sopita: quel pezzo di merda stava ancora una volta minacciandolo con la vita di qualcun'altro, e ciò che più lo faceva incazzare era il pensiero che era stata la sua inettitudine a metterli tutti nei guai.
Sudava freddo; brividi gelidi gli corsero lungo la pelle delle braccia, facendogli contrarre i muscoli in maniera convulsa. In quel momento, costretto a piegarsi dinanzi al'ovvia decisione che era obbligato a prendere, Vaairo comprese cosa fosse l'odio - e quanto ne stava provando in quel preciso istante.
« Ti ammazzerò, Daryiei. », disse infine, sconfitto. « Alla fine, ti ammazzerò. »
Inaspettatamente, il corpulento ufficiale scoppiò a ridere. « Sai qual è la cosa più divertente? », riuscì a commentare, soffocando i sussulti. « Sei quasi un eroe per questi pezzenti, ma quando vedranno che combatti contro chi lotta per la libertà cambieranno idea! »

« Alla fine, tutta la tua storia verrà cancellata, verrai odiato...
e saranno proprio coloro che proteggi ad ucciderti! Non è fantastico?
»

( Flotsam, zona portuale, oggi )



« Muoviti, cane! »
Un armigero lo strattonò, cercando di fargli caricare quelle botti più alacremente possibile. Vaairo, per parte sua, scrollò le spalle senza scomporsi; si era quasi abituato ad essere considerato il mastino della truppa, l'uomo cui i capi ordinano di fare il lavoro sporco. Questo non significava che lui lo facesse volentieri - nè, tantomeno, lo facesse bene. Ogniqualvolta gli veniva presentata l'occasione di svolgere malamente i propri incarichi non esitava a mandare tutto a puttane per il semplice gusto di fare incazzare i suoi superiori ed aguzzini.
Quel caso era uno di quelli: se ne stava con il busto piegato in avanti e le braccia conserte appoggiate ad una gonfia botte, osservando il porto ed il mare. Le acque attorno a Flotsam erano così torbide che a volte, nelle giornate di tempesta, si poteva facilmente confondere l'oceano con il cielo plumbeo carico di pioggia. Per dirla poeticamente, il grigiore regnava sovrano; nessuno dell'alto comando si sarebbe sprecato temporeggiando per una città che tale, di fatto, non era: Flotsam era stato un piccolo scambio commerciale a sud del mondo e si teneva in piedi più grazie alla pesca ed alla caccia alle balene che al mercato della domenica ed ai denari che faceva circolare. La triplice guerra, tuttavia, aveva rimescolato le sue priorità (proprio come la prigionia, realizzò mestamente): il villaggio era stato trasformato in centro approvvigionamenti per le truppe al fronte ed ora la sua gente era ancora più povera di prima; di giorno lavoravano brutalmente nelle filande per le uniformi, le tende e le coperte dei soldati, senza poter uscire con le navi per procurare alle proprie famiglie il cibo che il mare gli donava. La sua popolazione nanica veniva impiegata nelle miniere di sale sulla costa, e l'arrivo dell'esercito delle Città Libere non aveva cambiato questa realtà.
Esistevano decine di Flotsam in quella regione; quel villaggio, anche prima dell'assedio infernale, era un luogo molto triste.

Vaairo accarezzava pigramente il bordo metallico della botte, piacevolmente intrattenuto dalla ruvida sensazione del ferro mal lavorato a contatto con la pelle dell'indice destro. Il libeccio che si alzava da sud ovest stava spazzando via le dense colonne di fumo che si sollevavano dal perimetro della città, lasciando libero il porto dalle esalazioni di corpi ed abitazioni bruciate. Il cuore del mercenario era calmo - l'ira nascosta sotto una pesante coltre di pragmatismo. Sapeva che poteva fare ben poco per vendicarsi dei suoi aguzzini e della casata della Chimera se si trovava nel mezzo di una battaglia lontana miglia e miglia da Taanach: i Randagi erano ancora ostaggi e lui non poteva agire fintanto che essi fossero stati in pericolo.
Amava il mare: non l'aveva mai apprezzato abbastanza, da piccolo. La costa era lontana nel suo paese d'origine, quindi lo aveva visitato molto raramente. Anche in quel momento, tuttavia, gli donava uno strano sentimento di pace: il perpetuo battere delle onde sulla battigia, pur in un giorno tanto cupo e terribile come quello, lo rinfrancava moltissimo.
Come se nulla avesse importanza; come se tutto, alla fine, scivolasse via comunque.

Era la tranquillità - o la rassegnazione? - che dona la consapevolezza che tutto il mondo attorno a te è un'immensa bomba.
Tutto sta andando in pezzi, manca solo la scintilla...

« Eroe, », lo apostrofò Daryiei dal ponte di una nave lunga. « va' a dare una calmata agli idioti laggiù. »

Per un istante, Vaairo fu tentato di afferrare un remo e colpirlo dritto sul volto, facendolo rotolare con la mascella rotta giù lungo la banchina. Inspirò profondmente, serrando duramente i denti; arrivò persino a valutare la distanza che lo separava dall'ufficiale, valutando se la portata del remo fosse sufficiente per giungere a bersaglio.
Fortunatamente, il clamore che si alzava sempre più prepotentemente a riva lo distolse dal progetto omicida. Daryiei non era più grasso e paffuto come un tempo: la guerra aveva chiesto un pesante tributo sul suo corpo una volta in carne, facendogli perdere quasi venti chili nel giro di due mesi. La sua pelle molle ora cadeva malamente sui muscoli più tonici - ma certamente meno attraenti. La dieta e la marcia forzata non avevano migliorato il suo carattere malevolo, esacerbando l'indole cattiva di un uomo prossimo ai quarant'anni che vuole solo godere del proprio grado per schiacciare coloro che stanno sotto di lui.
Vaairo, invece, era rinato: "mangiare poco" era sempre preferibile al "non mangiare" che aveva dovuto subire in prigione, ed ora era tornato il massiccio guerriero di un tempo; questo magari non lo aveva aiutato a guadagnarsi il timore dei suoi poco amichevoli commilitoni, ma non era un male essere in forma per la battaglia.

Mal volentieri, l'alto mercenario camminò con passo pesante lungo il molo. Diversi soldati si stavano radunando davanti a lui, fronteggiando la sommossa armata che sembrava aver tutte le intenzioni di non lasciar scappare i capoccioni delle Città Libere con le uniche navi che potevano portare il culo di tutti fuori da quell'inferno. La verità era che Vaairo non provava alcuna simpatia per nessuno, lì dentro. Quella non era nè la sua battaglia nè a sua guerra: tutto ciò che desiderava era ammazzare quei bastardi della Chimera, vendicarsi e portare i suoi ragazzi al sicuro - a nord, magari. A Basiledra, da Fanie.
Per lui, potevano tutti morire laggiù - anche se poteva ben comprendere la rabbia di quei nani, costretti a morire per coprire la codarda fuga di signorotti che mai si son curati della loro triste sorte.

« INDIETRO! INDIETRO! », gridava un armigero, brandendo una picca con la stesa sicurezza di un cuoco alle prime esperienze militari. La situazione era tesa, lo si sentiva nell'aria - malsana, oppressa, torbida come le acque che bagnavano Flotsam.
Era una squallida lotta nel fango tra poveri - il festival della decadenza.

Ma nonostante la pericolosità della questione, Vaairo non potè non notare le occhiate divertite e gli sfottò appena sussurrati che le altre guardie si scambiarono al suo passaggio; era un fottuto pezzente senza patria nè onore, un uomo che aveva perduto ogni dignità.
Questo dicevano - questo era risaputo. Non importava: avrebbe scavato nella roccia stessa con le sue dita pur di ritagliare una fossa per i suoi nemici. Era più che determinazione: era una promessa.

« Woah, », fece, finendo quasi involontariamente nella terra di nessuno dinanzi gli schieramenti - quello ben più incazzato e numeroso dei nani ribelli e quello ben armato ma tentennante delle guardie dei lord. Vaairo alzò le mani, una delle quali impugnava una grezza ascia da boscaiolo. « andiamo, ragazzi. Vi giuro che non esiste persona al mondo che sia tentata più di me di lasciarvi fare, ma... »

Qui notò il "capopopolo" che guidava il drappello, un essere incredibile per i suoi occhi poco avvezzi alla magia di Asgradel: una fata - no, era un maschio... un folletto?, come nelle fiabe - delle dimensioni di un bambino svolazzava all'altezza dei loro volti con fare minaccioso ma autoritario, intimando a tre soldati di non salpare. Per un istante, Vaairo rimase senza parole: l'improvviso mutismo non passò inosservato, poichè gli armigeri (ed i soldati che lo avevano seguito lungo il molo) ora stavano preparando le armi ed arretravano lungo la banchina.

« ... ma non oggi.
Questo buco per morire è già prenotato - voi trovatevene un altro.
»

Concentrò gli occhi grigi sul folletto, cercando senza successo di incrociare il suo magico sguardo castano.
Allargò le braccia, invitandolo ad attaccare.

« Colpiscimi, se ti può far sentire meglio,
ma quelli che state cercando di condannare sono le mie prede.
»

But I want you to doubt me, I don't want you to believe
Cause this is something that I must use to succeed
And if you don't like me then fuck you!
Self esteem must be fucking shooting through-the-roof cause trust me
My skin is too thick and bullet proof to touch me



Status: Illeso, mana 100%
CS: 6; 4 resistenza, 2 fortuna.
Armi:
lumberjack axe: ascia da boscaiolo bastarda (impugnata, mano dx)
bowie knife: pugnale militare (riposto, alla cintola)
la "picca": pugnale sottile (riposto, alla cintola).
flashbang: 1x biglia accecante.
bomba fgd: 2x biglia deflagrante.
collana di tormalina: artefatto epico "I Am The Fight Club".

Passive da considerare:
gli stupidi non muoiono mai: abilità passive di Talento Guardiano energia Bianca e Blu (istant-casting e auto-casting tech difensive), abilità personale passiva IV (resistenza fino a due mortali fisici)

Vaairo combatte da parecchio tempo. In effetti, non ha mai fatto altro in vita sua; sì, certo, ha lavoricchiato qua e là dove e quando poteva: il meccanico, il muratore, una volta persino commesso in un dimesso e anonimo negozio di ferramenta. Il suo vero talento, tuttavia, è sempre stato uno ed uno solo: Vaairo è dannatamente bravo a fare a botte. Che la sua naturale costituzione o la temerarietà innata lo abbiano aiutato, questo è fuor di dubbio: l'esperienza accumulata in anni e anni di lavoro mercenario, però, lo hanno forgiato fino al midollo, costruendo quell'istinto che in battaglia gli permette di portare a casa la pelle - e magari farsi pagare per l'incarico svolto. Essere una spada al soldo non è un lavoro facile, soprattutto per chi, come lui, è di buon cuore: è una professione piena di squali e coraggiosi bastardi, voltagabbana e profittatori della peggior specie. Un pugnale potrebbe celarsi dietro ogni sorriso. Ogni buon figlio di puttana che si rispetti prima o poi sviluppa una sorta di strana capacità speciale, un istinto di sopravvivenza che consente loro di ricorrere alle proprie difese anche quando ciò sembra implausibile, quando l'offensiva del nemico sembra andata certamente a segno. Abituati a combattere qualsiasi tipo di nemico, coloro che godono di questa abilità - e Vaairo non è da meno - ottengono la capacità di innalzare le loro tecniche difensive in maniera istantanea, senza alcun vincolo di tempo o concentrazione. Anche nel lontano caso in cui si trovassero incontro un attacco incredibilmente rapido o altrettanto inaspettato, sarebbero in grado di reagire comunque con prontezza, innalzando difese al proprio corpo che si formeranno in maniera istantanea. [abilità passiva di talento I] Questa benedizione incoscia, temprata dall'esperienza e dalla dura vita della strada, ha reso le capacità difensive di Vaairo così elevate da permettergli di manifestarle in maniera inconsapevole, persino contro attacchi dei quali non è per nulla cosciente, o quasi. Come se le sue barriere e i suoi scudi fossero animati di una volontà propria, questi sorgeranno dal nulla per difenderlo dai pericoli più inaspettati - esse si ergeranno contro gli attacchi a lui rivolti anche nei casi in cui quest'ultimo non ne sia a conoscenza, per esempio, per difenderlo dalle offese di un subdolo assassino invisibile, o per salvarlo da una caduta improvvisa ed inaspettata a causa della deformazione dell'ambiente circostante ad opera di uno stregone. Le difese così castate consumeranno comunque energia e slot tecnica come di norma. [abilità passiva di talento III] Non solo: venir preso a calci costantemente dalla vita - oltre ad una normale predisposizione fisica - ha reso Vaairo estremamente duro a morire; se da un lato la sua cocciutaggine gli impedisce sempre di arrendersi, il suo corpo ha sofferto così tante ferite da divenire quasi una fortezza incapace di crollare: stancamente eretta nonostante tutto ciò che tenta di abbatterla. Essendo più una predisposizione mentale che fisica, la determinazione idiota del mercenario lo ha reso in grado di sopravvivere anche alle circostanze che per i comuni esseri umani risulterebbero letali. Di fatto, essi riescono a sopportare un quantitativo di danni pari a due Mortali prima di cedere il passo alla morte: benché questo gli consenta di continuare a combattere nonostante le molte ferite, ogni danno riportato dal loro corpo non potrà essere ignorato. Un arto mozzato resterà inutilizzabile, uno squarcio sul petto renderà la respirazione difficile e via discorrendo. [abilità personale passiva IV]

circondarsi degli amici giusti, e non solo: abilità passiva di Talento Guardiano energia Verde (parità di potenza/consumo difese ad area)

Nella vita come nella professione mercenaria, è necessario sapersi scegliere le compagnie adeguate, gli amici veri e i fratelli d'arme meritevoli. E' una lezione che prima o poi imparano tutti, e la realtà è che molta gente finisce con avere centinaia di conoscenti, ma pochissimi intimi. La verità, alla fin fine, sta nell'avere le spalle larghe e la schiena allenata; quando si ha bisogno di protezione, non sempre nell'immediato ci saranno lì i "pochissimi intimi" a salvarti il culo, sempre ammesso che tu li abbia, questi veri amici. Vaairo può contare su più di un fratello per la vita, ma non è sempre stato così: lascito del passato è il vecchio detto "tanti nemici, tanto onore"; ciò ha portato le sue egide ad essere inviolabili da chiunque, indipendentemente dal numero. Se per un uomo normale, infatti, lanciare una difesa che protegga se stesso e gli altri risulta più impegnativo che castare una normale barriera, lo stesso non si può dire per coloro che sono nati sotto il segno del talento. Per loro qualsiasi difesa ad area avrà potenza pari al consumo impiegato per generarla; ciò permetterà loro di uscire indenni dalle schermaglie contro più avversari, così come da circostanze in grado di metterli altrettanto in pericolo. Ciò gli permette di uscire indenne anche dagli scontri contro più avversari, o da circostanze in grado di metterlo altrettanto in pericolo - e sono molte. [abilità passiva di talento II]

la determinazione dei perdenti: abilità passiva della razza Umano (non sviene sotto il 10% di energie), abilità personale passiva VI (può continuare a combattere normalmente nonostante i danni subiti)

A forza di prendere inculate dalla vita, finisci con il voler vedere come gira il mondo fino in fondo. Una fondamentale caratteristica che non è mai mancata a Vaairo è la determinazione: ha sempre rifiutato la resa dei propri intenti, almeno quando essa era dovuta ai vincoli fisici del suo corpo. La sua granitica forza di volontà gli ha concesso di portare il combattimento oltre i normali limiti imposti dalla natura. Superando le barriere della propria razza, il mercenario riesce a pescare energie nascoste anche quando il suo fisico crollerebbe sotto il peso della spossatezza. Raggiunto il 10% delle energie, infatti, il mercenario non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro guerriero. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%. [abilità passiva razziale Umano]
(DA RISCRIVERE) Abilità razziale: Spirito di guerra ~ L'attitudine battagliera degli orchi è rinomata ovunque sul continente. Bruti, efferati, grezzi. Il loro stile di combattimento raffigura appieno i tratti fisionomici sgraziati e rudi, dove la preponderanza fisica è anteposta alla sveltezza dei movimenti o all'ingegno di subdoli trucchi. Ma al di là delle risultanti del loro agire, ciò che davvero impressiona è la capacità di combattere in qualsiasi situazione, dalle sfavorevoli alle disastrose, senza mai fermarsi.
L'indole degli orchi è ardente al punto da renderli in grado di combattere persino quando i colpi subiti si sono cumulati gli uni agli altri, persino con ossa spezzate e muscoli contusi. Sono in grado di camminare nonostante una gamba spezzata, di impugnare le armi quando le braccia appaiono inservibili, di muoversi con discreta disinvoltura col corpo leso e ammaccato. Macchine inarrestabili nella cui anima è temprata la guerra. [abilità personale passiva VI]


di tanto in tanto vale la pena metterci l'anima: abilità personale passiva V (una volta raggiunto e/o superato il 20% della propria riserva energetica, il pg può castare ogni genere di tech autoinfliggendosi un danno equivalente al consumo che dovrebbe spendere)

Pur essendo un ragazzo non propriamente volitivo, il buon Vaairo si è spesso trovato in situazioni in cui l'esperienza non bastava. A volte è davvero necessario mettersi d'impegno se si desidera fortemente qualcosa, e concentrare le proprie energie nel conquistarla. Purtroppo, dovendo affrontare mostri e draghi non sempre basta la semplice forza bruta, o la perizia bellica: di tanto in tanto, vale la pena metterci l'anima in quei colpi. All'occorrenza, infatti, Vaairo è capace di infondere una terribile energia cinetica nei propri colpi, spendendo un consumo Variabile di energie. Gli attacchi così sferrati produrranno ferite del genere dell'arma impugnata o del colpo inferto, ma sprigioneranno una potenza spaventosa, capace non solo di frantumare, ma soprattutto scagliare lontano qualsiasi cosa, come se fosse spazzata via; questa, in effetti, è un po' la storia della sua vita: capace di cose sovrumane, ma troppo pigro per sfoggiarle. [abilità personale attiva I, consumo Variabile] Corollario di questa sporadica predisposizione, Vaairo ha imparato a gettare il cuore oltre l'ostacolo quando la situazione diviene così critica che persino l'autosacrificio è un'opzione preferibile alla sconfitta. Non importa quanto sangue avrebbe dovuto sputare: pur di portare testardamente a compimento ciò che si prefigge è disposto anche a farsi volontariamente del male ed uscirne in piedi, esausto vincitore - e ferito eroe. Per questo, in termini di gioco, una volta raggiunto o superato il 20% della propria riserva energetica, Vaairo può pagare il costo di energia di pergamene, abilità personali e abilità derivate da artefatti con un proporzionale danno fisico autoinflitto (previo l'ulitizzo di un consumo Nullo che giustifichi lo slot tecnica occupato per il lancio dell'abilità). [abilità personale passiva V]

Tutto è una copia di una copia di una copia... :passiva derivata dall'artefatto I Am The Fight Club (il caster può usare la forma di donna dell’artefatto in battaglia. Per muoverla dovrà impiegare ordini gestuali e concentrarsi come se si trattasse di un’arma che stringe in mano)

Note:
Mi scuso per lo spoiler enorme, ho voluto riportare interamente i testi delle numerose passive che il pg possiede. Dal prossimo giro metterò solo i sunti. Ringrazio Desdinova tantissimo per la collaborazione e le chiacchierate pre-duello, mi sembra di capire che entrambi non siamo il tipo da "pvp" ma faremo del nostro meglio!
Ah, mi scuso anche per la mia abilità personale passiva VI: l'ho acquistata ed inserita in scheda all'ultimo secondo prima dell'iscrizione al torneo ma non ho anora avuto modo di riscriverla; mi pareva scorretto modificare la scheda una volta iscritto, quindi, essendo una passiva identica alla razziale degli orchi, l'ho lasciata come tale.
Dani, se vedi qualcosa di scorretto nell'intro dimmi che modifico (sicuramente ho cannato qualcosa, anche solo nello spoiler...)! Grazie ancora di tutto e buon duello!
 
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view post Posted on 15/4/2014, 14:08
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Eternal Light
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Tu non capisci.

Lo sguardo di Myndill incrociò quello dell’uomo che si era frapposto tra lui, tra i nani, e i soldati. Perché se non era la sua guerra, se diceva che quelle erano le sue prede, si ostinava a impedire che queste fossero ferite?
Codardi, sporchi egoisti. Anche lui, quell’uomo dall’aspetto emaciato e dall’aria non proprio aggressiva che si frapponeva tra loro: preferiva sottostare agli ordini dei suoi capi, per quanto sbagliati fossero, anziché fare ciò che fosse giusto, quel che era meglio per tutti: combattere per la causa comune. Che giovamento avrebbero avuto da una battaglia tra loro, nani contro soldati, uomini contro fate? Eppure non c’era via d’uscita. Come se per scalare una ripida montagna dovessero prima sprecare le loro energie a frantumare un enorme masso, avrebbero dovuto convincere quegli uomini a collaborare per poi affrontare la vera battaglia, la guerra che infuriava in tutta la regione. A qualunque costo.

Se non avete il coraggio di combattere i demoni con noi, vi obbligheremo a farlo. Così come avete obbligato questo popolo a lavorare nelle miniere per voi.

Dovevano fermare la minaccia prima che si propagasse, prima che distruggesse tutto il territorio circostante. Non avessero fermato qua l’assalto dei demoni, esso si sarebbe diffuso non distruggendo soltanto Flotsam, non solamente i villaggi circostanti. Myndill aveva visto le macerie, la scia di fuoco che l’esercito infernale si era lasciato alle spalle. Sottoforma di lucciola era volato verso quella che pareva essere la loro prossima meta, Flotsam, ma non certo l’ultima. Prima che si unissero tra loro formando schiere ancora più grandi mentre gli eserciti umani e nanici venissero spazzati via in battaglie prive della più piccola speranza di vittoria, sarebbe stato meglio organizzare una difesa adeguata sul nascere. Non era soltanto questione di nani, d'innocenti e di libertà distrutti: si trattava soprattutto della salvezza di intere popolazioni, non solo di quella città povera e insignificante, di quelle persone egoiste o frustrate.
I nani alle spalle di Myndill cominciavano a essere intrepidi, si preparavano a caricare. Probabilmente in altre condizioni non avrebbero accettato di seguire un essere che non fosse della loro razza dopo così tanti anni al seguito degli uomini, ma in quella circostanza non potevano fare a meno di essere fomentati dall’aiuto riservato loro da un essere soprannaturale. Soprannaturale? No, non proprio: uno spirito, invece, della natura che si era votato alla loro causa e si proponeva di combattere con loro. Anche la terra era dalla loro parte, pareva, e sapeva che erano nel giusto. Nonostante tutti gli anni di abbandono, le generazioni che non avevano fatto altro che brancolare nelle tenebre, la Madre non li aveva abbandonati.
Prima che avessero il tempo di partire in quella corsa verso quei pochi uomini armati fino ai denti, però, la fata chiuse gli occhi e schiuse leggermente le labbra. Un urlo si sentì distante, uno strillo acuto e famelico che avrebbe fatto rizzare i capelli anche al più coraggioso dei presenti. Benché non immediatamente prossimo, era davvero troppo, esageratamente vicino. Che i demoni fossero riusciti a superare le mura fino a giungere al porto, già ora? Se così fosse stato, non ci sarebbe stato il tempo per salpare, non avrebbero mai fatto in tempo. Sarebbero stati spacciati a prescindere.
Solo Myndill sapeva che quel grido era una profezia da lui prodotta, un suono distante eppure vicino che avrebbero presto udito in modo veritiero se quella piccola scaramuccia non fosse stata risolta in fretta… Ma in quel momento non era altro che una finzione da lui emessa.
La lucciola riaprì gli occhi di scatto, immaginando la confusione e lo sbigottimento che il grido glaciale aveva causato su tutti i presenti: non si sarebbe fatta sfuggire quell’istante tanto propizio. L’indice della sua mano allungata in avanti si trasformò rapidamente, in un attimo cominciò a crescere come se un’unghia retrattile fosse sempre stata nascosta e improvvisamente comparisse. Tuttavia a mostrarsi non era un’arma acuminata e animale, ma qualcosa di vegetale, un ramo coperto da corteccia, appuntito, che mentre si allungava formava foglie ai lati che a loro volta crescevano facendo fiorire spine acuminate sui piccioli. Avanzava rapidamente, come un’incredibile forza naturale che si scagliava contro l’uomo ancora in mezzo allo spazio che presto sarebbe stato sconvolto dalla tempesta già nascente, pronta a trafiggergli il braccio, a circondarlo con i suoi aculei fino a farlo sanguinare copiosamente scatenando una terribile pioggia scarlatta. Il verde si sarebbe macchiato di rosso, la speranza sarebbe stata nutrita col sangue.
E mentre il rampicante si staccava dalla mano della fata, viaggiando per conto proprio come un serpente che volava per aria fino a raggiungere e stritolare la sua preda, Myndill impugnò il piccolo arco di legno e incoccò una freccia dalla faretra sulla schiena, mirando all’occhio del nemico. Chiuse rapidamente la palpebra sinistra per mirare.
Forse, perdendo parte della propria vista, quell’uomo avrebbe valutato meglio la situazione e si sarebbe schierato dalla loro parte. Non c’era più via d’uscita, per nessuno. I nani non si sarebbero arresi, non avrebbero lasciato scappare via quegli uomini, e questi sarebbero stati troppo presi dal combattimento per riuscire a fuggire in tempo dall’assalto dei demoni, in caso le difese della città non avessero retto. E sarebbero presto cadute, la fata lo sapeva, così come i suoi compagni che si erano gettati contro i soldati armati di lance cercando di superare le loro imponenti difese a forza di colpi d’ascia e piccone. Magari combattere per qualcosa che avesse davvero valore, per cui avrebbero veramente sacrificato la vita, avrebbe dato ai nani un vantaggio contro il ferro dei mercenari che non facevano altro che seguire ordini imposti dall’alto, imposizioni che nemmeno loro potevano realmente condividere o a cui potessero essere interessati direttamente.
La lucciola non poteva fare a meno di sperarlo mentre la freccia partiva, superando le teste del popolo liberato e allo stesso tempo condannato, verso l’uomo che brandiva l’ascia in aria. Non potevano perdere troppo tempo in uno scontro inutile mentre una guerra si consumava alle loro spalle, pronta a travolgerli come una marea che tenti di spegnere un piccolo fuoco appiccato sul limitare della spiaggia.



Il teschio spalancò le fauci, pronto a mordere e divorare il viso della nana imprigionata tra i scuri artigli sproporzionati, incredibilmente lunghi rispetto al corpo magro e gracile dell'essere. Quegli occhi, quei bulbi vuoti in cui brillava una fiamma azzurra, sembravano rapire tutta la luce che ci fosse in quel giorno in cui persino il sole sembrava essere fuggito, averli abbandonati al loro destino, scappando dietro una coltre di nuvole più nere che grigie. Il mostro scattò in avanti: in meno di un secondo Irial avrebbe potuto dire addio al suo naso, alle sue gote rosate, alla sua vita. D’istinto mosse la mano tozza verso il collo dell’essere mentre la testa crollava su di lei, sul suo giovane viso sudicio.
Tuttavia i denti appuntiti dell'essere non si chiusero, rimasero immobili mentre il capo del demone rotolava per terra e la presa su di lei si allentava. Col fiato sospeso, la nana fissò il corpo demoniaco che si accasciava a terra e, dopo qualche istante, cominciò istintivamente a trapassarlo con una coltellata, due coltellate, dieci coltellate fino a formarvi una miriade di buchi, come a vendicarsi per ciò che il mostro era stato sul punto di compiere e assicurarsi che fosse davvero privo di vita. Ma l’aveva mai avuta o erano stati soltanto la fame e l’istinto a muoverlo? C’era via d’uscita da quell’inferno?

A… Aiuto!

Lì vicino un ragazzino stava cercando di dimenarsi dall’assalto di un altro mostro: un altro nano ancora troppo giovane, ancora privo persino della barba, stava cercando di difendere il proprio futuro combattendo con le sole forze che aveva, vestito di stracci e impugnando a malapena bastone di legno. Il braccio era sanguinante, lo sguardo terrorizzato, ma la nana corse in suo aiuto con tutta la velocità che le permetteva il suo corpo stanco e provato dal combattimento.
Come potevano pensare davvero all’avvenire se il presente sembrava già così compromesso? Aveva da poco raggiunto l’adolescenza e si ritrovava ad affrontare incubi peggiori di quelli che la sua mente si era mai sognata di farle vedere nel sonno, più terribili di ogni cosa avesse mai potuto immaginare. Avrebbe pregato, supplicato per tornare a pulire la casa del suo signore anziché dover affrontare con un semplice coltello mostruosità del genere. Eppure doveva farlo, non c’era via d’uscita. O il massacro senza possibilità di salvezza oppure la lotta fino alla morte: non si intravedeva alcuna alternativa all’orizzonte.
Corse verso il ragazzo, ancora privo di barba tant’era giovane, ma mentre si avvicinava quest'ultimo si paralizzò a mezz’aria; sangue cominciò a sgorgare dalla sua bocca come lava da un vulcano. Il suo calore, la sua vita, lo stava abbandonando improvvisamente. Il mostro l’aveva trafitto con i suoi artigli acuminati, sventrandolo e privandolo di ogni possibilità di salvarsi. Irial sbarrò gli occhi. Era questo il prezzo della libertà, di ciò che avevano tanto agognato e per cui avevano lottato? Che valore aveva rispetto alla vita, alla possibilità di condurre un’esistenza anche se di stenti?
Una freccia trafisse il demone facendolo crollare a terra: qualche soldato era rimasto a difendere la città, forse chi possedeva una famiglia da proteggere che avesse più valore della cupidigia di pochi uomini facoltosi. Eppure non era sufficiente. Le mura erano già perse e stavano ormai tentando di difendere quelle baracche fatiscenti al limitare della città: benché brutte, sporche e povere erano comunque le loro uniche case, l’unico luogo che potessero riconoscere come loro e non potevano, non volevano abbandonarle. Dove sarebbero andati se avessero lasciato ai demoni anche le loro dimore? Non potevano fuggire: sarebbero stati inseguiti fino a essere divorati uno per uno se non fossero riusciti a riguadagnare terreno. Ma stavano perdendo, stavano morendo, gli uomini più forti come i più disperati. Anche se tutti combattevano, la loro forza era dannatamente inferiore a quella dell’esercito mostruoso.
La nana abbassò le braccia e s’inginocchiò a terra. Attorno a lei il terreno fangoso e buio era macchiato di rosso e nero, giacevano corpi deformi di demoni e cadaveri di innocenti, riversi a terra e sfigurati. Membra erano sparse attorno, gemiti si udivano mischiati alle grida dei mostri che scalavano le mura di legno, correvano verso di loro, contro di lei.
Che cosa potevano fare per sopravvivere? Doveva davvero faticare ancora, dopo tutti quegli anni di lavori, di povertà e sfruttamento, per mantenere salva la sua vita? Avevano rinunciato a un posto sicuro, con cibo e possibilità di vivere, per essere sterminati? La libertà aveva un prezzo troppo alto.

Vi prego… Mettetemi in catene, ma non… uccidetemi.
La sua voce era un flebile sussurro appena udibile, sovrastato dalla cacofonia di armi e grida, dagli strilli di dolore e di eccitazione mischiati tra loro, mentre parlava fissando il demone che si avvicinava, la lingua acuminata di fuori che sbavava avvicinandosi a di lei. Il volto del mostro era troppo vicino. Non l’avrebbe ascoltata: soltanto la fine la attendeva. La fine non soltanto della possibilità di decidere per il proprio futuro, della libertà, ma soprattutto della sua vita.
Sarebbe caduta da nana libera, priva di catene. Ma sarebbe in ogni caso morta, divenendo nient'altro che cibo per quegli esseri.

Capacità Straordinarie: Agilità 4
Status Fisico: Illeso, 16/16
Status Psicologico: Illeso, 16/16
Energia: 75%


Equipaggiamento:

L'Arco - L'arma ovvia per una fata, quella più classica dopo le sue magie: con questo piccolo arco mi è permesso scontrarmi, posso tirare frecce che potrebbero risultare letali se colpissero il punto più debole del nemico. Di origine naturale come me stesso, originato dal legno di un frassino, ha una forma semplice e sinuosa. Considerata la sua lunghezza, che supera a malapena il piede e mezzo, la sua gittata non è molto elevata, ma compensa con una precisione migliore grazie alla più semplice maneggevolezza. Anche le cose più misere hanno la propria importanza... ~ Arma da tiro: 14/15 frecce


Passive Utilizzate:

La Fata - Cosa sono io? Non sono animale né pianta, umano né demone. Cosa sono, una creatura a metà tra due diversi mondi? Non ho una natura materiale definibile come gli altri esseri, non sono visibile quanto loro. Eppure posso essere colpito, posso persino essere visto. Come se fossi sempre in bilico tra dimensioni diverse, non mi è permesso essere individuato in questo mondo né percepito. Il mio passaggio non lascia tracce, il mio corpo non emette suoni, la mia presenza non è avvertibile. Eppure nulla può evadere la mia vista, nessuna cosa che non sia volutamente celata potrebbe mai eludere i miei occhi. Niente può scappare da me, tanto meno io stesso... ~ Dominio I-II-III e Razziale: Furtività e Vista
Tuttavia mi muovo in questo mondo a così poche dimensioni, in lungo e in largo, in alto e in basso, ma non abbastanza da vincere la gravità che m’impedisce di staccarmi dal terreno più di poco, come se incielarmi mi fosse impedito, quasi che un macigno fosse sempre presente, attaccato alla mia caviglia. Anche se volessi scappare non potrei, né in cielo né in terra. Ovunque troverei qualcuno, essere umano o animale, cosciente o istintivo che sia, a tentare la mia fiducia provando a ricostruire illusioni di vetro. ...Come se non potessi mai fuggire davvero. ~ Personale 1 e Pergamena Affinità Animale: Levitazione e Comunicazione Animale


Attive Utilizzate:

Il Lume - Riuscite a sentire la voce dentro di me, questo eterno sussurro che grida come se chiedesse aiuto? Questo gemito che s'intona sulle urla pronunciate da questo mondo così smisurato, tanto infinito e terribile? Posso farvelo sentire, mi è permesso riprodurlo come un’eco distante nelle vostre menti. Tuttavia non vi fareste coinvolgere davvero, ma soltanto in minima parte, come se sentiste ma non ascoltaste, quasi foste sempre abituati a vedere e non osservare, a sopportare e non affrontare. Come se ogni azione fosse inutile... ~ Dominio I: Distrazione - consumo Basso
L'Effimero - Il potere della natura, la sua fonte di sostentamento, ciò che le permette di essere sempre presente e di continuare a dominare il nostro mondo: la creazione e distruzione. Il ciclo di rigenerazione, la possibilità di creare e dissolvere, di trasformare ogni cosa, è qualcosa che appartiene anche a me, sebbene soltanto per quanto riguardi le piante. Eppure tale facoltà è minima senza la vita a donarle persistenza. La labilità, l'estrema deperibilità caratterizza il mio potere, come se potessi creare soltanto esseri dall'esistenza impressa nella caducità. Destinata a cadere... ~ Personale 4: Attacco - consumo Variabile (utilizzata ad Alto)



Riassunto:

Myndill usa una distrazione Bassa psionica ad area che non arreca danno, ma nel frattempo usa una tecnica a consumo Alto verso Vaairo. Dopodiché scaglia una freccia verso il suo occhio.
La scena si interrompe con un excursus riguardante la battaglia vera e propria.


Note:

Perdona il quasi ritardo, ma sono stato impegnato e ieri non riuscivo proprio a scrivere, benché ci abbia provato. >.< Perdona anche la lunghezza del post, ma come t'ho detto in privato mi sembrava assurdo trattare una scaramuccia del genere mentre la guerra vera e propria è poco distante. E m'interessava anche approfondire meglio le ragioni e lo stato d'animo dei nanetti. :3 A te la palla, buon combattimento!



Edited by Desdinova - 15/4/2014, 17:17
 
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view post Posted on 21/4/2014, 18:31




Vaairo si sentì punto sul vivo dalle parole del folletto.
Una smorfia di fastidio gli deformò il volto, incurvandogli le labbra e contraendogli la mascella; tutta quella faccenda era già abbastanza assurda senza che una creaturina fatata lo incolpasse di schiavitù e codardia...! Vivere su Asgradel lo aveva lentamente attrezzato psicologicamente a strani esseri ed eventi sovrannaturali, quindi non tentennò troppo scoprendo che l'improvvisato leader dei ribelli fosse uno spiritello.
Che questi, tuttavia, lo indicasse come l'artefice di tutta quella fottuta miseria... bè, lo mandava in bestia.
Improvvisamente, tutte le circostanze che pochi istanti prima gli avevano donato una sorta di calma interiore ora si accumulavano sulla sua pelle come frustrazione repressa. La sabbia cedevole sotto i suoi stivali lo rendeva insicuro, il vento portava con sè il puzzo di bruciato di cadaveri ed edifici e l'acre odore di sudore dei soldati attorno a lui cominciava a dargli il voltastomaco.
Soprattutto, il mercenario si stava incazzando: perchè la gente si sentiva sempre in dovere di pretendere qualcosa da lui? "Vaairo, fai questo."; "Vaairo, fai quell'altro."; "Rimani."; "Vai."; "Aiutaci.".

E' tuo dovere. Sei obbligato a farlo.

Ma col cazzo.
Chi era lui, un fottuto Messìa? L'avevano preso per un santone paffuto ed amichevole, di quelli che amano dispensare consigli e filosofie?
Vaairo era un perdente, un pezzente che si adattava negli angoli delle strade e nelle pieghe della società: nè eroe, nè paladino. Avrebbe voluto gridarlo al mondo intero: NON ME NE FREGA UN CAZZO DI TUTTI VOI. L'unico avviso che poteva donar loro era scegliere da sè di che morte crepare - cosa che aveva già diplomaticamente dichiarato poco prima. Ma no, questi ora gli rinfacciavano accuse e doveri, come se fosse stato lui, o conseguenza delle sue azioni, a schiavizzare il popolo nanico - o scatenare questa guerra idiota contro i demoni. In altre circostanze avrebbe anche potuto simpatizzare per la causa di quel popolo (era stato lui stesso minatore per due anni di lavori forzati ed amava rompere i coglioni alle autorità sui propri diritti sindacali - inesistenti, dato che all'epoca era un detenuto), ma gli eventi avevano deciso altrimenti - e, certamente, non si sarebbe buttato nella mischia per loro. Tanto per cominciare, non si trovava nel Bloodrunner: era un mondo diverso, terribilmente diverso, e lo sfasamento psicologico lo gettava sin troppo spesso sull'orlo della schizofrenia. Secondariamente, non avrebbe mosso un dito per qualcuno che, mai visto prima, pretendeva un suo intervento perchè parte di un sistema.
Indovina un po', cucciolo: quello stesso sistema mi vuole morto e si importa della mia vita ancora meno di quanto io mi interessi della vostra. Vaairo avrebbe volentieri giocato tutta quella situazione ai dadi, ubriaco, sulla stessa spiaggia sulla quale i due schieramenti si squadravano in attesa del segnale del massacro: un vero peccato che tutto il fottuto mondo fosse più interessato a versar sangue che versar vino.
La Casata della Chimera teneva la sua "famiglia" ostaggio; Daryiei lo voleva morto (indirettamente); gli ufficiali delle Città Libere volevano fuggire da quel buco di Flotsam prima che i demoni (che volevano tutti quanti morti) li raggiungessero; i soldati volevano morti i nani che, a loro volta, volevano i loro aguzzini umani morti; se ci aggiungeva anche la fatina, c'era fin troppa gente che avrebbe gioito a trovarlo cadavere - e ripetere mentalmente "volere morto" come un demente gli aveva procurato solo un forte mal di testa.

Vaairo sospirò esasperato, abbassando l'ascia.
Voleva concludere lì la questione: per quanto razzista e crudele Asgradel possa essere, non aveva senso che si combattessero tra loro. La rabbia dei nani era comprensibile, ma se l'avessero concentrata altrove avrebbero potuto trovare una vita di fuga. Le navi lunghe erano state sequestrate dai maggiorenti delle Città Libere, ma molte scialuppe per la pesca erano ancora ormeggiate ai moli. Alla fine, per quanto professasse menefreghismo, Vaairo non era un uomo spietato: quella gente voleva solo sopravvivere. Era persino disposto a sorvolare sugli insulti e mangiarsi l'orgoglio.

« Sentite... », cominciò a dire con tono stanco ed arrendevole, ma un grido agghiaciante gli strozzò le parole in gola. Era un verso brutale e mostruoso, mai udito prima, e anche il mercenario si sentì per un istante minacciato da esso. Il vento forse aveva condotto sino a loro gli echi dell'assedio al perimetro della città, ma la sensazione che i demoni avessero fatto breccia nelle scarse difese di Flotsam fu molto reale. Accanto a lui, un giovane soldato strinse convulsamente la propria lancia; un altro, pochi passo più indietro, imprecò sonoramente. La situazione si era fatta improvvisamente ancora più tesa e pressante; la necessità di fuggire ora era diventata un comando imperativo inchiodato nei pensieri di tutti i presenti: i primi a prendere il largo con le navi sarebbero sopravvissuti. Gli altri, invece...

« --!! »

Fu colto totalmente alla sprovvista - solo l'istinto lo protesse, aiutandolo a non finire travolto.
Attraverso qualche sorta di diavoleria magica, il folletto lo aveva aggredito sparandogli addosso un intero rampicante, o un simil genere vegetale. L'impatto venne parzialmente assorbito da uno scudo traslucido eretto a difesa del suo tronco, a malapena sufficiente a non strappargli via di netto il braccio destro. La forza prorompente della natura lo fece pericolosamente arretrare, ma fu proprio la sabbia umida che ricopriva la battigia dinanzi al molo che gli risparmiò il soprannome di "Guercio"; il dardo scagliato dal folletto mancò di due dita il suo occhio, sfregiandogli invece il lobo dell'orecchio. La perdita dell'equilibrio e l'improvviso dolore che esplose nella sua mente lo fecero grugnire. Il disappunto si mischiò con la sofferenza facendogli realizzare con un istante di ritardo quel che la fatina aveva scatenato: l'inizio delle ostilità.
« No! », gridò, ancora mezzo rannicchiato per via dell'attacco subìto. La mano sinistra afferrò dalla cintola la flashbang, una bomba accecante che avrebbe sprigionato un flash così luminoso da fermare le animosità. Poteva ancora fermare quella follìa: la biglia venne scagliata in direzione del folletto e del suo schieramento; se fosse esplosa, forse sarebbe stata in grado di bloccare la carica dei nani.

Poi udì l'ordine di Daryiei.

« Arcieri...! »



No... No, fermi; non è necessario. Posso sistemare le cose, pensò.
Vaairo boccheggiò, intontito. Dal molo e dai ponti delle galee e delle navi lunghe una schiera di tiratori tese inesorabilmente gli archi lunghi.
Il volto dell'ex ufficiale Goryo si era trasformato in una maschera di abietta malevolenza.

« TIRATE! UCCIDETE QUESTI MOSTRI!! »

Una selva di frecce soffocò il grido del mercenario.


Status: graffio all'orecchio (danno infimo), danno medio al braccio dx, mana 70% (-1xMedio 10%, 1xAlto 20%)
CS: 6; 4 resistenza, 2 fortuna.
Armi:
lumberjack axe: ascia da boscaiolo bastarda (impugnata, mano dx)
bowie knife: pugnale militare (riposto, alla cintola)
la "picca": pugnale sottile (riposto, alla cintola).
flashbang: 1x biglia accecante (utilizzata).
bomba fgd: 2x biglia deflagrante.
collana di tormalina: artefatto epico "I Am The Fight Club".

Passive da considerare:
gli stupidi non muoiono mai: abilità passive di Talento Guardiano energia Bianca e Blu (istant-casting e auto-casting tech difensive), abilità personale passiva IV (resistenza fino a due mortali fisici)
circondarsi degli amici giusti, e non solo: abilità passiva di Talento Guardiano energia Verde (parità di potenza/consumo difese ad area)
la determinazione dei perdenti: abilità passiva della razza Umano (non sviene sotto il 10% di energie), abilità personale passiva VI (può continuare a combattere normalmente nonostante i danni subiti)
di tanto in tanto vale la pena metterci l'anima: abilità personale passiva V (una volta raggiunto e/o superato il 20% della propria riserva energetica, il pg può castare ogni genere di tech autoinfliggendosi un danno equivalente al consumo che dovrebbe spendere)
Tutto è una copia di una copia di una copia... :passiva derivata dall'artefatto I Am The Fight Club (il caster può usare la forma di donna dell’artefatto in battaglia. Per muoverla dovrà impiegare ordini gestuali e concentrarsi come se si trattasse di un’arma che stringe in mano)

Tecniche utilizzate
salvarsi le natiche nel momento del bisogno:: abilità attive di Talento energia Bianca, Verde e Blu.

A volte non basta il semplice istinto o la prudenza, quando ci si trova nei pasticci. Soprattutto nell'ambito lavorativo di Vaairo, la necessità di difendersi a volte diventa impellente; non essendo arrivato alla soglia dei trent'anni per mera fortuna, il mercenario ha imparato dal suo amico stregone, Asama, qualche semplice trucchetto estremamente utile e versatile, almeno nella misura in cui non ci si trovi a combattere contro un meteorite. All'occorrenza, quindi, Vaairo evocherà uno scudo energetico circolare innanzi a sé di potenza e consumo Basso, Medio o Alto, il cui diametro può variare da quello di un piatto di portata fino ad essere pari al massimo all'altezza del soldato stesso. Tale barriera sarà costituita di pura energia magica andata a concretizzarsi, e potrà bloccare qualsiasi offensiva non psionica. La barriera sarà trasparente, costruita dall'intrecciarsi geometrico di esagoni grandi come un pugno. [abilità passiva di talento II]

imboscata:: pergamena comune del Guerriero Imboscata.

Il guerriero richiama come dal nulla un manipolo di alleati in grado di dargli manforte in battaglia. La tecnica ha natura di evocazione. Il guerriero richiama dall'area circostante un manipolo di uomini armati, completamente personalizzabili nell'aspetto e nell'equipaggiamento purché nei limiti della tecnica, che avranno il compito di supportarlo in azione. La tecnica consente di evocare fino a una decina di individui, che potranno spuntare da dei cespugli o da nascondigli inaspettati, e il cui equipaggiamento potrà essere costituito da qualsiasi tipo di arma. A prescindere dall'aspetto e da ciò che avranno con sé, questi scagnozzi evocati saranno da considerarsi nel complesso come un'evocazione dotata di resistenza totale Alta, priva di CS. Obbediranno al Guerriero per due turni, compreso quello di attivazione, per poi sparire dal campo di battaglia. Consumo di energia: Alto

Note:
Ho sfruttato i giorni bonus per la Pasqua! Sorry per il ritardo =P
Dunque, Vaairo riesce a difendersi parzialmente dall'attacco di Myndill grazie alle passive di Talento (istant e auto casting), ma data la tua combo riesce solo per metà. La tua freccia manca di poco il suo occhio grazie alla mia superiorità complessiva di CS (6 contro 4): sfrutto infatti quelle assegnate alla "Fortuna" per far scivolare Vaairo e salvargli una visita oculistica piuttosto invasiva. Pur infuriato da tutta la faccenda, spera comunque di tenere a bada la situazione: cerca così di interrompere la carica dei nani con una biglia accecante scagliata dinanzi a te ed ai tuoi, ma la cosa viene sfruttata da Daryiei per attivare la tecnica Imboscata (pergamena comune del Guerriero): una decina di arcieri sbucano dalle navi (ipoteticamente sparsi sia sul molo che sui ponti delle navi per un arco di 140° di fronte a te) e scaricano una salva su te ed i nani nelle tue prossimità. Ovviamente off-game è Vaairo ad utilizzare la tech (e le relative energie che consuma), ma in-game ho pensato fosse un buon compromesso. Per qualsiasi cosa scrivimi!
 
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view post Posted on 25/4/2014, 13:07
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Eternal Light
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Il vecchio si mise una mano davanti agli occhi per ripararsi dal lampo di luce.
No, non c’era più via d’uscita: presto sarebbe seguito il rombo del tuono e la tempesta sarebbe definitivamente iniziata, una cruenta battaglia in mezzo a un più grande uragano, destinato a spazzare via quella piccola città insignificante.
E insieme a essa, anche le loro vite sarebbero state distrutte. Erano anche queste insignificanti?
Ne aveva viste di catastrofi, nei suoi lunghi anni, ma non aveva mai potuto fare niente per fermarle o per prendervi davvero parte. Sempre era stato succube delle azioni e decisioni altrui, si era dovuto ergere nella sua pazienza aspettando che il vaso si rompesse per poi raccoglierne i cocci e provare a riassemblarli. Sempre era stato suo compito fare del suo meglio durante e dopo i più svariati problemi, in quanto schiavo, ma mai e poi mai si sarebbe sognato di esserne la causa e di prendervi parte.
Cosa l’aveva convinto a spingere i suoi compagni a combattere?
Abbassò la mano, quasi si fosse arreso dopo il segno d’attacco dei nemici. Tutta la rabbia che era cresciuta dentro di lui quella stessa mattina si era mitigata, sostituita dalla rassegnazione prima della battaglia, dalla coscienza delle responsabilità di cui doveva farsi carico. Era sì tra i più vecchi, con quella ragnatela di rughe che solcavano il volto e la barba grigia che gli scendeva fino alla cintola, ma non per questo il più saggio.
Forse, se non avessero combattuto, se non si fossero ribellati, i loro vecchi padroni avrebbero pensato di portare alcuni di loro in salvo su quelle navi…
Si abbassò su se stesso mentre le frecce venivano scoccate. Non erano molte: i soldati erano pochi su quella nave. Troppo pochi per colpire ogni nano, eppure più che sufficienti per strappare alcune grida di dolore, qualche rantolo di morte e tonfi di corpi che crollavano a terra. Anche se i nani erano così tanti rispetto agli umani, come potevano contrastare un’offensiva vestiti di stracci com’erano?
Era colpa sua…
Ma ormai era tardi. I suoi avi avevano tramandato la leggenda, il ricordo dei fuochi verdi, di quegli enormi bracieri simbolo del loro popolo. Pochi dei giovani sapevano cosa fossero davvero, dimenticati com’erano, ma lui li aveva spinti a imparare e a ricordare, una volta che li aveva visti all’orizzonte, tra i picchi della catena montuosa che circondava la regione. Piccoli bagliori in lontananza, eppure sufficienti a far scoccare la scintilla che aveva acceso la miccia delle sue parole, della speranza più consumata.
La fame per la libertà, con l’avanzare dell’età, non era scemata, ma anzi si era acuita.
Come poteva, lui, un nano così antico e degno di rispetto, servire degli umani altezzosi e arroganti?
Aveva lanciato il grido, aveva spinto tutti a ribellarsi. Non solo il popolo incatenato e mandato in prima fila a combattere, a suicidarsi, ma anche coloro che erano stati lasciati da parte. E, così facendo, lui stesso aveva mandato anche gli altri al suicidio. Se solo quegli uomini avessero combattuto con loro, se soltanto avessero aiutato pure i loro schiavi a scappare…

Era tardi, ormai.
Questa volta non era più lui a gridare, a lanciare l’urlo di battaglia, ma i compagni attorno, accesi dalla disperazione e dalla rabbia per l’assalto appena ricevuto. Anche se così tanti, gli uomini li sottovalutavano a tal punto da lanciare l’offensiva e scatenare la battaglia… E perché avrebbero dovuto fare altrimenti, visto che loro erano soldati addestrati contro un manipolo di nani dall’aspetto di mendicanti?
Non poteva più tirarsi indietro, non c’era più scampo da quello che lui stesso aveva iniziato.
Alzò l’ascia da legna che teneva tra le mani, pronto a individuare il nemico più vicino. Gli altri si stavano lanciando verso la nave, verso gli arcieri che avevano scoccato e coloro che li difendevano. Soltanto un uomo stava davanti, quasi inebetito dalla situazione, dimenticato dagli altri forse perché non aveva abbassato le armi verso di loro. I suoi occhi grigi indicavano smarrimento. Non l’aveva sentito forse dire che coloro che lo comandavano erano le sue prede?
Probabilmente non era niente, nulla più che uno schiavo com'erano stati loro. Che diritto aveva lui di essere ancora tale mentre i nani, un intero popolo, sembravano essere destinati a morire, a diventare vittime sacrificali per via dell’andamento del destino? No, era colpa sua. Non del destino.
E non c’erano più schiavi, non potevano più esserci. Anche quell’uomo sarebbe diventato una vittima: non poteva certo tirarsi indietro ora. Non ne aveva il diritto. Come loro si era gettato nell’occhio del ciclone per prendervi parte, ma per mutarlo in qualche modo si era lasciato travolgere dai venti cercando di comandarli. Non era questo il compito di chi serviva, non poteva certo sperare di prendere decisioni e fare da ago della bilancia. Era piuttosto soltanto il carico che lo muovesse, nulla più che uno strumento volto creare soltanto un maggior peso.
Il vecchio superò il folletto che s’ergeva davanti a lui, una delle poche nuvole in quella tempesta che non ne facesse direttamente parte, come un puntino di luce in mezzo alle tenebre. Se ce ne fossero stati di più come lui, forse, avrebbero avuto qualche speranza di vincere, di convincere anche gli umani a combattere per loro, con loro e non contro di loro, formando così un’intensa stella in mezzo a quell’oscurità portata dai demoni.
Ma era impossibile ve ne fossero molti, di pazzi e incoscienti come questo esserino. Eppure, come quei focolari verdi all’orizzonte, vedere qualcuno sostenere la loro causa, aiutarli, non poteva far altro che giovare al coraggio dei nani, impedire che anche lui stesso gettasse l’ascia a terra rassegnandosi all’inevitabile. Nonostante tutto si muoveva in avanti, con poca grinta come se fosse stata l’inerzia a muoverlo, ma questa forza non era causata nient’altro che dalla speranza. Quest'ultima era lieve, fioca e debole, quasi una semplice illusione, eppure ancora un poco presente: unico appiglio disponibile in quella battaglia tanto disperata.
Il nano alzò lo sguardo a incrociare gli occhi grigi dell’uomo al centro del gruppo, per poi lanciare un urlo quasi forzato verso di lui mentre iniziava a correre incespicando sulle sue vecchie ossa e tenendo sollevata l’ascia. Sarebbe stato una vittima come tutti loro, sì, ma forse non avrebbe conosciuto il peso della responsabilità se fosse morto prima.



Myndill osservò la nuca calva del nano davanti che tentava di colpire il suo avversario alla spalla, con l’arma alzata.
La battaglia intorno a lui era ormai iniziata, partendo da quella luce accecante che l’aveva distratto per poi essere seguita dalla prima pioggia di quella bufera: le frecce cadute dal cielo. Era riuscito a evitarle abbassandosi in mezzo ai nani, nascondendosi tra loro in modo da non essere visto né individuato, ma non tutti i proiettili si erano piantati sul legno della banchina. Molti del piccolo popolo erano caduti, troppi urlavano di dolore verso le ferite dove i dardi si erano piantati, come spine sorte dalla pelle e nutrite dal sangue che da essa sgorgava copioso. Perché?
I nani si erano lanciati all’attacco all’unisono, senza un ordine preciso, alla rinfusa eppure tutti insieme: un’onda caotica, eppure troppo grande perché fosse contrastata facilmente o anche solo controllata.

Tutto si sarebbe aspettato, la lucciola, tranne che gli umani stessi iniziassero l’attacco.
Erano nel torto, volevano scappare dalla guerra contro i demoni, e loro stessi ne iniziavano una? Sì, era stato lui stesso a scagliare la prima offensiva, ma più per lanciare una minaccia. Non s’aspettava che essi rispondessero così prontamente e in modo tanto aggressivo. Un tentativo di fuga sarebbe stato più prevedibile, e invece avevano deciso di decimarli. Consideravano così poco i nani da sottovalutarli anche quando in svantaggio numerico, tanto da non ritenere onorevole fuggire davanti a loro, a degli schiavi ribellatisi?
Eppure stavano scappando, anche se da dei demoni - o almeno era questo il loro obiettivo.

Tuttavia non c’era più modo di permetterglielo. Dopo decenni di sfruttamento, dopo averli mandati in prima linea a farsi divorare dai demoni, dopo averli abbandonati… ancora uccidevano i nani? Non c’era pietà nelle loro azioni, nemmeno giustizia, soltanto egoismo e lo sfruttamento da parte di chi si sentiva superiore a qualcun altro solo per via delle proprie condizioni di nascita più fortunate.
Che differenza c’era tra umano e nano, fata e demone? Soltanto ciò che li spingeva ad agire, i fili che guidavano le loro azioni. Questi fili per i nani erano stati per troppo tempo come quelli delle marionette mosse dall’alto e senza possibilità di decidere quali azioni compiere. Eppure nemmeno ora potevano davvero dire di governare con le proprie mani i loro corpi come controllando dei burattini: c’era ancora lo spago delle circostanze a muovere i loro passi, a impedirgli di avere il pieno controllo di loro stessi.
Chi delle persone su quel molo, su quelle grandi navi in mezzo al mare agitato e scuro, poteva davvero dirsi libero da vincoli? I nani non di certo, ma nemmeno i soldati, sottoposti com’erano ai comandi provenienti dall’alto; solo la fata, che era lì per propria scelta, perché aveva deciso di non tirarsi indietro davanti a quella disperazione, di non fuggire di nuovo le responsabilità che poteva e doveva assumersi.
E i capi. Sì, coloro che avevano ordinato alle navi di salpare, agli schiavi di combattere, ai soldati di difenderli. Coloro che avevano ordinato l’attacco.
Insieme al destino che aveva condotto fin lì i demoni, erano loro ad aver causato tutta quella situazione e forse quelli che potevano mutarla. Ma come potevano volerlo, dopo essersi già spinti a tanto?
Uno di loro si era esposto dal cornicione dell’imbarcazione. Aveva ordinato ai suoi di scoccare le frecce, con la sua voce tanto potente in mezzo al silenzio seguito la luce accecante da poter essere udita da tutti in quell’istante. In mezzo alla confusione della battaglia imperversante, Myndill lo vide ancora, intento a osservare la situazione. Forse se lui fosse morto o avesse rischiato si sarebbe ricreduto, o l’avrebbero fatto i suoi per lui, senza più una guida da seguire e qualcuno da difendere se non le proprie case e famiglie, già minacciate dall’attacco dei demoni.
La fata volse i suoi occhi castani verso l’uomo: sì, era abbastanza vicino per essere colpito da una sua freccia. Nessun altro dalla sua parte impugnava archi o balestre, nessuno poteva nemmeno dire di avere armi vere e proprie che non fossero prima di tutto strumenti di produzione come asce e picche, pale e coltelli.
Quello era il suo compito, ciò che lui solo poteva fare. Si sollevò su se stesso, innalzandosi poco sopra i nani che si gettava verso i soldati muniti di picche, quasi autocondannandosi di fronte alla violenza dei loro trapassi. Molti morivano ancor prima di arrivare a scalfire la loro armatura, ma erano troppi e troppo violenti nella loro furia per non riuscire anche solo a sbilanciare gli umani in difficoltà di fronte alla carica. Mentre un nano veniva sventrato, un altro si gettava sull’uomo buttandolo a terra e, come cercando di difendersi dagli sciacalli su una preda tanto odiata e allo stesso tempo agognata, questo doveva combattere con tutte le proprie forze per non essere travolto dall’ondata inferocita che lo sommergeva.

Il vento soffiava forte a qualche metro da terra, fresco e tanto potente da spingere completamente all’indietro i capelli castani della fata e mostrare le sue lunghe orecchie appuntite. Le ali battevano rapide creando una nuvola indefinita di luce alle sue spalle, ma la corda dell’arco divenne sempre più sottile e delineata mentre veniva tesa dal suo piccolo braccio. Myndill chiuse un occhio cercando di mirare all’uomo che aveva ridotto in frantumi ogni possibilità di raccogliere insieme le forze di nani e umani per combattere la minaccia più grande alle loro spalle, sempre più vicina e pressante, tanto da far presagire il proprio fiato sul collo di tutti. Presto le urla dei demoni sarebbero state vere. Troppo presto.
Avrebbe tentato di colpire il nemico al collo, di soffocarlo recidendogli la gola con la punta della propria freccia, in modo che non potesse più ordinare alcun attacco ai suoi, che non avesse più alcuna parte in quella battaglia, in quell’intera guerra che si stava combattendo. Soltanto così, forse, la situazione sarebbe stata risolta e si sarebbero potuti volgere verso il problema più grande e sempre più prossimo.
La lucciola lasciò andare la corda e la freccia cominciò a volare, dritta verso il suo bersaglio: spettatrice della violenza terrena, del sangue che cominciava a tingere non solo il legno del molo ma anche le acque al di sotto, degli odori nauseanti che si mischiavano alla salsedine del mare in subbuglio e alla cenere delle case in fiamme.
Doveva fare in fretta o tutti loro, nessuno escluso, sarebbero tornati alla polvere.



Capacità Straordinarie: Agilità 4
Status Fisico: Illeso, 16/16
Status Psicologico: Illeso, 16/16
Energia: 65%


Equipaggiamento:

L'Arco - L'arma ovvia per una fata, quella più classica dopo le sue magie: con questo piccolo arco mi è permesso scontrarmi, posso tirare frecce che potrebbero risultare letali se colpissero il punto più debole del nemico. Di origine naturale come me stesso, originato dal legno di un frassino, ha una forma semplice e sinuosa. Considerata la sua lunghezza, che supera a malapena il piede e mezzo, la sua gittata non è molto elevata, ma compensa con una precisione migliore grazie alla più semplice maneggevolezza. Anche le cose più misere hanno la propria importanza... ~ Arma da tiro: 13/15 frecce


Passive Attive:

La Fata - Cosa sono io? Non sono animale né pianta, umano né demone. Cosa sono, una creatura a metà tra due diversi mondi? Non ho una natura materiale definibile come gli altri esseri, non sono visibile quanto loro. Eppure posso essere colpito, posso persino essere visto. Come se fossi sempre in bilico tra dimensioni diverse, non mi è permesso essere individuato in questo mondo né percepito. Il mio passaggio non lascia tracce, il mio corpo non emette suoni, la mia presenza non è avvertibile. Eppure nulla può evadere la mia vista, nessuna cosa che non sia volutamente celata potrebbe mai eludere i miei occhi. Niente può scappare da me, tanto meno io stesso... ~ Dominio I-II-III e Razziale: Furtività e Vista
Tuttavia mi muovo in questo mondo a così poche dimensioni, in lungo e in largo, in alto e in basso, ma non abbastanza da vincere la gravità che m’impedisce di staccarmi dal terreno più di poco, come se incielarmi mi fosse impedito, quasi che un macigno fosse sempre presente, attaccato alla mia caviglia. Anche se volessi scappare non potrei, né in cielo né in terra. Ovunque troverei qualcuno, essere umano o animale, cosciente o istintivo che sia, a tentare la mia fiducia provando a ricostruire illusioni di vetro. ...Come se non potessi mai fuggire davvero. ~ Personale 1 e Pergamena Affinità Animale: Levitazione e Comunicazione Animale


Tecniche Utilizzate:

Il Lume - La propria piccolezza a volte può essere un grosso problema, quasi un difetto. Come se nessuno riuscisse a notare qualcuno che non sia abbastanza rilevante da essere considerato, quasi non esistesse. Tuttavia ogni caratteristica ha lati negativi e positivi, aspetti che intralcino e altri che aiutino. Difficile da individuare, altrettanto da colpire: la mia grandezza mi permette di eludere quasi ogni pericolo a me rivolto, come se nulla potesse più toccarmi e fossi immune a ogni cosa. Finché sarò irrilevante la sofferenza sarà lontana... ~ Pergamena Mimetizzazione: Difesa da Attacchi Fisici due turni - consumo Medio
Assalto Nanico - Tecnica bonus del torneo Erdkun di natura fisica e che arreca danno Medio. Un nano vecchio, poco agguerrito, ma comunque disperato, si getta contro l'avversario per lanciare una tecnica di natura fisica e che arreca danno Medio, descrivibile tramite un semplice colpo d'ascia rivolto alla spalla del nemico. ~ Tecnica bonus - Danno medio e consumo Nullo



Riassunto:

I nani subiscono l'assalto di frecce e si gettano all'attacco. Uno in particolare attacca Vaairo (tecnica bonus) cercando di arrecargli un danno medio alla spalla, mentre Myndill, dopo aver parato la pioggia di proiettili grazie a Mimetizzazione, si innalza un poco al di sopra della folla per tirare una freccia verso Daryiei, individuandolo come capo degli attaccanti.


Note:

Siccome mi sembrava forzato combattere direttamente contro Vaairo - dopo l'assalto di frecce e mancando una sua reale offensiva, ho usato qualche trucchetto per attaccarlo indirettamente. L'azione verso Daryiei è motivata ongdr dal suo grido d'attacco, mentre offgdr dal fatto che, stando alla tua narrazione, se morisse ci sarebbero problemi per Vaairo e, in particolare, i suoi. Presupponevo quindi che lui dovesse provare a difenderlo e a intercettare in qualche modo la freccia, visto che Myndill dovrebbe essere sufficientemente visibile. Se la maledetta fatina minacciasse di attaccare direttamente Daryiei, almeno, Vaairo dovrebbe avere l'ordine e l'incentivo di combattere! :v In questo modo pensavo di dare un po' più di spinta alle azioni del tuo personaggio.
Ah, mi sembrava anche eccessivo parare tutte le frecce grazie alle 4 CS in più dopo essere stato accecato, quindi ho preferito usare una tecnica adornata di motivazioni narrative.
Edit: corretto due sviste minime.



Edited by Desdinova - 27/4/2014, 20:34
 
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view post Posted on 29/4/2014, 10:07




L'ascia di un nano salì con una lentezza impressionante, scavando il volto di una recluta; il sangue schizzò via dallo sfregio mortale su quello che una volta era stato un giovane viso, imbrattando le vesti di Vaairo a pochi passi da lui. Sopra la sua testa era comparsa la lunga asta di una picca, tesa per impalare il basso bersaglio di un nemico agguerrito munito di piccone. La mano nodosa della povera vittima si sciolse, lasciando cadere sulla sabbia umida il pesante strumento da scavo tramutatosi in arma per uccidere.
Il mercenario stava lì in mezzo, desolato ed immobile: era uno spettacolo tragicamente squallido.

Per quanto potesse apparire esperto, Vaairo non era un uomo di guerra: era un delinquente ed un criminale, ma non aveva mai partecipato a vere e proprie battaglie campali - non dalla lotta contro i Kaeldran, per lo meno, e quella era stata il suo "battesimo". Catapultato in un mondo di lame ed acciaio, un uomo avvezzo al combattimento con le armi da fuoco poteva trovare similitudini solo con una rissa da taverna.
Ciò che stava accadendo attorno a lui, tuttavia, non era una zuffa di ubriachi: il pensiero che, nonostante tutto, non fosse riuscito ad evitarla gli stava rapidamente corrodendo l'animo.
Perchè doveva importarsene? Era persino stato attaccato, offeso ed insultato: cosa voleva quella gente da un pezzente come lui?
La frustrazione cresceva senza tregua dentro di lui: non potevano tutti morire per i cazzi propri e lasciarlo in pace? La sensazione perenne di essere l'uomo sbagliato nel posto sbagliato in un momento sbagliatissimo lo stava uccidendo: Daryiei, le Città Libere, i nani, Flotsam, i demoni e i folletti... Ammazzatevi per conto vostro, pensò. Non voglio fare parte della vostra follia.



Le prime linee degli schieramenti cozzarono violentemente; le Città Libere, per quanto meglio equipaggiate e composte da soldati professionisti, erano in numero nettamente inferiore al folto gruppo nanico. Il piccolo popolo poi pareva galvanizzato dall'eroismo del loro sovrannaturale condottiero magico: la giovane fata ora si era librata in volo qualche spanna sopra le teste dei guerrieri in combattimento e tendeva il suo arco in miniatura. Vaairo riusciva a scrutarlo appena, perchè il mercenario stava ancora mezzo inginocchiato a terra, ormai avvolto dalla battaglia. Gli arcieri sulle navi stavano ancora tirando impietosamente sui nani, falcidiandone più di quanti normalmente avrebbero mai sperato di colpire tanto folto e privo di protezioni era il gruppo. Il folletto, però, si innalzava come un faro di giustizia e speranza: finchè sarebbe stato in piedi, i nani non avrebbero ceduto terreno.
Alcuni guerrieri puntarono le loro armi da tiro nella sua direzione, ma la polvere ed il fumo degli incendi rendevano difficile colpire le sue piccole dimensioni: la maggior parte dei colpi andava a vuoto, perdendosi alle sue spalle.

La fatina, perciò, trovò tutto il tempo del mondo per prendere la mira.

« Fermo...! », gridò Vaario, realizzando ciò che stava per fare. Il panico si impossessò del suo corpo: l'adrenalina aveva lasciato spazio al terrore, cancellano ogni altro pensiero nella sua mente. Riuscì a vincere la tentazione di voltarsi per appurare ciò che il suo cervello già immaginava stesse per accadere e ciò gli salvò la vita, poichè un anziano nano dallo sguardo dolente sembrò ricordarsi che anche Vaairo faceva parte delle Città Libere e, al momento, nessuno sembrava desideroso di ingaggiarlo; fece calare un colpo d'ascia sulla sua spalla, cui il guerriero rispose con la stessa barriera che l'aveva protetto dal rampicante magico del folletto pochi istanti prima. La potenza dell'attacco, tuttavia, non era neppure lontanamente paragonabile a quella precedente - come se neppure il nano fosse convinto di quanto stesse facendo. Ma la preoccupazione di Vaairo, che nel frattempo si era levato in piedi, era tutta altrove.

« FERMOH! »

« TIRATE! TIR--AGH! »

Daryiei si accasciò al suolo con un violento rantolo di dolore, colpito al collo dal piccolo dardo del folletto. La pesante gorgiera di metallo poteva averlo difeso dalla stessa medicina che stava propinando ai nani, ma il fiotto di sangue che ne era scaturito pareva abbastanza eloquente. Tre attendenti corsero a chinarsi su di lui, celandolo completamente alla vista del mercenario.

Vaairo impazzì.

Dimentico del nano che lo aveva appena aggredito - spostatolo lateralmente con la mano mancina come se si trattasse di un alto canneto che gli ostruiva il cammino -, il giovane di Taanach puntò i suoi occhi grigi pieni di livore sul folletto; non lo odiava davvero per ciò che aveva fatto, anzi: non esisteva uomo al mondo più felice di lui nel vedere quel vigliacco di Daryiei soffrire come un cane. Fosse stato per lui, quel pezzente sarebbe morto molto tempo prima.
Il problema, però, era che non dipendeva affatto dalla sua volontà.
Se Vaairo fosse tornato a Taanach senza Daryiei, la casata della Chimera avrebbe giustiziato la sua "famiglia". La sua insaziabile sete di vendetta era stata spazzata via con un singolo colpo di freccia: nel suo cuore, sotto una pesante coltre di rabbia, si fece strada la rassegnazione.
Era spacciato.

La mano sinistra afferrò una piccola granata che portava alla cintola. Era un oggetto insidioso e versatile, dal basso potenziale esplosivo: avrebbe creato il caos tra le fila naniche e, con un pizzico di fortuna, danneggiato quanto basta per metterli in rotta. Doveva portare Daryiei - sempre che fosse ancora vivo - lontano da lì.
La scagliò nell'area direttamente sotto il folletto, che probabilmente si sarebbe trovato coinvolto dall'esplosione. Vaairo odiava se stesso per i mezzi del quale era costretto servirsi per salvare uno degli uomini che più odiava al mondo; era disgustato, orripilato - furibondo: quando si è privi di una scelta, si sfoga la propria frustrazione equamente su se stessi e sui nemici dinanzi.

« Perchè?! », gridò, neppure consapevole perchè domandasse una domanda tanto ovvia. Non era più in grado di ragionare razionalmente, ormai. C'erano almeno un paio di milioni di motivi per cui Daryiei meritasse la morte ed il disprezzo di una creatura come la fatina, ma Vaairo, al momento, non riusciva a trovarne nemmeno uno.

Accecato dall'egoismo e dalla disperazione, il mercenario balzò con tale foga ed energia da compiere un gesto quasi impossibile. Il suo volto era deformato dall'ineluttabile pensiero che ormai tutto ciò che voleva proteggere fosse perduto: se solo avesse messo ko quel folletto, pensava, forse i nani sarebbero battuti in ritirata e loro sarebbero potuti salpare verso la salvezza.

Dardi fischiarono vicinissimi alle sue orecchie; quasi, neppure sentiva la stanchezza o il dolore al fianco ferito. Calò sopra la fatina sospesa in aria, facendo cadere la parte posteriore della testa della sua ascia su quel piccolo cranio magico.

« PERCHE'?? »


Status: graffio all'orecchio (danno infimo), danno medio al braccio dx, mana 55% (-1xMedio 10%, 1xBasso 5%)
CS: 6; 4 resistenza, 2 fortuna.
Armi:
lumberjack axe: ascia da boscaiolo bastarda (impugnata, mano dx)
bowie knife: pugnale militare (riposto, alla cintola)
la "picca": pugnale sottile (riposto, alla cintola).
flashbang: 1x biglia accecante (utilizzata).
bomba fgd: 2x biglia deflagrante. (1x utilizzata)
collana di tormalina: artefatto epico "I Am The Fight Club".

Passive da considerare:
gli stupidi non muoiono mai: abilità passive di Talento Guardiano energia Bianca e Blu (istant-casting e auto-casting tech difensive), abilità personale passiva IV (resistenza fino a due mortali fisici)
circondarsi degli amici giusti, e non solo: abilità passiva di Talento Guardiano energia Verde (parità di potenza/consumo difese ad area)
la determinazione dei perdenti: abilità passiva della razza Umano (non sviene sotto il 10% di energie), abilità personale passiva VI (può continuare a combattere normalmente nonostante i danni subiti)
di tanto in tanto vale la pena metterci l'anima: abilità personale passiva V (una volta raggiunto e/o superato il 20% della propria riserva energetica, il pg può castare ogni genere di tech autoinfliggendosi un danno equivalente al consumo che dovrebbe spendere)
Tutto è una copia di una copia di una copia... :passiva derivata dall'artefatto I Am The Fight Club (il caster può usare la forma di donna dell’artefatto in battaglia. Per muoverla dovrà impiegare ordini gestuali e concentrarsi come se si trattasse di un’arma che stringe in mano)

Tecniche utilizzate
salvarsi le natiche nel momento del bisogno:: abilità attive di Talento energia Bianca, Verde e Blu.

A volte non basta il semplice istinto o la prudenza, quando ci si trova nei pasticci. Soprattutto nell'ambito lavorativo di Vaairo, la necessità di difendersi a volte diventa impellente; non essendo arrivato alla soglia dei trent'anni per mera fortuna, il mercenario ha imparato dal suo amico stregone, Asama, qualche semplice trucchetto estremamente utile e versatile, almeno nella misura in cui non ci si trovi a combattere contro un meteorite. All'occorrenza, quindi, Vaairo evocherà uno scudo energetico circolare innanzi a sé di potenza e consumo Basso, Medio o Alto, il cui diametro può variare da quello di un piatto di portata fino ad essere pari al massimo all'altezza del soldato stesso. Tale barriera sarà costituita di pura energia magica andata a concretizzarsi, e potrà bloccare qualsiasi offensiva non psionica. La barriera sarà trasparente, costruita dall'intrecciarsi geometrico di esagoni grandi come un pugno. [abilità attiva di talento II]

imboscata:: pergamena comune del Guerriero Imboscata. (1 turno, il presente, rimanente)

Il guerriero richiama come dal nulla un manipolo di alleati in grado di dargli manforte in battaglia. La tecnica ha natura di evocazione. Il guerriero richiama dall'area circostante un manipolo di uomini armati, completamente personalizzabili nell'aspetto e nell'equipaggiamento purché nei limiti della tecnica, che avranno il compito di supportarlo in azione. La tecnica consente di evocare fino a una decina di individui, che potranno spuntare da dei cespugli o da nascondigli inaspettati, e il cui equipaggiamento potrà essere costituito da qualsiasi tipo di arma. A prescindere dall'aspetto e da ciò che avranno con sé, questi scagnozzi evocati saranno da considerarsi nel complesso come un'evocazione dotata di resistenza totale Alta, priva di CS. Obbediranno al Guerriero per due turni, compreso quello di attivazione, per poi sparire dal campo di battaglia. Consumo di energia: Alto

balzo:: pergamena iniziale del Guerriero Balzo.

Il guerriero, concentrando la propria forza nelle gambe, riesce a compiere un balzo fuori dal comune, che può raggiungere grandi altezze. La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di compiere un balzo di altezza molto superiore al normale. Il peso e l'agilità del personaggio potranno influire sull'altezza del salto. La tecnica potrà servire per evitare attacchi di ampia portata, ma non sarà così rapida da poter evitare attacchi rapidi o movimenti frenetici. Potrà valere come una difesa di livello Basso. È una tecnica istantanea, valida per il tempo di un solo salto e non cagiona alcun danno se utilizzata in azioni offensive o di supporto. Consumo di energia: Basso

Note:
Finalmente si va in CQC! Allora, Vaairo si difende dal nano usando la stessa difesa precedente, consumando un Medio. E' troppo distante per proteggere Daryiei (che è sul ponte dalla nave a comandare, mentre lui si trova sulla spiaggia circondato dalla battaglia), che cade colpito al collo (lascio incerto il suo destino; tecnicamente mi servirebbe ancora vivo, ma vediamo come procede la storia di questo duello). Vaairo a quel punto impazzisce per la disperazione, scagliando una bomba deflagrante (oggetto dell'erboristeria) ai piedi di Myndill e dei suoi nani per poi servirsi della pergamena Balzo per "saltare" tutto lo schieramento nanico e calare dall'alto sul folletto. L'attacco fisico che ne segue è semplicemente portato tramite CS e non sfrutta la parte affilata della lama (Vaairo non vuole uccidere Myndill ma solo metterlo ko). La tecnica Imboscata è ancora attiva e gli arcieri sulle nani continuano a bersagliare la gente sulla spiaggia, Myndill compreso (tipo 2-3 dardi su di lui, gli altri sono sparsi in giro su altri bersagli). La tecnica Mimetizzazione lo protegge completamente dai loro attacchi, ma dato che li avevo ancora per un turno tanto valeva sfruttarli xD
A te!
 
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view post Posted on 4/5/2014, 09:55
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Eternal Light
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È vero, mamma?

Il bambino fissava la nana attraverso i neri occhi spalancati, la voce ridotta a un fragile sussurro. La sua piccola mano tirava la lunga gonna già stracciata, quasi rischiando di strapparla ulteriormente.

Papà sta combattendo i padroni?

Rimase a guardare la donna che stava seduta sullo sgabello dondolando il capo avanti e indietro con un ritmo lento, perso insieme alle vicine onde del mare - acqua salata che faticava a trattenere celata dietro quell’apparente calma davanti al bambino.
Eppure quest’ultimo non poteva fare a meno di insistere. C’era qualcosa di sbagliato in tutto quello che stava accadendo. Aveva imparato da quand’era nato che il suo destino, quello del suo popolo, era di servire gli umani come punizione per quello che molto tempo addietro avevano compiuto. In cambio avrebbero avuto cibo e protezione. E li avevano avuti, nonostante tutto quello che avevano fatto in passato.
Il padrone della sua famiglia, una volta, aveva persino donato una moneta di rame a lui stesso, un bambino insignificante, che non meritava assolutamente nulla in quanto prole di un popolo inferiore.
E, ora, i suoi genitori, gli altri nani, tutti combattevano contro i signori che concedevano loro il lusso di servirli anziché sterminarli tutti. Era potuto nascere e crescere, aveva trascorrere l’infanzia senza morire grazie a loro, ma ora…
La donna si limitava a guardare fuori dalla finestra continuando a piegare la testa, chiusa nelle cucine dell’abitazione di chi il marito aveva ucciso: colui che aveva dato loro da mangiare e un tetto sulla testa in cambio di lavoro.

Non voglio diventare come lui…

Lacrime erano cominciate a sgorgare dagli occhi del piccino mentre stringeva la stoffa tra le sue mani, lasciandosi poi cadere a terra in un pianto disperato senza, però, ottenere risposta, quasi la madre fosse stata già rubata della propria vita di fronte alla disperazione della loro situazione. Non potevano far nient’altro che aspettare, ma l’attesa li stava consumando.
Ancora riusciva a vederlo: suo padre con la grande picca in spalla, lo sguardo fiero, che usciva per andare a scavare nei giacimenti di sale, in modo che loro avessero una pagnotta da mangiare. Compiva passi quanto più larghi possibile mentre attraversava l’entrata della loro capanna di fango, quasi a sfidare le catene ai piedi imposte affinché non potessero fare lo stesso errore dei loro antenati.
Gli umani non li avevano forse protetti da loro stessi? Da generazioni era stato loro impedito di annientarsi da soli com’erano quasi riusciti a fare in passato e il bambino stesso, da nove anni, ne era testimone. L’ordine e la sicurezza necessari imponevano ai nani di servire gli umani in cambio di tutela da loro stessi, e come prezzo per ciò che avevano fatto.

Tuttavia… avevano ucciso chi li aveva tenuti al sicuro, si erano ribellati quasi fosse stato possibile sconvolgere l’ordine imposto dal volere della società e dalla natura.
Non era forse giusto che loro servissero in tutti i modi possibili i loro salvatori, anche se ciò avesse comportato la loro disfatta?
Forse era destino che la loro fine fosse legata all’avvento dei demoni. Erano stati loro a richiamarli per primi tempo addietro, liberandoli dalle viscere della terra. Forse era stato il desiderio stesso di ribellione a liberarli un’altra volta dalle prigioni sotterranee in cui erano rinchiusi. Era davvero un caso che gli eventi, gli scontri si ripetessero uguali come molto tempo prima?
Questa volta, tuttavia, non ci sarebbero stati gli umani a fermare i danni del popolo nanico, no. Erano stati cacciati, se non addirittura uccisi. Alcuni erano fuggiti per salvarsi la pelle, mentre altri non erano riusciti ed erano così stati condannati a perire, sotto l’assalto demoniaco o i colpi d’ascia dei loro stessi servi, di coloro che avevano misericordiosamente tenuto sotto la loro ala.
Sembrava che il suo popolo stesse nuovamente tentando di condannare il mondo alla fine, alla distruzione più totale, se non con la disperazione che aveva risvegliato le mostruosità, almeno attraverso la guerra aperta contro gli umani in un momento tanto critico. Si ritrovavano sempre a rivestire il ruolo di carnefici ingenui, cercando di affossare se stessi e trascinare insieme tutto il resto, come se il baratro della giusta punizione in cui erano reclusi da tempo immemore non fosse stato abbastanza. No, non lo era stato, a giudicare dalle urla di dolore che giungevano dalle vie.

La donna s'immobilizzò per un attimo; i suoi occhi sbarrati a malapena s'intravedevano attraverso i lunghi capelli castani ingarbugliati tra loro, selvaggi e luridi sulle spalle. Un rumore giunse fino alla stanza, sovrastando le grida e il clangore che veniva da fuori. Sembrava che qualcosa stesse raschiando avidamente la porta della casa tanto ferocemente da far risuonare il suono di lame che si conficcavano nel legno nelle stanze adiacenti all’ingresso, persino nella cucina. Il boato del portone che si schiantava a terra era seguito dal suono, più violento di prima, del vento al di fuori, delle urla ora più forti e distinte, quasi fosse stato rimosso un velo che prima impedisse di udirle bene. Stavano arrivando.
Il bambino trattenne il fiato e smise di piangere, conscio del fatto che non poteva essere un alleato a produrre rumori tanto selvaggi da far accapponare la pelle. Un’espressione di orrore si dipinse sul suo volto rosso mentre comprendeva che la fine stava per giungere, che il loro odore non gli avrebbe permesso di nascondersi di fronte ai demoni. Cercavano soltanto lo sterminio, senza la benché minima scintilla di pietà in loro.
Perché lui, lui che avrebbe sacrificato la propria vita per i suoi padroni, che conosceva il giusto ordine delle cose, doveva perire in modo così inutile per colpa degli altri nani che, invece, avevano tentato di sconvolgere il Paese? Avevano detto che era troppo giovane per combattere, ancora troppo piccolo, e non motivato nonostante le circostanze tanto disperate, eppure in quel momento l’angoscia della sua situazione gli dava la grinta necessaria ad affrontare il pericolo, la rabbia superava la disperazione della condanna. Non solo dalla nascita aveva dovuto pagare il giusto prezzo degli errori dei suoi antenati, ora era costretto anche a passare sotto la ghigliottina destinata ai ribelli e da loro stessi lasciata cadere.

Pregava che gli avessero almeno lasciato un’arma degna di tale nome per difendere la madre che lo aveva messo al mondo; era nato quale essere inferiore, in un mondo in cui era condannato a soffrire e a non ottenere mai nulla se non la pietà di una vita da penitente, ma aveva comunque avuto la possibilità di vivere.
Eppure non riusciva a muoversi, poteva limitarsi soltanto ad ascoltare gli stridii di giubilo, mostruosi e orribili, degli abomini che si avvicinavano a tonfi sul pavimento di travi, mandando vibrazioni che giungevano sino a lui.
Che differenza c’era? Anche se non aveva fatto niente di male nella propria vita per meritarsi una morte tanto violenta, non aveva fatto nulla nemmeno per essere condannato a vivere una vita da schiavo. Le responsabilità delle azioni altrui pesavano sulle sue spalle, sulla sua esistenza, come macigni destinati a distruggerlo.
Sembrava che la sua fine ormai vicina fosse l’altra faccia della moneta, quasi il destino si fosse divertito a scrivere il suo passato e il suo futuro ancor prima che venisse al mondo.
Non poteva più piangere, non poteva più parlare. Soltanto l’attesa dei passi sempre più vicini consumava il piccolo nano mentre si ergeva dietro la porta con un coltello da macellaio in mano, lasciato indietro dagli altri nani poiché troppo arrugginito. Tuttavia era l’unica arma che possedeva, la sola cosa con cui potesse difendere sua madre e se stesso, aggrappandosi alla disperazione che lo stava consumando, che aveva consumato tutto il suo popolo.



Un’esplosione colse Myndill di sorpresa mentre osservava l’uomo sulla nave cadere sotto la freccia che aveva appena scoccato. Delle piccole ustioni bruciarono i suoi piedi nudi facendogli digrignare i denti per trattenere il dolore improvviso.
Si era esposto e, così facendo, era divenuto preda di frecce che aveva, grazie alla propria destrezza, evitato facilmente nascondendosi tra il fumo e la cenere mossi dal vento insieme alle urla della battaglia attorno. Non era però riuscito a evitare un colpo rivolto direttamente a lui: la granata che era esplosa proprio sotto di lui lanciando schegge di legno tutt’attorno. Il bagliore di fuoco aveva colto di sorpresa tutti quanti anche in mezzo alla battaglia, quasi stonasse in mezzo al grigio del paesaggio e al rosso cupo del sangue.
La fata si era aspettata che gli uomini si pietrificassero di fronte alla caduta del loro capo, e invece si ritrovò a evitare il colpo di un’ascia diretto alla testa, seguito alla piccola esplosione che aveva spento ogni speranza di terminare quella battaglia rapidamente.
Una fitta l’aveva colto mentre udiva il grido dell’uomo dagli occhi grigi che si stava gettando su di lui per abbatterlo. La fata aveva sbarrato gli occhi di fronte al salto che l’umano stava compiendo, quasi potesse anche lui volare, ma riuscì a scansarsi appena in tempo per non essere colpita in pieno, non riuscendo però a evitare un’escoriazione alla spalla destra. La pallida pelle sotto la tunica bruna era ora esposta e dalla sbucciatura sgorgava sangue superficiale.
Poteva soltanto ringraziare i propri riflessi per aver evitato di lasciarci non soltanto un pezzo, ma tutta la pelle sotto la ghigliottina che si era calata su di lui.
No… Si sbagliava. Quello rivolto a Myndill non sarebbe stato in alcun modo un attacco mortale: l’uomo che aveva già affrontato l’aveva assalito con l’ascia rivolta dal lato privo di lama.

La fata lo osservò compiendo curvandosi all’indietro per non perdere quota mentre si riprendeva dall’urto, tenendo sempre l’arco di legno in mano e socchiudendo gli occhi per via del dolore: aveva subito ferite di piccola entità, eppure il fastidio che gli arrecavano era notevole. Non era tempo per le parole - non ce n’era -, eppure non poteva fare a meno di fissare, con i verdi occhi sbarrati e le labbra leggermente socchiuse, l’attaccante.
Anche se la lucciola l’aveva pericolosamente ferito, sebbene avesse cercato di uccidere il suo padrone, quest’uomo si ostinava a combattere come in un’esercitazione, non adoperando davvero tutte le proprie risorse. Non capiva che questa era una guerra, scatenata proprio da loro stessi quando aveva deciso di condannare i nani?

Perché, chiedi? Perché non c’è altra via e il nemico è un altro.

Eppure anche Myndill stava combattendo sul fronte sbagliato, insieme ai nani.
Evitò di lato un’altra freccia vagante che si conficcò sul legno del molo, di fianco al cadavere di un nano riverso a terra, con un dardo piantato nel petto. L’espressione del morto era spenta, fissava il cielo cupo e pareva libera di ogni rabbia o nota di disperazione. Sembrava libera.
La lucciola incoccò un’altra freccia e ne rivolse la punta verso il viso vicino dell’umano, tendendo l’arco sempre di più mentre librava in aria mantenendo la posizione nonostante il vento che stava divenendo ancor più impetuoso, quasi ad annunciare la minaccia sempre più incalzante dei demoni.

Perché da soli non possiamo farcela, né noi né voi.

Perché non capiva? Credeva davvero che i demoni li avrebbero lasciati fuggire su un’imbarcazione, che non avessero modi di attraversare le acque e di abbattere le navi malconce di una città di mendicanti? Se solo avessero unito le forze, se avessero potuto affrontare insieme l’assalto dei demoni, ci sarebbe stata speranza per uomini e nani, per ogni popolo.
In alternativa, non potevano lasciar andare le uniche armi e armature di cui la città disponesse. Un uomo equipaggiato a dovere ne valeva dieci vestiti di stracci e, anche con il sacrificio che stavano compiendo, se fossero riusciti ad appropriarsi del loro arsenale, piuttosto raccogliendolo dai cadaveri, avrebbero avuto più possibilità di contrastare davvero l’orda di mostri anziché affrontandoli nella situazione in cui erano.
C’era davvero ancora la speranza? A ogni uomo, umano o nano che fosse, caduto, sembrava che il destino soffiasse sulla sua fiamma, già destinata a estinguersi con il cadere della sabbia della clessidra su essa.
Non c’era davvero più tempo.

La fata scoccò la freccia e, subito dopo, fece una giravolta su se stessa, svanendo nel nulla.
Al suo posto, in un piccolo lampo di luce, dopo qualche istante apparvero a mezz’aria tre scoiattoli grigi, quasi Myndill avesse compiuto una metamorfosi. I roditori si disposero davanti all’uomo, sopra ai cadaveri e attorno ai nani che stavano assaltando i nemici non prestando la minima attenzione a ciò che li affiancava a terra, impegnati com’erano ad evitare i colpi del nemico e ad assalire quest’ultimo con tutta la loro rabbia e disperazione, già pronte a infiammarsi come barili d’olio e definitivamente esplose alla vista dei caduti.
Gli animaletti fissarono con vacui occhi neri il nemico, pronti ad attaccarlo mentre annusavano l’aria percependo il pungente odore del sangue attorno. Stavano rizzando il pelo e la pelliccia della coda era arricciata su se stessa, in allerta mentre s'immobilizzavano sul posto, accarezzati dalla brezza marina e quasi mimetizzati tra il cielo plumbeo e le onde scure.
Dopo qualche attimo, con un verso acuto e minaccioso, si gettarono verso l’umano che aveva attaccato il loro evocatore per graffiargli la pelle esposta, tentando di arrampicarsi sul suo corpo e mordergli il volto per sfregiarlo con i loro denti acuminati.

Una freccia a sorpresa, diretta anche questa volta verso il collo del nemico, seguì un dopo un istante il loro attacco. Era stata lanciata in obliquo, poco distante eppure angolata diversamente da quello che si potesse prevedere: la fata non si era realmente trasformata, come dividendo la sua anima in piccoli frammenti sotto le sembianze di animali, ma si era limitata a diventare invisibile e ad allontanarsi di qualche passo per far perdere le proprie tracce.
La lucciola sperava che l’uomo non riuscisse a indovinare la direzione da cui proveniva il suo colpo, così da poter evitare ulteriori lesioni come quella ai piedi e alla spalla, qualora nemmeno questa volta fosse riuscita ad abbattere quest’avversario tanto tenace. Non poteva permettersi di essere ferita da uno scontro marginale, non quando ad attenderla c’era la ben più importante difesa della città, Flotsam, e di veri innocenti.

Capacità Straordinarie: Agilità 4
Status Fisico: Leggermente Ferito, 14/16
basso di ustioni ai piedi - basso da un'escoriazione alla spalla destra
Status Psicologico: Illeso, 16/16
Energia: 35%


Equipaggiamento:

L'Arco - L'arma ovvia per una fata, quella più classica dopo le sue magie: con questo piccolo arco mi è permesso scontrarmi, posso tirare frecce che potrebbero risultare letali se colpissero il punto più debole del nemico. Di origine naturale come me stesso, originato dal legno di un frassino, ha una forma semplice e sinuosa. Considerata la sua lunghezza, che supera a malapena il piede e mezzo, la sua gittata non è molto elevata, ma compensa con una precisione migliore grazie alla più semplice maneggevolezza. Anche le cose più misere hanno la propria importanza... ~ Arma da tiro: 11/15 frecce


Passive Attive:

La Fata - Cosa sono io? Non sono animale né pianta, umano né demone. Cosa sono, una creatura a metà tra due diversi mondi? Non ho una natura materiale definibile come gli altri esseri, non sono visibile quanto loro. Eppure posso essere colpito, posso persino essere visto. Come se fossi sempre in bilico tra dimensioni diverse, non mi è permesso essere individuato in questo mondo né percepito. Il mio passaggio non lascia tracce, il mio corpo non emette suoni, la mia presenza non è avvertibile. Eppure nulla può evadere la mia vista, nessuna cosa che non sia volutamente celata potrebbe mai eludere i miei occhi. Niente può scappare da me, tanto meno io stesso... ~ Dominio I-II-III e Razziale: Furtività e Vista
Tuttavia mi muovo in questo mondo a così poche dimensioni, in lungo e in largo, in alto e in basso, ma non abbastanza da vincere la gravità che m’impedisce di staccarmi dal terreno più di poco, come se incielarmi mi fosse impedito, quasi che un macigno fosse sempre presente, attaccato alla mia caviglia. Anche se volessi scappare non potrei, né in cielo né in terra. Ovunque troverei qualcuno, essere umano o animale, cosciente o istintivo che sia, a tentare la mia fiducia provando a ricostruire illusioni di vetro. ...Come se non potessi mai fuggire davvero. ~ Personale 1 e Pergamena Affinità Animale: Levitazione e Comunicazione Animale


Tecniche Utilizzate:

L'Effimero - L'annullamento e la scomparsa non sono prerogativa soltanto delle mie creazioni, ma anche di me stesso. Come se per un attimo potessi sparire nel nulla, scomparire alla vista nonostante tutto e sfuggire da ogni cosa cessando di esistere. Tuttavia sarebbe soltanto un'illusione, un momento che possa essere interrotto dalla cosa cosa che più caratterizzi il mondo terreno, il sentimento da cui più spesso gli umani si sentano schiacciati: la sofferenza. Non posso sfuggire a essa, non mi è permesso ignorarla. ...Come se il dolore fosse l'origine. ~ Dominio III: Invisibilità due turni - consumo Alto
La Scintilla - Qualora non potessi contrastare i pericoli, qualora diventassero numerosi e provassero a travolgermi come una marea, l'unica soluzione sarebbe creare una diga sufficientemente forte per contrastarla. Oppure rispondere con un'onda più grande, che la sommerga. Frutto di legami passati, del mio stesso essere figlio del connubio tra natura e arte druidica, ho il potere di richiamare fino a tre scoiattoli che mi aiutino a galleggiare, evitandomi di affondare sommerso dalle minacce che si pongano sulla mia strada. ...Sarò sempre l'ultimo a soccombere. ~ Pergamena Cani da Caccia: Evocazione 2 CS resistenza Bassa 2 turni - consumo Medio



Riassunto:

Myndill è colto di sorpresa dalla granata e subisce un basso, ma - sempre grazie a mimetizzazione e alle CS - subisce soltanto un danno della stessa portata dal colpo d'ascia. Dopodiché lancia una freccia verso Vaairo. In seguito usa l'Invisibilità ( due turni) e subito dopo fa apparire tre scoiattoli (evocazione). Mentre questi ultimi si preparano, si distanzia un poco e, mentre attaccano, lancia una freccia in obliquo diretta al collo del nemico.


Note:

Di nuovo quasi in ritardo. Scusami, ma sono stato impegnato e mi sono dovuto mettere la sveglia parecchio presto per scrivere stamattina. Be', dovremmo almeno riuscire a iniziare l'ultimo turno, ma cercherò di darti più tempo per scrivere l'ultimo post senza problemi. ^^

 
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view post Posted on 5/5/2014, 17:44






Sospirò profondamente: era davvero stanco.

« Hai torto. »



Squadrò dall'alto in basso il folletto, la giovanissima creaturina magica che difendeva i sentimenti di libertà del popolo nanico a costo della sua stessa vita. Non lo stava giudicando: aveva scelto uno schieramento - uno schieramento giusto - e proprio per questo ora voleva ucciderlo; Vaairo, in questa squallida storia, si trovava dal lato malvagio della barricata.
Era proprio per quello che lui aveva sempre preferito starsene lontano dai riflettori: non aveva le qualità per essere un idealista nè il carisma per diventare un leader. La sua esistenza era ruotata attorno alla noiosa, quotidiana routine; a volte poteva essere pericolosa, persino letale, ma non lo aveva mai costretto a combattere una lotta che non fosse sua, nè di cui si sentisse parte.
Molte cose, purtroppo, gli erano sfuggite di mano negli ultimi mesi. Piccoli sassi che si erano staccati dal fianco della montagna, alcuni dei quali del tutto indipendentemente dalle sue azioni, formando una valanga che non aveva nè la forza nè l'ambizione di contrastare. Aveva sbagliato tante volte, ma alcuni errori non si possono ritrattare - o porvi rimedio. "Cercare di fare la cosa giusta" non era stato sufficiente: la sua vita era una merda e, per colpa sua, tutti coloro che amava erano in pericolo. Tutto ciò che aveva compiuto gli era stato restituito in odio, disprezzo, sofferenza; non era ciò per cui si era impegnato - non era ciò che aveva desiderato.
Quella fatina, quei nani erano lì per dimostrarlo: la verità era che Vaairo meritava di morire per mano loro. Quel popolo lottava per un diritto legittimo - la libertà di sopravvivere. Era stato sufficientemente cieco da comprendere le loro aspirazioni ma non condividerle - perchè, fondamentalmente, non lo riguardavano direttamente. Egoista sino alla fine, Vaairo aveva voluto semplicemente proseguire la sua lenta veglia in attesa di consumare una vendetta che gli era stata strappata via. La sua meta era stata schiantata dalla disperazione di quei nani - di quella creatura fatata - perchè più forte, più collettiva, più pura.
Per questo volevano ucciderlo.

Alla fine, Daryiei aveva avuto ragione:

"tutta la tua storia verrà cancellata, verrai odiato...
e saranno proprio coloro che proteggi ad ucciderti! Non è fantastico?"


Il Goryo lo aveva costretto a diventare ciò che lui aveva giurato di uccidere per proteggere la sua famiglia.
Ma Daryiei ora era caduto, quasi certamente ammazzato dal dardo del suo avversario; tutto il senso della sua storia si era sgretolato dinanzi a lui: sì, Daryiei, era davvero fantastico.
Il suo cuore, ora, era pulito; la disperazione che l'aveva reso pazzo era stata sciacquata via dalla frase del folletto, che lo aveva fatto rinsavire. Ora, dopotutto, sapeva cosa fare.
Era una scelta piuttosto logica, a dir la verità: non poteva tornare a Taanach senza l'ex ufficiale. La Casata della Chimera avrebbe impiccato lui come traditore (avrebbero ora avuto una buona motivazione per farlo) e approntato un simpatico plotone d'esecuzione anche per i Randagi, i ragazzi orfani ed i suoi amici. Non aveva nessua speranza di opporsi ad un intera città il cui padrone, Shivian, aveva addirittura approfittato della scomparsa della Purgatory per accentrare il potere della propria casata ed elevarlo allo stesso rango dei beik. Vaairo era stato un enorme stolto ed ora pagava il prezzo della sua stupidità.
Ciononostante, credeva davvero che il folletto fosse in errore, almeno parzialmente; glielo disse.

« Anche se non del tutto. »

Schivò agilmente la freccia che il piccolo arco del suo avversario aveva scagliato, sorridendo appena nei suoi confronti. Avrebbe voluto ringraziarlo, in qualche modo; sarebbe stato davvero curioso che lui, nel corso di quel lungo duello, rendesse omaggio al nemico che lo aveva incessantemente incalzato sino a quel momento.
Vaairo, ora, non aveva più nulla da perdere.
La sua dignità era stata stuprata da mesi di pseudo-prigionia alla corta catena di Daryiei, ed ogni sogno di tornare a Taanach e sistemare la faccenda era andato in frantumi: per lui sarebbe stato più comodo morire a Flotsam, dove abbondava chi lo voleva vedere cadavere.
Fu lieto che la minuta figura del suo avversario fosse svanita in uno schiocco di luce: per il mercenario, che non aveva modo di discernere il velo magico d'occultamento, significava semplicemente che quella creatura fatata si fosse ritirata, fuggita da quella triste spiaggia di morte. I piccoli roditori che presero il suo posto (come un piccolo regalino d'addio) non lo impensierirono: la pelle reagì nello stesso modo attraverso il quale aveva resistito a decine e decine di risse ed accoltellamenti: indurendosi, e resistendo. I morsi di quei piccoli animaletti incazzati non riuscirono a scalfirlo, nè la freccia che gli avrebbe trafitto il collo trovò il proprio bersaglio: a proteggere la vita del mercenario fu la testa metallica dell'ascia, frapposta tra il dardo e la sua trachea. Se Vaairo avesse prestato più attenzione avrebbe potuto notare la foggia del proiettile che gli era stato scagliato, essendo di piccole dimensioni e di natura decisamente non nanica; immaginando invece si trattasse di una freccia vagante, non comprese che il suo avversario magico si trovava ancora lì, nascosto alla vista ed invisibile ai sensi. Tentò invece di afferrare due dei tre scoiattoli che stavano imperterriti cercando di scavargli la faccia con l'intenzione di scagliarli lontano, dove non avrebbero più potuto raggiungerlo. Poichè si trattavano di un semplice fastidio - un contrattempo - non se ne curò poi molto: decise quindi lanciare una nuova bomba deflarante nella zona dove probabilmente un arciere che ora non scrutava aveva tentato di colpirlo. Quegli esplosivi a basso potenziale erano capaci di procurare danni minimi, ma erano assai utili per scatenare abbastanza confusione da far fuggire quei combattenti - amici e nemici - che si trovavano nel suo raggio d'azione.

« C'è un'altra via, ed il nemico è un altro. », recitò.

Alle sue spalle ruggì un inatteso muro di fiamme, esploso grazie ad una freccia incendiaria ancora accesa conficcata nella sabbia umida. Il suo proprietario doveva essere stato uno degli arcieri sulle navi lunghe, un uomo delle Città Libere che aveva mancato il proprio colpo ed aveva trovato solo il terreno come preda.
Gettarlo alle sue spalle era stato semplice, una volta intravisto il lungo sentiero che un qualche olio infiammabile aveva scavato da alcune botti di combustibile. Aveva visto i marinai delle Cittò Libere usare quel materiale per accendere bracieri la cui aria calda sapeva spingere le navi meglio dei remi nelle ore di bonaccia; non ne conosceva la natura: poteva trattarsi di olio di balena, kerosene, diavoleria magica: tutto quel che doveva fare era bruciare.
Le fiamme divamparono dietro di lui, lambendogli con un calore improvviso la schiena; quella sensazione improvvisa gli fece drizzare il busto, cancellando stanchezza e dolore. Il braccio destro era malconcio e il fiato cominciava ad essere spezzato, ma per ciò che aveva in mente non avrebbe più contato molto il suo status fisico.

« Non possiamo farcela, nè noi nè voi. »

Alzò lo sguardo al cielo: una soffice pioggia di cenere stava cominciando a cadere dal cielo grigio e pesante. Il fumo degli incendi stava restituendo loro ciò che aveva consumato - no, divorato dalla furia devastatrice dell'orda demoniaca.
Un ghigno mesto gli piegò l'angolo della bocca: era riuscito a dividere il vero nemico in arrivo dai combattenti, umani e nani, della spiaggia.

« Avevi torto, compare.
Voi potete farcela... io, no.
»

Questo buco per morire è già prenotato - voi trovatevene un altro.


Status: graffio all'orecchio (danno infimo), danno medio al braccio dx, mana 45% (-1xMedio 10%, 1xNullo 0%)
CS: 6; 4 resistenza, 2 fortuna.
Armi:
lumberjack axe: ascia da boscaiolo bastarda (impugnata, mano dx)
bowie knife: pugnale militare (riposto, alla cintola)
la "picca": pugnale sottile (riposto, alla cintola).
flashbang: 1x biglia accecante (utilizzata).
bomba fgd: 2x biglia deflagrante. (2x utilizzata)
collana di tormalina: artefatto epico "I Am The Fight Club".

Passive da considerare:
gli stupidi non muoiono mai: abilità passive di Talento Guardiano energia Bianca e Blu (istant-casting e auto-casting tech difensive), abilità personale passiva IV (resistenza fino a due mortali fisici)
circondarsi degli amici giusti, e non solo: abilità passiva di Talento Guardiano energia Verde (parità di potenza/consumo difese ad area)
la determinazione dei perdenti: abilità passiva della razza Umano (non sviene sotto il 10% di energie), abilità personale passiva VI (può continuare a combattere normalmente nonostante i danni subiti)
di tanto in tanto vale la pena metterci l'anima: abilità personale passiva V (una volta raggiunto e/o superato il 20% della propria riserva energetica, il pg può castare ogni genere di tech autoinfliggendosi un danno equivalente al consumo che dovrebbe spendere)
Tutto è una copia di una copia di una copia... :passiva derivata dall'artefatto I Am The Fight Club (il caster può usare la forma di donna dell’artefatto in battaglia. Per muoverla dovrà impiegare ordini gestuali e concentrarsi come se si trattasse di un’arma che stringe in mano)

Tecniche utilizzate
Pelle di Drago: pergamena iniziale del Guerriero Pelle di Drago (2 turni)

il guerriero riesce a rendere la propria pelle più resistente del normale, così da potersi proteggere da diversi attacchi. La tecnica ha natura fisica. Il guerriero tende i muscoli allo spasimo, indurendo la resistenza della propria pelle. A seconda della personalizzazione è possibile che l'indurirsi della pelle provochi un certo mutamento in essa, sebbene non tale da impedire il riconoscimento del soggetto. In questo stato il guerriero potrà resistere a colpi di scarsa rilevanza o attacchi portati con piccole armi da lancio, come shuriken, kunai, proiettili di piccolo calibro o simili, e disporrà di un'ulteriore unità CS alla potenza fisica del personaggio da scegliere al momento dell'acquisto. La tecnica vale come una difesa contro i normali colpi fisici per il tempo di due turni. Consumo di energia: Medio

muro di fuoco: tecnica bonus derivante dal gettone (Città Libere)

Vaairo sfrutta del combustibile liquido fuoriuscito da alcune botti sul molto in attesa di carico per alzare un muro di fuoco di natura magica alle sue spalle.

Note:
Allora: Vaairo schiva la prima freccia agilmente grazie alla superiorità delle CS, mentre si difende dai roditori e dalla seconda freccia grazie alla combo Pelle di Drago e 6CS, che lo lasciano indenne. Tenta poi di afferrare due scoiattoli e scagliarli via dove non possano più attaccarlo, lanciando poi in direzione circa di Myndill l'ultima bomba deflagrante che gli resta. Sottolineo "circa" perchè non ha alcun modo di individuare il folletto nè capire precisamente da dove sia stata scagliata la freccia, per cui è più che probabile che l'esplosione lo "sfiori" soltanto (tanto più che Vaairo è convinto che Myndill se ne si andato e il suo intento è spingere i combattenti a fuggire più che recare seri danni). Successivamente, sfrutta il gettone bonus per creare un muro di fuoco che IN NESSUN MODO danneggia o colpisce Myndill, ma semplicemente divide Vaairo dal resto dei combattimenti (immaginando che ormai il loro scontro li abbia portati all'inizio della spiaggia e nani e soldati siano ormai sorpassati). Il suo intento è infatti quello di tagliare fuori nani e umani dall'orda di demoni in arrivo, rimanendo il solo a combattere (ops, c'è anche Myndill, ma lui non lo sa).
 
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view post Posted on 8/5/2014, 10:55
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Eternal Light
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Non appena vide un’altra granata volare verso di lui, Myndill non si lasciò cogliere impreparato: sapeva fin troppo bene cosa sarebbe seguito e non poteva permettere che una semplice ondata di calore alleviasse il suo occultamento. Per eliminare la sua difesa, per tornare di nuovo visibile, sarebbe bastato esporsi un minimo, lasciare che gli uomini lo ferissero in qualche modo. No, a costo di sprecare le proprie energie in un’azione superflua, non poteva permettere che tutto il suo impegno andasse a vuoto così rapidamente.
Del muschio verde scuro cominciò a diffondersi sulle gambe della piccola fata, a ricoprirle fino a isolarle da ogni pericolo con la propria peculiare umidità. Tuttavia nessuno avrebbe potuto stupirsi nel vedere la creaturina volante e antropomorfa difendersi in tal modo: dopotutto era ancora invisibile all’occhio.
Una smorfia di dolore si dipinse sul suo volto nebuloso mentre i tre piccoli scoiattoli grigi venivano gettati via con un grido di sofferenza, quasi fossero stati semplici, scricchiolanti foglie secche spazzate dal vento. Non erano, però, morti toccando terra: svanirono anche loro in uno schiocco di luce prima di perdere la vita, quasi fossero stati congedati poiché inutili. Avevano tuttavia assolto il loro compito, almeno in parte: l’attenzione dell’uomo non si era focalizzata per ritrovare la lucciola. Non ci sarebbero stati altri morti, se possibile: chi avrebbe potuto sarebbe scappato o avrebbe combattuto vincendo.
Nani, umani, fate o scoiattoli: soltanto chi non lo potesse evitare avrebbe patito il sonno eter…-
Improvvisamente la vista della battaglia venne offuscata da fumo nero. Un muro di fuoco altissimo era salito a lambire le nubi ormai fuse con la cenere dell'aria, a bruciare le carni di uomini e nani. La fata strabuzzò gli occhi, pietrificata come lava in prossimità di un cratere tanto bollente e pericoloso.
Tutto era stato inutile, il tentativo di salvare la città come di fuggire con le ultime vite rimaste. Il fuoco rosso aveva spento la fiamma verde della speranza nel piccolo cuore di Myndill.

Perché? Qualcuno avrebbe potuto pensare che i nani cercassero la libertà, magari anche un egoistico potere in modo da soggiogare a loro volta gli umani come questi ultimi li avevano sottomessi…
No, un pensiero del genere era sbagliato. Ciò che l’antico popolo di quella città aveva cercato era soltanto la salvezza, quella possibilità di continuare a vivere che gli era stata così continuamente negata, che l’arrivo dei demoni unito al protagonismo degli uomini avevano loro demolito.
Una vita semplice sarebbe stata sufficiente, anche da schiavi, se avesse voluto dire continuare a vivere. Avevano combattuto per la libertà, per i diritti, per la rabbia?
No… per la vita.
E ora era tutto finito, in un lampo di fuoco improvviso che stava divorando le assi della banchina come un’onda anomala sommerge le sabbie. Improvvisamente tutti i desideri, tutto l’impegno di Myndill, erano stati letteralmente bruciati, come se nulla avesse avuto il benché minimo significato.
Davvero non poteva fare nulla per cambiare l’andamento dell’esistenza, così come Antares aveva tentato di fare? Anche sporcandosi le mani come aveva fatto, non c’era alcun modo per sradicare la disperazione da quel mondo tanto sbagliato? Aveva sprecato gran parte delle sue energie, i nani avevano combattuto con tutta la loro forza per… cosa? Nonostante avessero lottato così strenuamente per proteggere la vita, era bastato un secondo per rendere tutto vano. Sembrava di lottare con le unghie contro un gigante colossale, il quale possa ignorare tutto l’impegno atto ad abbatterlo e schiacciare i propri nemici con il semplice soffio del suo respiro.
Le lacrime cominciarono a sgorgare dagli occhi di Myndill, lacrime che staccandosi dalle sue guance per scendere a terra diventavano visibili, come piccole gocce di pioggia sotto a quel cielo nuvoloso che sembrava non volesse ancora far piovere nonostante le distruzione a cui stava assistendo. Sarebbe stato comunque inutile, ormai. Il fuoco aveva già sicuramente svolto il suo lavoro, le vite sarebbero state già mietute dalla falce incandescente, quasi fosse stata appena forgiata, e la pioggia sarebbe servita soltanto a raffreddare la lama già intrisa di sangue.

Lui, però, doveva pagare.
Quell’uomo che gli stava di fianco, con lo sguardo rivolto verso le case doveva morire. Lui aveva appiccato il fuoco: non poteva essere altrimenti. Era l’unico incolume, l’unico che non ne fosse spaventato: l’uomo dagli occhi grigi.
Myndill avrebbe dovuto ucciderlo non appena gli era stata rivolta la parola, a costo di lasciarci anche lui le ali. Se l’avesse trafitto prima che attuasse il suo subdolo piano, forse ci sarebbero state più possibilità per i nani sul molo, forse avrebbero potuto salvare la città. Era anche quest’ultima persa, ora che gran parte dei suoi guerrieri erano morti tentando di trovare un modo per strapparla al pericolo?
Non aveva più importanza, non in quel momento, non davanti a quello sguardo infido, a quell’ascia lurida e quell’uomo abominevole.
Con gli occhi arrossati, Myndill strinse a pugno la mano sinistra e, improvvisamente, una luce verde si formò in essa. La furia della sua disperazione, della rassegnazione, era concentrata in quell’energia sovrannaturale che si formava sul palmo. Digrignando i denti e arcuandosi all’indietro, lanciò il proiettile verso il suo nemico per colpirlo al petto.
Se quell’umano avesse avuto un cuore, sarebbe probabilmente morto all’istante subendo il colpo. La lucciola, però, sapeva fin troppo bene che un colpo del genere non sarebbe stato nemmeno lontanamente sufficiente a finire l’avversario: non uno che a battere avesse un pezzo di pietra nera, che risuonava sotto i colpi del martello della crudeltà.
Senza perdere tempo, con la mano destra strinse l’arco e scoccò un’ultima freccia diretta alla testa dell’uomo, in modo da trafiggere quella mente priva di pietà e misericordia.
Il fatto che ogni azione fosse ormai inutile alla causa dei nani non aveva importanza: la vendetta sarebbe stata una consolazione, benché magra, per gli spiriti dell’oltretomba, ma non soltanto. Anche l’anima della fata, divorata dalla disperazione, avrebbe gioito della sofferenza di quel demone, mentre con braccio tremante lasciava andare la corda.
Furibonda, con i suoni che risuonavano ovattati nella sua testa, la lucciola non poteva far altro che seguire ciò che l’istinto le suggeriva, quel che le emozioni le dicevano di fare. Le lacrime continuavano a scendere dai suoi occhi invisibili, le piccole perle di rugiada continuavano a posarsi a terra mentre singhiozzava silenziosamente.

Seguì un grido, uno boato tanto sinistro da far accapponare la pelle. Un suono che aveva già udito, orribile e spaventoso, invase tutta la spiaggia quasi risuonando per tutto il mare, facendo tremare anche le onde del mare già agitato. Il grido dei mostri, questa volta, non era più un artificio di Myndill: era vero. E vicino, terribilmente vicino, diretto verso di loro.
Gli attimi in cui si udì sembrarono un’eternità, come se la mente della fata, già persa nella disperazione, si fosse colegalata in quel momento di terrore più puro mentre il ghiaccio andava a stringere la fiamma della sua furia in una morsa glaciale, spegnendola.
A prendere il posto del mostruoso boato ci fu soltanto il crepitio del fuoco cullato dal suono delle onde che in quell’atmosfera sembrava anch’esso impaurito, irregolare come se rabbrividisse. All’improvviso un miscuglio di grida si udì oltre le fiamme, voci di uomini e nani che si disperavano, che riprendevano con rinnovato vigore la vita che per un attimo avevano abbandonato. …Per un attimo?

La fata si era sbagliata: accecata dall’immagine del fuoco che l’aveva sorpresa, aveva tappato la mente al suono cui era ormai assuefatta, ai clangori della battaglia che aveva continuato a infuriare ancora per un attimo.
Come aveva potuto attaccare quell’uomo che aveva deciso di sacrificarsi per tutti loro? Avrebbe dovuto capirlo non appena aveva visto quelle fiamme: chi meglio del vecchio compagno di Antares poteva conoscere il fuoco dell’immolazione?
Maledetti umani: non erano poi tanto diversi gli uni dagli altri. Parevano sempre pronti a stupire le creature come lui, a ergersi a eroi dopo aver commesso errori immani.
Improvvisamente nell’aria sporcata dalle ceneri e dal fumo nero, ricomparve la lucciola in un baleno di luce, con gli occhi arrossati e le ali leggermente piegate. Librava con lentezza, stremata, ma nonostante tutto sembrava colma di nuova energia mentre rivolgeva un sorriso mesto all’uomo, sfregando l’avambraccio sinistro sul volto per asciugare le lacrime.

Perdonami.
Solo ora ho capito cos’hai davvero fatto. Non ha più senso combatterti e… non c’è più tempo.


Quel grido non era stato soltanto come una secchiata di acqua gelida sulla sua mente, ma anche la testimonianza che il vero nemico aveva vinto, si stava avvicinando a loro. In una situazione del genere, Myndill non poteva più fare da ago della bilancia nella scaramuccia tra nani e umani: doveva combattere i demoni e sperare che i superstiti dei due popoli collaborassero tra loro in mezzo a quella minaccia tanto incombente da poterli uccidere, anziché soltanto impaurire.

La città era persa, Flotsam era caduta. Tutta la popolazione era andata persa: non avevano fatto in tempo a convincere – anche con le cattive -, gli umani per combattere insieme ai nani o per sfruttare le loro armi.
Era tardi ormai. Tante vite erano state mietute, tanti innocenti erano sicuramente morti sotto l’assalto demoniaco. Probabilmente, visto quanto poco tempo aveva impiegato a giungere sino alla spiaggia, non ci sarebbe stata speranza di salvare tutti in alcun caso.
Eppure una morsa di gelo continuava a stringere il cuore di Myndill, la sensazione di non aver fatto abbastanza, il peso della responsabilità che si era assunto verso tutti quei nani così ferocemente sterminati. Forse, se avesse guidato al di fuori il popolo nanico o avesse cercato un’altra nave…
No, non c’erano altre imbarcazioni e difendersi in mezzo alle paludi sarebbe stato ancor più difficile che farlo in una città fortificata e protetta, sebbene soltanto da mura di legno e fango.
Aveva fatto il possibile fino a quel momento. Il possibile, però, si era rivelato inutile. Poteva davvero continuare, però, a piangere per le centinaia di persone morte mentre c’erano ancora delle vite che potessero essere salvate?
Tuttavia la fata era stanca.
Terribilmente stanca di mediare, guidare, combattere, difendere. Benché avesse fatto del suo meglio, tutto era stato inutile. Sembrava che, nonostante l’impegno enorme che ci mettesse per fare qualcosa di buono, non potesse mai ottenere alcun vero frutto. Tutto era inutile e il sudore della fronte sembrava dover essere versato per far crescere soltanto erbacce, piante fragili destinate a essere spazzate via non appena il destino le avesse adocchiate per caso.

Non poteva gettare la spugna ora: come l’uomo dagli occhi grigi, nemmeno Myndill poteva più davvero scappare. Quanto valevano le vite che la nave avrebbe salvato di fronte a quelle perse?
Niente, eppure molto più rispetto a nessuna. Ogni vita aveva un valore incommensurabile e la fata doveva continuare a lottare per questa sua verità, per quanto sbagliata potesse essere. Poteva spegnerne una per salvarne dieci, eliminare dieci uomini per salvarne cento.
Tuttavia, in quel momento, il rogo delle centinaia di morti bruciava ben più alto di quelle fiamme che proteggevano le decine di vita vicine all’imbarcazione. La differenza era che il primo era un fuoco di morte, il secondo di vita.
E lui doveva proteggere quest’ultima.

Si stanno avvicinando.
Combatterò al tuo fianco, se ti fiderai. I nostri interessi ora convergono verso un’unica soluzione.


Nonostante il corpo tremante, le membra stremate, la fata si erse librandosi in aria al fianco dell’uomo. Non aveva più timore di lui, non poteva più odiarlo. Per salvarsi, entrambi avrebbero dovuto lottare con tutte le proprie energie di fronte all’orda incombente di demoni: era sicuro che l’umano non si sarebbe suicidato inutilmente sprecando risorse contro un possibile alleato in quella situazione disperata.
Che risorse rimanevano, tuttavia, a Myndill, dopo che le aveva sprecate per affrontare degli uomini e salvare una città che era ormai andata persa?
Respirava a fatica, le braccia sembravano dei macigni legati al suo corpo. Eppure lo sguardo era acceso più che mai. Se necessario, sarebbe morto per permettere la fuga ai superstiti: sperava soltanto che questi ultimi collaborassero di fronte all’avanzata dei mostri.

Improvvisamente, dai vicoli che dividevano le catapecchie di legno e fango, a fatica in piedi, e i magazzini luridi e pericolanti, si sentì il tonfo mostruoso di molti passi, troppi arti che frantumavano le pietre infossate delle vie non appena vi si poggiavano sopra.
Delle ombre nere, più buie della notte, apparvero fermandosi per un attimo a fissare la lucciola e l’umano al suo fianco. La fata trattenne il respiro osservando quelle orbite vuote e fameliche, e il suo sangue si raggelò rischiando di coagulare nelle sue vene.
Dopo aver fallito nel salvare un’intera città data in pasto ai demoni, Myndill sarebbe morto combattendo al fianco di un uomo che aveva tentato di uccidere, cercando di salvare le vite dei superstiti di due popoli che non volevano collaborare tra loro. Deglutì sbarrando gli occhi e impallidendo di fronte ai mostri.

L’incubo si era fatto realtà, la speranza illusione irrealizzabile.

Capacità Straordinarie: Agilità 4
Status Fisico: Leggermente ferito, 14/16
Basso di ustioni ai piedi - Basso da un'escoriazione alla spalla destra
Status Psicologico: Illeso, 16/16
Energia: 20%


Equipaggiamento:

L'Arco - L'arma ovvia per una fata, quella più classica dopo le sue magie: con questo piccolo arco mi è permesso scontrarmi, posso tirare frecce che potrebbero risultare letali se colpissero il punto più debole del nemico. Di origine naturale come me stesso, originato dal legno di un frassino, ha una forma semplice e sinuosa. Considerata la sua lunghezza, che supera a malapena il piede e mezzo, la sua gittata non è molto elevata, ma compensa con una precisione migliore grazie alla più semplice maneggevolezza. Anche le cose più misere hanno la propria importanza... ~ Arma da tiro: 10/15 frecce


Passive Attive:

La Fata - Cosa sono io? Non sono animale né pianta, umano né demone. Cosa sono, una creatura a metà tra due diversi mondi? Non ho una natura materiale definibile come gli altri esseri, non sono visibile quanto loro. Eppure posso essere colpito, posso persino essere visto. Come se fossi sempre in bilico tra dimensioni diverse, non mi è permesso essere individuato in questo mondo né percepito. Il mio passaggio non lascia tracce, il mio corpo non emette suoni, la mia presenza non è avvertibile. Eppure nulla può evadere la mia vista, nessuna cosa che non sia volutamente celata potrebbe mai eludere i miei occhi. Niente può scappare da me, tanto meno io stesso... ~ Dominio I-II-III e Razziale: Furtività e Vista
Tuttavia mi muovo in questo mondo a così poche dimensioni, in lungo e in largo, in alto e in basso, ma non abbastanza da vincere la gravità che m’impedisce di staccarmi dal terreno più di poco, come se incielarmi mi fosse impedito, quasi che un macigno fosse sempre presente, attaccato alla mia caviglia. Anche se volessi scappare non potrei, né in cielo né in terra. Ovunque troverei qualcuno, essere umano o animale, cosciente o istintivo che sia, a tentare la mia fiducia provando a ricostruire illusioni di vetro. ...Come se non potessi mai fuggire davvero. ~ Personale 1 e Pergamena Affinità Animale: Levitazione e Comunicazione Animale


Tecniche Utilizzate:

L'Effimero - Se anche qualcosa tentasse di abbattermi, di ferirmi fino a distruggermi, non ci riuscirebbe. Nonostante il mio aspetto fragile e il mio debole bagliore, la luce dentro me non può spegnersi. Come il cuore della natura, come la stessa foresta, si può fare di tutto per sradicarla da un luogo, per cancellarla, ma sempre rinascerà. Ed essa protegge anche me, tuttora legato a essa. Come se mai potessi davvero essere annientato, posso sfruttare il suo potere per proteggermi da qualunque offensiva a me rivolta. Quasi fosse una semplice foglia trascinata dal vento... ~ Personale 3: Difesa Magica - consumo Variabile usata a Basso
La Scintilla -Se le mie parole, se i più accorti stratagemmi non dovessero essere efficaci per evitare l'offensiva, dovrei per forza ricorrere a essa. Che sia una soluzione o meno poco importa: a volte non c'è alternativa e l'unica cosa che rimanga da fare è porre il destino tra le braccia del fato, sperando che prenda la direzione migliore. Eppure non ci si può arrendere a esso, anche a costo di sfidare il mondo terreno. Il puro potere della natura può essere forgiato dalle mie mani, permettendomi almeno di combattere questa dura esistenza. Anche se dovessi ferire... ~ Pergamena Dardo Energetico: Attacco e consumo Medio



Riassunto:

Myndill si para con un basso dalla granata per evitare di perdere l'invisibilità (ho supposto che grazie alle CS in fortuna Vaairo lo colpisse). Dopodiché pensa che l'avversario abbia dato fuoco a tutti i guerrieri e, quindi, gli scaglia un medio e una freccia. Infine, sentendo il grido di un demone, rinsavisce e comprende la situazione. Toglie l'effetto di invisibilità e si pone al fianco di Vaairo per combattere, nonostante sia stanco e fosse suo nemico. Tanto non ha più niente da perdere e non ha via di fuga: l'unica cosa che possa fare è combattere i demoni con lui. I mostri appaiono, più una visione che una vera descrizione.


Note:

E qui finisce il duello, almeno per me! Mi sono molto divertito a scrivere e partecipare e spero sia stato lo stesso per il mio avversario: è stata una giocata inizialmente difficile, ché - detto chiaramente - non sapevamo come motivare il combattimento e la presenza dei nani in quest'arena impropria, ma poi lo sviluppo è stato notevole. Ringrazio vivamente Drag per la disponibilità alla collaborazione e l'aver accolto le mie idee, proponendone anche di sue, per rendere il duello, benché poco combattuto, molto ricco e interessante dal punto di vista narrativo rispetto ad altre giocate da me svolte.
Buona fortuna per il tuo ultimo post e grazie per la giocata!

 
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view post Posted on 11/5/2014, 17:56




Io non ho paura, si disse. Io non ho paura.
Stava mentendo a se stesso, lo sapeva. Vaairo era terrorizzato; la rassegnazione aveva lasciato posto alla determinazione, ma neppure la sua granitica testardaggine sembrava capace di restare dinanzi alla concreta possibilità di morire. Aveva visto molti amici e compagni cadere, incapaci di rialzarsi per sempre: ogni volta aveva provato lo stesso brivido, lo stesso sapore metallico sul palato.
Era la convinzione di un codardo - l'inno di un perdente.

Io non ho paura.
Aveva compiuto la scelta più logica: se voleva dare una speranza alla sua "famiglia", doveva sparire - ucciso a Flotsam, spezzato dalla schiera demoniaca o da nani disperati ed eversori. Alla Casata della Chimera sarebbe andato più che bene: morto, non avrebbe potuto nuocere il loro dominio su Taanach. Ma Vaairo voleva anche provare a Daryiei che no, non sarebbe caduto da traditore - anzi, da oppressore.
Si lasciò sfuggire un lamento - più un riflesso automatico che una vera esclamazione di sofferenza. Era dolorante, ma ciò che davvero pativa era la consapevolezza che presto sarebbe terminato tutto quanto. Dopotutto, era la storia della sua intera vita: aveva fallito in tutto e pochi l'avrebbero compianto. Quel poco di buono per cui aveva agito gli era stato preso usato contro per manipolarlo e servirsene: era diventato una squallida marionetta goffa ed impacciata, dallo sguardo triste e l'aria dimessa.
Fece qualche passo lungo la battigia, avvicinandosi all'imboccatura del porto. Il raschiare di artigli ed il tintinnìo di scaglie erano un monito sufficiente: il nemico era alle porte. Aveva tempo solo per qualche preghiera.

Un bruciore improvviso gli infiammo il petto, ed istintivamente la sua mano sinistra andò a testare la cassa toracica per impedire al cuore di barlzargli fuori dal torace. Il colpo, che fu seguito da un innocuo dardo incapace di ferirlo, lo lasciò senza fiato. Digrignò i denti, arrancando malamente in avanti con lo stesso portamento di un ubriaco pestato a sangue.
Le sue labbra si tinsero di un rosso livido - un'ammonizione decisamente di cattivo auspicio.

« Oh; sei tu. », commentò a voce bassissima, a malapena udibile. Era più ferito di quanto potesse ammettere, ma non aveva alcuna intenzione di mostrarsi remissivo dinanzi all'avatar della natura che lo aveva ancora una volta attaccato.
Il folletto, ora, balenava accanto a lui con un'espressione mesta e colpevole sul volto; pareva dispiaciuto per l'attacco con cui l'aveva colpito un'ultima volta, come se non avesse compreso appieno quali fossero le intenzioni del ragazzo del Bloodrunner. Vaairo non provava rancore nei suoi confronti: era l'ultima persona sul pianeta che si poteva permettere di rinfacciare a qualcuno gli errori che aveva commesso. « Credevo tu fossi volato via... forse, avresti fatto meglio. »
Non gli andava che il folletto si sacrificasse con lui: gli pareva quasi che lo stesse obbligando a cadere con lui nell'abisso, come se il mercenario fosse una pesante àncora capace di trascinare sul fondo chiunque gli stesse accanto.
Ma chi era lui per negare il libero arbitrio?



Lasciò cadere l'ascia a terra - non aveva intenzione di morire impugnando un'arma come quella.
Le sue mani strinsero invece il piccolo pugnale sottile che solitamente teneva nascosto sotto le vesti; si portò la "picca" alla fronte, chinando appena il capo. Il movimento gli provocò fastidiose fitte di dolore, ma il mercenario le accettò come un tributo efficace per gli antenati e gli spiriti che lo stavano osservando. Inattese, alcune lacrime fecero capolino dalle palpebre chiuse; avrebbe voluto fare il duro, dire "è colpa del fumo denso e soffocante", ma non era così: il codice criminale non condannava il sacrificio, purchè fosse per una giusta causa. Per quanto potesse ripeterselo, però, Vaairo aveva paura del sonno eterno. Sentiva di poter fare e dare ancora molto, di poter vivere e scoprire a lungo: stringendo la "picca", però, si ricordò di quel che il Goryo lo aveva spogliato:

della dignità.

Pregò silenziosamente gli dèi di non giudicarlo troppo severamente: fra qualche minuto avrebbe raggiunto i "grandi criminali" che avevano agito con onore e con rispetto.
Aveva ancora tempo per una singola, grande azione: l'unica e l'ultima, probabilmente, della sua squallida vita. Era un'ambizione egoistica ed infantile molto semplice: avrebbe dimostrato a Daryiei che non sarebbe stato nè lui, nè il Goryo a spezzare la sua vita. Non avrebbe più agito per loro ordine.
Urla mostruose ed ombre inquietanti stavano rapidamente divorando il cielo: l'oscurità si era fatta fitta e torbida come il fumo che avvolgeva gli scheletri degli edifici della zona portuale di Flotsam e persino il mare aveva deciso di restare cheto e tranquillo, impaurito dall'avanzata delle tenebre. Nessun mortale avrebbe mai desiderato essere spettatore di tanta, pura malevolenza. L'aria si era cristallizzata e il calore si era improvvisamente fatto soffocante, insopportabile. La fronte del mercenario si bagnò di sudore freddo, mentre la sua bocca annaspava cercando ossigeno per i polmoni pieni di catrame.
Avrebbe voluto dire qualcosa - un qualche genere di frase epica, importante, rimembrata per decenni dai sopravvissuti della regione.
Non gli venne in mente nulla. Vaairo si limitò a voltarsi verso Myndill, scrutare il mare oltre il muro di fiamme che proteggeva nani ed umani, e sorridere.

« Addio. »

Corse in avanti, allontanandosi dal folletto per non travolgerlo nella sua follìa.
Scrutò i mostri - ne fissò le iridi infernali. Essi trovarono nelle sue la stessa ira demoniaca che avevano scatenato sulla città. Nel cuore del mercenario ora viveva solo violenza e massacro; una trance brutale che non prevedeva vincitori, ma solo vinti.
Si lasciò impossessare dalla furia inarrestabile lanciandosi a capofitto nella schiera nemica,
venendo inghiottito dall'oscurità.


Status: graffio all'orecchio (danno infimo), danno medio al braccio dx, danno medio al torace, danni critici interni, mana 5% (-1xCritico 40%)
CS: 38; 4 resistenza, 2 fortuna (default) + 16 forza, + 16 resistenza (tech Furia Omicida)
Armi:
lumberjack axe: ascia da boscaiolo bastarda (impugnata, mano dx)
bowie knife: pugnale militare (riposto, alla cintola)
la "picca": pugnale sottile (riposto, alla cintola).
flashbang: 1x biglia accecante (utilizzata).
bomba fgd: 2x biglia deflagrante. (2x utilizzata)
collana di tormalina: artefatto epico "I Am The Fight Club".

Passive da considerare:
gli stupidi non muoiono mai: abilità passive di Talento Guardiano energia Bianca e Blu (istant-casting e auto-casting tech difensive), abilità personale passiva IV (resistenza fino a due mortali fisici)
circondarsi degli amici giusti, e non solo: abilità passiva di Talento Guardiano energia Verde (parità di potenza/consumo difese ad area)
la determinazione dei perdenti: abilità passiva della razza Umano (non sviene sotto il 10% di energie), abilità personale passiva VI (può continuare a combattere normalmente nonostante i danni subiti)
di tanto in tanto vale la pena metterci l'anima: abilità personale passiva V (una volta raggiunto e/o superato il 20% della propria riserva energetica, il pg può castare ogni genere di tech autoinfliggendosi un danno equivalente al consumo che dovrebbe spendere)
Tutto è una copia di una copia di una copia... :passiva derivata dall'artefatto I Am The Fight Club (il caster può usare la forma di donna dell’artefatto in battaglia. Per muoverla dovrà impiegare ordini gestuali e concentrarsi come se si trattasse di un’arma che stringe in mano)

Tecniche utilizzate
pelle di drago: pergamena iniziale del Guerriero Pelle di Drago (1 turni, il presente, rimanente)

il guerriero riesce a rendere la propria pelle più resistente del normale, così da potersi proteggere da diversi attacchi. La tecnica ha natura fisica. Il guerriero tende i muscoli allo spasimo, indurendo la resistenza della propria pelle. A seconda della personalizzazione è possibile che l'indurirsi della pelle provochi un certo mutamento in essa, sebbene non tale da impedire il riconoscimento del soggetto. In questo stato il guerriero potrà resistere a colpi di scarsa rilevanza o attacchi portati con piccole armi da lancio, come shuriken, kunai, proiettili di piccolo calibro o simili, e disporrà di un'ulteriore unità CS alla potenza fisica del personaggio da scegliere al momento dell'acquisto. La tecnica vale come una difesa contro i normali colpi fisici per il tempo di due turni. Consumo di energia: Medio

furia omicida:

Il guerriero cade in uno stato di furia senza possibilità di ritorno, durante la quale non potrà fare altro che attaccare. La tecnica ha natura fisica. Il guerriero cade preda di una furia omicida di enormi proporzioni, che lo costringe ad attaccare qualsiasi persona lo circondi, senza distinzione. Durante l'uso di questa tecnica non si possono distinguere alleati da avversari, ma si sarà in grado di utilizzare liberamente armi e tecniche come di norma. Il guerriero guadagna 32 CS totali e diventa insensibile al dolore, pur non essendo affatto immune ai danni. Tutte le capacità potenziate, che siano nel numero di una o più, sono personalizzabili liberamente, ma andranno specificate al momento dell'inserimento della tecnica in scheda (16 in Forza e 16 in Resistenza). La tecnica dura un turno, al termine del quale il guerriero subisce un contraccolpo fisico di entità Critica, dovuto all'immane sforzo del proprio corpo. Consumo di energia: Critico

Note:
Fine! Dunque, per il riassunto: Vaairo non si difende dal Dardo Energetico di Myndill, che gli infligge conseguentemente un danno Medio, mentre il dardo rimbalza via grazie a Pelle di Drago ancora attiva dal turno precedente. Decido infatti di non difendermi perchè ho necessità a livello narrativo di ben 40% delle mie energie (ne ho giusto 45%) per castare Furia Omicida, che porta le CS del mio pg ad un robusto 38; l'attacco viene quindi sferrato all'orda demoniaca ormai sopraggiunta al porto, concludendo così la giocata lasciando l'esito della storia decisamente incerto (nonostante il pk off).

Off-gdr, posso solo stringere virtualmente la mano al mio "avversario". Desdinova è stato un compagno preziosissimo con il quale siamo riusciti ad imbastire una scena gdr (difficile configurarla pienamente come duello) dal tenore importante sia per contenuti d'ambientazione che di background pg. L'arena che ci era stata assegnata ha rivelato davvero problematico creare le circostanze per un duello, ma fortunatamente le idee di Desdinova han dato vita ad una storia fantastica. Alla fine di comune accordo abbiamo deciso di far intervenire i demoni nella giocata, e vista l'indole di entrambi i pg abbiamo deciso di "mettere da parte le rivalità". Si tratta probabilmente di una delle mie prove strategiche peggiori (con attenuanti), ma sono più che soddisfatto di come sia andata. Grazie millissime Dani!

EDIT: mi dicono che ho fatto qualcosa di simile a Ray nel Leviathan. Non ne ero al corrente e di questo mi scuso profondamente, perchè non era mia intenzione copiarlo.
 
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view post Posted on 22/5/2014, 21:49
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C a t a r s i

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Desdinova

» Scrittura: Partiamo da un presupposto: con le parole non te la cavi affatto male, ed anzi dimostri una più che discreta padronanza della lingua che si mantiene tale per tutta la durata del duello. Il post introduttivo è scorrevole e ben inserito nell'ambientazione, ma già dal successivo la tua prestazione cala sensibilmente. Nel primo intervento attivo la digressione sulla battaglia in corso è una bella iniziativa, ma sfruttata male: in pratica, si trasforma in un anticlimax narrativo. Parimenti, nel medesimo passaggio, ho riscontrato una certa dose di contraddizione nell'interpretazione del personaggio che cerca di aiutare i nani secondo un ideale di giustizia e libertà, ma sottomettendo con la forza i nemici. Mi ha vagamente confuso, sebbene si sia trattato di un unico incidente di percorso in una prestazione altrimenti coerente. Altri spunti per delle critiche vengono dal secondo e terzo attivo, in cui ho apprezzato l'idea (prima) e trovata ridondante (poi) di cambiare il punto di vista narrativo radicalmente; purtroppo, la lunghezza di questi paragrafi ha portato a un effetto opposto, rallentando e appesantendo il testo intero. Peccato.
» Voto: 6,25

» Strategia: Blanda e inefficace. Cominci coi fuochi d'artificio: due consumi Alti e un attacco fisico che, se da un lato sono aggressivi quanto basta, dall'altro rischiano di rappresentare una zappata sui piedi per l'eccessivo consumo di energie in partenza. Il secondo turno attivo mi ha lasciato perplesso. Chiariamoci: narrativamente, attaccare il PnG Daryiei è stato un colpo di genio. Strategicamente e sportivamente, molto meno. Ho deciso di penalizzarti in questo campo piuttosto che nell'altro perché ritengo che, attaccando il suddetto personaggio, tu abbia sprecato un'occasione di mettere in seria difficoltà l'avversario. Tutto considerato, questo ti ha impedito di sfruttare a dovere il bonus del torneo. Negli ultimi due turni attivi ti mantieni sulla sufficienza, dando vita a buone strategie offensive sul medio periodo che fanno sorgere spontanea la domanda: perché non lo hai fatto prima?
» Voto: 6,25

» Sportività: È difficile valutare la sportività di uno scontro così poco combattuto e così strutturato attorno a un arco narrativo preciso. Nonostante una buona condotta coerente e costante, non mi sento di volerti assegnare una sufficienza piena in questo campo. Il motivo risiede tutto nel primo turno attivo, con quei due Alti sparati insieme a un attacco fisico; se in quanto a strategia hanno sia pro che contro, in riferimento alla sportività sono un po' troppo aggressivi e esagerati per essere la prima offensiva. Per di più - e qui ho davvero storto il naso - non ho gradito che l'abilità utilizzata "L'Effimero" fosse, di fatto, incomprensibile. Non è chiara la natura, né la dinamica della tecnica Variabile: il testo è generico, contiene riferimenti alle piante e alla trasformazione ma non specifica in alcun modo come questo possa concretizzarsi in un attacco, e tanto meno è presente una specifica a margine. Ho dovuto rileggere più volte l'intervento per capire la dinamica dell'attacco e la sua natura. Consiglio di ritoccarla quanto prima, onde evitare ulteriori spiacevoli malintesi.
» Voto: 6,75



Drag.

» Scrittura: Il duello è stato sufficientemente scorrevole da leggere da parte di entrambi, anche se il tuo stile più snello ti ha fatto guadagnare qualche punto. Purtroppo, ne hai persi (quasi) altrettanti con pesanti cadute di stile - soprattutto nel primo e secondo dei post attivi - risultando forzatamente volgare nelle scelte lessicali o frettoloso, come se non avessi il tempo di dare al lettore sufficienti indicazioni di cosa stia avvenendo nella testa di Vaairo e intorno a lui. Il resto risulta apprezzabile e coerente, anche considerato i buon affiatamento con l'avversario che ha dato vita a uno scontro piacevole e ben inserito nell'ambientazione. Menzione positiva anche per l'interpretazione del personaggio, che appare convincente nella sua situazione contraddittoria. Imposti un ottimo finale, degno di una giocata così rivolta all'interpretazione piuttosto che allo scontro, sebbene cadendo un poco nel cliché dell'eroe martire.
» Voto: 6,50

» Strategia: Vale anche per te lo stesso discorso fatto a Desdinova, su quanto lo scontro sia stato poco combattuto e la gestione delle energie forse troppo parsimoniosa. Tuttavia, nel tuo caso ci sono molte più critiche da muovere, alcune delle quali piuttosto aspre. Inizi molto bene: sfrutti le passive del Talento con intelligenza, e attivi una Pergamena che incastri alla perfezione nel narrato. Dal secondo turno attivo in poi, sei stato disastroso. Anzitutto, ingaggi il tuo avversario con una serie di semplici attacchi fisici nonostante egli abbia attivato una difesa di due turni contro i medesimi, e in seguito butti all'aria ogni possibilità di vincere lo scontro rinunciando ad attaccare già dal terzo post: l'utilizzo della tecnica bonus è scenografico e molto apprezzabile sotto il profilo narrativo, ma completamente sprecato. L'idea di non difendersi per buttarsi a capofitto contro i demoni è bella da vedere, ma controproducente.
» Voto: 4,25

» Sportività: Non c'è molto da dire in proposito, perché sotto questo profilo ti sei comportato bene. La mancanza di veri e propri momenti di difficoltà obbliga necessariamente a proporzionare il voto per le circostanze, che sono state appunto rilassate. Non sei mai stato posto dall'avversario, come del resto non hai fatto nei suoi confronti, in condizione di dover mostrare particolare sportività. È stato certamente uno scontro onesto, senza eclatanti manifestazioni di bontà d'animo.
» Voto: 7,00



Media Desdinova: 6,42
Media Drag.: 5,92

Vincitore: Desdinova
Desdinova ottiene 642 gold; Drag. ottiene 296 gold

Il vincitore ha diritto ad un post autoconclusivo, senza possibilità di uccidere l'avversario o compiere alcuna azione violenta.

Giudice: Andre_03

 
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11 replies since 5/4/2014, 10:32   586 views
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