Dalle Cronache
della Fenice
Di Canti e di Leggende
Far over the misty mountains cold
To dungeons deep and caverns old
We must away ere break of day
To seek the pale enchanted gold.
The dwarves of yore made mightly spells,
While hammers fell like ringing bells
In places deep, where dark things sleep,
In hollow halls beneath the fells.
Tra le fragranze di calde bevande ambrate e il profumo dei dolci all'aroma di limone,
seduto ad uno dei tavolini della saletta di ristoro dell'antica biblioteca di Babilonia, mi ero immerso nella lettura di un'antica pergamena.
Era rovinata dal passare del tempo, dispersa tra tante sue simili tra gli scaffali che parlavano delle leggende dell'Akeran.
Non mi sarei mai accorto della sua esistenza se il mio sguardo non fosse stato attratto da un libro di fiabe per bambini,
la cui copertina era impolverata, strappata sui bordi come rosicchiata da un piccolo roditore,
la cui presenza stonava nel settore dedicato a volumi più recenti, immacolati e privi di ogni imperfezione.
La pergamena si era librata in aria quasi fosse il suo ultimo volo,
adagiandosi lentamente sul pavimento di marmo,
mentre le dita della mano destra ancora stringevano la costola del libro di favole.
A tutt'oggi non potrei dire con certezza cosa mi avesse colpito di quel pezzo di carta spiegazzato,
quando il mio sguardo si era abbassato per seguire il suo lento declino.
Il tomo fu presto dimenticato, quando raccolsi da terra quel foglio di pergamena consunto.
Diedi una rapida occhiata allo scritto vergato con un inchiostro di un nero sbiadito.
Era scritto nella lingua dei nani, un idioma appreso duranti i miei recenti studi.
Avevo imparato a leggerlo abbastanza fluidamente, eppure in quel testo la cui calligrafa era tremolante,
vi erano delle parole, a volte intere frasi il cui significato mi suonava oscuro.
Termini arcaici, persi nell'uso dopo che la civiltà dei nani era stata inghiottita dal flusso della storia.
Avevo preso posto in uno dei tavolini della saletta accanto alla libreria, sorseggiando una tazza di tè speziato,
la pergamena stesa sulla tovaglia di lino color crema.
Lessi perdendo la cognizione delle ore, prendendo nota sul mio taccuino dei termini che non mi erano chiari,
cercando di tradurli con l'aiuto di libri di grammatica nanica.
Quello che appresi fu una storia che si discostava dai racconti narrati dai discendenti di coloro che erano scampati alla catastrofe.
Era la trascrizione da parte di uno degli sopravvissuti, della testimonianza di una giovane nana, Ghuthir, dei suoi tre compagni
e di come avessero involontariamente provocato l'inizio della loro fine.
Parola dopo parola nella mia mente si delineò una serie di eventi cui stentavo a credere.
Purtroppo non ero certo di aver tradotto alla perfezione l'intero testo, né che non si trattasse di un'altra loro leggende;
eppure quei nomi esistevano nella memoria razziale, vi erano luoghi che ne portavano il ricordo.
Lasciai Babilonia per far ritorno nell'Akeran dopo alcuni mesi di assenza alla ricerca della verità...
L'Akeran stava mutando, non nell'aspetto, ma attraverso i giochi di potere che ne stavano scuotendo la sua essenza. Da quando la Purgatory era scomparsa dai cieli di Taanach, l'equilibrio seppure precario era stato spezzato indissolubilmente, portando una scia di sangue ed accendendo nuovi focolai di ribellione.
Avevo lasciato Mariha e Sullivanyus in un luogo sicuro, sempre ne esistesse uno in quella regione dilaniata da lotte intestine.
Cosa aveva dato inizio a quell'assurdo sconvolgimento? Difficile ottenere una versione esatta degli avvenimenti, cui non ero stato testimone. La sintesi delle mie scoperte era la nascita di tre “centri di potere”, tre fazioni che stavano reclamando la loro supremazia.
I nani, un tempo i signori dell'Akeran, le città che si erano sviluppate nel corso della storia e l'insidiosa presenza dei demoni. Questi ultimi, probabilmente erano i più pericolosi, se non in numero, per quello che la loro mancanza di remore avrebbe potuto causare. Il caos non ha leggi, se non quelle del singolo. E viste le tensioni tra i nani e gli abitanti delle città, un terzo elemento avrebbe potuto spostare l'ago della bilancia dove voleva per goderne i frutti.
Ovunque il mio sguardo si posasse vedevo la paura, il sospetto guidare la mano delle persone, a qualunque razza appartenessero.
E ben presto fu chiaro che non si poteva restare neutrale: agli abitanti dell'Akeran non era concesso un simile lusso.
Io stesso feci la mia scelta, presi posizione quando decisi di aiutare un gruppo di nani accerchiati da una squadra di demoni intenzionata ad assaggiare il loro sangue.
Erano giorni che non incontravo anima viva. Le poche fattorie che avevo trovato lungo il cammino erano state abbandonate. Nessuna traccia dei proprietari, solo macerie o assi bruciate. Potevo solo sperare che fossero riusciti a mettersi in salvo, per quanto l'assenza di cadaveri non fosse una prova sufficiente in tal senso.
Secondo la mappa che portavo con me, a qualche ora di cammino verso ovest sorgeva una cittadina fortificata, Sarhakat. Se avessi tenuto un passo veloce sarei riuscito a raggiungerne le mura prima del tramonto. E solo il cielo poteva sapere quando desiderassi un bagno caldo, un letto comodo e una cena degna di tale nome, non necessariamente secondo quell'ordine di pensiero.
Sogni che sparirono dalla mia mente non appena mi resi conto che qualcosa o per essere corretto qualcuno stava distruggendo la tranquillità di quella landa rocciosa.
Mi mossi nella direzione delle grida, che si ergevano dal clangore di metallo che cozzava contro altro metallo. Urla gutturali in una lingua che avrei voluto non ricordare, mi spinsero ad accelerare il passo fino a correre.
Davanti a miei occhi si stava consumando una vera e propria carneficina. Per quanto in superiorità numerica i nani stavano perdendo posizione, cadendo al suolo come bambole spezzate, coperti dagli arti dilaniati dei loro compagni.
I demoni furono i primi a vedermi, quasi infastiditi dalla presenza di un loro simile con cui avrebbero dovuto dividere quel magro bottino. Quando il primo di loro cadde sotto il fuoco della flintlock si resero conto dell'errore: ai loro occhi non ero nulla di più che un traditore della loro specie.
Non persi tempo e mi buttai nella battaglia, combattendo fianco a fianco con i sopravvissuti ch, seppur ridotti di numero, non avevano perso il loro coraggio.
Impiegai qualche giorno a riprendermi dalle ferite che mi aveva inflitto i miei simili, ospite di quegli stessi nani che avevo contribuito a salvare.
Mi trovavo in uno di quei luoghi che chiamavano “Orada ne değildir”, le ultime vestigia del loro passato. Non era una vita facile la loro, in un territorio arido, inospitale, eppure era quello che più si poteva definire casa, un posto dove poter vivere liberi.
Una libertà che, mi spiegarono con molta enfasi, volevano condividere coi loro fratelli ridotti in schiavitù, ma non solo. Ormai non si sarebbero più accontentati, non dopo la chiamata a combattere per riprendersi la loro terra natia.
Mi raccontarono che alcuni gruppi avevano attaccate le città degli uomini, come loro le chiamavamo, indipendentemente dalla presenza di altre razze, per scacciare gli usurpatori, per reclamare i loro diritti.
Per quanto comprendessi le loro motivazioni, ero ben conscio che una simile linea d'azione avrebbe portato solo altro spargimento di sangue.
Purtroppo per quanto fossero grati del mio aiuto, non sembravano sentire ragioni quando gli proposi di provare la strada della diplomazia, almeno all'inizio.
Seduto su una stuoia intessuta con motivi geometrici, con un drappo di stoffa rossa a circa due metri di altezza, che fungeva da tendaggio improvvisato per protezione dal sole a picco, un otre di acqua attaccata alla cintola per combattere l'arsura, stavo colloquiando con quelli che la loro gente definiva i “saggi”.
Pensi che loro ascolteranno? Hanno sfruttato le nostre terre per arricchirsi, chiudendo gli occhi sulle nostre sofferenze e tutto questo per anni e anni. Come puoi credere che possa esistere una soluzione pacifica? Nessuno si fiderà, nessuno accetterà le vie diplomatiche. Obiettò il loro capo, sbattendo con forza il pugno sul basso tavolino, facendo tremare un vassoio di frutta essiccata. Era un nano muscoloso, alto per quelli della sua razza, sulla quarantina se avessi dovuto valutarne l'età secondo gli standard umani.
Scossi la testa con veemenza.
«La forza non è la soluzione. Non vi rendete conto che mentre voi cercate il conflitto con le città, i demoni approfitteranno della situazione? Chi credete che ne trarrà beneficio se nani e umani non troveranno una tregua? I demoni desiderano il caos. Ben vengano i vostri conflitti; inoltre...» mi tornarono alla mente stralci di frasi di quell'antica pergamena
«...Sbaglio o vogliono annientare la vostra razza? E così facendo li state aiutando.» Erano parole dure, lo sapevo, ma in qualche modo qualcuno doleva fare il primo passo verso uno scenario più pacifico.
«Volete passare dalla parte del torto? Volete che la storia vi ricordi come coloro che presero con il sangue la loro perduta eredità? L'Akeran per quanto sia difficile da accettare appartiene ad entrambi, nani e città umane. Dovreste allearvi e sconfiggere i demoni prima che sia troppo tardi.»Calò il silenzio per un tempo lungo, molto lungo, in cui solo i nostri respiri furono udibili.
Poi tutti gli occhi pontarono su di me, quando il loro capo incrociò il mio sguardo.
Cosa proponi? Il tono di voce non dava spazio a nessuna emozione, ma era pur sempre un inizio, no?
Che avessi uno spiccato senso nel cacciarmi in situazioni spinose era qualcosa legato al mio essere.
Probabilmente Mariha mi avrebbe tirato in testa uno ad uno tutti i preziosi pezzi della sua scacchiera fino a che non fossi tornato in me.
Naturalmente ero ben conscio di quanto fosse azzardato il piano che avevo proposto; troppe cose sarebbero potute andare per il verso sbagliato. D'altra parte se fossi riuscito ad appianare i dissidi tra la cittadina e i nani di questa zona, c'era la speranza che altri ne avrebbero imitato l'esempio. In fondo erano i demoni il vero nemico.
Mi ero offerto di andare in città per cercare prendere più informazioni possibili, per capire se ci fosse ancora la possibilità di una soluzione pacifica.
Purtroppo le voci che ascoltai non erano rassicuranti.
Sembrava che una banda di mercenari fosse stata appena ingaggiata pronta a reprimere ogni assalto ribelle.
Con la mia scarsa manciata di informazioni mi diressi verso il luogo concordato per incontrarmi con un drappello di nani, l'avanguardia di un gruppo più nutrito di combattenti, se non avessi portato notizie positive.
Raggiunsi le rovine in orario, il sole al tramonto, perso nei miei pensieri, sforzandomi di trovare un modo per evitare l'accendersi di un nuovo conflitto.
Mi resi conto all'ultimo di non essere solo.
Non molto distante dalla mia posizione vi era una giovane fanciulla, di età paragonabile alla mia, seppur nell'aspetto esteriore.
Sembrava che la mia presenza l'avesse allertata.
Che ci faceva lontano dalla protezione offerta dalla cittadina?
Poi compresi, un istante prima che il drappello di nani facesse il suo ingresso.
«FERMI! Non muovetevi!» Gridai istintivamente, con tono autoritario, poi rivolgendomi alla ragazza, con voce pacata nel tentativo di rassicurarla
«Non è come credete, non è...» Interruppi la frase a metà. Come potevo spiegare alla sconosciuta, probabilmente un'avventuriera assoldata da qualcuno, forse facente parte di quel gruppo di mercenari che avevo incrociato in città, che la nostra presenza in quei luoghi così vicini a Sarhakat fosse puramente pacifica?
Kirin Rashelo
CS
[Riflessi 3, Intuito 1], «Kirin l'umano»
[Intuito 2, Intelligenza 2], «Zeross l'avatar demonico»
Energia: 100%
Danni Fisici: Illeso
Stato Emotivo: Preoccupato
Equipaggiamento
Flintlock: 3/3 [non estratta]
Schiavona [nel fodero]
Passive
Presenza Demoniaca
Kirin incute un lieve timore in chiunque gli stia accanto, purché questo non sia un demone stesso, e che sia di energia pari o inferiore a lui.
Arcanista I
Kirin è in grado di a manipolare la magia per creare delle pallottole di puro potere arcano.
In termini tecnici questi attacchi a distanza possono essere utilizzati liberamente,
ma rappresentano comunque dei semplici colpi non tecnica.
Arcanista II
Le abilità magiche possedute da Kirin saranno così elevate da superare qualsiasi processo che intercorre fra intenzione e azione,
permettendogli di utilizzare tutte le proprie tecniche di natura magica in tempi di concentrazione pressoché nulli,
generandole istantaneamente e in qualsiasi condizione psicologica.
Arcanista III
Affinando l'intelletto con l'aiuto della “Gemma della Sapienza”, Kirin ha raggiunto lo stadio ultimo dei suoi studi: la “Visione della Magia”.
Non importa come si definisca tale capacità, auspex, sesto senso, intuito, quello che conta è il poter “vedere” gli effetti arcani comprendendone la loro natura intrinseca.
Telecinesi
Taanach: quel giorno segnò la fine di quasi tutte le mie abilità "Esper".
L'unica capacità, che è sopravvissuta, consiste nel riuscire a muovere il mio equipaggiamento con la sola forza del pensiero,
senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto alla mia posizione.