Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fanie Elberim Vs. Vahram "Al Patchouli"

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 5/4/2014, 10:55
Avatar

C a t a r s i

·······

Group:
Member
Posts:
6,493

Status:


Fanie Elberim Vs. Vahram "Al Patchouli"



Verde Vs. Verde
D Vs. E


Primo post: Vahram
Player Killing: Off
Durata: Un solo post di presentazione e quattro post di combattimento.
Tempi di risposta: A cinque giorni dalla risposta dell'avversario verrà applicata una penalità di 0.25 punti alla sportività del ritardatario per ogni giorno d'attesa.

Arena: Rovine di Ur'Lachesh - I nani raccontano che la Perla fu dove iniziò la fine del loro impero, la prima a cadere sotto le orde dei demoni. Delle sue torri variopinte che grattavano il cielo, rimangono solo macerie così come delle mura dove Rorek, figlio della Terra, perì portando con sé più di mille demoni, si scorgono soltanto le fondamenta; l'antico splendore rimane soltanto nelle storie. Eppure fra quelle pietre ancora resisteva un esile stelo di vita, tende di cuoio montate fra le pietre rotte, edifici diroccati trasformati in abitazioni di fortuna: nient'altro che una baraccopoli dismessa dove si sono rifugiati vagabondi e beduini che si erano persi, viandanti stanchi del deserto, e gente in fuga da guerre, calamità o da paesi lontani.
Regole: Il duello non deve interrompersi per alcun chiarimento - usate vie private, nel caso. Non si possono modificare i propri post dopo le risposte dell'avversario. Si seguono le normali regole di un duello ufficiale.
Background: Come il fuoco s'alimenta di legna, così la ribellione si nutre di simboli, di gesti che valgono più per le reazioni che scatenano rispetto ai vantaggi che si ottengono. E quale gesto vi poteva essere di migliore se non riconquistare la prima fra le città cadute contro i demoni, la rovinata Ur'Lachesh? Per questo un manipolo di nani si è riunito in quell'impresa, speranzosi di far rifiorire la Perla. Arrivati sul posto han però trovato quei luoghi abitati da vili tombaroli e predoni, riuniti per spolpare una carcassa di cui rimangono appena le ossa sbiancate al sole cocente del deserto. Gli abitanti sostenevano di essere gente semplice e onesta che però non voleva abbandonare il luogo che adesso chiamava casa. In una delle abitazioni però furono trovate grandi quantità di manufatti e mobili rovinati degli antichi abitanti della città. Così per il magazzino di un robivecchi nacque una discussione, che si tramutò in litigio, che sfociò in una vera e propria battaglia.
 
Top
view post Posted on 11/4/2014, 22:56
Avatar

Aper army
·····

Group:
Member
Posts:
1,606
Location:
Trentino

Status:



Un’ombra effimera languiva prostrata in fondo a un pozzo di oscurità.
Pensieri colmi di rassegnazione e rimpianto la tormentavano.

Perché ho esitato...?
Avrei dovuto resistere,
ma sono stato un debole.
Ho preferito lasciarmi andare...
Ho preferito abbandonare un’esistenza insensata.

Ho preferito non scegliere.

Ma tanto... che importanza ha.
Ormai sono condannato.

La dannazione eterna.
Esiste forse una gabbia migliore per il mostro che sono?




(Sharuk/Vahram [pensato], Hanar, Karr’Rash, guardie.)

Bocca dell’Inferno ~ 10 giorni dopo la scomparsa della Purgatory

L’ora buia s’approssimava. Finalmente...

Il sole al tramonto riversava una calda e rossa luce rubiconda sui resti dello sterminato campo di battaglia, come per rievocare ad ogni suo calare tutto il sangue versato in quelle lande di morte. Una distesa interminabile di bianche ossa essiccate dall’arsura e armi e insegne consumate dal tempo. Carcasse senza nome, eserciti ormai scomparsi dagli annali dell’Akeran. Vestigia di una battaglia tanto antica che neppure il ricordo delle grida e gli echi del clamore del metallo riuscivano più a raggiungere le orecchie degli sporadici viandanti. Nessuno udiva più le voci degli spettri del passato che infestavano quei luoghi, dimenticati nei secoli; ora laggiù vi regnavano solamente l’immobilità e il silenzio.

In mezzo a quella selva di ombre inerti sproporzionatamente allungate, ce n’era una che si muoveva tremula tra le rocce ferrose. Una figura solitaria, avvolta in un nero e logoro mantello. Un uomo. Bende consunte coprivano a stento le profonde ferite di guerra che si aprivano nella sua pelle di un bianco cadaverico. Dal suo aspetto sembrava più morto che vivo, eppure sul suo volto era stampato un grottesco sorriso. La corruzione segnava orribilmente il suo corpo, tradendo l’anima maledetta che vi dimorava.

Al posto della barba minuziosamente curata che tempo addietro orlava il mento prominente e adornava la sua pelle bruna ora prosperava una peluria aspra e incolta, rispecchiando gli umori turpi e selvaggi che animavano quella creatura ormai lungi dall’essere umana. Le iridi una volta smeraldine si erano tramutate in orbi inespressivi fiammeggianti di gelo, colmi di odio e nequizia.

«Vahram è caduto... Vahram è nostro...» Gracchiava farneticante, in preda a una folle e apparentemente immotivata euforia. «È mio...»

Con la lancia che aveva in mano si divertiva a picchiare e fracassare le ossa e gli oggetti che trovava sul cammino come un bimbo che gioca a sferzare l’erba alta con un bastone. Di tanto in tanto si fermava per ammirarsi le mani, le braccia, per accarezzarsi il volto, esplorando e percependo le nuove e strane sensazioni di quel corpo che da anni tanto bramava. Lo testava, ci giocava come se fosse un balocco nuovo di zecca.

«Avere un’essenza fisica in questo mondo... È meglio di quanto avessi immaginato. Quali sensazioni... Quali piaceri... Questa fragilità, questa mortalità... mi danno un brivido così estasiante...»

Affondò le unghie nella pelle dell’avambraccio e scavò nella carne, un rivolo rosso scorse sulla bianca pelle per poi andare a gocciolare sulla sabbia ocra del deserto. Un’espressione di orgasmica ebbrezza contrasse la bocca del mostro, come se godesse a quel forte dolore che s’infliggeva, come se quella creatura di morte trovasse un’insana eccitazione e curiosità nello sperimentare i sensi alieni degli esseri viventi.

«Penso che mi trastullerò ancora un po’ con questo corpo, prima che l’abisso lo reclami...»

Allungò la mano davanti a sé, come per afferrare un oggetto invisibile. Improvvisamente rivoli di energia verdastra eruppero dal suo palmo e fluttuarono rapidi nell’aria prima di andare a infossarsi nel terreno spoglio. La sabbia cominciò a smuoversi tumultuosamente, riesumando lunghe ossa miste a neri drappi stracciati. Quello che secoli addietro doveva essere un corsiero da guerra bardato, un fiero stallone di qualche antico cavaliere, emerse recalcitrando dalla sua tomba naturale, come inebriato da un nuovo alito di vita, per poi ergersi ancora una volta altero e indomito come un tempo, pronto a servire il suo padrone.

«È tempo di tornare dal mio Signore. Questo successo cancellerà i miei errori. Mi concederà un’altra opportunità...»

E così dicendo, si avvicinò alla carcassa animata e salì sulla sella logora con un balzo magistrale, come se avesse ereditato, insieme al corpo, l’esperienza e l’abilità del cavaliere aramano che aveva posseduto. Gli bastò sussurrare un ordine e una meta per spronare l’instancabile cavallo non morto al galoppo.

La guerra era alle porte e Shrauk lo sapeva.

E sapeva bene che Horun l’Effimero, il suo signore, non sarebbe rimasto a guadare. Doveva raggiungere El Kahir al più presto; nel momento cruciale Esso avrebbe abbisognato dei suoi servigi.

La sua occasione di gloria si stava avvicinando.

nyrh


Regione di Ur'Lachesh ~ 6 mesi dopo la scomparsa della Purgatory

La piccola carovana avanzava a scossoni sulla carriera sterrata e sconnessa in mezzo al deserto roccioso, inondata dagli ultimi caldi raggi di sole di quella afosa giornata. Quattro grossi conestoga trainati ognuno da sei cavalli. Si stagliavano sulla sabbia rossa come vele bianche in mezzo al deserto.

«Arriveremo alle porte di Ur’Lachesh tra un’ora.» Comunicò Hanar dalla cassetta del primo carro, rompendo il silenzio insopportabile che durava ormai da ore. Dalla tenda alle sue spalle tornò in risposta solo un disinteressato grugnito d’assenso.

Hanar Sasil, un nano con un ceffo da mercenario indurito dal tempo e dalla vita aspra in quei luoghi selvaggi. La sua barba ben ordinata in lunghi riccioli cilindrici, come le sue braccia e il suo collo, era riccamente ornata da gioielli, simboli sacri e portafortuna appartenenti alle religioni più disparate. I suoi vestiti non erano meno bizzarri: un appariscente gliet rosso ricamato con ghirigori dorati, pantaloni di seta nera alla zuava e stivali a punta frangiati in cuoio pregiato. Lo chiamavano Hanar il Mercenario, in realtà non sapeva nemmeno tenere un’ascia in mano come si deve, ma il suo attaccamento ai soldi piuttosto che alle buone cause era ben noto. Un misero trafficante di reperti antichi; come molti altri abitanti di quella regione, del resto.

«Tutto a posto lì dietro?» Parlò di nuovo, forse tentando di instaurare un po’ di dialogo per alleviare la tensione.

«Ti paghiamo per guidare, non per cianciare.» Rispose nuovamente la voce roca e profonda proveniente da un punto imprecisato in mezzo ai cassoni e ai barili che stipavano il carro. «Che ti prende? Hai paura?»

Hanar, s’irrigidì. Il suo committente aveva colto nel segno. Si pentì di aver aperto bocca: l’ansia gli aveva fatto dimenticare che con certi clienti è meglio non paralare, né tantomeno fare domande.

«Ti rammento che ormai è troppo tardi per tirarti indietro. I patti sono patti.» Continuò lo strano individuo. «Gli accordi sono chiari: tu e i tuoi uomini trasporterete me, il mio infiltratore e i miei materiali all’interno della città. Non ammetterò alcun ripensamento. Non deluderci e avrai i tuoi soldi. Manca ai patti e ti ritroverai una freccia piantata in mezzo al cranio. Chiaro?»

Nell’udire la minaccia, il nano non riuscì a trattenere un brivido.

«Cristallino, signor... ehm...»

«Al Patchouli.» Ringhiò la voce. «Ricorda per chi lavori, nano. Troncare vite per i demoni è solo un gioco, i poteri del mio Signore vanno molto oltre. La morte potrebbe rivelarsi solo l’inizio dei tuoi tormenti... se fallirai nel tuo compito.» Disse con il suo tono gelido. «Hai qualcosa da aggiungere?»

«N-No, signor Al Patchouli.» Farfugliò il nano, ben intento a chiudere la discussione e non aprir bocca finché il lavoro non fosse finito.

«Molto bene... aper.»

Sharuk ormai ci aveva preso gusto a imitare il proprietario di quel corpo. Era da anni che lo aveva inseguito, lo conosceva intimamente, e ora che ne aveva finalmente preso possesso, curiosamente le conoscenze, le abitudini e la maniacale perfezione di Vahram pareva che avessero contagiato anche la condotta del demone. Si sentiva in perfetta simbiosi con quel corpo, quasi come se si fosse sostituito completamente al precedente possessore. Riusciva a imitarlo pressoché alla perfezione.

Lanciò un’occhiata al mercenario in armatura di cuoio nero da assassino di fianco a lui. Un mezzo-demone dalla pelle bluastra e i tratti snelli, le orecchie a punta e lunghi capelli bianchi raccolti in una coda. Se ne stava stravaccato sul pianale del carro con un piede appoggiato pigramente sopra una cassa. Ammazzava il tempo smontando, rimontando e calibrando una lunga e massiccia balestra da tiratore scelto.

«Sei pronto, Karr’Rash?» Gli sussurrò.

L’assassino finì di sistemare la balestra con tre botte precise e magistrali in tre punti diversi, sistemando ogni pezzo al proprio posto con uno sonoro scatto, esaminò l’arma alla luce dalla lanterna ad olio con i suoi occhi color rubino e rispose infine affermativamente con un marziale cenno del capo.

Sharuk tornò a ripassare i piani, le mappe e la lunga lista di oggetti che avrebbe dovuto recuperare.

Ur'Lachesh. Secoli addietro questa città era conosciuta presso i nani come La Perla, finché non cadde di fronte alle orde dei demoni. Di questa ridente comunità nanica ora non rimangono che rovine, però è divenuta negli anni il paradiso dei cacciatori di tesori e i trafficanti di artefatti.

Uno di questi, un nano di nome Hoignus Kugnar, un imprenditore fallito di Gerico, vent’anni prima era giunto in quel sito in cerca di fortuna. E la trovò, eccome la trovò. Nel giro di cinque anni riuscì a elevarsi al di sopra di ogni furfante e mascalzone di quella città, ottenendo il monopolio della quasi totalità del traffico di oggetti magici della regione. Era grazie a lui se nei mercati neri di tutta Asgradel si potevano trovare artefatti di ogni genere provenienti da Ur'Lachesh.

Su di lui era nota però anche un altro fatto molto interessante. Nella sua somma modestia si reputava il più grande collezionista di artefatti di tutto l’Akeran. Invero, gli oggetti più magnifici e potenti che uscivano dai suoi siti di scavi non li vendeva, bensì li teneva per sé, mettendoli in bella mostra nella sua residenza. Di fatto però era risaputo che non li utilizzava: non solo non s’intendeva di stregoneria e congegni magici, ma non permetteva neanche a nessuno di toccarli; li considerava unicamente gingilli da esporre per conferire lustro alla propria immagine.

Ciò che ignorava era che tra i suoi tesori si celavano alcuni tra i più potenti artefatti di fattura nanica e demoniaca mai comparsi nell’Akeran.

E presto quegli oggetti d’immenso potere sarebbero passati a un nuovo padrone, a qualcuno che ne avrebbe fatto un uso molto migliore.

Horun l’Effimero li bramava, e Shrauk era irremovibilmente determinato a esaudire i desideri del proprio signore.

nyrh


«Fermi! Chi siete? Cosa trasportate là dentro?» Due guardie naniche fermarono la carovana alle porte della città.

«Ehi! Abbi un po’ di rispetto, ragazzino.» Hanar cominciò a fare la sua parte. «Davvero non mi conosci? Ero già famoso qui a Ur'Lachesh quando ancora tu succhiavi il latte dalla tetta di tua madre.»

«Non ci importa, identificati!» Disse l’altro, ignorandolo.

«Sono Hanar, se entrate in città e dite il mio nome al primo pezzente che incontrate, state tranquilli che mi conosce. Tutti mi conoscono qui. Volete sapere che ci faccio qui?» Sul suo volto s’abbozzò un sorriso: gli era venuta un’idea.

«Guardate.» Disse, scendendo dal carro e dirigendosi sul retro. «Dato che siamo in guerra, ho raccattato delle cosette che potrebbero interessare al vostro capitano.»

Aprì la tenda posteriore e invitò le guardie a controllare. Uno spaventoso arsenale di spade, lance, mazze, archi e balestre era ammucchiato tra le casse o disposto ordinatamente su rastrelliere.

«Sorpresi eh? Tutta roba raccattata da quei pivelli delle città libere. E dentro quelle casse ci sono viveri e polvere da sparo.»

Le due guardie parvero rimanere alquanto impressionate.

«Però mi sembra ben poco credibile che vogliate regalare tutta questa roba alla resistenza. È sospetto.» Rispose presto il più giovane e diffidente delle due guardie, ancora scettico.

«Infatti non le vendo gratis, sbarbatello. Mica vivo di carità.» Si finse pensieroso. «Ma magari... potrei fare pure uno sconticino, in nome della nostra causa. Ci penserò...»

Le due guardie si fissarono per un momento.

«Va bene, passa.» Disse infine sbrigativamente la più anziana. «Giudicherà il nostro capitano.»

La carovana si rimise in marcia. Oltrepassate le mura, si addentrò tra il dedalo di strade buie e silenziose tra le rovine, ma ad un certo punto, invece di seguire la via per le baracche dei soldati, deviò verso il quartiere dei templi, dove si trovava la tenuta di Hoignus Kugnar.

Raggiunto un posto isolato, improvvisamente arti e braccia scheletriche spuntarono dall’oscurità per ghermire spade e archi. Drappelli di guerrieri scheletrici emersero da quelli che prima potevano sembrare casse e barili di vettovaglie, armandosi e disponendosi all’interno del carro in formazione di attacco con rapidità ed efficienza degne delle migliori squadre d’assalto.

«Mi hai fatto prendere un bello spavento quando hai aperto il tendone.» Il nano, già terrorizzato nel vedere ciò che stava accadendo intorno a lui, sussultò quando Al Patchouli gli arrivò alle spalle silenzioso come un’ombra. «Ottimo lavoro. Ora andiamo a far visita al nostro amico.»

Il nano non parlò, rispose solamente con un goffo cenno d’assenso.

«I ribelli ci daranno noie, secondo voi?» Domandò Karr’Rash.

«Gli informatori ci avevano segnalato la loro presenza già da tempo.» Spiegò il guerriero maledetto. «Se tutto va secondo i piani, saremo lontani da qui ancora prima che loro inizino a farsi domande. La strategia è semplice: entriamo, neutralizziamo le guardie di Kugnar, eliminiamo qualsiasi testimone, prendiamo tutto e ce la filiamo prima dell’alba.»

Sul volto di Vahram comparve un ghigno crudele.

«Tutto dovrà essere perfetto.»

E così fu... o quasi. Alle luci dell’alba i quattro conestoga erano spariti con il loro prezioso carico fuori dalla villa, secondo i piani. Lontani dalle porte della città.

Ma qualcosa mancava... e questo Sharuk non poteva accettarlo.

L’alba si avvicinava... ma nella grande villa, costruita in un antico tempio nanico ristrutturato, la morte aleggiava ancora insieme all’odore di sangue fresco.

Ecco qui. Come abbiamo concordato, la mattina trovi gli scheletri a presidiare la villa. Dentro c'è Vahram che cerca ancora l'ultimo artefatto mancante. I carri sono usciti, ma sono ancora raggiungibili dalle tue truppe.
Gestisci la scena come più ti piace.
PS: ovviamente la battaglia è puramente scenica.
EDIT: Corretti alcuni refusi.




Edited by Orto33 - 12/4/2014, 03:30
 
Top
Fanie Elberim
view post Posted on 12/4/2014, 16:32





Nanobii_zpsb22c9262
Batteremo il ferro nelle fornaci, scaveremo la pietra nei deserti,
trasformeremo la sabbia rovente in un mare d'oro infinito.
Noi, assieme, ricostruiremo quello che è stato.
Noi ricostruiremo la nostra Perla.


La notte sull'Akeran era uno spettacolo che raramente mi sarei lasciata sfuggire. Per molti poteva essere semplicemente una banalità, osservare un deserto sterile e roccioso alla luce della luna, ma per me anche quello aveva un fascino incredibile. Mi ero unita come corpo volontario ad un nano scorbutico e poco gradevole alla vista di nome Brumak Garwill: un metro e quaranta di pura muscolatura scolpita a picconate in caverna con una barba nera come la notte da cui spuntavano solamente il naso, storto da un rissa finita male, e due piccoli occhi azzurro cristallino. In testa nemmeno un misero capello.
Molti si erano chiesti il perché di quella mia scelta, dato che la maggioranza dei Regni sembravano in qualche modo approvare il nuovo sistema governativo delle città libere, ebbene la mia scelta era stata dettata anche, e soprattutto, da questo importantissimo fattore. Non avevo alcuna intenzione di vedere il mondo diviso in migliaia di frammenti deboli e facili da spazzare via al pari di foglie secche alla prima ventata. Inoltre solo un malato di mente avrebbe potuto patteggiare per la nascente minaccia demoniaca di cui si iniziavano ad avere inquietanti, e pessime, notizie da luoghi differenti dei deserti.
Per quanto riguardava le città libere... il discorso era estremamente più complesso e articolato. Forse alcuni avrebbero potuto obiettare la mia scelta dicendomi che ero una stupida, che aiutando i nani avrei privato qualcun'altro della propria libertà, e forse avrebbe avuto ragione ma io gli avrei risposto che solamente uno schiavo può sapere cosa significa perdere tutto. Perdere la speranza.
E confidavo che sotto alle vesti stravaganti, agli sguardi bonari e all'apparente e sfrontata arroganza, ci fossero dei cuori pulsanti di vita e di coraggio in grado di perdonare i tempi oscuri. Ma alla fine io, di tutte quelle speranze, non potevo che essere una spada ed uno scudo in più.

Sorrisi, guardando una luna piuttosto grande e luminosa cullare il sonno dei più nell'accampamento.
« Settantotto anni? » la voce apparteneva a Nergal, il figlio di Brumak e secondo in capo trai nani. « La ritrovata libertà offre spettacoli davvero eleganti di questi giorni! » mi squadrò dalla testa ai piedi, soffermandosi sull'imponente spallaccio destro della mia corazza con un lieve singulto di criticità, quasi avesse da ridere sulla fattura. « Se è il modo nanico di iniziare una conversazione con un sottoposto, signore, temo di essere a disagio. » dissi scherzosamente.
Nergal non era un nano come gli altri, era piuttosto affascinante e teneva il viso pulito con una lieve barba ben curata, aveva ereditato i capelli corvini e gli occhi cerulei del padre, ma aveva i lineamenti molto più dolci, come se sua madre gli avesse donato una morbidezza rara da ritrovare nei volti ruvidi e consunti di quella sua razza. « Posso unirmi a te a guardare le stelle? » con un cenno lo invitai a sederi accanto a me, al limitare del campo.
« Questo posto, intendo Ur'Lachesh, ha una storia antichissima, vederlo così in rovina distrugge molti dei sogni che avevo quando ero solo un ragazzino agitato e curioso... » lo disse con un velo di malinconia, quasi come se quei tempi - da schiavo - avessero garantito al suo cuore un'illusione ben più gratificante che la dura e cruda realtà dei fatti.
Ur'Lachesh era un luogo decaduto, morente per certi versi, che conservava a stento il ricordo e la gloria di ciò che era stato. Ma potevo davvero biasimare chi credeva ancora ciecamente nel ridarle lustro ed onore? No, no che non potevo. Nessuno al mondo poteva.
Sorrisi al giovane nano, sospirando lievemente, con l'aria di chi ha visto e sentito quelle parole troppo spesso per essere contate con l'ausilio della sola memoria.
« Raccontami di questa città. Io sono vissuta nel nord ed ora vivo a Basiledra, questo per me è tutto nuovo... e per me la storia ha un significato particolare. Per la mia razza a dire il vero. Noi crediamo che solamente imparando alla perfezione ciò che è stato siamo in grado di prevedere ed evitare il medesimo errore nel futuro. »
Il nano ridacchiò, accendendosi una lunga e contorta pipa dall'aspetto tutt'altro che misero.
« Ur'Lachesh, la Perla dove tutto è cominciato... »

Raccontò per ore. Descrisse la città in un tempo così remoto che nemmeno suo nonno camminava per la terra, mi narrò di eroi e leggende con cui a stento quelle umane potevano rivaleggiare, mi mostrò un luogo lontano nel tempo in cui una razza decaduta dominava incontrastata su tutti i deserti, con uno sfarzo e una ricchezza tale da riuscire quasi a trasformare la sabbia in oro. Mi ritrovavo in quella gente: anche la mia razza era divisa, frammentata, ed aveva perduto ogni speranza di ritrovare una propria coesione ed unità. Noi non potevamo più ambire ad un mondo in cui la nostra voce avrebbe fatto la differenza, noi eravamo destinati a scomparire lentamente ed inesorabilmente, tra un colpo di reni ed una lenta agonia ci saremo spenti. Ma i nani no, loro erano un secondo faro di speranza per il mondo, un nuovo impero da cui potevano nuovamente sorgere portando giustizia ed uguaglianza a tutti quanti, ed assieme agli uomini avrebbero elevato il futuro di tutti noi ad un nuovo, incredibile, livello di utopia.
Ma, come in ogni storia, c'era sempre una difficoltà colossale da affrontare prima di ricevere il giusto premio per le proprie azioni. Nel nostro caso si trattava dell'ennesima, brutale e sanguinosa, guerra. Non mi stupivo più che vi fosse la necessità di spargere il sangue nemico sulle terre per reclamarle come proprie, ma ogni volta il mio cuore titubava un poco prima di cogliere una vita, seppure maligna, di qualcuno che semplicemente pensava di avere più ragione di me. Tutti, in quel conflitto, avrebbero in parte meritato di vincere: le città libere lottavano per loro stesse, per rendersi finalmente indipendenti dal fu Goryo e diventare autonome. I nani volevano la loro libertà sopra ogni cosa e non sarebbe stato possibile in un territorio segmentato dove prevaleva il più forte, e gli unici, schifosi vermi, che non meritavano nulla erano i mostri dell'abisso. In tutto quel caos la loro malvagità minacciava tanto noi quanto le città e, a costo di venire meno ai miei stessi ideali, mi sarei sbilanciata a favore di qualunque azione volta a sterminarli per sempre o relegarli in un luogo dove nessuno li avrebbe mai più cercati.

« ...e così Rorek portò con se un migliaio di demoni prima di morire sopraffatto. La leggenda narra che forse cadde prima la città di lui! Te lo immagini, spilungona, un nano abbastanza coraggioso da uccidere mille di quei mostri schifosi? » lo domandò guardandomi con uno sguardo misto di tristezza e speranza. Sorridendo, e annuendo con un leggero cenno della testa, rincuorai il suo ed il mio animo allo stesso tempo.
La pace, la speranza, il futuro radioso e brillante che tutti noi cercavamo disperatamente di afferrare, al pari di falene attorno ad una candela nella notte, era costellato da insidie che spesso superavano anche i più oscuri e raccapriccianti incubi. Eppure quei nani, ritrovandosi davanti nient'altro che miseria e criminalità, riuscivano a trovare la forza di andare avanti nel loro scopo, di ricostruire ciò che era stata la loro Perla più preziosa.
Ad un certo punto la voce robusta e greve di Brumak mi distolse da quei pensieri, riportandomi di schianto alla realtà.
« Nergal, va a dormire. Devo parlare con la signorina da solo. » il figlio obbedì senza fiatare, mentre il capitano si sedeva al mio fianco con aria imperscrutabile. Mi fissò a lungo, forse per un buon mezzo minuto, mentre elaborava nella sua mente il modo migliore per esprimere un concetto che, di base, pareva per lui molto complesso ed articolato. Poi parlò.
« Mio figlio è giovane e ha la mente annebbiata dalla gloria del passato. Non mi serve avere un sognatore tra le mie fila, tanto meno averne due. I rapporti parlano chiaro: i demoni si muovono e credo - a buon nome - che torneranno qui a finire quello che è rimasto della città. Voglio che tutti i miei uomini... » si corresse dopo un breve tentennamento. « ...soldati, siano allerta e vigili. Avrai tempo di guardare le stelle quando sarai a casa tua, belle gambe, resta concentrata e non lasciare che mio figlio galoppi con la fantasia: le illusioni uccidono. » mi colpì con il dorso della mano il ginocchio, come ad incitarmi a tornare in piedi. « Monta la guardia il primo turno. » poi fece per allontanarsi, sempre scuro in volto, ma lo fermai afferrandogli delicatamente una spalla.
« Non perdere la speranza, capitano. Tuo figlio è un sognatore, si, ma persone come lui sono il futuro della vostra gente. »
Brumak mi guardò in cagnesco, come se non avesse minimamente intenzione di stare ad ascoltarmi, e con un brusco movimento si divincolò dalla mia fragile presa. Poi, senza dire nulla, tornò ad allontanarsi a passo spedito:
« Nergal è il migliore di tutti noi, capitano... »
Si fermò un solo istante, dandomi sempre le spalle in religioso silenzio.
In quell'attimo, se il suo orgoglio fosse stato meno ferreo, si sarebbe volentieri girato regalandomi un sorriso, ma non lo fece. Ma io sapevo, comunque, che sotto la scorza di rozza brutalità ed assoluto nichilismo, c'era un animo nobile e speranzoso.
Si lo so, mi rispose il suo cuore.

[ ... ]

Poco prima dell'alba un vociare frenetico si diffuse per l'accampamento. Venni svegliata da uno dei nani con un brusco scossone, evidentemente non era molto avvezzo alla cortesia, e mi accorsi che il capitano stava sbraitando come un forsennato ordini a destra e manca. Camminando quasi immersa in un via vai di nani, da cui svettavo in maniera quasi vergognosa, mi avvicinai giusto in tempo per sentire Brumak ordinare al figlio e ad una ventina di nani veterani di inseguire dei carri in fuga per il deserto. Purtroppo non avevamo cavalli a sufficienza per tutto il distaccamento armato e dovevamo obbligatoriamente lanciare all'inseguimento solamente pochi e bravi cavalieri, per evitare inutili morti e perdite di preziosi equini.
« Spilungona, vieni con me, andiamo alla residenza di Hoignus Kugnar, c'è stato del movimento sospetto ed è la volta buona che ammazzo quel ladro con le mie mani. » pur di buon mattino il capitano era nervoso e irritato come sempre.
Avevo sentito parlare di quel tale Kugnar, molti dei soldati sostenevano fosse poco più di una vergogna per la loro razza, dato che si era arricchito vendendo preziose ed inestimabili reliquie appartenute al vecchio impero. Sembrava una normalissima ispezione, come molte altre da qualche giorno a quella parte, ma a meno di trenta metri dall'ingresso della villa qualcosa attirò la mia attenzione: era un movimento lievemente dinoccolato, surreale quasi, che traspariva dalle finestre frontali semi aperte. Non feci nemmeno in tempo ad avvisare Brumak dei miei timori che una salva di frecce ci arrivò addosso, ferendo in maniera lieve diversi nani.
« IMBOSCATA! STATE TUTTI GIU' AL RIPARO! »
Tutti, all'unisono, si cacciarono a trovare il riparo più vicino: una botte, una muratura non finita, un sacco di calce. Io, chiaramente, dovevo stare quasi sdraiata a causa dell'altezza, rispetto ai miei compagni, e molti di loro - a dispetto della situazione drammatica - risero sonoramente della mia scomoda postura.
« Rubek, torna al campo chiama tutti quanti... ci serve Longrim. »
Nel giro di due minuti almeno una trentina di nani si erano nascosti in posizioni strategiche al riparo dalle frecce nemiche. Due o tre erano stati feriti, difficile dirlo dalla mia posizione, mentre si muovevano incautamente e tutti gli altri avevano non poco timore di esporsi ad una salva di frecce potenzialmente letale.
E poi lo vidi. Era il nano più muscoloso che avessi mai visto, al suo fianco correvano due portantini con altrettanti scudi a torre che lo proteggevano integralmente dal fuoco incessante delle frecce. Testa rasata, barba composta da una sola treccia nera legata con tre anelli dorati, e volto dipinto con il carbone per diventare un tutt'uno con la peluria facciale. Portava, non senza fatica nonostante la muscolatura, una colubrina di medio calibro in bronzo lavorato e, una volta giunto nei pressi del capitano disse, con un grugnito sommesso: dove?
Burmak indicò la porta della villa facendo cenno a tutti gli altri di tenersi pronti.
Longrim caricò l'arma, prese la mira aiutato dai suoi serventi, e poi fece fuoco. Un rombo assordante, il peggiore frastuono che avessi mai udito nella mia intesa esistenza, si propagò per le strade della città: la palla impattò contro il portone massiccio in legno, disintegrandolo come fosse fatto di carta e aprendo una via d'accesso immediata alla struttura. Subito il capitano ordinò la carica e tutti i nani sciamarono in direzione dell'ingresso, incuranti delle frecce e della lieve superiorità numerica del nemico.
Afferrai il mio scudo, sguainai la spada ed iniziai a correre assieme a tutti gli altri, rischiando più volte di beccarmi qualche freccia che, per fortuna, prontamente deviai con lo scudo. Nel giro di pochi istanti ero nella sala principale della villa, davanti ad un meraviglioso scalone di pregevole fattura, e tutto attorno scheletri animati da magia oscura si battevano rabbiosamente contro i nani. Un moto di disgusto si fece largo nella mia anima mentre fissavo le ossa traballanti di quegli abomini muoversi ed infierire a destra e manca. Gli ordini del capitano mi raggiunsero tuonando, persino oltre il caos e la lieve sordità causata dalla cannonata.
« Spilungona sulle scale! »
Senza pensarci due volte iniziai a salirle.


Un tempo volevo che la guerra scomparisse dalla faccia della terra, che non ci fossero più morti e che la gente vivesse felice ed in pace dall'oggi al domani, come se niente fosse. Ero stupida, infantile, non avevo visto molte - troppe - cose che oggi invece mi sono terribilmente e mortalmente chiare. Io credo nella speranza e nella giustizia, nel rimediare ai torti e nel ridare lustro a chi lo ha ingiustamente perduto, e non mi è mai importato sotto quale bandiera o Dio o Re questo avvenisse, ma solamente la motivazione. Un mondo dove le persone combattono solo le proprie battaglie è un mondo sterile, morto, arrogante. Tendere la mano a chi ne ha bisogno, sanguinare sui cambi di battaglia e gioire attorno a tavole imbandite devono essere sullo stesso piano per raggiungere ciò che la mia speranza agogna. Forse siamo lontani da quel tempo, forse siamo semplicemente troppo giovani ed immaturi per riuscire a scalfire la superficie di quello che è davvero il nostro mondo. Ma io continuerò a lottare, giorno e notte, contro draghi e contro montagne, perché non potrò vedere realizzarsi il mio sogno...
...ma potrò morire sapendo di averlo onorato sino all'ultimo istante.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia 1 Tattica
CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza 1 Intuito
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Illesa.
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Decisa.
Energia: 100%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Impugnato]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Impugnata]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Claws. Guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossati]
~ Aicheamhail. Corazza di fattura elfica, pesante, completa. (artefatto)[Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.
~ Memento Vitae. Auspex passivo di individuazione forme di vita.

Attive in uso:
»

Note:
Eccomi qua! Tutta la parte narrativa del combattimento e dell'inseguimento dei carri è concordata con Orto per arricchire il combattimento (proseguirà anche nei post successivi) - colgo l'occasione per ringraziarlo di avermi fatto usare il "nano col cannone" che è un modo per mostrare le abilità tecnologiche dei nani a livello scenico. Per adesso Fanie descrive i vari motivi che l'hanno portata a combattere per i nani, passando dalla politica alla somiglianze con la decadenza elfica, sino ad una mera questione di giustizia personale. Spero che possa piacere la caratterizzazione del capitano dei nani e di suo figlio! Il post si conclude con Fanie che entra nella villa ed inizia a salire la scale che portano al piano superiore.
Edit: corretto il nome di Rorek XD avevo erroneamente scritto Rodek.


Edited by Fanie Elberim - 13/4/2014, 17:23
 
Top
view post Posted on 18/4/2014, 15:24
Avatar

Aper army
·····

Group:
Member
Posts:
1,606
Location:
Trentino

Status:



jpg
n0zc


(Sharuk/Vahram [pensato], Hanar, Karr’Rash, guardie/nani, Horun l'Effimero.)

El Kahir, ex capitale dell’Impero Sulimano ~ 3 mesi dopo la scomparsa della Purgatory

No! Non di nuovo! Ti prego!

Non voglio tornare qui!

Alla vista di quelle strade, tutti gli orrori e i demoni contro cui aveva lottato fino allo stremo insieme ai suoi fratelli si esumarono dai suoi ricordi. Una volta chiamava quel luogo casa, al suo posto ora vi era solo una città di spettri.

La città imperiale era molto diversa da come la ricordava. Dieci anni prima le sue vie erano animate da un perenne andirivieni di gente. Uomini e donne, pezzenti e ricchi mercanti, stranieri provenienti da terre lontane... una infinita varietà di persone affollava come un brulicare di formiche le strade, le piazze, i bazar... tra il tintinnare proveniente dalle botteghe, le grida degli imbonitori e l’inebriante profumo di migliaia di spezie che si mischiava al fetore di lerciume dei vicoli sporchi e malfamati. Ivi in ogni luogo tutti i sensi erano stimolati febbrilmente in un modo o in un latro; sensazioni belle, sensazioni brutte, sensazioni di vita.

Ora ogni forma vivente badava a tenersi il più distante possibile da El Kahir. Le vie carovaniere, che una volta erano solite fare immancabilmente tappa nei giganteschi caravanserragli della città, adesso si dilungavano per centinaia e centinaia di miglia in mezzo alle aride dune di sabbia pur di aggirare la terrificante cappa di nubi nere perenni che dall’avvento dell’Effimero la adombravano. Salvo creature dell’abisso, spiriti dannati e macabre creature animate dalle spoglie mortali di qualche sventurato, nessuno calcava più i basolati della metropoli. Nonostante l’immane eccidio che si era consumato in quei palazzi e in quei viali, non s’incontrava alcuna vestigia dell’accaduto: con tutta probabilità ogni morto di quella città si era allontanato con le proprie gambe per chissà dove; probabilmente a servire il suo nuovo padrone. Ora in quei tetri quartieri pregni di oscura magia arcana e lamenti spettrali regnavano solamente il vuoto e l’ombra.

Sharuk era il primo essere dopo anni a portare un corpo mortale a El Kahir. Non si era curato di nutrire propriamente il proprio ospitante, lo alimentava tanto quanto bastava per non farlo morire; ci avrebbe pensato l’energia demoniaca che lo permeava a dargli vigore, e ciò implicava dargli da mangiare cose tanto ributtanti che nemmeno il più miserabile dei morti di fame avrebbe avuto il coraggio di infilare in bocca. I segni di questa dieta immonda si manifestavano chiaramente sul corpo dell’umano, torturandolo senza pietà: piaghe, fistole, infezioni...

Ormai la corruzione aveva conquistato la sua essenza materiale.

Fino quel momento l’anima di Vahram, schiacciata nei recessi del suo stesso corpo, che era divenuto per lui una prigione, era rimasta inerte e imbelle di fronte a qualsiasi sevizia gli infliggesse l’usurpatore. Ma appena mise nuovamente piede nella città in cui aveva assistito impotente alla distruzione di tutto ciò che di più caro gli rimaneva, Sharuk lo sentì agitarsi e dibattersi man mano che si addentrava verso il Palazzo degli Dei, il cuore di quella desolazione.

Non voleva ricordare.

Non voleva rivivere quegli istanti.

Non voleva tornare nella sua culla di mostruosità.


«Rimembri, vero?» Parlò, sapendo che l’anima smarrita del guerriero poteva udirlo, gongolando nel percepire il suo sgomento. «È qui che ci siamo incontrati la prima volta. Tra queste strade. Tu eri solo un ragazzo, ma ti battevi come una tigre indomabile, freddo e irriducibile mentre i tuoi fratelli cadevano a uno a uno sotto i tuoi occhi. Sei stato capace di fuggire, non mi stupisco che il nostro Signore ti voglia nei suoi plotoni scelti.»

Saliva impaziente i gradini delle maestose scalinate della reggia avvolte dalle tenebre, circondate da quelli che una volta erano rigogliosi giardini pensili: squallide giungle di arbusti scheletrici e siepi spinose da cui spuntavano altissimi tronchi di palme ormai spoglie e seccate che si ergevano verso il cielo plumbeo come lugubri colonne brunastre e contorte.

I suoi passi svelti riecheggiarono negli ampi saloni ormai vuoti, nei porticati affrescati e nelle corti ammantate di mosaici dorati. Quello che una tanti anni prima era un luogo d’incontri, di cultura, di politica e di piaceri ora sembrava un’immensa tomba. Nel suo santuario più recondito, nella sala del trono, regnava silenzioso il traditore di El Kahir.

Sotto un sontuoso baldacchino di seta rossa lacera, tra mucchi di cuscini ormai scoloriti e impolverati, la salma del mortale Yusiris Machbeth, l’ex Gran Consigliere Imperiale, sedeva fredda e monolitica sul grande e sfarzoso scranno finemente cesellato e incastonato di gemme. Pallido, lo sguardo vitreo, congelato nella postura solenne e autoritaria che aveva in vita. Un gran numero di cadaveri mummificati stavano ritti a ridosso delle pareti o adagiati su divani e triclini, alcuni agghindati e ingioiellati, altri in uniforme militare formale. Ministri, nobili, gerarchi, ufficiali, tutti muti e immobili presenziavano a quella grottesca imitazione di un’assemblea, come se qualche pazzo necrofilo si fosse dilettato a comporre una sorta di macabro diorama rievocante gli antichi fasti della corte imperiale.

«Sei tornato, Sharuk.»


Appena il demone entrò nella sala, una voce gutturale e inumana tuonò rimbombando tra le ampie volte istoriate. Sharuk si avvicinò chino e cerimonioso all’alto podio, distogliendo prontamente timoroso lo sguardo dagli occhi bianchi e inanimati dell’anziano mago nero: sapeva bene quale terribile essere si nascondeva dietro quella fragile marionetta mortale.

«Sì, mio Signore.» Esordì fremente di eccitazione mista a un reverenziale timore. «Ho compiuto il mio incarico e ho risposto al vostro richiamo. Vahram Akrtchyan è nostro. Un transfuga di El Kahir...» Pronunciò l’ultima frase come per sedurre il suo padrone con l’allettante dono che gli recava.

«Conosco il guerriero che hai ricondotto qui.»

Rombò ancora sogghignando.

«Il corpo e la mente di un mamūluk sono preziosi, e lo sono ancora di più quelli di un transfuga, ma Vahram... ho un posto di favore per lui nella mia collezione.»


«Sommo Horun, ne farete un cavaliere nero?» Domandò Sharuk.

«Forse... ma non ora. L’Akeran si sta scuotendo. Le orde dell’abisso sono emerse ancora una volta dal Midgard per conquistare finalmente ciò che è nostro di diritto. I nani e le piazzeforti degli uomini non riusciranno a fermarci, questa volta...»

Due occhi roventi di gelida e potente energia oscura emersero da dietro la nuca del mago defunto, scrutando il suo immondo suddito con imponente bramosia.

«È arrivato il nostro momento, e questo mortale ne farà parte. Ora consegnamelo.»


Il ghigno di Sharuk fu macchiato dallo sconforto. Volevano sottrargli il suo trofeo? Il suo giocattolo? Dopo tutte le traversie che aveva passato per catturarlo?

«V-Vi prego di ripensarci, mio Signore.» Lo contraddisse quasi istintivamente, in preda all’avidità. «È-È... indisciplinato... e molto molto forte. Però io lo conosco ogni sua intima paura, so piantare una lama in ogni sua ferita aperta... Vi scongiuro: concedetemi di rimanere in questo corpo ancora per un po’, giusto il tempo di domarlo completamente.»

Gli occhi di ghiaccio fiammeggiante si fecero feroci.

«Mi hai già deluso una volta, Sharuk.»

Tuonò


Il demonetto si fece piccolo e tremante.

«La tua preda è vigorosa. Recalcitra ancora irrequieta.»

Un rombo sommesso vibrò nell’aria, come se Horun l’Effimero stesse cogitando.

«E sia... tu andrai con lui. Ma bada... non tollererò un altro fallimento. Vahram è un gioiello prezioso, e io non sono l’unico ad aver occhi per lui.»


«Cosa?» Esclamò sorpreso Sharuk. «A chi altro importerebbe di un reietto come lui?»

«Questo non ti compete. Al momento ho un’altra missione per te. Io e i nostri... alleati nutriamo interesse per certi oggetti di sensibile importanza e valore. Ti darò una lista completa. Se per te quel corpo è così prezioso, sarà il tuo premio. Ma solo quando tornerai con ciò che desidero.»


«Sì, mio Signore.» Rispose tremante il demone. «Non preoccupatevi, non fallirò.» Assicurò, riacquistando infine un briciolo di compostezza.

«Non ne dubito... Tarkan!»


A quella chiamata, una delle mummie sull’attenti vicino al trono si mosse, facendo scricchiolare in modo raccapricciante la pelle rinsecchita mentre avanza rapida e decisa, rispondendo all’appello del suo padrone. Portava una pesante catafratta in bronzo a squame di ferro e un grosso elmo a punta dal quale, a coprire quel volto scheletrico, scendeva una celata di cotta di maglia. Impugnava una robusta lancia e sulle sue spalle ondeggiava all’aria un ampio mantello nero e logoro. Un mantello uguale a quello di Vahram. Un altro lanciere nero. Dalle decorazioni sulla sua armatura si evinceva il suo grado: un capitano.

«Non sarai solo. Mi assicurerò che tutto vada al meglio secondo i piani.

Non osare tornare senza aver compiuto il tuo incarico.

Tutto dovrà essere... perfetto...
»


nyrh

jpg



Ur'Lachesh ~ 6 mesi dopo la scomparsa della Purgatory

«I nani stanno ricostruendo la città.» Osservò Karr’Rash, sbirciando dalle feritoie nel telone del carro la giungla di cantieri che era stata meticolosamente eretta intorno alle rovine da quando i ribelli avevano occupato la Ur’Lachesh.

«Sono solo una marmaglia di illusi.» Commentò Al Patchouli dall’oscurità. «Credono di sentirsi più forti solo riesumando qualche inutile mucchio di pietre. Gli servirà ben altro per vincere la guerra.»

«Una storia narra di un nano di nome Rorek.» S’intromise Hanar. «Di lui si racconta che sterminò più di mille demoni durante l’assedio di Ur'Lachesh.»

«Uuuh, che paura...» Il guerriero aramano ridacchiò. «E dovremmo preoccuparci di questo... Rorek?»

«Be’, no. È morto tanto tempo fa.» Rispose il nano.

«Ah, meno male.» Vahram si stiracchiò e cominciò a controllare per un’ultima volta il suo equipaggiamento. «Per un attimo ho temuto che mi servissero altri novecento soldati per poter finire questo dannato lavoro.»

Si alzò in piedi e guardò le sue schiere scheletriche in attesa di ordini.

«Tutti ai propri posti. Ci siamo quasi.»

nyrh


«Ehi voi, ma chi... ugh!!»

I due sgherri umani al cancello di pietra della monumentale villa di Kugnar non ebbero il tempo di farfugliare altro: da una feritoia del conestoga, due quadrelli schizzarono dritte nella loro gola troncandogli la voce. Prima ancora che si accasciassero per terra vomitando sangue, Karr’Rash aveva già ricaricato la propria balestra a doppio arco e puntato alle sue prossime vittime.

*Tchack*

*Tchack*

Le piccole sagome nere di due vedette in lontananza sul tetto del palazzo caddero fulminate senza emettere nemmeno un gemito.

Quell’unico assassino era i “rinforzi” che gli alleati dell’Effimero avevano fornito per quella pericolosa missione, ma lui da solo valeva ben più dei cento guerrieri scheletri che formavano la squadra d’infiltrazione. Nessuno sapeva nulla di lui; non faceva domande scomode e di ritorno non ne riceveva. Faceva solo il suo lavoro, e “solo” non era in grado di rendere quanto lo sapesse fare spaventosamente bene.

La piccola carovana traversò di volata l’ampio giardino decorato da verdi alberi e reperti nanici di interessante facino, fino ad arrivare di fronte al grande portone di legno.

A Sharuk bastarono pochi e rapidi gesti e subito cinque piccole squadre di guerrieri scheletri armati di tutto punto sfrecciarono di corsa in ogni direzione per assicurare il controllo dell’area.

«Gli altri con me.» Ordinò.

Vi fu un ticchettante scricchiolare di ossa. Un’impressionante contingente di non morti scesero dai mezzi di trasporto e si approntarono accalcandosi ai lati del portone per assaltare la magione.

Il guerriero maledetto e il mezzo-demone cominciarono a controllare velocemente le finestre del piano terra. Di tanto in tanto si sentiva provenire dalla boscaglia un debole singulto strozzato: nemmeno un grido di terrore, le guardie di ronda di Kugnar non avevano nemmeno il tempo di rendersi conto di cosa le stesse assalendo che si trovavano già con una lama piantata in corpo.

«Questa è aperta!» Avvertì sottovoce Karr’Rash, indicando una finestra. In men che non si dica, i due assassini s’infilarono in casa e aprirono la porta a tutto il resto dello squadrone.

«Sapete cosa dovete cercare.» Ricordò ancora una volta Sharuk, rivolgendosi ai suoi soldati.

«Uccidete chiunque incontrate. Nessun testimone.»

Potetti dall’oscurità, decine e decine di antichi guerrieri si riversarono su per la maestosa scalinata di marmo, nei corridoi, nelle sale, nelle stanze da letto... Aprirono porte e cominciarono a troncare vite come incubi rapidi e silenziosi nella notte. Sterminavano, massacravano e saccheggiavano senza pietà.

La quiete notturna del deserto e il lieve frinire delle cavallette d'un tratto furono spezzati da orrendi crepitii di migliaia di ossa e gemiti di terrore.

Sharuk e Karr’Rash rimasero sulla porta d’entrata a godersi quel soave e appagante concerto di lamenti e brevi strilli soffocati prontamente nel sangue. Nessuno sarebbe fuggito da quella casa; tutti i suoi abitanti sarebbero morti trucidati nel proprio letto.

Gli argentei e freddi raggi di luna inondavano l’imponente salone d’ingresso. Le pareti lastricate di marmo rosso erano stipate da ogni sorta di arazzo, quadro, trofeo, pezzi di fregi nanici raffiguranti scene di guerra o di lavoro, il tutto abbinato palesemente in modo del tutto incoerente, come se il padrone di casa avesse cercato di ammassare in mostra i reperti di un’intera città – e impegnandosi per avere il peggior risultato possibile – di fronte agli occhi degli ospiti occasionali.

Tra tutte le meraviglie presenti in quella stanza, spiccava un imponente lampadario, che incombeva minaccioso sulla rampa di scale. Attaccato al soffitto da una catena di brillante ottone, un mastodontico cranio delle dimensioni di quello di un elefante, appartenente a qualche arcidemone cornuto, faceva da sostegno a diversi bracci di metallo che a loro volta sorreggevano grossi candelieri.

«Ha buon gusto il nostro nano.» Commentò scherzando Karr’Rash.

Sharuk annuì disinteressato, poi si avviò verso il secondo piano con il suo taccuino nero in mano.

«Mettiamoci al lavoro. Dobbiamo recuperare un mucchio di roba.»

nyrh


«Merda! Come sarebbe a dire che non lo avete trovato?!»

I due scheletri rimasero fermi immobili, incapaci di rispondere.

«Ah, al diavolo!»

Al Patchouli gettò lo sguardo fuori dalla finestra: i primi raggi di sole stavano già cominciando a illuminare il cielo all’orizzonte.

«Ma che importa? Tanto è solo uno.» Disse il mezzo-demone. «Non faranno mica storie per un solo artefatto mancante, spero.»

Il guerriero si voltò adirato verso Karr’Rash.

«È il Wúshēng Yǎn! Non posso tornare senza quello!»

Squadrò la schiera di non morti che si era radunata impotente intorno a lui: avevano cercato ovunque, in ogni angolo, in ogni cassaforte, in ogni scomparto segreto di quella maledetta villa. Niente!

«Ormai è troppo tardi! Tra pochi minuti sarà l’alba. Ci scopriranno!» L’assassino tentò di farlo ragionare.

Sharuk si fece pensieroso. Non poteva essere. Probabilmente a quegli incapaci era sfuggito qualcosa, un qualche astuto nascondiglio troppo ben celato per le loro menti limitate.

«Voi andate. Prendete i carri e metà della squadra. Io rimango qui a cercare. Non posso andarmene senza quell’oggetto.»

Non aveva altra scelta. Quella decisione fu obbligata.

Karr’Rash non disse nulla, lo guardò con occhi nervosi e vagamente interrogativi, ma non si oppose. Se il suo capo intendeva rischiare la vita e compromettere la missione per un’idiozia del genere, erano affari suoi.

«Tarkan vi aspetta al punto d’incontro, nei pressi della gola di Nazashir, a dieci miglia da Ur'Lachesh. Non fatelo aspettare. Ogni carro, ogni singolo reperto deve raggiungere la destinazione. Chiaro?»

Ormai, dopo la quarantesima volta che avevano udito quelle istruzioni, non serviva più ripetere ciò che dovevano fare. Metà del contingente uscì dal portone si avviò di corsa verso i carri, mentre Hanar, ormai quasi in preda a una crisi isterica nel pensare a quale grandissimo rischio che stavano correndo, gesticolava e bestemmiava contro chiunque gli capitasse a tiro esortandolo a salire il più velocemente possibile. Le casse vuote che in precedenza contenevano gli scheletri ora erano nuovamente riempite di reperti e oggetti magici anche di grosse dimensioni. Non c’era quasi più posto per nascondere i guerrieri non morti e non appena fosse sorto il sole, non sarebbe stato più così facile nemmeno nascondere la vera natura del contenuto del conestoga.

Probabilmente molti nani, proverbiali lavoratori, erano già svegli prima ancora dell’alba.

Non appena la compagnia guidata da Karr’Rash finì di nascondersi quanto meglio poté trai barili e i cassoni, i carrettieri spronarono i cavalli a più non posso, ben intenti ad andare via da quel posto il prima possibile.

Sharuk serrò il massiccio portone di legno e si apposto alla finestra. Spiò la carovana sferragliare lungo la strada sterrata finché non svanì dietro la prima curva, poi si rivolse ai soldati rimanenti.

«Barricate l’entrata, presidiate ogni finestra, ogni apertura. E se avvistate qualche curioso avvicinarsi alla casa, non deve tornare indietro vivo.»

Con un ultimo cenno del capo, sollecitò gli scheletri a obbedire al comando che aveva appena dato. Non appena si sincerò che le difese erano state organizzate secondo le sue istruzioni, si lanciò di corsa sulla scalinata.

«Mantenete la posizione, qualunque cosa accada!»

Mentre saliva, ripassava mentalmente ogni luogo in cui i suoi servi avevano frugato, dove diavolo avrebbe potuto trovare quel dannato oggetto che il suo signore gli aveva ordinato con tanta premura di trovare?

Sapeva per certo, però, cosa avrebbe fatto dopo: sarebbe fuggito da solo, abbandonando quegli insignificanti mucchi di ossa animati al loro destino. Avrebbero combattuto indefessi fino alla distruzione, senza battere ciglio, distraendo gli assalitori e coprendo la sua ritirata.

nyrh


Quando udì il boato del cannone sovrastare il clangore della battaglia, il suo cuore ebbe un sussulto.

Stavano entrando.

Gli rimaneva soltanto una manciata di minuti, forse ancora meno.

«Un qualunque oggetto di valore può essere messo al sicuro in una cantina, o in un vano segreto, ma i tesori più preziosi chiunque vorrebbe tenerli sempre vicino a sé...»

Questo ragionamento lo aveva riportato nella camera da letto di Hoignus Kugnar.

Secondo le sue informazioni non era sposato, e dal quadro che aveva davanti agli occhi pareva subito chiaro. Il talamo con baldacchino drappeggiato di seta bionda troneggiava su tutto l’arredamento della stanza. Sul materasso lambito da drappi fruscianti e sommerso da cuscini variopinti, era buttato malamente il cadavere del plutocrate di Ur'Lachesh in un mare di sangue. La barba corta e curata com’era d’uso tra i nani di città, gli occhi rivoltati, la bocca spalancata in un lamento strozzato, la fine camicia da notte strappata. Due giovani donne – senza dubbio prostitute – completamente nude giacevano massacrate ai suoi fianchi; i loro occhi erano chiusi e la loro posizione rilassata: probabilmente erano state uccise nel sonno, prima ancora di rendersi conto di cosa stava accadendo.

Tutta la camera era stata messa sottosopra. Tutti gli oggetti, i cassetti e i vestiti erano stati disseminati ovunque per la stanza. Una nuvola di piume imbrattate di sangue si sollevava ad ogni alito di vento. Difficile cercare qualcosa in quel caos.

«Se fossi Hoignus Kugnar, dove guarderei...?» Si domandò tra sé e sé.

Fissava gli occhi del nano rivolti in posizioni innaturali. Era sdraiato supino sul letto, il grosso naso puntato verso l’alto.

E solo in quel momento se ne rese conto.

Il tetto del baldacchino era rimasto intatto. Subito Sharuk salì sul giaciglio, facendo attenzione a non calpestare i cadaveri e iniziò a tastare il morbido tessuto sopra la sua testa. All’improvviso le sue mani toccarono qualcosa di duro.

«Ci siamo!» Esclamò in estasi.

Il ferro chirurgico spunto dalla sua manica e con un singolo fendente preciso tagliò la cucitura della fodera. Dallo strappo scivolò fuori uno strano oggetto. Sembrava in tutto e per tutto un piccolo specchietto d’argento, ma al centro della superficie riflettente erano ben visibili strane incisioni: due teschi gemelli si guardavano uno di fonte all’altro, ma le loro scatole craniche erano cesellate e dipinte in modo da sembrare due grandi occhi scarlatti che fissavano chiunque si specchiasse. Quello strano utensile da toeletta emanava una spaventosa energia arcana: sembrava quasi che quei due occhi fossero vivi e lo scrutassero con ipnotico interesse, come se qualcuno – o qualcosa – lo stesse osservando attraverso di essi.

«Wúshēng Yǎn... gli Occhi Silenti...» Questo significava quel bizzarro e impronunciabile nome orientale. «Perché mai questo maiale possiede un oggetto del genere...?»

«Spilungona, sulle scale!» Una voce maschile gagliarda e profonda lo riscosse dai suoi pensieri. Quei nani maleodoranti avevano oltrepassato la linea difensiva e si stavano muovendo rapidamente verso la sua posizione. Doveva andarsene da lì.

Sfrecciò verso la posta e corse quanto più veloce le sue gambe mortali gli permettevano di andare lungo la balconata congiunta alle scale. Lo scenario che vide sotto di sé, nell’atrio d’ingresso era disastroso.

Il portone di legno massiccio era stato sventrato, e ora drappelli di nani entravano uno dopo l’altro per gettarsi capofitto contro i non morti, che a malapena riuscivano ad arginare la loro furia. Sharuk si aspettava un qualche eventuale disturbo, ma non aveva contato una simile organizzazione in così poco tempo.

«Nani...» Gli sfuggì, trapelando un marcato disprezzo e un malcelato fastidio.

Alcuni di loro erano riusciti ad oltrepassare lo sbarramento. In particolare a impensierirlo erano degli uomini d’arme impegnati a salire in tutta fretta la sontuosa scalinata. Le armature di alcuni di loro erano maggiormente rifinite rispetto a quelle degli altri miliziani; non erano comuni soldati semplici. Una di loro sopra tutti saltava subito all’occhio: più alta rispetto ai suoi commilitoni, orecchie a punta, forme snelle e aggraziate, capelli di un vivo rosso fuoco. Impugnava una lunga spada e uno scudo ed era protetta da una scintillante corazza.

Il passeggero usurpato che languiva nei recessi più oscuri della sua essenza all’improvviso si risvegliò, cominciò a dibattersi. Sharuk ebbe un attimo di mancamento, vacillò, lo poteva sentire urlare, cercare di ribellarsi. Rimembranze archiviate nella mente del mortale si esumarono, recando alla mente del demone informazioni, emozioni.

Problemi incombenti.

Vahram conosceva quella fanciulla, le stava gridando aiuto, e al contempo non voleva che quel mostro le facesse del male.

Fanie Elberim. Una guerriera potente e oltremodo pericolosa. I motivi per cui si trovava quel luogo sperduto in mezzo a un mare di desolazione, lontano dai campi di battaglia o dalle zone più sensibili della guerra, erano un mistero. Ma di certo, se non l’avesse eliminata al più presto, non solo avrebbe messo a repentaglio la sua missione, ma anche quel corpo fragile, ma forte e irriducibile che aveva conquistato con tanti sacrifici.

Svelto infilò lo specchio magico nella bisaccia e corse all’estremità più alta della scalinata per sbarrare la strada alla combriccola.

«Desolato, aperes...» Esordì beffardo, imitando un idioletto orrendamente familiare, sfoderando il ghigno più gelido che gli riuscisse in quel momento. «...ma in casa non troverete anima viva.»

Detto questo, fulmineo estrasse da sotto il nero mantello due piccoli involucri simili a uova di quaglia, uno bianco e uno verde, e li scagliò ai piedi dei nemici in avvicinamento.

«E voi non avete visto nulla...»

Appena quelle piccole bocce toccarono il marmo degli scalini, un fumo bianco tanto denso da impedire a chiunque di vedere oltre il proprio naso invase il salone accompagnato da uno stridio spacca timpani. Nessuno avrebbe visto più nulla, nessuno avrebbe udito più nulla... tranne lui...

Vahram sapeva rendere quel candido grembo il suo regno incontrastato... Sharuk avrebbe saputo fare di meglio – e di peggio.

Con mostruosa freddezza estrasse la pistola e la puntò in mezzo a quel limbo, mirando pochi metri più avanti, a un punto che solo lui era in grado di vedere: la coscia sinistra della paladina. Premette il grilletto senza esitazione e con immenso piacere.

Subito alzò l’arma verso il soffitto e scaricò la seconda canna; non un normale proiettile, ma una pallottola cava e ripiena di sostanze alchemiche detonanti all’impatto. Colpì in pieno l’attaccatura del lampadario. Non lo udì sopra quel frastuono insopportabile, ma seppe dire con certezza che uno degli anelli era saltato, danneggiato e gravato dal il massiccio peso del cranio demoniaco.

Ora qualcosa di enorme stava per travolgere quella torma asserragliata sulle scale.

~~O~~O~~O~~

Dannato!

Non osare toccarla!

Fanie, ti prego...

Scappa...



Personaggio
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Illeso) Illeso.
Mente: (Illeso) Illeso.
Energia: 100-10-5= 85%


Armi:
Yen Kaytsak: nella mano sinistra.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.
Ferro: nascosto, nella manica.
Pistola: nella mano destra.
Armature: Mantello, brigantina.

Oggetti: Biglia dissonante.


Munizioni
Faretra: 15
Pistola: 5-2= 3



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.


Tecniche attive utilizzate
[ Bomba fumogena (Pergamena Ladro. Nebbia) ~ Consumo Medio]
~ Vuoi vedere grosso cliché? Ne ho uno pronto proprio qui drentro miei pantaloni, aper.
Illusione di natura fisica.
Vahram scaglia una bomba fumogena che una volta infranta rilascerà una nube fitta che permeerà il campo di battaglia o un'area parecchio ampia. Questa impedirà a qualsiasi avversario di scorgere poco oltre il proprio naso, anche coloro che possiedono particolari abilità passive per vedere oltre la nebbia. Vahram non avrà alcuna difficoltà a vedere attraverso la nebbia, ci ha fatto l’abitudine. Questo attacco non provoca effetti nocivi, oltre all’occultamento. La nube resta sul campo di battaglia per un totale di due turni compreso quello d'attivazione, potendo essere richiamata prima del secondo al desiderio dell'utilizzatore.


[ Fiore di fuoco (Pergamena Cacc. Dardo esplosivo) ~ Consumo Variabile Basso]
~ Buone feste, aper!
Questa tecnica offensiva ha natura magica. Vahram scaglia una speciale freccia dotata una potente carica pirotecnica innestata al posto della cuspide, che esplode a contatto con un nemico o un bersaglio predestinato generando un magnifico fuoco d’artificio. Chiunque si trovi in prossimità dell'esplosione, subirà un danno pari al costo speso, ad esclusione di Vahram, che non sarà minimamente influenzato dalla deflagrazione, sotto nessun aspetto. La durata è istantanea.


Tabella riassuntiva
Sunto: Nella prima parte del post, ho inserito un flashback in cui si vede Vahram, posseduto da Sharuk, che torna ad El Kahir, l'antica capitale dove una volta Vahram era schiavo, ora caduta sotto la tirannia dell'arcidemone Horun l'Effimero. Sharuk torna dal suo padrone Horun per comunicargli di aver adempiuto alla missione affidatagli, cioè catturare Vahram - maledetto dopo essere riuscito a sfuggire al massacro di El Kahir. Qui Horun gli affida un altro incarico: recuperare dei preziosi e potenti reperti a Ur'Lachesh, saccheggiando la casa di Hoignus Kugnar, un magnate del traffico illegale di oggetti magici e collezionista di artefatti.

L'infiltrazione riesce, ma all'alba manca all'appello ancora un oggetto magico. Sharuk ordina ai suoi guerrieri di andarsene al più presto prima che qualcuno li veda e resta per cercare l'artefatto mancante, tenendo metà del suo contingente di scheletri guerrieri di guardia.

I nani presto si accorgono di ciò che sta accadendo - come ha raccontato Fanie nel suo post - e assaltano la villa. Tra loro c'è anche Fanie.

Appena vede la driade, che - come abbiamo concordato - al momento dell'incontro sta salendo di corsa la scalinata dell'atrio d'entrata, si posiziona in cima alle scale, poi lancia Bomba fumogna (Medio) e usa l'oggetto Biglia dissonante, la sala viene quindi invasa da un fitto fumo e da uno stridio assordante.

Approfittando di questa situazione di scarsa visibilità e di chiasso, Vahram estrae dunque la pistola a doppia canna e spara un colpo mirando alla coscia sinistra di Fanie, cercando di ferirla alla gamba. Poi punta l'arma verso l'alto e usa Fiore di fuoco a consumo Basso (tramite un proiettile della pistola) per spaccare la catena del lampadario dell'atrio (un teschio di arcidemone grosso quanto quello di un elefante a cui sono attaccati dei bracci dei metallo che sorreggono i candelieri), che ora sta precipitando sopra la testa di Fanie.

Riassumendo, c'è nebbia e un rumore assordante e ti stanno arrivando addosso un proiettile mirato alla tua coscia sinistra e il lampadario dell'atrio in testa (tutti attacchi fisici).



 
Top
Fanie Elberim
view post Posted on 19/4/2014, 01:31





UrLacheshII_zps104b3239



Albeggiava tra i deserti che circondavano la Perla e Nergal, alla testa di venti cavallerizzi, macinava sabbia sotto gli zoccoli del purosangue arabo al pari d'una nave sospinta dal vento di poppa. Gli stalloni arabi erano creature dotate di una forza ed una velocità straordinaria, in grado di correre rapidi nelle impervie condizioni morfologiche del meridione, e con i loro fantini tutt'altro che pesanti nel giro di pochi minuti avrebbero raggiunto i loro pesanti e malmessi fuggitivi.
Arco in spalla e spada riposta saldamente sul fianco, Nergal si scoprì a pensare unicamente alla sua gente, ai suoi sogni, al suo futuro. Ed in quella corsa contro il tempo e contro la sabbia, mantenne gli occhi ben aperti alla ricerca dei carri, alla ricerca della sua storia, di quella del suo popolo.
D'improvviso una duna più alta delle altre bloccò la carica dei nani, rivelando un paesaggio mozzafiato misto di deserto e speroni rocciosi solitari: in basso, tra le chiazze dorate e silenziose di polvere e sabbia, una carovana sfrecciava a rotta di collo verso la gola di Nazashir. Raggiunto quel punto nessun distaccamento nanico avrebbe osato avventurarsi oltre, rendendo di fatto perduti i preziosi artefatti.
Né Nergal né gli altri potevano sapere che, in realtà, non stavano inseguendo dei semplici predoni ma dei demoni veri e propri, usciti da un passato torbido ed inquietante, che non avrebbe dovuto ripetersi. Mai.
Uno dei soldati, usando un cannocchiale di fattura chiaramente nanica, trasalì nell'osservare quali abomini conducessero il convoglio.

« Nergal, sono non morti... tuo padre potrebbe essere in pericolo ad Ur'Lachesh... »
Il capitano abbassò la fascia rossa che gli proteggeva il volto, lo sguardo deciso e l'espressione ferrea.
« Mio padre è un veterano, Bhor, non possiamo dubitare né di lui né dei nostri fratelli. »
L'altro nano annuì, portando al sicuro il cannocchiale, prima che vento e sabbia ne graffiassero irrimediabilmente la preziosa lente cristallina.
« Questa volta sarà diverso, non ci lasceremo sopraffare. » voltò il muso dell'equino per potersi far vedere in volto dai suoi sottoposti. « Noi ricostruiremo la Perla, onoreremo Rorek il grande e conquisteremo la nostra libertà anche se dovessimo combattere per ogni granello di sabbia ed ogni roccia! »

Si girò di nuovo e tuonò a voce alta. « Tenete alti i nostri vessilli, fate garrire le vostre sciarpe rosse, mostratevi senza paura miei compagni. »
Ricoprì il volto con la fascia, poi impennò il cavallo per lanciarsi alla carica, sfruttando la pendenza della duna per fiondarsi a velocità inaudita contro il convoglio di non morti.
« Per la Perla, per i nani, per la nostra assoluta, intramontabile, libertà! »

Nel galoppo sentiva il suo cuore battere come un tamburo nel petto, la barba sfregare lievemente sulla stoffa che gli riparava il volto, ed era certo che quello fosse il suo momento più grande. Non poteva tirarsi indietro, non se lo sarebbe mai perdonato, ma allo stesso tempo doveva pensare ai suoi uomini, a tutti coloro che aveva promesso di proteggere. Sfoderò la spada, alzandola al cielo solo come un vero eroe avrebbe fatto, incitando i suoi compagni a fare altrettanto.
E venti, tra spade ed archi, si levarono al grido di libertà.
In fondo anche lui si sentiva, forse per la straordinaria gioventù, forse per un mero bisogno di essere importante, di ritagliarsi un posto nella storia, un poco eroe.
Tutti, lui per primo nel suo popolo, volevano sentirsi un po Rorek.

Suo padre sarebbe stato fiero di lui.

[ ... ]

Io non volevo crederci. Mi sarei aspettata di tutto: da un demonio con tre teste fino ad un mastino infernale in grado di vomitare lava rovente e bile acida... ma quello che si mi si parò davanti era ben peggiore e molto, molto più difficile da metabolizzare.
Varham non aveva mai dato l'impressione di essere uno di quegli individui degni di eccessiva fiducia, forse per la vita nomade, forse per l'aspetto eccessivamente esotico per qualcuno abituato a vedere sempre e solo i volti puliti e precisi degli abitanti della capitale, eppure mai l'avrei creduto capace di compiere un simile atto contro una razza innocente. Che offerta potevano avergli mai fatto per convincerlo a passare all'oscurità più assoluta? Quale, tra tante follie e menzogne, aveva attecchito nella sua mente abbastanza forte da convincerlo che le creature più infide, e viscide, del Creato fossero il lato "giusto" in cui lottare? Rimasi basita qualche istante, mentre altri nani salivano le scale per darmi man forte contro qualunque cose si annidasse al pieno superiore.
In quell'istante mi resi conto che qualcosa non andava in Varham: da lui percepivo distintamente due segnali vitali, come se due anime si stessero contendendo in maniera feroce il possesso di un unico corpo. Una delle due, quella che emanava meno rabbia, era soppressa a tal punto che a stento riuscivo a sentirne le vibrazioni, come se fosse in procinto di essere annichilita definitivamente dal demone che aveva preso possesso del suo corpo.
In quello stato mi fu difficile tirarmi indietro abbastanza in fretta da evitare il fumogeno. Non avevo mai combattuto alla cieca prima di allora, ma se fosse stato necessario sarei andata a tentoni da lì all'eternità pur di porre fine alla vita di quel mostro. Ma mentre agitavo la spada quasi a voler disperdere - senza successo - la nebbia, un fischio assordante si diffuse nell'aria, obbligandomi a stringere i denti per sopportarne il fastidio. Era un suono penetrante, doloroso al pari di unghie strisciate con rabbia contro l'ardesia, e seppur durando un solo istante il pulsare di tempie e timpani perdurò nel tempo. Ero in balia del mio avversario, continuavo a percepirlo in maniera indistinta tra le altre emanazioni vitali sulle scale, ma concentrarmi era un'impresa tutt'altro che semplice.
Improvvisamente un colpo di pistola, secco e deciso nonostante il fischio acuto ancora vivo nei timpani, risuonò nell'aria e qualcosa mi colpì rabbiosamente la placca d'acciaio della coscia, creando un brutto livido al di sotto della protezione. Dovevo riprendermi, ed in fretta, perché ogni istante che restavo nella nebbia ero alla mercé di qualsiasi infame stesse attentando alla mia vita. Un secondo colpo di pistola risuonò nell'aria, d'istinto alzai lo scudo convinta che il secondo colpo non si sarebbe limitato alle gambe ma mi avrebbe presa dritta in fronte... tuttavia non percepii, a livello tattile, l'impatto di alcun proiettile contro lo scudo.
Per un paio di secondi credetti, stupidamente, di essere stata mancata. Il dolore martellante aveva iniziato lentamente e diminuire, ma nelle mie orecchie rimbombava ancora il suono rapido e vitale del mio stesso cuore, ovattato e disomogeneo.
Quando mi accorsi che la luce del lampadario si avvicinava, piuttosto rapidamente, dall'alto era già troppo tardi per potermi difendere in maniera adeguata: colta completamente alla sprovvista la mia vita sarebbe terminata lì, schiacciata da due quintali d'osso, acciaio e candele, se non fosse stato per Brumak.

Quello stupido, vecchio, nano si era messo al mio fianco dentro la nebbia e mezzo sordo come era di natura era rimasto decisamente meno disturbato dallo stridio. Si era accorto che qualcosa non andava sopra le nostre teste ma, purtroppo, anche per lui le tempistiche non furono favorevoli per salvare se stesso e quella stupida elfa che si ostinava a seguirlo. Decise di fare la cosa più stupida della sua intera esistenza, una cosa che non avrebbe fatto nemmeno per un suo commilitone, forse spinto dalle parole che gli avevo detto la notte prima: mi caricò con il peso del suo muscoloso corpo spostandomi dalla traiettoria del lampadario e finendoci in pieno lui. Mi ritrovai a terra, a mezzo metro dalla zona dello schianto, mentre frammenti d'osso e candele fumose andavano ad aggiungere ancora più caos e confusione in quella scala. Con la visibilità ridotta ai minimi termini, l'udito ancora vacillante e le tempie che pulsavano insistentemente sangue, incrociai lo sguardo morente di Brumak Garwill... ed il cuore mi vacillò.

Quante vite si erano spente per salvare la mia? Lui non era altro che l'ultimo di una lista destinata a salire sempre di più. Lo vidi boccheggiare, tentare di dirmi qualcosa che non riuscivo in alcun modo a sentire. Provai rabbia e frustrazione mentre mi tiravo in piedi cercando di raggiungerlo, di tirarlo fuori dai detriti... ma con un gesto della mano mi allontanò. Quella stessa scena drammatica che mi trovai davanti nell'altopiano, dove il portastendardo mi salvò la vita spingendomi via prima che il turbine di sabbia mi ghermisse, si fece largo nella mia mente come uno spillo rovente, doloroso. Il dolore alla testa venne mondato con una scarica di rabbia, di ferocia, di desiderio di vendetta che a stento riuscii a controllare. Non potevo accanirmi sul corpo di Varham, se ci fosse stata anche una sola occasione di riportarlo indietro: per debole che fosse stato a lasciarsi annichilire dalle tentazioni, dovevo provarci.
Ma non riuscivo a visualizzarlo, la mia percezione era lievemente compromessa nonostante tutto, e la quantità di scheletri che stavano sciamando sulle scale non mi lasciava altra scelta.
Mi tirai in piedi digrignando i denti, furibonda, e con la mano armata mimai un colpo al vento ruotando rapidamente su me stessa, all'altezza del busto di un uomo normale. Una violentissima bordata di vento tagliante come un rasoio si dipartì dal braccio, fendendo persino la nebbia, e macellando ogni scheletro con abbastanza sfortuna da trovarsi sulla sua traiettoria. Ovviamente avrebbe cercato di colpire anche Varham, ma non ero così illusa da credere di poterlo aiutare lasciandolo perfettamente illeso.

« Cordardo! Ti nascondi due volte, nella nebbia e nel corpo di un uomo che non ti appartiene! »
Urlai, alla cieca, con una verve nella voce che a stento sarebbe stata riconducibile ai miei delicati lineamenti.
« Ho affrontato schiere intere di mostri come te! Combattimi, se ne hai il coraggio! »
Lo sfidai apertamente, forse per stupidità, forse per l'adrenalina che mi pulsava nelle vene al solo pensiero del morente Brumak che lentamente spirava alle mie spalle. Quel demonio avrebbe pagato, ed anche Varham se l'avessi scoperto in combutta con quei mostri. Nessuno, una volta votato al male a quella maniera, poteva tornare più la stessa persona di prima...


[ ... ]


Alle spalle dell'elfa, con il respiro corto ed un rivolo di sangue tra le labbra, il capitano dei nani chiuse gli occhi, cercando disperatamente di aggrapparsi alla vita. Ripensò alla schiavitù, alle occasioni che non aveva mai potuto avere nella sua lunga vita, a tutte quelle circostanze che in qualche modo gli avrebbero potuto cambiare l'esistenza ma che, nelle miniere oscure e con le catene ai polsi, non aveva nemmeno potuto vedere. Si chiese se aveva fatto la cosa giusta a salvare quell'elfa dallo sguardo sognante che tanto somigliava a suo figlio, si chiese se davvero, in quelle parole armoniose ed in quell'aspetto che mai pareva aver visto deprivazione e prigionia, ci fosse un cuore abbastanza grande per proteggere Ur'Lachesh una seconda volta.
Si chiese, mentre la vita gli scivolava tra le dita come la sabbia della sua patria, se avesse fatto la cosa giusta. Sentendo la voce forte, coraggiosa ed irriducibile di Fanie tuonare sopra il clangore della battaglia, si convinse di aver scelto per il meglio. Lui non avrebbe visto una nuova alba, ma era troppo vecchio e troppo stanco per continuare, troppo legato alle tradizioni ed al dolore di una prigionia mai accettata e troppo lunga per essere dimenticata, adesso doveva semplicemente lasciarsi andare, e vegliare dall'oltretomba sulla città che aveva così tanto amato. Sui suoi commilitoni.
Si lasciò andare, liberò l'aria nei polmoni ed affrontò la morte con un coraggio che raramente si sarebbe potuto vedere nella maggioranza degli uomini e degli elfi, col sorriso sulle labbra e la mano destra ancora stretta sull'ascia da guerra... e con le ultime parole affidò la sua anima agli Dei ed ai suoi antenati.
Così moriva Brumak Garwill, un nano umile e di vecchio stampo, di quelli che sono già superati alla nascita...
...ma che alla fine dei tempi tutti piangiamo con una lacrima di rimpianto.

Prenditi cura di mio figlio, spilungona, prenditi cura della nostra Perla.
Fallo anche per me.

E spirò.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia 1 Tattica
CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza 1 Intuito
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso (Contusione alla coscia)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Furibonda.
Energia: 100% - 20% (Alto) + 0% (GettoneMedio) = 80%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Impugnato]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Impugnata]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Claws. Guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossati]
~ Aicheamhail. Corazza di fattura elfica, pesante, completa. (artefatto)[Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.
~ Memento Vitae. Auspex passivo di individuazione forme di vita.

Attive in uso:
» ~ Slatag, Windscythe.
Muovere l'aria con una mano è qualcosa di talmente sciocco che la maggior parte delle persone non la considera nemmeno un'attività degna di nota. Ma quando l'aria viene caricata di abbastanza energia da diventare tangibile, allora, tutte le sue proprietà si condensano dando vita ad una devastante - ed assolutamente letale - danza di morte. La lama d'aria deve essere generata mediante un movimento del corpo, qualsiasi esso sia, ed avrà una direzione ben precisa che non potrà mutare nella sua traiettoria, ma potrà distruggere pareti di roccia, massi o qualsiasi altra cosa trovi nel suo cammino al pari di una lama rovente nel burro. Fanie è anche in grado di generarla con un affondo, dando vita ad un brutale attacco volto a perforare qualsiasi cosa trovi sul suo cammino. Questo gesto ha una attivazione pressoché istantanea ed è una delle capacità più pericolose che chiunque manipoli la natura può controllare. Può essere usata ad area abbassando di un livello la potenza. [Pergamena dello sciamano: Falce d'aria, natura fisica, consumo Alto] (Usata ad Area, danno Medio)

Note:
*Spawn* Eccola qui! la prima parte è una cosa che stiamo facendo con Orto, ovvero un inseguimento che culminerà nel nostro post conclusivo in base a quale sarà il vincitore (nel caso sia io i nani recuperano gli artefatti, altresì no).
La parte meramente tecnica: Fanie subisce nebbia e biglia e, sebbene ci siano cs di vantaggio in robustezza per me, ho deciso comunque di subire un basso dal colpi di pistola per rendere l'idea che comunque Fanie fosse troppo confusa per reagire o comunque si trovasse in una posizione scomoda. Il lampadario, che ho stimato sui centocinquanta, duecento chilogrammi essendo di un elefante, l'ho evitato avvalendomi del gettone: Brumak si getta su di me togliendomi dalla traiettoria d'impatto e morendo nel gesto.
Fanie si alza furibonda e lancia, ad area, la falce di vento ad altezza busto umano, per non colpire - ovviamente - i nani, quindi l'attacco che arriva su Varham è di potenza solamente Media (ho fatto morire diversi scheletri per pura scenografia.
L'ultima parte è la morte di Brumak vista in terza persona, come la prima parte di questo post. Spero piaccia, buon prossimo post Orto!
Ps: non ho fatto attacchi fisici in virtù del fatto che Fanie è immersa nella nebbia e sebbene con l'auspex possa individuare in qualche modo Varham ed il suo demone (concordato anche il fatto di percepire le due anime) è troppo incerta per avvicinarsi abbastanza da colpire di spada.
Pss: se l'immagine principale risulta storta mi dispiace, purtroppo lavoro su schermi ad altissima risoluzione e quindi non mi regolo bene con chi ha schermi molto vecchi o a basse risoluzioni, le prossime immagini le farò di misure inferiori, chiedo scusa per l'eventuale disagio.


Edited by Fanie Elberim - 19/4/2014, 04:13
 
Top
view post Posted on 23/4/2014, 16:50
Avatar

Aper army
·····

Group:
Member
Posts:
1,606
Location:
Trentino

Status:



(Sharuk/Vahram [pensato], Fanie, Hanar, Karr’Rash.)


Deserto di Ur'Lachesh ~ Aurora, a 5 miglia dalla gola di Nazashir

L’orbo del binocolo scandagliava gli immensi spazi trapuntati di dune color curcuma e affilati denti di roccia arenite, quando all’improvviso, sulla sommità uno dei dossi più lontani, incrociò il baluginio di un’altra lente al riflesso del sole. Qualcuno li stava osservando.
alfs_wallpaper2646_zps94a80025

«Merda! Ci stanno seguendo.» Karr’Rash abbassò l’arnese per valutare a occhio nudo la distanza tra la carovane e i loro ospiti sgraditi.

Alle sue spalle, in cassetta, Hanar sbiancò.

«Oh porci antenati! Lo sapevo, lo sapevo!» Imprecò come impazzito, piantandosi le unghie nei capelli, quasi cercasse di strapparseli. «Sono rovinato! Finito! Mi pagavano fior di soldi a Ur'Lachesh! Che cazzo dovrò fare ora?! Dove andrò? Quelli mi staccheranno le palle se d’ora in poi avrò anche solo il fegato di mettere piede nella regione! Sempre se uscirò vivo da questa merda di situazione in cui mi avete cacciato!» Ringhiò furente, senza abbandonare la sua gelida ironia.

Karr-Rash non si disturbò a voltarsi, impegnato a scrutare l’orizzonte cercando di capire cosa e quanti li stessero braccando, ma i suoi tratti puliti e affilati da elfo si contrassero in una smorfia di fastidio, snudando due bianchi canini appuntiti che spiccavano in contrasto con la sua pelle bluastra.

«Sta’ zitto e sprona i cavalli, nano.»

Esortazione superflua per Hanar, che già dalle porte della città, dopo aver quasi investito le guardie al cancello che gli intimavano di fermarsi, si era messo a frustare le povere bestie come un disperato, quasi cercasse di sfuggire ai raggi del sole, che già albeggiava pericolosamente. La calda luce del giorno stava oramai sciogliendo il gelo della notte desertica, inondando il panorama e spazzando via la coltre protettiva di tenebra dai carri, che ora si stagliavano sempre più distinti e vulnerabili come vele bianche sulla sabbia scura.

Alle grida del nano, anche gli altri carrettieri cominciarono a preoccuparsi e rumoreggiare, e questo non era un bene. Il panico avrebbe potuto fare brutti scherzi.

«Ti sentiranno tutti i ribelli della valle, se urli in quel modo.» Lo avvertì il mezzo-demone.

«Ma vaffanculo! Non è colpa mia se siamo finiti in questo casino! Non-è-colpa-mia! Devo levare le tende se non voglio ritrovarmi sopra una forca e il vostro denaro mi basterà a malapena per pagarmi i documenti falsi e il viaggio per Laslandes! Questo non era previsto; voglio avere di più! Altrimenti potete sognarvi che io e i miei uomini staremo ancora qui ad assecondare le vostre stronzate!»

Come una grossa testa di cobra, la lunga balestra di Karr’Rash saettò fuori dal buio per adagiarsi sulla nuca di Hanar.

«Avrai la testa aperta in due se ti metti a fare cazzate.» Sibilò perentorio. «Ti rammento che non sei nella posizione di trattare. Abbiamo fatto un patto; non ammetteremo alcun ripensamento. Chiaro?»

Il nano ammutolì, tremante forse dalla paura, o forse dalla rabbia e il disappunto.

«Chiaro...» Grugnì. «Feccia di stronzi...»

L’assassino abbassò l’arma e la ripose sul pianale di fianco a sé, ignorando il carrettiere che nel frattempo proseguiva sottovoce con la sua sfilza di bestemmie all’indirizzo dei passeggeri, illudendosi che il garrire del telone al forte vento coprisse le sue imprecazioni. Spiegò nuovamente il cannocchiale tornò a concentrarsi sui possibili inseguitori.

Un plotone di nani a cavallo. Si stavano avvicinando rapidamente, troppo rapidamente.

«Questa non ci voleva...» Parlò agli scheletri appostati alle feritoie lungo i fianchi del carro – dove vi era ancora un po’ di posto – o seduti sopra le casse. «A occhio e croce, potrebbero raggiungerci prima di arrivare alla gola di Nazashir... ma con un po’ di fortuna avremo qualche possibilità. In ogni caso...» Batté la mano sul solido legno del parapetto del carro che s’innalzava di ben sei piedi dal livello del terreno, come per saggiarne la robustezza. «...il conestoga è una fortezza semovente, progettato per lunghi e pericolosi viaggi. Di per sé è fatto appositamente per scoraggiare i banditi meno intraprendenti. Siamo maggiori in numero e ben asserragliati. Forse non tutto è ancora perduto...» Afferrò la balestra e cominciò a prendere accuratamente la mira. «Se vogliono il nostro carico, dovranno passare sulle nostre carcasse. Se lo sogneranno la notte questo assalto, ve lo posso assicurare.»

nyrh


L’ombra emaciata dall’oscurità guardava.

Osservava senza dire nulla.

Nessun lamento, nessun improperio.


Rannicchiata e ammutolita nei recessi più profondi del suo io, Vahram vedeva. Vedeva impotente dagli occhi del suo usurpatore, come se quella bestia immonda ci godesse a mostrargli le turpitudini che faceva e che ordiva di fare col suo corpo. Ad agghiacciarlo però non era lo spettacolo di morte e paura che stava avendo luogo in quella sala, no... il combattimento era appena alle prime schermaglie; era ciò che presagiva a condurlo all'angoscia.

Ciò che lo animava in quel momento era la sensazione più atroce e innaturale che avesse mai provato. Non sapeva spiegarsi da quale angolo nascosto del suo essere potevano emergere quelle emozioni. Aveva passato quindici anni della sua cruenta vita nelle schiere dei mamūluk; in tempo di guerra era stato trascinato quasi senza sosta da un campo di battaglia a un altro, lo avevano gettato senza remora al suicidio, oltre le linee, nel cuore dell’esercito nemico. Ormai credeva di essere abituato a veder cadere i propri compagni, i propri amici... i propri fratelli.

Aveva ucciso di sua iniziativa donne e bambini, senza battere ciglio, perché era necessario, solamente perché i suoi qa’id, i suoi generali, avevano marcato quelle persone come nemici. I mamūluk non avevano paura, non avevano pietà, ogni ordine dei superiori diveniva naturalmente lo scopo della loro vita; erano famosi per questo, erano temuti per questo. Eppure, in quel momento, di fronte ai volti sorpresi e contratti dalla paura di quelli sconosciuti che si trovava davanti, non riusciva ad arginare il rimorso che sgorgava come fiotti di rabbia liquida dentro di lui.

Di guerrieri ne aveva conosciuti e combattuti molti. C’era chi era tormentato dall’unico pensiero di sopravvivere alla guerra per tornare alla propria famiglia con almeno una manciata di denari. C’era chi nei campi di battaglia ci viveva e si beava nell’osservare i volti terrorizzati dei nemici mentre mostrava loro la sua soverchiante abilità nelle armi. C’era chi provava un immenso godimento nel massacrare, squartare, seviziare i propri avversari e udire le loro urla per pura vendetta o sete di sangue; e oltre a questi, molti e molti altri tipi. Agli occhi di Vahram in queste manifestazioni estreme della personalità, che emergono nella belluina contingenza della lotta all’ultimo sangue, riusciva però a scorgere una genuina, seppur talvolta traviata umanità.

Il demone Sharuk era diverso. La mentalità di tutti gli abitanti dell’abisso era diversa. La crudeltà e la spietatezza delle loro azioni trascendevano l’umana barbarie. Quel mostro ostentava la sua perversione come un pregio ultraterreno, la dispensava come se ciò lo elevasse al di sopra dei mortali, come se... fare tutto questo lo alienasse da essi e dalle loro debolezze.

A Vahram sorse spontanea una domanda. Chi era davvero Sharuk? Era veramente uno tra tanti miseri rifiuti vomitati dall’abisso solo per servire un essere più potente? Oppure anche lui un tempo era un essere umano? Per un singolo sfuggente momento si convinse di riuscire ad afferrare fumosamente la sua oscura logica.

Una pulsione distruttiva di una genuina e disarmante semplicità. Un tenebroso processo di plasmo che si dipanava nel corso di eoni. Un antico desiderio oppresso, macerato nelle profondità dell’abisso, fermentato col passare dei millenni fino a mutare prima in invidia e poi rancore. Prigioniero del proprio mondo e del proprio signore, all’oscuro delle gioie del mondo terreno, provava un immensa e sediziosa soddisfazione nell’infrangere i fragili e fatui sogni dei mortali, come se egli stesso, essendo state a lui eternamente inaccessibili quelle gioie, trovasse come unico sfogo e piacere distruggere ciò che non poteva raggiungere e contagiare tutto ciò che lo circondava con la sua perversione.

Come un bambino povero che riscatta la sua miseria rompendo i costosi giocattoli dei suoi compagni più ricchi, così quella creatura angariata dal suo ruolo infame in questo universo, trovava liberazione nel distruggere i sogni degli schiavi ribelli.

Sì, quei nani avevano dei sogni.

Sotto le loro barbe curate, Vahram scorgeva ninnoli, portafortuna, rune naniche, simboli della propria stirpe, della propria famiglia, di un posto chiamato “casa” che tanto andavano cercando. Era per i propri cari che avevano percorso miglia e miglia in mezzo al deserto per raggiungere quel posto desolato e in rovina ai confini del mondo. Alla ricerca della speranza... della libertà che tanto agognavano. I loro desideri più profondi trasparivano dai denti digrignati e gli occhi sbarrati nella foga della battaglia: avrebbero combattuto con le unghie e con i denti, aggrappandosi alla vita fino all’ultimo estremo spasmo, pur di difenderli.

Schiavi.

Schiavi come lui. Non poté fare a meno di pensare a Ydins, al Cartello, a ciò che avevano fatto insieme, a quanto si erano prodigati e sacrificati per estirpare la schiavitù, aiutando la stessa gente che in quel momento la “sua” masnada di non morti era impegnata a trucidare.

Il bagliore che quei ribelli avevano negli occhi. Da quando aveva scoperto la libertà, non aveva cercato altro. Pulsava un amore in quegli sguardi che mai e poi mai Vahram aveva sperimentato, dopo che i torturatori sulimani, quando era ancora poco più di un bambino, gli strapparono ogni vestigia di sentimento umano dalla sua anima. La schiavitù marziale aveva estirpato ogni traccia di vita dai suoi occhi, costringendolo a fingere ogniqualvolta tentasse solo lontanamente di esprimere una qualche falsa emozione a un altro essere vivente. Ogni suo sorriso, ogni suo moto di entusiasmo erano solo menzogne imposte dalla necessità: per raggiungere un certo scopo, per guadagnare qualche soldo in più, per sopravvivere. Ma in quei nani... vedeva un desiderio irriducibile di abbarbicarsi alla vita, di trarla nuovamente a sé e farla propria dopo che padroni tiranni gliel’avevano negata per anni e anni. Al contrario di quel miserevole mamūluk, esisteva uno scopo nella loro esistenza.

E Fanie... i suoi occhi smeraldini, benedetti della grazia della stirpe elfica, erano in grado di rianimare il coraggio e blandire chiunque li ammirasse, ma ciò che di più splendente vi riluceva era una dolce e straordinaria bellezza interiore, tanto vivida e luminosa da mettere in ombra quella esteriore. Non si poteva negare che avesse un fisico attraente, ma era incredibile come qualsiasi uomo posasse gli occhi su di lei vedesse in quella fanciulla un angelo, prima di una donna. Forse fu per quella ragione che la prima volta che la incontrò – in quel giorno lontano, davanti alle mura di Lithien, nel lontano Nord – non provò paura. L’ansia non lo assalì quando gli rivolse la parola, quando la ospitò dentro la sue tenda, quando si ritrovarono a combattere a fianco a fianco in mezzo alla battaglia.

E Sharuk godeva e sghignazzava nell’ammirare quella scintilla di bellezza negli occhi dell’elfa soffocare oppressa dalla rabbia e dal dolore. Bruciava in lui il desiderio di sentirsi superiore a quei moti dell’anima mortale, come se li ripudiasse al pari di un compagno traditore.

Forse era per questo che i demoni nutrivano una certa distaccata predilezione verso i mamūluk: si può bramare un servitore migliore di una marionetta già domata, priva di arbitrio e avvezza alla schiavitù? Perché questo erano i mamūluk: non guerrieri, ma strumenti di guerra.

Vahram guardava impotente dalla sua gabbia di oscurità, e si riscoprì ancora capace di disperarsi.

Quelle persone stavano pagando il prezzo delle sue colpe, tutto stava accadendo solo a causa della sua debolezza. Aveva deluso tutti: Fanie, Ydins, Zuben, Tigran... Nenad...

“Metti un piede davanti all’altro!” gli aveva detto suo fratello. Quelle poche parole che gli urlò, forse in un moto d’istinto, finora Vahram le aveva onorate come se fossero state le sue ultime volontà; l’eredità che gli aveva lasciato prima di morire, insieme al suo arco. Ma ora non vedeva alcun passo da compiere dinanzi a sé; al contrario, era tornato a ritroso, rintanandosi sul fondo più oscuro e deprecabile della sua esistenza.

Non gli era rimasto più nulla, nemmeno la dignità. Era divenuto solamente una marionetta asservita e pericolosa.

Realizzò che la sua esistenza non gli avrebbe offerto null’altro. Non c’era alcun destino in serbo per lui, solo schiavitù. Schiavitù in vita, schiavitù nella morte, schiavitù per l’eternità.

I nani, i ribelli... Fanie... loro meritano.
Meritano la libertà. Meritano il mondo.
Loro... tanto fortunati da poter sognare.


E io cosa merito?
La morte è l’unico premio giusto per me.

Sì...

Dovrei morire... per il bene di tutti.


nyrh


Ur'Lachesh ~ Aurora, atrio della residenza di Hoignus Kugnar

Vahram-Sharuk_zpsb86bd555
La bocca di Sharuk si contrasse in un ghigno silenzioso. Tratteneva a stento il compiacimento nel vedere il volto scorato ed esterrefatto della fanciulla di fronte a tutte le sorprese e gli orrori che in pochi istanti l’avevano travolta. La disperazione che abbruttiva i suoi tratti aggraziati mentre guardava quel nano vegliardo in fin di vita era come un dolce nettare per gli occhi del demone.

Cominciò ad avanzare a passi cauti e ritmati, ma mentre si beava della scena di fronte a lui, d’un tratto una dirompente raffica di vento lo frustò sollevandogli violentemente il mantello e fischiandogli nelle orecchie. Colto di sorpresa, alzò un braccio per coprirsi gli occhi, ma proprio in quell’attimo una sferza di potenza esplosiva lo colpì in pieno petto, come se qualcuno gli avesse menato un possente fendente con un gigantesco spadone. Udì chiaramente le placche della sua brigantina piegarsi e saltare, la spinta fu tale da fargli perdere l’equilibrio. Dovette aggrapparsi alla ringhiera di pietra per evitare di cadere. Quella strana sensazione che aveva provato altre volte mentre si trovava in quel corpo iniziò improvvisamente ad avvampargli all’altezza dello sterno. Si tastò il petto, avvedendosi della lunga ferita che gli percorreva di traverso tutto il torace.

Era un taglio poco più che superficiale. Sharuk digrignò i denti: le fitte che il dolore fisico tanta euforia gli davano, in quel momento si accorse di quanto cominciassero ad arrecargli un certo fastidio.

«Codardo! Ti nascondi due volte, nella nebbia e nel corpo di un uomo che non ti appartiene!»

L’elfa cominciò a sbraitargli contro, accecata dal fumo e dalla rabbia.

«Ho affrontato schiere intere di mostri come te! Combattimi, se ne hai il coraggio!»


L’immondo avrebbe voluto ridere, ma si contenne: il fatto che riuscisse a scorgere la sua doppia natura lo impressionò. Avrebbe voluto rispondergli, ma se già riusciva a vederlo in mezzo al fumo, era meglio non rischiare oltre parlando o emettendo altri suoni che avrebbero permesso di individuare la sua posizione al nemico.

«Coraggio? Davvero credi che io conosca la paura?»
Le ripose in silenzio.


Se si fosse trovato in quella situazione con solo il suo vero corpo, Sharuk avrebbe dimostrato l’esatto contrario. Effimero e fragile, sarebbe fuggito a gambe levate di fronte ai poteri della paladina, ma dentro al suo nuovo corpo si sentiva invincibile. Ingenuamente... invincibile.

«Vuoi guardarmi in faccia, mortale?»

Sorrise.

«Ebbene, ti accontenterò...»


Il guerriero maledetto aprì la bocca e vomitò una purulenta nebbia di puro buio. La nube nera non indugiò, ma subito guizzò rapida come una serpe sopra il grosso teschio di arcidemone.

Sogghignando, Sharuk tirò una piccola cordicella sulla nobile Yen Kaytsak, aprendo un piccolo vano segreto sull’infisso della punta e scoprendo un minuto serbatoio coperto da un rivestimento in metallo bucherellato.

Avrebbe preso in prestito un altro dei subdoli trucchi del suo ospitante. Inganni a cui Vahram, in un duello leale ad armi pari, da fiero cavaliere non avrebbe mai fatto ricorso.

nyrh


La massa oscura, appollaiata grifagna sopra il corno più alto dell’enorme cranio, in pochi istanti si addensò plasmandosi in sembianze più definite. Intorno ai due cristalli di ghiaccio ardenti di fulgida malvagità che erano i suoi occhi, prese forma un corpo emaciato e scheletrico, con braccia di ossa nere innaturalmente lunghe e artigliate e un ghigno macabro scolpito sulla sua maschera di morte. Un abietto doppione del demone che lo aveva vomitato. Squadrò la sua preda con famelica bramosia, assetato della sua fiamma vitale.

«Parlavi a me?»

Gracchiò, tradendo spasmodica euforia.

«Sono qui per te, bambina!»


Con un balzo ferino si scagliò dall’alto verso il collo dell’elfa, smanioso di dilaniarlo con denti e artigli.

In perfetta coordinazione, alla destra della paladina emerse dalla coltre il guerriero all’assalto, determinato a spintonarla giù per la ripida scalinata. La punta della sua lancia, circonfusa da un fine nebbia porporina, era caricata in un contenuto ma preciso colpo diretto verso l’impugnatura della spada.

Per un momento Sharuk dimenticò di dover scappare: non resistette alla tentazione di infierire ancora un po’ sui fragili sentimenti di quella mortale tanto cara a Vahram.

Non si accorse che nel frattempo il piccolo specchietto che portava in borsa aveva cominciato a pulsare.

Altri due occhi lo stavano osservando in silenzio.



Personaggio
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Medio) Lungo taglio sul petto (Medio).
Mente: (Illeso) Illeso.
Energia: 85-20-5= 60%


Armi:
Yen Kaytsak: impugnata a due mani.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.
Ferro: nascosto, nella manica.
Pistola: infoderata, scarica.
Armature: Mantello, brigantina.

Oggetti: Biglia dissonante.


Munizioni
Faretra: 15
Pistola: 3



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.


Tecniche attive utilizzate
[ Servitore di tenebra (Pergamena Ladro) ~ Consumo Alto]
~ Trucchi hai detto? Non hai ancora visto i miei amici dell’aldilà, aper.
La tecnica ha natura magica.
Vahram evoca una servitore di oscurità, il quale una volta sferrato un attacco contro il proprio avversario svanirà.
Vahram, cedendo a Sharuk parte della propria energia vitale, può richiamare in campo una creatura nata dall'oscurità stessa che potrà assumere qualsiasi aspetto umanoide o animale, imitando anche equipaggiamento, voce, odore e aura del bersaglio o di Vahram; altrimenti può manifestarsi come Sharuk stesso. Il servitore potrà eseguire un singolo attacco (o una rapida serie) che avrà una potenza effettiva pari al consumo della tecnica (Alto) infliggendo un danno dello stesso livello. Il servitore rimane attivo solamente nella fase di attacco, svanendo dopo aver compiuto l'azione offensiva nei confronti dell'avversario o chi per lui.


[ Polvere rovente (Pergamena Ladro Sabotaggio ~ Danno all'equipaggiamento.) ~ Consumo Basso]
~ Se brucia, ti conviene mollarla, aper.
La tecnica è un danno all'equipaggiamento di natura magica.
Questa polverina magica rossa è spesso celata in scomparti segreti nelle armi di Vahram o in sacchetti attaccati al mantello. Cospargendola tramite un attacco fisico sopra una precisa parte del corpo del nemico, reagisce con l’armatura che la copre o con l’arma che impugna rendendola insopportabilmente rovente al tatto. L’avversario sarà costretto a liberarsi del preciso pezzo d’equipaggiamento colpito. Non provocherà danno diretto al nemico, ma solo a un singolo pezzo del suo equipaggiamento.



Tabella riassuntiva
Sunto: Nella prima parte ho descritto ciò che sta avvenendo dal punto di vista dei png della carovana.

Nella seconda ho scritto una riflessione di Vahram, ormai ridotto alla disperazione.

Nel terzo si torna al combattimento nella villa. Sharuk subisce appieno l'attacco ad area e, deciso a divertirsi, asseconda la richiesta della sua avversaria: casta Servitore di tenebra (Alto) per creare una copia illusoria di sé stesso nella sua vera forma di demone, sale in cima al lampadario/teschio demoniaco riverso semidistrutto sulle scale e, attirando su di sé l'attenzione, assale Fanie balzandole addosso dall'alto, bramoso di azzannarla e artigliarla al collo (in ogni caso, il danno che provocherebbe sarebbe di entità Alta).

Coordinandosi con la copia, il vero Sharuk nel corpo di Vahram, avvalendosi della copertura del fumo (che dura ancora per questo turno prima di diradarsi), tenta di prendere di sorpresa Fanie e spingerla giù dalle scale. Mentre carica, cerca di toccarti la spada con la lancia castando la tecnica Polvere rovente (Bassa), nel tentativo di disarmarti.

PS: Ribadisco che la scena in cui Fanie percepisce le due auree separate è stata concordata con me.
Chiedo scusa per eventuali refusi, in particolare quelli dei post precedenti (vabbè, troppo tardi :sigh: ), ne ho visti perfino alcuni di veramente gravi (pure di tempi verbali) e mi vergogno di me stesso per questo. :look:

A te la penna, Fanie! ^^



 
Top
Fanie Elberim
view post Posted on 24/4/2014, 03:09





Duello3_zps13f5a120


E' nell'animo umano il bisogno di ricercare colpevolezza in qualcuno nei momenti di vulnerabilità e di paura. Ma urlare la propria indignazione al destino e tuonare come un lampo nel cielo notturno contro i propri nemici, certi di morire, è pur sempre preferibile al piegare la testa e restare in silenzio.
Abbiamo plasmato il mondo una volta e lo plasmeremo ancora prima di essere dimenticati, perché la Perla è la nostra casa, la Perla è quello che ci rende diversi da ogni altra razza in questo mondo lasciato a se stesso.
La Perla è quella scintilla di eternità che aleggia ancora tra le rovine di un cuore incatenato.

Quello sciocco demone non aveva nemmeno idea di cosa lo avrebbe atteso nell'esatto momento in cui si fosse rivelato a me. Potevo essere d'aspetto delicato e cordiale, ma la mia determinazione nello spazzare via quella razza era inamovibile come una montagna. Le parole non potevano esprimere i sentimenti che aleggiavano dentro di me, tumultuosi, iracondi, e persino l'anima di Arawaen celata tra le pieghe della corazza ribolliva alla presenza di quegli abomini tutti attorno. Se la furia e la vendetta avessero mai avuto una personificazione, una definizione materiale, in quegli istanti io ne avrei incarnato la stragrande maggioranza delle qualità.
Un tempo avrei temuto la voce di un diavolo, avrei rifuggito il combattimento contro una bestia di simile portata, ma avevo appreso che la vera malvagità, le cose per cui vale davvero avere paura, non sono nemmeno lontanamente trenta scheletri che lanciano frecce o un amico posseduto dal maligno. Quelle sono cose che puoi vedere, combattere, uccidere se necessario. Ma poteri immensi, costruiti sulla base di un passato carico d'ignoranza e odio, incombevano su di me e su molte delle persone che avevo giurato di proteggere.
Vahram? Un mero passetto nella strada tortuosa o impervia che avevo scelto - volente o nolente poco era importato - di percorrere.

Ancora avvolta nella nebbia, che iniziava a diradarsi a causa della violenza dell'onda di vento, notai solamente un putrido agglomerato nero formarsi sopra al teschio, sbriciolato e malridotto, che aveva costituito il fu lampadario. Non mi spaventò, minimamente, ma riuscivo a percepire in quella creatura maligna la medesima aura che annebbiava l'anima del mercenario: doveva essere quello l'aspetto, inquietante, del mostro che lo aveva spinto all'insano gesto. Lo guardai con aria di sfida, sebbene ne distinguessi a stento i contorni e lo sguardo glaciale, perché tutto ciò che doveva vedere in me era furore e ragionata vendetta.
Mi si avventò addosso rabbiosamente, deciso a prendersi la mia vita al pari d'un predatore intenzionato a ghermire una preda debole e vulnerabile. Lo scudo fu insufficiente, gli artigli e le zanne dell'abominio avrebbero superato qualsiasi corazza nel giro di pochi istanti, e la mia reazione non tardò: dai capelli lunghi e ramati si diramarono velocemente un'infinità di viticci pronti, serrandosi attorno al mio viso e collo, a proteggermi al meglio.
Tuttavia l'assalto fu esageratamente più rabbioso di quanto avessi previsto e, sebbene il tutto si fosse concluso nel giro di un misero istante, un profondo taglio si era formato sulla guancia sinistra, discendendo sino a metà del collo, laddove la corazza ed i capelli non avevano potuto nulla contro gli artigli. In quel momento mi resi conto che l'aura di Vahram e del suo ospite indesiderato si erano mosse nella mia direzione, raggiungendomi di gran carriera. Per evitare il peggio puntai i piedi e flettei le ginocchia, con l'ovvio risultato che il tentativo di spingermi fallì miseramente: una delle regole basilari che avevo appreso, a suon di severe bacchettate, era stata proprio la postura perfetta ed inamovibile necessaria a trionfare in uno scontro.
Per mia sfortuna, tuttavia, nessuno mi aveva preparata ai trucchi meschini e squallidi che solo un ladro ed un codardo potevano serbare.

Quello che in principio mi era sembrato un semplice errore di misura, un affondo finito male con la lancia, aveva invece fatto qualcosa alla mia spada. Nel giro di pochi istanti l'elsa iniziò ad arroventarsi al punto tale da non poterla più tenere tra le mani... ma se pensava di avermi messo fuori gioco si sbagliava, di grosso. Toccare la spada di un soldato, di un aspirante cavaliere, era equiparabile alla più alta mancanza di rispetto che si potesse avere in uno scontro, di qualsiasi tipo esso fosse. Dei viticci spuntarono dal polso della mano armata, avvolgendo completamente la lama prima che il calore diventasse insostenibile, estinguendo l'odiosa fattura che l'aveva colpita. Mi voltai di scatto verso Vahram, nello sguardo nemmeno l'ombra della pietà.

In quel gesto alzai lo scudo di taglio, ad emulare un pugno usando lo spessore del rinforzo in acciaio come superficie d'impatto, vibrando un colpo possente in direzione del volto, ora ben visibile data la distanza infima, del posseduto mercenario.
Pur nel mio essere una fanciulla dalle sembianze esili e assolutamente delicate, nascondevo in me una tenacia che a stento molti uomini grandi e grossi potevano vantare. Non amavo lottare con amici, non l'avrei mai fatto se non fossi stata costretta da cause di forza maggiore... ma questa non era altro che l'ennesima, ridondante, scusa per non dirmi la verità nuda e cruda. Combattere, lottare, cadere e rialzarmi era diventata la mia unica ragione di vita: senza la guerra, senza la lotta, di me non sarebbe rimasto altro che un ricordo sbiadito dal sole e levigato talla sabbia...un po' come l'amata Perla.
Ritirai lo scudo dal primo colpo vibrandone un secondo, stavolta usando la superficie dello stesso, cercando di buttare a terra o far perdere l'equilibrio al mio avversario. Un colpo da fanteria di base, un colpo che mi avevano istruita ad usare mille e mille volte ancora, quasi dovesse diventare un mantra, ed alla fine avevano assolto nel loro compito, trasformando una druida inesperta e mingherlina in una guerriera. Forse non potevo essere al pari di molti soldati d'élite, ma nel mio cuore batteva la necessità di dare sempre tutta me stessa, anima e corpo, per la causa.
La spada saettò, resa di nuovo agibile dai viticci, oramai scomparsi, verso la spalla destra dell'uomo cercando di incunearsi nelle parti di giunzione della corazza.

Se solo avessi potuto colpire il demone senza uccidere Vahram... non avrei esitato ad approfittare di qualsiasi distrazione, qualsiasi pertugio, pur di ghermire la sua vita. Ma non era così, non potevo assolutamente rischiare di avere l'ennesima morte sulla coscienza, mi avrebbe semplicemente distrutta.
Però, mettendo a tacere ogni senso di colpa ed ogni tristezza immane per il passato, non avrei mai permesso a quella bestia di continuare a vivere e prosperare liberamente dopo ciò che aveva fatto ai nani, a Vahram e alle anime dei morti che animavano l'esercito di non morti.
Forse lui non conosceva la paura, forse lui poteva farsi scudo dietro nebbie fittizie, biglie stordenti e fumi neri come la notte... ma nel momento in cui fosse passato per le mie mani, anche per un singolo istante, avrebbe davvero scoperto il significato più alto della parola dolore.

« E quello saresti tu? Uno schifo nebuloso in mezzo alla nebbia? »
Lo guardai quasi schernendo quell'apparizione ridicola.
« Tu, povero idiota, non hai nemmeno idea di cosa sia un vero demone! »
Lo dissi ringhiando, quasi con rabbia, trattenendomi a stento dal gettarmi in un assalto furioso e dissennato. La ferita sul volto mi doleva, ma non abbastanza da farsi sentire oltre la rabbia e l'adrenalina. Un rivolo di sangue chiaro e lento cadeva quasi come lacrime sul pettorale della mia corazza, macchiando l'argento di un tenue cremisi. Nella mia mente apparvero gli ultimi momenti di vita di Floki, dell'orrore che avevo visto nelle Fosse e di tutto il male, la corruzione e la morte che aveva attraversato la mia carne in quei giorni. Un moto di rabbia implacabile mi colpì di nuovo il cuore e l'anima.
« Quando avrò finito con te, demone, scoprirai il vero significato della parola terrore. »
Digrignai i denti in una smorfia animalesca, a stento immaginabile nel viso pallido e angelico che la natura mi aveva donato.
Vahram sarebbe stato il primo che avessi mai salvato davvero, ed il mio cuore vibrava di gioia a quel pensiero, sostenendomi e contenendo la mia furia quel tanto che bastava a non perdere il controllo.


In questo mondo corrotto sino al midollo, dove solamente i ladri, i furfanti e coloro che opprimono la libertà d'altri trionfano, qualcuno che si erge dalla parte del bene e della giustizia deve esistere. Mantenere l'equilibrio tra il bene ed il male non era più l'opzione auspicabile per il futuro, unire i puri di cuore sotto una sola bandiera e rendere libere le genti di tutti il mondo non poteva più restare un sogno insoluto e perso.
I nani, gli uomini, i liberi pensatori di tutte le razze si sarebbero uniti un giorno ed assieme, sotto una sola idea e guidati dalla medesima luce...
...non avrebbero conosciuto la paura.



Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia 1 Tattica
CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza 1 Intuito
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso (Contusione alla coscia) Medio (Da taglio, Volto)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Furibonda.
Energia: 80% - 10% (Medio) - 5% (Basso) = 65%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Impugnato]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Impugnata]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Claws. Guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossati]
~ Aicheamhail. Corazza di fattura elfica, pesante, completa. (artefatto)[Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.
~ Memento Vitae. Auspex passivo di individuazione forme di vita.

Attive in uso:
» ~ Grasp of Nature.
Il potere scaturito dalla natura, tuttavia, non si limita solamente a modellare un'offesa, ma anche a rendere più reattivo il corpo di Fanie. Facendo appello ad un poter che la maggioranza delle creature viventi non possiede, ovvero quello puramente vegetale, è in grado di rendere i suoi capelli dei lunghi viticci dalla consistenza ferrosa, in grado di rivestirla all'occorrenza interamente, capaci di formare un vero e proprio intreccio vegetale abile ad assorbire la maggior parte degli urti di media entità. [Pergamena dello sciamano: Forma Selvatica. Difesa Media usabile anche a trecentosessanta gradi.]

» ~ Opening Impact.
Fanie è una guaritrice, una driade, un'idea ma, prima di tutto, è un soldato di fanteria pesante. Inutile girare a lungo attorno a ciò che deve fare un combattente delle prime linee: sfondare il nemico ad ogni costo e avanzare. Questo spinge i soldati non solo ad apprendere tecniche di spada sopraffine e capacità di parata notevoli, ma li spinge anche a sviluppare doti tattiche non indifferenti. Per vincere contro un nemico molto più forte, difatti, non serve sempre e solo la mera forza ma anche astuzia ed intelligenza. Fanie, avendo combattuto a lungo in fanteria, ha sviluppato una naturale inclinazione a far perdere l'equilibrio ai propri avversari mediate un colpo contundente ben piazzato. Che sia portato con una gamba, un braccio, o anche con un colpo di scudo, questo attacco serve per minare l'equilibrio del nemico e farlo cadere a terra, dove subirà un danno da impatto di modeste proporzioni. [Personale fisica, consumo Basso][3/10]

» ~ Seed of recostruction.
Sviluppando una grande affinità con gli oggetti che un soldato deve usare, Fanie è riuscita a far si che la sua natura prettamente vegetale accettasse anche corpi estranei potendo agevolmente interagire con loro. Nella fattispecie le sarà possibile sfruttare delle piccole radici, che si diramano direttamente dal suo corpo, per ripristinare qualsiasi tipo di arma o corazza danneggiata durante la battaglia. Il tempo di risanamento è piuttosto breve e non richiede alcuno sforzo per essere compiuto, tuttavia non è un qualcosa che si possa ripetere molto spesso a causa della riluttanza delle piante a prendersi cura di manufatti artificiali. [Erba Rigenerante][Qt.0]

Note:
Aye! Eccoci qua! Come concordato per questo turno lasciamo in sospeso l'inseguimento (Lo riprenderemo nel penultimo post per dare maggiore spessore alla cosa) quindi partiamo subito! Premetto che ci sono immense citazioni a giocate precedenti, del ciclo di Viktor, così come riferimenti a eventi traumatici e morti (Floki Ghrimer, appunto) che hanno segnato l'odio di Fanie per i demoni. Le parole di scherno e di disgusto per il demone che possiede Vahram sono dettata dal fatto che Fanie ha visto di cosa è capace la corruzione di RottenHaz... e la conseguenza è piuttosto intuibile.
A livello tecnico: Fanie si difende con la media dall'assalto del demone, subendo una ferita media al volto. Avendo l'auspex percepisce che ti stai avvicinando per colpirla e, forte delle sue CS in robustezza e tenacia, si piega sulle ginocchia impedendoti di farla volare giù dalle scale.
A quel punto è costretta ad usare l'erba rigenerante per contrastare la polvere da te lanciata sull'arma.
In seguito si volta rapidamente, cercando di colpirti al volto usando lo scudo di "taglio" ovvero col bordo d'acciaio, per poi tentare un secondo colpo, stavolta usando la personale bassa, nel tentativo di farti perdere l'equilibrio o farti direttamente cadere. A questo punto, indipendentemente, usando il CS in tattica prova a colpire la giuntura della corazza sulla spalla destra, sperando che la combo di colpi e stordimenti abbia avuto successo.
A te la penna, dai che stiamo andando bene :brofist:
PS: Ho creato una immagine più modesta, così risolvo i problemi di risoluzione di alcuni utenti!
 
Top
view post Posted on 29/4/2014, 04:32
Avatar

Aper army
·····

Group:
Member
Posts:
1,606
Location:
Trentino

Status:


(Sharuk/Vahram [pensato], Fanie, voce di Nenad.)

Ur'Lachesh ~ Aurora, atrio della residenza di Hoignus Kugnar

Quando un tremito gelido corse lungo la spina dorsale del corpo umano, il ghigno famelico di Sharuk si storse lievemente, come se avesse appena inghiottito un amaro veleno. Si sentì disturbato. Ci mise un po’ a comprendere che era quello ciò che i mortali sentivano di fronte a situazioni di estremo pericolo.

Forse fu l’assenza di qualsivoglia segno di paura sul volto della paladina a turbarlo, forse fu il suo volto carico d’odio. Quel che è certo è che mentre nei suoi pensieri fremeva dalla voglia di disintegrare la volontà e le speranze dell’elfa, il corpo che possedeva dava segni di reticenza, come se percepisse una minaccia invalicabile di fronte a sé.

Cominciava dolorosamente a realizzare le debolezze di quel guscio di carne viva.

L'ardente desiderio di provare il suo nuovo giocattolo lo stava portando a prevaricare i suoi doveri. L’avidità lo avrebbe presto tradito se s’ostinava ancora a indugiare in quel luogo da cui avrebbe dovuto fuggire ormai da un pezzo.

Tutto sarebbe dipeso dalle scelte di Fanie.

Sharuk ringhiò di disappunto non appena sentì la sua carica terminare arrestata violentemente da quella ragazzina tanto esile.

Non appena vide lo scudo alzarsi verso la sua faccia, la reazione fu istintiva. Un impulso indomito frutto del supremo e terrificante addestramento riservato agli schiavi guerrieri. Non gli servì nemmeno alzare la lancia in posizione difensiva per bloccarlo. Le esotiche arti marziali dei mamūluk erano tanto violente quanto terribili nel mezzo della mischia: ogni parte del loro corpo poteva rivelarsi un’arma letale. Con un movimento potente e fulmineo, la sua grande mano si levò e deviò il colpo percuotendo a palmo aperto la robusta tavola di legno, producendo un botto secco tanto sonoro da echeggiare sopra il clamore della battaglia.

La seconda offensiva però colse alla sprovvista perfino la sua abilità marziale, provando il grande talento e la preparazione impeccabile dell’elfa. Il colpo di scudo cozzò brutalmente contro il fianco del guerriero corrotto, facendogli perdere l’equilibrio e scaraventandolo sui duri gradini di marmo. Appena vide la spada calare su di lui, tentò di riarrampicarsi su per la scalinata, ma non fu abbastanza rapido: la lama lo colpì alla spalla, veloce e straordinariamente precisa, tranciandogli la spallina del pettorale della brigantina, il quale si staccò in parte, penzolando sul petto del guerriero e scoprendo il lato sinistro del torace.

Il demone osservò per un istante la sua armatura rovinata prima di lanciare uno sguardo sprezzante alla sua nemica, che non esitò a sbeffeggiarlo.

«E quello saresti tu? Uno schifo nebuloso in mezzo alla nebbia?
Tu, povero idiota, non hai nemmeno idea di cosa sia un vero demone!
»

Sbraitò la ragazza, il coraggio nutrito dall’ira.

«Quando avrò finito con te, demone, scoprirai il vero significato della parola terrore.»


Il demone sghignazzò distorcendo grottescamente la già rauca voce di Al Patchouli.

«Piccola stolta... non solo coi veri demoni si vincono le battaglie.»


Dal suo mantello e dalle sue vesti, una nuvola turbinante di petali neri come l’abisso esplose inglobandolo, agitandosi e stormendo come uno sciame impazzito intorno a lui.

«Un grande demone può sbaragliare un esercito intero, certo... ma basta una piccola tentazione... saper cogliere uno sfuggente punto debole, per tagliare la testa a un impero!»

Tuonò, mentre il vorticare dei petali si faceva sempre più rapido e tempestoso.

«Credi basti sperimentare la paura e l’orrore per conoscerci? Contempla la bellezza della nostra oscurità... e solo allora saprai temerci davvero! Tu non sai niente, piccola...»

La nube nera si scagliò verso la paladina pronta a inghiottirla nella suo abbraccio funereo.

«...né tantomeno sai del terrore. Proprio tu... che hai ancora così tanto da perdere!»


Le avrebbe udite quelle parole, sarebbero rimbombate nella sua testa mentre visioni piene di morte e rimorsi l’avrebbero tormentata senza tregua.

Contemporaneamente, celata dal mantello, la pistola già prontamente ricaricata puntò da sotto il nero tessuto al lato inferiore dell’attaccatura del braccio destro, proprio in mezzo all’ascella, dove l’armatura era più vulnerabile. E da supino il demone sparò un colpo, e poi un secondo, ma quest’ultimo mirato alla coscia destra.

Nella foga della battaglia, per un attimo dimenticò l’effimero passeggero nei recessi di quel corpo usurpato, allo stesso modo non notò che lo specchio incantato nella sua sacca aveva cominciato a brillare, come se il furto avesse destato di soprassalto una qualche entità sopita che lo abitava... o che osservava attraverso di esso.
nyrh

nyrh


Avrebbe voluto sparire.

Ormai ai suoi occhi nulla aveva più un senso.

Come non l’aveva mai avuto la sua esistenza.


L’ombra si richiuse su se stessa. Rifuggì da ciò che vedevano gli occhi del demone, non voleva guardare. Preferiva contemplare il vuoto buio dell’oblio.

Da sempre si era considerato un mostro. Respinto, temuto da tutti, usato senza remora come un oggetto, come un’arma priva di coscienza. Cogliendo però l’efferata malvagità dell’essere che lo teneva prigioniero, la sua gioia nel dispensare dolore e disperazione, comprese davvero quale fosse il reale significato di quella parola.

Qualcuno distrugga il mio corpo!
Non potrò mai trovare la pace.
Che la ottengano gli altri,
chi la desidera davvero...

Dentro e intorno a me vedo sempre e solo guerra.

Che un’anima pia mi uccida...


Farneticava, spegnendosi sempre più mentre si raggomitolava gemente su se stesso, incapace di scorgere alcun tipo di speranza.

«Già ti arrendi, Vahram? Morendo non risolverai nulla.»

Una voce aitante e stentorea lo rimproverò, rompendo il vuoto di quel limbo.


our_light2_zpsdc334b36
L’ombra trasalì. Allungò il suo visto smunto verso l’alto, guardando agitato in ogni direzione, tentando di scorgere la fonte di quelle parole. Riconobbe chi lo stava chiamando. Nonostante quel guerriero fosse morto da quindici anni, non poteva assolutamente dimenticare. Ogni momento del giorno aveva il fermo sentore che stesse vegliando su di lui. In quel momento buio credeva che tutto e tutti lo avessero abbandonato...

...ma a quanto pare si sbagliava.

Nenad...! Sei tu?

Balbettò, tremante di vergogna.


Quando pericoli mortali lo minacciavano o delirava sotto l’effetto di malie o incantesimi, di tanto in tanto la voce di suo fratello risuonava nei suoi pensieri e nelle sue allucinazioni. Forse era il suo desiderio inconscio di sopravvivenza, o di sostegno a evocarla... ma in quel momento non meritava alcun incoraggiamento, né alcuna consolazione.

Avrei dovuto essere più forte.
Avrei dovuto resistere...
Ma ho fallito.

Ti promisi che avrei lottato ancora per vivere,
ma quanto pare la mia debolezza ha vinto...


Sul volto della figura emaciata si allargò un sorriso amaro.

Ti ho deluso, fratello mio...
Mi dispiace... mi dispiace tanto.
Ormai sono perduto.


«Per gli dei, Vahram!» Nenad lo rimbrottò ancora con tono più severo. «Non sei cambiato affatto. Combatti sempre da solo, hai fiducia solamente in te stesso. Eppure insieme a quanti valorosi guerrieri hai combattuto in questi anni? Nuovi compagni d’arme, amici... hai trovato così tante persone che puoi chiamare fratelli. Perché ti ostini ancora ad attaccarti al mio ricordo?»

Vahram sbarrò gli occhi nell’angoscia, spaesato da quelle parole. Rimase ammutolito, incapace di rispondere.

«Non sai quanto mi ha reso felice vederti cercare la vita, e sono ancora felice per te.»

Come puoi essere felice per me, fratello?!

Guardami!

«E tu osserva il volto della fanciulla contro cui il tuo corpo combatte. Guarda sotto la sua ira e il suo dolore. Lotta per il popolo nanico, lotta per la sua causa, lotta per la libertà. Lei sa, e se è tua amica, sta lottando anche per te.

Finché è viva, lei spererà ancora in te.

Lascia perdere i morti e le tue disgrazie.

Almeno lei... non deluderla.
»


Qualcosa il lui si ricosse. Fino a quel momento era stato un egoista, non era riuscito a guardare oltre ai propri problemi, alla propria presunta mostruosità, alla sua incontrovertibile routine, ma ora si rendeva conto che erano proprio quelle cose a mantenerlo schiavo. Una logica semplice, rassicurante, facilmente decifrabile e sfruttabile da Sharuk.

Fuggendo dall’impero che lo aveva fatto schiavo, si era liberato delle catene che legavano il suo corpo, ma erano quelle della mente a tenerlo ancora prigioniero. Sembrava proprio per questo che i mamūluk erano considerati gli schiavi perfetti. Una condizione talmente orribile che l’immaginazione degli uomini liberi difficilmente poteva anche solo sfiorare.

Improvvisamente una nuova voglia di esistere ancora lo pervase, come se ci fosse ancora qualcosa che lo legasse a quel mondo che già tanto dolore gli aveva inflitto. Come se gli rimanesse ancora qualcosa da perdere.

«Sono stato uno stupido.»

La nera figura si erse rabbiosa dall’oblio.

«Finché esisterà ancora un briciolo della mia anima, combatterò.

Sharuk... lurido bastardo...

Riconquisterò il mio corpo,

dovessi stappartelo pezzo per pezzo!
»


~~O~~O~~O~~


«Non darti per vinto, Vahram.
E quando riavrai ciò che è tuo...
guarda nello specchio...
»




L’ultima frase echeggiò con una nuance anomala, ebbe come una nota stonata. L’ombra però, nell’impeto della forza ritrovata, non lo percepì.

Il Wúshēng Yǎn rifulgeva ogni secondo di più.

Lontano, inudibile alle orecchie del guerriero aramano,

un dolce e fidente risolino tintinnò silente.


Personaggio
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Medio+Basso) Lungo taglio sul petto (Medio), contusione sul fianco des. (Basso).
Mente: (Danno Medio) Danni alla mente (Medio).
Energia: 60-5-10= 45%


Armi:
Yen Kaytsak: impugnata nella mano sinistra.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.
Ferro: nascosto, nella manica.
Pistola: impugnata nella mano destra.
Armature: Mantello, brigantina (danneggiata sul lato sinistro del torace).

Oggetti: Biglia dissonante.


Munizioni
Faretra: 15
Pistola: 3-2= 1



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.


Tecniche attive utilizzate
[[1/10] “È tutta questione di metodo” (Tecnica personale difensiva di natura fisica) ~ Consumo Variabile Basso]
~ Perché erare è umano, persevrerare est himar, aper.
Questa tecnica difensiva ha natura fisica e può essere utilizzata solo sul caster.
In virtù della sua fine accortezza, del suo occhio analitico e della sua inesauribile inventiva, Vahram può evitare o limitare i danni degli attacchi offensivi fisici o magici degli avversari studiando in anticipo i loro movimenti o escogitando difese o espedienti bislacchi o imprevedibili.
Il modo in cui Vahram sventerà l’attacco può essere del tutto personalizzato. Starà poi all’arbitro valutare la validità e la sportività delle sue azioni.
Potrà essere utilizzata per avvantaggiarsi al fine di effettuare un attacco o una tecnica separata, ad esempio schivando una palla di fuoco gettandocisi contro e passandoci sotto a metà strada per avvicinarsi all’avversario e attaccarlo successivamente in corpo a corpo. In ogni caso, tassativamente l’uso di questa tecnica dovrà rientrare nel numero di tecniche massime eseguibili in un singolo turno.


[[2/10] Funerale celeste (Tecnica personale offensiva di natura psionica) ~ Consumo Variabile Medio+autodanno Medio= Alto (50% autodanno alla Mente, 50% Energia - potenza minima: Media)]
~ Talis Mahkanats’u Mnum e Yerkink, aper...
Questa tecnica offensiva ha natura psionica e prende di mira un bersaglio singolo. Al momento del lancio, il consumo è suddiviso 50%-50% tra Energia e autodanno alla Mente.
Un turbine di petali variopinti si manifesta intorno ad Al Patchouli. Petali scelti appositamente, di fiori sacri con cui gli Aramani circondavano i defunti. Ad ammirarlo pare talmente meraviglioso da sembrare uno spirito della primavera immerso in una mulinante danza, ma appena il ciclone di petali e fiori avvolge uno sventurato bersaglio l’incanto si trasforma in orrore. Ciò che fa muovere i petali è infatti una gigantesca nuvola di polvere mentale aggregata a salvia negromante: una terrificante droga allucinogena.
Le visioni provocate da questa pianta sono a dir poco sconvolgenti: la vittima sperimenta il trapasso, l'abbandono dell'esistenza terrena. Il corpo sembra separarsi dalla coscienza, i sensi esulano dalla realtà; chi assume questa droga è obbligato a guardare sgomento ciò che vedrebbe se fosse a un passo dalla morte.
Chiunque abbia sperimentato i suoi effetti racconta di allucinazioni traumatiche: alcuni dicono di aver provato l’illusione di trasformarsi in un oggetto, una pianta o un animale, di essere un’altra persona, di guardare se stessi dall’esterno, di trovarsi in più posti contemporaneamente o di venir ghermiti da mostri o da entità oscure; altri invece testimoniano di aver rivissuto momenti del passato – soprattutto dell’infanzia – o addirittura di aver scorto fumose visioni di tempi lontani, dell’antichità o del futuro.



Tabella riassuntiva
Sunto: Usando “È tutta questione di metodo” a consumo Basso, Sharuk riesce a deviare il colpo di scudo, ma subisce la tecnica Opening Impact, subendo un danno Basso al fianco destro e cadendo supino sulle scale. Anche il colpo di spada va a segno, tranciando lo spallaccio sinistro dell'armatura e scoprendo il lato corrispettivo del torace.

Sharuk risponde con un Funerale celeste a consumo Medio (Medio+autodanno Medio= Alto) (i petali sono solo effetti scenici: non mi occultano, puoi vedermi perfettamente in mezzo alla nube) e poi, sperando che la tecnica vada a segno, ne approfitta nel frattempo per caricare la pistola e sparare con essa due colpi celandola sotto il mantello: rispettivamente un proiettile mirato al lato inferiore dell’attaccatura del braccio destro - in pratica in mezzo all’ascella - e l'altro alla coscia destra.
Infine tenta di rialzarsi.

EDIT: Non è propriamente un edit, quanto piuttosto una riparazione a un disastro madornale. Mentre postavo il post dell'ultimo turno, per una sfortunata distrazione in seguito a un crash di Chrome, ho sbagliato pagina e ho scritto nella casella di modifica del post precedente (che in genere tengo aperta per copiare script per l'impaginazione o per le immagini), sostituendo il post con quello successivo.
Il testo è quello originale, recuperato fortuitamente dalla panoramica del topic nella casella di risposta/modifica. Ovviamente non ho modificato nulla, né l'errore dello spallaccio dell'armatura (di cui si legge in seguito), né qualsiasi altro refuso. E' tale e quale a quella di prima.
Purtroppo però, poiché da Chrome stranamente non riesco ad aprire gli spoiler né dalle anteprime, né dalle panoramiche, lo stesso non posso dire dello specchietto: ho dovuto rifarlo. Spero di aver mantenuto tutto com'era prima...

Non ho scuse, dopo questo errore credo di essermi giocato la sportività. Nonostante il mio rammarico, sono pronto ad affrontare le conseguenze. In fondo tutto questo è accaduto solo per colpa della mia disattenzione.





Edited by Orto33 - 6/5/2014, 03:49
 
Top
Fanie Elberim
view post Posted on 30/4/2014, 03:44





Duellis_zps373f6ade

Gli uomini, stolti, parlano sempre ed a voce troppo alta per essere ascoltati dai più.
Gli elfi, saggi, parlano poco e solo a coloro che sono in grado di saperli ascoltare con attenzione.
E poi ci sono i nani: abbastanza sciocchi da urlare e gridare come bestie ma abbastanza saggi da farlo solo quando è strettamente necessario.

Freeg non era certo il più sveglio tra i nani, ma aveva un cuore d'oro. Dopo la liberazione in molti lo avevano visto aiutare i più bisognosi della Perla a fare anche i lavori più umili e sottopagati, senza retribuzione, solo per avere una pacca sulla spalla, un sorriso ed un tozzo di pane come premio.
Capelli lunghi acconciati in bizzarre trecce e barba folta scompigliata dal vento, entrambi color del primo sole mattutino, quasi fulvo, cavalcava a fianco di Nergal con sguardo serio e concentrato. Portava con se una tracolla che oscillava terribilmente ad ogni sussulto dell'equino ma lui, incurante, continuava come se niente fosse ad ignorare il fastidioso tintinnio ceramico che proveniva dall'interno.
Ad un certo punto il giovane capitano si voltò come a cercare una breve intesa di sguardi.

« Freeg, tu e la tua squadra dovete fermare i carri a qualsiasi costo. » il sottoposto provò a replicare. « Ma... »
« Preferisco vedere tutto sepolto centro piedi sotto la sabbia che in mano loro, fratello. »
E gli sorrise solo come un capitano di ventura, arrivato al momento decisivo, riuscirebbe a fare per rincuorare gli animi.
Annuirono entrambi, all'unisono, dividendosi alla testa di due schieramenti: il primo, più numeroso, era comandato dallo stesso Nergal e stava correndo a velocità folle contro i carri, pronto a dividersi all'ultimo per dare battaglia e coprire il secondo - più ristretto - gruppo guidato da Freeg.

La squadra del fulvo si mosse rapidamente, tutti muniti di quelle strane sacche, disperdendosi tra le frecce che provenivano dai conestoga. Più di un nano del gruppo principale venne ferito, più o meno gravemente, rimanendo stoico in sella. Uno, ferito più gravemente degli altri, perse forza sulle gambe e rovinò nella sabbia rovente, immobile. Freeg infilò la mano dentro la sua sacca, estraendone una sfera di ceramica grigiastra con un piccolo stoppino sulla sommità. Non senza fatica trovò l'acciarino con una sola mano, creando la scintilla per accendere la rudimentale bomba pirica che teneva tra le mani.
Si avvicino come un fulmine alla ruota frontale dell'ultimo carro in coda, lanciando l'ordigno tra i raggi: all'impatto metà della postazione del conducente saltò in aria, spezzando l'asse principale. Il rumore di ossa traballanti e oggettistica in frantumi non lasciava presagire niente di buono per le reliquie.

Molti nani voltarono il loro sguardo furioso sul povero artificiere. Quest'ultimo, in risposta, scrollò semplicemente le spalle.
Altre tre forti esplosioni ed altrettanti carri con le ruote divelte si arenarono nel deserto.

Nergal, vicino al carro di testa, scese da cavallo con un'agilità rara per un nano brandendo minacciosamente la spada contro i non morti in vista.
« Spero voi abbiate un Dio a cui votarvi, perché stiamo per regalarvi un biglietto di sola andata per l'inferno! »

[ ... ]

I demoni erano bravi con le parole, dovevo ammetterlo, ma la maggior parte di quello che usciva dalla loro bocca era solamente magniloquenza inutile e falsa. Nel caso di Sharuk le due cose collimavano alla perfezione: era un vile e non aveva fatto altro che cercare di colpirmi con trucchi infidi. Gli sarebbe servito ben più di qualche frase pomposa e di una pantomima degna solo del teatro dei dilettanti per fermarmi.
Dove era la vera rabbia, il vero orrore, che avevo sperimentato combattendo contro i Korps? Come potevano quelle aberrazioni chiamarsi demoni? Non erano altro che gli scarti genetici e rivoltati vomitati fuori dagli inferi dove, evidentemente, qualcuno più meritevole aveva reclamato il loro posto. Per certi versi mi scoprii ad ammirare la grandezza di Viktor e dei suoi uomini. Almeno loro avevano sul serio la forza di tenere fede alle minacce ed all'orrore che avevano scatenato. Non si nascondevano come vermi brucando nella carne di altri disgraziati. Non avevano paura di affrontare la loro fine.

All'improvviso un nuovo, disgustoso, trucco. Non sembrava niente di nocivo, trattandosi di semplici petali, ma chiunque sano di mente si sarebbe immediatamente messo sul chi vive da un'azione del genere. Ma tra il prevedere la possibile minaccia al rendermi effettivamente conto di cosa mi aveva appena colpita intercorreva un vero e proprio abisso emozionale e sensoriale. Mi irrigidì, come se una corrente gelida avesse carezzato rapidamente la mia schiena, e poi tutto si trasformò in una visione candida e splendida. All'orizzonte, quasi come un miraggio, altissime mura di alabastro precludevano l'accesso alla più grande, immensa e meravigliosa città che la mia mente avesse mai potuto concepire, immaginare, sognare. Era un qualcosa di meraviglioso, di unico, che a stento le parole possono riuscire a descrivere, quasi come se una parte della mia stessa storia provenisse da quelle mura candide e lucenti.
Una lunga, interminabile, strada mi separava dal monumentale ingresso della città. Tra tante strutture dalle forme e dai colori assolutamente impossibili da replicare per la mente umana, una svettava come un titano contro il soffitto stesso del mondo, oltre il cielo.
Era bianca, con altissime colonne di sostegno rosso scarlatto, adornata da migliaia di bandiere e centinaia di vetrate colorate che, riflettendo la luce, creavano giochi di colore anche a distanze che a me parevano abissali.
Poi un rombo, assordante, riempì l'aria al pari di un grottesco terremoto localizzato all'interno della città stessa. Caddero dapprima le bandiere e gli arazzi, poi si spezzarono con un fracasso assordante le vetrate, ed infine si sbriciolarono le imponenti colonne. La torre crollò, lentamente, piano dopo piano, su se stessa spegnendo migliaia di vite e migliaia di sogni, di speranze. In un solo istante il mio cuore avvertì di aver assistito alla fine dei tempi antichi, compresi che quello era il destino che spettava ad un popolo la cui arroganza aveva quasi portato all'estinzione.
Barcollai, malferma sulle gambe, quasi sul punto di lasciare andare la spada e lo scudo davanti a quello spettacolo d'impotenza e di dolore. Se era davvero quello che mi aspettava dall'altra parte, se quello era ciò che aspettava tutti noi, a che pro continuare a combattere come una leonessa per quel mondo? Tanto valeva morire seduta stante, assistere per sempre a quella visione e fermarmi sul ricordo di ciò che era stato il mio popolo, la mia famiglia.

« Non è il futuro che mi aveva promesso Viktor, Fanie. »
Mi voltai, la figura longilinea e meravigliosa di Eruwayne mi stava osservando.
« Io non capisco... è tutto qui? E' davvero tutto qui quello che ci aspetta alla fine dei nostri giorni, piuthar* »
Lei sorrise. Non l'avevo mai vista sorridere se non in punto di morte. A dire il vero non le ero mai stata tanto vicina come in quel momento.
« Si è tutto qui per quelli che, come me, sono morti senza riuscire a riscattare la propria colpa. » sospirò, il volto meraviglioso e quasi angelico delineato da una sofferenza a stento immaginabile dalla gamma delle emozioni umane. « Ma tu non sei destinata a questo. Tu puoi ancora guadagnarti il nostro Nèamh **, puoi tornare al fiume delle anime, puoi essere di nuovo libera! »
Feci un passo verso di lei, una lacrima le solcò lentamente la guancia pallida.
« No. Tu non puoi restare. Devi aprire gli occhi, Fanie! Apri gli occhi e combatti per un futuro migliore... non è questo che fai, sorellina? » mi guardò, sforzandosi di compiere un ultimo sorriso mentre una luce, abbagliante, mi impediva di vedere.
Allungai la mano con lo scudo saldamente legato verso la sua immagine sbiadita, urlando. « Tornerò! Lo giuro su nostra Madre, sul Sovrano su qualsiasi stramaledetto Dio si mette tra di noi! » nessuna risposta. « Perdona le mie debolezze... »

La vista mi tornò sul mondo reale, mentre l'udito mi avvisava in maniera violenta dell'esplosione di un colpo di pistola. Il proiettile, mirato all'incavo del braccio, non trovò in alcuna maniera lo spazio necessario ad arrivare in profondità: nell'irrigidirmi lo feci cozzare con violenza sullo spallaccio ma, di rimbalzo, mi aprì un taglio sul ciglio e sulla fronte. Esplose un secondo colpo, più in basso, ma stavolta la corazza e la postura rigida nullificarono completamente il danno, lasciando che la piccola sferetta plumbea schizzasse altrove senza recare fastidio alcuno. Unico suo ricordo una lunga striatura sulla protezione in acciaio.
Dalla ferita sul ciglio iniziò a cadere qualche goccia di sangue ed il mio sguardo s'appannò per un istante di cremisi.
« All'inferno c'è troppa aria, se parli così tanto, sciocco. »
Sferrai, di slancio, un possente calcio con lo schiniere d'acciaio dritto verso la mandibola di Vahram nel tentativo di fargli saltare gran parte dei denti e, possibilmente, ridurlo al silenzio. O almeno ad un sommesso biascicare di parole ai limiti della senilità. Mi rendevo conto di essere brutale, violenta e oltremodo lontana dalla mia solita postura marziale... ma non ero certo in campo aperto e non stavo combattendo contro qualcuno di onorevole ed onesto.
Buttandomi quasi sopra di lui, con tutto il peso del mio corpo, cercai di bloccargli il braccio sinistro all'altezza del gomito, adoperando un colpo a ghigliottina portato con il taglio dello scudo, quasi come se volessi troncargli di netto l'osso del braccio. Il mio desiderio, e speranza, era quella di tenergli bloccato il braccio armato abbastanza a lungo da permettermi di mandare nel mondo dei sogni Vahram.
Se il colpo fosse andato a segno avrei cercato con tutte le mie forze di mantenere la presa sul braccio e tenerlo fermo, nonostante il contraccolpo mi causasse un fastidioso informicolamento della muscolatura di tutto l'arto. A quel punto mi resi conto che la corazza che avevo colpito non si era rotta nella parte destra e non avrei mai potuto ferirlo senza rischiare di minimizzare i danni inferti.
Feci scattare la lama, con un movimento secco, in direzione del polso destro del posseduto, quello che reggeva la pistola. Le armi da fuoco di per se non mi dispiacevano, a differenza di molti cavalieri non le trovavo aberranti macchine sleali, ma la loro micidiale forza d'impatto e la semplicità con cui anche il peggiore dei demoni le brandiva mi rendeva irrequieta. Con quel colpo desideravo disarmarlo, fargli abbastanza male al polso da costringerlo a perdere la presa... ed una volta che fosse stato disarmato nulla mi avrebbe impedito di rispedirlo all'inferno.

Quasi sormontandolo, emulando una testata per il solo gusto di vederne la reazione, gli sussurrai.
« Chi ha tanto da perdere lotta tanto per tenerselo stretto. Tu non sai nulla, feccia. »
Una goccia di sangue cadde dalla mia guancia verso il petto di Vahram. Sangue per sangue, dicevano i guerrieri più feroci del nord...
...e nemmeno una timida elfa può più tirarsi indietro dopo tante morti.

Chi sono gli uomini che lottano e muoiono per la libertà di tutti noi? Martiri. Ma cosa è un martire se non un uomo - o una donna - non abbastanza coraggioso da tornare a casa per riabbracciare i propri figli? Io vi dico siate uomini, donne, siate eroi... ma non siate martiri.
I morti non sorridono all'alba della vittoria.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia 1 Tattica
CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza 1 Intuito
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso (Contusione alla coscia) Medio (Da taglio, Volto) Basso (Lacerazione da proiettile, volto) Basso (autoinflitto al braccio sinistro) [Totale: Alto+Basso]
Stato Psicologico: Medio (Visione)
Stato Emotivo: Furibonda.
Energia: 65% - 10% (Medio) - 5% (Basso) = 50%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Impugnato]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Impugnata]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Claws. Guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossati]
~ Aicheamhail. Corazza di fattura elfica, pesante, completa. (artefatto)[Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.
~ Memento Vitae. Auspex passivo di individuazione forme di vita.

Attive in uso:
» Ma questa armonia non si è limitata semplicemente a ciò che di base è naturale, ma è andata ben oltre, fondendosi con eventi e vicende che hanno caratterizzato l'esistenza di Fanie. In particolare l'aver condiviso, anche se solo per un attimo infinitesimale, l'anima con la corrotta - ed ora defunta - Eruwayne ha permesso ad una scheggia d'anima ancora immacolata di quest'ultima di trasferirsi nel cuore di Fanie e agire come protezione in caso di necessità. Questa seconda anima sopita, e debolissima, farà in modo di creare una protezione contro tutti gli attacchi infidi ed invisibili che attanagliano la mente della sua sorella ancora vivente. Eruwayne è in grado di proteggere Fanie qualora quest'ultima la lasci libera di agire durante i primi momenti in cui il danno viene perpetrato e non solo, sarà in grado di proteggere anche coloro che sono al fianco della giovane nei casi d'estrema necessità. [Pergamena del campione: Aura di Incorruttibilità. Difesa psionica, consumo Medio e difesa ad area con consumo Basso]

» ~ Hands of sacrifice.
Una delle più importanti, e dolorose, verità che hanno coinvolto la vita di Fanie è il sacrificio. Quel bisogno disperato ed assoluto di raggiungere il proprio scopo viene, da molti, definita follia e, da altri, martirio. Non importa quale sia il mezzo: il sacrificio è qualcosa che viene da profondo del cuore e non può semplicemente essere visto come un mero strumento per raggiungere lo scopo. E' qualcosa di più, che va dentro i meandri della psiche e affonda le sue radice nelle convinzioni e negli ideali di chi lo va compiendo. Forse, il sacrificio, può essere compreso solo da chi ne è fautore. Fanie, d'altro canto, è in grado di superare i suoi limiti per fronteggiare pericoli altre sì insormontabili ed infliggere un duro colpo laddove non v'è quasi possibilità. Al fronte di un contraccolpo nella zona usata per colpire, riuscirà ad infliggere un danno di notevole entità utilizzando qualsiasi elemento se sia congeniale, dall'arma alle mere mani. [Pergamena del campione: Martirio. Media a consumo Basso e danno autoinflitto Basso.]

Note:
Parte coi nani in alto come al solito concordata con Orto!
Fanie subisce la psion e si difende con un medio, incassando quindi il medio restante. Ho elaborato la cosa come la visione della distruzione della città leggendaria di cui si fanno numerosi cenni nel mio BG ed in svariati miei contest, facendomi salvare da Eruwayne - altro personaggio importante nato durante il ciclo del cimitero dei mondi - che è la mia difesa psionica. Ci sono numerosi cenni al background narrativo, alla storia complessiva di Fanie ed ai Korps, spero che possano essere apprezzati.
Il colpo fisico all'ascella è deviato e prendo di rimbalzo al volto, nonostante le CS superiori ho voluto incassarlo perchè la situazione mi sembrava sportibamente plausibile. Il secondo invece CS e corazza lo deviano altrove.
A questo punto come da te descritto non sei ancora in piedi, ne approfitto tentando di colpirti con un calcio sotto al mento, mirando proprio a spezzarti i denti, poi mi butto quasi su di te usando Martirio per cercare di colpirti il gomito sinistro e di tenertelo bloccato li col peso del mio corpo (un colpo seguito da una specie di tentativo di blocco dell'arto, per essere chiari) In seguito non avendo spazio nella tua corazza per colpirti alla spalla decido di menarti un colpo al polso che regge la pistola, nel tentativo di disarmarti.

Devo fare una notazione doverosa al giudice: Orto mi ha contattato dicendo di aver sbagliato nella difesa precedente - non a caso il colpo di spada era portato alla spalla destra, mentre lui si è fatto rompere lo spallaccio sinistro, difatti in questo turno Fanie non ha avuto la possibilità di colpirgli la spalla destra poichè ancora presente la corazza - a questo io ho tranquillamente ovviato in game ma volevo comunque portare all'attenzione la correttezza di Orto nell'essersi scusato privatamente con me dell'inconveniente. Quindi lo ringrazio pubblicamente delle non necessarie ma apprezzatissime scuse.

Go On, dude, dai che ci siamo!
* Sorella, in Elfico.
** Paradiso, in Elfico.
 
Top
view post Posted on 6/5/2014, 00:43
Avatar

Aper army
·····

Group:
Member
Posts:
1,606
Location:
Trentino

Status:


zeng_untitled_zps5a87512f

(Sharuk/Vahram [pensato], Fanie, Karr'Rash, Nergal.)

Deserto di Ur'Lachesh ~ Primo mattino, a 2 miglia dalla gola di Nazashir

«Più veloce!» Berciò Karr’Rash, cercando di mantenere salda la mira sul pianale sobbalzante del carro.

La ferocia del sole del deserto oramai scottava la pelle, nonostante il disco dorato si levasse appena al di sopra dell’orizzonte, risplendendo tra i canyon rocciosi di arenaria cocciniglia. Era tardi, troppo tardi. Sarebbero dovuti già arrivare al punto di ritrovo almeno tre ore prima, se tutto fosse andato liscio.

Il mezzo-demone sperò che quel ritardo avesse almeno insospettito Tarkan, che li attendeva gola di Nazashir.

Lanciata a tutta velocità sulla carriera sterrata, la carovana sferragliava paurosamente alzando soffocanti nubi di polvere. Hanar ormai non ascoltava più gli ordini e le imprecazioni del suo immondo committente, ma continuava senza sosta a frustare le povere bestie ormai ansimanti e sbavanti dalla fatica. Difficile dire se fossero più terrorizzati i cavalli o il nano che li guidava.

«Ci stanno raggiungendo, dannazione!» Gridò ancora, più per dar sfogo alla rabbia e alla frustrazione che per esortare i suoi soldati.

Riusciva a scorgere chiaramente persino le rughe su ogni volto dei suoi inseguitori, da quanto erano vicini. Erano alquanto buffi a vedersi: così piccoli e tozzi a cavallo di quei destrieri tanto nobili da comparire sovente nelle fiabe dei popoli del deserto.

«Stolti... davvero vi illudete di poterci fermare? Ai vostri posti! Scoccate a volontà appena vedete un bersaglio a tiro!»

Gli scheletri guerrieri, in un fremebondo scricchiolare di ossa, si appostarono prontamente con archi e lance sul retro dei carri e alle feritoie ai lati. Karr’Rash scagliò un dardo dalla lunga distanza, centrando in pieno petto uno dei cavalieri sbalzandolo da cavallo; morì sul colpo, ancor prima che toccasse terra. Col secondo quadrello non ebbe la stessa fortuna: il nano che scelse come bersaglio fece appena in tempo ad alzare lo scudo e a parare il tiro da maestro dell’assassino. Restò per alcuni attimi ad ammirare incredulo la cuspide di metallo che puntava dritta in mezzo ai suoi occhi, spuntando di mezza spanna buona dal retro del brocchiere.

I non morti non tardarono a seguire l’esempio del loro comandante, scoccando – per quanto lo spazio e la scarsa visuale lo permettesse – una selva di frecce contro i cavalieri.

Non ci misero molto i nani di Ur’Lachesh a ragguagliare la carovana. Facendosi strada tra la pioggia di strali, riuscirono ad affiancare la colonna di carri. Karr’Rash fece appena in tempo a notare con sgomento le piccole bocce di ceramica balzare tra i raggi delle ruote.

«A terra!» Gridò, cercando disperatamente un appiglio a cui tenersi.

Vi fu una raffica di esplosioni, davanti agli occhi dell’assassino balenarono indistintamente fiammate, schegge di legno e ossa frantumate, mentre il pianale sussultò con violenza prima di ribaltarsi. Le pesanti casse piene di preziosi reperti rovinarono su un lato accatastandosi disordinatamente con un preoccupante rumore di ceramiche infrante e cozzare di metallo. Il guerriero oscuro riuscì a balzare fuori appena in tempo, ruzzolando malamente per terra. Per un momento la sabbia lo accecò; intorno a sé udì solo scalpitare di zoccoli, schiamazzi, nitriti terrorizzati e il drammatico scricchiolare di legno squassato.

Ringhiando furibondo, sputò sulla rena un grumo rossastro. Con un movimento fluido e letale afferrò il pregiato falcione serpentino che portava sulla schiena. Un’arma nera come l’ossidiana, affilata quanto i denti di uno squalo e venefica al pari della lingua di un diavolo. La lama sibilò fulminea dal fodero agli stinchi di un cavallo che passava giusto in quel momento, tranciandoli di netto. Il nano in sella volò urlando a metri di distanza appena il fiero destriero si schiantò a terra dimenandosi e vagendo in preda al più atroce dei dolori.

«Radunarsi! Siamo in superiorità numerica! Massacrate quei vermi e difendete il bottino!» Sbraitò rialzandosi in piedi, benché non avesse nemmeno idea di quanti dei suoi fossero scampati a quel disastro; dei carri non rimanevano altro che carcasse divelte e bestie ferite annaspanti nella polvere. Di Hanar nessuna traccia. In mezzo a quella nube ocra intravvedeva figure emaciate strisciare fuori dai rottami e ingaggiare combattimento con i cavalieri, segno che fortunatamente non tutti i suoi soldati erano perduti.

«Spero voi abbiate un Dio a cui votarvi, perché stiamo per regalarvi un biglietto di sola andata per l'inferno!»


Inveì una voce stentorea. Un nano dalla corporatura vigorosa solcava appiedato la mischia alla ricerca di antagonisti alla sua altezza.

«Vuoi rispedirci a casa, piccolo nano?» Karr’Rash avanzò verso Nergal, brandendo la lunga spada. «Il mio Dio vi manda i suoi saluti.» Un ghigno bramoso di rappresaglia deformò la sua bocca.

«E io non vedo l’ora di mandargli la vostra anima.»


nyrh


Ur'Lachesh ~ Primo mattino, atrio della residenza di Hoignus Kugnar

Sharuk sentiva pulsare l’oggetto magico nella borsa, come un argenteo cuore luminoso. Gli pungeva l’anca, interferiva col suo spirito, allentava pian piano il suo controllo del corpo, mentre l’anima di Vahram pareva sempre più rinvigorita da esso.

Per un attimo ebbe un mancamento, come se una qualche forza nella sua testa cercasse di strappargli la coscienza. La vista gli si offuscò, l’odore aspro del fumo – ancora forte, nonostante si fosse diradato già da un pezzo – stemperò dal suo naso.

Arrancava bocconi su per la scalinata. Con grande sforzo cercò di riacquistare l’equilibrio e rizzarsi nuovamente in piedi, ma lo stivale d’acciaio lo colse menomato da quel breve obnubilamento. Sentì la mandibola serrarsi violentemente e i denti cozzare e scheggiarsi, mentre la sua bocca si riempiva del ferreo odore del sangue.

Ricadde intontito sui duri gradini di pietra, proprio nel momento in cui il pesante scudo della paladina si schiantò sul suo braccio sinistro. Le ossa del gomito scricchiolarono, subito dopo una fitta acuta lo scosse.

Quel dolore intenso spillò come un rivolo gelido un fiotto di lucidità nel suo cervello. Vide appena in tempo la spada calare sul suo polso destro. Arrivò a malapena ad abbozzare un estremo gesto di difesa, ruotando istintivamente il polso per coprirsi. La lama cozzò sulle placche d’acciaio del bracciale, troncandole e infossandosi, seppur smorzata, nei muscoli dell’avambraccio. La violenza del colpo strappò la pistola dalla mano del guerriero, scaraventandola lontano, oltre la balaustra della scala, fuori dalla vista.

L’elfa gli fu sopra in men che non si dica, tentando con il suo esile corpicino di immobilizzarlo sul pavimento. Non era molto pesante, ma Sharuk dovette ammettere che quella ragazzina era ben addestrata nella lotta a corpo a corpo con lo scudo.

Fanie lo sbeffeggiò ancora apertamente, a faccia a faccia, vomitandogli nuovamente addosso le sue sprezzanti insensatezze.

«Chi ha tanto da perdere lotta tanto per tenerselo stretto. Tu non sai nulla, feccia.»


Sbottò guardandolo dritto negli occhi, sovrastandolo a pochi centimetri dal suo volto.

«Ottusa ragazzina...» Pensò Sharuk, ormai in preda all’ira. «Io sono un demone. E so cos’è un demone quanto tu sai cos’è un elfo. Ora ti mostrerò come combatte un essere che non ha più nulla da perdere.»

Quella situazione lo stava frustrando. Il corpo fisico che tanto desiderava si era rivelato una inopinata delusione, una trappola esiziale. Si sentiva stranamente goffo e pesante, gli arti cominciavano a intorpidirglisi e quegli acuti sentori lancinanti ad essere decisamente molesti.

Era stato un incosciente. Avrebbe dovuto porre fine a quel combattimento quanto prima, con un banale e secco colpo mortale, oppure fuggire subito senza voltarsi indietro e concentrarsi unicamente sulla missione che gli era stata assegnata. Invece no. Aveva ceduto alle sue debolezze, lo aveva vinto l’atroce desiderio di scorgere il dolore sul volto dell’elfa, di scoprire come avrebbe reagito nel vedere i propri sogni infrangersi. In quel momento se ne rese infine conto.

Tremava ribollente di una collera incontenibile, arrotando i denti spaccati in una grottesca smorfia sanguinolenta. Non avrebbe permesso che una mortale, per quanto abile fosse, lo umiliasse in quel modo. Avrebbe consumato il corpo di Vahram, avrebbe consumato ogni cosa a sua portata pur di vendicarsi.

Una goccia rubiconda scivolo sulle gote pallide di Fanie per poi cadere sul petto del guerriero maledetto. Appena toccò la pelle, improvvisamente cominciò a schiumare e crepitare come se si trovasse su una piastra rovente, mentre quel rosso fluido vitale si tramutava in bile nera.

Il sangue di una fanciulla. Un olocausto sufficiente ad appagare la furia del demone.

Come ombre proiettate sulle pareti, miriadi di rovi irti di spine affilate e neri come l’oscurità più profonda eruppero dal costato dell’immondo, invadendo in pochi secondi l’imponente atrio, infilandosi in ogni spiraglio, irrorando di corruzione tutto ciò che avrebbero toccato. Nemmeno l’illibata creatura genitrice di quell’orrore gli sarebbe sfuggita: un nugolo di quelle piccole propaggini si protrasse verso l’elfa, smanioso di lambire e corrodere la purezza del suo corpo.

Tutto d’un tratto la sala parve farsi più buia, mentre il palazzo iniziava a colmarsi di gemiti rabbiosi e lamenti di dolore, sempre più forti, sempre più atroci. I non morti che ancora resistevano davanti all’entrata cominciarono a combattere con rinnovato e immondo furore, come se un’energia arcana e malvagia avesse donato loro una resilienza ultraterrena. Un brivido di gelo sarebbe corso invece lungo le schiene dei prodi nani, nel percepire la grande malvagità che stava colmando quel luogo. Ma solamente Fanie, il seme di quel male, ne avrebbe visto la vera natura: un immenso tramaglio di catene e gabbie per spiriti inquieti.

Sharuk avrebbe volentieri raso al suolo quell’intera città schifosa se avesse avuto il potere per farlo, ma essendo questo ben lungi dalle sue capacità, si sarebbe accontentato di maledire la villa. L’anatema di pura negromanzia si sarebbe nutrito da solo nel tempo dell’avidità e del rancore di Hoignus Kugnar e dei rimpianti e le paure di tutte le anime dei trapassati in quella magione.

Avrebbe macchiato la Perla tanto amata dai quei ribelli, avrebbe piantato un piccolo germoglio di terrore nel cuore della città. Nessuno avrebbe osato più mettere piede in quel tempio dannato finché i tormenti del suo padrone non fossero stati sanati.

«Bahta hoccehhe. Nghadha *n hahha ih dahhoe... nihhedda.»

Biascicò, sputacchiando schizzi vermigli.

«Basta sciocchezze! Guarda in faccia il terrore, ninfetta...»

Tuonò una voce roca e abominevole, apparentemente svincolata dai movimenti della bocca del guerriero.

«Guarda in faccia alla rovina!»

Con uno spasmo dirompente, scaracchiò un grumo sanguinolento dritto verso la faccia dell’elfa.

«Vedremo se avrai ancora il fegato di chiamarmi feccia!»


Come alimentato da una mostruosa energia diabolica, scattò in avanti con la sua testa, tirando una potente craniata diretta al naso della odiata avversaria, sperando che così facendo allentasse la pressione dello scudo che gli bloccava il gomito sinistro; mollò la lancia per cercare di liberare più agilmente l’arto da quella morsa di ferro e poi strattonò. Subito dopo due fulminee braccia d’acciaio si sarebbero avvinghiate attorno all’esile collo della ragazza, e non avrebbero lasciato la presa finché non l’avessero strangolata a morte. Avrebbe tentato di ucciderla anche con una sola mano o con le gambe, nel caso non fosse riuscito a districare la sinistra.

Il vero Vahram continuava a martellare sempre più insistentemente. Era una corsa contro il tempo. Sharuk temeva più lo spirito nei recessi del suo corpo piuttosto che la paladina. Combatteva per mantenere il controllo, per tenersi a galla in quel fiume di pulsioni che cercavano di trattenerlo, di ostacolare il gesto che stava per fare. Se non ci fosse riuscito, tutto sarebbe stato perduto.

In quel momento esisteva per lui solo la furia dell’estremo sforzo.

La frenesia nel tentare il tutto per tutto.

La fretta di mettere la parola “fine” a quella dannata situazione.




Personaggio
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: 2 Astuzia

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Danno Critico) Lungo taglio sul petto (Medio), contusione sul fianco des. (Basso), contusioni gravi alla mandibola (Medio), gomito sin. incrinato (Medio), taglio sul dorso dell'avambraccio des. (Basso).
Mente: (Danno Critico+Medio) Affaticamento (Critico), danni alla mente (Medi).
Energia: 45-0-40= 5%


Armi:
Yen Kaytsak: per terra sulla scalinata.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.
Ferro: nascosto, nella manica.
Pistola: per terra sul pavimento dell'atrio.
Armature: Mantello, brigantina (danneggiata sul lato sinistro del torace).

Oggetti: Biglia dissonante.


Munizioni
Faretra: 15
Pistola: 1



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.


Tecniche attive utilizzate
[Gettone Torneo (Offensiva psionica) ~ Consumo Nullo]
Sharuk evoca rovi di pura energia negromantica che assalgono il bersaglio e corrompono qualunque cosa con cui entrino in contatto. Le manifestazioni convocate tramite questa tecnica esisteranno soltanto nella mente del personaggio coinvolto, ma nonostante ciò i danni causati da queste si materializzeranno sul suo corpo. Cagiona danni Medi al fisico, però rimane una tecnica offensiva di natura psionica e come tale va affrontata.


[ Assalto mamūluk (Pergamena Cacc. Carica violenta) ~ Consumo Variabile+autodanno Mente Critico+autodanno Critico]
~ Ti sembro arrabbiato? Non mi hai ancora visto incazzato davvero, aper.
La tecnica ha natura fisica.
Quando uno schiavo guerriero è messo alle strette è meglio non trovarsi sulla sua strada. Dopo aver vissuto la propria intera esistenza nella convinzione che la sua vita vale meno di nulla, nemmeno la più terrificante delle minacce o la più disperata delle situazioni può spaventarlo. Vahram sa focalizzare la sua concentrazione in battaglia come ben pochi sanno fare, riuscendo a sferrare magistrali sequenze di attacchi precisi e micidiali in mischia con qualunque arma o parte del corpo. L'effetto che ne deriverà, comunque, sarà quello di causare all'avversario un danno pari al doppio rispetto al consumo speso. L'attacco, però, sarà tanto violento che inciderà, in termini di fatica, anche sulla mente dello schiavo guerriero, che si autoinfliggerà una quantità di danno alla mente pari al consumo speso. L'unica limitazione imposta alla tecnica è che l'offensiva consista solo e soltanto in un confronto corpo a corpo, quindi compiuto a mani nude o con l'utilizzo di armi da mischia. La tecnica dunque non è utilizzabile con armi da tiro, da fuoco o da lancio. La durata è di una singola offensiva.



Tabella riassuntiva
Premessa: Ultimo turno! Che dire... ho il vago sentore che questo - indipendente dal voto che mi daranno - sarà la sfida più bella della mia carriera su Asgradel. :wow:
Ti ringrazio davvero tanto per aver accettato di costruire insieme a me questo stupendo scenario, mi sono divertito un sacco a giocare con te. Vorrei in particolare farti i complimenti per tutti gli splendidi personaggi a cui hai dato vita, li ho veramente adorati. Spero di riaverci a che fare ancora in giocate successive (ricordo che Vahram dovrà chiedere perdono a Nergal per aver causato la morte del padre).
Ci sentiamo presto per vie private. ^^

Ah, già, dimenticavo... LIBERAMIIII!!! :sigh:

Sunto: Dunque, tornando alla sfida... Sharuk subisce tutte le offensive di Fanie (non posso fare altrimenti). Rispettivamente subisce un danno Medio alla mandibola per il calcio, un danno Medio al gomito sinistro da Hands of sacrifice, e un danno Basso - attutito dall'armatura - al polso destro per la spadata, in più viene disarmato della pistola.

Bramoso di vendetta, usa quindi il Gettone a consumo Nullo del torneo per attaccare Fanie con dei rovi di energia negativa (per creare la tecnica mi sono ispirato a quelle del ladro: psioniche che infliggono danni fisici); non impediscono i movimenti né altro, ma se non si resiste al loro tocco, si subisce danni da corruzione (considerali tipo corrosione). Dato che nel regolamento è chiaramente esplicitato che il Gettone può provocare un effetto liberamente personalizzato sull'ambientazione, Sharuk fa appello a tutto il suo potere per maledire la villa infestandola con i suoi rovi neri (che solo Fanie può vedere, dato che il demone ha usato il suo sangue per compiere il rito), trasformandola in un luogo infestato dai fantasmi di tutti coloro che vi sono morti e alimentato dall'avidità di Hoignus Kugnar. Questo effetto è ovviamente solo scenico, ma dato che influisce sul bg, in futuro l'unico modo per esorcizzare lo spettro di Kugnar e liberare tutte le anime sarà riportargli tutti i suoi tesori nella villa.

Sharuk è fermamente intenzionato a vincere anche al prezzo di consumare il corpo e l'anima di Vahram. Sputa quindi il sangue che gli riempie la bocca - a causa della pedata - in faccia a Fanie per distrarla. Cercando contemporaneamente con tutte le sue forze di liberare il braccio sinistro da sotto lo scudo, mollando la lancia per aiutarsi nell'intento, usa l'impeto di Assalto mamūluk a consumo Critico (Critico+autodanno alla mente Critico= Mortale); l'attacco della tecnica consiste in: una testata sul naso dell'elfa e poi cercare di assalirla e avvinghiarsi a lei nel tentavo di strangolarla a mani nude.
Se ritieni che per certe dinamiche cercare di strangolarti sia impossibile, sei libera di gestire l'assalto come vuoi. Come prima opzione, dopo la testata, cercherà di strozzarti, ma se non ci riesce... rissa. :rulez:

Insomma, sta attaccando in un ultimo impeto disperato, quindi in alternativa potrebbe cercare di linciarti con calci, pugni o spaccarti le ossa con chiavi articolari e prese di sottomissione.

A tua discrezione, sono disposto, a fine scenico, a rotolare insieme a te giù per le scale mentre lottiamo.

NB:
1)
CITAZIONE
Devo fare una notazione doverosa al giudice: Orto mi ha contattato dicendo di aver sbagliato nella difesa precedente - non a caso il colpo di spada era portato alla spalla destra, mentre lui si è fatto rompere lo spallaccio sinistro, difatti in questo turno Fanie non ha avuto la possibilità di colpirgli la spalla destra poichè ancora presente la corazza - a questo io ho tranquillamente ovviato in game ma volevo comunque portare all'attenzione la correttezza di Orto nell'essersi scusato privatamente con me dell'inconveniente. Quindi lo ringrazio pubblicamente delle non necessarie ma apprezzatissime scuse.

Già, mea culpa, pardon. Nella stesura avevo riguardato male il post di Fanie. Da vero tonto, mi ero convinto che non l'avesse specificato, per questo ho considerato il lato dell'attacco specchiandolo (Fanie impugna la spada nella destra, quindi ho considerato che mi colpisse sulla spalla sinistra).
Non ho scuse, se non il fatto che alle 5 di mattina non è molto facile rimanere lucidi.

2)
CITAZIONE (Ray~ @ 3/3/2011, 19:53) 
E' possibile usare consumi mortali solo tramite tecniche a consumo variabile o tecniche create apposta da artefatti.

Metto le mani avanti. Avevo letto questo nel topic delle domande riguardanti la correzione delle abilità, per questo credevo che tirare un Mortale con una Variabile fosse regolamentare. Ho tentato la fortuna. In caso contrario chiedo scusa, non lo sapevo.

3) L'immagine che ho usato è un quadro di un artista cinese, Zeng Fanzhi.

EDIT: corretti alcuni refusi.





Edited by Orto33 - 6/5/2014, 04:22
 
Top
Fanie Elberim
view post Posted on 7/5/2014, 02:29





lastpost_zps588eb8c2


C'è tempo per riposare, tempo per sedersi e ammirare il paesaggio sconfinato che porta da noi all'infinito. C'è tempo per rimanere fermi e attendere che le cose passino semplicemente oltre la nostra stessa esistenza, lasciandosi attraversare da un flusso incredibile di energie e momenti interminabili.
Ma il riposo è un lusso che solo pochi possono concedersi, che ancora meno meritano e che praticamente nessuno ha il diritto di reclamare prima che si sia compiuto il destino a lui assegnato. Una vecchia filastrocca, nascosta sotto libri polverosi e pesanti, in una lingua conosciuta solo dai naviganti e dagli estranei, recitava così:


Alza il tuo spirito, alza il tuo nome
alza la tua gloria ed alza il tuo onore.
Alza ancora la testa e la testa ancora,
finchè il sole non s'adombra e la vita non scompare.



Dapprima le ombre, poi il freddo nelle ossa, ed infine gli spettri di un passato innominabile confluirono per impedirmi di porre fine all'esistenza di quell'aberrazione. Non il dolore e non la stanchezza mi avevano pervaso sino a quel momento, non avevo alcuna remora ed alcun freno, non potevo permettermi di averli... eccezion fatta per quella puntina di - forse sciocco - desiderio di tenere in vita Vahram ad ogni costo.
Povera, stupida, Fanie... sempre a cercare di salvare la vita di tutto e di tutti, sempre in prima fila per portare la pace a colpi di spada e di scudo... ma non avrei saputo essere diversa. Non avrei mai voluto.
Non temevo il dolore e non temevo la morte, ma biasimavo me stessa per la debolezza di non aver mai avuto il coraggio per uccidere un amico. I Sussurri avevano davvero ragione su di me, in fin dei conti, dato che la mia strada era lastricata dei corpi di decine di innocenti nonostante tutti i miei sforzi. Sarebbe bastato un solo colpo, una lama fredda e tagliante piantata nella gola, e tutto quell'inferno avrebbe trovato la fine che meritava. Ma io non ci riuscivo, non ancora, ad avere quella scintilla che distingue un folle da un eroe. Il dolore al corpo mi paralizzò per un singolo istante, la testata fece il resto, riversandomi all'indietro con un fiotto cremisi che uscì dalle mie labbra spaccate in due punti. Persi la spada dalle mani a causa dell'impatto, mentre lo sentivo cingere le dita attorno al mio collo con la stessa forza con cui un affamato agguanta l'ultimo pezzo di pane rimasto.
Cercai di divincolarmi dalla presa ma non riuscivo già più a vedere niente a causa della massiccia perdita di sangue. Lo sentivo rabbioso, furente, fuori di se come un cane a cui hanno tolto l'osso... e per un breve istante mi parve di aver vinto qualcosa d'importante, di aver tirato fuori la bestia che si nascondeva con tanta cura dietro a parole vuote frutto di mille menzogne.
Lasciai che le mie ultime energie fiorissero in un collare di petali, allentando appena la presa e garantendomi un secondo respiro prima che tutto tornasse di nuovo soffocante e buio. Serrai le dita con tanta forza che unghie d'acciaio si conficcarono nel pavimento, il dolore e la paura stavano prendendo il sopravvento, potevo sentirlo come un fiume in piena che rovinava giù da una cascata colossale. Sarei morta? Forse, ma non mi importava: cosa era la mia miserabile vita a confronto di quella di tutte le migliaia spente in quella nuova, devastante, guerra?
Sussultai, diventando paonazza in volto, abbastanza da superare persino il sangue. Non lo guardai in faccia, non volevo dargli la soddisfazione di vedermi soffrire come una bestia mentre mi toglieva la vita secondo dopo secondo, si sarebbe dovuto accontentare di un silenzioso singulto involontario causato da un corpo alla disperata ricerca d'aria. Non avrei potuto più fare nulla, né per me stessa né per Vahram. Ogni volta sempre sul filo della morte, sempre più vicina ad un limbo di dolore e dannazione eterna, incapace di vedere oltre i miei limiti, oltre la mia stupidità ed i miei sogni infantili.

Floki, lui si che era stato un eroe per me, chissà se si era sentito così negli ultimi istanti della sua vita, morendo per proteggere qualcuno che non aveva mai visto o conosciuto prima. Lentamente scivolai nell'oblio, dove tutto era nero e calmo, dove il battito sempre più lento del mio cuore mi cullava dolcemente incontro alla mia fine. In quei momenti, tra la vita e la morte, i ricordi mi parevano più vividi, più reali, quasi come fossero visioni distorte di un passato imperfetto, tornate a rendere conto delle proprie azioni ad ogni anima morente.

Ed eccolo, il ricordo più importante di quei giorni, il ricordo che mi aveva convinta ad entrare al seguito di Brumak, a rischiare la mia vita.
Per vedere il mondo da una prospettiva diversa, a volte, è necessario mettersi in ginocchio e, umilmente, guardare in alto. Ed un nano, che a quell'altezza ha sempre vissuto, è in grado di vedere ben oltre la mera apparenza, ben oltre quello che noialtri chiamiamo semplicemente libertà.
Quello che avevo fatto era frutto dell'ennesimo sogno, dell'ennesima speranza, della voglia di continuare a vivere sino a che il sole non avesse deciso di spegnersi, lasciandoci in braccio al caos ed alle tenebre.

Perché avevo fatto tutto ciò che mi era stato chiesto? Perché avevo combattuto tanto a lungo cercando sempre di tenere il morale alto a me e non me sola? Io volevo essere una luce per chi ne avesse mai avuto bisogno, volevo dimostrare a tutti quanti che i sogni non solo cose irrealizzabili chiusi a doppia mandata nello scranno dell'impossibile. Il nostro unico limite è la paura della morte, la paura del dolore, e la consapevolezza di essere forti solo quando i nostri nemici sono più deboli. Siamo sciocchi, noi mortali, ma il nostro spirito è forte come quello di mille divinità.
E quella frase, tanto cara al mio amico nano, mi sovvenne spontanea alle labbra, quasi come un addio ad un mondo che non avevo finito di comprendere.
Con un filo di voce, sussurrando tra la vita e la morte, esiliai le mie ultime parole prima dell'oscurità.
« Se sei c-così arrogante... da... non a-alzare mai... gli occhi... »

[ ... ]

Nergal combatteva come un leone tra i leoni, menando fendenti a destra e manca, macinando scheletri e dimenandosi in mezzo ad una polvere d'ossa sottile. E mentre andava per la sabbia urlando e gridando, ricordava a se stesso ed ai fratelli le uniche parole importanti nella vita di un uomo.
« ...non vedrai mai la luce del sole splendere sul tuo viso. LIBERTA'! »

Libertà.
Ecco per cosa morire oggi.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia 1 Tattica
CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza 1 Intuito
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Basso (Contusione alla coscia) Medio (Da taglio, Volto) Basso (Lacerazione da proiettile, volto) Basso (autoinflitto al braccio sinistro) Medio (da corrosione) Critico (Da asfissia) [Totale: Mortale - Basso (Rimane un singolo basso di salute.) - Coma -]
Stato Psicologico: Medio (Visione)
Stato Emotivo: Coma.
Energia: 50% -> - 40% (Critico) = 10% (Svenimento)

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Impugnato]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Caduta]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Claws. Guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossati]
~ Aicheamhail. Corazza di fattura elfica, pesante, completa. (artefatto)[Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.
~ Memento Vitae. Auspex passivo di individuazione forme di vita.

Attive in uso:
» ~ Voorum.
Manipolare, plasmare gli elementi, danzare al chiaro di luna con gli stormi di corvi cullanti dal canto tetro dei gufi o fissare la propria anima volare in cielo nelle giornate di sole splendente, sono tutte parti inscindibili del medesimo insieme. La capacità di piegare la natura al proprio volere è qualcosa che si acquisisce con anni ed anni di praticantato, spesso affidandosi a maestri degni di tale nome che istruiscono giorno e notte in questa o quell'arte. E poi c'è un secondo gruppo di individui, nati sotto il segno della speranza e benedetti dalle labbra di madre natura, che non necessitano di piegare la natura per ottenere qualcosa... devono solamente chiederla e, se il loro animo è puro e l'intento nobile, ella li ascolterà come una madre amorevole che accontenta il figlio triste. E che mai si dica che i petali di una rosa non possono nuocere a nessuno, giacché poteri superiori alla nostra concezione sono sempre pronti a smentirci, spesso con grande dolore. Fanie è capace di attingere a poteri incredibili, richiamando ed evocando alberi, petali, rami e foreste per farsi da scudo contro qualsiasi amenità. Queste non sono piante comuni ma vere e proprie piante di pietra dure come l'acciaio e dal colore grigio pallido. Esse non sono piante morte, sono solo addormentate e ripiene di una vita cristallizzata che sfugge alle menti più deboli ed incapaci di comprenderla. Le foglie di queste piante hanno bordi taglienti come rasoi, e sottili come un foglio di carta, in grado di perforare, tagliare e distruggere qualsiasi cosa si frapponga tra la giovane guaritrice ed il suo obiettivo. [Abilità offensiva e difensiva a consumo Variabile Critico.][2/10] Questa capacità prende il nome di boccioli di pietra ed è uno dei rituali unici scoperti da Fanie nel suo lungo praticantato in solitaria.

Note:
Posto relativamente breve ma che mi ha toccata molto nel profondo. Fanie non può difendersi dal medio psionico (altrimenti morirebbe per assenza d'energia) e poi cerca di attenuare il mortale con un collare di petali di roccia a critico (esaurendo le mie energie altrimenti sarei morta all'istante). Ovviamente la combinazione di ferite allucinanti ed il raggiungimento del 10% di energie, mi portano al coma dopo pochi istanti.
In conclusione sono felice di aver potuto finire il duello, la storia sviluppata dietro mia ha entusiasmata molto e, anche se mi aspettavo un finale diverso, tutto questo non farà altro che rafforzare Fanie e darmi altri spunti per il gioco in futuro.
Ho voluto dare un tocco molto poetico al post e spero che sia apprezzabile come cosa, buona lettura e grazie a tutti coloro che si sono presi la briga di leggere il duello imbastito da me e da Orto33, che ringrazio.
See ya on the other side, mon!
 
Top
view post Posted on 22/5/2014, 21:54

Esperto
······

Group:
Member
Posts:
4,537
Location:
Oltre la Barriera.

Status:


Orto33

» Scrittura: Devo ammettere che ti sei rivelato una grandissima sorpresa. Non avevo mai letto nulla di tuo e non sapevo cosa aspettarmi; già dalle prime righe del tuo primo post, però, si denota il tuo talento. Fai infatti uso di uno stile ottimo, che mescola un lessico raffinato (anche se in alcuni tratti forse un po' troppo pomposo) con una narrazione fluida, semplice e diretta. L'unione di questi due elementi apparentemente contrastanti genera il piacevole effetto di tematiche lineari descritte straordinariamente bene. Sullo stile ho veramente poco da suggerire, quindi; l'unica cosa che mi sento di consigliarti è accorciare un poco i post (che risultano molto lunghi), specialmente quando sono in gran parte introspettivi come il secondo attivo. Le tematiche dei tuoi post non sono particolarmente originali o profonde (tranne che in alcuni momenti) e ciò costituisce sia il tuo punto di forza (come detto in precedenza), sia il tuo punto debole: il testo è scritto straordinariamente bene poiché non affronta concetti troppo complessi; mi piacerebbe vederti all'opera anche su trame o filosofie meno lineari.
Di tutto il narrato ho apprezzato soprattutto il corpo e la struttura particolare: l'idea di costituire un duello "in corsa" mi ha catturato fin da subito e ha reso l'azione molto più dinamica, così come tutti gli altri elementi concordati tra te e il tuo avversario (l'attacco, l'inseguimento, etc.). Tutto il testo è incentivato dai continui salti nella narrazione, sia temporali che di luogo, che di protagonista; tutti molto affascinanti e per nulla pesanti. Sinceramente sono rimasto un po' deluso quando il tuo personaggio ha smesso di fuggire e ha trasformato il duello in una schermaglia più classica, privandolo di quel fascino aggiunto: l'ho trovata una scelta narrativa infelice.
Un consiglio sincero che voglio farti è quello di adottare un layout più classico. Naturalmente questo non inficia sulla tua valutazione in alcun modo, ma il continuo utilizzo di paragrafi separati, l'intestazione che occupa solo metà della pagina e le scritte a volte ingombranti danno ai tuoi post un'idea di pesantezza che potrebbe condurre in errore il lettore.
» Voto: 8,50

» Strategia: Il tuo alto voto in questo campo dipende più che altro dai demeriti del tuo avversario piuttosto che da tuoi virtuosismi, ma iniziamo da quest'ultimi: innanzitutto ho apprezzato l'idea di occupare due slot tecnica e compiere almeno un attacco fisico in ciascun turno (quando possibile); in secondo luogo la volontà di accompagnare a questa serie di attacchi già di per sé completa un qualche tipo di virtuosismo, come l'utilizzo del fumogeno o lo sputo di sangue (che è proprio quel genere di cose che adoro). Il tuo pregio più grande, però, è stato senza dubbio quello di saper rispondere in maniera migliore alla strategia fallace del tuo avversario: Fanie si scava la fossa da sola con difese a metà e attacchi ad area e tu, come in un'abile partita a scacchi, la conduci su un percorso che la conduce all'inevitabile sconfitta; lo scacco matto costituito ovviamente dal mortale nell'ultimo turno, dal quale Fanie non avrebbe potuto difendersi completamente a meno di morire per mancanze di energie. Superbo.
Naturalmente anche tu non esci indenne dal duello e, a livello puramente strategico, utilizzare una tecnica di distruzione dell'arma contro un personaggio dotato di un oggetto in grado di ripristinarla è stato un po' un buco nell'acqua. D'altra parte se Vahram fosse stato a conoscenza di ciò sarebbe senza dubbio andato incontro ad un grave errore di metagame, quindi questa è solamente una minuzia.
» Voto: 8,50

» Sportività: Qui arriva la nota dolente. Sinceramente ho trovato molto spiacevole dover dare ad un giocatore talentuoso come te una valutazione bassa in questo campo, ma il continuo accumulare di piccoli errori l'ha fatta precipitare rovinosamente. L'unica cosa che posso fare è segnalarti ciascuna di queste piccolezze in modo che tu non le ripeta nei tuoi futuri duelli.
Innanzitutto, i ritardi: nonostante i giorni di "vacanza", accumuli una certa dose di ritardo. Prendersi i propri giorni per scrivere è saggio, ma non è carino quando costringi il tuo avversario a scrivere i post il più velocemente possibile pur di concludere il duello entro i tempi. Questo è senza dubbio il tuo errore più evidente, insieme alla grossolana modifica del penultimo post di combattimento: nonostante io creda assolutamente che si sia trattato di un errore, capisci bene che un utente qualsiasi potrebbe modificare i propri post dopo le risposte avversarie per inserire sottigliezze, attacchi in più, o addirittura modificare le proprie azioni. Da che ho potuto percepire non è il tuo caso, ma non posso semplicemente soprassedere.
Il terzo errore è stato quello di utilizzare una tecnica di potenza Mortale: c'è un motivo se tecniche con questo consumo non sono presenti nel regolamento, ed è per scoraggiare il loro utilizzo, visto e considerato l'utilizzo che ne fanno spesso gli utenti. Una tecnica di potenza Mortale spesso pone l'avversario ad un'impasse, poiché non esistono difese adeguate; dovrebbe essere quindi utilizzata solo in momenti di estrema necessità, concordati o scenici - tu la usi invece con scopo puramente offensivo: strategia superba, sportività un po' meno, considerando che il tuo avversario non aveva modo di difendersene completamente. In questo caso non è stato un errore gravissimo, ma prendi per esempio una situazione in cui Fanie non avrebbe avuto abbastanza energia da lanciare una difesa Critica - in tale situazione il tuo attacco sarebbe stato paragonabile ad una sentenza di morte pressoché autoconclusiva.
Ad aggiungersi a queste tre grandi note, vi è un'ulteriore inezia: nel primo post di combattimento fai cadere un lampadario su Fanie e lo consideri un attacco fisico. Siccome per farlo hai utilizzato per mezzo una tecnica bassa, però, forse sarebbe stato più appropriato considerare una tecnica bassa anche la caduta del lampadario (trascurabile, considerata la difesa di Fanie).
In conclusione non ritengo il tuo comportamento veramente antisportivo, quanto più una sequenza di sciocchi errori/distrazioni che, purtroppo, non posso ignorare.

» Voto: 5,00



Fanie Elberim

» Scrittura: Avere un giudice che ti legge da tempo potrebbe sembrare una cosa positiva ma, a volte, comporta anche alcuni svantaggi. In questo caso, ad esempio, lo svantaggio principale è costituito dal fatto che in passato ti ho visto scrivere meglio di quanto tu non abbia fatto in questo duello, che mi è parso tu abbia giocato al di sotto delle tue reali capacità (in tutti i campi). Durante tutto il narrato manca quel "non so che" che gli avrebbe fatto fare il salto di qualità, specialmente se paragonato ai post del tuo avversario.
Ho apprezzato molto i continui salti di protagonista da Fanie ai nani, così come anche alcuni piccoli virtuosismi narrativi (ad esempio l'utilizzo splendido che fai del gettone). Il tuo stile è come al solito diretto e privo di errori grammaticali, anche se in questo caso un po' trascinato: è come se tu ti limitassi a descrivere tutto ciò che accade senza reale partecipazione, e senza distaccarti troppo dalle normali descrizioni e introspezioni.
Insomma, si può dire che se non ti do più di un voto buono è per le numerose "occasioni narrative sprecate". Leggendo il duello il lettore è portato a chiedersi, ad esempio, quale sequenza di eventi abbia portato Fanie nell'Akeran (che ovviamente non è natia di lì, come tu stessa affermi), oppure che cosa ne pensi di quel territorio, o ancora come viva le differenze fra quella e la sua terra (si dovrebbe sentire stranita, si suppone), oppure ancora che si questioni e preoccupi sulla sorte di Vahram. Tutte cose che fa, ma che vengono solamente accennate: l'intera introspezione viene schiacciata da un odio verso i demoni assoluto e prepotente, che si pone come protagonista dell'intero duello e che, data la natura pacifica di Fanie, da un'impressione stonata e piatta al tutto, nonché ripetitiva: dopo un po' il lettore è quasi portato a saltare alcuni pezzi di narrato, poiché il succitato odio è onnipresente nel duello e non particolarmente coinvolgente. Avrei preferito vederti concentrata su tematiche più originali, complesse ed intense: ad esempio avreste potuto sfruttare la dualità del personaggio di Al Patchouli per non dare immediatamente la risposta sulla possessione con l'utilizzo di un auspex, che ha tolto un sacco di tensione al narrato. Insomma, buono; non di più.

» Voto: 7,50

» Strategia: La strategia è senza dubbio la tua più grossa falla: nel corso di questo duello ti sei letteralmente scavata la fossa da sola, finendo per perderlo sia sul campo di battaglia che non. Passo a valutare i tuoi errori caso per caso.
Innanzitutto il tuo utilizzo del gettone è stato narrativamente parlando molto piacevole, ma strategicamente hai posto una difesa di potenza Media a quello che il tuo avversario ha considerato un attacco fisico, e che al massimo poteva essere considerato una tecnica bassa. Uno spreco del gettone, che avrebbe potuto essere utilizzato in altri modi: in fondo la morte di Brumak poteva essere inscenata con una semplice schivata, o più avanti nel corso del duello. In secondo luogo (ma sempre nel primo turno) abbiamo l'utilizzo di un attacco ad area contro un singolo avversario; posso capire che Fanie fosse accecata dal fumo, ma dispone pur sempre di un Auspex: decidere di non attaccare fisicamente è corretto, utilizzare anche un attacco ad area diventa esagerato e danneggia la tua riserva energetica più dell'avversario.
A proposito di danneggiare la propria riserva energetica, il tuo più grave errore è senza dubbio quello di continuare ad utilizzare "difese a metà" che bloccano solo parte degli attacchi avversari. Così facendo, nel corso del duello continui a bruciare slot tecnica per consumare energia e subire danni. Infatti quando arrivi al termine del duello non hai energie residue e il tuo fisico è in condizioni terribili. Sarebbe stato molto più saggio utilizzare delle difese piene (e non andare in coma al termine del duello) oppure subire i danni pieni (e avere energia a sufficienza per difendersi alla fine, o comunque impiegare gli slot non utilizzati in offesa); così invece finisci per consegnare il duello in mano al tuo avversario, che si limita a seguire il flusso da te creato e che non inverti mai. Di fatto utilizzi la maggior parte delle tecniche a tua disposizione per difenderti, e anche quando le impieghi offensivamente non costituiscono mai una reale minaccia per il tuo avversario.

» Voto: 5,00

» Sportività:Senza dubbio il tuo punto forte, specialmente nel corso di questo duello. Segui le regole con grande precisione e non ti scandalizzi davanti agli errori del tuo avversario, che accogli invece con comprensione. Soprattutto ho apprezzato il tuo grande impegno nel postare il prima possibile dopo il tuo avversario, date le sue abitudini da "ritardatario". Sei sempre precisa e corretta con il tuo avversario e non compi niente fuori dall'ordinario. Buono.

» Voto: 7,50



Media Orto33: 7,33

Media Fanie Elberim.: 6,66

Vincitore: Orto33
Orto33 ottiene un punto promozione per l'energia rossa e 730 Gold
Fanie Elberim ottiene 330 gold.


Il vincitore ha diritto ad un post autoconclusivo, senza possibilità di uccidere l'avversario o compiere alcuna azione violenta.

Giudice: Ray

 
Top
11 replies since 5/4/2014, 10:55   926 views
  Share