Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Oracolo, Contest di Aprile "Devozione"

« Older   Newer »
  Share  
Ashel
view post Posted on 22/4/2014, 20:59





"Conosco il numero dei granelli di sabbia e l'estensione del mare;
Capisco i sordomuti e sento le parole di chi è senza favella."



Una brezza piacevole accarezzava i capelli biondissimi della giovane, alla luce primaverile del sole mattutino assumevano meravigliosi quanto rarissimi riflessi dorati.
Da quella posizione la Vergine poteva facilmente scrutare il cielo fuori dalla finestra ovale dei suoi appartamenti; aveva chiesto che il tavolo a cui mangiava fosse posto in modo che potesse vedere, appena sveglia, il cielo della città nuova e i tetti rossi delle sue case e dei suoi palazzi.
Amava perdersi tra i suoi pensieri mentre gli eunuchi, intorno a lei, si affaccendavano per servirle la colazione. Spesso con la mente seguiva le nuvole che di tanto in tanto si affacciavano alla sua finestra. Forse in cuor suo avrebbe tanto desiderato fare come loro, giungere in luoghi lontani senza fatica e senza obblighi.
Quel giorno aveva chiesto espressamente di non essere disturbata. L’ala in cui si trovavano i suoi appartamenti era la più silenziosa, eppure in certe occasioni le pareva che non vi fosse abbastanza quiete per non essere distratta dalle preoccupazioni mondane.
Nicarsius, l’unico a cui fosse permesso di avvicinarla e di servirla nei giorni in cui era indisposta, era sempre docile e silenzioso, cauto nei movimenti e soprattutto discreto.
Lo amava particolarmente, tra i suoi eunuchi, per tutte quelle qualità che in lui spiccavano più che negli altri. Qualità senz’altro alimentate dal suo stato di mutismo.
Inappetente, si limitò a fare un cenno perché egli la aiutasse ad alzarsi. Non voleva mangiare nulla, desiderava solo dormire.
Ma sapeva che non le sarebbe stato possibile. A dispetto delle sue condizioni avrebbe dovuto raggiungere la Madre che l’attendeva al Tempio, come concordato.
Quella prospettiva le suscitò un violento conato di vomito, che represse a fatica mentre lasciava che il suo servo, dalle mani gentili e morbide, la spogliasse con cura; il suo corpo dalla pelle bianchissima, snello e longilineo, forse fin troppo magro per una donna della sua età, contrastava con la pelle color mogano dell’eunuco, egualmente liscia e curata.
Mentre si faceva guidare da lui attraverso i corridoi, camminando con passo lentissimo e studiatamente cadenzato, la sua mente si lasciava trascinare dai più vari pensieri.
Aveva l’impressione che tutto, all’esterno, tentasse di aggredirla. La aggredivano le fronde degli alberi scosse dal vento, il vociare sommesso delle Novizie che si scansavano referenti al suo passaggio; la aggredivano i rumori del mondo, i suoi stessi passi che si perdevano nei corridoi di marmo gelido, e quelli, più sicuri, di Nicarsius davanti a lei.
Ogni suono riecheggiava nella sua testa con la potenza di mille cannoni.
Avrebbe preferito dormire, rimanere sola. Ma tutti l’attorniavano, tutti la infastidivano.
Eppure, nessuno osava avvicinarla. Le vesti di seta, leggere ed eteree sul suo corpo color del latte, seguivano ogni suo movimento e parevano fatte di luce mattutina. Il suo viso incorniciato dai capelli biondi, contraddistinto da un particolare pallore, non tradiva alcuna espressione, non sembrava turbato da alcuna emozione umana.
Doveva apparire simile a una divinità agli occhi di chi la guardava. Ogni gesto ridotto all’essenziale, due occhi di un azzurro rarissimo - a tratti inquietante - che potevano penetrare qualunque sguardo osasse fermarsi su di lei, e poi quell’andamento lento, leggero, quasi che ella non calpestasse il terreno ma vi levitasse come per magia, come se non osasse compromettersi con le impurità mondane.
Ma in verità il suo cuore era scosso da molte preoccupazioni.
Ogni tanto i ricordi della sua vita passata riaffioravano all’improvviso, ridestati da un odore o da una circostanza particolare. Frammenti di una vita che un tempo aveva preferito dimenticare, lasciarsi alle spalle per sempre... Ma ora che era una Vergine, quella vita le provocava inspiegabilmente una sorta di nostaglia.
Si trattava di null’altro che qualche ricordo vago, non permetteva mai alla memoria di varcare i confini che aveva stabilito lei stessa. Era stata addestrata per controllare la sua mente, le sue emozioni, per domare i ricordi, i rimpianti, persino i desideri.
Le avevano insegnato a non pensare più come tutte le creature erano indotte a fare normalmente. Nella vita di una Vergine, specie se nella sua condizione, non c’era spazio per quel genere di turbamenti.
Aveva fatto un voto, un voto di obbedienza. La purezza del suo animo non poteva essere contaminata dai retaggi di una vita che non aveva scelto, ma che le era stata imposta suo malgrado. Ora che era stata purificata, era anche libera. Lei lo sapeva, intimamente sapeva che era questa la verità. Così le avevano detto, così le avevano insegnato.
Era libera, libera solo in quel suo stato di astrazione dal mondo, che perseguiva di giorno in giorno nel tentativo di conservare quella sua purezza che le Madri le avevano concesso di raggiungere nonostante il suo passato, nonostante la sua innocenza perduta per mano della civiltà barbarica in cui era nata.
Lei era libera, poiché il suo sguardo poteva giungere ben più lontano dei comuni individui che la circondavano. Aveva un dono, un dono rarissimo quanto prezioso. E T'al misericordioso le aveva concesso, a dispetto del suo passato impuro, di portare nel mondo il suo Verbo.
E così lei vedeva, riferiva la volontà del suo dio così come Egli aveva desiderato.
Questo le avevano detto, questo le avevano insegnato.
La testa le doleva ancora e mentre saliva la scalinata che conduceva all'ingresso laterale del Tempio ebbe le vertigini. Nicarsius la sostenne ad ogni passo, senza lasciarla mai. Che cosa avrebbe fatto senza di lui?
Pensò che forse quell'infuso che aveva preso appena sveglia non le aveva fatto bene. Ma non aveva scelta, lo sapeva. Ogni mattina aveva necessità di purificarsi, realizzando così ogni nuovo giorno la rinascita del corpo e dello spirito. Doveva essere pura, come se fosse appena venuta al mondo, quando prestava se stessa al suo dio.
Entrambi furono avvolti dall'oscurità. La voce sommessa dei servitori giungeva da una sala attigua in cui entrarono subito dopo. La luce delle candele investì la giovane Vestale ferendole gli occhi.

- Silene, siete arrivata.

Zelante come sempre, Nicarsius aiutò la Vergine a sedersi. Erano nel cuore del Tempio, un luogo sacro a T'al costruito innumerevoli secoli prima; le sue origini si perdevano nella somma degli anni che componevano la storia del Mondo e nessuno ne ricordava con certezza la fondazione.
La sala era fredda, l'aria quasi gelida. La Vergine era scossa da profondi brividi e presto cominciò ad agitarsi.

- E' quasi pronta.

Un sussurro, nient'altro. La voce della Madre le giunse così, lontana, retaggio di una mondanità di cui non faceva più parte da quando aveva varcato le soglie del luogo sacro al suo dio.
L'anziana donna ordinò qualcosa agli eunuchi presenti, che subito si affaccendarono intorno a lei obbedienti e silenziosi.
Silene strinse la mano di Nicarsius, ma questo presto si allontanò così che ella non potesse più trovare il conforto del suo tocco leggero e accogliente.
Di nuovo la svestirono, la purificarono con acqua gelata e di nuovo le accostarono alla bocca una coppa da cui bevve senza dire nulla.
Il liquido caldo le scese lungo lo stomaco e le bruciò le interiora.
Sentì le braccia e le gambe molli, come se il suo corpo non fosse più in grado di sorreggere se stesso, e tutto, intorno a lei, si mescolò in un vortice caotico in cui nulla aveva più senso.

- Silene, siete pronta.

Silene, Colei che Risponde.
Perché lei rispondeva sempre alle domande che le venivano poste e parlava per intercessione del suo dio.
A quel punto, fu lasciata sola. Ripetendo ciò che aveva fatto talmente tante volte da non ricordarsene più il numero, la Vergine avanzò, insicura come una cerbiatta appena nata, lungo il corridoio buio. Le sue braccia cercavano le pareti per sostenerla o sarebbe senz'altro caduta a terra.
Poi, un'altra sala, antistante il Tempio, la accolse.
Nessuno, eccetto lei e le Madri tra le più pure, potevano entrarvi. Esalò profumi antichi, sacri come il dio al quale era devota.
Incensi, erbe che odoravano di terra, radici amare bruciavano al centro della sala, penetrando nelle sue narici con una violenza che non riusciva mai a controllare.
Nessuno osò toccarla. Vaneggiava, si esprimeva con parole prive di significato, talvolta in una lingua di cui molti negavano l'esistenza.
Un tempo indefinito la trattenne lì, nell'ombelico del Mondo. Finì quasi per riaversi, ma non si trattava che di un vago, illusorio momento in cui la sua mente si ristabilizzava quanto bastava per permetterle di parlare per bocca del dio al quale aveva promesso una assoluta, ineguagliabile devozione.
Le Madri non sapevano che era in quei momenti che i frammenti della sua vita riemergevano con particolare intensità. Non potevano sapere che era allora che alla sua mente si affacciavano le visioni, forse in parte fallaci, di un passato che aveva provato in tutti i modi ad espiare.
Nomi di persone che conosceva, i molti figli che avrebbe potuto mettere al mondo, i ricordi di un'infanzia ormai lontana nel tempo e nella memoria. Viaggi attraverso i deserti, amori giovanili, amicizie infrante, una somma indefinita di delusioni per il mondo in cui era nata.
Poi, il sapore delle more che raccoglieva sempre tra i rovi, la loro asprezza che insisteva a lungo nella sua bocca e poi svaniva, lasciandole quella sensazione di precarietà che aveva contraddistinto tutta la sua esistenza.
Quando Silene camminò per giungere quindi all'altare, gioiva dentro di sé perché poteva recuperare i ricordi che i lunghi mesi di condizionamento avevano provato ad estirpare dal suo animo.
Una folla di persone che non poteva riconoscere giaceva ai piedi dell'altare, una piattaforma sopraelevata e illuminata studiatamente perché il suo viso, sconvolto dalle sostanze allucinogene che aveva assunto, non risultasse che solo vagamente riconoscibile.
Era in quei momenti che si domandava se nessuno di loro, sotto di lei, sapesse che stavano ascoltando il responso di una puttana.
Ma poi prendeva le foglie dalla brocca che il più puro tra gli eunuchi le porgeva e quando le masticava tutto di sé si perdeva inevitabilmente.
Era allora che poteva sentire. Il distacco dal mondo era totale, il suo corpo si adagiava a un tripode che la sosteneva appena, e, bianchissima ed esangue, con la sua bocca pronunciava sussurri e parole che solo le Madri potevano comprendere e decifrare.
Il delirio mistico dell'Oracolo, che tutto conosceva in numero e in estensione, illuminato dal sapere senza eguali di T'al il rigoroso, veniva così offerto ai credenti che erano ammessi alla sua presenza.
Quando le allucinazioni le impedivano di pronunciare ciò che le era stato indicato, erano le Madri che si preoccupavano di dare il giusto responso. Lei non doveva temere nulla.
Il suo compito era solo illuminare con le sue sacre parole quel mondo precipitato nel caos.
Qualcosa di lei rimaneva, nel suo inconscio, quasi sempre vigile. E quella parte di lei assisteva sorniona a quello spettacolo, quasi potesse vedersi dall'esterno mentre faceva ciò per cui era stata raccolta dalle strade della città vecchia.
Diffondere la Parola, farla conoscere al popolo. Alimentarne la devozione.
Protrarne l'inganno.



Grazie per la lettura! :)
Ho colto l'occasione per introdurre le sorti del png più importante per il background di Astrid, presentato nell'ultimo contest.
Nel testo sono presenti alcuni riferimenti, più o meno diretti, che si riallacciano alla breve presentazione del personaggio offerta la volta scorsa.
Ringrazio Zaide per avermi introdotta e guidata nel mondo delle Vestali!^^
 
Top
0 replies since 22/4/2014, 20:59   66 views
  Share