| Vorgas |
| | Che il vecchio avesse sbagliato? Che gli avesse affidato una missione senza pensare alle conseguenze? Eden, ??? Villaggio di poche anime ai confini con l'abisso Jethro strinse la mano con vigore, le lunghe linee nere su di essa sembrarono stringersi ancor sulle carni. Il serpeggiare delle ombre sembrò segnare la pelle, quasi sentì la pressione dei lacci intorpidirgli il braccio. Occhi fissi sull’anello ma senza guardarlo, lo sguardo vagava nei pensieri più oscuri e di complotto, vergognandosi di voler vedere il torbido in una persona tanto cara.Che Abel l’avesse fatto apposta? Si morse la lingua, nulla sentì, se non il lento riempirsi della sua bocca di liquido caldo. Sputò con disprezzo sulla terra ghiacciata, saliva tinta d’un sangue vivo che ancor più sprofondò Jethro in ricordi terrificanti. Quello era il suo sangue, ma quello di quanti altri aveva bevuto? Il solo pensiero fece cadere l’acrobata in un antro nero e buio, frammenti di ricordi riemersero come cadaveri sul fiume. Urla, dolore, morte, il tutto macchiato da una rossa traccia che bagnava ogni uomo che compariva alla sua mente. Nessun sopravvissuto, nessun salvato, tutti travolti da quell’inesorabile massacro che ad ogni suo passo si compiva. Ma non paura o disperazione colpirono il giovane, lentamente seppur senza accorgersene si stava abituando a quelle visioni strazianti. Ancora forti erano le emozioni generate da esse, ma stavolta fu la rabbia a prendere il sopravvento.«Porco sia tu, dannato sia io!» Imprecò ad alta voce sicuro di non esser sentito. Si trovava poco fuori dal villaggio e decideva la sua destinazione. Ma quei pensieri lo opprimevano lasciando che la scelta diventasse secondaria. Lo sguardo rivolto al cielo cercava risposte, inutili considerato che Jethro non credeva in nessun dio. «Deve essere proprio importante per inveire contro il suo dio» Una voce ruppe il frastuono di pensieri, una voce candida e calda eppur maschia e decisa. La voce d’un angelo. «Oppure tanto male deve avervi fatto da esser giustificata la bestemmia» Jethro volse lo sguardo preso alla sprovvista, davanti a lui un giovane di bell’aspetto stava fermo sorridendo. Lineamenti sottili e perfetti, disegnavano il volto d’una creatura all’apparenza divina, impostata e proporzionata sino alla perfezione. Occhio d’un celeste liquido, brillante come l’acqua delle sorgenti più pure. L’acrobata si meravigliò di quel ragazzo, il suo corpo sicuramente esile, era coperto da una larga veste bianca, ornata sulle spalle da un tessuto azzurro di povera seta. Il crine lungo argenteo era ordinato in due lunghe code ornate, nascoste quasi per intero nella veste dando l’apparenza di una capigliatura corta.«Mi perdoni se le ho arrecato fastidio, non era mia intenzione pensavo d’esser solo» Rispose ricomponendosi Jethro, accortosi dello sguardo inebetito. Si tirò in piedi chinando il capo dispiaciuto. Nonostante questo, sentì che davanti a quella figura la sua “piccola umiliazione” non avrebbe generato pregiudizi, il suo sguardo tranquillo e magno, fece alzare subito il capo senza continuare oltre com’era solito. «Credi poco nei poteri degli dei, essi possono vedere anche quando stiamo defecando» Il ragazzo cominciò a ridere e Jethro non poté far altro che seguirlo in quel capitolare comico. «Vorrà dire che cercherò sempre di farlo in una stalla, così non riusciranno a vedermi bene» La risata si fece più grossa da parte di entrambi. Quelle poche parole dette tra i due bastarono per portare un sorriso nei più bui pensieri del giovane. Il carattere di Jethro era già molto espansivo di suo, ma davanti a quello che poteva esser suo coetaneo, provò uno strano senso di benessere, come se lo conoscesse da tempo pur non sapendo nulla di lui. «E comunque nessun dio starebbe ad ascoltare uno sciagurato come me, per questo me la prendevo con il destino e non con gli dei» La risata si esaurì senza però far perdere il sorriso ad entrambi, lo straniero osservò il ragazzo ascoltando l’ultima frase. Nonostante l’allegria predominante, si poté vedere una certa serietà nell’ascolto dello straniero. «Amico mio, gli dei ascoltano ogni persona che desta loro interesse e credi a me, gli sciagurati sono i loro preferiti. Questi infatti amano intrattenersi guardando scene delle vite mortali, tanto piccole per loro ma allo stesso tempo tanto intense da intrattenere le loro vite immortali.» Il tono acquistò una sorta d’imperioso timbro. Il giovane candido doveva essere un predicatore o qualcosa del genere, pensò Jethro. Molti se ne vedevano in giro per le città e fin troppi cercavano di veder fede per l’oro. Che fosse uno di questi? Il sospetto s’insinuò nell’acrobata che, nonostante sentisse di potersi fidare dell’uomo, cercò conferma. «Se ascoltano le mie sciagure allora perché non vi pongono rimedio? Perché tanto son grandi da non ascoltare il mio pregare?» Punzecchiò volutamente l’argomento, se il giovane fosse sbottato o avesse continuato la sua retorica clericale, Jethro avrebbe compreso che davanti a lui stava un Invasato. L’argenteo sorrise alle affermazioni del giovane, mostrando sicurezza. «Gli dei sono soltanto serviti a crear ogni cosa che vedi, il loro compito era unicamente quello e per questo dobbiamo esser grati» L’acrobata sorrise, proprio la risposta che pensava di sentire da un ciarlatano. «Ma nessun tempio, venerazione o sacrificio servono allo scopo di ringraziare, quelle altro non sono che manifestazioni della supponenza umana che creder di carpire i desideri di un dio. L’unico modo per donar agli dei gratitudine è cogliere tutte le occasioni che questi hanno prestabilito nella costruzione di questa nostra realtà.» Jethro stranì davanti a quella retorica nuova. Nonostante sentisse un vago sentore di raggiro, analizzò le parole del ragazzo e le sue convinzioni si creparono. A fermarlo dal considerarlo un demagogo, fu il sorriso semplice e privo di alcuna nota se non la gentilezza. Ciò che diceva escludeva ogni pratica redditizia della fede lasciando che fosse soltanto il caso a portar la grazia. «Tutto venne già scritto, ma nessuno può interpretare questi caratteri troppo pregni di significato per esser letti. E chiunque si arroghi la capacità di farlo, altro non è che un misero ciarlatano» Il tono calò nell’ultima frase. Gli occhi azzurri del giovane sembrarono gravare su Jethro ma non con arroganza. Essi infatti fissavano un punto vago, imbambolati in pensieri tanto grandi eppur sicuri di veder la verità. «E quindi il nostro incontro è stato voluto dagli dei?»
Disse con una punta d’ironia il giovane, un sorriso stanco solcò il suo volto davanti a quell’ennesima ostentazione del predicatore. Questo non rispose, voltandosi dall’altra parte e cominciando a muoversi. Probabilmente il giovane aveva urtato in qualche maniera un suo precetto, ma non fu un male pensò l’acrobata. «Chissà. Sarei io stesso uno stolto a pensare d’indovinare il volere degli dei. Però una prova tangibile di ciò che dico, la troverete nelle Cascate di Barshit. Li dimora lo spirito d’un Santo che si dice disbrighi ogni nodo della coscienza» «Cascate di Barshit? Non le ho mai sentite.» «Sono nel Samarbethe, dove penso riuscirà a sciogliere tutto il groviglio d’ombra che la avvolge, Jethro»
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Aguasanta La benedizione del Cielo
Lacrima pura, del pianto più giusto, sana il mio corpo immerso nel mosto. Di ebbre promesse sono già balordo, della tua acqua voglio esser ingordo.
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