Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Erdkun ≈ L'assedio di Qashra

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Andre_03
view post Posted on 25/5/2014, 19:37




E r d k u n
« l'assedio di Qashra »


Sull'Akeran spirava un forte e caldo vento di levante.
Non trasportava solo polvere o sabbia: sulle sue ali invisibili sorreggeva speranza, ma anche paura e dubbio. Erano trascorsi molti giorni dall'inizio di quella follia che aveva condotto il popolo nanico ad accarezzare la gloria di una rinnovata libertà, e subito ad annaspare ancora nel sapore amaro della sconfitta. L'Abisso rigurgitava sul mondo sempre più numerosa prole demoniaca e le cosiddette Città Libere parevano sollazzarsi in quell'incertezza, quasi ad augurarsi che le mostruosità giunte dal profondo soverchiassero le genti di ogni dove. Per il profitto. Per il potere. Per la visione egoistica di un mondo a misura d'infame. A Jahrir Gakhoor e i suoi soldati, all'esercito improvvisato che i Nani avevano costituito, non era rimasta che un'opzione: la ritirata.

« A Qashra » aveva detto il condottiero, in un bisbiglio;
« Se dobbiamo perire in quest'impresa, che sia a Qashra. »

E così avvenne.

---

Sull'Akeran spirava un caldo e forte vento di levante.
Sibilava tra le tende e i baraccamenti abbandonati in fretta, tra le miniere di carbone in cui nessuno più lavorava da giorni, tra le dune di un deserto tempestato di impronte ignote e deformi. Era una brezza che alternava impetuosità a momenti di delicatezza, ma che sempre sbatteva sulle mura di Qashra come un'onda sulle inamovibili scogliere di Zar. Quella città era un bastione nel mezzo del nulla: troppo antico per essere vivo, troppo isolato per essere ricordato. Costruita quando ancora i Nani erano infanti disgraziati, in fuga dalla stretta materna dei Maegon, Qashra aveva la tipica architettura ibrida di quel tempo: grandi muraglioni e edifici massicci al di sopra della superficie, intricati labirinti nelle viscere della terra.
Era motivo d'orgoglio e fu teatro di grandi avvenimenti.
Era.
Fu.
Quando Jahrir vi condusse i suoi, Qashra era un ammasso di rovine polverose.
Una città fantasma, l'ideale per gli spettri che i tozzi guerrieri ricordavano. Nei loro volti si era insinuata la paura, e il timore che quel barlume di speranza fosse destinato a estinguersi nella marea nera dell'Abisso. Marcivano in pensieri tetri, marciavano su territori oscuri. Eppure, non erano soli: li avevano raggiunti i raminghi del Nord, burberi e chiassosi nei loro abiti sgargianti; i minatori del Plakard, tutti raggrinziti nei cenci che li coprivano; i pescatori dell'Ovest, più alti del normale "perché mangiare pesce fa bene alle ossa" dicevano; infine, le comunità ghettizzate di ogni città, sobborgo o rifugio che esistesse sul continente. Tutti i Nani in grado di combattere per la causa comune erano lì, a Qashra.
Chiusi in trappola come topi.

« Sono troppi » vociò Rongor il rozzo, capo dei nomadi dell'Orbrun.
« ...e le mura non reggeranno a lungo. Sì, fratello Rongor. Ce lo ricordi da quattro giorni. »
« Beh, perché è così, Lord Gakhoor: Qashra è una città molto antica, e le mura...insomma, sono mura. » i suoi compari presenti nella stanza annuirono come a suggellare un concetto ben espresso; Jahrir aveva ormai fatto l'abitudine alla claustrofobia dei nomadi. « Sentite: il nemico può superarci per numero, ma possiamo ancora uscirne vincitori. Io-- »
« LORD GAKHOOR! LORD GAKHOOR, PRESTO!! »

La sentinella in mal arnese aveva fatto irruzione nel salone principale.
Dall'aspetto trafelato e dal tono decisamente fuori di sé, tutti compresero che non recava affatto buone notizie. Corse a perdifiato fino quasi a inciampare sui gradini che portavano al fu trono di Qashra. Tra i colonnati di marmo lucido decorato d'oro, calò il silenzio. Le espressioni s'erano fatte dure, preoccupate, tese. Sguardi colmi di terrore si incrociavano e poi sfuggivano gli uni agli altri.

Jahrir discese le tre scale marmoree e apostrofò con calma la guardia:
« Che succede? »
L'armigero deglutì. « I demoni-- »
« Arrivano i demoni! »
Brusio, altra paura.
Incertezza.
« Tra loro vi è...una cosa » tremò, pavido
« Dovete venire a vederla, mio signore. »

---

Le orde dell'Abisso si rovesciavano l'una sull'altra nel tentativo di raggiungere Qashra.
Zanne, tentacoli, occhi e artigli in un groviglio di corpi che ribolliva come uno sciame inquieto. Erano un'onda pronta a schiantarsi sulle mura della città. Erano molti, ed erano affamati. Erano i figli di Bathos e non si sarebbero fermati mai. La sola vista di quel marasma osceno diede il voltastomaco a molti nani, Jahrir compreso. Ma il capitano della resistenza non si soffermò a lungo su quella nauseabonda sensazione: tra le belve assetate di sangue qualcosa si muoveva in lontananza. Qualcosa di grosso.
Un'ombra, dapprima nascosta nella sabbia del deserto portata dal vento come una coltre giallastra.

« Per gli dèi... »

Il mormorio atterrito del Nano si perse sotto il tuono dei passi di quella creatura infinita.
Tre paia di occhi su una testa a martello, come quella degli squali che dimoravano nell'Oceano; il portamento dell'elefante e la stazza dei colossi leggendari; fauci affilate che si spalancavano di quando in quando per prendere aria - quasi le branchie sui lati del muso non bastassero a riempire gli immensi polmoni. Era un fascio di muscoli grigio e squamoso, così grande da rivaleggiare con le mura stesse per altezza. Quando ruggì, ogni essere sulla piana di Qashra fremette di terrore.




L'assedio di Qashra era cominciato.

---

A Taanach regnava il silenzio.
La guerra era una cosa lontana, estranea alle sale del potere dei Beik, un'astrazione concretizzata solo dai disgraziati e dagli ultimi. Una calda brezza estiva faceva danzare le tende candide che davano sul balcone, e le incensiere rilasciavano nell'aria un profumo dolce e amaro nel contempo. I due uomini seduti a conversare in quel salotto così in alto sopra la città non si erano mai visti prima di allora e non avrebbero mai più scambiato una parola. Era così che si conducevano gli affari a Taanach, da quando il cielo si era sgomberato di quella sozza e scomoda bagnarola volante.

« Sarà dura trovare qualcuno da convincere, vostra signoria. »
Il tono dell'assassino non piaceva a Khevan, ma decise di lasciar correre.
« Non esiste uomo che il denaro non possa comprare, Moras. »
« Occorre molto oro per trovare un folle disposto-- »
« Le finanze non sono un problema, assassino » sputò quell'appellativo senza rispetto. Moras se ne avvide, ed ebbe il buon senso di stare zitto: « Quale che sia il prezzo, gli ordini del mio signore sono insindacabili e perentori. »
Prese un sorso di vino speziato dal calice che teneva nella mano destra.
I suoi molti gioielli brillarono nella luce del meriggio.
« Ora vai. Abbiamo indugiato fin troppo a lungo. »
Mentre il mercenario si prodigava in un inchino e faceva per abbandonare le stanze,
Khevan aggiunse con un tono deliziato:
« È tempo che questo Jahrir Gakhoor venga deposto per sempre. »

CITAZIONE
Erdkun ≈ « L'assedio di Qashra »
Benvenuti al secondo turno di Erdkun.
Sono trascorsi diversi giorni dagli avvenimenti narrati nella prima fase. La regione è piombata nel caos: i Demoni impazzano ovunque, mietendo innumerevoli vittime tra la popolazione. Mentre in ciascuna delle Città Libere si decide una condotta differente, i Nani si rifugiano nell'ancestrale roccaforte di Qashra, situata nel Plakard. Il baluardo è ciò che resta di un insediamento dimenticato e un tempo splendido, che mostra ancora sprazzi dell'antica bellezza. Molti gruppi si uniscono ai minatori e agli oppressi: i Nani girovaghi e chiassosi che ricordano i gitani dell'est, i pescatori tozzi e abbronzati che vengono da occidente e svariate comunità provenienti da città e sobborghi vari, tutti accorsi per unire le forze sotto un unico stendardo per la prima volta nella loro travagliata storia.

---

Le Furie dell'Abisso

La prole demoniaca è come una macchia di pece che si espande senza sosta su tutto l'Akerat. Essendo la legge del più forte a governare questa massa informe di bestie, voi vi ergete senza difficoltà tra loro come dei comandanti o dei padroni. Ben presto venite a sapere che Jahrir Gakhoor intende rifugiarsi col suo improvvisato esercito in una città nota come Qashra, nel Plakard, e che le Furie stanno preparando un assedio in grande stile. Per superare la resistenza delle mura dovrete però riuscire a domare il più grande demone che sia emerso dalle profondità dell'Abisso. Avete libertà in termini descrittivi della suddetta belva, e due slot tecnica a disposizione. Non siate autoconclusivi.

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I Baluardi dell'Indipendenza

Nelle sale del potere di Taanach si è deciso che Jahrir vada fermato a tutti i costi, perché questa sommossa dei Nani rischia di sbilanciare gli equilibri politici a sfavore delle Città Libere e dell'incertezza che esse rappresentano. È arrivato un ordine dall'alto: il capitano del popolo nanico deve essere assassinato. Tuttavia è difficile convincere gli Assassini ad accompagnarvi in quest'impresa, perché una volta giunti in prossimità di Qashra ciò che vi si presenta dinnanzi è uno scenario agghiacciante: infinite truppe disorganizzate di demoni d'ogni forma e dimensione, capeggiati da quello che sembra un titano emerso dagli incubi, assediano la città - che appare ciononostante impenetrabile. I mercenari si fanno dubbiosi e a voi spetta il compito di convincerli a combattere, penetrando nel cuore della roccaforte dai tunnel dimenticati che portano dentro e fuori le mura. Siete liberi di descrivere i PnG vostri alleati e le circostanze come preferite. Potete avvalervi di due slot tecnica per svolgere questo compito, ma senza essere autoconclusivi.

---

I Figli della Terra

Come altri simpatizzanti della causa dei Nani, siete stati accolti tra le fila dell'esercito a prescindere da quale sia la vostra razza. Insieme alle truppe di Jahrir, avete raggiunto Qashra da qualche giorno e vi trovate ora sotto assedio. Alcuni Nani stanno cercando di riattivare una imponente balista di bronzo (unica ancora utilizzabile delle quattro disposte sulla murata frontale della città) con cui cercare di sbaragliare il più alto numero possibile di demoni. A voi spetta il compito di aiutarli nell'impresa con il vostro ingegno e le vostre abilità: siete liberi di descrivere l'arma come più ritenete opportuno, in accordo con le circostanze e l'ambientazione proposte. Avete a disposizione due slot tecnica ciascuno, come da norma. Non siate autoconclusivi nel definire l'esito delle vostre azioni.


Avete tutti cinque (5) giorni per rispondere. Potete organizzarvi tra voi e collaborare, se lo ritenete necessario.

Il turno termina alle 23:00 di Venerdì 30 Maggio 2014.
 
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Fanie Elberim
view post Posted on 28/5/2014, 02:01





E r d k u n ~ L'assedio di Qashra


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Dal cuore del deserto, alle antiche città,
andiamo noi marciando a ricostruire la civiltà.
Contro il tempo e contro l'ardore,
reagimmo alfine al gran dolore.

Potrai anche cadere, sbattendo il grugno,
ferito mortalmente da quell'unico, brutale, pugno.
ma rialzati e rialzati una volta ancora,
perchè dei nani è giunta l'ora.


Due giorni dopo la ritirata dalla Perla.


La ripeteva Nergal, per tenermi compagnia e non lasciare che mi addormentassi per sempre, mentre lottavo tra la vita e la morte nelle lunghe ore dopo la lotta a Ur'Lachesh. Non importa degli artefatti, continuava a dirmi, l'importante è che non siamo morti tutti quanti in quell'incubo.
Se mio padre ti ha salvato vuol dire che ha visto in te qualcosa che va ben oltre l'aspetto fisico e le tue potenzialità.
Ma non potevo fare a meno di chiedermi se non fossi stata troppo indulgente, troppo sciocca, troppo debole per assumermi la responsabilità di sopravvivere a così tante disgrazie e tante morti. Stavamo andando a Quashra, perché la guerra era sull'orlo del baratro, dove i baluardi della libertà si sarebbero riuniti per sopravvivere alla distruzione totale.
Avrei dovuto sperare nel meglio, avrei dovuto alzarmi claudicante da quel carro e camminare fianco a fianco ai nani che marciavano silenziosi e assorti nei propri pensieri, perché quello era il mio posto. Che senso aveva proteggere Basiledra, proteggere gli uomini, se quando il male si alzava come un titano tra le genti nessuno muoveva un muscolo per fermarlo?
Tirandomi a sedere, con una fitta abbastanza forte al fianco fasciato e la gola ancora tumefatta dai lividi per le ferite, vidi le imponenti mura dell'ultimo bastione dei nani svettare tra i deserti, come un faro nell'oscurità.
E sfidando le insicure gambe mi tirai in piedi per omaggiare, anche solo con uno sguardo tremante e lucido d'emozione, una città persa nel tempo.
Quashra l'ultima speranza.

[ ... ]


Ventiquattro ore prima dell'assedio.


« ...ed è così che mi ritrovo questi sul collo. » dissi spostando appena le fasce per mostrare a Kirin i segni, meno visibili ma pur sempre presenti, dello scontro con Vahram. I raminghi avevano portato medicine molto rare dai monti, alcune delle quali mi avevano permesso di tornare in piedi relativamente presto, almeno rispetto alla quantità di ferite che mi erano state inflitte, ed allora più che mai mi sentivo in dovere di combattere per la causa dei nani, dovendoli anche ripagare per non avermi lasciata morire nelle mani di quel mostro. « Credevo di potermi fidare di lui dopo Lithien ma, a quanto pare, nella vita la fiducia è una cosa che va concessa con la stessa parsimonia con cui si concede la grazia ad un condannato a morte. » sospirai, lievemente affranta per quella situazione.
I nani erano uniti, saldi nello scopo ultimo di sopravvivere, eppure il loro morale lasciava presagire solamente sventura e catastrofe. Poche erano le canzoni intonate alla sera, ancora meno era il desiderio di parlare, di incontrarsi. Lavoravamo tutti quanti: anche io seppur non potendo fare grossi sforzi - i primi giorni - avevo aiutato le donne a cucinare e sistemare gli alloggi per il sempre maggior numero di nani che si univano a noi nella difesa. Qualcuno l'avrebbe potuto trovare degradante, il passaggio da soldato a lavandaia, ma per me era un modo come un altro per aiutare quella gente. E lo sguardo rincuorante delle nane soddisfatte del mio piccolo operato era un grazie più che sufficiente. Quando avevo potuto indossare di nuovo la corazza avevo anche ritrovato Kirin, anche lui reduce dagli scontri sul territorio, raccontandogli ciò che mi era successo alla Perla.
« Io non lo biasimo per ciò che mi ha fatto, lo biasimo per essersi lasciato controllare come una marionetta. » salendo sulle mura, accompagnata dal fulvo demone, vidi che i miei capelli avevano preso nuovamente a fiorire sotto il sole, sintomo di una guarigione pressoché completa. « E' un uomo debole... non so cosa gli abbiano offerto per usarlo a quel modo, magari lo hanno preso e basta... magari ci ha sempre preso in giro e noi, bravi sciocchi, ci siamo fatti abbindolare da qualche cortesia e poche belle parole. »
Arrivati sulla sommità lanciai uno sguardo alla piana silenziosa davanti alla città.
« Ma cosa potevamo aspettarci da uno arrivato col contingente di Taanach? Se fosse per quella gente i nani dovrebbero tornare schiavi... tsk... Città Libere. Come fai a chiamarti Città Libere quando il tuo unico scopo è spadroneggiare sul prossimo!? Chiamati Città Guerreggiante-che-non-capisce-che-i-demoni-sono-il-nemico! »
sbuffai, contrariata.
« E io, povera e stupida elfa, credevo che fossero i Regni ad avere problemi interni... quando qui nessuno sembra curarsi del fatto che c'è un esercito di demoni che non si fermerà a noi, ma si mangerà ogni cosa se non lo fermiamo. E dove sono le truppe di Basiledra? E quelle delle altre città? Non si sa! Non ci sono! »
Con un piccolo calcetto feci rotolare via un sasso, mandandolo ad accumularsi con altri suoi simili ammucchiati e pronti ad essere usati contro gli assedianti.
Quella situazione era snervante per me, ci avevano abbandonato tutti a morire in quel posto, per quanto potessimo essere forti e saldi le perdite sarebbero state incalcolabili, quando un'alleanza, anche di comodo, contro i demoni avrebbe risparmiato vite in tutti gli schieramenti. Mostri esclusi, ovviamente.
Ed invece no, gli uni contro gli altri, come cani a farsi la guerra per un briciolo di terra dove comunque c'era abbastanza spazio per dieci volte le popolazioni di tutto il sud. Sbuffai sonoramente, con lo sguardo imbronciato e l'espressione infastidita.
« Mi dispiace, dovevo solo sfogarmi. Ho perso molti amici nei mesi scorsi e a volte penso di essere io la causa di tutte queste morti... debolezza, incompetenza... » indicai il collo ferito. « ...debolezza, soprattutto. »
« Non voglio più combattere, non da sola almeno. Abbiamo davanti un cambiamento epocale, Kirin, sia esso in bene o male poco importa, ma è un cambiamento... ed il cambiamento porta speranza, la speranza porta amore, l'amore la pace. » gli sorrisi. « Ho un regalo per te. »

Afferrai una delle monete d'oro che avevo fatto coniare nella capitale tempo addietro, uguale in tutto e per tutto a quella regalata a Vaairo e a quella lasciata nella scrivania di Raymond, lanciandola al ragazzo con un gesto sin troppo plateale. Anche lui, da adesso in avanti, sarebbe stata una delle persone più importanti per me, una di quelle di cui potermi fidare, sino alla morte. Dopo Lithien, dopo l'Edhel, dopo tutto quello che avevamo passato eravamo compagni d'avventura che si conoscevano quasi alla perfezione e, se Vaairo fosse stato lì, avrebbe sicuramente approvato un nuovo membro di quel nostro bizzarro - seppur amorevole - gruppo.
Un gruppo fondato sull'amicizia, sull'ideale di buono e di giusto, un gruppo che aveva tutto da invidiare in quanto a forza ed importanza ma che, da tutti, avrebbe potuto farsi invidiare il coraggio.

Divisi cadiamo, uniti resistiamo.
Per sempre.

[ ... ]


L'assedio.


Quando l'esercito si scatenò contro di noi il morale, già precario di alcuni, venne quasi annientato. Era solo la forza della disperazione a mandare avanti molti di loro, la consapevolezza che non ci sarebbe stata una seconda occasione per nessuno di noi. Non potevamo arrenderci e non potevamo scappare, dovevamo combattere sino all'ultimo uomo, donna o bambino che fosse in grado di brandire un sasso o un bastone... era l'ultima battaglia di un intero popolo.
Il Colosso, così l'avrei chiamato per tutto il tempo, che ricordava vagamente un incrocio tra uno squalo ed un elefante di dimensioni mastodontiche, con un paio di pugni avrebbe tranquillamente potuto demolire le mura della città vanificando ogni nostra possibilità di sopravvivenza contro l'orda infinita di lordura e sgomento che si accavallava all'esterno. Sembrava una marea rigurgitante che scalciava, urlava, fischiava e vibrava al solo desiderio di massacrare quanti più esseri viventi possibili prima di tornarsene comodamente sotto terra, nelle viscere oscure di un mondo malato. Un brivido mi si insinuò sotto la pelle, così forte che quando la bestia ruggì per poco non mi venne l'impulso di fuggire a gambe levate.
Kirin era al mio fianco e, poco distante da noi, c'era anche Kel'Thuzak. Quell'essere - perchè proprio umano non era - metteva quasi più brividi dei demoni all'esterno e, in un certo senso, il fatto che fosse dentro le mura e non fuori mi faceva apprezzare un pochino di più la sua vicinanza, nonostante tutto. Indicai a tutti e due la ballista sopravvissuta al tempo a cui stavano lavorando i nani.

« Dobbiamo rimetterla in funzione, altrimenti quell'affare ci farà a pezzi! » iniziai a correre sulle mura, ignorando le urla infernali di demoni e nani che si preparavano a lanciare qualsiasi cosa pur di tenere gli abomini lontani dalle mura. « Andiamo, andiamo! »

L'arma, unica delle quattro presenti ancora funzionante, era qualcosa di imponente a colpo d'occhio: alta quanto quattro uomini, nel punto massimo, e costruita interamente in bronzo svettava leggendaria sopra una grossa infrastruttura lignea addossata alle mura stesse. Il tronco centrale disponeva di ben due archi incrociati al centro, potendo contare su una forza di rotazione quadrupla rispetto a qualsiasi arma della medesima categoria che avessi mai visto nella mia intera esistenza. Nel punto di uscita dei dardi, in corrispondenza dei tiranti delle quattro corde, era scolpita una bocca di leone intenta a ruggire, mentre il resto della struttura bronzea era formato da numerosi rinforzi e assi di sostegno, unico modo di reggere la potente forza sviluppata dalla macchina. L'argano posto all'estremità finale, unico strumento capace di generare abbastanza lavoro per permettere ad una persona di ricaricare l'arma, era consumato e logoro, inoltre ne era rimasto solamente il disco, mentre dei raggi che servivano per afferrarlo e ruotarlo non c'era traccia. I nani che stavano lavorando in quel momento parlavano ad una velocità impressionante - nella loro lingua - imprecando ed inveendo contro la struttura a più riprese. Quando ci videro si rimisero subito a lavorare.

« No... nono non ci siamo per niente... » mi trasformai in driade, lasciandomi appena il tempo di assumere le nuove sembianze prima di saltare sulla macchina e cominciare a controllarla. Le mie foglie frusciavano sospinte dal vento, finendomi tra l'altro in mezzo al viso, ma era il minimo considerato che da lì sopra potevo avere una visione ancora più "diretta" dell'esercito nemico. « Quello è andato. » con un calcio spaccai a metà uno dei quattro tiranti, corroso al punto tale che si sarebbe frantumato alla prima tensione.
Avevo provato varie volte a usare armi di quel tipo, in dimensioni decisamente ridotte e in campi d'addestramento, ma il sistema era il medesimo e certe parti - anche al mio occhio meno esperto di tanti - risultavano chiaramente danneggiate. « L'asse centrale è disallineata, quest'affare non sparerà dritto nemmeno pregando tutte le divinità esistenti. Kirin tu devi rimanere qui e controllare i danni strutturali ed i meccanismi, sei la persona più qualificata per farlo. » con un salto scesi dalla ballista atterrando vicino all'oscuro cavaliere. « Ci sono altre tre di queste cose sulle mura, almeno una deve avere i pezzi che sono danneggiati in questa, io vado a prenderli tu butta giù l'asse centrale di questa, se riesci... » gli indicai la barra di bronzo, arrotondata e logorata, su cui avrebbe dovuto scorrere il dardo al momento del lancio. « ...quando hai fatto vai all'altra ballista e cerca i raggi dell'argano, sono pezzi di bronzo di mezzo metro che servono per muovere i dischi e mettere in tensione la corda, ne dobbiamo trovare almeno due integri, se non li troviamo non importa usiamo ciò che troviamo, va bene anche un palo; io faccio più veloce possibile. »
Cercai di dare una pacca sulla spalla a Kel, anche se quello era più un gesto automatico che un qualcosa di amichevole, dato che la sua presenza non era propriamente leggera da sostenere, ma indubbiamente non potevo paragonarlo al Colosso.

Iniziai a correre verso le altre balliste. Nonostante le ferite appena guarite in quella forma mi sentivo leggera e veloce, scavalcai con un salto due nani che portavano un calderone d'olio verso le mura, schivando all'ultimo altra gente che stava affollando rapidamente i merletti. La prima ballista era in condizioni disastrose, come se il tempo l'avesse letteralmente divelta e squarciata. Non si salvava praticamente niente e la struttura principale era implosa, impedendo in ogni caso di ripristinare il sistema di mira. Anche il corpo centrale era spezzato a metà, ma i tiranti erano in buone condizioni. Saltai sopra i detriti iniziando a prendere a calci la barra di torsione e, per miracolo, non si spezzò. Provai a svitarlo ma l'ossido aveva sigillato la filettatura, rendendo impossibile anche per un bisonte aprire quel bullone. Ci poggiai sopra la mano, ricoprendola con una fiamma blu ad altissima temperatura, abbastanza alta da scaldare il perno superiore quel tanto che bastava per svitarlo prima che raffreddasse. Quell'oggetto, da solo, pesava almeno quindici chilogrammi, se non di più, e portarlo in giro non era affatto uno scherzo. Purtroppo mi mancava ancora l'asse di lancio della macchina, quindi non potevo fermarmi: semplicemente lo buttai sopra la spalla destra correndo verso la seconda ballista distrutta presente.

Questa era messa peggio di quella di prima, aveva gli archi spaccati di netto e la base era crollata su se stessa da chissà quanti anni. Tuttavia la parte che interessava a me, seppure non perfetta, era conservata dignitosamente ma, cosa più importante, era dritta. Quindi la nostra unica arma avrebbe potuto sparare in maniera congeniale. Poggiai a terra il tirante e poi, con l'ausilio della mia lancia, iniziai a fare leva tra il corpo centrale e il supporto della ballista: con un rumore di metallo molto fastidioso i chiodi che reggevano la lunga asta di metallo ricurva cedettero, lasciandola finalmente libera di essere asportata. Tuttavia, anche potendo muoverla, risultava comunque una cannula di lega bronzea lunga circa sei metri dal peso assolutamente non trascurabile. Con un piccolo sforzo richiamai una mia copia perfetta, con l'elmo chiuso sulla testa, che si materializzò a pochi passi da me, sull'attenti.
« Prendi la parte finale, io prendo l'estremità opposta, non pieghiamola, se perdiamo questa siamo morte. »
Così, in due, era dignitoso portarla verso l'arma ancora operativa. La fatica iniziava a farsi sentire, tuttavia, non tanto per la stanchezza in se per se, ma se non avessi avuto un allenamento di tutto rispetto non sarei mai riuscita a sopportare il peso di quell'arnese... per fortuna - o per sfortuna certe volte - Raymond aveva fatto di me una macchina pressoché perfetta per quel genere di sforzi ed in quel momento, in mezzo al delirio, potevo solo ringraziarlo di tutto ciò che mi aveva dato.

Tornata da Kirin non ci restava che seguire le sue istruzioni su come rimontare i pezzi che avevamo recuperato, sistemare la nuova asse centrale, sostituire il tirante laterale e inserire le barre di bronzo nell'argano per la ricarica. A quel punto solamente il fulvo poteva dirci ciò che dovevamo fare. Così, mentre io e la mia copia iniziavamo a fissare il tirante - perché da sola era un'impresa pressoché impossibile - le cose sembravano andare relativamente bene. Se tutto fosse tornato operativo un grosso, acuminato, problema avrebbe solcato il cielo ringraziando il Colosso di essersi messo sulla traiettoria di tiro. Alla fine, per ripristinare tutto ciò che non potevamo materialmente riparare per mancanza di mezzi o di tempo, mi strappai dai capelli un piccolo seme, poggiandolo sopra il metallo dell'arma, lasciando che agisse nel modo migliore che riusciva a fare. Non potevamo fare altro.
« Dammi buone notizie, Kirin! »

Con la fronte madida di sudore tutto ciò che avrei voluto sentire era: sparerà.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia 1 Tattica 1 Destrezza
CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza 1 Intuito 1 Forza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Illesa.
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Risoluta.
Energia: 100% - 5% (Basso) - 10% (Medio) = 85%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Impugnato]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Impugnata]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Claws. Guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossati]
~ Aicheamhail. Corazza di fattura elfica, pesante, completa. (artefatto)[Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.
~ Memento Vitae. Auspex passivo di individuazione forme di vita.
~ Glasnathair-sgiathach, Green Dragon. Fanie guadagna 2CS alla Tattica quando viene usata una abilità magica.
~ Sìor sabaid, Irriducible. Fanie può combattere con arti spezzati e ossa distrutte.

Attive in uso:
» Fanie ha appreso anche come usare, autonomamente, queste fiamme per poterle modella sul palmo della mano e lanciarle contro il nemico. Di un colore blu elettrico e dal calore paritario a quello delle normali fiamme, possono essere usate come eccellente distrazione oppure per illuminare un'area attorno a se al pari di una piccola torcia. [Pergamene dello sciamano: Fuochi Fatui Basso]

» ~ Sgàthan, of Mirror.
L'ultima, ma non meno importante capacità di Ararwaen risiedeva nella sua incredibile maestria nel combattere assieme a Celadal: indossando armature gemelle combattevano fianco a fianco disorientando i nemici e creando caos, giacché gli avversari, incapaci di riconoscere quale fosse il generale, finivano per dividere i loro attacchi vanificando anche la più flebile speranza di avere la meglio. Fanie non possiede, chiaramente, nessuno in grado di supportarla allo stesso modo ma, quando necessario, l'elmo si chiude sul suo volto ed una copia perfetta di se stessa appare alle sue spalle. In questa maniera la nuova portatrice può combattere assieme allo spirito di Arawaen per pochi secondi, il tempo necessario ad uscire da una situazione scomoda o a distrarre un avversario ostico. L'evocazione otterrà 2 CS in maestria nell'uso delle armi e permarrà per due turni nel campo di battaglia. Scomparirà subendo un danno pari a Basso. [Abilità d'evocazione, consumo Medio, durata due turni]

» ~ Seed of recostruction.
Sviluppando una grande affinità con gli oggetti che un soldato deve usare, Fanie è riuscita a far si che la sua natura prettamente vegetale accettasse anche corpi estranei potendo agevolmente interagire con loro. Nella fattispecie le sarà possibile sfruttare delle piccole radici, che si diramano direttamente dal suo corpo, per ripristinare qualsiasi tipo di arma o corazza danneggiata durante la battaglia. Il tempo di risanamento è piuttosto breve e non richiede alcuno sforzo per essere compiuto, tuttavia non è un qualcosa che si possa ripetere molto spesso a causa della riluttanza delle piante a prendersi cura di manufatti artificiali. [Erba Rigenerante][Qt.1 0]

Note:
Eccoci qua! Allora parto col dire che le prime due parti del post sono "contestualizzanti", nella prima c'è un piccolo excursus su quanto Fanie esca male dal precedente scontro, dove è quasi morta. (Nergal sopravviverà è un accordo preso con Orto per giocate future, per quello è presente qui).
Poi, passando dei giorni, Fanie si rimette dalle ferite ed incontra Kirin, con lui ha una discussione in cui racconta gli eventi di Ur'Lachesh ed alla fine gli regala questa moneta che è un pegno che Fanie dona a tutti coloro che in qualche modo diventano suoi amici più intimi, ho pensato di usare l'evento per dar maggiore spessore alla cosa, spero non dispiaccia.
Ed ora la parte del post "importante" diciamo!
Allora io e i miei compagni ci siamo organizzati perché volevamo collaborare al massimo delle nostre chance, ciò che è venuto fuori è il seguente piano:
1) Fanie - che comunque ha visto altre balliste in vita sua e ne ha usate essendo un'elite militare, riconosce alcuni pezzi danneggiati e ha l'intuizione di cannibalizzare le altre balliste per cercare i pezzi mancanti: un tirante, la canna di scorrimento del dardo e le barre per l'argano di ricarica.
2) Kel dovrà rompere la barra piegata sulla ballista e poi recupererà dall'ultima catapulta le barre dell'argano mentre io recupero un tirante e la barra dalle altre due. (Per svitare il tirante surriscaldo il bullone, per prelevare la barra prima la schiodo e poi uso un clone mio per aiutarmi a trasportarla [2 slot tecnica]) Tutto viene fatto in forma di Driade per avere velocità, riflessi e forza aumentate.
3) Kirin si occuperà, nel suo post, di spiegarci come rimontare il tutto essendo lui un esperto di artiglieria ( ha fatto solo quello negli ultimi assedi di questo forum ! ) ed è quello con più CS in intelligenza, ergo il migliore per quel genere di lavoro. Le nostre azioni saranno quindi tutte combinate.
Alla fine di tutte le nostre azioni combinate, Fanie usa il ripara oggetto (Un semino) sulla macchina, anche se fosse solo come effetto scenico, perché ho ritenuto fosse una cosa bella da fare.

Ovviamente tutte le nostre azioni, sostituzioni e quant'altro, sono descritte senza il risultato come richiesto!

In sintesi: Fanie organizza il lavoro e intuisce di cannibalizzare le balliste, Kel è la forza lavoro (è il pg più forte a livello di mera forza fisica) mentre Kirin ci dirige nella ricostruzione dell'arma. Spero che questo genere di collaborazione sia apprezzabile e che il post vi piaccia.
Qui ho segnato i 3 oggetti che sostituiamo, ovviamente la ballista non è la stessa, in primis perché ha solo 2 tiranti su 4, è solo per far capire al 100% quali pezzi cambiamo visto che uno, l'asse di lancio, l'ho inventato ad Hoc, non esiste nella realtà. Click. (si sono ossessivo compulsiva...)
 
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.Azazel
view post Posted on 29/5/2014, 14:20




Erdkun
L'assedio di Qashra, Atto I
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Qashra non era più una città.
Era solo lo scheletro del suo passato, glorioso e antico quanto il tempo stesso, oramai caduto in decadenza e rovina. Nonostante tutto era l'ultimo baluardo nanico contrapposto alle ingenti e infinite forze demoniace sgorgate dai meandri della terra. L'ultimo barlume di speranza per i nani, per tutti i popoli che si sentivano minacciati dallo spaventoso pericolo mortale composto dall'esercito mostruoso che aveva abbandonato il proprio regno sotterraneo per appestare la superficie.
Era giunto da giorni in città e cercò di valutare quali erano le loro forze paragonandole ad un ipotetico e sconfinato esercito nemico che ben presto si sarebbe presentato alle loro porte: sapeva di giocare dalla parte sbagliata dalla scacchiera, dalla parte sfavorita.
Ma questo lo stuzzicava e lo caricava d'adrenalina.
Forse era un pazzo.
Oppure in cuor suo era conscio del pericolo raffigurato dai demoni e anch'egli preferiva combattere e soccombere piuttosto che venir schiacciato e dilaniato senza tentare di resistere alla marea nera che in poco tempo avrebbe travolto la città. Camminava lungo le vie centrali assaporando gli ultimi istanti di tranquillità, quella calma apparente che precede il caos e la guerra, quella distensione spessa quanto un filo di lana e fragile quanto un ramo secco in preda a una bufera invernale. Osservava le anime che riempivano le vie mobilitarsi come tante formiche operaie, ognuna con la propria mansione, ognuna coi propri pensieri e le proprie emozioni.
Ma tutte con la stessa paura.
La paura di soccombere.
Il terrore di non rivedere più il sorgere del sole all'orizzonte.
L'orrore provato al sol pensiero di essere gli unici, i pochi a tentare quella disperata resistenza contro un avversario disumano e corrotto.

Tra il via vai generale intravide fra la folla Jahrir seguito da un paio di guardie personali, lo raggiunse colmando i pochi metri che li separavano.

« Sei più basso del solito, Jahrir. »
Il nano parve venir colpito da una frustata alla schiena e si girò come un fulmine, parve riconoscere subito la voce del Mezzanima.
« Kel'Thuzak, tu invece sei brutto come sempre. »
Esclamò sorridendo meccanicamente, come se anche quel semplice gesto fosse stato rimosso e dimenticato da tempo per via degli avvenimenti che stavano flagellando la regione.
« Ho notato che non siamo soli. »
Anche se siamo troppo pochi.
Evitò di concludere la frase e se la tenne per sé, non sarebbe stato di certo utile evidenziare le carenze del loro esercito.
« Già. La nostra chiamata non è passata inascoltata ma comunque siamo troppo pochi.
Sappiamo entrambi chi è il nemico.
»
Il tono di voce del leader nanico divenne sempre più pesante e afflitto. La mente dello stregone tornò alla battaglia con Trakan, il demone millenario, Jahrir si rabbuiò in volto e non ci volle un genio per capire che stava pensando ad Enkidu e al suo sacrificio.
« La morte di Enkidu non è stata vana.
Ha visto in te la figura adatta per dare un futuro alla vostra gente, per dare una speranza a tutti.
»
Non era bravo a incoraggiare e confortare gli animi altrui, il volto era serio e impassibile, non faceva trasparire alcuna emozione, cercò comunque di esternare i propri pensieri in attesa di vedere in che modo li avrebbe percepiti l'altro.
« Ti chiedo solo una cosa: cerca di non morire inutilmente. »
Sei la guida che il tuo popolo merita e di cui ha bisogno.
Il nano alzò gli occhi verso l'orrida figura nerovestita e gli sorrise nuovamente, questa volta il volto era più sereno e parve più alleggerito dopo aver udito le parole di Kel.
« Ti ringrazio. »
Si salutarono e imboccarono strade diverse. Sapeva fin troppo bene che il nano stava solo fingendo - con abilità - di apparire più sollevato; quello di Jahrir era un destino difficile: troppi fardelli sul cuore nel vedere i propri amici e fratelli morire, troppe responsabilità sulle spalle nel constatare di essere il punto di riferimento di una intera razza, troppi ostacoli per riuscire nell'intento di ridare la libertà al suo popolo.
Non lo invidiava assolutamente.

[...]

Quel giorno sarebbe dovuto arrivare, prima o poi.
Le paure di tutti presero vita e forma: l'esercito demoniaco avanzava come una marea nera e corrotta verso le mura della città.
Se ne stava sulle mura assieme a Fanie e Kirin, aveva fatto la loro conoscenza da poco, era difficile pensare di stringere rapporti quando hai dinanzi agli occhi un'estesa e infinita macchia oscura che dilagava e s'avvicinava pericolosamente, ringhiando e ruggendo, strisciando e correndo.
Il suo corpo venne attraversato da una scarica di adrenalina.
Doveva ancora capacitarsi che quello era il giorno.
Non ci sarebbero state rese o ritirate, solo vincenti e vinti.
Poi vide la ciclopica figura di un mostro tanto grande e grosso da rendere ridicolo il confronto con la cinta muraria della città. Il sangue nelle vene si raggelò avvertendo il portentoso ruggito della bestia: sgretolava il terreno ad ogni passo e schiacciava senza rendersene conto qualche demone che incautamente gli marciava troppo vicino.
La macchina d'assedio perfetta: viva, abnorme, terrificante.

« Dobbiamo rimetterla in funzione, altrimenti quell'affare ci farà a pezzi! »
La voce di Fanie fece rinsavire lo stregone che, come stordito, guardava pietrificato il gigantesco demone dal muso a martello.
Lanciò un'occhiata alla ballista, unica funzionante se solo fossero riusciti a ripararla velocemente.

« Ci sono altre tre di queste cose sulle mura, almeno una deve avere i pezzi che sono danneggiati in questa, io vado a prenderli tu butta giù l'asse centrale di questa, se riesci... » gli indicò la barra di bronzo, arrotondata e logorata, su cui avrebbe dovuto scorrere il dardo al momento del lancio. « ...quando hai fatto vai all'altra ballista e cerca i raggi dell'argano, sono pezzi di bronzo di mezzo metro che servono per muovere i dischi e mettere in tensione la corda, ne dobbiamo trovare almeno due integri, se non li troviamo non importa usiamo ciò che troviamo, va bene anche un palo; io faccio più veloce possibile. »
Gli diede una pacca sulla spalla e la reazione dello stregone fu quella di inarcare un sopracciglio e soffermarsi a guardare l'esile figura di Fanie allontanarsi.
Se l'avesse sfiorato ancora le avrebbe mozzato un arto a sua scelta.
Non conosceva nulla a proposito di balliste o tutti quei marchingegni atti a difendere le mura di una città, perciò dovette seguire gli ordini e le direttive di menti più esperte nel settore, obbiettivamente non aveva altre scelte e mettere in funzione quell'enorme ballista era un pensiero martellante: si sarebbe rivelata, forse, l'unica arma in grado di bloccare la temibile avanzata del colosso.
S'avvicinò al macchinario e guardò la barra che doveva distruggere. Strinse con forza il pugno destro avvolto nel guanto corazzato e iniziò a colpire con violenza la zona arrugginita dell'asse centrale. Ci vollero diversi colpi per infrangere il metallo logorato ma alla fine riuscì nel suo intento. Lanciò oltre le mura la barra infranta poi corse verso la ballista più vicina alla ricerca dei pezzi di ricambio utili per rimettere in funzione la gemella.
La base del macchinario era franata su se stessa ed era impossibile rimetterla in posizione ma a prima vista i pezzi di ottone indicati da Fanie sembravano in buone condizioni. Nonostante tutto il compito di estrazione fu più difficile del previsto: la mera forza fisica risultava inefficace per staccare le parti che doveva estrarre. Dovette ricorrere ai propri poteri magici. Poggiò la mano destra sul macchinario e fece fluire le proprie energie in esso cercando comunque di non sfiorare le parti in ottone. Pochi secondi dopo l'intero macchinario iniziò a liquefarsi e a sciogliersi lasciando intatte le parti che Kel doveva prendere.
Afferrò i pesanti raggi dell'argano e se li mise in spalla poi tornò il più veloce possibile alla ballista.
Li mise con delicatezza a terra e sia lui che Fanie ascoltarono le direttive di Kirin su come agire per sostituire i pezzi non funzionanti con quelli sciacallati dalle altre macchine. Non ne capiva nulla ma agì ugualmente al pari di una macchina che ne riparava un'altra.

« Dammi buone notizie, Kirin! »
La driade posizionò un piccolo seme sul metallo dell'arma. Non seppe dire se fosse un gesto di buon auspicio o avesse particolari poteri ma tutte le loro speranze di rimettere in attività il macchinario risiedevano in Kirin.
E soprattutto nella fortuna.
Perché quel giorno ne avrebbero avuto bisogno in grandi quantità.


Kel'Thuzak
il Mezzanima

CS 8 ~ Destrezza 4 - Intelligenza 4 - Forza 2

~ Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~

Energia: 100% - 5% = 95%
Status Fisico: Indenne.
Status Psicologico: Indenne.

Equipaggiamento in uso

Neracciaio__ Inutilizzata.
Silentium__ Inutilizzata. [º º º º º]


Abilità in uso

arcanus__L'anima corrotta di Kel, scissa in due tra spada e corpo, ha fatto sì che Neracciaio acquisisse un potere in grado di distinguerla dal resto delle armi comuni: il potere della sua anima racchiusa in questa spada è in grado bruciare e ustionare. L'arma infliggerà danno come il riflesso della propria anima tant'è che oltre al danno fisico arrecherà un danno legato all'elemento Fuoco, non pregiudicherà in alcun modo la regolamentazione sugli attacchi fisici e le Capacità Straordinarie; il danno totale inflitto dagli attacchi fisici non cambierà in alcun modo, ne verrà solo caratterizzata l'entità aggiungendovi proprietà elementali. L’arma, come una creatura viva e senziente, si plasmerà sulla figura del possessore assecondando la sua indole, vettore della sua anima. Da questo momento in poi essa vibrerà di energia propria, liberando una malia psionica di tipo passivo, sottoforma di terrore e paura, che influenzerà chiunque sarà abbastanza vicino da percepirla.
L’attaccamento con la propria arma diverrà indissolubile, così intenso dall’impedire a chiunque di scinderne il rapporto. Neracciaio, tesoro inestimabile per Kel'Thuzak, sarà impossibile da sottrarre o rubare, neppure dinanzi al più subdolo dei ladri o attraverso l'inganno più astuto. Così intrisa dell'anima del portatore dall'essere solida al punto da aver assunto connotati di assoluta indistruttibilità; nessun colpo, nessuna circostanza – volontaria o accidentale che sia – ne riuscirà a logorarne il filo o infrangerla. Tali caratteristiche, in termini di gioco, permettono all'arma di non essere rubata, allontanata, danneggiata o distrutta all'interno di un post autoconclusivo redatto dall'avversario in caso di sconfitta in duello.
Inoltre Kel, raggiunto il 10% delle energie, non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
{Passiva Lvl.1, 2 e 3 Artigiano + Razziale Umana}

tutum iter__La tecnica ha natura magica. L'abilità non ha potenza e concede i propri benefici passivamente, sempre funzionanti nel corso di una giocata. Il personaggio diviene in grado di camminare e reggersi su qualsiasi superficie, sia essa avversa a lui e alla gravità (come una parete o un soffitto), sia essa liquida (acqua, ad esempio) o aeriforme (camminare sull'aria). Non sarà affetto in alcuna maniera da correnti d'aria o sbilanciato da onde nell'acqua, e potrà camminare tanto agilmente nell'aria quanto lo farebbe sulla terraferma, il tutto non alterando in alcuna maniera la sua agilità o la velocità con la quale si muove normalmente - rendendolo di fatto né più veloce né più lento del solito. {Pergamena Sostegno - Ladro}

mysticus__Il prescelto dei guerrieri stregoni di Kolozar Dum è stato dotato inconsapevolmente, da quest'ultimi, del dono della magia, ma non magia comune bensì qualcosa di molto più potente e in grado di far impallidire i migliori maghi esistenti. Poter contare ogniqualvolta su una fonte di potere sempre maggiore rispetto a chi si ha di fronte è una capacità che molti vorrebbero e che Kel possiede dopo essere tornato alla vita. In termini di gioco la tecnica ha natura Magica e avrà sempre effetto. Ogni volta che il proprio avversario utilizza una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno Kel guadagna 2 CS in Intelligenza.
{Pergamena Discendenza Arcana - Mago}


Attive Utilizzate

dissipatio__La tecnica è un danno all'equipaggiamento di natura Magica, consumo Basso. Lo stregone colpisce l'arma dell'avversario con una modalità a propria scelta (castando l'arma da lontano, toccandola, colpendola) e la disgrega distruggendola. Qualora non ci si difendesse da questa tecnica, l'avversario vedrà la propria arma o un suo pezzo di equipaggiamento sciogliersi, come se una colata di lava avesse colpito il bersaglio in questione. In nessun caso potrà essere utilizzata per cagionare danni a qualsivoglia essere organico. L'equipaggiamento danneggiato potrà essere ripristinato nella giocata in corso solo mediante l'uso di tecniche apposite.
{Pergamena "Disgregare" - Mago}

Resoconto: seguo le indicazioni di Fanie poichè Kel non ne capisce nulla di macchinari. L'utilizzo della Pergamena "Disgregare" del Mago è per giustificare in un qualche modo la riuscita da parte del mio pg di recuperare i pezzi di ricambio necessari per rimettere in funzione la ballista.
Per quanto riguarda la parte iniziale del post spero non sia un problema aver scambiato due chiacchiere con Jahrir, personaggio conosciuto in game durante Erdkun - Sangue Ribelle :sisi:



 
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The Grim
view post Posted on 30/5/2014, 02:44





Erdkun L'assedio di Qashra
Tanta fatica per nulla




Quel dannato deserto bianco era più caldo dello Jahannam e più insidioso di un crotalo. Walid ur'Morabi si era quasi pentito di aver preso parte alla spedizione in quella regione infernale, così lontana da Taanach e già ad un passo dal non essere più Akeran, ma la gloria gli imponeva questi sacrifici e molti altri ancora. Scrutò oltre le dune di sale e gli parve di cogliere un movimento, aguzzò la vista e ne fu certo: c'era qualcuno che si muoveva vicino a loro. Sentì il cuore palpitare, poteva gridare l'allerta oppure avvicinarsi a quell'uomo che sembrava volgergli le spalle e non essersi accorto di lui. Aveva una gran cappa azzurra, troppo pesante perché fosse un nativo di quelle parti, e teneva la mano a una bimbetta, che arrancava in quel paesaggio infame. Era il momento di non dimostrarsi un buono a nulla, di fare grande il nome suo e quello di suo padre, così s'avvicinò quatto quatto e con un il manico della sua scure colpì il cranio dell'uomo. Quello cadde come un pero, affondando nella sabbia, ma sollevò la mano, lambendo la veste della bambina che non fece una piega. Rimase immobile, gli occhi rossi a fissare chissà cosa al di là dell'orizonte. Solo a quel punto il soldato gridò, con una punta d'orgoglio in voce.

" Mamālīk, venite! "

Rivoltò col piede l'incappucciato, così per curiosità, per scoprire chi fosse. Il suo viso bianco e pallido, con quel bizzarro tatuaggio argentato gli era noto. Era il cartomante, uno di quei cani Goryo che aveva tradito la loro gloriosa città, e ora disertava la nobile chiamata alle armi dei Triarchi, stava evidentemente tentando la fuga. Gli sputò in faccia e poi attirò l'attenzione dei suoi commilitoni.

" Ho trovato un paio di gingilli da riportare indietro.
Chissà che ricompensa ci daranno!
"


≈|≈

La cella era grigia, sepolta nelle profondità di Taanach ma non all'interno della città nuova. Non aveva nulla a che spartire con la Purgatory e a guardare la disorganizzazione delle guardie, la possibilità di un'evasione era concreta. Ma lo Stregone non la provò mai, né osò ribellarsi, il suo nome bastava già a evitargli qualsiasi tipo di angherie da parte dei secondini. Era trattato decentemente, molto meglio dell'ultima volta che era stato ingabbiato in quella stessa città, forse addirittura la sua migliore esperienza al di là delle sbarre. Il cibo non era passabile, era buono, saporito e sostanzioso, le porzioni abbondanti; lo viziavano quasi. Volevano qualcosa da lui benché per i primi sette giorni non gli avessero chiesto, e così aveva pazientato. E la sua attesa infine era stata ripagata: il rumore di passi pesanti e il tintinnare delle chiavi lo confermava. Aspettò a malapena lo scatto della porta per parlare, con loro i giochetti non avrebbero funzionato.

" Dov'è la bambina? "

Quello era l'unica preoccupazione dello Stregone, il pensiero che l'aveva tenuto in ansia per quella prigionia. La figlia della strega, ormai orfana, era in sua custodia; l'aveva strappata alla madre e non si sarebbe pentito di quella decisione. E come poteva farlo, se quell'insano gesto, quel delitto, era stato perpetuato nel suo nome, nel nome di Afrah?

" Voglio vederla, subito.
Poi farò ciò che volete.
"

Molti l'avrebbero visto come un gesto orribile, una barbaria che giustificare nel nome dell'amore rendeva solo più squallido e grottesco. Quella donna ormai era morta, seppellita sotto un'infinita distesa di sale, avrebbe potuto lasciare la piccola a morire come la madre, che mai e poi mai avrebbe soccorso. La strega non meritava di sopravvivere, prendere la bimba con sé non era che un atto di misericordia. Avrebbe detto tutto alla sua Habibi, e lei avrebbe capito.

" Impaziente, eh bastardo? "

Un uomo con baffoni neri e spioventi, e l'uniforme tirata a lucido aveva aperto la porta. Sghignazzava tronfio di sé, e i suoi occhietti porcini squadravano il cartomante dall'alto al basso. Fresco di nomina, Walid ur'Morabi si faceva avanti con tutta la sua spavalderia, sognando un radioso futuro in cui condivideva il desco con generalissimi e beik da pari grado. Al momento però gli toccava un compito più umile, ma non meno gratificante.

" Si da il caso che quell'orfanella sia alloggiata in una delle migliori strutture della città,
dove è presa in custodia, nutrita e allevata.
"
Infilò un dito nel grosso naso a patata e ne tirò fuori una grossa caccola,
che lasciò cadere a terra.
" Sta bene insomma, sicuro meglio di te. "

Gli occhi dei due uomini rimasero incollati gli uni sugli altri. Nessuno dei due voleva abbassarli, cedere di fronte all'altro e mostrarsi debole. Fu il cartomante a rompere quel teso silenzio, che di quella prova di nervi in fondo non gliene fregava poi tanto.

" Allora, per far si che stia al sicuro che devo fare?
O ancor meglio, per riaverla con me, che lasciarla in questo covo di serpi mi fa vomitare.
"

" Oh nulla di troppo complicato, Taanach ti chiede un umile favore,
una bazzecola per un assassino che è arrivato fino alla testa dei Kaeldran.
Di uccidere un nano.
"

La sera stessa era in viaggio, assieme ad un'esigua schiera di soldati verso Qashra,
verso Jahrir.


Z18bS

La Chimera, un nome che era giunto perfino alle orecchie del cartomante, una delle casate più influenti di Taanach. Non la più antica, non la più forte, ma la più ricca, o così si bisbigliava in giro. Aveva saputo ben poco dal corteo che lo seguiva nell'impresa, che non aveva capito se fosse un suo seguito, mandato a dargli manforte, oppure se era Jace al servizio di quel manipolo di mercenari. Erano sicuramente dei professionisti, non un pugno di sbandati sacrificabili, gente con la testa sulle spalle. Si muovevano con perizia in quei territori aspri, organizzati meglio di un reggimento di formiche, e sopratutto i loro falchi erano perfetti per scovare le pattuglie ed evitarle. Quando riposavano erano spesso troppo stanchi per far altro che dormire. Un giorno però il più giovane degli assassini, dagli occhi di un azzurro intenso come il suo, si era avvicinato a Jace, sospettoso e timoroso di essere cacciato, ma sopratutto di essere preso in giro dagli altri. La richiesta era semplice: voleva sapere se in quei Tarocchi c'era la risposta al suo dilemma: se avrebbe mai trovato l'amore; non poteva aspettarsi altro da un giovincello. Mischiò le carte come aveva fatto mille altre volte, senza piegarle o maltrattarle, facendole scivolare l'una sull'altra. Anni addietro era stato niente più che un gioco, una maniera per far soldi coi gonzi e un modo di manipolare le menti. S'inebriava della fede e dello stupore altrui, di come le sue parole vaghe riuscissero a rapire i loro cuori senza il sostegno di alcun incantesimo e con molta più tenacia di qualsiasi altra malia. Col tempo però troppe profezie si erano avverate perché non uno spiraglio di superstizione non facesse capolino di tanto in tanto fra i suoi pensieri, e quindi per scrupolo eseguiva i suoi rituali col massimo della sacralità. E quella sera s'impegnò scrupolosamente che tanti erano gli occhi fissi su di lui, per lo più scettici, così soddisfatto il primo fece cenno di sedersi a quello che gli era parso il più scettico. Era un gigante dal volto abbronzato e il mento squadrato, un guerriero fatto e finito di quelli che lo stregone preferiva evitare; uno di quelli che non amava cambiare idea.

" Allora, vuoi sapere anche tu come andrà questo lavoro? "

Non si sedette, ma questo non fermo il ciarlatano dal dedicarsi al suo spettacolino. Tagliò il mazzo in due metà, lo ricompose e voltò il primo dei Tarocchi che mise fra sé e l'altro. Una strana figura, a metà fra il cerchio e l'orologio, guarnita di rune e sigilli dall'aspetto arcano.

" La prima carta è il vostro sembiante, la vostra stessa natura. La Ruota del Fato è l'essenza della storia, ciclica e ripetitiva. Sarete al centro di molti cambiamenti e vivrete grandi cose, e ciò può essere un bene o un male. Tuttavia esserne partecipe non vuol dire protagonista. "

Subito dopo Jace poggiò il secondo tarocco alla sinistra del primo, ma più verso lo sfidante che torreggiava su di lui e seguitava a non accomodarsi. Sulla carta era disegnato un uomo maturo, seduto su un alto scranno e con un possente bastone in mano, che ispirava saggezza e regalità.

" Il cammino che vi si presenta in questi giorni è tortuoso, ma fra i tanti vi è un ostacolo che più degli altri cercherà di farvi fallire. Sarà l'Imperatore, un potere forte, nella sua forma più concreta. L'interpretazione più semplice sarebbe Jahrir stesso, il capo di questa sommossa. "

Venne il turno della terza, che fu poggiata sulla stessa linea della prima, ma più prossima allo scettico che al cartomante: un angelo dalle ali dispiegate suonava una tromba dorata sopra una folla di morti. L'altro non aveva ancora accettato il suo invito eppure lo stregone persisteva, non era stato interrotto e tanto gli bastava.

" Un aiutante verrà sul vostro cammino e questo sarà l'arcana del Giudizio. Di difficile interpretazione significa che forse l'intervento divino, che dividerà i giusti dai malvagi, o forse la vostra coscienza sarà l'unico vostro alleato. "

Jace stavolta prese due carte e mise la prima parallelamente a quella dell'Imperatore, e poi una quinta coperta al centro di tutte, formando così il disegno di una croce.
Sul tarocco scoperto era rappresentato un'auriga che conduceva una biga trainata da due bestie, una nera e una bianca.

" Il quarto è l'Arcana del Carro, che stabilisce l'esito del tuo quesito. Il fato ci annuncia che sarà un trionfo straordinario, benché richiederà una grande capacità di controllo da parte vostra. Avete le redini del destino nelle vostre mani, siate accorto e non conduceteci dentro a un fosso.
Se vi state per chiedere cosa sia la quinta, essa rappresenta il mistero. Io non la volterò ma non posso proibirvi di farlo, ma vi avverto:
si dice porti molta sfortuna conoscere il segreto al centro di questa croce.
"

" Sai che sono tutte cazzate cartomante? "

L'uomo girò anche la quinta carta, nei suoi occhi lampeggiava il fuoco della sfida.
Una torre maestosa incendiata da una saetta che piombava dal cielo. Sembrava tutto parte di un copione e invece lui non aveva fatto nulla.

" La sfortuna siamo solo noi a crearcela. "

" Attento, la Torre è un monito contro l'arroganza, rivolto a chi vuole arrivare troppo in alto e così finisce per schiantarsi in basso. "

" Più in basso di così non si può, fidati cartomante.
In ogni caso molti cadaveri mi accompagneranno nella discesa.
Sperate soltanto che questo non sia il giorno.
"

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Erano quasi giunti alle mura di Qashra senza mai che un nano o un demone si fosse avvicinato a loro. Quella mattina però dall'alto della collina in cui erano accampati avevano potuto ammirare l'esercito dei dannati, in tutta la sua maestosità, e il sangue era gelato nelle loro vene. La vastità di quell'orda non conosceva orizzonte, iniziava dal punto in cui sorgeva il sole e terminava dove esso tramontava. Vi erano mostruosità d'ogni genere, bizzarrie che non avevano posto né fra le piante né fra gli animali, mostruosità di cui non esistevano vocaboli adatti per descriverle, cose che erano semplicemente sbagliate. E fra tutte torreggiava un titano immenso, la cui ombra sembrava contenere centinaia delle creature più piccole. I suoi passi facevano tremare la terra e la sua voce faceva fuggire lontano il tuono. Un essere simile non apparteneva allo stesso mondo di Jace, non poteva appartenergli. Il cuore del ciarlatano si bloccò per qualche istante, insieme a quello degli altri soldati che erano con lui, poi una vocina piccola e sottile gli sussurrò una verità che lo fece riprendere. Non era quel gigante che doveva affrontare, bastava fermare un singolo nano e poi sarebbe fuggito lontano da quel flagello, per sempre insieme alla sua Afrah.

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Si voltò a guardare gli assassini che fino a quel momento gli erano sembrati distanti e insensibili, nient'altro che una maschera come tante, sotto di essa si nascondevano uomini fragili e insicuri, che potevano essere spaventati. Uccidere uomini e scrutare negli abissi più profondi non era proprio la stessa cosa. Quegli uomini non erano fatti per stare accanto a mostruosità simili, non avevano visto le distese dell'Olimpo e le profondità dell'Ade, né l'alveare Kaeldran coi suoi orrori di carne o le ombre dei boschi dell'Eden. Lui si, e solo questo gli permise di non disperarsi, di volgere le spalle al dovere a darsi ad una fuga precipitosa. Si aggrappava disperatamente all'immagine dolce di quella bambina per ancorare i piedi al terreno, alla felicità della beduina nel vedere il loro sogno realizzarsi, e chissà quante altre cose ancora.

" È Ibliss, il signore dello Jahannam, non potremo mai sfuggirgli! "
" Meglio una vita da fuggiaschi e reietti che avvicinarsi a quelle cose. Scappiamo fratelli, troveremo altri impieghi, costruiremo nuove vite! "
" Sono state le stregonerie di questo scellerato a attirare i diavoli sulla terra, dovremmo bruciarlo in onore di T'al! "
" Ma chi se ne frega, hai visto quel mostro?
Nessun dio avrebbe permesso una bestia simile, esistono solo morte e orrore.
"

" ZITTI TUTTI! "

La sua voce tuonò forte e chiara, priva di tentennamenti o paura. Quel comando gli diede un attimo di tregua, e per di più aveva attirato l'attenzione su di lui. I suoi occhi passarono da un uomo all'altro senza mai abbassarsi di fronte a nessuno, non poteva permetterselo. Sapeva cosa fare, perciò si schiarì la voce con un colpo di tosse e poi riprese il discorso, questa volta con tono calmo e disteso.

" Noi siamo fortunati, molto fortunati poiché non è di quella bestia che dobbiamo occuparci, lasciate il mostro ai nani e alle loro armate, lasciate che si distruggano a vicenda così che Taanach possa trionfare con poco sforzo, come si confà al più forte. "

La sua voce si fece più affilata e magnetica, più suadente, carica di una malia incantatrice che sperava li avrebbe sedotti. Prese con gesti lenti e misurati una carta dalle tasche della cappa e la gettò a terra: era l'arcana della Morte, la nera signora con tanto di falce e clessidra.

" Io sono Jace Beleren, il Cartomante, i cui occhi scrutano il futuro.
Ho già visto come finirà questa giornata, e i cadaveri saranno così tanti che anche la terra non ne potrà più della morte.
"

Il suolo si squarciò sotto i suoi piedi, e la breccia sputò fuori molti cadaveri di nani e demoni che si accumularono ai piedi del ciarlatano. Ma la sua non era negromanzia, solo una banale illusione, e forse l'incantesimo più adatto alla situazione.

" Si, cadranno anche alcuni di noi, ma nessuno si aspettava una missione perfetta.
Non è questo però il punto.
"

E su tutti i morti torreggiava quello grosso di un nano, la barba folta e una corona in capo. Si era fatto descrivere Jahrir, il loro obbiettivo, ed ora eccolo lì, sotto forma di cadavere.

" Il Fato non si inganna:
Jahrir perirà oggi.
"

L'immagine scomparve in un guizzo dorato, lasciando che il terreno tornasse brullo com'era stato fino a pochi secondi prima. Il suo ultimo trucco. Sperava solo che il pubblico apprezzasse il suo ingegnoso spettacolo, poiché proseguire da solo sarebbe stato molto più pericoloso.


specchietto

CS: 5 | Intelligenza 2 Prontezza 2 Maestria con le armi 1
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5



Stato Fisico: Illeso,
Stato Psicologico: Illeso;
Energia: 100 - 10 - 5 = 85 %

Mastigos:
I Mastigos sono più potenti ingannatori. Essi possono lanciare le sue tecniche di illusione, infatti, anche nel caso in cui fosse completamente immobilizzato ed imbavagliato: non avrà necessità di alcun movimento per ricorrervi né di pronunciare alcuna parola. Sono in grado di modificare a piacimento il tono, il volume e il luogo di provenienza della propria voce. Potrà farla suonare blasfema e cavernosa come quella di un demone; potrà ingigantirla al punto da assordare i propri avversari; potrà farla sembrare un sussurro proveniente da poco distante alle orecchie dei suoi alleati, e molto altro ancora. I più potenti possono inoltre fondersi nelle loro stesse illusioni. Fintanto che sul campo di battaglia sarà presente un'immagine richiamata da lui, infatti, egli potrà modificare a sua volta anche il suo aspetto, assumendo qualsiasi forma e dimensione desideri. Questa mutazione - seppur ingannando tutti i sensi dell'avversario - sarà tuttavia soltanto un'illusione e non donerà al possessore del dominio alcuna capacità aggiuntiva rispetto alle sue. Infine essi non svengono una volta raggiunto il 10 % dell'energia sebbene muoiano una volta esaurita la riserva energetica. Inoltre la sua aura risulta invisibile agli auspex di natura magica. [ Passive di Talento (I, II, III) e Razziale e Personale ]

Circolo di protezione dalla Magia:
Questo sortilegio gli permette di affrontare facilmente altri incantatori, non perché protegge la sua pelle dagli incantesimi, bensì lo rende capace di contrattaccare più facilmente. Ogni volta che un avversario utilizzerà una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno lo stregone guadagna 2 CS in Intuito. [ Pergamena Discendenza Arcana ]

Cappa degli Eterni:
Il più appariscente degli indumenti del Cartomante, un enorme drappo azzurro ricoperto di simboli argentei che cinge le sue spalle e lo copre fino alle caviglie, sotto la quale è però celato un robusto corpetto di strisce di cuoio, tinte del medesimo colore. L'armatura lo copre dalle spalle alla vita, lasciando però libere le braccia, garantendo così una completa mobilità ed una moderata protezione al busto. Quando la indossa tutte le tecniche offensive scagliate da Jace ad area saranno di potenza equivalente al consumo speso per castarle. Inoltre una volta che il cartomante avrà accumulato un danno Critico al fisico, guadagnerà 2 CS in Istinto fino alla fine della giocata. Una delle gemme incastonate nella cappa dona a Jace 1 CS in Maestria con le Armi. [ Armatura leggera al busto, Artefatto epico di caratterizzazione + Diamante ]

Sigillo dell'acchiappasonni:
Un ninnolo di capelli intrecciati delle tribù dello Xuraya che racchiude all'interno uno spirito maligno dei sogni. L'essere intrappolato al suo interno non solo è innocuo per il suo portatore, ma anzi lo fortifica. La potenza magica sovrannaturale della creatura gli permette di essere pari ai più grandi Illusionisti, aumentando i poteri del suo Dominio di un livello. L'essere inoltre conferisce la capacità di vedere l'invisibile, sotto forma di auspex di potenza passiva. Inoltre forte delle memorie e delle capacità dello spirito Jace è inoltre capace di utilizzare le pergamene della Classe Ladro. [ Cristallo della Conoscenza, Tomo Furtivo, Tomo Magico e Amuleto dell'Auspex - Cucito sulla cappa ]

Frusta:
Dalla rigida maniglia color terra bruciata nasce il corpo vero e proprio dell'arma fatto in un cuoio molto più chiaro intrecciato per due metri e mezzo alla cui estremità termina con una piccola lama curva, come un minuscolo kama, in ferro brunito, quasi nero; questa testa può essere rimossa. [ Arma da corpo a corpo - Legata al ventre ]

Carreg o Wythïen:
Il Becco del Colibrì è una lancia ricavata da un'unico tronco di legno lungo quasi due metri, fasciato con stringhe di cuoio sia all'estremità inferiore che a quella superiore. L'arma termina con un una testa in osso, ricavata da quello che sembra il teschio di un grosso volatile, ma nonostante le apparenze dimostra una resistenza pari a quella dell'acciaio. Sebbene l'arma possa essere scagliata con forza verso la preda, è stata ideata per il combattimento in corpo a corpo, portentosa per gli affondi e per mantenere la distanza dal nemico. [ Arma da corpo a corpo, Artefatto d'ambientazione - Legata sulla schiena ]

Le petites Thriompes:
Il secondo mazzo dei Tarocchi è composto da Cinquantadue carte divise in quattro semi, come molti mazzi da gioco, che forse hanno ispirato o da cui han tratto ispirazione. Esse sono di qualità altissima e nascondono un segreto: Venti di esse nascondono sotto una leggera sfoglia cartacea un'anima metallica e sono appositamente bilanciate per essere scagliate. Inoltre esse possiedono alcuni poteri magici.[ Arma da lancio, Artefatto epico d'ambientazione - Tasche interne della cappa - 20/20 ]


Riassunto: Jace viene catturato mentre lascia il posto dello scontro con Zaide, a conclusione del duello fra i due quando aveva rapito la bambina della strega. Viene liberato dalla sua prigionia a patto che uccida Jahrir, e a garanzia di tutto ciò trattengono la bimba a Taanach. Arrivati nei pressi della città di Qashra assistono alla scena descritta nel post introduttivo, e a quel punto Jace cerca di calmare gli animi usando L'Imperatore (perg. Menzogna) che rende le sue parole credibili, una malia ad area di potenza Media - la passiva della Cappa degli Eterni rende le tecniche ad area di potenza pari al consumo. Dice agli assassini che ha previsto la morte del loro obbiettivo per rassicurarli e mentre parla usa La Luna (Attiva del Talento) a Basso per generare un'illusione e rafforzare l'efficacia del suo discorso.

Tecniche attive usate

CITAZIONE
L'Imperatore: Lo Stregone può usare un'astuta malia che renderà le proprie parole credibili e indiscutibilmente vere alle orecchie di chiunque l'ascolti; a patto che spenda un quantitativo Medio di energie. Le vittime subiranno un danno di entità bassa Media alla mente, sotto forma di confusione. [Pergamena Menzogna]

La Luna: Jace è capace, spendendo un consumo Basso, di ricreare sul campo di battaglia un'illusione, ossia un'immagine priva di qualsiasi potenziale offensivo o difensivo ma in grado di ingannare tutti i cinque sensi del proprio avversario, e persino altri sensi aggiuntivi nel caso in cui ne disponga. [Attiva del I livello del talento Illusionista]

Note: Come mio solito, scusate per lo specchietto lungo ma ho preferito elencare per esteso tute le passive del personaggio, affinché siano di facile consultazione per tutta la giocata senza dover continuamente rimandare alla scheda. La prima parte del post riguarda la fine del duello con Zaide, il rapimento della sua bambina è stato concordato da entrambi. Anche il dialogo fra Jace e Lamrael Redskin è stato concordato con Lud.


 
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view post Posted on 30/5/2014, 17:41
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Ավազակ ~ Erdkun ~ Ամրոցը

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L'assedio di Qashra

Atto I

(Sharuk/Vahram [pensato], Karr’Rash, Horun l'Effimero, Caino.)



Gola di Nazashir ~ Mezzogiorno

Sharuk galoppava in sella al suo destriero scheletrico ormai da ore, esausto e ferito. Era riuscito a fuggire dalle mura di Ur’Lachesh per miracolo – o per pura fortuna. Aveva appurato con disappunto che il corpo di dell’umano era ben più fragile di quanto si aspettasse; forte sì, ma come ogni essere mortale, le sue limitazioni erano a dir poco ridicole.

La vista gli si stava annebbiando, era conciato decisamente male; dalla sua bocca grondavano rivoli di sangue che risaltavano sinistri sulla sua pelle cerea. Cercava di mantenersi stabile in sella accompagnando con le anche i violenti sussulti della groppa del cavallo, lanciato in corsa a rotta di collo.

Aveva trovato sulla strada i resti dei quattro conestoga. Le tracce del combattimento avvenuto erano ancora fresche: qualche cadavere di nano tra un mare di ossa sparpagliate per tutta la zona. Gli artefatti erano spariti. Non era chiaro chi avesse avuto la meglio, ma il solo fatto che i carri fossero stati raggiunti gli fece temere il peggio. Mentre cavalcava rapido verso la gola di Nazashir, tremava al solo pensiero della punizione che gli avrebbe riservato il suo padrone. Lo aveva ribadito chiaramente.

Questa sarebbe stata la sua ultima possibilità.

Appena raggiunse il punto di ritrovo, il cuore gli saltò in gola.

Un intero esercito di non morti invadeva la forra come un immenso lago nero putrescente, sovrastato da stormi di ombre irrequiete e sussurranti. Tutte le legioni di El Kahir in assetto di guerra.

Avvistò, ammucchiati in un piccolo spiazzo, tutti gli artefatti che lui e suoi uomini avevano sottratto da Ur’Lachesh. Tirò un sospiro di sollievo nel notare che gli obiettivi della missione non erano andati perduti. Arche, altari, scettri, armi di ogni genere e diverse pile di astucci e custodie contenti oggetti ancora ignoti. A difendere quel mucchio di tesori riconobbe il mezzodemone Karr’Rash, seduto su una cassapanca intarsiata; sembrava ferito. Tarkan, il cavaliere nero ex mamūluk turkemanno, inconfondibile, se ne stava ritto sull’attenti di fronte alla sua gloriosa Squadra dei Leoni Neri, che circondava il sito in formazione a quadrato. Vi era un’altra figura al centro, insieme a loro.

E proprio quella lo fece precipitare nel terrore.

Si fece strada avanzando e spintonando tra le torme immobili e silenziose di scheletri e cadaveri ambulanti in decomposizione. Un tempo fieri guerrieri dell’Impero Sulimano, ora quegli sventurati erano divenuti gusci vuoti, grottesche marionette abitate dalle ombre abissali o dai demoni nabassu, i possessori di carcasse.

E proprio Lui, a capo di tutte le armate, era giunto in quel posto desolato.

«Dunque sei sopravvissuto, Sharuk.»


Il cadavere usurpato del mago nero Yusiris Machbeth, l’ex Gran Consigliere Imperiale, parlò senza muovere le lebbra gelide. Passeggiava claudicante ammirando con occhi vitrei il cumulo di oggetti magici. Le sembianze corrotte dell’incantatore, la sua barba puntuta e irsuta, i suoi capelli canuti e ossidati, celavano in realtà un’entità dal potere terrificante: il nuovo sovrano di El Kahir, Horun l’Effimero, il Grande Nabassu.

«Mio Signore.» Sharuk, si prostrò ossequioso. La voce gli tremava. «Come potete vedere, la missione è andata a buon fine.»

«A buon fine un cazzo!» Berciò Karr’Rash, la sua faccia dai tratti elfici era contratta in una smorfia di rabbia e dolore. Con una mano si stringeva l’avambraccio destro, appoggiato su un panno lordo di sangue. In diversi punti del suo corpo rivoli vermigli rilucevano risaltando sulla sua pelle bluastra.

«È solo colpa tua! Saremmo dovuti partire almeno tre ore prima. E tu invece? “Ah, no non possiamo andarcene, perché manca un solo fottutissimo oggetto!” Ti rendi conto che hai messo in pericolo noi e l’intero carico solo per recuperare un cazzo di specchietto? Tutto doveva essere perfetto, eh? Ma vaffanculo! Tre quarti della squadra sono stati distrutti, pure quel fetente di Hanar e i suoi uomini sono tutti morti. Se non fosse arrivato Tarkan a soccorrerci con uno squadrone di catafratti, mandando in rotta i nani, saremmo stati massacrati! Come pensavi che potessimo fuggire col sole alto, in pieno... pieno...» Appena si accorse dello sguardo dell’arcidemone puntato su di lui, frenò il suo sfogo di rabbia e chinò il capo. «S-Scusatemi...» Sibilò.

«Perché hai fatto una cosa simile, Sharuk?»


Domandò Horun, con la sua solita sinistra pacatezza, rivolgendosi nuovamente al suo antico pupillo.

Chiunque conoscesse i suoi modi di fare, non si lasciava ingannare dalla parlantina cortese dell’arcidemone. A differenza di molti altri suoi simili, la sconfinata ambizione che lo muoveva era morigerata da accurati calcoli e un agire oculato. Sharuk, a differenza altri sprovveduti, conosceva fin troppo bene il suo signore... e rabbrividì al pensiero di cosa stesse passando per la mente di Horun in quel momento.

«Era il Wúshēng Yǎn.» Balbettò, tremante. «Uno dei più importanti della lista, non potevo lasciarlo indietro.»

Horun, avanzò verso il cumulo e spostò con la mano alcuni bastoni magici e armi placcate con metalli preziosi e tempestate di gemme, passandoli sbrigativamente in rassegna.

«E non l’unico. Qui vedo diversi artefatti di potenza considerevole, fossi stato in te, avrei salvato questi, piuttosto che tormentarsi per un... eccesso di scrupolo. Ti avevo chiesto gli artefatti, non una sciocca dimostrazione di zelo.»

Riesaminò un’ultima volta la merce, più per dare teatrale gravità alle sue parole, che per accertarsi che non mancasse nulla. Poi riprese a parlare.

«Se tutta la merce è giunta in salvo è solo grazie a un fausto colpo di fortuna. Comunque sia, la missione è andata a buon fine, i nostri alleati saranno soddisfatti, e anche noi avremo la nostra parte. Ora abbiamo altro a cui pensare...»

Con terrificante alterigia inchiodò Sharuk con il suo sguardo traboccante di gelo infernale.

«Dagon ha parlato. Ci dirigeremo a Nord, e porremo assedio alla roccaforte nanica di Qashra insieme al resto dell’orda.»


Sharuk si erse in ginocchio, supplicando il suo padrone con le mani giunte.

«Avevate promesso, mio Signore. Vi prego, riconsegnatemi il comando delle armate: ho avuto successo. La missione è compiuta. Giuro che non vi arrecherò altri dispiaceri. Mai più!»

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Horun si limitò a guardarlo con aria di sufficienza, come un genitore costretto a occuparsi di un bambino che non impara mai dai suoi errori.

«La missione è compiuta. Ma tu mi hai deluso...»

Sharuk ebbe un sussulto.

«Sarà Tarkan a comandare le mie legioni. Ti atterrai ai suoi ordini. Tu, Sharuk, tornerai al comando della Squadra dei Gracchi, cavalleria leggera. Ti pongo ancora una volta al comando, ma ciò non significa che scamperai alla punizione che ti aspetta.»


Sharuk abbassò lo sguardo, contrito e frustrato. Lo rinfrancò solo il misero sollievo di non essere stato trucidato sul posto, ma forse non era ancora il momento di rilassarsi: appena fossero tornati nella città imperiale, avrebbe dovuto aspettarsi i peggiori destini che un demone possa subire. Sperò con tutta la sua anima che il suo signore intendesse metterlo alla prova un’ultima volta in battaglia, ma nel profondo sapeva: Horun manteneva sempre la parola data, non ci sarebbe stato scampo.

Disperò ogni salvezza.


Horun ignorò la sua reazione e continuò a parlare, il suo tono si fece più cupo, più impaziente.

«In questo momento non abbiamo tempo per simili inezie: la guerra attende.

Penserò più tardi a quale destino riservare a un inetto della tua sorta.
»


Inspirò come per inebriarsi del lezzo di famelica bramosia che fumigava dalle sue schiere, mentre la sua figura si ricopriva di un tetro manto di pura e agghiacciante energia negativa, due imponenti ali nere spuntarono dalla sua schiena. Alzando gli occhi al cielo, scrutò a Nord, lontano, oltre l’orizzonte, oltre le montagne, posando infine lo sguardo sull’inespugnabile fortezza scavata nella montagna a centinaia di miglia di distanza.

«Altra morte... finalmente.»


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Qashra ~ Esterno delle mura

Un’aria afosa e stantia aleggiava mefitica in mezzo alla torma di demoni che si estendeva infinita per tutta la piana. Di fronte a quella selva di arti grifagni, teste cornute e tentacoli uncinati, s’innalzavano le mura e i bastioni di Qashra, solide e imponenti quanto la montagna in cu erano incastonate.

Da quando avevano lasciato la gola di Nazashir, lo spirito di Vahram sembrava essersi eclissato. Non recalcitrava più, non parlava più. Anche quando si trovava vicino al Wúshēng Yǎn, il piccolo specchietto d’argento. Forse era caduto nella disperazione dopo aver assistito agli ultimi respiri della sua amica Fanie, oppure la sua energia vitale si era consumata quasi del tutto mentre cercava inutilmente di ostacolarlo.

Appena aveva scorto quale mostruosità le Furie avevano in serbo per espugnare la fortezza nanica, si era separato dalle schiere di El Kahir avvicinandosi per osservarla meglio. Al suo seguito, vi era la sua scorta di cavalieri capeggiata da Özcan, il suo laconico vice ufficiale: un cadavere ormai scheletrico ed emaciato dalle orbite vacue e inespressive. Un manipolo di aramani – ironia della sorte –, per la maggior parte arcieri a cavallo.

Sharuk rimase attonito ad ammirare quella meraviglia dell’Abisso per istanti di estasi e paura che parvero interminabili. Mai in tutta la sua esistenza aveva visto una creatura tanto imponente e terrificante. Nonostante quel mostro fosse stato convocato per perpetrare la loro causa, seminava tanta euforia quanto sgomento persino negli animi dell’esercito demoniaco.

Fu in quel momento che scorse un uomo in mezzo a quella torma sbraitante di aborti infernali. Non sembrava né un dannato, né un posseduto; a prima vista nessuna traccia di corruzione immonda risaltava sul suo corpo. Agli occhi demoniaci di Sharuk non sfuggiva la pura umanità, e quell’individuo dava l’inequivocabile impressione di non averla ancora perduta, o almeno non del tutto. Il volto coperto da una maschera, ammantato da un’aura di enigmatica alienità, pareva contemplare anch’egli il titano con ammaliante sussiego.

Circolavano notizie di un essere umano talmente potente da aver soggiogato un’orda di demoni al proprio comando. Il sesto senso del nabassu gli diede il sentore che si trattasse proprio quell’individuo.

Allettato dalla curiosità, Sharuk spronò il suo cavallo scheletrico e, seguito da Özcan e il resto della scorta, si avvicinò all’uomo.

«Ma guarda...» Esordì ghignante, esibendo uno sfacciato e artificioso stupore. «Avevo sentito delle voci su un umano al comando di un'armata di demoni. Non ci avrei creduto, se non lo avessi visto con i miei occhi.»

Il figuro si voltò flemmaticamente verso il guerriero maledetto.

«Noi siamo Caino della stella nera, Reggente di Basiledra e signore dei Quattro Regni...» Sospirò l’umano con aria di sufficienza, fissandolo appena. «Non un umano qualunque...» Soggiunse. «E se il fato ci propizia con l'opportunità di insegnare ad un cumulo di bestie cosa significhi organizzare un esercito, non ci tireremo indietro.»

Caino lo scrutò da dietro la faccia inespressiva della maschera, squadrandolo dall’alto al basso.

«Tu sei l'unico uomo in tutta la piana; l'unico, probabilmente, dotato di un po’ di buon senso.»


Fu solo una sfuggente impressione, forse un’illusione, ma dalla sua voce pareva trasparire un indistinto senso di sollievo, di effimera fiducia, quasi come se provasse un qualche conforto nel vedere un esemplare della propria razza.

«Dimmi: vuoi collaborare con noi?» Proseguì. «Il Sovrano ripaga molto bene coloro che assolvono ai compiti derivanti dal suo dogma.»


I quell’istante Sharuk si accorse che Özcan e gli altri, inizialmente al suo fianco, si erano allontanati di alcuni metri da Caino, come se la vicinanza di quell’umano incutesse loro timore o percepissero un qualche pericolo. Non passò molto prima che s’avvedesse anche lui del perché. Improvvisamente le sue membra si fecero più pesanti e la testa gli cominciò a girare: l’aria intorno al reggente pareva risucchiargli le energie dai muscoli e la lucidità dalla testa. Indietreggiò anche lui, cercando di allontanarsi da quella strana aura logorante. Il suo ghigno si storse, trasformandosi per un attimo in una sfuggente smorfia di spavento, ma subito dopo il suo volto tornò a sfoggiare il suo solito riso arrogante, seppur intaccato dalla soggezione nei confronti dell’uomo.

«Non un umano qualunque... è palese...» Replicò Sharuk flemmatico, continuando a fissare impressionato e al contempo divertito il suo interlocutore.
Colse vagamente la vera potenza di quel mago: certamente era una persona contro cui era meglio non mettersi, ma non si aspettava di ricevere da lui una simile confidenza. Forse gli riservava una certa fiducia solo perché aveva l’aspetto di un essere umano? Prima ancora di aver udito il nome o le intenzioni del cavaliere che aveva davanti, già cercava di tentarlo con una proposta?

Inizialmente al demone sembrò un risvolto buffo, sciocco... ma quando scorse l’irremovibile decisione e sicurezza che illuminava gli occhi di Caino, capì che era maledettamente serio in ciò che diceva.

L’insulto che aveva ricevuto da Tarkan e dal suo signore gli bruciò di nuovo nella mente. Era stato umiliato, eppure aveva rischiato la vita per compiere la sua missione. Lui meritava molto di più. Vinto dalla curiosità, non vide nulla di male nell’ascoltare l’offerta dell’umano, fintanto che non avesse cercato di danneggiarlo.

«E ambizioso, senza dubbio...» Seguitò sorridendo, lanciandogli uno sguardo di cauta intesa, lasciando intendere il suo crescente interesse.

«Al Patchouli, Cavaliere Nero e qa’id delle armate di El Kahir.» Si presentò, cercando di darsi un po’ di tono, imitando alla perfezione il suo ospitante, sperando di continuare a far leva su quella apparente condiscendenza di Caino verso gli umani.

«Devi essere un potente stregone... o un pazzo... per sentirti così sicuro di te stesso. Davvero pensi di riuscire a governare un intero esercito di demoni come se fosse una cricca di mercenari? Hahaha...» Ridacchiò con voce gracchiante. «Come credi di guadagnarti la loro obbedienza?»

Lo stregone ammiccò verso il titano che torreggiava sopra le orde di demoni.

L’aria di scherno di Sharuk disparve, il suo volto si adombrò all’improvviso, come se un nefasto presagio lo avesse raggiunto. I suoi occhi sbarrati fissarono il gigantesco demone, per poi tornare a incrociare increduli lo sguardo di Caino.

«Non intenderai fare ciò che penso?!» Esclamò, senza fiato.

«È evidente che loro comprendano solo il linguaggio della forza.» Asserì, freddo. «Tu cerca di saltare in groppa a quella bestia.» Disse, indicando il mostro.

«Al resto ci penseremo noi.»


Sharuk aveva sempre avuto l’indole di un codardo, sempre pronto a pugnalare il nemico alle spalle, sempre pronto a fuggire. Ci mise alcuni secondi a rendersi conto di ciò che aveva appena sentito. Rimase sorpreso dalla naturalezza con cui quel mortale gli chiese di eseguire un’impresa simile. “Cerca di saltare in groppa a quella bestia?” Domare il più grande demone che sia mai emerso dalle profondità dell’Abisso? Si rendeva conto di ciò che stava dicendo?

Rimase fremente, combattuto tra l’ambizione e il terrore. Nessuno tra i demoni osava avvicinarsi alla creatura, tanto immensa e terribile era, e un umano stava considerando di domarla? Inizialmente sospettò un imbroglio, ma poi ci ripensò. Quali erano le alternative, in fondo?

Trascinare la propria esistenza come un verme al servizio di Tarkan o di Horun, finché per un capriccio del suo padrone non fosse stato rigettato nell’Abisso per essere smembrato e seviziato come un anonimo pezzo di immondizia?

Oppure rischiare...

Di tanto in tanto accadono opportunità uniche, per cui varrebbe la pena rischiare la vita tentando di guadagnare qualcosa di più. Ma in quella istanza... la posta in gioco era la più grandiosa che fosse mai apparsa in secoli e secoli: cavalcare il titano, ottenere la testa del re senza l’aiuto di alcun esercito, superare e punire chiunque in passato lo aveva chiamato “nullità”.

Immaginare il suo nome, Sharuk, pronunciato con terrore dai suoi nemici e con riverenza dai suoi simili.
Immaginare schiere su schiere di demoni al suo comando,
forgiare il destino di continenti interi.


Vahram, il grande cavaliere.

Al Patchouli, della stirpe perduta degli alani d’Aramania.

Lui poteva. Con quel corpo poteva.

E soprattutto... chi altro poteva vantare un alleato potente? L’unico essere che in quel periodo buio gli avesse promesso ricompense e potere. L’unico che non lo vedesse come un insetto in mezzo a un formicaio.

Caino.

Fidarsi di lui era un rischio, ma un rischio che forse valeva la pena azzardare.


L’esaltazione e la bramosia sovrastarono fino ad eclissare ogni codardia. Sì... si sarebbe vendicato su chiunque lo avesse insultato. I suoi occhi passarono ripetutamente dal mostro all’incantatore. Sul suo volto fiammeggiava un sorriso diabolico colmo della più sfrenata ambizione e megalomania.

Ghignando roco e sinistro, lanciò a Caino un ultimo malefico sguardo d’intesa. Lo sguardo eloquente di chi non necessita di ulteriori spiegazioni. Aveva già un piano.

Girò il suo destriero e sparì al galoppo tra le schiere di demoni seguito dai suoi bruti.

«Özcan!»

Il suo ufficiale spronò il proprio cavallo non morto e si mise al suo fianco.

«Torna all’armata. Voglio qui tutti i miei uomini, pronti ad agire. Ordina di trovare e portare ogni corda e rampino che riuscite a trovare. Se qualcuno osa opporsi, uccidetelo. Dobbiamo agire in fretta, non tollererò lamentele o insubordinazioni. Ora va’!»

Il cavaliere non morto dai lineamenti emaciati e le orbite vuote e languide abbozzò un pigro e perplesso cenno di assenso, prima di allontanarsi con il resto della truppa.

Sharuk si diresse verso il bestione dalla testa a martello che si stagliava terrificante all’orizzonte.

La sua euforia non sciamava. Sarebbe andato fino in fondo.

Solo l’ombra del tradimento e del raggiro lo crucciavano.

Avrebbe tenuto d’occhio... quel Caino.


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I cento cavalieri dannati della Squadra del Gracchio sotto il suo comando, si radunarono all’ombra di una grande roccia nelle vicinanze del mostro. Intorno a loro vi era un brulicare di demoni dalle forme e dimensioni più bizzarre: piccole creature alate dalla coda a freccia grandi quanto galline, naga dal busto di donne seducenti e una lunga coda di serpente nella parte inferiore del corpo, sciami di cavallette infernali che ronzavano a centinaia sopra le teste dei guerrieri, aracnidi dalle innumerevoli gambe grandi quanto un cavallo, giganti cornuti con quattro braccia alti come quattro uomini, soldati corazzati dalle forme lontanamente umanoidi e gli occhi iniettati di sangue che brandivano minacciose armi del colore dell’ossidiana inscritte di rune rubiconde e infinite altre schiatte di immondi che Sharuk non aveva mai visto prima. La sola vista di quella varietà lasciava solo lontanamente intendere quanto fosse immenso l’Abisso.

Dal suo destriero scheletrico, il guerriero maledetto cominciò a berciare verso le schiere che lo circondavano.

«Stirpi dell’Abisso! So bene quanto fremete dal desiderio di squartare, smembrare e spappolare quei deboli mortali rintanati come topi nella fortezza di Qashra! Ma non arriverete nemmeno alle pendici della montagna finché le mura vi bloccheranno il cammino. Le fortificazioni dei nani sono invalicabili, difese da armi e tecnologie avanzate. Un qualsiasi assalto s’infrangerebbe su di esse come onde su una scogliera! Solo una cosa potrà schiantarle!» Indicò il titano, a poche centinaia di metri da loro. «Quel mostro fuori controllo! Io lo soggiogherò! Noi lo soggiogheremo!» Disse protraendo la mano verso un crocchio di possenti demoni urlanti. «Chiunque di voi abbia la forza di dieci uomini o la tenacia di un colosso, chiunque abbia il coraggio di compiere questa impresa mi segua! Afferrate corde e rampini! Venite con me!»

Sollevò il pugno verso il cielo ribollente di nuvole tempestose.

«Insieme domeremo la bestia!

E stanotte... banchetteremo con carne di nano davanti al trono di Qashra!
»


Detto questo, ordinò ai maledetti della Schiera dei Gracchi di equipaggiare e arruolare chiunque si fosse fatto avanti per unirsi alla sua causa.

Anche con la forza di cinquecento uomini, Sharuk dubitava che sarebbero riusciti a contrastare la forza della bestia. Forse fiaccandola in qualche modo avrebbero avuto più possibilità.

Sicuramente avrebbero dovuto tentare per scoprirlo.


Stare all’ombra di quella creatura mastodontica era un’esperienza sconvolgente e adrenalinica. Ogni suo respiro rimbombava con la potenza di un tuono. Ogni rugghio assordava chiunque si trovasse a poca distanza. Inutile dire tutti i demoni dell’orda fuggivano al suo appressarsi, creando un largo spazio vuoto intorno al mostro. Nessuno osava avvicinarvisi.

Sharuk galoppava a tutta velocità, cercando di portarsi di fronte al demone. Scorta la testa, aprì il mantello come due ampie ali di corvo. Improvvisamente dalle sue vesti emerse una gigantesca nuvola vorticante di petali neri come ombre notturne che sciamò frusciando rapida e ondeggiante verso il capo a forma di martello del titano, apprestandosi a immergerlo in un limbo di visioni di morte e distruzione.

Il cavaliere maledetto passò avanti e tagliò la strada alla bestia. Si erse di fronte ad essa e intonando alla perfezione la voce stentorea e persuasiva che tanto bene padroneggiava il vero Al Patchouli, tentò di comunicare con il mostro.

«O nefanda bellezza!»

La sua voce echeggiò nella piana, sovrastando il pandemonio provocato dall’orda di demoni.

«O meraviglia!

O sogno!
»

Lo lusingò.

«Bada a dove vai. Usma la rovina contro cui ti stai dirigendo.»


Lo ammonì, sperando che la sua malia avesse fatto effetto, dandogli un assaggio della morte che lo avrebbe aspettato nel momento della sua distruzione, o che per lo meno ne avesse fiaccato la mente.

«Tu che t’innalzi imponente sopra ogni creatura,
tu che scuoti la terra ad ogni passo e col tuo alito spazzi le nubi.
Nell’Abisso regnavi sovrano e invitto tra le progenie immonde,
ma in questo mondo a te ignoto t’ergi fra noi come un colosso infante.
»

Indicò all’essere le gigantesche cortine murarie di Qashra.

«Alla sommità e oltre quelle muraglie, in nani posseggono subdole armi in grado di ferirti, in grado di ucciderti!
Ascoltami, o Possente. Non supererai indenne le loro difese, non senza una guida!
»

Alzò le mani, proferendosi in un ampolloso gesto ieratico.

«Io conosco questo mondo meglio di chiunque altro tu veda in questa orda.

Accoglimi tra le tue corna. Sarò gli occhi che scongiureranno ogni minaccia!
Ospitami accanto alle tue orecchie. Che io possa sussurrarti la via!
Portami con te. Che io possa governarti!
»

Stette in silenzio per un momento, fissando intensamente il mostro negli occhi.

«Concedimi l’onore di essere il tuo cavaliere!

Poiché senza briglie andrai verso la rovina.
»

Concluse la preghiera alzando la mano, come per invitare il colosso ad avvicinare il suo muso.

«Non temere.

Abbassa la testa, che io possa salirvi.
»


In quel momento solenne, tutti i suoi muscoli erano testi. Combatteva per frenare il terrore con tutte le sue forze. L’ultima cosa che si augurò prima di tacere, in attesa di una risposta, era che tutto andasse secondo i piani.

Ora doveva aspettare solamente che Caino facesse la sua parte.


Non che si fidasse totalmente di quel mortale, ma senza di lui probabilmente non sarebbe riuscito a domare la creatura. In ogni caso, aveva cercato di premunirsi per quanto poteva contro l’eventualità che il vincolo con funzionasse: se qualcuno dei demoni che aveva arringato avesse risposto alla sua chiamata, armati di corde, lacci e rampini questi avrebbero aspettato un suo semplice ordine per cercare di imbrigliare il grande immondo e con la forza costringerlo ad abbassare il capo, in modo che Sharuk potesse salirci.

Sperò solo che nessuno dei suoi lo avesse abbandonato.


Ad ogni modo il guerriero maledetto era talmente ebbro di ambizione da non badare nemmeno più alla sua incolumità. Ormai era in ballo e da quel punto non poteva più tornare indietro. Avrebbe cavalcato quel prodigio dell’Abisso anche a costo di arrampicarsi per tutto il suo corpo fino ad arrivare in cima, aggrappandosi alle sporgenze e le placche ossee che lo corazzavano.

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«Dovresti essermi riconoscente, Vahram...»

Parlò silenziosamente nella sua testa, rivolgendosi al suo tristo passeggero.

«Pensa a ogni despota, a ogni rodomonte... a ogni odiato nemico che credevi insuperabile.
Da lassù sembreranno tutti quanti formiche.
»

Sogghignò.

«Ti affibbi il titolo di “cavaliere” solo perché il tuo popolo da secoli cavalca quelle ridicole bestie villose e maleodoranti che chiamate Yomud.

Ma quando ti porterò lassù come ti chiameranno? Non cavalca draghi, non cavalca viverne, non cavalca demoni.

Per tutto l’Akeran sarai Il Cavaliere!
»



Personaggio
Vahram Nenad Akrtchyan ~ Al Patchouli

En./Per.: V/E

Cs: (4) 2 Tattica, 2 Intuito

Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

Corpo: (Illeso) Illeso.
Mente: (Danno Medio) Danni alla mente (Medi).
Energia: 100-10-5= 85%


Armi:
Yen Kaytsak: infoderata.
Arco: infoderato.
Spada: infoderata.
Ferro: nascosto, nella manica.
Pistola: nella mano destra.
Armature: Mantello, brigantina.

Oggetti: Biglia dissonante.


Munizioni
Faretra: 15
Pistola: 5



Abilità Passive
[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli uomini sono famosi per non possedere né una gran forza né un'eccellente velocità, quindi la maggior parte di loro hanno puntato tutto sulla magia, l'unica branca a loro disposizione. Grandi maghi e stregoni, il loro corpo porta una dote innata a favore di queste arti, come se fosse stato forgiato apposta. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un uomo non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.


Tecniche attive utilizzate
[[2/10] Funerale celeste (Tecnica personale offensiva di natura psionica) ~ Consumo Variabile Medio+autodanno Medio= Alto (50% autodanno alla Mente, 50% Energia - potenza minima: Media)]
~ Talis Mahkanats’u Mnum e Yerkink, aper...
Questa tecnica offensiva ha natura psionica e prende di mira un bersaglio singolo. Al momento del lancio, il consumo è suddiviso 50%-50% tra Energia e autodanno alla Mente.
Un turbine di petali variopinti si manifesta intorno ad Al Patchouli. Petali scelti appositamente, di fiori sacri con cui gli Aramani circondavano i defunti. Ad ammirarlo pare talmente meraviglioso da sembrare uno spirito della primavera immerso in una mulinante danza, ma appena il ciclone di petali e fiori avvolge uno sventurato bersaglio l’incanto si trasforma in orrore. Ciò che fa muovere i petali è infatti una gigantesca nuvola di polvere mentale aggregata a salvia negromante: una terrificante droga allucinogena.
Le visioni provocate da questa pianta sono a dir poco sconvolgenti: la vittima sperimenta il trapasso, l'abbandono dell'esistenza terrena. Il corpo sembra separarsi dalla coscienza, i sensi esulano dalla realtà; chi assume questa droga è obbligato a guardare sgomento ciò che vedrebbe se fosse a un passo dalla morte.
Chiunque abbia sperimentato i suoi effetti racconta di allucinazioni traumatiche: alcuni dicono di aver visto tunnel di luce o apparizioni dei propri dei, o provato l’illusione di trasformarsi in un oggetto, una pianta o un animale, di essere un’altra persona, di guardare se stessi dall’esterno, di trovarsi in più posti contemporaneamente o di venir ghermiti da mostri o da entità oscure; altri invece testimoniano di aver rivissuto momenti del passato – soprattutto dell’infanzia – o addirittura di aver scorto fumose visioni di tempi lontani, dell’antichità o del futuro.


[[3/10] Parola di mercante (Tecnica personale offensiva di natura psionica) ~ Consumo Basso]
~ Sicuro! È così, aper. Parola del caro vecchio Azad.
Gli anni passati a girovagare e a imbonire la propria merce non possono che aver affinato le abilità retoriche di Vahram. Non è facile resistere alla sua insistenza e al suo naso per il negozio. Ogni cliente è ignaro di avere bisogni reconditi che solo gli occhi sagaci di un mercante possono notare. Imbonire è un’arte: è necessario saper indossare la maschera giusta davanti alla persona giusta, abbinare le giuste parole alle orecchie giuste e mostrare gli oggetti giusti agli occhi giusti.
Il vero lavoro di un mercante non è vendere le proprie merci, ma saper acquistare i propri clienti.
I consigli, le provocazioni, gli inganni e le minacce di Vahram possono essere tanto convincenti da persuadere chiunque. Chi ascolta le sue parole è portato a credere che tutto ciò che suggerisce sia una buona idea.
L'umiliazione o la sorpresa di essere stati gabbati o suggestionati si traduce in un danno Basso alla mente.


Tabella riassuntiva
Sunto: Scusate il mio solito post titanico. Dato che dovevo dare una continuazione agli eventi del duello, ho messo una scena che si attacca subito dopo la fine.

Dunque... Sharuk e Caino s'incontrano sul campo di battaglia. Sharuk, mosso dall'ambizione e dal desiderio di vendicarsi verso i propri superiori che lo hanno punito e umiliato nonostante si fosse prodigato così tanto a Ur'Lachesh per la riuscita della missione, decide di collaborare con Caino.
Il compito di Sharuk consiste nel cercare di salire in groppa al demone.

Dunque, insieme alla schiera sotto il suo comando, raccattano tutte le corde e rampini (che in teoria sarebbero stati usati durante l'assedio) che riescono a trovare e arringa i demoni circostanti, soprattutto quelli più grossi e muscolosi, cercando di convincerli a seguirle e aiutarlo nell'impresa.

Dunque si dirige verso il demone e gli lancia addosso Funerale celeste a potenza Alta (Medio+autodanno Medio) per mostrargli - sperando - immagini della propria distruzione, o per lo meno fiaccarlo mentalmente con una psionica.

Subito dopo gli taglia la strada e ponendosi di fronte a lui usa Parola di mercante (Basso) per avvertire il demone dei pericoli che si celano nella fortezza e tantare di convincerlo ad abbassare la testa così da permettergli di salirci sopra e in un certo senso "governarlo/cavalcarlo" sussurrandogli all'orecchio. Dato che si tratta di un demone, l'ho considerato grossomodo una creatura itnelligente.

Se le malie psioniche non dovessero funzionare, sperando che qualche demone che aveva arringato prima lo abbia seguito, ordinerebbe ai suoi seguaci di usare le corde e i rampini per imbrigliare la testa del demone (sempre sperando sia fiaccato dalle psioniche) e abbassarla tutti insieme con la forza... o almeno tentare di farlo.

In ogni caso, se tutte le strategie fallissero, Sharuk tenterebbe di arrampiacarsi di nascosto sul demone sfruttando ogni cosa o ogni appiglio che riesca a trovare.

Specifico che Sharuk è convinto che Caino cercherà di aiutarlo.

NB: 1) Ovviamente la scena d'interazione e il piano sono stati concordati insieme a Janz, che ringrazio. ^^

2) All'inizio dell'assedio ho trattato le "mie" truppe (la Squadra dei Gracchi) autoconclusivamente a fine scenico, ma dal momento in cui Vahram inizia ad arringare i demoni, ho lasciato tutto in sospeso per evitare autoconclusioni nell'azione col mostro. Nel senso, i demoni e le mie truppe potrebbero, per esempio, non seguirmi per paura o altro, vanificando la seconda parte del mio piano. Ovviamente tutti gli eventi possibili sono a discrezione del qm. ^^

EDIT: lol, scusate, stavo correggendo dei refusi. Non mi ero accorto che Janz aveva postato. :facepalm:
Vabbè, nulla. Meglio che mi tolga questo vizio.



Edited by Orto33 - 30/5/2014, 19:06
 
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view post Posted on 30/5/2014, 17:47
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« Jahrir Gakhoor »
Il demone scivolava silente sulla sabbia, come mosso da immense spire agitate al di sotto del terreno. Era naturale, quasi inamovibile in quel sentenziare imperioso che decretava del destino di innumerevoli cuori o volontà. In particolare, si tramandava la sofferenza ed il sangue entro il quale sarebbe maturato il tramonto delle speranze delle terre del sud; invero, si decretava della morte delle speranze dei nani e del patetico esercito che rifuggiva dal boato dell'Abisso.
« Chi? » Caino camminava al suo fianco, seguendo il passo quanto più compiutamente gli fosse possibile. Non era un demone e non gli era possibile scivolare con altrettanta oscura grazia sulla sabbia rovente e densa del deserto. Affondava un piede e lo sentiva scivolare nel profondo, incastrarsi nella pressione della terra ed arrancare in un ammasso informe e pastoso, prima di riguadagnare l'aria con uno sforzo muscolare. E giù, poi, un altro piede: un altro passo più avanti, tediandosi - a fatica - per coprire pochi metri. Il demone, invece, era già più distante, superandolo ed assecondando quel cammino con una agiatezza quasi fastidiosa.
Il Priore, di tanto in tanto, scuoteva il capo nervoso. Quindi, imprimeva un sonoro stacco ai muscoli delle proprie gambe e si sforzava di accelerare il suo incedere, stancandosi poco di più, ma rimanendo entro lo sguardo del suo buio accompagnatore.
« Comanda il suo popolo; lo inseguiamo da giorni, ormai » disse il demone, librando lo sguardo verso l'orizzonte. Intorno a lui, ovunque v'erano demoni ed ammassi ferali. Si distinguevano tra loro per diversità, ruggiti, corna ed altro, ma - in realtà - era come se non si distinguessero affatto. Tutti insieme si dipanavano sulla piana di sabbia come una macchia d'inchiostro scuro, che cingeva ogni lato del perimetro, fino a spandersi entro i bordi più lontani. Era come vedere un immenso branco di scalmanate fiere, che si agitavano, lottavano finanche tra loro, ma - sopratutto - avevano la caparbia capacità di riempire totalmente un antro immenso di mondo, soffocando ogni altra forma di vita ed ogni resistenza che potesse compiere, o sperare di compiere, l'impresa assurda di contrastarli. Era caos diffuso e distillato in milioni di creature informi che ne manifestavano la brutalità in ogni angolo che lo sguardo potesse scrutare.
Il colpo d'occhio era fatale e disarmante. Chiunque avrebbe strozzato un sussulto entro le labbra e trattenuto a stento un collasso. Ogni speranza filtrata a stento entro quelle dune immense, infatti, terminava al limitare di quella valle, divorata a morsi dalla massa informe di oscurità, di occhi e di artigli che schioccavano, ringhiavano e scrutavano in ogni direzione.
Era insano anche solo pensare di contrastarli. Era impossibile, in verità, sperare di sopravvivergli.

Eppure, Caino aveva la scienza dalla sua parte.
Teneva stretta quella realtà come l'unica speranza che gli consentisse di mantenere la calma. La stringeva tra i denti, quasi temesse di pronunciarla o di giocarsela malamente in uno sventurato slancio di impazienza. Doveva mantenere la calma e decidere lucidamente come giocarsi le sue carte, con la freddezza e la costanza cui era solito articolare i suoi pensieri.
Benché le condizioni, invero, lo ponessero in assoluto sconforto rispetto al solito; non era come riflettere sulla sua scrivania, nel Cuore di Marmo.
Non era affatto come pensare alla brezza del vento di Basiledra, sotto la luce tremula della sua candela.
Erano istanti strozzati, a pochi passi dal fiato caldo di centinaia di bestie irate.
Pronte a divorare chiunque al primo gesto inconsulto.

« نظرة »
Guarda

« Ora si è rintanato tra le mura cadenti di Qashra » aggiunse, laconico « al fianco di quelle dune. »
Il demone distese il braccio, distendendo il muscolo contorto di vene e scura pelle entro l'aria calda del deserto. Poi, indicò col dito, ponendo l'artiglio scuro entro i vertici del proprio sguardo. Seguendolo, Caino identificò delle rovine cadenti entro i cumuli di sabbia circostanti; si ergevano come lamenti dalla sabbia, piegandosi poco di lato - di tanto in tanto. Le mura circondavano edifici tozzi e bassi, anch'essi rovinati dalle correnti del deserto e lambiti a più riprese dalla sabbia. Erano i resti poco vigorosi di una qualche città del passato, probabilmente nient'altro che la punta di architetture più complesse poste sotto il livello del terreno, li ove la sabbia e gli elementi non avrebbero potuto divorar la pietra, più di quanto non avesse fatto con l'esterno.
Invero, era una piccola fortezza nel nulla; ultimo baluardo di una speranza prossima alla disperazione, praticamente.
« E' la loro ultima difesa; presto cadranno » concluse il demone, distogliendo lo sguardo dal Priore.

Caino rimase qualche attimo in silenzio.
Scrutò l'orizzonte; vide le mura circondarsi di demoni e creature nere, che scrutavano l'obbiettivo con occhi famelici. Allo stesso tempo, però, vide la realtà di quell'esercito demoniaco rimbrottare contro ogni ideologia di lucidità e strategia. Gli vide lottare tra loro, ringhiare e scrutarsi con occhi torvi, quasi fissassero nemici entro le proprie stesse fila. Erano cumuli di correnti avverse, organizzate in un unico torrente più per fortuna, che per perizia. Invero, erano caos per il fatto stesso che si dirigevano contro un fine comune; tale realtà, però, non li discerneva comunque come fossero un esercito unico. Non sembravano organizzati, compatti, né fiduciosi del loro reciproco apporto. Sembravano, piuttosto, molti e caotici, propensi verso la vittoria per la circostanza stessa che il loro immenso numero avrebbe distrutto qualunque resistenza nella zona. Ivi compresa quella dei loro stessi simili che si fossero frapposti tra un predatore e la sua preda.
La caoticità dell'esercito dell'Abisso era, in verità, l'unico nemico dei demoni stessi.

« Come pensate di condurre l'assedio alla città? »
Il Priore chiese, quasi distrattamente. Pose l'interrogativo con approssimazione, quasi non gli importasse - quasi sottolineasse l'ovvio. Invero, riteneva la domanda più subdola dell'apparenza. Non parlava ad un generale; non parlava ad un comandante militare. Parlava ad un capobranco che ringhiava ai suoi sottoposti per indurne il silenzio col timore; parlava ad un essere abituato a dare il primo morso al cibo, non la carica all'avanguardia. Che non avesse una strategia militare era evidente. Se non altro perché riteneva che non fosse nemmeno a conoscenza di cosa effettivamente fosse una strategia militare.
Quando si voltò verso il demone per udire la risposta, infatti, costui lo fissava con uno sguardo che avrebbe interpretato come perplesso. Per quanto fosse possibile ad una bestia stupirsi.
« Assedio? » Il demone rispose con tono indispettito: « Non abbiamo bisogno di alcun piano d'azione. »
« Ci insinueremo nella città con la nostra potenza e li divoreremo fino a quando l'ultimo di loro non avrà emesso l'ultimo urlo di vita » aggiunse poi, con tono gelido.
« Ritieni che sia sufficiente come piano, uomo? »
Caino lo fissò, sperando di leggere un qualche barlume di incertezza nel suo sguardo.
Sperava di sentire un lascito di debolezza che gli consentisse di insinuarsi. Non lo trovò; eppure, volle provarci lo stesso. Invero, non avrebbe avuto altre occasioni.
« Onestamente, no. »

Il demone rimase immobile. Un angolo della bocca si inarcò, sciogliendosi in un'espressione quasi divertita.
Poi gli parlò, con aria interrogativa: « Ritieni che non siamo abbastanza per sfondare quelle mura? »
« Riteniamo che non siate abbastanza... organizzati » rispose Caino, di botto.
« Voi uomini siete troppo complicati » aggiunse l'altro, tornando a fissare l'orizzonte « non importa come divori una preda; importa divorarla e basta »
« Qui non siamo in campo aperto e questa non è una caccia » rispose ancora il Priore, tenendosi la mano stretta al petto, per trattenere il tremore « ai nani basterà difendere l'unico ingresso della città per resistere; voi potreste essere anche milioni, ma fintanto che loro difenderanno quell'ingresso, il vostro numero non conterà nulla. »
Il demone rimase in silenzio, fissando la città e l'esercito dell'abisso a più riprese. Il Priore era sicuro di aver colto un qualche appiglio nei suoi ragionamenti e, nel mentre, prese ad incalzare.
« Ci vorrebbe qualcos'altro » aggiunse, fissando la massa di demoni « ci vorrebbe... »
Nel cumulo di confuse grida, avvertì un famelico urlo. Il sangue si raggelo e la palle si contrasse, quasi, all'udire di quel verso inumano. Finanche molti demoni parvero terrorizzarsi, quando nel mezzo dell'esercito si aprì un buco. Molti di loro presero a fuggire in più punti, liberando lo spazio per un ammasso di carne informe. Un corpo imperioso, titanico, per una testa informe - a martello - e diversi occhi a scrutare l'orizzonte.
Era una bestia enorme e Caino ebbe un sussulto, prima di pronunciare le successive parole.

« ...ci vorrebbe lui » concluse, indicando l'enorme mostro.
Il demone sorrise ancora, questa volta con evidenza. « Sei un folle, uomo... »
« Quella creatura segue solo l'odore del sangue delle sue prede » aggiunse, sogghignando « certo non il suono delle tue parole. »
« Nemmeno io posso comandarle alcunché. »
Caino deglutì nervosamente. Non gli era difficile immaginare la realtà di quelle parole, che - per una volta - sembravano tutt'altro che di circostanza. Eppure, quell'essere rimaneva l'unica realtà che avrebbe potuto sfruttare a suo vantaggio. Un'arma potente e, al tempo stesso, una prova evidente di forza. L'esercito pareva temere la sua furia: controllarlo, sarebbe stato una chiara manifestazione di potenza. E, per comandare quella massa informe di creature primitive, serviva parlar loro con l'unico linguaggio che avrebbero compreso.
Quello della forza.

« Concedici un tentativo » incalzò, sicuro « se falliremo, tu non perderai nulla. »
Il demone lo fissò, incerto. Poi disse, con tono freddo. « Fai pure, uomo; consuma la tua vita come ritieni più opportuno. »

______________________________________

Il fiato si mischiava al vento e trascinava con se un olezzo misto di morte, putrefazione e sudore.
Ogni passo che conduceva, gli sembrava che la bestia ruggisse con maggiore rabbia. Ad ogni suo schioccar della mascella corrispondeva un sussulto, e ad ogni urlo una parte del terreno sembrava franare, smottarsi e sussultare poco. Tremula, la mano si adagiava sulla veste impiastricciandosi di un sudore secco e - al tempo stesso - denso, che lasciava le dita intrise di una sottile patina di sporcizia, mista a sabbia, che scrostava sulle vesti con rapidi movimenti della mano. Nervosi e ritmici, quasi volti a scaricar la tensione.

Temeva l'attimo esatto in cui la bestia si fosse accorta di lui.
O l'istante in cui si fosse avveduta delle sue intenzioni. Invero, nessuno aveva capacità ed invettiva tale da costituirgli un problema; eppure, la variopinta ignoranza ferale dei demoni che lo circondavano gli induceva uno stato di ansante premura, dovuta - per lo più - all'incertezza dell'ignoto. Sentiva i loro sguardi che lo fissavano, lo scrutavano trascinarsi oltre di essi ed avvicinarsi ad ogni passo verso il mostro che nemmeno loro volevano fronteggiare. Li sentiva incerti, irrigiditi e - al tempo stesso - divertiti dalla stupidità umana che avvede dell'intelligenza, o del proprio orgoglio, l'arma con cui sedare la potenza primordiale di colui che non poteva essere sedato. Ridevano e rimbrottavano su di lui, con ruggiti sommessi misti a risate strozzate tra le fauci.
Ed il Priore considerava di non poter risponder loro con altro che i fatti. Non aveva fede, dogma o verità assoluta da obbiettare: aveva bestie tanto stupide da non comprender nulla che non derivasse dalla carne e dal sangue. E convincerli di qualsivoglia potenza divina o sovraordinato dogma non sarebbe servito a nulla.
Il Sovrano, questa volta, non lo avrebbe aiutato affatto.

Si tenne un lamento tra la bocca, portandosi a poca distanza dal mostro.
Fu in quel punto, poi, che qualcun'altro gli si avvicinò. Aveva il silenzio mellifluo di uno scheletro a reggerli il passo, ovvero un cavallo dalle forme ossute che non distingueva troppo da una carcassa putrefatta che - nonostante ciò - proseguiva il suo passo, eretta. Dietro di essa, uno stuolo di scheletri e non morti; demoni che seguivano il cavallo come fosse il loro faro di verità, asserviti come schiavi ad una volontà evidentemente superiore. In groppo al destriero demoniaco, però, c'era un essere con pelle scura, barba, baffi e connotati più confacenti a lui.
Un uomo, a cavallo di un demone. Un uomo che comandava demoni. Probabilmente qualcuno che, come lui, aveva stretto un pericolo patto, confidando nella propria forza di mantenerlo.

Il Priore lo fissò con un lato dell'occhio, schiudendo in quell'incedere una qualsiasi intenzione ostile.
Non né trovò, per fortuna. Trovò, invero, parole comprensibili e placide di un'intenzione gelida, ma non avversa.
« Avevo sentito delle voci su un umano al comando di un'armata di demoni » disse una voce profonda, ghignante ma sicura « ...non ci avrei creduto, se non lo avessi visto con i miei occhi. »
Caino lo squadrò poco, lasciandosi qualche minuto per studiarlo. Gli parve di scorgere un fremito di incertezza, segno che - qualunque fosse la sua intenzione - l'apprensione era quantomeno reciproca. Invero, nulla era più sincero della paura, in un momento come quello. « Noi siamo Caino della stella nera, Reggente di Basiledra e signore dei Quattro Regni. »
Sospirò, fissandolo appena con un'aria di sufficienza: « Non un umano qualunque, quindi. »

Un bagliore lo lambì, in quel momento. Invero, in un cumulo di demoni informe il suo più grande alleato poteva essere proprio un illustre sconosciuto.
Ma un umano sconosciuto; ovvero qualcuno con cui accordarsi, con cui parlare e da corrompere, per una volontà che compiacesse entrambi.
Un alleato insperato, di una razza che comprendesse il suo linguaggio, andando al di là di ruggiti, sangue e becere bestialità.

« E se il fato ci propizia con l'opportunità di insegnare ad un cumulo di bestie cosa significhi organizzare un esercito... » asserì, freddo « ...noi non ci tireremo indietro. »
Poi lo squadrò con attenzione, fissandolo negli occhi. « Tu sei l'unico uomo in tutta la piana; l'unico, probabilmente, dotato di un poco di buon senso »
« Ti andrebbe di collaborare con noi? » Lasciò che la domanda si accompagnasse ad un tono malizioso, quasi meschino, sottintendendo l'ovvio riguardo ed una compiacenza che nessun demone avrebbe compreso. « il Sovrano ripaga molto bene coloro che assolvono ai compiti derivanti dal suo dogma. »

« E ambizioso, senza dubbio... » l'altro lo assecondò, con altrettanta malizia.
« Al Patchouli, Cavaliere Nero e qa’id delle armate di El Kahir » aggiunse, poi, pronunciando i propri titoli tutto d'un fiato. Infine, scrutò i demoni intorno, passando da ciascuno di essi e terminando sull'immensa bestia ruggente a poca distanza. « Devi essere un potente stregone - o un pazzo - per sentirti così sicuro di te stesso. »
« Davvero pensi di riuscire a governare un intero esercito di demoni come se fosse una cricca di mercenari? »
Strozzò a stento una risata, sogghignando a denti stretti con tono gracchiante.
« Come credi di guadagnarti la loro obbedienza? »

Quando ebbe finito, però, la sua ironia parve sciogliersi di colpo, come neve al sole.
Tornò a fissare di colpo l'immenso colosso posto al centro della piana, come vi avesse scorto tra gli artigli un'incredibile verità. Una verità, però, che gli faceva molta paura.
« Non intenderai fare ciò che penso?! » chiese, con tono sconvolto. Caino annuì seraficamente, sforzandosi di non destare la benché minima preoccupazione.
« E' evidente che loro comprendano solo il linguaggio della forza » asserì, indicando i demoni attorno. « Tu cerca di saltare in groppa a quella bestia... »
« ...al resto penseremo noi. »

L'uomo mantenne lo sguardo perplesso per diversi minuti. Poi, Caino lo vide ripiegarsi nuovamente sul colosso ferale - loro obiettivo - e mascherare la perplessità con un rinnovato ghigno diabolico. Un luccichio di follia parve dipanarsi nei suoi occhi; quando il Priore lo scorse, lo omaggiò con un sorriso di rimando. Invero, aveva bisogno di follia perché qualcuno assecondasse il suo piano e quell'essere, in qualche modo, pareva possederne a sufficienza.
Subito dopo, infatti, lo assecondò con un cenno di assenso e partì in direzione del mostro.
Il Priore seguì l'uomo avvicinarsi rapidamente alla bestia, radunare le sue truppe, comandarle e - al contempo - inveire sulla bestia una qualche malia, per poi tentare di saltargli in groppa, con la rapidità del più impavido dei condottieri. Nel mentre, anche lui affrettò il passo, portandosi dinanzi al mostro. Lo fisso negli occhi, sperando di incrociarne lo sguardo almeno per un momento.

« La terra ci sia amica, mentre invochiamo la verità della ragione » disse Caino, urlando « non avremo che pochi istanti della tua attenzione, bestia... »
Alzò le braccia, aprendole come in un grande abbraccio « ...ma questi istanti, te li prenderemo con la forza. »
Subito dopo la terra tremò e dalla sabbia emerse un immenso muro di pietra, che si avvolse in direzione della bestia, nel tentativo evidente di contenerne la furia entro un perimetro ben distinto.
« Tu sarai il nostro braccio » asserì ancora il Priore « nonché il ruggito che squarcerà i cuori in nome e per conto dell'unico signore che riconoscerai come tuo... »
Lo fissò, mentre gli occhi brillavano di un giallo intenso: « Abbandonati alla volontà del Sovrano e giudica questa terra come araldo della sua missione »
Sul terreno ai piedi della bestia comparvero simboli brillanti; rune di controllo con cui il Priore avrebbe tentato di vincolare la volontà del mostro.
Aggrappandola alla sua; ancorandola al suo nome.

« Ora, inginocchiati dinanzi all'unico signore che riconosci come padrone... »
disse ancora il Priore, fissando la bestia negli occhi « ...inginocchiati dinanzi a Caino! »



CITAZIONE
Stato Fisico: Illeso
Stato Mentale: Illeso
Energia Residua: 100% - 4% - 16% = 80%
CS attuali: 7

Passive
Lo Strumento, il Corpo di Caino; Caino non sviene sotto il 10% di energie [passiva razziale umana]; Caino non ha bisogno di mangiare o bere [passiva personale 4/10]; Caino è immortale e può morire solo ove gli vengano strappati gli occhi [Pergamena Immortalità, Ultima da Negromante]; Caino può vedere al buio o in condizioni non magiche di oscurità [Passiva personale 10/10]; Caino può percepire le presenze fisiche intorno a se [Amuleto dell'Auspex]
Lo Scopo, l'Anima di Caino; chiunque sia vicino a Caino inizia a sentirsi stanco gradualmente, stanchezza che aumenta più perdura la vicinanza [passiva personale 1/10]; chiunque tocchi o venga toccato da Caino subisce un malus di 1 CS fino a fine turno [passiva personale 2/10]; quando Caino usa un'abilità del talento Fattucchiere l'avversario subisce una malia psionica sotto forma di sottomissione [passiva del talento fattucchiere di I livello]; tutte le abilità del talento Fattucchiere sottraggono 1 CS in più [passiva talento Fattucchiere II livello]; quando Caino usa un'abilità del talento guadagna 2 CS alla forza [passiva talento Fattucchiere di III livello].
La Conoscenza; Caino possiede una grande cultura in tema di Storia, Scienze e Letteratura. [personale passiva 5/10]
La Tempra; Caino rimpiazza le mutilazioni e le ferite col suo sangue, ripristinandone l'utilità, benché patisca comunque il dolore. [Pergamena Sostentamento Arcano, Ultima da Mago].
La Cura; Caino conosce i punti deboli di tutte le creature, potendo uccidere anche gli immortali [Pergamena "Conoscenza Anatomica", Ultima da Cacciatore].
La Voce del Sovrano (artefatto); quando indossa la maschera Caino risulta un semplice Corvo a chi gli parli; Caino riconosce le bugie quando indossa la maschera.

Attive

Il Tempio. In ultimo, il terreno potrà ergesi come ultimo baluardo per la difesa del dogma. Questo, infatti, sarà generalmente sempre modellabile dai figli del dio, per essere utilizzato a scopo difensivo. Con un dispendio Variabile di energie, dunque, i figli potranno creare muri, scudi o barriere di potenza pari al consumo, al fine di difendersi dai peccatori. Qualora venga eretta una difesa ad area, questa avrà potenza di un livello inferiore rispetto al consumo. Ed il terreno si piegherà al bisogno del Sovrano, come un figlio ubbidiente. [Dominio della Terra (Pergamena Ultima da sciamano), consumo Variabile - utilizzata a consumo Basso]

Il Sentiero. In ultimo, però, quando il figlio si trovi nella necessità di accogliere l'aiuto più grande dal proprio dio, questo gli consentirà di ergere il sentiero per una discesa del suo credo direttamente sul terreno. Le rune, infatti, brilleranno di un blu intenso e qualunque creatura, convocata od evocata da un peccatore, verrà sottomessa al credo del Sovrano. Al figlio basterà spendere un consumo Variabile di energie, ovvero pari al consumo speso per evocare la creatura, e questa sentirà una litania nella propria mente che la indurrà a seguire il volere del dio e del suo figlio come tramite, fino alla fine del turno. Tali creature, comunque, ubbidiranno solo a comandi di attacco dell'avversario, non di difesa diretta del figlio; per controllare un compagno animale sarà sufficiente un dispendio Basso. Ed il sentiero interesserà tutte le dimensioni, anche l'aria ed il vento sopra di esso, estendendosi al mondo con la potenza che solo l'unico dio può garantire. [Trappola del Comando (Pergamena Ultima da Cacciatore), consumo Variabile - utilizzata a consumo Alto]

Riassunto e note

• Uso dominio della terra per evocare un muro di pietra intorno alla bestia, per contenerla entro il simbolo della Trappola del Comando;
• Uso "Trappola del Comando" a consumo Alto per cercare di controllare la bestia.

La prima metà del post prosegue sul bg del duello con Shivian e giustifica la seconda metà. La seconda metà, dunque, riguarda strettamente la quest. La parte in cui sono autoconclusivo col personaggio di Orto33 è concordata con lo stesso utente, in virtù di una collaborazione che abbiamo discusso per vie private. In tal senso, quindi, lo ringrazio infinitamente per la disponibilità - avendo autorizzato a fare altrettanto col mio pg. Le mie azioni vere e proprie sono quelle di circondare la bestia con un muro di pietra e tenerla entro i margini della trappola del comando, in modo da controllarla con quest'ultima. Il muro è a consumo Basso perché più che la potenza mi interessa solo tenere la bestia nel simbolo per pochi istanti (magari gli stessi in cui è distratta da Orto33); Trappola del comando è usata a costo alto perché ignoro che potenza abbia la bestia, quindi ho scelto un consumo abbastanza elevato. Naturalmente, la bestia non so come i giudici intendano trattarla in termini tecnici, ma la trappola ha normalmente efficacia sia con le evocazioni, sia con i compagni animali (e, generalmente, con tutte le creature). Quindi penso sia adatta all'uso; se non lo è, pazienza.
 
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La polvere danzava tra le spire di luce d’un sole morente.
Il chiarore slavato del tramonto, penetrava dalle finestre socchiuse d’una stanza lontana e dimenticata di Taanach. Nella città delle orecchie e degli occhi, nel dedalo cangiante di strade ricolme di ombre e di dimenticati, nessuna camera era troppo lontana e nessun muro era troppo spesso per sfuggire alle braccia infinite dei tre Beik. Esse si allungavano come tele di un ragno famelico, dispensando paura e disciplina, ordine e rispetto. I focolari della ribellioni erano scemati rapidamente, spazzati via dalla forza opprimente delle tre famiglie. Come un fuoco senza ossigeno, i ribelli erano diventati null’altro che un ricordo lontano e silenzioso, di cui era rimasto soltanto un vago odor nell’aria. Come miasma d’un fuoco spento.
Tuttavia, quell’olezzo sulfureo che alleggiava nel grembo di Taanach, era una minaccia che nessuno, per quanto si sforzasse, poté ignorare completamente.

« ...dovrai unirti agli assassini Lamrael. » La voce di Ro Samas suonò bassa nella penombra della sala; eppure ebbe il tono di un ordine perentorio, insindacabile. « Jahrir è un fastidio che non possiamo trascurare ulteriormente. »

Il Diadoco ne parlava come se il nano non fosse altro che un piccolo eritema di poco conto, qualcosa da estirpare velocemente prima che il problema degenerasse. Per Ro Samas non era altro che un insetto che aveva osato volare troppo in alto, e che ora si sarebbe bruciato col fuoco del peccato. Lamrael lo guardò quasi annoiato, cercando di carpire tra le pieghe del suo volto quel malessere che cercava di mantenere celato ai suoi occhi e a quelli di Taanach intera. Immersi nella penombra d'una stanza pressoché vuota - adornato soltanto da due sedie e una scrivania di legno marcescente - i due uomini erano seduti l'uno dinanzi all'altro.

« Noi del Beik del Drago – continuò il Diadoco – non possiamo permetterci di affidare questa missione soltanto agli uomini della Chimera, sarebbe… » l’uomo guardò intensamente gli occhi dorati del guerriero, come a volere far intendere tutto e al contempo niente. « sconveniente. »

Quella parola giunse alle orecchie di Lamrael pregna di significati intrinsechi, giochi di potere, fiducia mal riposta, ogni pausa, ogni semplice spazio tra una lettera e l’altra, sottintendeva altre cento e più cose.

Ma, in verità, nessuna di queste fregava a Lamrael.

Lui era un semplice guerriero, un mercenario dei più spietati, la sua spada valeva tanto oro quanto pesava. Entrare nel gruppo degli Yeniçeri fu soltanto l’ennesima opportunità che il guerriero rosso aveva colto per perseguire il suo obiettivo, la ragione stessa della sua intera esistenza: debellare il gene demoniaco da Asgradel. Lamrael non era spinto da nessun ideale che accumunava gli altri soldati dell’armata del Drago, non era fedele a uno o all’altro Beik e, forse proprio per questo, era il più bravo in quello che faceva.
E, sempre per questo motivo, Ro Samas aveva espressamente richiesto i suoi servigi per quella missione apparentemente suicida. Il mercenario restò in silenzio, soppesando il valore dei suoi pensieri e la convenienza di quella proposta.

Era chiaro quanto tutto quel piano fosse disperato, ma per Lamrael, un guerriero scampato persino a Morte, quella non era che l’ennesima sfida che gli si poneva davanti. Una sfida che avrebbe accettato, e che avrebbe ovviamente vinto.

« In caso di fallimento niente ci ricollega a te. »
La voce del Diadoco tornò dura e bassa, un perentorio bisbiglio.
« Se cadessi nelle mani del nemico, noi non ti verremo a salvare. »
Sottolineò quella frase come se infondo fosse qualcosa di ovvio, un principio già ampiamente consolidato nel corso della conversazione.

« Sarai solo Lamrael, solo nel territorio nemico. »
Ro Samas parve per un attimo scurirsi in volto, ma Lamrael sapeva che non avrebbe provato nemmeno per un secondo compassione per lui.

« Solo lo sono sempre stato. » Sbuffò il guerriero, stanco di quella conversazione che stava prendendo pieghe indesiderate in un binario morto. « Avrete ciò che volete, la testa del nano. »

E così sarebbe stato.

_________ ____________________________ _________

Si erano messi in marcia qualche giorno dopo, Lamrael si era aggregato, come pianificato dal Diadoco, a un gruppo di assassini sotto il vessillo del Beik della Chimera. Lamrael, si presentò all’appuntamento ammantato con una lunga cappa nera che lo copriva per intero. Secondo gli ordini ricevuti, il guerriero rosso doveva sforzarsi di apparire il più possibile uno di loro, mischiarsi tra gli uomini della Chimera per portare a compimento il lavoro richiesto, possibilmente restando nell’anonimato. La parte più difficile fu nascondere tra le pieghe della veste il suo grosso spadone, un’arma del genere non poteva passare in osservato, ma il gruppo con il quale partì aveva troppi pensieri per curarsi di lui. Il guerriero poteva leggere nei loro occhi la paura, gli assassini stavano andando incontro a qualcosa per il quale, evidentemente non erano preparati. Taanach, per quanto fosse cangiante e variopinta, per quanto la diversità razziale fosse un vanto per quella città e per quanto fosse pericolosa, non sarebbe mai stata equiparabile a qualunque città sotto assedio. Tutti loro sarebbero dovuti penetrare in un territorio di guerra, sarebbero dovuti passare inosservati tra i due schieramenti più antichi di tutto l’Akeran. A quegli assassini non poterono che tremare le gambe. Una sera, quella precedente all’arrivo alle porte della città, un cartomante lesse il destino ai membri di quella spedizione. Lamrael rimase in piedi, illuminato solo fugacemente dalle fiammelle del falò.

Guardava con disinteresse il cartomante senza proferir alcun parola, più che essere scettico Lamrael reputava quell’arte pura e semplice presa per il culo. Non v’era un solo e unico fondamento di verità, il caso guidava la scelta delle carte, l’abilità oratoria del cartomante faceva il resto. Gli animi più suscettibili finivano per credere, come se fosse oro colato, nel potere delle carte, gente come Lamrael lo reputava soltanto un’inutile perdita di tempo.

« Allora, vuoi sapere anche tu come andrà questo lavoro? »
Lamrael, perso nei suo pensieri, quasi non si accorse delle parole del cartomante.

Lo percepì soltanto quando sentì gli occhi dell’uomo puntati verso di lui e la mano che lo invitava a sedere.
Lamrael non gli diede retta, non voleva prestarsi a tale sceneggiata, ma il suo disinteresse non parve far desistere l’uomo che, con abilità, mischiò le carte pronte per essere utilizzate.
L’uomo estrasse la prima carta, poggiandola sul tavolo, proprio tra i due.
Per Lamrael era una carta come un’altra, un disegno che non gli ricordava nulla e un significato per lui celato. Ma per il cartomante evidentemente significava qualcosa di più.

« La prima carta è il vostro sembiante, la vostra stessa natura. La Ruota del Fato è l'essenza della storia, ciclica e ripetitiva. Sarete al centro di molti cambiamenti e vivrete grandi cose, e ciò può essere un bene o un male. Tuttavia esserne partecipe non vuol dire protagonista. »

Come si aspettava il risultato di quella carta non poteva che essere più ambiguo, raccontava tutto e niente, frasi fatte che avrebbero potuto benissimo raffigurare qualsiasi altro dei presenti. Lamrael rimase ancora in piedi, ma il cartomante parve non avvedersene e continuò voltando la seconda carta.

« Il cammino che vi si presenta in questi giorni è tortuoso, ma fra i tanti vi è un ostacolo che più degli altri cercherà di farvi fallire. Sarà l'Imperatore, un potere forte, nella sua forma più concreta. L'interpretazione più semplice sarebbe Jahrir stesso, il capo di questa sommossa. »

Altra carta scontata e di facile lettura, altro significato generale. A Lamrael pareva ovvio che Jahrir lo avrebbe ostacolato in quei giorni, d'altronde Lamrael era lì per ucciderlo, non pretendeva che il capo della sommossa si sarebbe prostato a lui prono e con una mela in bocca. Sarebbe stato fin troppo facile. Ma ancora, nonostante lo scetticismo di Lamrael, l'uomo continuò con un'altra carta.

« Un aiutante verrà sul vostro cammino e questo sarà l'arcana del Giudizio. Di difficile interpretazione significa che forse l'intervento divino, che dividerà i giusti dai malvagi, o forse la vostra coscienza sarà l'unico vostro alleato.

Lamrael sorrise, nessuna divinità lo avrebbe aiutato, nessun Dio aveva interesse di loro.
La razza umana era semplicemente sola a quel mondo, abbandonata a se stessa e se Lamrael avesse voluto trionfare, non avrebbe dovuto far altro che far affidamento su di lui e sulla sua forza.»

Il cartomante proseguì girando per l'ultima volta una carta, poi ne seguì una quinta coperta che si andò a collocare proprio al centro di una croce.

« Il quarto è l'Arcana del Carro, che stabilisce l'esito del tuo quesito. Il fato ci annuncia che sarà un trionfo straordinario, benché richiederà una grande capacità di controllo da parte vostra. Avete le redini del destino nelle vostre mani, siate accorto e non conduceteci dentro a un fosso.
Se vi state per chiedere cosa sia la quinta, essa rappresenta il mistero. Io non la volterò ma non posso proibirvi di farlo, ma vi avverto:
si dice porti molta sfortuna conoscere il segreto al centro di questa croce.
»

« Sai che sono tutte cazzate cartomante? »

Lamrael sorrise, nel buio dell'oscurità i suoi occhi fiammeggiarono ricolmi di sfida, Lamrael avrebbe dimostrato al cartomante che la sfortuna non lo avrebbe carpito, che nulla lo avrebbe fermato.

Nemmeno lui con le sue merdose profezie. Lamrael poggiò la mano destra sulla carta, nessuna forza venne emanata da essa. Non v'erano forze oscure e potenti a lavoro, era solo una comunissima e merdosa carta.
Niente fato, nessun destino, solo la suscettibilità degli umani.

« La sfortuna siamo solo noi a crearcela. »

« Attento, la Torre è un monito contro l'arroganza, rivolto a chi vuole arrivare troppo in alto e così finisce per schiantarsi in basso. »

« Più in basso di così non si può, fidati cartomante.
In ogni caso molti cadaveri mi accompagneranno nella discesa.
»

Lamrael sbuffò, sicuro di sé.

« Sperate soltanto che questo non sia il giorno. »

_________ ____________________________ _________

Dinanzi al guerriero si mostrò lo scenario perfetto. L’apoteosi stessa dei suoi sogni.
La guerra che da sempre aveva desiderato e che finalmente era arrivata. Sotto i suoi occhi si distendeva una fiumana di demoni, mostri orripilanti pronti a conquistare Qashra. Lamrael sentì il suo corpo vibrare, l’eccitazione crescere da dentro le sue viscere come un fiume in piena carico di emozioni. Un mostro gigante era proprio al centro dello schieramento nemico. Nella testa del guerriero rosso si radicò il pensiero che quello fosse il nemico da abbattere, che quella fosse la sua preda ideale. Quel demone lo avrebbe consacrato come unico e solo eroe di quella guerra. Molto più di Jahrir. Eppure, persino lui, capì che gettarsi a capofitto in quell’orda demoniaca sarebbe stato andare incontro a morte certa, un suicidio che Lamrael si sarebbe volentieri evitato. Il mercenario guardò gli occhi carichi di paura degli assassini, li guardò e non poté che provare soltanto disgusto. Quegli uomini erano dei vili e dei codardi, le leggende sul loro sangue freddo erano soltanto cazzate, probabilmente non erano capaci di uccidere nemmeno le loro madri sul letto di morte. Lamrael sputò in terra il suo disgusto, non riusciva a immedesimarsi nelle loro menti, per lui, che davvero aveva visto l’Abisso, e dal quale ne era uscito brandendo Genzaniku, quella guerra non era altro che il corollario della sua esistenza e, se avesse incontrato la morte, non avrebbe potuto che accoglierla con fiera felicità. Lamrael non sarebbe mai invecchiato probabilmente, non avrebbe vissuto tanto a lungo da vedere un’altra generazione crescere e, infondo, non lo voleva nemmeno.

« Io sono già sopravvissuto all’Abisso, » Lamrael tuonò alla fine del discorso del cartomante, « io sono sopravvissuto a Morte. »
La voce del guerriero sarebbe esplosa come una carica di fiducia, una molla di autostima per gli assassini.

« Oggi ucciderò Jahrir e sopravvivrò a questa guerra. »
Il guerriero estrasse Genzaniku dal fodero, l’arma assunse l’aspetto di una scimitarra d’oro, pregiata. Gloriosa.
« Il mio nome risuonerà in eterno. »

Guardò a uno a uno gli assassini negli occhi, con tremenda furia, con fiero vigore.

« Voi verrete con me, oppure morirete, ORA. »

Lamrael puntò la spada contro i suoi stessi uomini, fanculo anonimato, fanculo discrezione. In quella guerra non c'era tempo per quelle stronzate dai Beik di Taanach, che i loro problemi se li risolvessero tra di loro. Lamrael li avrebbe condotti alla vittoria, e tanto sarebbe bastato per mettere tutti a tacere.

« Io non ho bisogno di donnicciole impaurite. Ma di uomini. »

In verità non aveva nemmeno bisogno di loro.
Erano semplice nullità.



Lamrael Redskin



5 cs Forza + 1 cs Riflessi


Energia: 100%
Status Fisico: //
Status mentale: //
Armi: Genzaniku;



Abilità Attive:

Abilità Passive:

Normal Hero

Null'altro che un umano, un contadino forgiato dal sudore e dalla fatica, un guerriero addestrato alle armi da un padre troppo severo e non troppo abile. Eroe creato dal caso e dal destino avverso, un eroe atipico e moderno, dalla grande forza e dall'incredibile resistenza alla stanchezza e al dolore. Umano dello Akerat, lì dove li dove la vita è più dura e il nettare della povertà contamina l'acqua e abbevera gli infanti più del seno della madre. Lamrael è instancabile, mai arrendevole. Fino alla fine delle sue energie Lamrael continuerà a combattere per ciò in cui crede. In termini di Gdr Lamrael raggiunto il 10% delle energie infatti, non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0% [Abilità Raziale]. Corpo forgiato dalla fatica e dal lavoro, dal fisico muscoloso e ben allenato. Contadino avvezzo al dolore fisico, dalla grande forza e dalla grande resistenza alle ferite più di qualsiasi altro umano. Lamrael non è come gli altri, la sua condizione e il suo luogo natio hanno sviluppato in lui caratteristiche diverse e particolari che lo hanno reso più simile a demoni, gli stessi che lui caccia e abbatte. Lamrael sarà in grado di maneggiare armi pesanti come se fossero armi normali, inoltre sarà insensibile al dolore a avrà una resistenza alle ferite maggiore rispetto agli altri, divenendo così in grado di sopportare due mortali prima di morire. La sua capacità lo porterà persino a combattere o a utilizzare arti rotti, sarà in grado dunque di correre con una gamba spezzata o effettuare un fendente con una spalla lussata, rischiando persino di aggravare la situazione, ma Lamrael non si fermerà fino alla morte [I-II-III Passiva del talento Avanguardia + Pergamena Irriducibile]. Eroe normale per definizione, la sua forza più grande è quella di non arretrare mai dinanzi ai maghi e i demoni, anzi è dinanzi a loro che Lamrael combatte con ancor più forza e devozione, divenendo in grado di accrescere le sue doti fisiche. In termini di gdr ogni qual volta l'avversario utilizza tecniche magiche, le caratteristiche fisiche di Lamrael crescono. Per la durata di quel turno Lamrael acquisisce 2 CS in caratteristiche fisiche [Passiva personale]. Alcune persone nascono con la dote del leader, con un carisma superiore rispetto a tutti gli altri. Questo non è il caso di Lamrael, sconosciuto che gli eventi lo hanno portato a divenire eroe, uomo dal grande coraggio e dalla grande forza di volontà che gli eventi hanno forgiato in un leader, in un comandante esperto, una dote meritata e non innata. Lamrael sarà in grado di infondere fiducia agli alleati, ogni personaggio sarà istintivamente portato a fidarsi di lui, a combattere con maggior sicurezza e non si perderanno d'animo nemmeno nelle condizioni più disperate [Pergamena Aura di coraggio]. Inoltre, grazie agli anni di battaglie, di scontri contro demoni, di guerre e mischia, in cui Lamrael è sempre riuscito a sopravvivere, ha sviluppato dei riflessi fuori dall'ordinario che gli hanno permesso sempre di reagire prontamente a ogni tipo di situazione e portare il culo sempre a casa. Inoltre, grazie agli allenamenti, alle battaglie, grazie all'utilizzo costante della sua grossa spada, Lamrael ha sviluppato ancor di più la sua già notevole forza superando i suoi stessi limiti. In termini gdr Lamrael, acquisisce passivamente 1 CS in riflessi + 1 CS in forza [Diamante x2].


Note:
Non ho abilità che mi possano aiutare in tal senso, quindi faccio leva solamente sulla mia passiva: Aura di coraggio. La prima parte è stata concordato con shiv. Il Diadoco è l'ex guardiano Roberto (Ro Samas), Lamrael è da poco un Yenicero, successivamente alla sfida con Rage viene convocato da Ro Samas perché il più idoneo a partecipare, in via ufficiosa, alla spedizione. Di fatti, in caso di fallimento, Lamrael non verrà considerato uno Yenicero e nessuno verrà a salvarlo. è come se non fosse mai esistito.



 
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view post Posted on 30/5/2014, 21:47
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Suzushikei
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Nelle Terre a Meridione


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« Fanie » Capo del consiglio dei nani




Orada ne değildir , vicino alla città di Sarhakat

Non era andato a buon fine il mio tentativo di mediazione, Se volevo essere sincero con me stesso, non era mai cominciato, frenato sul nascere da una ragazzina della mia età, della mia età apparente.
Avevo fatto una promessa che aveva legato l'onore dei nani che mi erano stati affidati come mia scorta e quel giuramento, probabilmente, li aveva umiliati, costretti ad accettare le condizioni di un demone.
E come demone avevo ceduto loro le mie armi, per avere una sola possibilità di tornare indietro con loro, per tentare di spiegare quello che ai loro occhi si trattava di un subdolo inganno.

All'interno di una delle loro tende dalle sfumature del cielo al tramonto, seduto su una stuoia intrecciata deposta sopra il terreno arido dell'Akeran, meditavo sulle mie responsabilità, in attesa che il consiglio dei saggi si riunisse ancora una volta per decidere il mio destino.
Fuori, oltre la cortina di stoffa intessuta con motivi geometrici che mi separava dal resto dell'accampamento, sostavano un paio di guardie, stanziate lì per la loro e la mia sicurezza.
Ironico che mi fossi ridotto in quelle condizioni per aver scelto di dimostrare la verità delle mie parole, a dispetto della mia natura.
In quelle rovine dimenticate dal tempo sarei potuto andare per la mia strada, abbandonando al loro destino chi mi ero riproposto da aiutare a scegliere un futuro migliore, una convivenza pacifica con la città degli uomini.
Non l'avevo fatto, non me l'ero sentita di fuggire per rinnegare le conseguenze del mio fallimento.
In passato troppe erano le colpe di cui mi ero macchiato e che non avevo ancora espiato durante la mia esistenza, dimenticandone il ricordo quando ancora la Maledizione era incatenata alla mia anima, alla mia duplice natura.
Poggiai la schiena contro uno dei sostegni della tenda, sollevando lo sguardo verso il soffitto protetto da pelli cucite tra di loro, riflettendo su come sarei potuto uscire da quella situazione spinosa.
Avevo perso anche l'ultimo briciolo di credibilità quando mi ero trasformato durante il duello. Era un rischio calcolato, l'unica idea che mi fosse venuta in mente in quel momento per cercare di unire due popoli contro un nemico comune, il vero nemico dell'Akeran.

Persi il conto del tempo, per quanto non avessi ancora visto le ombre del sole al tramonto filtrare da sotto la tenda.
Improvvisamente un fruscio raggiunse il mio udito, reclamando la mia attenzione nella direzione dell'entrata.
Scostando i lembi del drappo di tessuto il loro capo fece il suo ingresso. Aveva l'aria stanca, il volto segnato, sembrava più vecchio dell'ultima volta che l'avevo incontrato.
Non disse nulla fino a quando non si sedette davanti a me, sul terreno arido, incurante delle comodità offerte dalle stuoie sparse lì intorno.
Mi fissò per alcuni interminabili istanti, con un'intensità tale che mi costò una grande forza di volontà non distogliere lo sguardo dal suo.

Spiegami perché dovrei ancora fidarmi di te! Esclamò rompendo il silenzio, con un tono di voce privo di ogni emozione.

Provai ad aprire la bocca, ma non ne uscì alcun suono.

Ti abbiamo dato la nostra fiducia per ottenere cosa in cambio? Un equivoco? Una città che a quest'ora sarà allertata contro un nostro attacco? Spiegami ragazzo. Chi sei? A chi dovrei credere? Ai miei uomini che hanno visto trasformarti sotto i loro occhi in un demone o al ragazzo umano che ci ha salvato da un'imboscata?

Non potevo dargli torto, avevo agito da irresponsabile tacendo una verità: l'avevo fatto in buona fede, ma ora quel segreto mi si era ritorto contro.

«Se quello che vi hanno raccontato alle rovine ha insinuato in voi il dubbio, allora credete in loro. Credete a quanto possa essere letale un demone se si incarna in un umano. E riflettete se vale la pena cercare uno scontro contro chi potrebbe essere un valido alleato contro quelli della mia specie. I popoli dell'Akeran non dovrebbero combattere tra loro, c'è posto per ognuno di voi, ma non permettete ai demoni di tornare a camminare su queste lande.»

Ragazzo, le tue parole sono strane. Sei un demone e tenti di avvisarci di un pericolo che sembriamo non vedere, che pensi non comprendiamo nella sua interezza riguardante quelli della tua razza. Ripeto, chi sei in realtà? Perché sei ancora qui? Non credere che non sappia, che se avessi voluto, la scorta che ti avevo assegnato non avrebbe potuto impedirti di fuggire.

«Perché credo in un sogno, per quanto utopico possa essere. Perché sono fermamente convinto che la diplomazia possa arrivare dove non possono le armi. Ma forse sono solo un ingenuo che crede che basti parlare, fornire ottime argomentazioni per tentare di dar vita almeno ad una tregua, fintanto che il vostro vero nemico non sarà definitivamente ricacciato da dove è venuto.»

Un'impresa ardua per un ragazzino, non trovi? Ma non mi stava schernendo. Il suo volto era serio. Tra i tuoi effetti ho trovato questo... disse mostrandomi il taccuino su cui avevo cercato di trascrivere la traduzione di quell'antica pergamena. Riconosco alcuni termini arcaici... Idiomi usati nell'antichità. Questa storia... non mi è sconosciuta, ma questa versione che hai scritto... Dove l'hai presa?

Gli raccontai tutto, della pergamena scoperta nella biblioteca di Babilonia, del mio tentativo di portare alla luce una versione di una storia tramutata in leggenda. Di come alcuni passi, se fossero stati veri, avrebbero cambiato in parte la storia della fine dell'antica civiltà nanica, della caduta di Ur'Lachesh e gli ultimi giorni di quei quattro nani i cui nomi non erano stati dimenticati.

Era l'alba quando il nano mi precedette fuori dalla tenda.

Prendi questa con te... Mi porse una pergamena chiusa con il suo sigillo. Se vuoi continuare ancora a combattere al nostro fianco non dovrai mai più celare la tua vera natura. Hai la mia parola che sarai accolto come un alleato, la lettera mostrerà la lealtà dei tuoi intenti. Ora però vai, se vuoi provare a trovare un punto di incontro tra il nostro popolo e le città degli umani. Ma ricorda, ragazzo, il tempo non è dalla tua parte.


Qashra, ventiquattro ore prima dell'Assedio

Ritrovare Fanie nell'ultimo baluardo di difesa del popolo dei nani mi sorprese, ma in senso positivo. Avere un compagno con cui avevo lottato fianco fianco, un'amica che avevo imparato a conoscere dopo il nostro primo incontro a Babilonia, mi aveva istintivamente infuso nuove energie.
Purtroppo la mia felicità nell'averla ritrovata venne meno quando mi rivelò l'identità dell'artefice delle sue ferite.

« ...ed è così che mi ritrovo questi sul collo. » Mostrandomi le testimonianze delle lesioni che gli aveva inferto.
La lasciai parlare, sfogarsi su quanto era successo durante il loro incontro. Le ferite fisiche si erano quasi completamente rimarginate, ma la cicatrice che Al aveva inferto alla sua anima non sarebbe guarita così facilmente.
Non riuscivo a crederci, non volevo crederci... Com'era potuto accadere? Ancora ricordavo il nostro incontro a Taanach. Io stavo imparando a fidarmi di lui e, invece, non era altro che un mio simile. No, non poteva essere. Doveva esserci una spiegazione plausibile.

« E' un uomo debole... non so cosa gli abbiano offerto per usarlo a quel modo, magari lo hanno preso e basta... magari ci ha sempre preso in giro e noi, bravi sciocchi, ci siamo fatti abbindolare da qualche cortesia e poche belle parole. »

Scossi la testa.

«Non penso che ci abbi preso in giro. Voglio credere che l'Al che abbiamo conosciuto fosse una persona onesta nei suoi sentimenti nei nostri confronti; purtroppo la guerra che sta sconvolgendo l'Akeran cambia le persone... E forse lui ha ricevuto un'offerta che non ha potuto rifiutare.» Provai a ipotizzare, consapevole che le mie parole non potevano cancellare quello che Al o chi per lui aveva fatto. Non potevo dimenticare, né l'avrei fatto.

Dannazione Al! E adesso? Se non mi avesse convinto della sua innocenza, non mi sarei fermato alle parole, una volta che ci fossimo reincontrati.

Avevamo raggiunto la sommità della fortezza, continuando ad ascoltarla mentre inveiva su quella che, in teoria, era ancora la mia Casa: Taanach.

« Mi dispiace, dovevo solo sfogarmi. Ho perso molti amici nei mesi scorsi e a volte penso di essere io la causa di tutte queste morti... debolezza, incompetenza... »
« ...debolezza, soprattutto. »
« Non voglio più combattere, non da sola almeno. Abbiamo davanti un cambiamento epocale, Kirin, sia esso in bene o male poco importa, ma è un cambiamento... ed il cambiamento porta speranza, la speranza porta amore, l'amore la pace. »

«Fanie, non sei più sola... ricordalo. Cercai di rincuorarla con un timido sorriso.»

La vidi sorridere, mentre continuava a parlarmi.

« Ho un regalo per te. »

Presi al volo istintivamente la moneta d'oro che mi lanciò. Quando aprii il palmo della mano i miei occhi furono attratti da una frase.

Divisi cadiamo, uniti resistiamo.
Per sempre.



Sentii le lacrime salire agli occhi, mentre il cuore saltava dei battiti.
Ero commosso, non sapevo cosa dire dinnanzi ad un gesto così pieno di calore.
Era la sua dimostrazione di amicizia, la sua dimostrazione di fiducia.

«Fanie...» mi asciugai le lacrime con il bordo della manica destra, incurante di sembrare quel bambino di sei anni che faceva parte del mio passato.
Hai la mi parola che onorerò queste parole... Non riuscii a dire altro: il mio sguardo parlava per me.

Grazie... Fanie...


Qashra, ll'Assedio


Era accanto a Fanie, sulle mura, quando si scatenò il panico nelle nostre fila. E come dar torto a coloro i cui sguardi erano puntati su un abominio, le cui dimensioni erano in grado di rivaleggiare con l'altezza delle nostre difese?
Pur essendo un demone io stesso, quella vista mi raggelò il sangue. Se quell'essere si fosse scatenato su di noi...

Non volli terminare la frase...
Non avevo tempo per farmi bloccare dalla paura.

Una ballista, l'unica sopravvissuta, smembrava ancora in grado di poter funzionare, o quella era la speranza di un gruppo di nani che si stava occupando della manutenzione.
Ci eravamo avvicinati a loro in tre: io, Fanie e Kel'Thuzak, conosciuto solo di recente. La presenza del nostro nuovo compagno in un certo senso sembrava creare un certo disagio, ma considerando le priorità, me ne sarei preoccupato in un secondo momento. Potevo convivere con quelle sensazioni quando avevamo il padre di tutti i demoni alla porte.

Mi concentrai sull'arma da assedio cercando di fare mente locale su quanto avessi appreso nei precedenti assedi, dove avevo imparato alcune nozioni sul campo come artigliere prima e geniere poi.
Da una prima analisi non smembrava messa bene. Considerazioni cui diede voce Fanie, mentre si trasformava in driade ed osservava con più attenzione la struttura della ballista.

Se volevamo avere una qualche speranza di farla funzionare nuovamente, dovevamo trovare dei pezzi di ricambio.
Mio sarebbe stato il compito di controllare quali altri danni avesse subito e di come adattare i pezzi che i miei due compagni speravano di trovare tra i rottami delle altre ormai in disuso.
Purtroppo fui costretto a trasformarmi, per attingere alla parte logica del mio essere. Pur sapendo chi fossi, i nani non riuscirono a contenere un sobbalzo quando videro la mia essenza demonica.

«Nell'attesa che tornino dobbiamo cercare di levare quei detriti che stanno disallineando la base. Non buttate quei pezzi di legno, potrebbero servirci se le parti di ricambio non dovessero collimare. Mi serve una solazione con questi ingredienti da spennellare sulle parti ossidate. Dobbiamo togliere le parti arrugginite anche nei meccanismi che non sono del tutti corrosi, che potrebbero ancora funzionare con un po' di buona volontà. Controllate tutto il cordame che non sia sfilacciato. In caso non ne trovassero altro, dovremmo arrangiarci con quello che abbiamo.»

Quando tornarono, diedi un'occhiata al materiale a disposizione. Sfruttando l'agilità di Fanie e la forza di Kel'Thuzak, gli indicai come posizionare le parti mancanti, aiutandoli ad assemblare i meccanismi e a collimare con l'ausilio degli attrezzi da carpentiere, le parti che non si incastravano alla perfezione tra loro.
Ognuno fece la sua parte, nani compresi, mentre su un foglio di pergamena vergavo passo passo le riparazioni che avevamo fatto alla ballista.
L'ultima verifica riguardava l'integrità strutturale.

«Servirebbe qualcosa che rigenerasse le parti su cui non possiamo agire manualmente.» Considerai, mentre controllavo la copia della ballista che avevo disegnato sulla pergamena.
Fu Fanie a dare il tocco finale... grazie ad un piccolo seme che sembrò dare nuova linfa all'arma.

« Dammi buone notizie, Kirin! »

«Abbiamo fatto tutto il possibile. Purtroppo non posso darti alcuna garanzia. Possiamo solo sperare che sparerà...» osservai, mentre lanciavo un'occhiata alla ballista.

D7g4Hgy
Kirin Rashelo

CS
[Riflessi 3, Intuito 1], «Kirin l'umano»
[Intuito 2, Intelligenza 2], «Zeross l'avatar demonico»


Energia: 100%
Danni Fisici: Illeso
Stato Emotivo: Concentrato

Equipaggiamento

Flintlock: 3/3 [non estratta]
Schiavona [nel fodero]

Passive

Presenza Demoniaca
Kirin incute un lieve timore in chiunque gli stia accanto, purché questo non sia un demone stesso, e che sia di energia pari o inferiore a lui.

Arcanista I
Kirin è in grado di a manipolare la magia per creare delle pallottole di puro potere arcano.
In termini tecnici questi attacchi a distanza possono essere utilizzati liberamente,
ma rappresentano comunque dei semplici colpi non tecnica.


Arcanista II
Le abilità magiche possedute da Kirin saranno così elevate da superare qualsiasi processo che intercorre fra intenzione e azione,
permettendogli di utilizzare tutte le proprie tecniche di natura magica in tempi di concentrazione pressoché nulli,
generandole istantaneamente e in qualsiasi condizione psicologica.


Arcanista III
Affinando l'intelletto con l'aiuto della “Gemma della Sapienza”, Kirin ha raggiunto lo stadio ultimo dei suoi studi: la “Visione della Magia”.
Non importa come si definisca tale capacità, auspex, sesto senso, intuito, quello che conta è il poter “vedere” gli effetti arcani comprendendone la loro natura intrinseca.


Telecinesi
Taanach: quel giorno segnò la fine di quasi tutte le mie abilità "Esper".
L'unica capacità, che è sopravvissuta, consiste nel riuscire a muovere il mio equipaggiamento con la sola forza del pensiero,
senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto alla mia posizione.


Riassunto

Come concordato con Fanie e Azazel.
Sfrutto le CS di Intelligenza e di Intuito della forma demoniaca per aiutare a riparare la ballista, basandomi sull'esperienza acquisita da Kirin a Lithien e Basiledra come "geniere".

 
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view post Posted on 30/5/2014, 21:56

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Sospesa com'era tra sonno e veglia, lasciava che la testa ciondolasse in avanti, posandosi di tanto in tanto sulle braccia tenute incrociate sopra le ginocchia.
Il suono cadenzato dei passi delle guardie, che si era rivelato così fastidiosamente persistente in quegli ultimi tre giorni, ora rappresentava una sicurezza: il fatto che ci fosse stava a significare che tutto andava bene e che lei poteva finalmente assopirsi per qualche ora.
Eppure, nonostante si sentisse più addormentata che sveglia, la tensione che l'aveva fatta spesso sobbalzare in quegli ultimi giorni era ancora presente e non riusciva a scrollarsi di dosso l'idea che tra pochi istanti sarebbero giunti altri demoni ad attaccare Sarhakat. Questo era infatti ciò che era successo in quegli ultimi tre giorni: demoni soli, in gruppo, forti, deboli, avevano attaccato da qualsiasi direzione e in qualsiasi momento. Non si erano mai rivelati una grande sfida, ma il fatto che continuassero imperterriti e numerosi ad avvicinarsi alla città, aveva costretto Sarhakat a potenziare la difesa: buona parte delle guardie e tutti i mercenari pagati per tale scopo erano stati impiegati a protezione delle mura e delle porte di Sarhakat, con il risultato che non c'era un cambio della guardia e che tutti dormivano poche ore, all'aperto e scomodamente.
Il dormire male, comunque, non era cosa nuova per Akilah, che era infastidita soprattutto dal fatto di non avere più visto i suoi compagni mercenari da quando era stata assegnata a quel torrione. L'unico che era riuscito a incontrare più volte era stato Senkun, che aveva il compito di informarsi sugli attacchi avvenuti in altre zone e cercare, a suo parere, di sollevare il morale -più che altro infastidire- con le sue frasi senza senso o fuori luogo. Non rappresentava perciò un vantaggio averlo accanto. La sola occasione in cui era tornato davvero utile era stata quella sera: quando aveva saputo che era da quasi tre giorni che Akilah non chiudeva occhio, cosa molto difficile visto che il torrione in cui si trovava era stato costruito appositamente per controllare chi giungesse all'ingresso principale, si era proposto di sostituirsi a lei. La mezz'elfa aveva accettato di buon grado ma ora, nonostante tutto, le risultava difficile prendere sonno.
Si trovò quindi a pensare al momento in cui era giunta lì, ossia il tramonto di qualche giorno prima. Era stata costretta a combattere fin da subito per difendere la città e da quell'istante aveva sempre cercato di dare il meglio di sé, in attesa di trovare risposta a quesiti circa la situazione in cui si trovava, ad esempio capire come mai i demoni fossero così numerosi e come avrebbero fatto a fermarli se già dopo tre giorni guardie e mercenari erano stanchi. Le risposte, tuttavia, non erano ancora giunte, al punto che lei aveva incominciato a credere che uno strumento pagato per obbedire non avrebbe ottenuto questo privilegio.
Mentre rifletteva così, sentì Senkun mugugnare qualcosa:

- Uno straccione, un falconiere e un tipo con una maschera a becco d'uccello. -

La mezz'elfa, da assopita che era, si svegliò con un sussulto.
Ma come?, pensò aprendo gli occhi, dice che posso dormire serenamente e poi si addormenta anche lui per fare sogni assurdi come questo?
Realizzando che non sarebbe riuscita a chiudere occhio neanche quella notte, si alzò in piedi di scatto, avvertendo subito dopo una fitta dolorosa al collo. Massaggiandoselo con le dita intorpidite, cercò, mentre parlava, d'individuare il mercenario:

- Non posso stare tranquilla un secondo! Senkun, come ti viene in mente di addormentarti in situazioni simili? -

Senkun, tuttavia, non era addormentato. Era rimasto nella stessa posizione in cui la ragazza l'aveva lasciato mezz'ora prima: in piedi affacciato ad un'ampia apertura sul muro ad osservare cosa accadeva nei dintorni dell'ingresso. Quando però aveva udito la voce di Akilah, si era voltato verso di lei e l'aveva guardata con aria interrogativa. La mezz'elfa, rendendosi conto di avere frainteso la situazione, distolse lo sguardo per non fargli notare il rossore che le aveva colorato il volto e si avvicinò a lui per cercare di capire a cosa si fosse riferito con le parole che aveva usato.
Fu allora che vide tre uomini di fronte all'ingresso che parlavano con una guardia. Questi erano tipi davvero particolari, che stonavano come trio: uno di loro era vestito completamente di nero, compreso il largo cappuccio che gli copriva il volto, ma i suoi abiti erano sbrindellati e rattoppati in diversi punti. Solo la spada, che svettava luccicante sulla sua schiena, appariva nuova e ben tenuta. Il secondo, il più alto dei tre, aveva un falco appollaiato sulla spalla. I capelli erano raccolti in un codino e mettevano in evidenza una cicatrice che partiva dall'orecchio destro e arrivava fin quasi dietro la testa. L'ultimo, invece, era forse quello che metteva più timore: indossava anch'egli abiti scuri, ma la cosa che risaltava di più era la maschera bianca a forma di becco d'uccello.

- Devono essere loro. -

Disse Senkun, con tono di voce stranamente serio.

- Loro chi? -

Domandò Akilah, sorpresa da quell'atteggiamento insolito. L'uomo però, nel momento in cui incontrò lo sguardo della mezz'elfa, aveva già cambiato espressione. Appoggiò una mano sulla spalla della giovane e, guardandola con quel sorriso paterno che ella raramente gli vedeva in volto, si limitò a dire:

- Non avrebbe senso parlartene se domattina non avrai le forze per partire con me. -

Akilah avrebbe voluto ribattere in qualche modo, ma sapeva che quando Senkun si comportava in quella maniera niente l'avrebbe convinto a cambiare idea. E in fondo alla mezz'elfa non dispiaceva vederlo così, le poche volte che egli faceva quell'espressione che sembrava così affettuosa e famigliare. Perciò, almeno per ora, si limitaò ad ubbidirgli.

~~~



- ... Ed è per il motivo che ti ho appena esposto che la nostra missione consiste nel dirigerci a Qashra per eliminare questo nano. -

Akilah osservò l'uomo esterrefatta. Questo nano?, ripeté tra sé e sé, ricordando che giusto pochi istanti prima le aveva detto che si trattava di un capitano del popolo nanico, qualcuno di abbastanza forte e pericoloso da scomodare Taanach a mandare assassini da ogni dove per tentare di eliminarlo. Senkun stesso le aveva spiegato che gli uomini che erano giunti la sera prima erano assassini abilissimi, conosciuti per le loro formidabili imprese, e sulle quali teste pendevano delle taglie notevoli. Il Consiglio di Sarhakat, ricevendo ordini da Tanaach, si era impegnato a trovarli e ad offrire loro un grande quantitativo di denaro per i loro servigi. Gli assassini, neanche a dirlo, dopo aver richiesto e ottenuto una somma ancora più cospicua, avevano accettato l'incarico di buon grado.
E così ora erano in viaggio verso Qashra, i tre assassini, Akilah, Senkun, alcuni mercenari e un piccolo drappello di soldati che portava le insegne della città stato e che era giunto nella città marmorea di Sarhakat per assicurarsi del lavoro svolto, oltre che per simboleggiare che la morte di Jahrir era avvenuta per opera di Taanach stessa. Inoltre, il fatto che Taanach avesse fatto affidamento proprio su quella città, era perché essa distava solo poche ore dalla destinazione, aspetto senza dubbio favorevole, considerando il gran numero di demoni che vagavano nelle lande desolate dell'Akerat, pronti ad attaccare in qualsiasi momento e a sfiancare le difese avversarie prima del tempo.
Quando Senkun terminò di parlare, Akilah rifletté sulle sue parole e sulla loro missione in generale. Avrebbero partecipato all'uccisione di un capo, qualcuno a cui un gran numero di nani faceva affidamento, e la cui morte significava, per le città libere, un ostacolo in meno sulla strada per guadagnare sempre più potere. E lei, che era un mercenario, qualcuno pagato per obbedire, non poteva dire la sua. Non doveva avere opinioni in merito visto che ora era dalla parte delle città libere, ma un giorno chissà, forse sarebbe stata pagata da un gruppo di nani per svolgere delle missioni per conto loro, magari contro le stesse città che in questo momento stava aiutando.

- Il nostro forse è il ruolo peggiore in tutto questo. -

- Il ruolo peggiore? -

Fece eco Senkun, facendo sì che Akilah interrompesse il suo flusso di pensieri. La ragazza lo guardò con la coda dell'occhio, poi alzò le spalle con aria indifferente.

- Ah, no, parlavo tra me e me. -

Non incontrarono particolari ostacoli lungo il loro cammino, se non qualche demone che i tre assassini sconfissero rapidamente, rallentando appena il loro andamento.
In poche ore giunsero quindi nei pressi di Qashra. L'unica cosa che li separava dalla città nanica era una collina, sopra la quale intravidero alcuni soldati che recavano le insigne di Taanach. Erano perciò uno dei gruppi, loro alleati, che giungevano da una delle città libere, se non dalla città stato stessa. Fecero quindi per raggiungerli salendo sopra l'altura, quando dovettero all'improvviso fermarsi, il respiro mozzato e gli occhi strabuzzati di fronte alla visuale assurda che li accolse: una moltitudine incredibile di demoni, abomini che condividevano il loro stesso mondo, calcavano con le loro forme mostruose la strada che portava a Qashra. Erano davvero molti, troppi, così diversi tra loro, ma allo stesso tempo così spaventosamente simili, con la stessa sete di sangue, pronti a tutto pur di mettere le loro zampe, i loro viscidi tentacoli, o qualsiasi cosa usassero come arti, su qualche povera e sprovveduta preda. I loro versi, le loro grida agghiaccianti, i loro richiami, si univano in un unico raccapricciante boato. E tra loro tutti vi era un'essere di gran lunga più grande e mostruoso, il cui ruggito si elevò al di sopra di quello degli altri demoni.
Akilah, agghiacchiata da quella vista, non riuscì a far altro che tremare sul posto. Come cavolo avrebbero fatto a compiere la loro missione, con tutti i mostri che si trovavano dinanzi? Sarebbero morti ancor prima di scendere dalla collina! Anzi, peggio ancora: i loro corpi sarebbero stati maciullati pian piano, al punto che avrebbero pregato di essere uccisi rapidamente. Il solo pensiero le fece venire i conati di vomito.

- Questo è un suicidio! Chi mai riuscirebbe a sopravvivere attraversando una valle di mostri del genere?! -

Urlò l'assassino con la cicatrice sulla parte destra della testa.
Akilah non se la sentì di contraddirlo. Era, a dire il vero, del tutto d'accordo con lui. Lei almeno, con la poca forza che aveva, non sarebbe mai riuscita ad avvicinarsi alla città.

CITAZIONE

" ZITTI TUTTI! "


Una voce, all'improvviso, richiamò l'attenzione di tutti. Una voce forte, senza paura, che fece sì che calasse il silenzio affinché si riuscisse ad ascoltarla.

CITAZIONE

" Noi siamo fortunati, molto fortunati poiché non è di quella bestia che dobbiamo occuparci, lasciate il mostro ai nani e alle loro armate, lasciate che si distruggano a vicenda così che Taanach possa trionfare con poco sforzo, come si confà al più forte. "


L'uomo disse di chiamarsi Jace, di essere un Cartomante e di aver visto il futuro.
Akilah ascoltò le sue parole rapita e, nonostante ebbe una strana sensazione a riguardo, sentì di credergli sempre di più man mano che egli parlava. Prese insomma le sue frasi come certezze che di lì a poco si sarebbero realizzate. Era forse talmente presa dalla situazione, talmente spaventata dalle mostruosità che avrebbe dovuto affrontare, che necessitava di una qualsiasi sicurezza per ritrovare la lucidità, purché apparisse salda? Una sorta di ancora a cui aggrapparsi? Non riusciva a capirlo. In ogni caso, quando il cartomante fece vedere loro una visione del futuro secondo cui nani e demoni si accumulavano formando una montagna, sopra la quale vi era un nano con una corona sul capo, ossia Jahrir, Akilah avvertì che tremore e paura erano quasi spariti del tutto. Si sentiva infatti più rincuorata ed era sicura del successo della loro missione, così come del valido contributo che sarebbe riuscita a dare.



Akilah Shayndel


Fisico: Illeso
Mente: Illesa
Energia: 100%
CS: +2 velocità



Passive in uso:

~ Talento Acrobata (I livello): il possessore del talento padroneggia totalmente i movimenti del proprio corpo, ignorando qualsiasi normale vincolo fisico. In tal senso, il possessore del talento potrà contorcere i propri arti, la propria testa ed il proprio busto come se fosse una marionetta, ossia un corpo inanimato e del tutto privo di limitazioni di sorta dovute ad ossa e muscoli. In termini tecnici è possibile sfruttare questa passiva per liberarsi da corde, manette o simili impedimenti che legano il personaggio, di attraversare spazi notevolmente più piccoli del corpo del personaggio stesso o altro ancora.

~ Talento Acrobata (II livello): al secondo livello i possessori di questo talento potranno godere di un equilibrio perfetto, qualunque sia la situazione nella quale si trovino. Essi saranno quindi sempre in grado di cadere sui propri piedi e senza subire alcun danno, indipendentemente dalla violenza con cui stavano toccando terra o quanto violento sia stato il tracollo. La perfezione con cui sapranno muovere il loro baricentro permetterà loro di ottenere anche altri notevoli risultati: sarà impossibile ad esempio buttarli a terra con una semplice spinta e potranno attraversare superfici strettissime senza il timore di perdere l'equilibrio e caderne al di sotto.

~ Abilità razziale: Sensi migliorati (Vista acuta). Esclusi e denigrati, i mezz'elfi hanno dovuto arrangiarsi per vivere, pur non possedendo un corpo forte in grado di affrontare qualsiasi tipo di situazione. Questa vita di stenti li ha costretti, per la maggior parte, a divenire ladri, assassini o simili. Evolvendosi in questa direzione, quindi, la loro razza ha migliorato le prestazioni sensoriali, consentendo a ciascuno di sviluppare un particolare senso oltre ogni normale limite.

Attive in uso: //

Note: Nell'introduzione ho ripreso e approfondito il ruolo di Akilah nella città di Sarhakat, di cui avevo in parte parlato nel girone one-shot.
Ho poi accennato alla figura degli assassini, che spero in seguito di approfondire.
In quanto al finale, mi ero già messa d'accordo con The Grim affinché Akilah cadesse vittima della sua malia e della sua illusione, cosicché riuscisse al meglio nel proseguimento della missione. Purtroppo questa parte non sono riuscita a scriverla molto bene perché mi sono trovata con poco tempo a disposizione per via di impegni vari. Spero comunque che non sia troppo disastrata. ^^
 
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Andre_03
view post Posted on 10/6/2014, 15:40






Qashra era un luogo in cui nascondersi.
Tremanti, sconfitti, impotenti dinnanzi allo strapotere delle stirpi dell'Abisso, i rifugiati erano come topi. Cercavano riparo dalla tempesta incombente. Al sicuro tra le mura di una città in rovina, si stringevano tra loro in un silenzio carico di tensione. La paura serpeggiava tra le fila dei nani come una malattia contagiosa, trasmessa da sguardi, mani incerte, parole sussurrate nell'ombra proiettata dai colonnati polverosi. Nelle antiche sale della roccaforte si preparavano tutti al peggio, poiché la morte pareva soluzione inevitabile di quel conflitto con una forza superiore e infinita. L'aria si riempiva di timore, insicurezza e del rumore rombante di quella massa informe che marciava sul deserto cambiandone la forma sotto i propri passi artigliati. In alcuni saloni ardevano fuochi di fucine improvvisate, perché gli armamenti non sembravano mai abbastanza. Sulle alte mura ci si preparava a combattere con archi, balestre, botti d'olio e l'unica balista - speranza di metallo rugginoso - sopravvissuta alle ingiustizie del tempo.
Qashra era un luogo in cui lottare.
Per secoli le stirpi dei nani avevano dovuto conquistare la propria libertà. Mai l'indipendenza gli era stata garantita per diritto di nascita come agli uomini, o alle bestie selvagge. Nascere Nano significava nascere guerriero in un mondo ingrato, essere costretto a battersi con pregiudizi e viltà. Ogni pasto era una vittoria, ogni nuovo giorno al tempo stesso dono e maledizione. Lì, tra quelle afose dune, Jahrir e i suoi fratelli si ergevano orgogliosi per gridare una volta di più l'insofferenza a quelle circostanze disgraziate. Avevano paura, certo; ma avevano anche il coraggio di impugnare le armi e dare battaglia alle legioni di mostri. Nemmeno il colosso li aveva scossi oltre il necessario, e nemmeno lo spettro di quel che avrebbe potuto precedere la morte se i demoni si fossero impadroniti della città.
Qashra era un luogo in cui morire.
Quel giorno non sarebbero sopravvissuti che in pochi, nelle più rosee previsioni. Donne e bambini sarebbero stati massacrati, così come anziani e guerrieri - senza distinzione: i diavoli partoriti dall'incubo più oscuro si sarebbero fatti ben pochi scrupoli nel pasteggiare coi corpi ancora caldi delle vittime. E Qashra si sarebbe tinta per sempre di sangue, tra gli arabeschi e le pareti coperte da ragnatele. Il rosso avrebbe soppiantato il dorato degli arazzi, disegnando simboli astratti che avevano un solo significato universale: guerra, massacro, violenza. Più a nord, dove lo scalpitante esercito di Bathos non sarebbe giunto che a fatica, si sarebbe cantato di quella battaglia come di una leggenda lontana. Sbeffeggiando con l'arte delle parole quella che, comunque fosse finita, sarebbe stata una tragedia.

« Qashra sarà il luogo in cui risorgeremo. » disse Jahrir, nel suo discorso all'esercito.
Stava in piedi con le spalle rivolte al nemico, e vedeva sotto di sé i numerosi guerrieri riuniti sotto un unico stendardo: quello della razza nanica. Intorno a lui si affaccendavano armigeri e genieri, perché il nemico prometteva di caricare da un momento all'altro e le difese erano ben lontane dall'essere pronte. « Molti di noi moriranno oggi, sarebbe folle pensare il contrario. Ma se resteremo uniti, come un solo popolo, non ci sarà nemico in grado di sopraffarci. Insieme vinceremo! »
La fatica di mettere insieme quelle parole e farle sembrare sincere era immane. Leggeva negli occhi di tutti la stessa paura che attanagliava il suo cuore, ma non poteva esternarla. Loro credevano in lui, e dipendevano dalle sue decisioni. Dalla sua fermezza d'animo.
Si era reso conto di essere un simbolo, e i simboli non possono permettersi di vacillare.
« Molte differenze ci separano: a Qashra sono giunti minatori, mendicanti, gitani, schiavi e artigiani. Genti di ogni dove accomunate solo da un flebile legame di sangue. Ma davanti a me vedo soltanto guerrieri, e fratelli! »
Sorrise, di un sorriso tirato e teso: « Restate uniti, fidatevi gli uni degli altri. Abbandonate la-- »
La terra tremò sotto i suoi piedi.
Decine di sguardi si sollevarono, tutti sgranati e impietriti.
Il demone gigantesco aveva preso a muoversi, cavalcando come un rinoceronte in carica. I suoi potenti passi sovrastavano il rombo che le bestie intorno a lui generavano coi ruggiti furiosi, e facevano breccia negli animi dei presenti come lame rivolte al cuore.
« FRATELLI MIEI! » gridò allora Jahrir, carico di una rabbia dettata dalla paura.
« FACCIAMO PENTIRE QUESTA FECCIA DI ESSERE VENUTA AL MONDO!! »
Sollevò un braccio come a guidare una carica inesistente:
« UNITI VINCEREMO!!! »

---

I colpi della balista scuotevano la terra quanto i barriti del colosso.
Di tanto in tanto la roccia tremava e si sbriciolava, minacciando di crollare da un momento all'altro. Là sotto, nei cunicoli segreti che gli era stato ordinato di presidiare, i soldati rabbrividivano. Le ignote sorti della battaglia erano fonte di preoccupazione, così come la salute dei propri cari e di se stessi. Eppure quei nani si davano forza a vicenda, compattandosi lungo le pareti con lo sguardo rivolto al tunnel principale debolmente illuminato dalle torce. Si temeva un attacco dei demoni dalle profondità della terra, e dunque un contingente armato era stato distaccato per impedire che la progenie mostruosa invadesse Qashra dal di sotto. Al compito erano stati destinati meno uomini del necessario, ma erano tutti quelli che l'esercito irregolare poteva permettersi di tenere lontani dalle mura. Così, mentre la battaglia si combatteva altrove, loro erano immobili come statue e fissavano un tunnel immersi in un silenzio terrificato.
Le ramificazioni del labirinto sotterraneo erano infinite, ma per la maggior parte crollate sotto il peso dell'età e delle intemperie.
Si erano mantenuti intatti diversi ingressi secondari alla "città di sotto", ovvero la parte sommersa dalle sabbie e scavata nella roccia che aveva fatto di Qashra il perfetto ibrido tra architettura Maegon e quella indigena, primordiale dei nani antichi. Nell'intricato dedalo immerso nelle tenebre giaceva una tetra quiete, una calma così esacerbata da essere sospetta.
Faceva presagire una tempesta, ma nessuno dei difensori aveva il coraggio di dar voce a quei pensieri.

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CITAZIONE
Erdkun ≈ « L'assedio di Qashra »
Mi scuso a nome di tutti gli organizzatori per il grande ritardo. Purtroppo l'allineamento dei pianeti ha causato due settimane di intensi impegni lontani dal forum per tutti, e non siamo umanamente riusciti a tenere le redini di Erdkun. Faremo in modo che non accada un'altra volta. #partecipantestaisereno

Ora, passando ad argomenti più tecnici: avete tutti influito, nel bene e nel male, agli esiti delle azioni descritti qui di seguito. Vi sono stati commutati dei danni sulla base dell'efficacia delle vostre azioni (o della coerenza circostanziale delle situazioni in cui siete stati coinvolti, come vedrete) e nel turno che segue avrete a disposizione un terzo slot tecnica eccezionale, a cui potrete assegnare una tecnica di consumo Variabile il cui effetto è legato alle truppe di cui siete rappresentanti (Nani, Città Libere, Demoni). Non siate autoconclusivi nel descriverne gli effetti.

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Le Furie dell'Abisso

Il vostro tentativo di smuovere la bestia ha successo. Spaventata dalle parole di Varham e sottomessa dal comando di Caino, si slancia in una carica folle verso la città. I suoi pensieri (che potete percepire in virtù del breve nesso psionico creato con essa) sono gravidi d'odio, sconvolgenti nella loro violenza, e confusionari. Ciò vi cagiona un danno Basso alla psiche. Vi odia come odia tutte le creature più piccole, e forse di più perché vi siete dimostrati più potenti di esse. Vorrebbe mangiarvi, ma preferisce il più facile pasto che Qashra gli offre piuttosto che rivoltarsi verso di voi. Così aggredisce, senza particolari complimenti, trascinandosi dietro tutti gli altri demoni: questi, appena il colosso carica, ruggiscono uno dopo l'altro e assaltano infine la città. Nonostante i colpi di una potente balestra che centrano più volte il bersaglio, il demone gigantesco raggiunge le mura con uno slancio sufficiente a sfondarle, creando una breccia da cui i suoi compari più piccoli possono infiltrarsi. Ha inizio la battaglia. Dovete entrambi fronteggiare una minaccia Alta di natura Fisica che siete liberi di descrivere, proveniente dall'esercito nemico.

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I Baluardi dell'Indipendenza

La vista del mostro in carica e della brulicante massa di nemici mette gli assassini sulla difensiva. Non riuscite a convincerne che uno sparuto manipolo mal assortito, mentre la maggior parte si ritira senza alcun ritegno borbottando frasi quali "Non ci pagano abbastanza per questa merda": restate in pochi, e vi avviate verso i cunicoli di ingresso alla città che i vostri esploratori avevano individuato. Il breve viaggio vi stanca e demoralizza, perciò spendete un quantitativo Medio di energie (da scalare sulla base delle vostre tabelle di consumo individuali) e un Medio alla psiche. Akilah e Lamrael subiscono, in aggiunta, il danno Medio cagionato dall'utilizzo ad area di Menzogna ad opera di Jace. Gli assassini identificano in quest'ultimo il loro capitano (o comunque colui da cui prendere ordini), mentre gli altri due sono visti come loro pari; essi interagiranno con voi da ora in poi secondo questa tacita gerarchia. Arrivati in fondo ai cunicoli vi trovate di fronte a un gruppo di nani pesantemente armati, che dopo appena un istante di esitazione che non comprendete, vi attaccano. Fronteggiate un attacco Alto di natura Fisica completamente personalizzabile.

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I Figli della Terra

La strategia adottata per rimettere in sesto la balista ha successo, e potete fronteggiare così la minaccia del titanico demone. Tuttavia esso si dimostra più coriaceo del previsto e riesce a sfondare le mura poco lontano da voi, creando un'apertura da cui confluiscono demoni dalle forme più svariate. L'impatto è così furioso da cagionare un danno Medio di natura fisica a ciascuno di voi, ma fortunatamente la balista è ancora intatta. I demoni risalgono la china e si fanno sotto, costringendovi a fronteggiare un'offensiva di natura Fisica ed entità Alta. Avete piena libertà di personalizzazione in merito. Nel frattempo, Jahir e alcuni dei suoi sono richiamati in basso, laddove le truppe nemiche stanno penetrando a Qashra in maggior numero. Voi potete decidere anche se seguirlo o stare a combattere sulle mura.


Avete tutti cinque (5) giorni per rispondere. Potete organizzarvi tra voi e collaborare, se lo ritenete necessario.

Il turno termina alle 23:00 di Domenica 15 Giugno 2014.
 
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.Azazel
view post Posted on 12/6/2014, 20:15




Erdkun
L'assedio di Qashra, Atto II
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Folate di vento modellavano le dune fuori Qashra ma il panorama era divenuto saturo di presagi di morte, oscuri.
L'esercito demoniaco avanzava senza sosta, implacabile come un lupo affamato alla ricerca della preda. Ruggiti animaleschi e urla indecifrabili si facevano via via sempre più intense, gli sguardi di tutti erano puntati in'unica direzione. I pensieri di tutti convogliavano in una sola domanda.
Avrebbero resistito?
Kel guardò la cinta muraria per un istante poi posò nuovamente lo sguardo sulla marea nera pronta a inondarli e a distruggerli in un mare di lamenti assordanti, sangue e morte. Per la prima volta nella sua seconda vita iniziò a dubitare fortemente nella riuscita della resistenza e di una eventuale rinascita e rivincita del popolo nanico.
Qashra era l'ultima speranza. Non solo per i nani. Per tutti.
Se la piaga infernale germogliata dagli abissi avesse trionfato si sarebbe diramata a macchia d'olio in tutta la regione, ovunque, senza freni e senza ostacoli i demoni avrebbero scorrazzato impietosamente, calpestando la vita e tentando di saziare una voracità inesauribile fatta di sangue e carne. Osservò Jahrir posizionarsi davanti al suo esercito, dinanzi ai suoi fratelli e compagni, spalle al nemico ed espressione decisa.

« Qashra sarà il luogo in cui risorgeremo. »
Tutti ascoltarono le parole del leader nanico, anche coloro ancora intenti a migliorare le difese: compito che rasentava la follia considerando l'esiguo tempo a loro disposizione.
« Molti di noi moriranno oggi, sarebbe folle pensare il contrario. Ma se resteremo uniti, come un solo popolo, non ci sarà nemico in grado di sopraffarci. Insieme vinceremo! »
I volti dei presenti erano segnati dalla paura e dall'incertezza. Jahrir era un simbolo, un'emblema ma comunque non era in grado di stravolgere la realtà dei fatti, né con le parole né con la sua presenza. Nonostante tutto cercava di rincuorare e incoraggiare il suo esercito perché era questo il compito di un capo.
« Molte differenze ci separano: a Qashra sono giunti minatori, mendicanti, gitani, schiavi e artigiani. Genti di ogni dove accomunate solo da un flebile legame di sangue. Ma davanti a me vedo soltanto guerrieri, e fratelli! »
« Restate uniti, fidatevi gli uni degli altri. Abbandonate la-- »
Il mondo intero parve venir scosso dalla mano di un gigante furioso.
Gli occhi di molti si sollevarono e i volti si pietrificarono e impallidirono alla vista del colosso demoniaco aumentare il passo verso le mura dando inizio ad una cavalcata devastante, lasciando alle spalle pura desolazione dopo il suo passaggio.

« FRATELLI MIEI! »
« FACCIAMO PENTIRE QUESTA FECCIA DI ESSERE VENUTA AL MONDO!! »

« UNITI VINCEREMO!!! »

Con tutto il fiato che aveva in gola il nano terminò il suo discorso che anticipava la guerra, sovrastando per un istante la tuonante carica dell'abominio.
Era il giorno in cui molti - se non tutti - sarebbero morti da eroi, da fratelli, da compagni.
Uniti sotto un'unica bandiera.
Quella della resistenza contro un nemico comune, contro un male superiore e arcaico in grado di fagocitare tutto il continente gettando nell'oscurità tutti i popoli. Senza alcuna distinzione.
Kel'Thuzak non voleva morire una seconda volta.
Sfoderò Neracciaio e la tenne nella salda presa della mano destra.
Nel frattempo iniziarono a sparare i primi colpi con la macchina d'assedio, fortunatamente riparata appena in tempo. La roccia tremava ad ogni dardo lanciato e il rumore scaturito dal macchinario rivaleggiava con quello prodotto dalla carica della mostruosità demoniaca.
I dardi colpivano la creatura ma questa era talmente coriacea da continuare imperterrita la furiosa cavalcata sino alle mura, capì troppo tardi che non l'avrebbero fermata in tempo.

« Preparatevi all'impatto! »
Riuscì a malapena a finire la frase che il colosso cozzò con inaudita violenza le mura a poca distanza da loro. L'energia prodotta dallo schianto fece tremare con forza l'intera struttura e Kel perse l'equilibrio, cadendo. Frammenti, più o meno grossi, della cinta muraria volarono ovunque come schegge impazzite, anch'esse parevano terrorizzate dal demone e volarono via, fischiando pericolosamente, in ogni direzione tramutandosi in veri e propri macigni letali.
Uno di essi era in procinto di schiacciare lo stregone: prima di venir ridotto a una poltiglia di carne e sangue, rotolò su sé stesso verso sinistra riuscendo a limitare i danni e evitare di venir travolto, per un soffio, dal frammento di dimensioni tali da porre fine alla sua esistenza.
Si rimise in piedi fulmineamente e solo in quel momento avvertì un forte bruciore e dolore provenire dal braccio sinistro: aveva un lungo taglio che partiva dal gomito e giungeva sino alla spalla. La roccia non l'aveva ucciso ma certamente non era uscito del tutto incolume dall'assalto distruttore del titano demoniaco. Le grida sottostanti richiamarono la sua attenzione: la breccia creatasi dall'impatto era divenuta l'entrata principale per l'esercito nemico che come una malattia contagiosa iniziò a penetrare dentro la città mietendo le prime vittime e dando inizio a molteplici combattimenti.
La guerra era iniziata.
Tra il caos generale e i vari scontri in corso sotto di loro, Kel individuò Jahrir e alcune delle sue guardie dare supporto ai compagni giunti dinanzi l'apertura dalla quale confluivano senza sosta i demoni.

« Kirin, Fanie! Scendo giù con Jahrir e gli altri, lascio a voi le mura! »
Urlò a pieni polmoni prima di scendere la scalinata che l'avrebbe portato nel cuore della battaglia.
Giunto in prossimità del varco incrociò un avversario che aveva appena disintegrato il cranio di un guerriero nanico con una spallata. Il demone era alto quanto un uomo e alla vista era decisamente ripugnante, a malapena si riuscivano a distinguere gli arti superiori e quelli inferiori, la testa poi era pressoché impossibile da localizzare: era ricoperto da escrescenze nere su tutto il corpo. Erano come tumori vivi, pulsanti e pieni di chissà quale schifoso liquido nauseabondo. L'arto sinistro era incredibilmente sproporzionato rispetto al resto del corpo e appariva molto più coriaceo e resistente del normale. L'informe mostruosità ruggì al cielo tutta la sua rabbia e sete di sangue prima di caricare Kel con l'enorme braccio usato come arma da sfondamento.
Prima di fare la fine del nano di poco prima, lo stregone eresse una barriera magica dinanzi a sé che venne infranta dalla veemente spallata nemica. Riuscì comunque a interrompere la furiosa carica.
Tentò di colpirlo con un fendente orizzontale atto a tagliarlo in due ma quest'ultimo intuì le intenzioni del goryano e sfruttò il braccio deforme come scudo, parando il colpo. Il metallo di Neracciaio non riuscì a penetrare ma era talmente ustionante da far urlare il demone dal dolore. L'altra metà della sua anima ribolliva con furore e la creatura degli abissi, con rapidità, indietreggiò di qualche metro, allontanandosi dalla spada. Kel gli rivolse un sorriso canzonatorio e l'altro, adirato come non mai manifestò tutta la sua collera in un urlo devastante prima di buttarsi nuovamente alla carica.
Questa volta, però, anche lo stregone fece lo stesso, lanciandosi di corsa verso il bersaglio. Pochi istanti prima di imitare il demone eseguendo una spallata con l'arto sinistro, Kel avvolse il braccio e la spalla con una patina grigiastra, di origine magica e che inglobò come un velo intangibile la zona prescelta.
Si scontrarono eseguendo i medesimi movimenti, come davanti a uno specchio le spalle collisero, a pari potenza l'una nullificò l'altra.
Arte magica contro pura forza fisica.

« Huh?! »
Il nemico manifestò tutta la sua incredulità e stupore in quell'unico grugnito.
Poi, con un sibilo, giunse implacabile Neracciaio che come un giudice impietoso fece calare la sua sentenza sul nemico.
La lama questa volta non incontrò ostacoli o difese e lacerò la carne, fendendo con facilità tutto il corpo mostruoso, dall'alto verso il basso, tagliandolo in due. Getti di sangue marcio, caldo e scuro inondarono la lama bollente e sporcarono le vesti dello stregone mentre i resti del mostro cadevano a terra, con le membra che come lenti vermi fuoriuscivano toccando il suolo. Si guardò immediatamente attorno cercando Jahrir e fortunatamente lo individuò tra il caos generale.

« Jahrir, non vorrai mica prenderti tutto il divertimento voglio sperare. »
Esclamò, posizionandosi al fianco del leader nanico ed eliminando con un affondo al volto un demone inferiore che si era fatto avanti.
« Non posso permettere che ne uccida più tu di me. »
In realtà non era lì per una gara sul titolo di "Sterminatore di Demoni" più bravo e capace.
Avrebbe protetto il leader nanico con tutte le sue forze.
Morto Jahrir, morta la resistenza.
Morto il simbolo che li accomunava tutti, morta la speranza.
Jahrir non doveva morire.

Kel'Thuzak
il Mezzanima

CS 8 ~ Destrezza 4 - Intelligenza 4 - Forza 2

~ Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40% ~

Energia: 95% - 10% - 10% = 75%
Status Fisico: Danno Medio (braccio sx).
Status Psicologico: Indenne.

Equipaggiamento in uso

Neracciaio__ In uso (Mano dx).
Silentium__ Inutilizzata. [º º º º º]


Abilità in uso

arcanus__L'anima corrotta di Kel, scissa in due tra spada e corpo, ha fatto sì che Neracciaio acquisisse un potere in grado di distinguerla dal resto delle armi comuni: il potere della sua anima racchiusa in questa spada è in grado bruciare e ustionare. L'arma infliggerà danno come il riflesso della propria anima tant'è che oltre al danno fisico arrecherà un danno legato all'elemento Fuoco, non pregiudicherà in alcun modo la regolamentazione sugli attacchi fisici e le Capacità Straordinarie; il danno totale inflitto dagli attacchi fisici non cambierà in alcun modo, ne verrà solo caratterizzata l'entità aggiungendovi proprietà elementali. L’arma, come una creatura viva e senziente, si plasmerà sulla figura del possessore assecondando la sua indole, vettore della sua anima. Da questo momento in poi essa vibrerà di energia propria, liberando una malia psionica di tipo passivo, sottoforma di terrore e paura, che influenzerà chiunque sarà abbastanza vicino da percepirla.
L’attaccamento con la propria arma diverrà indissolubile, così intenso dall’impedire a chiunque di scinderne il rapporto. Neracciaio, tesoro inestimabile per Kel'Thuzak, sarà impossibile da sottrarre o rubare, neppure dinanzi al più subdolo dei ladri o attraverso l'inganno più astuto. Così intrisa dell'anima del portatore dall'essere solida al punto da aver assunto connotati di assoluta indistruttibilità; nessun colpo, nessuna circostanza – volontaria o accidentale che sia – ne riuscirà a logorarne il filo o infrangerla. Tali caratteristiche, in termini di gioco, permettono all'arma di non essere rubata, allontanata, danneggiata o distrutta all'interno di un post autoconclusivo redatto dall'avversario in caso di sconfitta in duello.
Inoltre Kel, raggiunto il 10% delle energie, non sverrà, come invece potrebbe succedere a qualsiasi altro membro di un'altra razza. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
{Passiva Lvl.1, 2 e 3 Artigiano + Razziale Umana}

tutum iter__La tecnica ha natura magica. L'abilità non ha potenza e concede i propri benefici passivamente, sempre funzionanti nel corso di una giocata. Il personaggio diviene in grado di camminare e reggersi su qualsiasi superficie, sia essa avversa a lui e alla gravità (come una parete o un soffitto), sia essa liquida (acqua, ad esempio) o aeriforme (camminare sull'aria). Non sarà affetto in alcuna maniera da correnti d'aria o sbilanciato da onde nell'acqua, e potrà camminare tanto agilmente nell'aria quanto lo farebbe sulla terraferma, il tutto non alterando in alcuna maniera la sua agilità o la velocità con la quale si muove normalmente - rendendolo di fatto né più veloce né più lento del solito. {Pergamena Sostegno - Ladro}

mysticus__Il prescelto dei guerrieri stregoni di Kolozar Dum è stato dotato inconsapevolmente, da quest'ultimi, del dono della magia, ma non magia comune bensì qualcosa di molto più potente e in grado di far impallidire i migliori maghi esistenti. Poter contare ogniqualvolta su una fonte di potere sempre maggiore rispetto a chi si ha di fronte è una capacità che molti vorrebbero e che Kel possiede dopo essere tornato alla vita. In termini di gioco la tecnica ha natura Magica e avrà sempre effetto. Ogni volta che il proprio avversario utilizza una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno Kel guadagna 2 CS in Intelligenza.
{Pergamena Discendenza Arcana - Mago}


Attive Utilizzate

claustrum__La tecnica ha natura Magica e consumo Medio. Lo stregone genera una barriera magica, dal colore nero e dalla consistenza liquida e densa come fosse composta di sangue demoniaco, grande al massimo quanto lui, in grado di difenderlo efficacemente da una offensiva dello stesso livello o inferiore. La tecnica ha una potenza difensiva pari a Media.
{Pergamena "Barriera" - Mago}

corpore marmoris__Per riuscire a manipolare la magia ed utilizzarla come strumento fisico per difendersi ha richiesto molti anni di duro allenamento: a volte non hai la fortuna di possedere facoltà innate di tale rilievo e la soluzione è solamente la pratica costante. Proprio per questo Kel, tramite un consumo energetico Variabile, potrà difendersi dagli attacchi nemici incanalando la magia in una zona del corpo, o in tutto se necessario. Facendo ciò l'epidermide dello stregone, stimolata dalla magia, assumerà un colorito grigio scuro, evidenziando così le parti soggette a tale azione magica, rendendo il corpo dell'uomo inscalfibile come fosse composto da solido marmo. Tale abilità avrà effetto immediato, incassato il colpo la pelle tornerà allo stato originario. Non si potrà usare in fase offensiva, tecnica di natura magica.
{Abilità Personale 1/10 - Consumo impiegato: Medio}

Resoconto: il danno Medio è provocato da un frammento di roccia schizzato via durante lo schianto fra il colosso e le mura e che ha ferito Kel al braccio sinistro. Per quanto riguarda il danno Alto totalmente personalizzabile l'ho suddiviso in due attacchi Medi lanciati dallo stesso demone con il quale poi ho costruito un piccolo duello autoconclusivo.



 
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Fanie Elberim
view post Posted on 14/6/2014, 03:21





E r d k u n ~ L'assedio di Qashra


« Quanto in alto? » urlò il primo geniere, portandosi in spalla un pesante dardo. « Undici gradi e mezzo, in rapido avvicinamento, ricaricate! » gli rispose un goffo nano con un cannocchiale dalla forma tutt'altro che convenzionale, mirando il Colosso che si muoveva facendo vibrare l'intero territorio.
« UNDICI GRADI E MEZZO, CARICATE... »
Io assistevo allibita a quella manifestazione di potenza e rabbia. Il demone torreggiava sopra i suoi simili come una divinità avrebbe potuto tranquillamente spiccare in mezzo ai comuni mortali: avanzava incurante dei colpi della possente ballista quasi fossero gocce di pioggerella estiva. Quell'arma avrebbe potuto sfondare il Cuore di Marmo passandolo da parte a parte ed avere ancora energia per decimare mezzo plotone, ma contro quella cosa sembrava non funzionare niente. Guardai Kirin e Kel, anche loro probabilmente avevano il mio medesimo timore, ma lo nascondevano indubbiamente meglio di quanto riuscissi a fare io. Avevo gli occhi quasi fuori dalle orbite ed una smorfia infelice disegnata come a scalpello sul naso affusolato. Quella non era una difesa, era un vero e proprio massacro, e Jahrir lo sapeva meglio di chiunque altro... ma non aveva altra scelta. I demoni non ci avrebbero concesso una resa onorevole né avrebbero risparmiato la vita dei nostri fratelli o sorelle: combattere o morire, non c'era altra scelta a Qashra.

« ...FUOCO! »
E l'ennesimo dardo fendette l'aria come un fulmine, verso una ignobile fine sul coriaceo demonio.

[ ... ]

Le parole del signore dei nani rincuoravano i suoi compagni, i suoi fratelli, i suoi soldati. Qashra non era solamente una città nanica, era un baluardo della libertà in un luogo dove la sola parola "libertà" era un tabù che a stento si osava pronunciare. Le città libere erano un agglomerato falso e bugiardo, una lordura di schifo ed arroganza sigillata a tripla mandata nelle loro case, dietro le loro solide mura, a guardare ridendo la fine di un popolo che - più di tutti - avrebbe meritato di vivere sereno. Mi causava una rabbia quasi incontrollabile l'idea che nessuno avesse anche solo pensato di supportare quel popolo in cerca di una casa, in cerca di rivalsa, come se ogni persona, ogni uomo, donna o qualsiasi altro essere senziente al mondo si fosse semplicemente ... scordato della loro esistenza. Un problema scomodo, un qualcosa che prima andava eliminato e poi falsamente pianto, quasi al pari di lacrime di coccodrillo per la morte di un impietoso tiranno.
Forse erano solo sogni di un desiderio utopistico, frutto di fiabe e leggende, ma io, a Qashra, avrei combattuto sino all'ultimo istante.

E mentre il demone caricava le possenti mura, sfidando la paura, sfidando la buona creanza e la saggezza che, ovviamente, avrebbero imposto a chiunque la più rapida delle fughe, sfoderai la spada alzandola al cielo ed urlando assieme a tutti gli altri.
« UNITI VINCEREMO! »
Morire facendo la cosa giusta è sempre meglio di vivere con il rimorso di non averla fatta. E la libertà, la gioia di vivere ed il diritto di esistere erano ragioni più che valide per giustificare anche quella battaglia. Non si trattava della mia guerra, non della mia gente o dei mio Re, ma era lo scontro che era giusto combattere, per loro, per me, per tutti quanti al di la del deserto. La nostra speranza.

[ ... ]

L'urto fu tremendo. Metà dei nani presenti sulle mura vacillò a quell'impatto e coloro che si trovavano nella linea diretta del crollo, probabilmente, morirono all'istante senza aver nemmeno la possibilità di combattere per la loro patria. Schegge di pietra, legno, armi perdute e frecce deviate volavano ovunque come colpite da una deflagrazione possente: indietreggiai per evitare di venire coinvolta in una ritirata tattica di un gruppo di artiglieri e, involontariamente, uno di loro mi colpì bruscamente al petto mentre i miei occhi erano fissi sul Colosso. Persi l'equilibrio e rovinai all'indietro finendo per andare troppo oltre il parapetto dei merletti... nel giro di un attimo mi trovai a mezz'aria in procinto di volare in uno strapiombo di decine di metri tra le fauci digrignate di migliaia di bestie.
« KIRIN! »
Protesi la mano verso di lui, fissandolo in quei brevi istanti che mi separavano dalla morte, nella speranza che mi afferrasse prima della caduta. Scattò veloce, vibrando le ali come un angelo misericordioso, afferrando la mia mano nemmeno un secondo prima che finissi troppo lontana. Lo strinsi così forte da fargli quasi male mentre il mio corpo, per lo slancio ricevuto, rovinava di prepotenza sulla roccia delle mura, aprendomi un inglorioso taglio sul labbro superiore e tumefacendo di nuovo le ferite che a stento si erano rimarginate. Ma il fulvo mantenne la presa nonostante il peso importante della mia corazza.
« Tirami su, tirami su! » strillai, mentre aiutandomi con i piedi cercavo di guadagnare il parapetto, scalciando al pari d'un infante capriccioso. Avevo paura, non mi vergognerò ad ammetterlo, di finire in quella maniera stupida e disonorevole i miei giorni, cadendo come un frutto troppo maturo in bocca a viscidume crepitante e urlante. Con uno sforzo non indifferente tornai di nuovo al sicuro, scambiando un lungo sguardo riconoscente al mio compagno di battaglia, giusto in tempo per vedere uno sciame di creature iniziare a invadere le mura come cani affamati alla ricerca di carogne.
Serrai le mani attorno alla spada che, per fortuna, non avevo lasciato cadere nell'abisso durante la caduta, preparandomi ad affrontarli: erano un'orda senza arte né parte, un vero e proprio muro ringhiante che rigurgitava bava e strillava parole oscene per spaventare anche gli animi più forti e saldi. Avevo visto tanti orrori in vita mia, tanto squallore, tanti soprusi e torture ma mai a nessuno avrei augurato di trovarsi faccia a faccia con quelle cose. Si trattava di emozioni che andavano ben oltre la paura pura e semplice, c'era di più, più dentro l'anima, qualcosa di simile alla convinzione che non ci sarebbe stata alcuna speranza per noi di uscire veramente vincitori da quello scontro mortale. Chiunque avesse vinto quel giorno avrebbe dovuto pagare con talmente tante vite la propria supremazia da rendere quasi vana la stessa vittoria.

Uno dei demoni che avevano ingaggiato i difensori spiccò un balzo nella mia direzione, deciso a mangiare qualcosa che, dal fiuto, non sembrava decisamente aver il medesimo sapore di quelli che per lui erano omuncoli sporchi e puzzolenti. Alto mezzo metro più di me, con lunghe corna affilate, iniziò a menare artigliate come un gatto furioso, senza tregua, inebriato dall'odore di morte e sangue che si spandeva nell'aria mano a mano che la lotta infuriava sulle mura. Per quanti colpi riuscissi a deviare con la spada lui ne portava altri aprendomi nuove ferite anche oltre la corazza. Ad un tratto, forse convinto di avermi stancata a sufficienza per finirmi, mi saltò addosso schiacciandomi contro uno dei merletti e obbligandomi a tenergli le fauci bavose e bestiali con le mani, per evitare che si chiudessero sul mio collo. Non importava con quanta forza io cercassi di oppormi a quel gesto, centimetro dopo centimetro sentivo le mie braccia cedere per lo sforzo e le mie dita martoriate dalle zanne che si chiudevano sempre di più.
Lo guardai in quelli che, supponevo, essere i suoi occhi: enormi bulbi neri e lucidi speculari, ai lati della testa sotto le corna, e non vi trovai altro che la più assoluta perdizione, la follia, la brama di massacrare senza altro motivo che il puro e semplice caos. Non v'era nemmeno un barlume di intelletto in quei mostri. Non c'era mai stato.
Un colpo di pistola netto e fragoroso, anche sopra il rombare dei combattimenti, e la forza del demone venne lentamente meno. Alle sue spalle vidi appena Kirin, con la canna della flintlock che ancora sbuffava fumo, essere aggredito da un altro mostro. « Kirin!... togliti di mezzo feccia bastarda! » facendo leva sulla notevole altezza del demonio lasciai che cadesse giù dalle mura, accompagnando il volo con uno sforzo notevole misto di rabbia e disperazione.
Nemmeno il tempo di gioire per non essere morta che subito bruciai la distanza tra me ed il nemico che aveva preso di mira Kirin approfittando della sua distrazione nel salvarmi la vita - per la seconda volta nel giro di pochi istanti - portandomi alle sue spalle. Avevo così tanta rabbia, così tanto odio per quelle bestie che, quasi come una furia selvaggia, rifoderai la spada conficcandogli le unghie d'acciaio dentro la carne putrescente e maligna, girandogli poi la testa con uno scatto tanto forte e rapido da stroncare di netto qualsiasi cosa lo tenesse ancorato alla vita. Il corpo esanime cadde a terra mentre, porgendogli una mano, aiutavo il mio compagno a rialzarsi da terra.

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To Glory.

« Stai bene? Siamo circondati ma... ma dobbiamo abbattere quel mostro maledetto! » ansimavo, sanguinando dalle svariate ferite ricevute. « Ti prego dammi più tempo che puoi, io farò tutto il possibile per cercare di ammazzarlo! » avevo i guanti macchiati da sangue nero e purulento, il viso coperto di escoriazioni e polvere, ma non avevo tempo per fermarmi a piangere i miei dolori: finché riuscivo a muovermi e combattere l'avrei fatto.
Schivai un paio di combattenti arrivando alla ballista, che il primo geniere tentava di ricaricare da solo avendo perso i suoi assistenti, mettendomi alla postazione da artigliere. « Stato dell'arma!? » il vecchio mi guardò con lo stesso disprezzo con chi sta per mettersi a ridere di un novello, ma il mio sguardo furibondo gli fece cambiare idea. « Operativi al massimo, donna, ma ho perso i miei artiglieri e non posso fare tutto da solo! » appoggiai le mani sul pesante bronzo, infondendo in esso il potere che nascondeva la rabbia e la furia di una driade: l'arma prese a brillare di un bagliore iridescente, mentre piccole lingue di fuoco smeraldine sprizzavano dalle appendici dei quattro archi che la componevano. Il geniere rimase colpito e sconcertato al tempo stesso.
« Ricarica! » gli urlai « RICARICALA! »

Mentre il nano si adoperava con tutto se stesso io girai l'argano di puntamento per far ruotare la struttura abbastanza da mirare di nuovo al mostro. Ed in quel momento mi calcai in testa il cappuccio del mantello, volevo essere lasciata in pace, volevo sparire dagli occhi dei demoni, diventare inutile per loro, poco interessante. Poco appetibile.
« Donna! » tuonò. « Ballista in tiro teso! »
Presi la mira su quella gigantesca formazione osseo-purulenta che era la sua testa.
« FUOCO! »
Ed un dardo fiammeggiante di un verde inteso volò con un possente rinculo assorbito dalle solide mura.

Uno degli altri genieri, gravemente ferito e appena in grado di muoversi, raggiunse i miei piedi ansimando e trascinandosi a fatica verso la base della macchina. Qui recitò qualche parola in nanico a me praticamente incomprensibile, un miscuglio di parole confuse per metà sopraffatte dal clangore delle armi. All'inizio pensavo che fosse un qualche tipo di imprecazione, una specie di rituale magico o qualcosa che comunque aveva a che fare con i poteri runici di quel luogo... ma mi sbagliavo. Dentro il mio cuore sapevo che, in realtà, quell'uomo stava solamente cercando riparo sotto l'antico bronzo pregando per la sua vita.
...non stava imprecando, non stava recitando antichi arcani... stava solo pregando e singhiozzando per non essere sbranato dall'abisso.

« Primo geniere! Dobbiamo difenderla... » dissi indicando l'arma stessa. « ...sino a quando non riusciamo ad abbatterlo! »
Il nano iniziò a tasteggiare sugli enormi bulloni che inchiodavano la base premendoli in un modo che mi apparve quasi del tutto casuale. « Mi chiamo Ramos, donna. E mi dispiace, ma è l'unico modo per proteggerla. » schiacciò l'ultimo rivetto della sequenza ed un gran dolore mi colpì dritto al cuore, quasi come una scarica elettrica che mi attraversava di colpo da testa a piedi. Sentii parte delle mie già precarie energie fluire via, scivolare tra gli ingranaggi di quell'arnese.
Ma continuai a restare alla mia postazione, pronta a sparare di nuovo appena il dardo fosse stato messo in posizione.
Mentre si rimetteva in piedi, tornando ad operare la ricarica, Ramos mi guardò di striscio quasi scusandosi per quanto aveva fatto. « Se ha funzionato... quest'arma dovrebbe avere un sistema di difesa autonomo, vecchio di centinaia di anni e... » non sapeva nemmeno come dire che, forse, non sarebbe successo proprio niente. « ...se funziona te ne accorgerai. Dardo in posizione... »

« ...FUOCO! »
Ed un'altra fiammata smeraldina volò prepotente saettando nel cielo.




Riassunto e Note.


Riassuntino_zps02cf0e98
CS forma umana: 2 Robustezza 2 Tenacia 1 Tattica 1 Destrezza
CS forma driade 2 Agilità 2 Prontezza 1 Intuito 1 Forza
Basso - 5% | Medio - 10% | Alto - 20% | Critico - 40%


Classe: Sciamana
Razza: Driade (Avatar Angelico)
Talento: Guarigione III

Stato Fisico: Medio (contusione) Alto (da taglio)
Stato Psicologico: Illesa.
Stato Emotivo: Risoluta.
Energia: 85% - 20%(Alto) - 10%(Medio) = 55%

Equipaggiamenti:
~ Heater-shaped Shield. Scudo con capo a punta composto di legno e metallo. [Impugnato]
~ Chivalry Sword. "Le tre forme del Drago Nero" Spada lunga da fanteria (Artefatto)[Impugnata]
~ Elven Spear. Lancia elfica ad una mano [Riposta]
~ Claws. Guanti con unghie taglienti - Nekote - [Indossati]
~ Aicheamhail. Corazza di fattura elfica, pesante, completa. (artefatto)[Indossata]

Passive in uso:
~ Heritage. Passiva di timore reverenziale da avatar angelico. Effetto psion passivo.
~ Attitude. Passive del talento di guarigione I e II, ammontare delle cure uguale al consumo speso per castarle e possibilità di curare danni fisici o psionici a scelta al momento del lancio di incantesimi curativi.
~ Vraal. La pantera di Fanie a cui è legata la sua vita. Passiva di immortalità del talento guarigione III
~ La via del Drago Nero. Passiva di immunità alla fatica fisica dovuta a sforzi eccessivi/prolungati e non sviene sotto il 10% di energie quando una delle tre forme del Drago Nero è attiva.
~ Memento Vitae. Auspex passivo di individuazione forme di vita.
~ Glasnathair-sgiathach, Green Dragon. Fanie guadagna 2CS alla Tattica quando viene usata una abilità magica.
~ Sìor sabaid, Irriducible. Fanie può combattere con arti spezzati e ossa distrutte.
~ Il Volto dello spettro. (Temporaneo fintanto che Fanie indossa il cappuccio sulla testa) Passiva, natura magica; col cappuccio tirato sul viso, Fanie non sarà riconosciuta per la sua identità, benché visibile e distinguibile; sarà vista come una persona di poco conto, poco importante, da ignorare, di cui non ci si ricorda. (Artefatto: Lascito degli Eroi)

Attive in uso:
» ~ Kuile.
Tra molteplici riti quelli più potenti e complessi sono sicuramente riservati alla guarigione. Essi richiedono una preparazione eccelsa e solo quando si ottiene il loro totale controllo risultano efficaci e utili. Fanie ha appreso da tempo la capacità di rigenerare le proprie ferite mediante l'uso di questi poteri sciamanici, ma durante i suoi lunghi studi ha potuto scoprire a sue spese come vi sia sempre qualcosa di inarrivabile o di incurabile. Nel tentativo, piuttosto estremo, di alleviare il proprio dolore interiore, si è spinta laddove le normali guarigioni non riescono ad arrivare, ottenendo il privilegio di risanare anche i danni causati da disastrose malie e illusionisti. Le sue cure sono frutto unico e solo della natura, quando vengono usate sono inconfondibili e non è raro che si sviluppino piccole piante o rampicanti che scompaiono dopo aver richiuso le lacerazioni. Abusare di tale potere, però, può essere estremamente pericoloso giacché il costo in termini di concentrazione e fatica è tanto maggiore quanto più grave è il danno da rimediare, sia esso al corpo o alla mente, e Fanie conosce bene quali siano i rischi di superare le proprie possibilità durante la battaglia. [Cura del talento di guarigione, fisica e psion, usabile a Basso, Medio o Alto]

» ~ Losair, of Swords and Flames.
La comunione tra i due mondi a cavallo dei quali vive Fanie non è solamente forte di sofferenza e solitudine. Sfruttando la magia naturale, i poteri sciamanici e la sua naturale predisposizione per la coesione tra i due mondi, è in grado di infondere nelle proprie armi un potere abbastanza forte da cagionare danni enormemente superiori a quelli normalmente fattibili. Le armi si ricopriranno di una fiamma bluastra, come se fossero composte da una sostanza infiammabile, lievemente percettibile ed al contatto sprigioneranno il potere naturale che le caratterizza aumentando l'entità delle ferite portare agli avversari. L'effetto dura per due turni di combattimento e non prevarica la normale regolamentazione sulle capacità straordinarie. Essendo di elemento luce infiggerà danni maggiori agli avatar notturni e danni minori a quelli diurni. [Pergamena del campione: Favore delle Armi, consumo Alto, i danni fisici infliggeranno un Medio in aggiunta al danno regolare. Il Medio scala ad Alto sugli avatar notturni e Basso su quelli diurni]

» [Bonus] Qashra Anti-siege System. (Medio)
Il primo geniere, Ramos, attiva un sistema di difesa automatico della Ballista, qualcosa che risale a ere prima dell'assedio, che per entrare in funzione ha bisogno di "risucchiare" energia dall'artigliere, in questo caso Fanie, in modo da creare uno scudo magico che difenda l'arma dagli assalti frontali dei nemici, in una zona di 180° circa, quindi non ad area. L'azione è atta a proteggere la ballista e i suoi due operatori da eventuali assalti successivi.

Note: Eccomi qua! Abbiamo concordato con Shinny una scenetta per giustificare il medio da impatto: Fanie rischia di cadere, Kirin la riprende al volo. Lei impatta contro il muro per lo slancio e riceve danni da contusione, lui deve sostenere il peso considerevole di una corazza completa e subisce danni da stiramento (ci è parsa una maniera più originale di affrontare la cosa, spero possa garbare!)
Fanie poi subisce un alto dall'aggressione di un demone ed anche qui altra piccola scenetta concordata dove Kirin spara ed uccide il demone che attacca Fanie e lei ricambia il favore conficcando le sue unghie d'acciaio (presenti sui guanti d'arme) nella testa di un secondo demone e rompendogli il collo di netto grazie al cs in forza.
A questo punto ho fatto come richiesto dall'Andre... ho usato la creatività: ho incantato la ballista con un incantesimo che potenzia i danni fisici in danni sacri medi nella convinzione che i dardi santificati possano abbattere il mostro e dovrei riuscire a spararne almeno due in testa alla creatura. (so che non è un avatar, ma Fanie vede un demonio ed è giusto che usi danni sacri)
La variabile l'ho usata con altrettanta inventiva diciamo: il primo geniere attiva un antico sistema di difesa che "risucchia" energia da Fanie per attivare - ipoteticamente visto che era richiesta l'ipotetica - una difesa a Medio per la ballista e i suoi artiglieri. Spero che vi sia piaciuto, grazie della lettura.
Ps: ho calcato il cappuccio facendo attivare la passiva temporanea per risultare meno appetibile agli occhi di eventuali demoni erranti.

 
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The Grim
view post Posted on 15/6/2014, 17:01





Erdkun L'assedio di Qashra
Nelle fauci della bestia



Lo stregone era convinto di poter restare impassibile all'avanzata dell'esercito demoniaco, di guardare quel Titano marciare e non sentire il proprio cuore sussultare o le sue gambe tremare. Rassicurava sé stesso ricordando quante creature terribili aveva affrontato, mostruosità dalle forme assurde come nelle profondità del Plakard e nell'oscurità dell'Eden, o dei tanti assassini compiuti in giovinezza; tentativi patetici quanto inutili. Quando quello si mosse, la terra tremò tanta era la sua forza. Inarrestabile come una valanga, ma guidata da un'intelligenza malevola; niente avrebbe avuto scampo. La pelle già candida dello stregone si fece ancor più nivea, il sangue fuggiva dalle arterie per nascondersi chissà dove, come avrebbe dovuto far lui dopotutto, e come già molti degli assassini stavano facendo. Era sconvolgente vederli scossi, loro che fino a quel momento si erano infagottati di truce efficienza e misteriosa freddezza, uomini che erano apparsi più che preparati per quella missione. Ora scorrazzavano disordinatamente, c'era chi bestemmiava e chi invocava dio, chi scordava l'arma e chi invece litigava per una borraccia. Nulla guidava quel caos se non un cieco istinto di sopravvivenza, e Jace non poteva certo biasimarli per la loro fuga. Forse avevano famiglie ad attenderli a Taanach, o semplicemente vite da portare avanti, futuri miseri o gloriosi che fossero che volevano esplorare; l'incognita era preferita al quella via che certo conduceva alla morte. Il cartomante avrebbe voluto fare come loro, e un tempo li avrebbe seguiti nei loro intenti, ma non stavolta. Non lo faceva certo per onore o per la gloria delle città libere, per un futuro radioso o ricco, a lui di quelle schifezze importava poco o niente. Avrebbe voluto dire a se stesso che lo faceva per la bambina, per saperla salva e non fra le mani di aguzzini della peggior specie, ma quella era solo una sporca menzogna. Si vergognava di averne ucciso la madre e cercava la redenzione, non alla luce di un qualche dio o della propria coscienza, ma perché temeva lo sguardo di lei, di Afrah. Non le avrebbe mentito, ma temeva alla stessa maniera la verità e la reazione che avrebbe provocato in quel cuore traboccante d'amore. E dunque rischiava tutto per non cadere in disgrazia agli occhi suoi che ardevano come braci. Fissò intensamente i pochi che ancora titubavano, in bilico fra disertare o ubbidire, e fece un passo in avanti, ordinandogli di seguirlo; e loro lo fecero. Giunsero così a ridosso delle mura e s'immersero nelle viscere della terra, nelle fondamenta obliate di quella città perduta.

Z18bS

Non vi era luce in quei cunicoli, nemmeno un barlume.
Immersi in quella cieca oscurità perfino la speranza tendeva ad eclissarsi, sommersa dalla più cupa inquietudine. Le profondità di Qashra erano un vero e proprio labirinto già prima di essere abbandonata, ora fra crolli e immondizia era un groviglio di vie indistricabili. Quando gli erano stati spiegati i particolari si era immaginato una sistema fognario o qualcosa di simile e invece ora si trovava davanti a qualcosa di completamente diverso, mura di roccia e muratura che avevano tenuto molto meglio della città stessa contro l'incedere borioso del tempo. Erano veri e propri corridoi, lunghi e alti ben più delle esigenze dei nani, forse il residuo di qualche altro popolo, forse le fondamenta di una città più antica; altro il cartomante non sapeva. Il manipolo era costretto ad avanzare lentamente, nonostante mappa e lumini, frustrato dal gran numero di vicoli ciechi in cui erano incappati, il morale che era già arrivato ben sotto le suola delle loro scarpe. L'attacco dei demoni inoltre complicava il loro piano, benché avrebbe portato disordine fra le fila dei difensori, adesso Jarir sarebbe stato circondato da uomini armati, disperso chissà dove nella battaglia; rintracciarlo non sarebbe stato facile. Jace, fiaccato dalla lunga marcia, prese una piccola boccetta che era legata al fianco, e ne bevve il contenuto, un latte bianco che l'avrebbe rinvigorito.

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E fu allora che lampi gialli illuminarono il tunnel, seguito dal rombo di decine di tuoni, sconvolgendo i ranghi degli assassini. Jace, la boccetta ancora fra le dita, riuscì a malapena ad appiattirsi a terra mentre la salva di proiettili piovve su di loro, i proiettili che schizzavano perforando vesti e armature come burro. Il cartomante sentì una fitta di dolore avvampare alla spalla sinistra, dove una palla di piombo l'aveva colpito, trapassandolo da una parte all'altra. Il suo grido di dolore si perse fra le urla di caduti e feriti, sorpresi anche loro dal manipolo di nani. Il ciarlatano gridò a tutti di cercare un riparo, di abbassarsi o qualcosa di simile, ma in quel casino era difficile farsi ubbidire. Fu allora che il giovane berbero, quello a cui aveva letto le carte, si mise al centro del cunicolo e prese a suonare una melodia con uno zufolo con cui aveva allietato molte delle sere di quel viaggio. Le note calde e esotiche galleggiarono nell'aria, e benché lievi, sovrastarono il frastuono della battaglia, come fossero intrise di chissà quale portentosa magia. La voce del flauto s'intrufolò nella mente degli uomini, suggerendo loro pensieri assurdi come che i loro corpi fossero fatti di nuvole, o che i loro piedi non dovessero per forza puntare al basso. Era una melodia diabolica, che infettava gli ascoltatori con un'energia inebriante e un euforia al limite della pazzia,
un'ebrezza simile a quella donata da una droga potente.
Nulla li avrebbe fermati.

" Libratevi
- ora che potete -
finalmente senza più catene
"

Capì in quel momento dell'occasione che gli era concessa.
Le guardie che avevano davanti probabilmente non erano i migliori guerrieri dei nani, che stavano sicuramente in prima fila a battersi contro una minaccia ben più pressante, ma novizi e reclute, probabilmente con poca esperienza sul campo di battaglia. Forse gli assassini avrebbero potuto sovrastarli in corpo a corpo, mentre quelli ricaricavano i loro archibugi, ma i numeri dei primi erano infimi, mentre quelli degli avversari sconosciuti.
Era dunque sensato rischiare?

No, non ne sarebbe valsa la pena, non quando avrebbero potuto aggirarli e puntare verso il capo dell'armata e i veterani più coriacei che sicuramente lo circondavano. Arrivare da lui ancor più deboli sarebbe stato stupido, per non dire disperato. Il ragazzo aveva fatto anche lui queste considerazioni o quello era il suo normale modo d'agire? Non lo sapeva e non c'era certo tempo per chiederglielo. Gli occhi del ciarlatano si tinsero di una venatura dorata mentre si focalizzava sulla carta della Giustizia, il sortilegio più adatto alla situazione. Le nuove capacità li avrebbero di certi avvantaggiati, ma un aiuto non poteva che giovare a tutti. Si sarebbe dunque insinuato nelle menti dei nani e avrebbero impedito loro di spostarsi. Avrebbero visto la terra squarciarsi, voragini aprirsi mentre catene nere e taglianti si avvolgevano attorno ai loro corpi, schiacciandoli al suolo e lacerando la loro pelle con punte aguzze e taglienti. Nulla di tutto ciò sarebbe stato reale.

" Uomini! "
urlò con tutto il fiato che aveva in gola
" Correte e lasciare perdere questi scarti.
Voliamo!
"

Detto questo, scattò diretto verso un muro, sperando che anche gli altri lo avrebbero seguito su per la parete. Mentre i difensori sarebbero stati impegnati con l'illusione loro li avrebbero oltrepassati comodamente. Diretti verso la superficie, verso il cuore dell'armata nemica, nelle fauci della bestia.


specchietto

CS: 7 | Intelligenza 2 Prontezza 2 Maestria con le armi 1 Velocità 2
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5

Stato Fisico: Ferita media alla spalla destra,
Stato Psicologico: Danno Medio da terrore, Danno Medio autoinflitto da confusione;
Energia: 85 - 10 + 5 - 10 - 10 - 20 = 40 %
Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Auspex passivo delle auree,
° Le tecniche illusorie non bisogno di gesti per essere castate,
° Jace può alterare la sua voce ed è un ventriloquo,
° Jace può modificare il suo aspetto a piacimento se un illusione è attiva,
° L'aura di Jace non è individuabile da Auspex Magici,
° Ogni volta che un avversario usa una tecnica magica guadagna 2 CS in Intuito per quel turno,
° Le tecniche offensive ad area di Jace hanno potenza pari al consumo,
° Una volta che il cartomante avrà accumulato un danno Critico al fisico, guadagnerà 2 CS in Istinto,


Riassunto: Jace raduna gli assassini e li guida nei cunicoli, e dopo la marcai stancante si ristora consumando il Nettare sacro (Erba Ricostituente) che ripristina il 5% della sua energia.A quel punto arriva l'offensiva nanesca, che ho personalizzato come una salva di proiettili d'archibugio, dalla quale Jace si è difeso con Xuan Yeé (Perg. Fondersi con le ombre) a consumo Medio, subendo un danno Medio alla spalla. A quel punto uno degli assassini, un giovane descritto nel post precedente, utilizza la Ballata del Kamshin (Tecnica Extra) a potenza Alta - danno autoinflitto Medio alla psiche e consumo Medio di energie segnate nel mio specchietto - che donerà a tutti gli assassini e ai nostri Personaggi una passiva che ci permette di correre sui muri, e 2 CS in Velocità per superare i nani senza combattere.

Tecniche attive usate

CITAZIONE
Nettare Sacro: La bevanda dal sapore corroborante ha infatti la capacità di sfruttare al meglio le forze del fisico e della mente, per donare una nuova scossa d'energia, che proviene dal corpo stesso di chi la ingurgita. Una piccola fialetta, come quella di Jace, basta per recuperare il 5% di energia sprecata. [Erba ricostituente]

Xuan Yeé: A Jace è stato insegnato a a muoversi come se il suo corpo fosse fatto di fumo, ed apparendo proprio come fatto di una nube nera al suo avversario. Pagando un consumo d'energie Variabile, potrà così annullare o smorzare un'offensiva di potenza pari alla spesa. Consumo d'energie: Variabile Medio [Pergamena Fondersi con le ombre]

Giustizia: Con un consumo di energie Alto Jace invoca questo Tarocco genera una potente malia capace di bloccare i suoi nemici. Con uno sguardo sarà infatti capace di introdursi nelle menti degli avversari e fargli vedere lo sbucare di catene nere dal terreno, che si avvilupperanno attorno alle vittime per poi trascinarle al suolo. Tutti coloro che non difenderanno la propria mente non potranno muoversi dalla propria posizione per il singolo turno di cast, e subiranno un danno basso Medio alla mente e basso Medio al corpo per la costrizione fisica. Consumo d'energie: Alto Medio [Pergamena Opprimere]

Ballata del Kamshin: Una melodia orientale dai poteri straordinari. Il suonatore influenzerà le menti dei suoi alleati rendendole lievi e leggere, inebriandole di una potente energia. Quest'abilità dal consumo Variabile equamente diviso fra danno alla psiche autoinflitto al caster e l'energia vera e propria, donerà a tutti gli assassini la capacità di camminare liberamente sulle pareti come se la gravità non li influenzasse, e allo stesso tempo conferirà loro un numero di CS alla Velocità proporzionale alla potenza della tecnica per il solo turno di cast. Con un consumo totale Medio non conferirà alcun CS, con un consumo Alto ne conferirà 2, con un consumo critico 4; non sarà possibile usarla a potenza bassa. Consumo d'energie: Variabile Alto, Medio alla mente & Medio alle energie [Variabile speciale]

Note: Ho segnato in viola i danni subiti nel QM Point, mentre in rosso quelli derivanti dalle mie decisioni e azioni. Ho segnato il danno da confusione al mio personaggio, come da regolamento, benché la tecnica speciale non danneggerà le menti in alcuna maniera. Mi dispiace per la scarsa qualità del post.




Edited by The Grim - 15/6/2014, 18:17
 
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view post Posted on 15/6/2014, 20:31
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Ավազակ ~ Erdkun ~ Ամրոցը

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L'assedio di Qashra

Atto II

(Sharuk/Vahram [pensato].)



Qashra ~ Piana

La bestia mugghiava e ruggiva e la montagna tremava al riecheggiare di quei boati fragorosi. Nello sfuggente legame empatico che si creò al momento del suggello, Sharuk scorse visioni di inaudita violenza: un ribollire di atrocità e massacri, desideri tanto pregni di orrore da sconvolgere persino le menti degli stessi immondi. Immagini balenanti nella testa del mostro. Il guerriero maledetto rabbrividì al cospetto di quei pensieri tanto bestiali quanto opprimenti, tanto esaltanti quanto terrificanti. Anche l’arcidemone odiava, come tutte le progenie dell’abisso. Odiava ognuno di quei minuscoli vermi che brulicavano ai suoi piedi, ma soprattutto quei due insetti tanto presuntuosi da sfidare la sua furia ineguagliabile. In un moto di iniziale soggezione, si piegò alla loro forza. Riconobbe la loro superiorità, ma altrettanto li malediva. Avrebbe voluto sfracellarli lì sul posto, ma non era per quello che aveva risposto al richiamo delle Furie, no... non per lottare e schiacciare le creature inferiori come da secoli aveva fatto sinora nell’Abisso; le sue uniche brame in quel momento erano rivolte al grande banchetto che lo aspettava oltre quel ridicolo recinto di pietra alle pendici del monte.
Ancora scosse la terra con le sue grida, gettando timore negli animi sia dei difensori, sia degli stessi demoni suoi alleati, per poi scagliarsi contro le mura con la potenza di un titano e con il furore di un dio.

La battaglia per Qashra era iniziata.

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Qashra ~ Mura

Il nabassu ammirava estasiato e fanatico il panorama intorno a sé, aggrappato alle corna e alle protuberanze dietro alla cresta ossea della testa del mostro. Da lassù gli sembrava di riuscire a scorgere tutto il trionfo che lo aspettava, ma mentre era assorto nei suoi vaneggiamenti, altri sentimenti velenosi emersero.

Rancore.


Rancore e bramosia di vendetta. Null’altro proruppe dai polmoni di Sharuk. Non un grido di guerra, ma un grido di rivalsa fu quello che lanciò al cielo torbido, al mare infinito di orrori sotto di lui.
Disprezzava sì i mortali: quella feccia testarda dei nani, la cupida stirpe degli umani, i presuntuosi elfi e tante altre ignobili creature indegne di nota; ma più di ogni altra cosa, un demone disprezza gli altri demoni.
Esistono moltitudini di teorie su come nascono gli Immondi; quel che è appurato è che certo non vengono alla luce come gli esseri del mondo terreno. Forse sono plasmati da entità superiori, dei o arcidemoni di immenso potere; forse essi sono le anime di persone malvagie, condannate a un’eternità di sofferenze e violenza, o forse semplicemente è l’Abisso stesso a rigurgitare i demoni, secondo leggi e ordini oscuri.
Ogni razza demoniaca è come una grande famiglia di innumerevoli figli senza un padre, ma non una famiglia di fratelli: una famiglia di fratricidi. A differenza dei mortali, non concepiscono il concetto di unirsi per un'unica giusta causa, per loro esiste solamente la fame, la bramosia, l’irrefrenabile desiderio di arraffare, costanti il loro sono l’odio e la diffidenza verso il prossimo e verso chi già esisteva prima di loro. E più sommo e potente è il demone, più l’odio e la bramosia sfiorano aneliti più grandi e complessi. Le uniche cose in grado di unirli sono il terrore, il potere... e la caccia grossa.

Tarkan e Sharuk.

Fratelli.
Fratricidi.


L’invidia e il desiderio di potenza sono gli unici elementi che legavano il loro destino. Due capi tra i loro simili, i migliori della propria famiglia, ma ognuno di essi era inequivocabilmente convinto che l’altro fosse di troppo. I demoni non condividono niente! Né il cibo, né le conquiste, né il potere... né le speranze.
Fu la presa e il sacco di El Kahir la prova, l’opportunità. Tarkan affrontò Jahid Karadağ, il campione dei cavalieri mamūluk turkemanni, possente, corazzato, abile nell’arte delle armi, e ne insediò il cadavere.
La preda bramata da Sharuk fu invece, a detta di molti, assai controversa: un anonimo medico aramano, ex membro delle Squadre Speciali, non forte, né rapido quanto molti dei suoi compagni, ma maledettamente scaltro e ingegnoso. Vahram Akrtchyan era il suo nome. Un’arma diabolica, la subdola mente contro la bruta forza. Ma qualcosa non andò secondo i piani.

Sharuk fallì nel suo intento. E da allora nulla fu più lo stesso per lui. Ancora gli rodevano tutti gli insulti che Tarkan rivolgeva a suo indirizzo ogni volta che lo incrociava sotto i portici del Palazzo Imperiale di El Kahir. Si sentiva umiliato, disonorato, ma non demorse. E infine, quel giorno glorioso dinanzi a Qashra, mentre s’innalzava sopra il campo di battaglia sulla testa del colosso, comprese che in tutti quegli anni fuori dall’Abisso aveva perseguito il disegno giusto. Era Vahram detto “Al Patchouli” il corpo che gli confaceva, e con esso avrebbe lasciato il segno su quel piccolo e fragile continente.

E Tarkan finalmente non avrebbe saputo opporsi al suo potere.
Sharuk gli avrebbe serbato presto ciò che meritava.

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Sharuk sentiva lo sguardo onniveggente del proprio Signore su di sé. Percepiva come se a centinaia di miglia di distanza il grande nabassu stesse ghignando compiaciuto, assiso sul trono imperiale di el Kahir, godendosi lo spettacolo che la propria imprevedibile pedina aveva allestito per lui.

«Sommo Horun!» Declamò, volgendosi verso il cielo, come se gli occhi dell’arcidemone incombessero su di lui. «Chi è il tuo diletto ora? Chi comanda le tue armate? Chi è alla testa dell’Abisso sulla terra? Tarkan o Sharuk? Osservate! Osservate bene e giudicate chi è veramente degno!»


E sghignazzava mentre il colosso squassava le muraglie imponenti della città, rideva unendosi alla gioia di Horun, dileggiandosi del rivale e dei calcoli errati del suo Signore. Già s’immaginava sul trono insanguinato di Qashra, a violare per primo le logge reali.

A strapparlo dai suoi sogni di gloria fu quella cosa.
Imponente, arroccata poco lontano sulla sommità della cortina, troneggiava la più grande macchina d’assedio che avesse mai visto. Impegnato com’era a studiare il frenetico viavai di nani sul camminamento di ronda, dapprima non si era accorto di quanto vi fosse arrivato vicino, ma attirò subito la sua attenzione quando un’immensa strale, probabilmente mirata al collo della bestia, saettò accidentalmente contro di lui. Sharuk, scorgendola con la coda dell’occhio, fece appena in tempo a ripararsi dietro uno sperone chitinoso, ma non riuscì ad evitare di essere colpito di striscio. Il dardo cozzò con potenza inaudita e un sonoro stridio metallico sul robusto carapace, per poi rimbalzare e scomparire nel baratro sottostante. Il guerriero si abbarbicò saldamente al corno, cercando di resistere ai violenti scossoni provocati dai movimenti furiosi del mostro; cadere da quell’altezza significava morte certa. Sentì una fitta al fianco sinistro e i vestiti inumidirsi. Se l’era cavata, ma osservando il profondo solco lasciato dalla strale sulla corazza della bestia realizzò quanto fosse stato fortunato: se quel coso lo avesse colpito in pieno, si sarebbe ritrovato con tutta probabilità squarciato in due.
Guardò verso basso e si avvide della mortale pericolosità di quel congegno: l’arcidemone sembrava inviolabile, qualunque saetta o proiettile lo colpisse era pressoché inutile contro la sua massiccia corazza, la gigantesca balista però era talmente potente da riuscire a penetrarla. Già molte enormi aste con impennaggi di cuoio spuntavano dal corpo del colosso, infisse in profondità nella carne.

«Maledetti nani...» Ringhiò Sharuk, infuriato, portandosi una mano al fianco insanguinato. «Maledetta diavoleria…»


Ritrovata la stabilità sull’appoggio precario, estrasse il suo arco e iniziò a frugare nella faretra, ne trasse fuori infine una lunga freccia bianca con uno strano involucro a forma di fuso incastonato al posto della cuspide. La incoccò e senza aggiustare particolarmente la mira la scagliò verso la balista.

«Vedremo ora se sarete in grado di prendere la mira... senza poter nemmeno scorgere il vostro bersaglio.» Sogghignò.


Una bomba fumogena, una delle sue speciali. Non appena andò a infrangersi contro i merli di fronte alla macchina d’assedio, esplose rilasciando un immensa e impenetrabile coltre di fumo bianco che presto si sarebbe estesa per tutta la cortina, inglobando ogni cosa in un candido oblio.

Scivolò dunque nuovamente al riparo dietro la cresta ossea, appoggiò le mani sul cranio del mostro e ancora con immane e doloroso sforzo si concentrò per ristabilire con esso un collegamento mentale.

«O Possente, che fai?!»

Gridò cercando di sovrastare i pensieri di morte e distruzione del mostro.

«Non vedi la minaccia nemica?
Perché non ascoltasti il mio monito?

Io sono l’occhio che scongiurerà ogni pericolo!
Lo vedi quel marchingegno sopra alle mura?
Desso è la minaccia mortale!
»

Alzò la voce con tono ammonitore e al contempo perentorio.

«Annienta quei vermi! Che urlino consumati dalle fiamme dell’Abisso!»


Eliminare quella pericolosa mostruosità partorita dalle menti degli ingegneri nanici era indispensabile per la sopravvivenza del colosso. Sharuk sapeva: l’illustre mortale osservava da lontano, aspettando il momento propizio. Prima dell’assalto avevano avuto tempo sufficiente per scambiarsi piani, accordi funesti, sussurri. A meno che Caino non avesse già deciso di tradirli, sicuramente non avrebbe lasciato che l’arma più terrificante dell’orda andasse distrutta.

«Umano... ora è il tuo turno.»

Storse la bocca scettico, in attesa...
augurandosi che il piano funzionasse.



Specchiettosfondoheadercorrottopx_zps1ae36de3

~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~
Energia Verde
Pericolosità: D

CS: (4)
2 Tattica, 2 Intuito


Basso 5% | Medio 10% | Alto 20% | Critico 40%

~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~
Corpo (Medio):
Ferita sul fianco sin. (Media).

Mente (Alto+Basso):
Danni alla mente (Medi), scosso (Basso+Medio).

Energie: 85-10-10-10= 55%

~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~
Armi:
Yen Kaytsak: Infoderata.
Spada: Infoderata
Ferro: Infoderato.
Arco (15): Nella mano des.
Pistola (5): Infoderata

Armature: Mantello, brigantina.
Oggetti: Biglia dissonante.


~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~

[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Controllo energetico)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.


~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~


[1/10] “È tutta questione di metodo” ~ Perché erare è umano, persevrerare est himar, aper.
[(Tecnica personale difensiva di natura fisica) ~ Consumo Variabile Medio]
Questa tecnica difensiva ha natura fisica e può essere utilizzata solo sul caster. In virtù della sua fine accortezza, del suo occhio analitico e della sua inesauribile inventiva, Vahram può evitare o limitare i danni degli attacchi offensivi fisici o magici degli avversari studiando in anticipo i loro movimenti o escogitando difese o espedienti bislacchi o imprevedibili.
Il modo in cui Vahram sventerà l’attacco può essere del tutto personalizzato. Starà poi all’arbitro valutare la validità e la sportività delle sue azioni.
Potrà essere utilizzata per avvantaggiarsi al fine di effettuare un attacco o una tecnica separata, ad esempio schivando una palla di fuoco gettandocisi contro e passandoci sotto a metà strada per avvicinarsi all’avversario e attaccarlo successivamente in corpo a corpo. In ogni caso, tassativamente l’uso di questa tecnica dovrà rientrare nel numero di tecniche massime eseguibili in un singolo turno.
Bomba fumogena ~ Vuoi vedere grosso cliché? Ne ho uno pronto proprio qui drentro miei pantaloni, aper.
[(Pergamena Ladro Nebbia) ~ Consumo Medio]
Illusione di natura fisica. Vahram scaglia una bomba fumogena che una volta infranta rilascerà una nube fitta che permeerà il campo di battaglia o un'area parecchio ampia. Questa impedirà a qualsiasi avversario di scorgere poco oltre il proprio naso, anche coloro che possiedono particolari abilità passive per vedere oltre la nebbia. Vahram non avrà alcuna difficoltà a vedere attraverso la nebbia, ci ha fatto l’abitudine. Questo attacco non provoca effetti nocivi, oltre all’occultamento. La nube resta sul campo di battaglia per un totale di due turni compreso quello d'attivazione, potendo essere richiamata prima del secondo al desiderio dell'utilizzatore.

Fuoco abissale
[Variabile Bonus ~ Consumo Variabile Medio+autodanno Medio alla mente ad Area]
Offensiva ad area di natura magica. Il demone vomita sul nemico un'immensa ondata di fiamme verdastre che avvolgono, inceneriscono e consumano qualsiasi materiale.


~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~


Nuova impaginazione e nuovo specchietto!! :8D:

Scusate, forse questo post non è uno dei miei migliori.
Dunque, dopo essersi accordato con Caino, Sharuk guida l'assalto a cavallo del demone, precisamente sulla testa, dietro alla cresta ossea.
Una volta che il demone ha abbattuto le mura, un dardo della balista gigante lo prende accidentalmente di striscio, personalizzando così il danno Alto che dovrei ricevere. Sharuk scansa parzialmente l'attacco utilizzando la tecnica “È tutta questione di metodo” a consumo Medio.
Vedendo la balista, gli scaglia contro una Bomba fumogena (Medio), personalizzata come una "speciale freccia", in modo da cercare di occultare la vista ai genieri e complicargli la vita.
Subito dopo utilizza la Variabile Bonus a consumo Medio+autodanno alla mente Medio (Alto) ad Area per collegare nuovamente la propria mente con il demone, indicargli la balista come una minaccia e costringerlo a vomitare un gigantesco cono di Fuoco abissale su tutta la sezione di mura dove si trova la balista al fine di fare piazza pulita. A discrezione del qm, (dato che si tratta di un attacco ad area), partendo dalla zona della balista cerca di spostarsi sempre soffiando in un arco di 180° conivolgendo anche le truppe naniche in battaglia sulla breccia. Non ho descritto nulla dell'attacco del demone nel post dato che lascio ogni descrizione dei risvolti al qm.

NB: Eventuali riferimenti su Caino sono concordati con Janz.
 
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view post Posted on 15/6/2014, 21:07
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Un brivido di acredine.
Un ruggito che partiva dal profondo, risuonando nella mente e vibrando in sintonia con le ossa, i muscoli ed ogni lembo della sua pelle. Non era sicuro che quell'odio fosse l'esternazione di un vero rumore, autentico ed effettivo. Non tanto, infatti, poteva percepire quell'invereconda prominenza di rancore con le orecchie, bensì con le percezioni della sua mente. Gli bastò incrociare quei suoi occhi rossi come il fuoco, incurvati in un'espressione ferale che intonavano al sangue ed alla morte. Gli bastò sentirli addosso, come un lascito di condanna: una fiera incontrollata che assaporava il suo odore, prima di strapparne a morsi ogni certezza.
La bestia lo fissava e risuonava al suo comando con empio livore. Bramava la libertà delle sue fauci; bramava, sopratutto, il pieno controllo della sua fame atavica, che lo avrebbe spinto a divorare i demoni attorno a lui prima ancora che qualsivoglia nemico - o presunto tale - davanti o dietro le mura. La fame sembrava non avere bandiera in quegli occhi carichi di primordiale odio.
Pertanto, quell'acredine si dissipava in una condizione di viltà indotta. Avrebbe bramato per primo il sangue dei suoi nemici.
Ma l'avrebbe fatto solo per se stessa e per nessun'altro

« Ti mangerebbe, se potesse »
Il demone accompagnò quel suo sguardo preoccupato con una nota di assonante sgomento. Non si discerneva in vera paura, bensì partiva da una sorta di profondo desiderio di rimarcare il suo terrore. Quasi la sua indole lo spingesse a crucciare maggiormente i pensieri del Priore, a prescindere da quanto la sua azione fosse stata - o meno - vittoriosa. « Eppure segue i nostri ordini »
« Guarda: si dirige verso le mura, ora. »
Caino fissò le enormi gambe smuoversi verso Qashra, avanzando con un ritmico rimbombo del suolo. La bestia avrebbe raggiunto il bersaglio e creato un varco per il resto dell'esercito; avrebbe eseguito il compito con rabbiosa diligenza, dirottando ogni sua intemperanza e frustrazione verso le truppe naniche poste in difesa della città. La sentiva dentro di se, come un vuoto che prendeva forma. Poteva udire i suoi pensieri ed i colpi vigorosi del suoi muscoli distendersi, abbracciare un pezzo di esercito nemico e lanciarlo via. Per poi allargare l'altro braccio e ricominciare.
Lo sentiva come se fosse lui: come se oltre quel muro ci fosse il suo corpo a vibrare assalti in direzione della nuda pietra.
« Non puoi comandare i suoi artigli » asserì ancora il demone oscuro, posto di fianco a Caino « puoi soltanto dirigere la sua fame. »
« E cercare di non essergli mai troppo vicino. »

Concluse quell'invettiva strozzando poco una risata, quasi trovasse divertente caricare di pericolo quel preludio di guerra.
Caino parve rabbrividire un momento di più; si tenne la tunica con la mano, stringendola nel pugno quasi per scaricarne la tensione. Poi pose lo sguardo fisso ancora sulla fiera: vide sangue, urla e morte scivolare intorno alla sua furia, come un turbine di condanna che strappava alla terra tutto ciò che trovava. Comprese speranze, virtù e coraggiose rappresaglie.
Poi, però, notò la grossa ballista posta in cima alle mura: la vide trafiggere la bestia; poi ancora. Infine, ancora una volta. D'un tratto smise di contarle; perse il conto e - con esso - la speranza di vedere la bestia in piedi ancora a lungo. Insieme alla sua rabbia, infatti, sentiva il suo dolore affondare nella carne. Poteva sentire le punte di legno trapassargli l'animo, separando lembi di pelle e toccando i nervi, che risuonavano nella sua mente come decine di filamenti di male che inondavano il suo pensiero, la sua lucidità e la sua integrità. In qualche modo soffriva; la sentiva provare dolore come se fosse lui per primo a subirlo.
« Dobbiamo fermare quella macchina al più presto; la bestia non resisterà a lungo sotto i suoi colpi. »
Caino fissò quello spettacolo con una punta di preoccupazione. Indicava al demone i dardi conficcati nel petto della fiera e, al tempo stesso, imperversava su quell'orizzonte con una cadenza allarmata ed altisonante. Il demone, di tutta risposta, sorrise ancora, emettendo un tenue rimbrotto tra i denti affilati. « Ora hai pietà di lei, uomo? »
Sbottò in un'altra risata, per poi proseguire. « La bestia non cadrà sotto i colpi degli infidi marchingegni dei nani. »
« Il coraggio del suo sangue non si piegherà all'inettitudine di chi asserve inganni dell'ingegno per colmare la pochezza del proprio fisico » disse ancora il demone, ora visibilmente infastidito.
« La bestia non cadrà. »

Eppure, l'evidenza sembrava dire tutt'altro. Le grida di battaglia dei nani si mischiavano ai ruggiti dei demoni, tra i quali - sempre più spesso - si distinguevano quelli ricolmi di dolore della bestia, che ruggiva a perdifiato ogni volta che un dardo dilaniava parte del suo corpo. E, ad ogni corpo vibrato in tal senso, Caino sussultava di conseguenza. Dal suo punto di vista, non avrebbe speso una sola goccia di sangue per quell'abominio e la sua morte avrebbe significato un sollievo tanto per il suo corpo, quanto per la sua mente. Eppure, il Priore sapeva bene del potenziale distruttivo che il mostro potesse costituire e - al tempo stesso - discerneva perfettamente la differenza tra una guerra proseguita con lei ed una proseguita senza di lei. La differenza, invero, era pressappoco quella che passava tra una vittoria semplice ed una lunga guerra di logoramento. Un assedio in cui i demoni - e lui con loro - avrebbero potuto rischiare molto, nel lungo periodo.
Alla fine, la sua morte non gli conveniva affatto e tanto gli bastava per giustificare a se stesso quella malcelata pietà.
« Non essere stolto » ribatté Caino, inarcando gli occhi con ardore « sai bene che non è così. »
« Cosa dovrei fare, uomo? » Il demone si voltò verso di lui con rinnovato livore, infastidito e quasi sconfortato da quelle parole. « Non si fermerà fino a quando non sarà sazia » asserì, laconico « o morta. »
Caino si fermò a riflettere. Fissò la bestia, il muro e - al contempo - la coltre di fumo che si levava da entrambi i lati. Inoltre, scrutava soldati e nani muoversi e vibrare attorno alla balista come tante formiche impazzite. Le vide orientare l'arma, caricarla e scoccare l'ennesimo colpo. In quel momento, qualcosa lo colse: un misto di pazzie e paura, che si plasmava in un piano ben preciso. Forse troppo audace per essere portato a compimento; evidentemente, però, l'unico modo per preservare quel trofeo di battaglia.
« Dacci qualcosa » disse, fissandolo intensamente « qualunque cosa che possa distruggere quell'arma »
« Ci preoccuperemo noi di fare il resto. »

Il demone rimase immobile. Lo scrutava ancora una volta, l'ennesima volta. Nonostante tutto, infatti, sembrava riporre nella sua razza una viscerale sfiducia.
Poi, fissò un altro demonio dietro di lui. Un umanoide dalla pelle verde, che scrutò in una sacca allacciata alla cintura e ne tirò fuori una biglia rossastra, passandola al primo.
« Cuore dell'Abisso » disse il demone, donando la biglia al Priore « stringila nel pugno e pronuncia la parola di comando. »
« Le fiamme nere dell'abisso consumeranno tutto ciò che le circonda in pochi istanti. »
Caino fissò la piccola sfera intensamente. Un luccichio scintillante si dissolveva, a più riprese, in diverse sfumature di rosso, sciogliendosi poi in un liquame violaceo che si scuoteva entro le pareti della sfera. Agitandola era possibile vederlo contorcersi, cambiar colore e densità, per poi tornare violaceo. « Cerca di fuggire lontano, dopo che l'avrai lanciata. »
« Ora hai pietà di noi, demone? » ribatté Caino, sorridendo.

Un boato interruppe il dialogo. Un altro pezzo di muro era crollato sotto i colpi della bestia ed ora i demoni sembravano infilarsi entro di esso come api entro il proprio favo. Brulicavano, ruggivano e - al tempo stesso - soffrivano sotto la strenua resistenza del nemico.
« Non ce la farai » aggiunse il demone, fissando la scena « la tua pelle è troppo debole per arrivare su quelle mura. »
Caino sbuffò in un sorriso di circostanza, strozzato a stento entro le labbra. « Non è la prima volta che lo dici[color] » rispose, sornione. « [color=#8B4513]Non sei stanco di sottovalutarci? »
Il demone rimase in silenzio. Poi scosse il capo, disinvolto. « Questa volta fallirai: morirai ancor prima che il tuo passo si avvicini a quelle mura. »
« Passo? » Caino lo fissò incredulo, con un misto di boria: « Chi ti ha detto che ci andremo camminando? »
Il dialogo fu interrotto di nuovo. Un groviglio di ruggiti rabbiosi, infatti, avvisò i demoni di un pericolo imminente. Un plotone di nani, armati di balestre, aveva scoccato nel cielo una nuvola di frecce.
I dardi piombarono nel vento come vespe impazzite, aprendosi a ventaglio ed oscurando per un attimo il cielo con la buia prominenza del solido legno nanico. Centinaia di esse sventolarono nell'aria la rabbia della loro razza, ripiombando - poi - verso il basso, con la violenza di tuoni scagliati dalle tempeste. Molti demoni urlarono, altri caddero trafitti a morte.
Caino fissò il pericolo imminente. Chiuse gli occhi e fece un passo verso l'oblio. Un istante dopo, le decine di frecce dirette verso di lui si conficcarono al suolo, mancando il bersaglio.
Dove c'era il Priore un istante prima, infatti, ora non c'era più nulla.
Nessuno avrebbe toccato Caino. Nemmeno quella volta.

_________________________________________________

Oltre le linee nemiche.
Sotto la balista.

Nel mezzo di una coltre di intenso fumo, singhiozzava con un filo di voce.
Una voce gutturale, profonda, ovattata da una folta barba che gli si dipanava dal mento e si sfilacciava in più parti.
A stento si chiedeva come fosse possibile agire agevolmente in quella pochezza. Braccia tozze che non avrebbero retto una spada lunga; gambe corte che avrebbero perso il passo anche contro il più zoppo dei mendicanti da strada; un tintinnio stridulo di anelli e gioielli che lambiva il cervello, stremando la pazienza molto più di quanto non facessero i continui rimbombi degli urli di guerra, o i prodromi di imminenti attacchi.
Fece pochi passi oltre quella scalinata, profondendovi tutto lo sforzo possibile. Poco dopo, però, si accorse di essere fin troppo avanti perché quel suo passo potesse sembrare realistico.
« Che il Sovrano mi maledica! » Sbottò, lasciandosi andare ad una bestemmia fuori luogo. Per il posto in cui la diceva; per il modo in cui la diceva; per il corpo in cui la diceva.
Il corpo di un soldato della guarnigione di Qashra, posto sulle mura come ennesima vedetta; o come ennesima carne da macello.
Ora si che Caino era caduto davvero in basso.
Nel senso più letterale del termine.

Poco importava, alla fine, il ruolo che gli avrebbero dato: importava, piuttosto, che fosse stato credibile. Aveva la veste strappata, sangue in più punti ed un volto sporco di fumo e fuliggine.
Forse mancava soltanto un'espressione più spaventata, più crucciata. Terrorizzata, quasi. Rimarcò la mancanza con un cenno del sopracciglio, e scostò i suoi zigomi con decisione, passando da un tono infastidito, ad uno più terrorizzato. Più realistico, in quella posizione. Poi fece gli scalini a due a due, sperando di meglio simulare la strenua cavalcata di un agitato nano sulle mura della sua città in rovina.
Ovvero, poco più che una galoppata di piacere per qualunque umano.

Per il resto, c'era un nano nuovo sopra le mura di Qashra, benché chiunque l'avesse scrutato non avrebbe dovuto meravigliarsi della sua presenza.
Un nano in più per difendere la città dall'assedio. Un corpo in più da sacrificare alla rivolta. Un braccio in più da donare alla causa... benché di braccio gli risultasse finanche esagerato parlare.
Scosse il capo, trattenendo a stento una risata. Invero, se non si fosse trovato nel mezzo di una guerra, avrebbe trovato quella situazione estremamente divertente.
Invece, quell'illusione era l'unica cosa che l'avrebbe tenuto in vita, probabilmente. Dunque si sforzò di tornar serio e trattenne qualunque sbuffo divertito che avrebbe fatto la differenza tra un finto nano vivo, ed un vero Priore morto.
Quando sopraggiunse al di là del muro, fissò la grande Balestra dinanzi a lui. Un groviglio di nani, frecce, armi e guerrieri di altro genere si avviluppavano tutti insieme, intenti ad una strenua difesa. Caino scivolò oltre il gruppo, facendo attenzione a non destar sospetto.
Quando, però, fu ai piedi della balista, un soldato nanico lo notò e - scrutandolo intensamente - lo apostrofò con sospetto: « Ehi, tu... chi sei? »
I suoi occhi piccoli cercavano dettagli sospetti sulla sua corazza, sulla sua barba o sulla sua veste. Era comune, probabilmente troppo comune per non destar sospetto ad un occhio attento.
« Non ti ho mai visto » proseguì il nano « di dove sei? »
Caino si guardò in giro, assicurandosi che parlasse proprio con lui. Poi, rimase in silenzio qualche istante, finché non ebbe idea migliore che pronunciare l'unica parola logica: « Jahir » disse, soltanto.
L'altro rimase perplesso, con un'espressione interrogativa sul volto. « Sono nuovo; è stato Jahir a mandarmi qui, per darvi un messaggio. »
« Che messaggio? » chiese il nano, ancor più sospettoso. Caino sorrise, sornione.
Prese la biglia dalla tasca e la strinse nel pugno, crepandone appena i bordi. Poi la lasciò cadere, pronunciando solo una parola.
erdkun5
« النار هاوية »
Fuoco dell'Abisso

Poi si voltò indietro.
Prese a correre a perdifiato, molto più di quanto quelle finte gambe corte gli avrebbero consentito.
Molto più di come qualunque nano avrebbe potuto mai fare.



CITAZIONE
Stato Fisico: Illeso
Stato Mentale: Scosso per il collegamento empatico col demone (Basso).
Energia Residua: 80% - 16 - 8 - 8 = 48%
CS attuali: 7

Passive
Lo Strumento, il Corpo di Caino; Caino non sviene sotto il 10% di energie [passiva razziale umana]; Caino non ha bisogno di mangiare o bere [passiva personale 4/10]; Caino è immortale e può morire solo ove gli vengano strappati gli occhi [Pergamena Immortalità, Ultima da Negromante]; Caino può vedere al buio o in condizioni non magiche di oscurità [Passiva personale 10/10]; Caino può percepire le presenze fisiche intorno a se [Amuleto dell'Auspex]
Lo Scopo, l'Anima di Caino; chiunque sia vicino a Caino inizia a sentirsi stanco gradualmente, stanchezza che aumenta più perdura la vicinanza [passiva personale 1/10]; chiunque tocchi o venga toccato da Caino subisce un malus di 1 CS fino a fine turno [passiva personale 2/10]; quando Caino usa un'abilità del talento Fattucchiere l'avversario subisce una malia psionica sotto forma di sottomissione [passiva del talento fattucchiere di I livello]; tutte le abilità del talento Fattucchiere sottraggono 1 CS in più [passiva talento Fattucchiere II livello]; quando Caino usa un'abilità del talento guadagna 2 CS alla forza [passiva talento Fattucchiere di III livello].
La Conoscenza; Caino possiede una grande cultura in tema di Storia, Scienze e Letteratura. [personale passiva 5/10]
La Tempra; Caino rimpiazza le mutilazioni e le ferite col suo sangue, ripristinandone l'utilità, benché patisca comunque il dolore. [Pergamena Sostentamento Arcano, Ultima da Mago].
La Cura; Caino conosce i punti deboli di tutte le creature, potendo uccidere anche gli immortali [Pergamena "Conoscenza Anatomica", Ultima da Cacciatore].
La Voce del Sovrano (artefatto); quando indossa la maschera Caino risulta un semplice Corvo a chi gli parli; Caino riconosce le bugie quando indossa la maschera.

Attive

L'inganno. Inoltre, al figlio del Sovrano sarà concesso piegare lo spazio, se necessario. Gli basterà fare un passo oltre la soglia del tempo, per scomparire in una porta invisibile; il cammino nello spazio, attraverso le infinite trame invisibili che il Sovrano tesse attorno alla realtà, lo porterà a riapparire in un punto a scelta del campo di battaglia, in un battito di ciglia. Per tale capacità sarà sufficiente un dispendio Medio di energia e, se utilizzata per difendersi, varrà come Difesa assoluta. [Sparizione (Pergamena Comune da Mago), consumo Medio]

L'inganno. Infine, con un consumo Medio il figlio potrà indurre nei presenti la convinzione di essersi trasformato in una creatura di dimensioni e fattezze a scelta. Tale capacità sarà, di fatto, un'illusione inflitta nella mente di chi circonda il figlio del dio, per una durata complessiva di due turni. In questo modo, il figlio del dio piegherà l'inganno al suo cospetto e tramanderà la realtà ai miscredenti, convincendoli che soltanto la parola del dio porta la conoscenza e libera dall'illusione. [Trasformazione (Pergamena Comune da Mago), consumo Medio]

Cuore dell'Abisso. Un concentrato, pressoché unico, del potere dei demoni. E' una piccola sfera di colore rossastro, tendente al violaceo, con un liquido all'interno che si presenta pastoso e denso. Innocente all'apparenza, queste biglie contengono un incanto proibito ed antico che i Demoni portano in battaglia come ultima risorsa in caso di sconfitta. Ove, infatti, un demone muoia può decidere di utilizzare queste sfere, il cui effetto è quello di sviluppare quasi istantaneamente una enorme colonna di fuoco nero dell'Abisso, che si accende con una grande deflagrazione. L'origine pare essere un incanto subdolo, che richiamano la potenza delle fiamme più profonde dell'Abisso, ovvero di quelle fiamme distruttive dai quali i demoni traggono forza e - al tempo stesso - dalle quali vengono consumati. Fiamme così oscure da risultare nere alla vista, ma - anche per questo - ancor più subdole. L'attivazione avviene premendo i bordi della sfera, incrinandone poco il vetro e pronunciando una singola parola nella lingua dei demoni che significa, appunto, "Fuoco dell'Abisso". Da quel momento, dopo pochi istanti avrà luogo la deflagrazione, consumando qualunque cosa sia nelle vicinanze. [Slot tecnica Bonus fornito dalla quest - natura magica, consumo Alto]

Riassunto e note

• Uso "Sparizione" come difesa assoluta per evitare l'Alto (rappresentato da un nugolo di frecce lanciate in direzione di Caino) e teletrasportami sotto la Balestra, praticamente al di là di qualunque difesa posta.
• Uso "Trasformazione" per apparire come uno dei tanti soldati nani che si muovono in direzione della balista ed in giro per le mura, confondendomi tra loro.
• Uso la tecnica bonus sotto la balista, praticamente, per cercare di farla saltare in aria.

Così come il primo turno, anche questo è frutto di un accordo tra me ed Orto33. La mia azione, quindi, si svolge un istante dopo l'attacco di Orto; non ho fatto cenni sulla buona riuscita dei suoi attacchi per non essere autoconclusivo; ove, comunque, la sua "nebbia" dovesse persistere sul campo di battaglia, faccio notare che Caino possiede vari auspex e la capacità di vedere nel fumo, quindi non dovrebbe avere problemi ad individuare la balista. La piccola scena col nano l'ho interpretata per un fatto di colore; che l'attacco di Orto vada o meno a segno, ho lasciato intendere che il nano che Caino incontra sia uno random si trovi sul posto come lui. Ovviamente le sensazioni provate da Caino mentre è "travestito" da nano, afferiscono più che altro all'impressione che egli possa dare della cosa, essendo un'illusione. Per il resto, spero sia tutto chiaro.
 
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30 replies since 25/5/2014, 19:37   1668 views
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