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Cimitero, Contest di Maggio "Libertà"

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Ashel
view post Posted on 28/5/2014, 11:00





"Perché adesso che erano soli,
entrambi dovevano sopportare un destino
che meritavano fino in fondo."




Osservò a lungo l'incendio che divampava sotto i suoi occhi, lo sguardo assente, i pensieri che già scorrevano altrove.
Il suo compagno, accanto a lei, rimase in silenzio mentre scrutava in lontananza le fiamme che squarciavano il cielo.
L'aveva guardato appena, con la coda dell'occhio, ma aveva preferito non disturbarlo.
Era stato schiavo per molti anni, più di quanti riuscisse a ricordare, e nulla della vita che aveva lasciato era rimasto integro. Tutti erano spariti, morti oppure dimenticati. Tutto ciò che aveva posseduto gli era stato portato via, o consumato dal tempo.
Astrid indietreggiò, lasciando che il vento del Meridione le accarezzasse il viso, e preferì allontanarsi da quella visione che già da un po' si era fatta per lei insopportabile.
Gurz non aveva mai appoggiato l'iniziativa dei quei nani giunti dai territori occidentali. Tutte le ribellioni che aveva visto erano finite allo stesso modo: con la morte degli schiavi che avevano osato alzare la testa; eppure, se ora entrambi si trovavano lì, a vedere le baracche bruciare, lo dovevano a quei nani e alla loro audacia.
Astrid non aveva mai avuto paura della schiavitù, era nata schiava e quella condizione era sempre stata connaturata alla sua esistenza. Non che non l'avesse mai disprezzata, aveva senz'altro provato invidia per altri più fortunati di lei, e spesso aveva avuto desideri diversi, che si spingevano molto più in là del deserto e di quanto le sue catene le permettessero.
Ma non conosceva una vita diversa a cui potesse aspirare, benché molte volte avesse provato ad immaginarsela.
Sua madre era una puttana, per quanto ne sapeva poteva anche essere morta, e tutte le persone che conosceva erano sempre state lì, alla miniera di zolfo.
Ariel, soprattutto.
Aveva pregato Gurz di salvarla, quella volta, promettendogli un'assoluta devozione; e così aveva acceso un debito che avrebbe fatto fatica ad estinguere, e che probabilmente l'avrebbe tenuta imprigionata a lui per molti anni - ma ne era valsa la pena.
Ora che tutto era mutato così bruscamente, che nelle loro vite si era aperta una nuova, insperata prospettiva, tutti loro avevano il potere di scegliere, di decidere cosa farsene di un'esistenza che per metà era stata loro sottratta.
Ci volle qualche minuto perché anche Gurz la raggiungesse, al limitare dei campi di sorgo - unica coltivazione possibile in quelle terre inospitali.
Si voltò appena a guardarlo, il suo viso era una maschera di rudezza sulla quale era impossibile scorgere la benché minima emozione; eppure lei sapeva bene quali antiche ferite si erano risvegliate in lui: una fierezza che forse aveva dimenticato di possedere, il ricordo dei suoi figli dai quali non sarebbe tornato, la consapevolezza che gli anni che gli erano stati rubati non gli sarebbero stati più restituiti.
Camminarono insieme tra i campi disadorni e poveri che strappavano parte del terreno arido e sabbioso al deserto, che si stendeva più oltre, per interminabili miglia.

- Dove l'hanno portata?

L'orco non le rispose subito. Evidentemente, ancora immerso nei suoi pensieri, impiegò un poco per riaversi.
Astrid sapeva che Ariel era stata venduta, qualche settimana prima. Era stato meglio così: era lenta, debole, non avrebbe potuto sopravvivere all’incendio, né alla follia dei rivoltosi. L’avrebbero ammazzata, perché era una donna e perché era sempre stata una privilegiata. Non si era mai spaccata la schiena nella miniera e le sue ferite non erano visibili a occhio nudo. Aveva sempre mangiato più e meglio degli altri, non aveva mai avuto vestiti di stracci. E soprattutto, non avrebbe mai voluto unirsi alla ribellione. Non era mai stata molto coraggiosa.
Anche tra gli schiavi esisteva una gerarchia. E anche gli schiavi, benché uniti dalle medesime condizioni di vita e povertà, benché non possedessero nulla e avessero tutti la stessa, misera dignità agli occhi dei padroni, erano invidiosi gli uni degli altri.

- A Taanach.

Taanach.

- Il posto dove sono nato.

Una pioggia di cenere aveva cominciato a scendere, silenziosa, su di loro.
Un'atmosfera grottesca, a tratti quasi cimiteriale, era calata sui campi di sorgo, uccelli selvaggi gracchiavano affamati attorno agli spaventapasseri immobili, con i loro sorrisi sornioni e le loro orbite vuote.
Astrid alzò la verso il cielo, mentre alle sue spalle un'enorme colonna di fumo si ergeva dalla piana e si mescolava alle nubi, divorandole.
Assaporò a lungo quella sensazione, la soppesò con lentezza e ne studiò le fattezze, se ne appropriò, la strinse con avidità assicurandosi di non perderla.
Perché con le baracche che bruciavano dietro di loro anche il loro passato veniva infine raso al suolo, assieme ai loro ricordi.
La sua infanzia, la sua adolescenza erano state spazzate via, tranciate con un colpo secco.
Il deserto si stendeva, spaventoso, davanti a loro - un oceano di sabbia e roccia, di monoliti e falangi di pietra.
Di fronte a quell'immenso vuoto Astrid sentì per la prima volta una solitudine diversa, e temette che per quel particolare tipo di solitudine non vi fosse rimedio.

~

All'inizio Astrid non seppe bene cosa aspettarsi dalla sua nuova vita.
Aveva passato così tanto tempo a immaginarsela, che una volta ottenuta non aveva saputo come impiegarla.
Naturalmente dopo tutti quei mesi - e dopo quello che era accaduto con Gurz - molte cose erano cambiate, sopratutto per lei.
Ora era consapevole che non avrebbe mai dovuto aspettarsi molto dalle cose. Eppure una volta a Taanach il suo desiderio più grande era stato quello di ritrovare Ariel, per rimanere fedele alla sua promessa - una delle tante che ancora la tenevano legate al suo passato.
A tratti aveva persino pensato che lei da quella miniera non fosse mai uscita davvero.

- E' tutto sbagliato, piccola. le aveva detto Gurz, una volta - Io sono già bello che andato, mi mancano pochi anni da vivere. E presto, quando avrò ammazzato quanta più gente potrò, mi ritirerò in un angolo non troppo rumoroso di questo mondo ad aspettare di crepare. Con tante donne e tanto vino. Ma tu... si era fermato, guardandola con quell'espressione che ad Astrid pareva quella di un padre - tu sei giovane, e fermarsi nel passato come fai tu... E' come custodire un cimitero.

Eppure lui era il primo che la teneva legata a sé, forte del debito che aveva contratto con lui, e non aveva la minima intenzione di lasciarla andare prima del tempo.
In più di un'occasione Astrid aveva pensato che sarebbe stato meglio toglierlo di mezzo.
Ormai non era più quella di un tempo. E Gurz non si era accorto che nel suo cuore coltivava ormai più cinismo che fiducia.

- Quelli del Goryo non ti proteggeranno più. Qui le cose si stanno facendo complicate, presto taglierò la corda e dovresti farlo anche tu. Non dovresti preoccuparti per lei. La fissò con uno sguardo affilato, che sul momento non riuscì a decifrare - Quell'umana non rischierà mai nulla per te. E lo dico perché io di umani ne ho conosciuti tanti. E poi lei non ti vuole bene, non come gliene vuoi tu.

Astrid era rimasta in silenzio. Quelle parole le risultarono particolarmente penose, del tutto insopportabili. Probabilmente perché sapeva che erano vere.
Forse anche Ariel l'aveva amata, un tempo. Quando erano state giovani, quando tutto era diverso e avevano avuto bisogno l'una dell'altra.
Forse sì, le aveva voluto bene. Dividere la propria vita con qualcuno, i propri sentimenti, le proprie aspirazioni... Erano cose che lasciavano il segno.
Ma quello che provava Astrid era diverso. Molto diverso.
E lo sapeva. Lo sapeva che Ariel non l'aveva mai amata come l'aveva amata lei. Ma non poteva fargliene una colpa.
Poteva invece biasimarla per aver approfittato dei suoi sentimenti. Avrebbe potuto farlo, ne aveva il diritto; eppure, non ci riusciva.
Nonostante tutto a Taanach continuava a sperare di ritrovarla, di rivederla. Di liberarla, di mantenere la promessa. Poi forse si sarebbe sentita libera di odiarla.
Ma per il momento questo non poteva succedere. Non era libera. Non lo era mai stata.
Gurz aveva ragione: Astrid stava custodendo un cimitero, un cimitero vuoto che sarebbe stato meglio abbandonare per sempre. Un cimitero di ricordi che era anche la sua prigione.
Aveva sbagliato: il passato non si recide mai con un colpo secco. I ricordi a volte si avviluppano attorno alle persone impedendo loro di muoversi come vorrebbero.
E la libertà si conquista duramente giorno per giorno.
Pagando un prezzo spesso molto salato.



Come sempre, grazie della lettura :)
 
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