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~ Un lavoro da bardo ~, Contest di giugno - Normale

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Aesìr
view post Posted on 29/6/2014, 14:43




Οὖτις ἐμοί γ᾽ ὄνομα: Οὖτιν δέ με κικλήσκουσι
μήτηρ ἠδὲ πατὴρ ἠδ᾽ ἄλλοι πάντες ἑταῖροι.

Nessuno è il mio nome. Nessuno mi chiamano
padre, madre e tutti gli altri compagni


- Omero, Odissea, IX, 366-367


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Qualcosa dalla consistenza del gesso si frantuma sotto il mio ginocchio. Guano, a giudicare dall'odore che raggiunge il mio naso, anche se ormai dovrebbe essere completamente anestetizzato. Sospiro. Questo completo, in ottime condizioni quando l'ho scelto ieri mattina, sarà ormai da buttare, fra ragnatele, sporco e adesso escrementi di uccello. Forse appostarmi nella piccionaia non è stata la più intelligente delle idee, rifletto con una smorfia. Peccato che non ci fosse posto migliore per il lavoro che devo fare. Rigorosamente, il "posto migliore" è anche disagevole, sudicio, difficile da raggiungere o tutte e tre le cose contemporaneamente. Avvicinarmi è stata già un'impresa di per sè, dovendo camminare sulle travi per paura che il pavimento fessurato si spaccasse sotto il mio peso, e pensare che sotto di me c'è legno mezzo smangiato e tele di ragno non è rassicurante. Anche adesso sono appollaiata su un pezzo di quercia che, nonostante le rassicurazioni che il materiale dovrebbe darmi, continua a ricevere occhiate sospettose da parte mia.
Concentrati, Leliana.
Giusto. Il lavoro per prima cosa: è per questo che mi sono infilata in una vecchia villa pericolante, dopotutto. Facile? Non proprio, dato che ho dovuto scalare la facciata per non lasciare segni indelebili del mio passaggio sulla polvere che in anni e anni di incuria si è depositata sul pavimento. Controllando per l'ennesima volta che il cappuccio sia calato sul volto – non posso permettermi che una ragnatela vi si impigli a mia insaputa – e che la maschera copra la bocca e il naso – non posso permettermi uno starnuto a causa della polvere – mi chino, sfiorando il pavimento con la guancia per avvicinarmi alla crepa che ho scelto.

“Ssst, Leliana, ma chèrie, non preoccuparti. Non riempire la tua graziosa testoline con queste sciocchezze.”
Chino la testa, avvampando. Ma perchè discutere con Marjolaine mi fa sempre questo effetto? Si tratta della mia maestra bardica, mi ha insegnato tutto ciò che so, mi ha dato una casa e di che sfamarmi, ma perchè quando mi parla la mia volontà vale meno di zero?
Lei mi solleva il mento con le dita e mi trovo a fissare i suoi occhi azzurri. Le mie preoccupazioni vacillano, meno salde sulla loro posizione: “Leliana, loro ti vedranno come un ragazzino, con abiti dimessi ed economici, alla guida di una pessima carrozza. Si dimenticheranno di te subito dopo e se domani dovessero rincontrarti con quell'aspetto, non ti riconoscerebbero.” La sua voce, dolce come le fusa di un gatto, si insinua nelle mie orecchie, lavando via i pessimi presagi.

Due metri sotto di me, fra i festoni di ragnatele, tre uomini stanno... beh, presumibilmente stanno complottando, e sono qui per verificare tale sospetto. La loro riunione è già iniziata, nel tempo che ho impiegato a portare la carrozza lontano da qui, pertanto tendo le orecchie, sperando di compensare con la precisione il segmento di conversazione perduto.
“...non è sufficiente!” La voce, nasale, si fa riconoscere senza poblemi: questo è, inconfondibile, il baron d'Aigemont. Posso quasi vedere, nella semioscurità, i suoi capelli neri e quel ridicolo abito con il pizzo che andava di moda due anni fa. Purtroppo, non è un pezzo abbastanza grosso da giustificare l'appostamento.
“Stai calmo!”, interviene un secondo individuo, che riconosco come il baron de Someville, dal tono acuto, quasi effeminato. L'abbaiare del lezioso cagnetto che lo segue ovunque ne è la conferma. Ovvio, dove va uno va anche l'altro... e non mi riferisco al cane e al suo padrone.
“Silenzio! E fai star zitto quel botolo!”
A quella voce tonante quasi perdo la presa, e devono trasalire anche gli altri tre – cane compreso – perchè un silenzio di tomba scende sull'edificio. È il momento peggiore: se prima gran parte dei rumori che potevo produrre sarebbe stata zittita dalla conversazione, adesso devo prestare attenzione ad ogni gesto. Mi immobilizzo, sapendo bene che il minimo fruscio mi risulterebbe assordante, mi affretterei a tacerlo e così facendo finirei per farmi scoprire. Con molta, molta calma mi allungo sula trave, badando a distribuire equamente il peso per evitare scricchiolii. Non ho riconosciuto la voce, deformata dalla foga, e il nobile mi sta proprio sotto. Mi è anche capitato un tizio accorto, purtroppo: la maschera che tiene sottobraccio è priva di ogni indicazione di rango, accidenti a lui: certo, aiuta a non essere additato per strada, ma se venisse riconosciuto in queste condizioni sarebbe fortunato a cavarsela con il suo nome sulla bocca di tutti, più probabilmente, gli aguzzini imperiali avrebbero di che divertirsi. Nessun nobile uscirebbe mai senza la maschera di rappresentanza: ormai sono certa di essermi imbattuta in qualcosa di grosso.

“Figurati dunque se dovessero vederti ad una festa, adorna di pizzi e lustrini, mentre li incanti con il suono della tua voce. Anche allora, perchè mai dovrebbero interessarsi ad una piccola, piccola cantastorie?”
Marjolaine si è spostata dietro di me, e ora la mia nuca poggia contro il suo seno, mentre le mani mi accarezzano il collo.
“Tu ti preoccupi di troppe cose, ma petite rose...”

L'uomo riprende a parlare: “La malattia dell'Imperatrice è giunta a nostro vantaggio. Sua Altezza rifiuta di farsi vedere in pubblico, adducendo come scusa il proprio aspetto sconveniente.”
Naso rosso e gocciolante, tipo?
“È l'occasione propizia per sostituirla con una sosia. Quando avremo qualcuno a cui dare ordini, sarà più semplice dirle di deviare dalla solita strada e organizzare uno... spiacevole incidente.”
Però. Di solito i sangue blu parlano per perifrasi, ma questo sembra esageratamente diretto. Passo al vaglio la mia lista di nobili dal passato militare; purtroppo la familiarità con cui si parlano, vuoi per depistare eventuali ascoltatori, per eccesso di prudenza o per reale vicinanza, non è d'aiuto: un titolo buttato lì mi sarebbe parecchio utile.
Là sotto, gli altri due sembrano stupiti quanto me del modo di esprimersi dell'uomo, ed iniziano ad agitarsi, ma quello li zittisce: “Se non avete il coraggio di cambiare le cose, vorrà dire che me ne occuperò da solo. Ricordatevi solo il contratto che abbiamo firmato.”
Che contratto? Ora che la conversazione è ripresa, mi tendo per sentire meglio, ma il discorso si sposta sull'eredità di una contessa. Maledizione! Quello che ho scoperto non basta, la faccenda è troppo grossa. Mi serve sapere di che contratto parlano oppure il nome del misterioso nobile. O tutti e due. Ma il tempo a mia disposizione pare agli sgoccioli: il gruppetto si separa, allontanandosi verso i vari ingressi. Sto valutando se valga la pena di correre avanti per sperare di vedere in faccia il mio obiettivo, quando questo, infastidito da una ragnatela, la spezza con il braccio, spazzandosi i capelli per eliminare i residui. Due baffi arricciati, irrigiditi dalla cera, si sollevano nella mia direzione, inconsapevoli di aver catturato il mio sguardo. Il Duca de Monfort. Uno dei nobili più in vista della corte. Certo, chi altro poteva essere? Pare che abbia combattuto nella guerra di ventitré anni fa ed è uno dei pochi a combattere i duelli di persona, invece di pagare un bravaccio perchè faccia il lavoro al suo posto. Ah, caro Duca, un guerriero dovrebbe stare al suo posto, non invischiarsi in politica! I duelli che si combattono alla luce del sole, alla corte di Orlais, sono fatti di parole, non di lame, e non c'è posto per la lealtà in questi scontri. Della ragnatela si è liberato, ma non si accorge di quella invisibile che si sta stringendo attorno a lui. Sarò io a spingerlo nella bocca del ragno, ma questo non ha importanza: fossero stati loro a pagare, adesso li starei aiutando nel loro complotto e, chissà, forse non fallirebbero così miseramente. Li aiuterei, certo... a meno di non trovarmi a rischio d vita. Un bardo non può permettersi di essere inflessibile nelle sue lealtà, perchè una spia morta non serve a nessuno.
Mi accerto che i nobili se ne siano andati e lascio l'edificio per la medesima strada dalla quale sono venuta, tanto per andare sul sicuro. All'orizzonte si stanno raccogliendo nuvoloni neri. Già, sta per scatenarsi una bella tempesta alla corte di Orlais. E chissà che faccia farebbero sapendo che è stata una normalissima intrattenitrice a scatenarla.

“Tu sei normale, Leliana, e la normalità ai nobili non interessa.”
Forse dovrei offendermi: mi ritengo piuttosto bella, so suonare e raccontare storie, leggere, scrivere, ho frequentato l'Università... non sono molte le ragazze che corrispondono a questi requisiti.
Lo dico, cercando di moderare il tono. Quella che mi esce di bocca suona come una pallida obiezione, ben poco convinta, ma Marjolaine la ascolta, perchè si degna di spiegarmi.
“Ma loro non lo sanno, non è così?” Mi do della stupida. “Hai un bel visetto grazioso, ma l'hanno anche tutte le ragazze che scaldano i loro letti. No, ma cherie, anche quando suoni e ti pavoneggi per loro, sei solo un corpo e una voce: non si ricorderanno mai il tuo volto o il tuo nome. In mezzo alla gente, tu sei invisibile. Hai capito, Leliana?”

“Buonasera, duchessa. I miei omaggi.”
La nobile abbassa gli occhi, stupita dl semplice fatto che le abbia rivolto la parola. La vedo sforzarsi per ricordare chi mai io possa essere, senza riuscirci: “Ho suonato per voi anche al ricevimento del mese scorso”, le vengo in aiuto. “Cercavo vostra grazia il duca: mi sono accorta che ha dimenticato di firmare una parte del contratto.”
A quella parola, la duchessa sussulta. Afferra il foglio che le porgo e il suo sollievo nel constatare che si tratta del semplice contratto di patronato degli artisti è evidente.
“Mio marito è al momento assente." Se non fossi stata addestrata così bene, mi metterei a ridere: Ah, al momento! E quando rientrerà? "Portalo pure ad uno dei miei servi, provvederà a timbrare la firma.”
Faccio nuovamente la riverenza, il cappello stretto in mano: “Vi ringrazio, vostra grazia. Mi dispiace avervi importunata, ma, come certo comprenderete, le regole sono ferree.”
Ma la donna già non mi degna più della sua attenzione. Sento chiederle un gentiluomo: “Chi era quella ragazza?”
La duchessa aggrotta la fronte, probabilmente cercando di richiamare alla memoria i miei lineamenti: “Nessuno di importante”, dice infine.
Con un ultimo sorriso, lascio la sala.
“Allora, è andato tutto bene, ma chèrie?”

“Sì, Marjolaine.”



Non ho messo lo specchietto perchè non utilizzo nessuna delle mie abilità o delle mie passive. Si tratta del mio primo contest, spero di non aver sbagliato niente


Edited by Aesìr - 29/6/2014, 21:55
 
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