Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Winterreise ~ Schwanengesang, Capitolo X: Il Canto del Cigno

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Bastard de la Nuit
view post Posted on 15/7/2014, 12:05






Winterreise ~ Schwanengesang

Alcuni anni dopo…




La pala colpì le zolle divelte con il dorso, una, due, tre volte. A ogni colpo la terra scura e rorida di neve sciolta era più omogenea e compatta. Poi l’uomo prese una roccia grande quanto un pugno dal mucchio che aveva ammonticchiato accanto a sé e la pose sul suolo che stava lavorando.
Poi ripetè il tutto: lentamente, senza fretta, con una sorta di solennità composta e non ostentata.
Quando l’ultimo sasso fu posto insieme agli altri, egli fece un passo indietro e contemplò la sua opera. L’erba bassa e chiara di quell’insolitamente mite plaga alle pendici dell’Erydlyss si interrompeva sulla sommità esatta della collina in un tumulo, che spiccava quasi nero contro il cielo pieno di luce nonostante la cappa bianca di nubi.
Le labbra si incresparono in una parvenza pensosa di sorriso, parvero sul punto di dire: ecco, puoi riposare in pace pur senza emettere alcun suono. E l’uomo si chinò a raccogliere le spade consumate dal tempo e dalla ruggine lasciate poco distante. Le piantò nel terreno fino a tre quarti della lama, così che il tempo e le intemperie non le divellessero, una per ogni punto cardinale. Spinse forte, poggiando tutto il peso del corpo sul pomolo dell’elsa finché la forma di questo non gli rimase impressa sul palmo sovrapponendosi alla precedente.
Quando ebbe finito sospirò, ricordò. La memoria fa male a volte, più male di una spada: e con i ricordi le lacrime ricominciarono a scorrere con senso quasi di sorpresa.
Credeva, sbagliando, di averle piante già tutte.

Prima di aprire la porta della baita di legno si passò il dorso di una mano ruvida sugli occhi, asciugandoli. Sua moglie lo aspettava accanto al focolare, a coccolare un bambino seduto sul suo grembo. I capelli neri le ricadevano sulla fronte, impedendole di vedere davanti a sé. Lui prese fiato per salutarla, ma ci ripensò: volle avvicinarsi in punta di piedi, accarezzarla, salutarla con un bacio sulle labbra.
Il cigolio delle assi del pavimento lo tradì al primo passo.
Lei sollevò il capo. Sorrideva come sempre, o come a volte diceva, per compensare ogni sorriso perso in passato.
- Lo vuoi capire che sei goffo e non sorprendi più nessuno? -
Lui rise piano, gli occhi che brillavano. Non avrebbe mai potuto abituarsi a quel senso dell’umorismo così spensierato, pungente ma senza mai far male. Si avvicinò senza più curarsi del rumore dei suoi passi, le scostò i capelli dal viso e così facendo la accarezzò con tutta la tenerezza che quelle mani piene di calli dallo spaccar legna gli permettevano.
- E come sta il campione oggi? -
Il bambino gli rivolse un sorriso a - quanti potevano essere? tre? quattro? - denti e lanciò un gridolino eccitato. Era il suo orgoglio: forse un po’ più grassottello rispetto alla norma, con uno sguardo strano per via degli occhi violetti, ma pieno di vitalità e con un bel faccione tondo che si iluminava di gioia ogniqualvolta qualcuno avesse qualche attenzione per lui. La madre sorrise.
- Cresce, il nostro Anter. Pesa ogni giorno di più e non posso più allattarlo per via dei dentini. -
Kreisler non rispose, ma si chinò a stampare un bacio sulla fronte del piccolo. Sentire quel nome che lui stesso aveva deciso gli destava sempre ricordi strani, contrastanti. Era il rivale che non aveva mai sconfitto, il nemico che aveva condannato la sua patria, il benefattore che ne aveva causato la risurrezione. E accanto a lui, il padre che era riuscito a perdonare vincendo la battaglia più grande della sua vita. Ecatherine gli prese la mano.
- Lo so che ti mancano. Casa è già più vuota senza papà. Senza più lui né Shakan dobbiamo far leva solo sulle nostre forze. Ma ce la faremo, vero amore? -

Il guerriero ci pensò. L’eroe di un popolo dubitò.
Al suo posto rispose il padre di famiglia.

kreisler1

- Sì. -


…No,ferma, ferma tutto.
Kreisler non era morto?
Shakan non era l’unico sopravvissuto al cataclisma, divorato dal rimorso e impotente?
C’è qualcosa che non va.
Se aspettate un po’ chiariremo tutti i misteri.



Così mi accomiato da Kreisler, che mi ha accompagnato per cinque anni importanti della mia vita ed è cresciuto con me. Così mi accomiato da Winterreise, di cui sono orgoglioso di essere creatore insieme a janz. Ma non posso accomiatarmi da voi che leggete (almeno per il momento) senza citare un paio di persone.
Sarebbe stato impossibile portare avanti questa serie di eventi e coronare degnamente le storie di Kreisler e Shakan se non avessi trovato in un certo staffer l’aiuto migliore che si possa desiderare. Quindi grazie Gianzo, grazie davvero per esserci stato e aver creduto in me quando per me era difficile farlo. Quando ci vediamo “sta il caffè pagato”.
Grazie a chi ha collaborato con noi da questante, duellante, co-QM. Siete stati personaggi e artefici di qualcosa di importante per noi e spero in minima parte anche per voi e i vostri personaggi.
Grazie a tutti quelli che ci hanno seguito e apprezzato, che l’abbiano esternato o meno. È anche merito vostro e del successo della campagna che Winterreise ha trovato la sua conclusione.
 
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view post Posted on 15/7/2014, 14:41
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Winttereise ~ Schwanengesang

...alcuni anni prima.




Piangi.
In una valle di lacrime sperdute, spargi la tristezza in un velo fatuo ed incolore con cui vorresti coprirti il volto.
Non sai bene dove volgere lo sguardo, perché ovunque lo fai la tua colpa ti acceca. Senti un tuffo nel cuore, che si dimena come un cervo colpito da una freccia. Poi ti volti e trovi un altro corpo morto, l'ennesimo.
Ed ecco un'altra freccia, che spalanca la ferita e la rende livida di mestizia.
Non hai molte forze per implorare perdono, ma soltanto la chimica fame di pietà che ti si apre dalle interiora e vorrebbe strapparti la pelle di dosso.
Vorresti perturbarti in un dolore atavico, piuttosto che seguitar nel fissare quello altrui. Quello che hai causato, di cui ti sei reso protagonista e fautore.
Di chi ti sei riscoperto colpevole, nonostante gli infiniti sforzi nel convincerti che non fosse così.
Gli sforzi compiuti nel mentirti che quella verità che hai sempre conosciuto non esisteva. Quella parola con cui ti sei sempre apostrofato non fosse tua davvero.
Assassino. Mostro. Bestia.

Tu sei tutte queste cose, Shakan. Ed ora ti piange il cuore. Perché il volto ha finito le lacrime.
Vorresti piange, perché non puoi fare altro. Perché come in un brutto sogno scopri che quell'incubo infinito, quella caduta eterna che ti porge entro i margini di un baratro che non accenna a smettere, è reale.
E' come sognare di esserci caduto tutta la notte in quel baratro, solo per risvegliarsi al mattino e scoprire di caderci ancora. Scoprire che il tuo corpo dondola sul limite del vuoto, esattamente come hai temuto che fosse.
E' come vivere un incubo, per poi risvegliarsi vivendone uno peggiore. Un male ancor più grande dal quale nemmeno un nuovo risveglio ti salverà.
Nemmeno la consapevolezza di aver vissuto solo un altro incubo.

Era tutto reale.
Il mostro eri tu e null'altro che la tua mano ha mosso quegli atavici lamenti.
La voce che ti chiamava innocente mentiva e qualunque ameno pensiero che ti turbasse nella notte, si riscopriva verità.
Amara, terribile verità. Verità di un circolo che non hai mai smesso di dannarti; ma di cui non hai mai smesso di esser principe indiscusso.
Ed ora vivi, ti turbi con tutti quei pensieri misti tra loro. Smuovi un antico passato in cui eri carnefice, stupratore ed assassino. Ed in cui traevi giovamento dalla sofferenza altrui.
Insieme a quello, ora, ricordi il tuo passato più recente, in cui sei vissuto da eroe, paladino della giustizia e della libertà, che ha lottato per la salvezza degli innocenti.
E questo dualismo immondo si staglia nel tuo cervello come due metà dello stesso cuore, straziandosi per una o per l'altra identità.
Diviso da due volti, due vite e due verità; troppo pesanti per convivere; troppo crude per non desiderarsi morte vicendevolmente.
Che si librano come una domanda senza risposta. Chi sei davvero, Shakan? Quale metà ti appartiene?
Un connubio di animosità e rimorso che sfocia nell'unica vera risposta: entrambe, o forse nessuna.
Vorresti farlo smettere; vorresti che non esistesse. Ma è impossibile: vivrà per sempre e non smetterà mai.


« Soffri, Shakan » disse il Dottore, stringendo a se il corpo morto di Kreisler.
« Soffri per ciò che eri e ciò che sei » disse ancora, piangendo « marcisci in quel dolore, con la convinzione che nulla te lo toglierà più di dosso. »
« Non avrai più gloria, né regni da liberare; né soldati che seguiranno il tuo nome o innocenti che solleveranno le tue bandiere » aggiunse, freddo.
« Avrai soltanto il rimorso per ciò che hai fatto; lo ricorderai in ogni lacrima che verserai, per ogni passo con cui solcherai i sentieri di questo mondo... »
« ...al posto di Kreisler, di Ecatherine, di Irwing e di tutti coloro che, per colpa tua, non potranno farlo mai più. »
Attese qualche istante, posando poi il corpo del figlio sul marmo freddo. « Questa sarà la tua pena, Shakan. »
« Soffrirai per l'eternità, portandoti dentro il peso per tutto questo. »
« Patirai queste colpe, punendoti per sempre... »

Shakan lo fissò intensamente. Non aveva più forza per disdegnar quelle invettive.
Aveva ragione su tutto ed in tutto. Non poteva davvero dissentire, tranne per una cosa. Una sola cosa.
« E se io avessi il potere, Dottore...? » chiese, lento.
« Potere? » Il Dottore lo fissò torvo, scosso e quasi irato per una pretesa apparentemente illogica ed irrispettosa. « Quale potere? »
« Il potere per cambiare le cose; un ultimo lascito di virtù che potrebbe ridare giustizia a questo mondo. »
Il Dottore sorrise amaro, lasciandosi andare ad un gesto di stizza. Lo fisso, irato. « Non sei un dio, Shakan; sei solo un uomo, esattamente come me. »
« E come me vivrai col peso della colpa e dell'impotenza per l'eternità, fino a quando qualcuno non deciderà che avrai sofferto abbastanza. »
Si voltò, facendo pochi passi. Poi gli parlò ancora, con l'ennesimo cenno di rancore. « Non so perché tu abbia lottato ed inseguito ideali di libertà e giustizia. »
« Non so davvero se tu abbia affrontato le oscure divinità di questo mondo perché le temevi o, più semplicemente, le invidiavi » asserì ancora, placido « ma questo non ti ha reso potente quanto loro. »
« Ma, comunque sia, queste lotte non ti hanno reso più potente, né migliore; un uomo eri, un uomo sei ed un uomo resterai per sempre. »

Il silenzio inseguì gli attimi successivi, rotto talvolta da tenui singhiozzi.
Poi, lo spettro riprese. « E' vero, non sono un dio, Dottore. »
Lo fissò ancora; questa volta rideva, quasi ironico. « Io però una volta l'ho incontrato un dio... »
« O almeno credo; non è un'esperienza che riuscirei a raccontare a parole, ma sono abbastanza sicuro di averlo potuto anche toccare, per un istante. »
« Toccare cosa? » chiese il Dottore, perplesso. « E' un vecchio mito, che ascoltai tanti anni fa, nel Bianco Maniero. »
Sorrise. « Volevo parlarne con Rainier; ma non ci fu mai occasione... »
« Lo chiamano Asgradel »

Il Dottore non parlò. Le parole gli scivolarono dal petto lontano, fuori di se.
Qualunque cosa pensasse, non poteva esprimerla. La sua espressione era un misto di rabbia, stupore ed ardimento.
Ogni velleità di cui lo spettro si stesse vestendo, invero, era celata in una parola tanto antica, tanto misteriosa e tanto complessa che non poteva esser pronunciata mai.
Benché meno dinanzi ai morti, dinanzi alla sofferenza ed al dolore che aveva causato. Gettata così, senza criterio, quella frase sembrava solo una mera giustificazione.
Irrispettosa e blanda, al pari di una bestemmia.
« Sei pazzo? »

« Forse è vero, o forse no » aggiunse lo spettro, portandosi una mano dietro la schiena « ma non mi è rimasto altro. »
Shakan brandì l'elsa con estrema cura, quasi fosse la prima volta. Tese le dita sul manico e sventolò l'acciaio fine nell'aria, ammirandone i lineamenti.
Non l'aveva mai vista così bella: così splendente. Era quasi come se la lama sentisse l'armonia dell'istante e la percezione della realtà che la voleva protagonista di quel momento.
Quasi come se non avesse atteso altro che essere brandita in quel modo, con quelle intenzioni. L'acciaio emise un bagliore che illuminò la sala per interi secondi.
« E' così bella, vero Dottore? » aggiunse lo spettro, con occhi lucidi.
« Mi sembra di non averla mai vista, quasi » aggiunse, sereno « l'ho incontrata durante la Guerra del Crepuscolo. »
« Il suo nome è... Cupiditas. »

La lama brillò ancora, al richiamo col proprio nome. Poi le mani quasi si mossero da sole, incurvandole in una posizione che non aveva mai assunto.
L'elsa rivolta verso l'esterno, a fissar il mondo che mai le era stato possibile ammirare. La lama che puntava verso l'unico bersaglio che avrebbe colpito una volta sola.
Il cuore di Shakan.

« Avanti dottore, me lo dica - è l'unica cosa di cui ho bisogno. »
Attese, sorridendo. « Qual'è il tuo desiderio? »
« Il mio desiderio? » Il Dottore rimase fermo, immobile. Stordito ed ancora scosso dalla scena.
Alla fine rispose, quasi d'istinto. « Che tutto questo finisca; che tutto il male che è stato fatto a Lithien, a mio figlio ed a tutti noi smetta di esistere. »
Sbuffò, amaro. « Questo vorrei... ma è evidente che non... »
Shakan abbassò il capo e strinse forte le mani sull'elsa. « Io potrei avere la forza di realizzare questo suo desiderio, dottore. »
« D'altronde, a me non è rimasto molto altro » aggiunse, fissandolo intensamente.
« Ho solo il mio animo e la volontà che ancora vi risiede » aggiunse, silenzioso « oltre che all'immensità dei rimorsi che brandisco. »
Non ci sono parole per descriverlo; ne servirebbero troppe e troppo forti.
« C'è solo una cosa che mi rimane da dire, alla fine. »

Mi dispiace.

Mi dispiace per tutti coloro che sono morti a causa mia.
Mi dispiace per la mia città, che ho distrutto col rimorso di un cuore di cui a stento ho memoria.
Mi dispiace per Kreisler, guerriero fiero che è divenuto vittima di una colpa mai davvero sua.
Mi dispiace per Ecatherine, che ha subito il rancore di infiniti spazi ed infiniti tempi.
Troppo grandi e potenti, perché potesse reggerli.
Mi dispiace per Irwing, il cui amore mai ho ricambiato.


Vorrei.

Vorrei non aver mai condannato tutta la città.
Vorrei aver combattuto guerre e battaglie abbastanza grandi da giustificare tutto quel male.
Ma non esistono guerre tanto importanti da meritare o giustificare la morte di alcuno.
La pace è un'utopia che si dovrebbe conquistare col potere delle parole, non delle armi.
Ma le colpe del mondo sono tante e troppo sottili proprio perché l'uomo è sordo a certe implorazioni.
Come ero sordo io, quando ascoltavo e non sentivo. Quando ferivo e non mi accorgevo.
Quando ero un mostro e fingevo di non saperlo.
Vorrei aver avuto il coraggio di capirlo.


La lama affondò come un braccio nella neve.
Lambì le carni in pochi istanti, spargendo sangue e piccole urla strozzate intorno a se.
Shakan spalancò gli occhi, mentre fissava lento il volto emaciato del Dottore. Tendeva una mano, inorridito.
Era quasi tentato di fermarlo, di sottrargli l'elsa dalla mano. Ma non lo fece: non ne ebbe mai il coraggio o la volontà.
« Vorrei - Dottore - non aver fatto alcun male » disse ancora Shakan, con un filo di voce « vorrei che il peso delle mie colpe mi fosse sottratto. »
« Sono un vile, lo so; il mio ultimo desiderio, in fondo, non è per nessun'altro che per me stesso. »
Sorrise amaro, mentre un rivolo di sangue gli svendeva dalla bocca. « Vorrei solo non avere queste colpe. »
« Vorrei soltanto vivere un istante della mia vita, senza peso alcuno sulla coscienza. »
E' chiedere troppo, forse?

« Ma se questo mio desiderio è anche il tuo, allora - forse - c'è speranza. »
« La speranza, è sempre viva e vivrà per sempre. »

L'ultima lacrima gli rigò il volto.
E sorrise, mentre pronunciava le ultime parole.
« Ray... » disse, piano « ...sto arrivando. »

Schwanengesang1

La lama ricadde sul pavimento, con un sordo suono metallico.
Il corpo di Shakan si accasciò dall'altra parte, scivolando sul suo stesso sangue a peso morto.
Il corpo pallido divenne ancor più bianco e gli occhi sbarrati si chiusero pian piano, privandosi di anima e vita.
Il Dottore ammirò stentato un leggero bagliore del suolo, che si dipanava dalla spada per finire al corpo di Shakan.
Un bagliore prima sommesso, poi sempre più forte. Intenso.

Una voce parlò nel limbo.
Nel mondo dei pensieri, ove solo gli dei possono accedere.
E' questo che vuoi Shakan?
Cupiditas.
Ed allora sia.

____________________________________

« Ciò che accadde non è troppo chiaro.
E' noto soltanto il risultato di un sacrificio, troppo alto ed imponente perché fosse percepito appieno.
A Lithien la malattia regredì improvvisamente. Le bestie tornarono uomini; i mostri persero la follia che li aveva presi.
Pian piano, tutti i sopravvissuti riguadagnarono umanità e lucidità sufficiente per soffrire appieno del male che c'era stato.
Ed in quella lucidità ebbero modo di seppellire i propri morti, radunare i propri cari ancora vivi e, alla fine, abbandonare Lithien.
Abbandonare una città troppo misteriosa e pericolosa perché loro fossero meritevoli o forti per viverla; troppo articolata perché quella corruzione che li aveva devastati potesse dirsi ormai lontana.
Un giorno il male sarebbe tornato; ma un male troppo vicino e conosciuto, perché loro potessero ignorarlo. La corruzione umana, il lento decadere dei valori propri.
Questo era la Triade, in fondo: uomini corrotti cui la città eterna aveva donato il potere dell'intima natura umana.
Erano Essere, Natura ed Intelletto, ovvero le tre parti dell'umana essenza, a loro volta corrotta dalla condizione che gli era propria.
Ovvero quella di essere umani e non divinità; di non poter essere appagati da tanto potere, senza venirne sedotti.
Così divennero Non Essere, Morte, Non Natura, Violenza e Non Intelletto, Illusione.
E di tutto questo, tutti gli abitanti di Lithien erano colpevoli, non un uomo solo.

Per questo abbandonarono; si distribuirono per tutta Theras, cercando altri luoghi in chi vivere da comuni mortali.
Così fecero gli abitanti di Lithien; così fecero tutti coloro che ancora vivevano nella regione.
Così fecero anche due persone, rinate nel cordoglio del proprio animo. Si levarono con stupore, calcando i passi della terra ove mai avrebbero creduto di farlo ancora.
I loro nomi erano Kreisler ed Ecatherine, un uomo ed una donna tornati a vivere, senza che riuscissero a spiegarsi il perché.
Tornati vivi e senza più patimenti. Senza poteri, meschinità, guerre o battaglie. Solo due esseri vivi ed innamorati, pronti ad affrontare la propria vita in totale autonomia.
Insieme, mano nella mano, ma senza nessuno più a comandargli, dettargli ordini o condurli su sentieri oscuri.
Solo loro due, uniti, artefici del loro destino.

Io non so se esista un dio, da qualche parte.
Ma quel dio deve averlo perdonato, alla fine. Invero, tutto questo non è accaduto per caso.
E' il frutto di un miracolo creato da un uomo solo, che si è sacrificato perché tutto questo prendesse forma.
A suo modo, Shakan Anter Deius - il fu Lucian Alastor - ha raggiunto la redenzione.
E quel dio, in qualche modo, alla fine l'ha perdonato.

Grazie a lui, vivo anch'io oggi.
Grazie a lui, anch'io posso ricominciare una vita normale.
Libera da artifici e battaglie; una vita da uomo libero.

Io sono Irwing Ravelon Alastor ed onorerò per sempre la memoria di mio fratello.
Grazie, fratello mio. Grazie, Lucian.
Anzi, Shakan...
»

Schwanengesang2

Winterreise: Fine.




Grazie.
Grazie a tutti coloro che hanno seguito il ciclo; grazie a tutti coloro che vi hanno contribuito, in qualsiasi modo.
Spero vi sia piaciuto il racconto. Spero sia stato avvincente e mai banale. Spero che Shakan, Kreisler e tutti i nostri personaggi vi siano entrati nel cuore.
Per onor di cronaca, Shakan usa l'ultima abilità di Cupiditas (citata di seguito) per fermare la Gulliwh.
La malattia è fermata. Lithien, però, viene abbandonata e contestualizzata con la nuova ambientazione.
Che altro aggiungere. Grazie ancora.
Non sarà mai abbastanza.



CITAZIONE
Sacrificium ~ Luttuosa offerta dell'ultimo pianto
"Qual'è il tuo desidero?" - questa frase ha tormentato la mente di Shakan per minuti interminabili, nella devastazione di Velta e del mondo intero. Gli ha suggerito infinite possibilità, infiniti mondi in cui proiettare il suo volere imponendosi sugli altri ora con tirannia, ora con comprensivo amore. Lo ha costretto a scegliere che via intraprendere, e lui ha preso quella che già altri prima avevano percorso con arroganza, brama di potere. Divenendo un Dio crudele, ma bellissimo, imponente, radioso, ha distrutto ogni cosa ricreandola a suo piacimento. Con la nascita di Cupiditas ha dunque assunto le capacità di portare la morte, ma anche e soprattutto, di dare la vita. La sua vita, per gli altri. In un ultimo ed esemplare sacrificio, il Fantasma potrà difatti esaurire uno ed un singolo desiderio per una persona che egli reputi degna di tale dono. Trafiggendo se stesso con la Lacrima dell'Asgradel, diventerà un tutt'uno con quei poteri illimitati per dei brevissimi istanti in cui il mondo intero tremerà. Tenebrose nubi si addenseranno sopra la sua figura, che ascenderà al cielo con lentezza emanando una luce solare, divina. Il Fantasma acquisterà quindi sembianze non più mortali e, protendendo la sua mano verso colui o colei che l'abbia spinto a tanto, gli porterà ciò che più desidera. Sparendo però poi per l'eternità, risucchiato e schiacciato dall'immensità di poteri che non è in grado di ingabbiare. [Mortale - infliggendosi un danno fisico Mortale con la Lacrima, Shakan può realizzare il desiderio di un'altra persona].

 
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