❝ Die wolf — il canto del lupo ❞. ARRIVO DI ENOCH
Il deserto si estendeva in ogni punto in cui lo sguardo umano poteva posarsi. Una distesa infinita di granelli di sabbia, miglia e miglia ricoperte da quella polvere dorata, che catturava i raggi del sole creando un tripudio di giochi di luce. Il sole riscaldava tutto il territorio, intervallato unicamente da sinuose dune di sabbia, che lo attraversavano come onde impetuose nel mare. Solo poche e brevi folate di vento portavano ristoro ai viaggiatori, confortevoli come una carezza, ma dalla durata effimera. Si era facilmente portati a pensare che fosse il caldo, il grande problema della traversata del deserto, ma quando il sole tramontava e il manto stellato invade il cielo, le temperature si abbassano drasticamente, diventando insopportabili tanto quanto il giorno, seppur in senso inverso.
L’incauto potrebbe credere che sia il clima, l’acerrimo nemico di ogni viandante, ma in realtà minacce ben più grandi attraversano la grande distesa dei See; non si è mai sicuri di cosa può nascondersi dietro una grossa duna, ed è per questo motivo che è sempre meglio muoversi in gruppo, in compagnia di guide esperte, che sappiano riconoscere i pericoli imminenti. In quel momento un piccolo gruppo di pelleverde sostava nel deserto, cercando di riprendere brevemente fiato, in direzione del proprio villaggio. Per la loro pelle dalla sfumatura grigiastra, simile al muschio, l’arsura non era un problema, ma la lunga traversava provava anche il loro fisico coriaceo. Non era facile trovare del cibo in quei luoghi, non molti animali commestibili si avventuravano fino a quel punto, perciò spesso si trovavano costretti ad assaltare le carovane dei viaggiatori per procurarsi viveri di prima necessità per sé e i propri compagni. Anche quel giorno non erano riusciti a trovare cacciagione, nonostante avessero battuto il deserto per una lunga distanza; avevano deciso di riposarsi per qualche momento, per poi ripetere il percorso inverso, sperando di essere più fortunati. Erano impegnati ad abbeverarsi a turno, scambiandosi poche frasi. L’unico rumore, a parte le loro rauche voci, era dato dal vento, che soffiava pesanti folate con cui sollevava nugoli di sabbia, accompagnati da un lieve ululato. «Ek hoop dit is nie die begin van die getye.» spero questo non sia l’inizio delle maree, disse un minuto goblin, rivolto agli altri due compagni, dei mezz’orchi non molto più grossi di lui. Le maree erano famigerate tra il popolo dei pelleverde: si trattava di un affascinante fenomeno atmosferico – o almeno lo era per chi non si trovava a doverle affrontare – in cui violente tempeste di sabbia tormentavano tutta la lunghezza del deserto, spostando e mischiando la sabbia da un capo all’altro. Per l’appunto, pensare di attraversare la distesa in quelle condizioni equivaleva a progettare un suicidio. Un mezz’orco scosse la testa, rispondendogli: «Nee, dit is die getye.» no, non sono le maree. L’altro annuì con convinzione, aggiungendo: «Moenie bekommerd wees nie broer, dit is net die lied van die wolf.» non temere fratello, è solo il canto del lupo. Il goblin parve tranquillizzarsi leggermente, ma comunque si riaffrettarono a mettere insieme i propri averi, decisi a spostarsi quanto prima. Il cosiddetto canto del lupo non era certamente pericoloso quanto le maree, ma sarebbe stato da sciocchi sottovalutarlo. L’impeto del vento è talmente forte da riprodurre il verso dell’animale, con raffiche talmente violente da poterti spostare e ferire all’improvviso, proprio come l’attacco della fiera.
Proprio quando erano ormai prossimi per rimettersi in marcia, sentirono un basso vociare provenire da non molto lontano. Si immobilizzarono immediatamente, e uno dei mezz’orchi, l’ultimo ad aver parlato, sollevò la mano, richiamando l’attenzione dei compagni, sussurrandogli: «Wees stil. Ek het iets gehoor.» silenzio, ho sentito qualcosa.
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