| Lorgenn |
| | La testa era incredibilmente pesante, la vista riprendeva pian piano, passando dal nero dell'incoscienza ad una stanza illuminata, piena di figure non ancora ben distinguibili, scure. I sensi a poco a poco tornarono, ma Vassem non mosse un muscolo, decise di attendere che quella voce terminasse; non sapeva cosa dicesse, ma la riconosceva, era una voce maschile. Era la voce di Eusébio. Dunque era lui il responsabile di tutto ciò? E chi lo aveva colpito? Il nano che stava all'entrata? Era molto probabile quest'ipotesi. In ogni caso, nel momento più adeguato, si sarebbe alzato e sarebbe andato a cercare sia il suo aggressore sia il suo capo, poi, dopo avergli chiesto il perché lo avessero colpito, avrebbe deciso se eliminarli o lasciarli vivi. Sentì sbattere la porta. Chi se n'era andato? Sperava proprio non fosse Eusébio, altrimenti gli sarebbe potuto sfuggire, rendendogli pan per focaccia ( un'espressione dialettale che Vassem adorava ), mentre il dottor Peste stava diventando ogni secondo più avido di risposte e di vendetta. Perché? era la domanda che continuava a rimbalzare da un neurone ad un altro della sua mente in maniera incessante. Non poteva lasciare che quel maledetto riuscisse a scappare, voleva, pretendeva una risposta. Si guardò intorno: le figure erano divenute molte più nitide ed ora distingueva molto bene circa nove o forse dieci uomini, tutti vestiti con i tipici abiti da medico, nessuno di loro era sprovvisto di mascherina e alcuni di loro avevano in mano dei ferri, quelli che si usano durante le operazioni più difficili, come ad esempio le esportazioni di organi, e il fatto che lui si trovasse disteso in mezzo a loro non lo tranquillizzava affato, anzi iniziò a temere che quello da operare fosse proprio lui. Doveva eliminarli? Sì, altrimenti lo avrebbero aperto come un maialino nelle feste di paese, ma non avrebbe agito con la forza bruta: doveva giocare d'astuzia, altrimenti lo avrebbero sopraffatto con la superiorità numerica e sarebbe stata la fine. Decise ancora di aspettare per valutare la loro prima mossa, reagendo immediatamente nel caso uno di quei uomini armati di ferri si avvicinasse troppo al suo corpo.
All'improvviso uno di loro, a lato del "paziente", disse "Cominciamo" e le sue mani lentamente si mossero verso il volto di Vassem, molto probabilmente per sfilargli la maschera e incominciare l'operazione. Era quello il momento adatto per agire? Sì, li avrebbe colti di sorpresa, dato che la maschera impediva loro di vedere i suoi occhi aperti, e quindi erano ignari del fatto che si fosse risvegliato. Il suo cuore martellava forte nel petto, nell'attesa di scegliere il momento adatto per colpire. Le mani del medico sconosciuto erano ormai a pochi secondi prima dell'"Ora X", come Vassem aveva definito l'istante giusto. Ecco, ci siamo, pensò. Ogni cellula del corpo batteva all'unisono con il cuore. Paura? Forse. Dopotutto è un sentimento umano. Anche i suoi aggressori l'avrebbero provata, lui puntava proprio su questo. Le dita dello sconosciuto si erano appena appoggiate alla superfice bianca e liscia del mascherone. Allora Vassem, agì.
Con la mano più vicina al medico sconosciuto, gli afferrò il polso e strinse in modo che non sfuggisse alla sua presa, mentre gli altri uomini che lo circondavano ebbero tutti un sussulto dallo spavento e, instintivamente, fecero qualche passo indietro. Ognuno di quei passi rappresentava il grado di paura che li attanagliava. Beh, non a caso lo credevano svenuto, un po' come se un morto resuscitasse nell'obitorio e afferrasse chi in quel momento toglieva il classico lenzuolo che copriva il corpo. Prim'ancora che la loro ragione tornasse, il dottor Peste mise in atto la seconda fase del piano: si alzò con il busto, sempre tenendo il polso del medico, e gli sferrò un pugno in pieno viso, colpendo lo zigomo e il naso del suo avversario. Non era sufficiente a metterlo k.o. o fargli uscire del sangue, ma di sicuro gli aveva procurato un bel dolore. Lasciò la presa sul braccio e quell'uomo cadde a terra, dolorante, coprendosi con la mano la zona colpita ed emettendo dei lamenti. Uno era fuori, ma ne erano rimasti altri nove, di cui erano ancora in piedi tutti quelli armati di bisturi, i quali rappresentavano di sicuro quelli più pericolosi. E ora non poteva più contare sull'effetto sorpresa. O forse sì? Si girò verso di loro, la maschera bianca che risplendeva nella penombra, e la sua classica veste nera che invece nascondeva interamente il corpo. Sembrava un demonio o uno spirito maligno, ma ben sapeva che poco poteva spaventarli, erano comunque medici dediti alla scienza e poco inclini alle superstizioni. Tuttavia, nemmeno uno di loro aveva mosso un muscolo, cosa che aveva favorito di gran lunga la fase tre del piano, ovvero alzarsi velocemente. Mossa altamente sbagliata. Il corpo stette in piedi a fatica, barcollando un attimo, la testa gli girava e la vista a tratti si annebbiava, proprio come accade quando qualcuno si alza troppo in fretta dopo una lunga dormita. Ansimò un attimo per lo sforzo e quel segno di debolezza fu il "via" del contrattacco dei suoi aggressori. "Forza, non vedete che è uno straccio? Blocchiamolo!" urlò uno di loro. Il cuore di Vassem continuò a pulsare più velocemente. La parte difficile arrivava proprio ora.
Mentre i medici iniziavano ad avvicinarsi lentamente per circondarlo, Vassem controllò la sua cintura e, con sua somma gioia, notò che non avevano portato via il suo bisturi portatile, probabilmente certi che non si sarebbe svegliato prima dell'inizio dell'operazione. Lo estrasse e lo puntò verso i suoi nemici, i quali non sembrarono affatto spaventati: loro erano in nove, ora dieci visto che l'uomo a terra si era rialzato e riunito al gruppo, e una lama piccola come quella di un bisturi non poteva di certo fermarli se avessero attaccato tutti insieme. Doveva riflettere, ma il tempo non era molto, anzi si assottigliava ad ogni passo dei suoi aggressori, mossi da un'eccessiva, e anche giustificata, sicurezza. Dannazione! Non avrebbe avuto scampo. O forse sì? Era la prima e unica soluzione che gli venne in mente in quei secondi di tensione, ma era talmente debilitato che sarebbe stato per lui un grosso sforzo. Aveva alternative? In quel momento gli sembrava di no.
In un secondo, successe il finimondo: Vassem cadde in ginocchio, indebolito, mentre gli uomini davanti a lui iniziarono ad urlarsi contro, accusandosi a vicenda di essere dei maledetti untori che li avevano infettati, per poi passare alle mani. In breve, mentre il dottor Peste si riprendeva a fatica, ansimando, per l'enorme quantità di energia spesa, i suoi aggressori avevano dato vita ad una vera e propria rissa tra di loro e alcuni, quelli armati di ferri, avevano accoltellato o ferito gravemente i loro compari, mentre altri ancora, quelli disarmati, colpivano gli altri a calci e pugni. Ecco l'effetto della tecnica di difesa "Peste di follia", la quale, tuttavia, richiedeva un non trascurabile sforzo da parte di chi la usava e, contando la pregressa debolezza di Vassem, ciò gli aveva causato un crollo fisico. Si sarebbe ripreso, certo, ma l'importante era che i suoi nemici si sarebbero massacrati tra loro prima della fine dell'effetto della tecnica sulle loro menti. Alcuni, erano persino morti, sgozzati o infilzati dai ferri, purtroppo non tutti erano deceduti o fuori gioco. Due di loro erano sopravvissuti, seppur uno ferito ad una gamba , era per terra e l'altro lo stava per finire, se non fosse finito l'effetto della tecnica. Si guardarono intorno, i loro occhi esprimevano il terrore e la confusione, mentre osservavano i corpi dei loro colleghi riversi a terra, molti dei quali in un lago di sangue. "Cosa..cosa è successo. Oddio, oddio!" gridò quello in piedi, osservando le sue mani e le sue vesti macchiate del rosso ferrigno tipico del sangue. Il suo respiro iniziò a farsi lento, a tratti ansimante, le sue mani tremavano. Paura. Sconcerto. Orrore. Terrore. Erano questi i sentimenti che si leggevano nelle sue azioni, nei suoi occhi sbarrati, nel tremolio della sua voce. La sua testa si girò lentamente verso Vassem, ancora inginocchiato a terra e debilitato Tu..tu..tu! Sei stato tu, vero? Figlio di una meretrice, io ti ammazzò! Fanculo la ricerca ed Eusébio, io ti squartò come un vitello!". La sua espressione si congelò nella pura rabbia e il suo ansimare si fece molto più forte. I suoi passi si trasformarono in una corsa, i ferri tenuti come un pugnale nella mano, pronti a colpire.
Vassem non si mosse, lo guardò mentre l'uomo riduceva sempre di più la distanza, sempre di più, sempre di più. In un attimo era lì, i denti drigrignati, e il corpo che sembrava una sola cosa con l'arma. Il "pugnale" si fece strada tra la carne del braccio non armato del dottor Peste. Non potendo parare il colpo, Vassem decise di sacrificare il braccio, facendosi scudo con esso. Dolore? Nemmeno l'ombra. L'altro braccio si mosse, non proprio scattante, ma abbastanza veloce da riuscre a portare il bisturi ad altezza addome, per poi penetrare nella carne viva del suo aggressore, il quale urlò dal dolore e lasciò la presa dei ferri. Con un ultimo, grande sforzo, Vassem si alzò, una gamba alla volta, continuando a rigirare la sua arma nel corpo dell'avversario, il cui urlo si faceva sempre più straziante e inumano. Ricordalo, quando andrai all'inferno, che io non sono un uomo nè un demonio. Io sono la Paura gli sussurrò nell'orecchio mentre estraeva il bisturi dal suo corpo. E poi, zac. Un colpo preciso recise la giugulare di quell'uomo che cadde a terra, dimenandosi come un pesce fuor d'acqua. Vassem non aspettò di vedere il suo corpo raffreddarsi e smettere di muoversi, ma, indebolito e a tratti barcollante, si diresse verso la porta chiusa della stanza. Ad un tratto si fermò, sentendo il respiro pesante dell'ultimo sopravvissuto, che si trascinava per il pavimento cercando di sfuggire a quel demonio. Il dottor Peste fermò la sua fuga premendo con il piede sulla schiena e bloccandolo a terra. Ora, gli avrebbe potuto fare mille domande, tipo il perché era stato aggredito, cosa volessero da lui, chi era Eusébio. Tuttavia, la domanda fu un'altra "Dove sono i medicamenti?". La risposta dell'uomo non si fece attendere e indicò un ripiano. "Grazie" disse Vassem, un attimo prima di sfilarsi i ferri dal braccio e infilarli sul collo nudo dell'uomo. Si medicò ed uscì da quella stanza. A noi due, Eusébio Vassem Taryo, il dottor Peste Tecniche utilizzate: Manuale di difesa vol.2 "Peste di follia": Se vi trovate a combattere contro nemici più numerosi di voi e agguerriti, nulla è più utile di tale tecnica! Vi basterà spendere un valore Alto di energia per infettare i vostri avversarsi con il morbo della follia: essi vedranno il loro corpo cosparso di piaghe e daranno la colpa a chi sta loro intorno, credendo che essi siano untori. Immaginate di vedere i vostri avversarsi massacrarsi tra di loro! Ah che meraviglia! (pergamena "Ira" del Necromante) Energia rimasta: 80% ( 20% spesa ) Salute mentale: 100% Salute Fisica: 90% Riassunto: Vassem si sveglia poco dopo che Eusébio se n'è andato e non ha quindi la minima idea del perché è lì. Quando uno dei medici tenta di togliergli la maschera, lui lo blocca e lo colpise facendolo a cadere a terra, mentre gli altri medici si allontana dal lettino sorpresi. Allora Vassem si alza in piedi, ma è debole, e, nonostante la minaccia del bisturi, i medici iniziano ad avvicinarsi per circondarlo e bloccarlo, ma vengono "investiti" dal potere della tecnica mentale di Vassem ( spendendo il 20% di energia ) e, non avendo difese mentali per contrastarla, iniziano a combattersi ed uccidersi tra di loro, proprio perché presi dalla follia. Solo due si salvano quando la tecniche sparisce. Uno attacca Vassem, il quale blocca l'attacco con il braccio e poi uccide il suo aggressore, l'altro cercava di fuggire trascinandosi, ma viene bloccato da Vassem che prima gli chiede dove siano i medicinali per curarsi e poi lo uccide. Dopo la strage, Vassem esce dalla porta per cercare Eusébio
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