Aèmeth, Arrivo di Fenrir

Il sole, brillante e caldo su nel cielo, riusciva a farsi largo anche fra le fitte fronde del bosco di Uha Iat, così ombroso e fresco. I suoi raggi pallidi battevano sul terreno qua e là, conferendo a quella foresta un ché di piacevole, perché non sembrava incupirsi sui viandanti e soffocarli con il suo verde abbraccio. Passeggiare sotto quegli alberi sembrava la più rilassante delle attività, eppure anche in una situazione simile si può avvertire un disagio, come il troppo caldo o la stanchezza, che richiedevano un posto dove riposarsi. Allora si cercava una fonte od un ruscello dove bere un sorso d'acqua e riposare più comodamente, e fra tutti quelli della zona il Méis era quello più frequentato, tanto dagli elfi che dalle bestie di quella selva. Era un laghetto piacevole, dalle sponde basse, le acque azzurre e calme impreziosite da ninfee che danzavano sulle sue superfici.

Quel pomeriggio però vi era un elemento di disturbo in quel paesaggio altrimenti idilliaco, già turbato da una cupa coltre di nubi grigie che presagiva una notte senza stelle. Tutto intorno al Méis stavano smottamenti e confusione, fiori calpestati e spezzati, e sangue che macchiava le rive sabbiose. Non vi erano tracce di incendi o fuochi, nemmeno di un piccolo falò, anche se un gruppo di persone o bestie pareva esser passato di lì, a giudicar dalle impronte. Ed oltre a quello non vi era alcuna traccia, soltanto un pezzo di stoffa viola, il lembo strappato da una veste, forse per via di una qualche colluttazione, che stava incastrato fra due sassi. Uno scoiattolo dal manto argenteo e dalla coda lunghissima lo fissava con occhi curiosi, come fosse un tesoro prezioso. Nei suoi occhietti neri brillava una brama insolita per un'animale, ed anzi per le movenze e la curiosità il suo comportamento appariva stranamente più simile a quello di uomo od elfo che di una bestia. Fu in quel momento che Fenrir arrivò sulle sponde del Mèis.