La sabbia sbiadisce tutto, consuma. Ogni singolo granello si accumula e copre, per poi scivolare via ed, impercettibilmente, erodere ogni cosa. Tutto è soggetto allo scorrere del tempo, anche i ricordi, che mano mano sfumano, si mischiano, si confondono, per poi sparire non si sa bene perché. Forse, questa volta, per colpa della sabbia. Mickey si risvegliò al centro di un enorme materasso scricchiolante. Le foglie secche dell'imbottitura si permettevano di produrre un suono fastidioso ad ogni suo movimento, il ché andava ad intaccare il dolore pressante che già si faceva largo nella mente del Tuttofare. Un ennesimo mal di testa si prospettava all'orizzonte, uno dei soliti che non lo lasciavano in pace per ore, a volte anche giorni, impedendogli di pensare lucidamente. Il Tuttofare inspirò, tirandosi a sedere e portando due dita alla fronte per massaggiarla lievemente. Si trovava in una sorta di rozzo dormitorio, ma non ricordava affatto come fosse finito proprio lì. I suoi ricordi si interrompevano all'apparizione mostruosa in mezzo al deserto e si riaccendevano solo a pochi istanti fa. Poco male. Afferrò la falce poggiata ad una parete vicina al letto e con lei, istintivamente, anche la sacca che i Bedouin gli avevano affidato. Ci aveva giusto sbirciato dentro ed una parte di sé si interrogava ancora sul contenuto e sul significato del biglietto che lo accompagnava. No, non era il caso di lasciarla incustodita, decisamente. Gli stivaletti dell'Aggiustatutto rimbombarono tra le mura di quella specie di dormitorio mentre decideva di andare a prendere un po' d'aria. Notare che anche gli altri membri della carovana, quasi tutti, riposavano ancora lo tranquillizzò anche se, ad una prima occhiata, non riuscì a scorgere né Maler né Blitzeran. Scostò la tenda in pelle che fungeva da porta e riguadagnò la luce del sole che per un attimo lo accecò. Imprecando ad alta voce, le mani corsero veloci alla tasca della giacca in cui sentiva fossero gli occhialetti che indossò meccanicamente e che gli regalarono immediatamente un po' di sollievo. Guardandosi intorno, vide un mondo nuovo, un luogo sconosciuto, che gli sarebbe piaciuto esplorare. Si trattenne quando già aveva compiuto mezzo passo, dominando per un istante con grandissimo sforzo la propria curiosità. Prima il dovere. Doveva cercare Maler. Perché sì, il mezzosangue gli doveva la vita, ed ogni debito va ripagato, specialmente a Mickey il Tuttofare.
Inspirò l'aria fresca, solleticando la gola con un gorgòglio che permise l'accumulo in bocca. Lo sputo che partì non arrivò lontano e il Faccendiere lo superò guardando il misto giallinoverde diluito che si amalgamava compatto per un ancora qualche attimo e lottava contro i raggi di un sole impietoso, irrimediabilmente destinato a sciogliersi per poi estinguersi e non lasciare alcuna traccia di sé. Un po' la metafora della sua vita, insomma. Ed è bello pensarci appena svegli perché di un po' d'ottimismo c'è sempre bisogno, dai. La ricerca, blanda a dir la verità, si era rivelata infruttuosa. Di Maler nemmeno l'ombra, tanto che si era già rassegnato a doversene tornare da dove era venuto -e stava per farlo!- se non fosse che mentre passava vicino ad una grossa tenda ne vide un'altra poco lontano, ben sorvegliata da due guardi a dir poco enormi. La curiosità, sua eterna dannazione, gli stuzzicò la nuca facendogliela prudere tanto da doversi grattare mentre a passo svelto si avvicinava sotto lo sguardo indagatore dei due guerrieri. La sua espressione cambiò immediatamente nella più innocente possibile. Lui lì? C'era arrivato per caso -ed era pure vero, oh- e salutava per educazione mentre con altrettanta educazione sbirciava l'interno e poi, sempre per essere garbato, si informava sul contenuto di un luogo cotanto pesantemente sorvegliato. Ci sono dentro mica tesori, lorsignori? Oro, argento, o qualche ninnolo prezioso? « Riposano gli anziani » Mai una gioia. In effetti riuscì a scorgere dallo spiraglio aperto della tenda giusto una specie di altare e qualche altro oggettino da cui però, da lì, non se ne intendeva la fattura. Però non si sa mai, no? Anziani, altari, religioni poi, uguale tesori. Ricorda che a Basiledra i Corvi muovono un impero e se qui ci si trova ben lontani dal fascino della Cattedrale in ogni caso spiritualità spesso coincide con ricchezza, dunque vale la pena di fermarsi ché il buon mercante, quello savio, non perde occasione per cogliere al volo il buon frutto d'un affare. Fece un passo avanti, la mano tesa in un gesto di saluto che, di certo, non verrà ricambiato. Mi chiamo Mickey, sono un Tuttofare. Dice rivolto alla guardia. Grazie per averci salvato dalla tempesta e per l'ospitalità. Sorride, piegando leggermente la testa. Pare grato questo minuscolo omuncolo, ma poi sul viso gli si dipinge un'espressione interrogativa, sinceramente curiosa. Come quella che assume ogni bambino, di ogni razza o specie, di fronte a una qualsiasi cosa nuova. Insieme agli anziani c'è anche il vostro Dio? E pare ingenuo in ogni suo dire anche se poi, tanto sprovveduto, non lo è. « Il nostro dio è sempre con noi » il Pellegrigia, ha l'aria infastidita « ma è qualcosa che uno come te non potrebbe capire. » Del resto, perché dare conto ad una mosca? Fosse stato nella posizione inversa avrebbe reagito allo stesso modo. Forse, addirittura, avrebbe fatto scappare pure qualche pedata alle chiappe di quell'impiccione. « Gli anziani interpretano il suo pensiero e ci dettano la via » aggiunge, con tono orgoglioso « per questo loro plasmano il nostro futuro. » E prova a liquidarlo così, come si fa con un randagio che viene ad elemosinare un osso dal tuo piatto. Un futuro non troppo radioso a quanto pare. Ribatte risentito il Tuttofare, seppur con un lieve sorriso. Non mi pare che lo stiano plasmando al meglio, ma è una cosa che uno come me non può capire. Constata con una strana espressione sul volto. Forse dovreste barricarvi meno nella vostra cultura, e smetterla di giudicare a priori. Continua implacabile senza smettere di fissare gli occhi del Pellegrigia da dietro le sue lenti. Poi si volta, il Faccendiere. Si scusa, accenna ad avviarsi et voilà, il gioco è fatto, il pranzo è servito e il proprio scopo, in un modo o nell'altro, raggiunto. « Piccolo uomo » E il guerriero viene interrotto da un grugnito proprio sul punto di esplodere. Qualcosa, o forse qualcuno, lo trattiene. « A quanto pare la tua arroganza ha attirato l'attenzione dell'anziano » profferisce, a metà tra il perplesso ed il divertito « ti chiede di entrare. » Il suo sorriso di risposta, vale più di mille parole.
La grande tenda getta tutt'intorno una fitta penombra in cui è difficile scorgere lontano. Sull'altare -ma quale altare?- non vi è altro che un moribondo. Quella sorta di lettiga, con il busto inclinato, sorregge il peso di un anziano Pellegrigia dall'aspetto stanco e visibilmente pallido. Eppure pare robusto, alto, tonico e forte come gli altri che ha già incontrato, ma pare non sia poi troppo lontano dalla fine dei suoi giorni. « Stringerci nell'angolo di questa montagna non è stata una nostra idea umano » dice sottovoce, piano, il tono è provato « e prenderti gioco di noi in questo modo non ci ringrazia per averti salvato dalla tormenta. » Sospira, prima di continuare, prendendo tempo ed aria. « Il rispetto è quello che è mancato nei nostri simili che ci hanno ridotto così » aggiunge « che ci hanno cacciato come mostri soltanto perché diversi. » « E che ci hanno maledetti a questa condizione. » « Credi che non vorremmo fuggire altrove? » Mickey scuote la testa. Sinceramente, non comprende. Nella sua breve vita, nei suoi viaggi attraverso Theras, in tutto il continente, si è spesso trovato di fronte all'appellativo umano che gli è stato sputato addosso, sibilato contro o pronunciato in faccia con gli intenti più disparati. In questo momento gli pare che indichi la sua condizione non in quanto uomo in sé, ma in quanto estraneo ad una natura ed a una cultura talmente tanto lontana che lo fa apparire agli occhi di Pellegrigia una sorta di essere proveniente da un altro mondo, forse dal cielo stesso. Maledetti? Non capisco? Scuote la testa, storcendo la bocca dubbiosa. Non sarò un umano saggio, ma so solo che non permetterei a nessuno di decidere per me. Il tono è brusco, ma sincero. Il suo modo di pensare, la sua coscienza, non può fare altro che portarlo a portare ad un livello per lui comprensibile problemi di natura più elevata e provarli ad affrontare con gli unici mezzi che possiede e conosce. E se decido di fare qualcosa niente può fermarmi, neppure una maledizione. Stringe i pugni, sdegnato. Troppo facile piangersi addosso senza fare nulla per cambiare! « E sia, umano arrogante, vedrai coi tuoi occhi la sofferenza che osi giudicare. » Un battito di ciglia e in un attimo un palmo enorme si chiude attorno alla testa del Faccendiere come quella di una persona che stringe il pugno su una noce. Gli occhialetti cadono in terra, tintinnando, ma Mickey non può sentirli perché negli occhi di Arghantares vede quello che ogni Grysleer ha dovuto subire in un vortice di voci, colori, suoni, immagini ed emozioni. La visione di un passato sconvolgente, di un esodo senza fine che però ad una fine avvicina sempre più un popolo squassato dall'interno e dall'esterno. Non solo la convivenza con le altre razze, ma persino quella con i loro simili è stata controversa. Pelleverde e Pellegrigia gli uni contro gli altri schierati in sanguinose faide interne conclusesi con l'esilio dei secondi che, seppur più sviluppati, vengono debilitati da un male assurdo ed inspiegabile che piega i loro giovani e li uccide quando ancora potrebbero avere un'intera vita innanzi. Costretti a fuggire, scacciati negli angoli più remoti del mondo solo perché diversi. Per niente. Mickey cade carponi, ansimando. Con l'occhio appannato vede a malapena il pavimento della tenda costellato da miriadi di luci che continuano ad esplodergli davanti agli occhi. Il mal di testa impazza furioso annebbiando per qualche istante ogni pensiero, prima di placarsi e permettere di riuscire a mettere a fuoco tutto. Gli ci vuole qualche istante per rimettersi in piedi e per mettere in fila il fiume di parole che vorrebbe scorrere fuori in un impeto a stento trattenuto. Mi muove a compassione ciò che tu ed il tuo popolo avete dovuto subire, Arghantares. Dice in tono angosciato. Per questo, Grysleer, ti offro il mio aiuto per aiutare la tua gente a rimanere in vita. Poi si sforza, cerca un sorriso ed a fatica un tono per sdrammatizzare. Per te, prezzi modici. Il Pellegrigia lo fissa con occhi sbarrati. « Qualcuno vuole sterminarci, ragazzo » dice, con un filo di voce « trovalo e rendici giustizia. » « Trovalo... vendicaci » sospira, lentamente « e la mia anima ti renderà lode da qualunque mondo esista dopo questo » Gli occhi sbarrati, la testa immobile. Arghantares, muore. Lascia questo mondo ed un'ultima, grande, volontà. Un'ultima, grande, responsabilità sulle spalle di un piccolo uomo. Sulle spalle di Mickey, il Tuttofare, che non conosce onore né vergogna, ma che per questa volta, lo giura a sé stesso, farà di tutto per tenere fede alla parola e donare pace all'anima di colui che lo ha iniziato alla causa dei Grysleer.
Tornato al dormitorio non trovò nessuno. Solamente un Grysleer che lo informò, con tono annoiato, che erano tutti in riunione in una grossa tenda che, a giudicare dalle indicazioni, era vicina al punto da cui era andato via esattamente poco prima. E che cazzo. Con il cuore greve il Tuttofare si avviò, raggiungendo la tenda e superando le guardie armate che questa volta non gli sbarrarono il passo. Prese posto a gambe incrociate in terra, accomodandosi su un enorme cuscino piatto e si apprestò ad ascoltare i discorsi di Gurghanosh e Geeste. La scoperta dei mercenari appartenenti al gruppo della Falce d'Oriente fece correre il suo pensiero al contenuto della sua sacca e gli fece benedire, in un attimo, l'attimo in cui aveva deciso per un volta di tenere la bocca chiusa e di non spifferarne a tutti il contenuto. Con gli occhi cercò Taliesin, che aveva perso di vista durante il suo errare in cerca del mezzosangue. Uno di cui potersi fidare, nel gruppo, ce l'aveva. Anche se non riusciva a farlo ancora del tutto, in ogni caso, aveva qualcuno a cui potersi rivolgere in caso di bisogno. Geeste portava avanti la sua trattativa col capo dei Grysleer e lì, nella tenda, il mormorio della folla che ascoltava si levò tanto alto da costringere Gurghanosh ad invocare il silenzio con un tonante pugno sul pavimento. La scena di lui e degli altri Pellegrigia che si sollevavano eretti per cedere al ricatto di Geeste, ma erti a difesa del proprio onore lasciò il Faccendiere senza parole. Erano mostruosi, enormi, così come le loro ombre che sovrastavano tutto e tutti, inghiottendo l'intero padiglione. Quattro prove, chiedevano. Quattro prove per dimostrare che la spedizione di Geeste era in grado di sopportare l'onore di decidere per il futuro dei Grysleer. Mickey si alzò, tremando. Non sapeva dove trovava la forza, né il coraggio, ma non poteva permettere a Geeste di decidere per lui. Se non avesse acconsentito a farle, lui le avrebbe affrontate. E mentre lo pensava, mentre si implorava, si supplicava, di restare in silenzio, sentì la sua voce dapprima tremante, poi perentoria. Acconsento. Mi sottoporrò alle vostre prove, ma badate bene. Prese un grosso respiro, prima di ammonire. Non costretto da voi perché uomo libero, né per il vostro onore perché vostro, e non il mio. Ma perché tengo fede al giuramento fatto al mio amico, Arghantares, a cui ho promesso sul letto di morte di aiutare, come posso, il suo popolo. E ora, il cuore tremante, pregava tra sé e sé che non decidessero di schiacciarlo come una noce.
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