Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fetiales; Thàr

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view post Posted on 7/9/2014, 21:58

Esperto
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Oltre la Barriera.

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Taanach, nel giardino del Tempio. Mezzanotte passata.


- Jaahya.

Il frinire placido delle cicale coprì quasi il sussurro della ragazza, che si sporse leggermente in avanti per avvicinarsi, strofinandosi nervosamente i palmi sudati nella tunica.

- Jaahya! - chiamò, poco più forte. Aveva il cuore in gola. Era notte fonda, e se qualcuno l’avesse sorpresa ad aggirarsi all’aperto...Scosse la testa, irritata. - Jaahya! Dove...AH!

- Sssht! Che ti prende, vuoi farmi beccare?

- Mi hai spaventata! - Amarantha si posò una mano sul petto, cercando di placare il respiro affannoso. Era una ragazza timida e riservata, e la luce della luna ne illuminava gli occhi sgranati che saettavano continuamente verso le finestre più alte dei dormitori, da dove si aspettava di veder sbucare da un momento all’altro il profilo aquilino di Agatha, la sorvegliante.

- Si può sapere cosa diavolo ci fai qui fuori nel mezzo della notte? - le sibilò di rimando la sorella.

- Ti seguivo! Devi smetterla di uscire di notte, ti sorprenderanno prima o poi, e ti cacceranno! Anzi, cacceranno tutte e due, solo perché io cercherò di tirarti fuori dai guai! Adesso torniamo dentro, prima che Agatha si svegli.

- Sei una cacasotto.

- Jaahya!

- Torna a dormire, io sto andando da Freya.

Un’ombra passò sul viso di Amarantha. Freya non le piaceva, era rozza e aveva una pessima influenza su sua sorella. Cosa ci trovasse Jaahya in lei, non era ancora riuscita a capirlo. Afferrò la mano della sorella, avvicinandola a sé per farla ragionare: al chiarore lunare, i loro volti identici sembravano il riflesso l’uno dell’altra in una pozza d’acqua.

- Ascoltami, sorella mia. - Aveva il tono paziente che una mamma usa con una bambina un po' discola. - Quella ragazzaccia ti farà passare dei guai, guai seri. Ho sentito dire che nel suo laboratorio non siano solo medicine e decotti quello che prepara con le erbe del nostro giardino. Ho sentito che le piace fare esperimenti con delle erbe che possono farti vedere cose che non ci sono, allucinazioni insomma, o addirittura spegnerti il cervello, e perfino ucciderti…

- Tranquilla sorella, quelle che uccidono non le fumo.

La voce argentina di Freya fece trasalire Amarantha, che arrossì per la vergogna e il dispetto: distolse lo sguardo scandalizzata quando si accorse del sottile e profumato filo di fumo che usciva dalla bocca della giovane erborista.

- Oh bene, passa un po’ qua! - esclamò Jaahya afferrando al volo il rotolino che stava fumando Freya. - E tu smettila di fare quella faccia - sbottò contro la sua gemella - Vattene a letto, dobbiamo parlare di cose serie.

- Non me ne andrò! - piagnucolò Amarantha indispettita. - Veglierò su di te perché tu non faccia niente di cui pentirti per colpa di questa...donnaccia!

Freya scoppiò in una rumorosa risata, sbuffando una nuvola di fumo inebriante in faccia alla novizia. - Che fuoco, la bimba! Dai, scendete nell’antro. - Poi abbassò la voce. - Ci sono cose grosse nell’aria.

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Il seminterrato in cui lavorava Freya era saturo di profumi di spezie e fiori. L’antro, come lei e le sue amiche lo avevano ribattezzato, era il suo luogo preferito al mondo. Jaahya si stravaccò su un pouf con familiarità, mentre sua sorella rimase un po’ in disparte ad osservare Freya che si accoccolava sul davanzale di una finestra come un gatto. Poi scelse una sedia che le sembrava meno lurida del resto della stanza e si sedette, a disagio.

- Allora, avete sentito la novità?

- Eccome! - esclamò Jaahya.

- Quale novità? - suo malgrado, Amarantha era curiosa e la sensazione di partecipare a un ritrovo illegale e pericoloso la mandava su di giri.

- Pare che la vecchia sia andata fuori di melone…

- Puoi dirlo forte! Deve aver perso qualche rotella facendosi tutti quei viaggi mentali...Dì la verità Freya, gliele procuri tu le erbe alla vecchia?

Le due amiche proruppero in una fragorosa risata sotto lo sguardo frastornato di Amarantha che non aveva capito una sola parola della conversazione. Che lingua parlava sua sorella? Non era certo quello il modo di esprimersi che veniva insegnato con severa disciplina alle Vergini.

- Vecchia? Melone…? Jaahya, di cosa…

- Sei una palla al piede, Amarantha! - esclamò sua sorella, che si morse le labbra mortificata.

- Dai Jaahya, non essere cattiva. Stiamo parlando di Madre Chrysotemis, Amarantha. - rispose Freya con gentilezza. Delle due preferiva senza dubbio la gemella più disinibita, ma la prima regola dell’antro era che nessuno doveva mai sentirsi a disagio là sotto. - Hai sentito quello che si dice in giro? Che dopo che è morta quella...donna...Sì insomma, la strega, no?, sembra che Chrysotemis voglia organizzare una specie di...come dire...crociata?

Amarantha scosse la testa. Era disorientata dalla disinvoltura con cui sua sorella aveva definito la loro superiora, e affascinata da quel clima da setta segreta a cui ora le sembrava di parecipare.

- Beh, lo sapete che Kajus ha le sue fonti...Insomma, lui sostiene che la vecchia abbia usato la Vista per quella disgraziata. E dice anche che quando si usa la Vista - abbassò la voce con l’aria di chi la sa lunga - si condividono visioni, ricordi, emozioni...Cioè in pratica la strega ci è rimasta secca e la vecchia si sente in colpa per quello che ha visto.

- Freya!

- Suvvia Amarantha, sbottonati un po’. Questa è la regola se vuoi stare nell’antro, va bene? - la rimbeccò Jaahya.

- Il problema è - continuò Freya - che pare ci sia qualcosa di molto misterioso e molto demoniaco che tormenti la vecchia. - fece schioccare la lingua in una grottesca imitazione dell’antica lingua demoniaca suscitando una risatina nervosa di Jaahya. - Pare che i segreti della strega arrivassero perfino al Buco del diavolo, non so se mi spiego…

- E tu come lo sai? - chiese Amarantha sbalordita.

- Kajus - risposero in coro Jaahya e Freya.

- Ma a quanto pare ti manca un pezzo di storia, fiorista da strapazzo - ammiccò Jaahya tirando una bella boccata al sigaro, e diffondendo un inebriante profumo di oppio in tutta la stanza. Amarantha si coprì la bocca e il naso con la mano, ma ormai la conversazione si era fatta troppo interessante per abbandonare quel postribolo.

- Da quanto ho sentito la vecchia ha deciso di passare all’azione - continuò Jaahya. - La cugina di Leeda conosce un tizio che è in rapporti con un vinaiolo che spaccia liquori alle guardie del Palazzo degli Ishtar. Che c’è? - protestò davanti agli sguardi vacui delle due interlocutrici. - Sono informazioni di seconda mano ma affidabili! Beh insomma - proseguì - una delle guardie giura di aver visto entrare la vecchia a palazzo per parlare con Khaeyman in persona.

- Sai che novità, le Madri entrano ed escono dai palazzi peggio che le putt…

- Freya, contegno! - gridò Amarantha scandalizzata.

- Certo, ma stavolta è diverso. Punto primo, la vecchia non è stata convocata, ha chiesto lei stessa udienza. Punto secondo, da stamattina ci sono i galoppini degli Ishtar che entrano ed escono dal tempio come se fosse casa loro. Punto terzo, la vecchia parla con loro.

Tacque, aspettandosi una reazione che non venne.

- Andiamo, quando mai si è vista una solennissima Madre reverendissima rivolgersi a un giannizzero come una qualunque lavandaia?? Ve lo dico io, alla vecchia si è fuso il cervello.

Freya tacque meditabonda masticando una foglia coriacea.

- Se tutto questo è vero...Sai cosa significa, vero? Io credo che la vecchia stia tramando qualcosa. Vuole mettersi in viaggio e ha chiesto sostegno ai triarchi, e a quanto pare il Drago è stato abbastanza pazzo da darle retta.

- Esatto! - esclamò Jaahya eccitatissima. - Si organizzano in gran segreto, ma le voci corrono, se sai come inseguirle. E non è tutto. Non ci va da sola.

- Chi?

- Come chi! La vecchia. Credo che Raven la accompagnerà.

- Ma non è possibile! - gridò Amarantha, stordita da tutte quelle novità. - Sarebbe un sacrilegio grandissimo, Raven non può rompere il voto di silenzio...E’ una donna senz’ombra, e se uscisse alla luce del sole l’ombra ce l’avrebbe eccome, e allora verrebbe meno al primo segno d’obbedienza, che è il…

- Risparmiaci il catechismo, grazie. - la interruppe Jaahya caustica. La sua voce adesso aveva preso un tono cospiratore. - E’ vero, Raven romperebbe un voto. Ma anche Chrysotemis sta rompendo i suoi, prendendo decisioni di sua volontà, seguendo un istinto misterioso…

- E io che pensavo che le Madri nemmeno l’avessero un istinto.

- Non vi sembra che la vecchia si comporti in modo strano?

- Beh sì, è uscita di zucca.

- Non lo so. - Jaahya si avvicinò alla finestra, lasciando che la luna le baciasse il volto, illuminandole i capelli corvini. - Ho sempre pensato che le Madri perdessero un pezzo della loro anima, quando indossano quella maschera. Sono sempre distanti e distaccate dalle cose terrene, non si può parlare con loro, non si può nemmeno nominarle se non per motivi rituali. E invece ora...Credo che Zaide abbia scosso qualcosa nel cuore della vecchia, per indurla a comportarsi così.

- Spesso le persone malvagie esercitano una cattiva influenza su coloro che dovrebbero mantenere la retta via. - sentenziò Amarantha calcando allusivamente le parole “cattiva influenza” e “retta via”.

- Che bacchettona che sei… - ridacchiò Freya rollando uno strano miscuglio di erbe in una foglia, leccandone poi un’estremità gettando uno sguardo lascivo verso la ragazza, che distolse immediatamente gli occhi.

- Io sto con lei.

Le parole di Jaahya si persero per un momento nell’aria, tanto che dovette ripeterle.

- Se lei parte, io non ci resto qua. Qualunque cosa sia scattata nel cervello della vecchia, o nel cuore o nello stomaco o dove diavolo le vecchie hanno i sentimenti, io voglio stare con lei e accompagnarla.

- Al...Al Bu…co...Bu-co... - Freya stentava a credere alle sue orecchie.

- ...del Diavolo. - completò Jaahya con disinvoltura.

- No! - Amarantha sgranò gli occhi, improvvisamente spaventata. - Tu non dici davvero...Non lasciarmi sorella mia!

- E allora vieni con me.

Freya strabuzzò gli occhi, gettando lontano lo spinello che aveva appena preparato. E poi avevano il coraggio di dire che era lei, quella strana…

- Parliamone, Jaahya. Stavolta Amarantha ha ragione, francamente, è una cazza…

- Va bene. - La voce di Amarantha tremava come la fiammella della candela dell’antro. Freya rimase senza parole, per la prima volta in vita sua.

- Va bene, verrò. Sei una testa calda, e hai bisogno di me per affrontare quel...quella...qualunque cosa ci sia là fuori ad aspettarti. Lo faremo insieme, come sempre.

Un tuono echeggiò in lontananza, come a suggellare quello strano patto tra due gemelle identiche, eppure così diverse.

- Ah no, non guardate me. Io me ne chiamo fuori. - borbottò Freya, voltando le spalle alle due ragazze per andare a coprire le rose appena sbocciate prima che diluviasse.
Ma lo fece per mascherare il profondo turbamento che le aveva provocato l’improvvisa piega che la serata aveva preso.
C’era qualcosa di strano nell’aria, ma aveva creduto che qualunque cosa fosse, sarebbe semplicemente passata sopra le loro teste, come sempre; e che loro se ne sarebbero rimaste nell’antro a fantasticare e spettegolarci sopra, come sempre.
Ma non stavolta.
Una sensazione di rabbiosa impotenza la pervase quando si accorse che i bruchi le avevano mangiato tutte le rose, e prese a strapparle con violenza, incurante delle spine che le penetravano nella pelle.
Tutto scorre.





Benvenuti nella quest Fetiales - Tẖạ̉r! Questo primo post, forse un po' inusuale per il carattere leggero che ho provato a dargli, è di fatto il primo post dei vostri nuovi compagni di viaggio. In questa giocata molti dettagli sono ancora aperti e ignoti, e da come agirete voi e i png presentati qui dipenderanno scelte molto importanti. Anche il ruolo del mio co-Qm, Oblivion, è solo in parte concordato: per buona parte le sue azioni mi sono sconosciute, e si uniranno alle incognite che incontreremo strada facendo.
La quest non sarà lunga né particolarmente complessa, ma vi chiedo attenzione nelle scelte che metterete in atto.

Nel vostro primo post, puramente narrativo, dovrete raccontare di come avete deciso di unirvi alla missione di Chrysotemis. Potete inventare png o chiedere direttamente a me di concordare dei dialoghi se pensate che i vostri pg possano aver ricevuto istruzioni direttamente "dall'alto" (come la stessa Chrysotemis, o pezzi grossi di Taanach). Sbizzarritevi senza timore. Il "punto di ritrovo" è un tempio abbandonato appartenente alle Vestali ma da tempo in disuso alla periferia di Taanach, a mezzanotte. Lì troverete Madre Chrysotemis (che come tutte le madri indossa una maschera che le copre interamente il volto e la testa; è una maschera che incute timore, tanto che sentirete una grande soggezione che sconfina a tratti nel terrore di fronte a lei. Sulla maschera, motivi ornamentali e piume ricordano le forme di un uccello, probabilmente una fenice), le due gemelle descritte in questo post (sui sedici anni, volti dai tratti mediorientali, grandi occhi neri e capelli corvini raccolti in una treccia) e Raven, della quale si occuperà Oblivion. All'esterno del tempio abbiamo a disposizione cavalli e un carro rifornito di provviste per il viaggio.
In questo primo turno di presentazione la turnazione è libera.
Per qualunque domanda, vi rimando al topic di confronto.
Buon divertimento e...Tẖạ̉r!
 
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Wolfo
view post Posted on 9/9/2014, 08:21





Fetiales
Thàr


Z18bS


- Amico mio, ti sto chiedendo molto. Troppo. - disse il vecchio sacerdote, non riuscendo a nascondere una nota di tristezza nella sua flebile voce. Estariol era sempre stato un tipo particolarmente pacato e riflessivo, ma quella notte non riusciva a trattenere la propria ansia.
Continuava a picchiettare le dita paffute sul bancone della taverna, mentre fissava Ged - il suo allievo - con uno sguardo preoccupato. Quest'ultimo, tuttavia, non sembrava particolarmente ansioso e riusciva a mascherare le proprie paure senza troppa fatica. Fu proprio lui ad interrompere il silenzio che si era creato, ammonendo il suo amico - e maestro - con gentilezza: - Tuttavia sei venuto fin qui a chiedermelo, Es... - disse con una punta di superbia - ...sai benissimo che posso farlo soltanto io. - La grande amicizia tra i due si basava sulle discussioni come questa; entrambi erano sinceri l'uno con l'altro e non mancavano mai di litigare se si trovavano in disaccordo.

- Ged, manderei qualcun'altro se solo... -
- ...se solo ci fosse un altro sacerdote del sole a Taanach. -, lo interruppe bruscamente Ged. Questa volta, il giovane pastore cercò di consolare il suo maestro: - Maestr... Estariol. - alzò la voce per catturare l'attenzione del Gran Sacerdote. - Non sono diventato un sacerdote per rimanere sotto la tua ala. - ponderò bene sulle prossime parole e, dopo un attimo di pausa, concluse: - ...sono entrato nell'Aurum per proteggere e salvare Theras. Non lascerò alle Vestali questo compito. Non mi fido di loro... e neanche tu. -

Estariol rifletté per qualche minuto, sentendosi fiero per l'uomo che Ged era diventato. Sorrise, dimenticandosi per un attimo ogni preoccupazione e abbandonando l'incertezza. - Sono fiero di te. Davvero. Un tempo avresti preferito la mia ala. -
I due iniziarono a parlare dei vecchi tempi; del primo addestramento di Ged e della sua investitura a sacerdote. Le ore trascorsero rapide e, prima che se ne rendessero conto, la mezzanotte era ormai vicina.
Il Gran Sacerdote Estariol si alzò, salutando il suo allievo con un cenno. - Sii prudente, ragazzo mio. - disse mentre si allontanava dal bancone, dirigendosi verso l'uscita della taverna. Una volta varcata la soglia e accertatosi che non ci fosse nessuno nei paraggi, il maestro sussurrò qualche parola e il suo corpo iniziò a svanire lentamente. Scomparve poi in una nube cristallina.

─ ─ ─

Mentre si incamminava verso il tempio, Ged non riusciva a fare a meno di chiedersi come avesse fatto il suo maestro a convincere Chrysotemis ad accettare un sacerdote del sole nella sua crociata. Sebbene non avesse mai visto l'anziana Madre, conosceva le Vestali e il loro culto. Delle adoratrici di un demone, delle abbiette che avevano gettato la propria anima nell'abisso. Rabbrividì al pensiero di dover collaborare con simili creature; le immaginava come delle donne adoratrici della lussuria, luride streghe schiave delle tenebre.
- Coraggio, Ged - ripeté a se stesso alla vista del tempio.

~

Il tempio era ammantato da una strana aura di tranquillità, unita a una sensazione di tensione quasi palpabile. L'anziana Madre attendeva davanti alla struttura, assieme a due gemelle e a un'altra misteriosa donna. Per un attimo il cuore di Ged sussultò, colto da un'improvvisa voglia di fuggire. Notò che le Vestali lo stavano fissando, probabilmente domandandosi chi fosse quell'impacciato viandante dagli abiti blu.
Riconobbe Chrysotemis, ipotizzando che fosse la figura dal volto coperto da una maschera dalle decorazioni che ricordavano vagamente le forme di un uccello (una fenice, forse?).
Il sacerdote tentò di interrompere quell'assordante silenzio. - Il mio nome è Ged... - disse senza riuscire a nascondere la sua voce tremolante - ...e pare che dovrete sopportare la mia presenza. - Cercò di essere spiritoso, almeno per conquistare il favore delle più giovani.
- Sono una sacerdote del sole, e mi è stato detto di accompagnarvi in questo ardua impresa. - socchiuse poi gli occhi, inspirando profondamente.
Concluse la sua piccola arringa con il sorriso, sperando di fare breccia in quel residuo di umanità che era rimasta nel cuore delle Vestali.



- Questa notte i demoni pregheranno ai nostri piedi. -



legenda

basso: 5% - medio: 10% - alto: 20% - critico 40%

Stato fisico: indenne;
Stato psicologico: indenne;
Energia: 100%;

CS: 3 (1 istinto / 2 astuzia);

Equipaggiamento: Lancia, armatura naturale;

Note: Ged si incontra con Estariol (o meglio, con una sua manifestazione) che gli comunica del piano di Chrysotemis. Il Gran Sacerdote ha convinto l'anziana Vestale ad accettare la presenza di Ged alla sua missione, nonostante le evidenti differenze dei culti a cui appartengono.
Tuttavia, Ged e Estariol temono che le Vestali abbiamo qualcosa in mente, e non si fidato a lasciarle andare da sole nel Buco del Diavolo.

Piccolo appunto: ho ignorato l'aura di "terrore" della maschera in virtù della difisa passiva psionica di Ged ^^

Detto questo, buona quest a tutti!


- - - - - - - - - -


Passive:

- Ged ha ereditato dalla prestigiosa razza dei draghi un intelletto sorprendentemente acuto, che gli permette di ricordare anche i più infimi dettagli del suo passato.

- Nel caso in cui Ged si dovesse trovare innanzi ad una illusione, indipendentemente dalla natura di quest'ultima, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola. Non si lascerà ingannare dalle più banali illusioni, riuscendo a distinguerle sempre per ciò che sono.

- Il sacerdote vanta di una normale difesa psionica passiva.

- Qualsiasi difesa ad area richiamata da Ged - che sia magica, psionica o fisica - vanterà di un potere difensivo pari al consumo speso.


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view post Posted on 14/9/2014, 01:56
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Studioso
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I suoi passi risuonavano lungo le vie di Vecchia Taanach. Il fisico tozzo e grassoccio che gli aveva fatto ottenere il soprannome di "Porco" tra i suoi pari di certo non lo aiutava granché, aveva già il fiatone. Ma non poteva fermarsi.
Anche se erano diversi metri più in là poteva sentire distintamente i bestiali versi degli abomini alle sue spalle. Erano orrendi a vedersi: grandi come dei segugi da caccia, avanzavano appoggiandosi alle loro quattro mani per aumentare lo slancio della corsa, schioccando la bocca, allungata ed irta di denti, tra un verso e l'altro. Un morso con quella e -ZAC- addio ad un braccio!
Nonostante fosse ad un passo dalla morte, non pote non notare che quei cosi avrebbero potuto raggiungerlo in qualunque momento eppure continuavano a ritardare la cattura. Saltavano da un muro all'altro, scattavano per un pezzo e poi si fermavano, si spintonavano tra loro, cose così.
Probabilmente si stavano divertendo un po prima di consumare il pasto. Oppure...
Il violento contatto con il metallo interruppe i suoi pensieri facendolo rovinare a terra alla svolta di un vicolo. Si premette le mani tentando maldestramente di tamponare il sangue che fuoriusciva dal setto ormai rotto, le labbra si alternavano tra un gemito ed una bestemmia. Posò gli occhi su ciò che aveva colpito e lo sguardo da irato divenne terrorizzato.
A pochi passi da lui stava Eliphas. Completamente avvolto come al solito in quella strano miscuglio di stracci e ferro, solo gli occhi, azzurri come il ghiaccio, erano visibili. E in quel momento erano talmente concentrati su di lui che cominciò quasi a sentire freddo. In mano stringeva un bastone di ferro dal quale stava togliendo alcune macchie di sangue. Dunque quel fanatico bastardo lo stava aspettando!

"Javân Ostâd."

Una voce gutturale si era levata alle sue spalle. Voltò la testa per poi emettere un grido strozzato strisciando verso il muro. Quelle disgustose creature, quelle che l'avevano seguito per mezza città, si erano fermate a mezzo metro da lui. Il primo della fila si era alzato in una sorta di posizione eretta e aveva cominciato a pronunciare strani versi come fossero un linguaggio comprensibile.

"Ma davidan. Ma khastegi. Ma tsordan ?"

Il Porco tremava vistosamente di fronte a quello strano scenario. Pareva quasi di osservare una scimmia che cercava di comportarsi da uomo. E nonostante non riuscisse a comprendere le parole di quell'essere, percepì comunque un senso di pericolo dalle stesse. Sensazione che aumentò notevolmente appena Eliphas rispose a quegli strani gorgheggi.

"Na baz!"

Due semplici parole. Bastarono quelle per gettare un luce assai tetra su di lui. Il Porco aveva sentito strane storie sui Discepoli del Sangue da altri che si erano messi in affari con loro ma lui li aveva sempre ritenuti dei semplici fattucchieri esaltati e in loro aveva visto una buona fonte di guadagno: trovava qualcosa di strano che nessun altro voleva, lo vendeva a loro e ci faceva su un po di grana.
Ma ora che aveva visto, ora che aveva sentito...ora sapeva che quelle voci erano vere. Quei folli figli di puttana se la facevano con i demoni!
Lo stregone si abbassò su di lui poggiandosi su un ginocchio, gli occhi fissi nei suoi. Quel moccioso aveva la metà dei suoi anni eppure era in grado di metterlo in soggezione con una facilità disarmante.

"Ci tenevamo a quel teschio, Farid."

Un attimo di silenzio. Il Porco rimase scosso; prima di tutto per il fatto che nessuno a parte quei cazzo di maghi, forse per differenziarsi dalla "feccia" di Taanach, lo chiamava con il suo vero nome. Inoltre non gli veniva in mente nulla riguardo a teschi o robe del genere.

"E-eliphas...io non capisco...di cosa..."

Un violento pugno sul ventre lo lasciò a boccheggiare sul terreno.

"Il teschio decorato, idiota!"

D'un tratto frammenti di memoria tornarono a sprazzi: un vecchio tunnel, un teschio con alcune incisioni, una visita al mercato nero, un borsello pieno di monete.

"Pensavo avessimo un accordo, Farid, ma evidentemente mi sbagliavo! Cos'è?! Volevi qualche soldo in più, viscido pezzo di merda?! A CHI L'HAI VENDUTO ?"

Le ultime parole furono accompagnate ciascuna da un poderoso calcio. Il Porco era ormai ridotto ad un corpo gemente piegato su sé stesso. Appena ebbe abbastanza aria nei polmoni cercò di rispondere subito per evitare altri colpi.

"Non lo...so! Pensavo fosse uno dei vostri..."

Eliphas emise quello pareva a tutti gli effetti un ringhio. Forse quello stronzo a furia di passare il tempo con i demoni ne era uscito pazzo.

"Conterò fino a tre e se non mi dici qualcosa d'interessante, vorrà dire che sei più utile da cena che da Agente!"

Indicò per un istante le bestie al suo fianco e quelle presero a ruggire. O stavano ridendo? Difficile a dirsi...

"Uno! Due! Tr..."

"Aspetta! Aspetta! Aspetta! I-io non so a chi ho dato il teschio ma...forse ho qualcosa che potrebbe interessarti!"

Il giovane stette zitto così lui continuò a parlare. Gli spiattellò tutto ciò che aveva saputo da alcune fonti sulla missione delle Vestali. Non sapeva come quella informazione potesse tornare utile allo stregone ma al momento non gliene importava granché, voleva solo dirgli qualcosa per farlo stare calmo e salvarsi la pelle. Aveva semplicemente fatto il collegamento demone e fanatico sperando che bastasse quello.
Appena ebbe finito di parlare calò un silenzio inquietante. D'un tratto Eliphas si voltò e cominciò ad allontanarsi in tutta tranquillità.

"Interessante.
Na bayd mândan byshn."


Di nuovo non capì cosa lo stregone avesse detto in quella strana lingua. Forse aveva richiamato i suoi cuccioli.
Tuttavia quelli rimanevano vicini. Troppo vicini.
Capì troppo tardi ciò che stava per accadere e le sue grida furono tappate sul nascere appena gli strapparono la trachea.
9vgNB
Dunque era vero. Le Vestali si muovevano verso Sürgün-zemat.
I suoi occhi serpeggiavano nelle ombre osservando il gruppo che si stava formando. In principio pensava che quella non fosse nient'altro che una menzogna inventata da Farid per salvarsi; già da tempo aveva manifestamente dichiarato all'Arcistregone Huron i suoi dubbi sullo sfruttare quella feccia per missioni sacre e la perdita di quella preziosa reliquia ne era la prova. Tuttavia dovette ammettere che almeno per una volta le informazioni del "Porco" lo avevano condotto a qualcosa di utile: qualunque potere si nascondesse in quelle terre desolate doveva essere suo. Quelle patetiche eretiche non avevano la minima possibilità contro le forze che Baathos ospitava. Non le comprendevano, non potevano apprezzarle. E nell'improbabile possibilità che fossero riuscite nell'impresa il loro miserabile culto avrebbe stretto ancor di più la sua presa sulla stupida popolazione dell'Akeran.
Non poteva permetterlo.
Un piede dopo l'altro avanzò verso quella ristretta compagnia di religiose. Un figura completamente ammantata da un lungo mantello marrone, il bastone fissato dietro la schiena.

"Fermo! Chi sei ?

Una Vestale si era fatta avanti, una ragazza più giovane di lui dai capelli corvini. Avrebbe voluto strozzare in quello stesso istante quell'empia creatura e mostrarle come il suo debole dio non potesse aiutarla ma si limitò a fare il più cordiale dei sorrisi.
Si scoprì il volto dal cappuccio e si sentì un po nudo nel farlo; mostrava raramente la sua pallida pelle agli estranei al Circolo tenendolo sempre coperto con un ammasso di stracci. Ora però doveva recitare un'altra parte, un'altra persona, come mostravano i suoi abiti: l'armatura era sempre presente ma sotto vestiti comuni, del medesimo colore del mantello, dalle ampie maniche, per poter celare e sfoderare la Lama a suo piacimento.
Si piegò in un inchino rispettoso cercando di non pensare a chi aveva davanti.

"Mi chiamo Robert, mia signora.
Le voci corrono a Taanach e mi giunta voce delle vostra crociata. Il mio villaggio...fu sterminato durante la guerra dai demoni. Non agisco per nobili ideali, me ne rendo conto ma so combattere e vi assicuro che non sarei un peso! Vi prego..."


Nel parlare i suoi occhi si erano brevemente posati lungo il resto del gruppo, soffermandosi soprattutto su quella che doveva essere Madre Chrysotemis. Riportò lo sguardo sulla giovane cercando di non mostrare il suo timore. Quella donna, quella sua stupida maschera, gli davano una spiacevole sensazione di soggezione. Come se lei sapesse...
Si sforzò di mantenere la calma e si concentrò sulle parole della sua interlocutrice.

"Crociata...Che parolone!
...
Lo sai che non ne usciremo vivi, vero?"


La sua bocca si piegò in un sorriso triste, adatto alla scena.

"La vita è sopravvalutata!"

Lei non disse niente limitandosi a guardarlo un po stranita ma sorridendo comunque con la dolcezza che solo una giovane può mostrare.
Lui sorrise di rimando pensando a quanto sarebbe stato piacevole il momento in cui le avrebbe tagliato la gola.




Eliphas


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

CS: Intelligenza/2 - Determinazione/1

Fisico: Illeso

Mente: Illeso

Energia: 100%


Passive:
- Non sviene sotto il 10% di energia
- Evoca istantaneamente
- 1 CS alla Forza a tutte le sue evocazioni
- Le evocazioni possono usare le sue tecniche attingendo alla sua energia

Attive:


Note:

La prima parte del post sfrutta il pov di Farid "Il Porco", uno degli Agenti dei Discepoli del Sangue(il Circolo di Eliphas), che gli fa avere le informazioni sulla missione delle Vestali. La seconda parte usa il pov di Eliphas stesso ed è uguale a ciò che abbiamo fatto in confronto.
Ecco le traduzioni della Lingua Demoniaca Antica:
- Javân Ostâd. --> Giovane Maestro.
- Ma davidan. Ma khastegi. Ma tsordan ? --> Noi correre. Noi fatica. Noi mangiare?
- Na baz! --> Non ancora!
- Na bayd mândan byshn. --> Non devono rimanere resti.


 
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Roderith
view post Posted on 14/9/2014, 18:16




-- Thàr --






<< Padre, manca ancora molto? >> chiese la giovane stringendosi nelle larghe vesti mentre, con leggerezza, volse il capo in direzione del cielo sul quale iniziarono a comparire le prime stelle.
<< Non mi avevate messo in guardia dal freddo.. Sino a poche ore fa dovetti bere un’oncia d’acqua ogni cinque minuti per non crollare con la faccia nella sabbia -tanto era il caldo- mentre ora.. >>
<< Tieni. >> la interruppe con dolcezza e con un sorriso Roderith, sul cui volto si poteva scorgere un accenno d’ironia nel posare sul capo della figlia il proprio pesante cappuccio da viaggio che presto, non senza difficoltà -tanto era sproporzionato all’esile figura della ragazza-, la giovane si sistemò in modo da lasciar trasparire solamente le due grandi gemme ambrate che ne formavano gli occhi. L’aria era innegabilmente fredda ed anche sotto le grandi vesti dell’ordine il vecchio monaco poté avvertirne il gelido tocco. Era da tempo che non provava qualcosa di simile; l’aria che gl’invadeva i polmoni donava la stessa sensazione di quella respirata dopo aver masticato delle foglie di menta e, tanto più questa era fredda, tanto più pareva essere pura. Nonostante tutto, a differenza della protetta, il custode trovò quel clima assai piacevole.
<< Te l’avrò detto almeno dieci volte di portarti qualcosa di più pesante per il viaggio Seli. A differenza dei manti erbosi sui quali tanto ami dormire e dei ciottoli che costellano le strade cittadine, la sabbia del deserto non trattiene il calore del sole. Questo il motivo dell’elevata escursione termica tra giorno e notte. >>
<< Escur-ché? >> chiese Selene con aria distratta, guardandolo con occhi ridotti a due fessure per il sonno.
<< Escursione. >> ribadì Roderith rassegnato. La giovane monaca disponeva di un’intelligenza sopraffina, tuttavia quando in preda alla fame o alla stanchezza, non esisteva modo alcuno di focalizzare la sua attenzione su nulla.
Passarono un paio d’ore quando i due pellegrini poterono scorgere i primi focolai, prima celati all’ombra d’una grande duna sabbiosa. Roderith contrasse i muscoli della schiena indolenzita dal viaggio mentre la giovane lo guardava con sguardo speranzoso ed esausto da sotto il pesante cappuccio.
<< È quello padre? Vi prego, ditemi che è quello, non ce la faccio più. >>
Il custode inspirò a fondo.
<< Amashke, sì, siamo arrivati. >>
La locanda di Amashke era grande, calda, accogliente ed affollata, al contrario delle strette, fredde, buie e vuote stradine che si diramavano lungo tutto il villaggio. Sembrava che ogni singola capanna si fosse svuotata per riversarsi all’interno di quell’animato locale il quale, trascorso poco tempo, si scoprì essere così colmo di vita grazie all’ufficiare di un fidanzamento. I due monaci godettero con piacere della compagnia e dell’allegria che aleggiava nell’aria, specialmente dopo quel viaggio estenuante. In particolare, la prima ballando in cerchio, tra risa e canti, con le ragazze –ma soprattutto con i ragazzi- del villaggio, mentre il secondo intrattenendosi con le guardie in riposo e divertendosi, in qualche modo, a guardare storto e severamente qualsiasi sfrontato pensasse di avvicinarsi troppo alla bella monaca, facendolo subito desistere da qualsivoglia intento. Trascorsero un paio d’ore e né il dolce odore del vino che permeava l’aria né le sfavillanti fiamme delle decine di torce appese alle pareti parevano aver perso d’intensità. Nonostante il vigore concesso dall’alcol e dai festeggiamenti, sia il vecchio monaco sia –sorprendentemente- la giovane figlia, iniziarono ad accusare tutto il peso del lungo viaggio. Sebbene il lieto evento avesse rinfrancato i loro spiriti, aveva altresì contribuito ad occupare ogni singola stanza della locanda, costringendo i due viandanti a guardarsi attorno alla ricerca di un’alternativa ove passare la notte al riparo dal freddo del deserto.
<< Forza Seli, vediamo se riusciamo a trovare una stalla da qualche parte. >>
<< Sapete padre, questa volta ci avevo quasi sperato.. >>
<< A cosa ti riferisci? >>
<< Al non passare un’altra notte tra il fieno e la puzza di cavallo. >>
Roderith la guardò con un sorriso divertito mentre portava la mano verso la porta cigolante della locanda:
<< Oh beh, cosa proponete principessa? >>
Selene non fece tempo a rispondere che, nell’istante stesso in cui il maestro aprì la porta dinnanzi a lei, una folata gelida la investì, facendole sfuggire un sorpreso gemito trattenuto a stento grazie ad una mano portata davanti alla piccola bocca, e costringendola a ripararsi dietro la grande figura del custode.
<< Oh che cavolo padre! >> fece con tono vagamente di rimprovero stringendosi al contempo alle vesti del monaco per evitare il freddo della notte.
<< Ebbene? >> Rispose il custode in tono paziente ma divertito.
<< Mmm.. Due vicoli più a nord mi sembra di aver visto una stalla per gli asini.. >> Il tono tentava di apparire sicuro ed impassibile, per il semplice gusto di non dar soddisfazione al fù-cavaliere, tuttavia le braccia tremanti tradirono il suo intento.



Mossero i primi passi fuori dalla locanda dove il fragoroso frastuono nel quale fino ad una attimo prima erano immersi, divenne improvvisamente ovattato quando la porta di legno dell’edificio si chiuse alle loro spalle. Le stelle e la luna erano ancora là, splendenti nel buio cielo esattamente come le avevano lasciate, così come il freddo penetrante tutt’attorno a loro. Prima che svoltassero al primo vicolo, una voce femminile alle loro spalle ne attirò l’attenzione.
<< Maestro.. >>
Un’esile figura avvolta in bianche vesti uscì timidamente dall’ombra di una capanna poco distante. Roderith si voltò meccanicamente all’udire del titolo con il quale chiunque -tranne la sua Selene- era solito chiamarlo.
<< Sì? Cosa desiderate signorina? >> chiese con aria incerta ma affabile.
<< Salve maestro.. Ecco.. Io..>>
<< Catlyn! >> la voce di Selene, carica di gioia ed euforia, ruppe l’imbarazzo della conversazione, accompagnando l’abbraccio della monaca alla candida figura.
<< Ciao Selene. >> rispose la ragazza con un sorriso, ricambiando dolcemente l’abbraccio seppur con minor enfasi della custode.
<< Catlyn..? >> Il maestro assunse un’espressione interrogativa nell’osservare il volto della ragazza, parzialmente celato dalle vesti della figlia.
<< Oh Catlyn! Sei davvero tu? Quale magnifica sorpresa! >> Roderith sfoderò il più caldo e gioioso dei propri sorrisi nel pronunciare quelle parole.
<< Vieni qui ragazza mia, fatti abbracciare da questo vecchio monaco! >>
<< Ciao maestro. >>
Catlyn affondò il volto felice ma imbarazzato nel grande petto del custode, assaporando quella sensazione dimenticata da tempo. Dopo qualche momento, Roderith l’allontanò dolcemente e le prese il volto tra le mani possenti.
<< Guarda come sei cresciuta.. Sei identica a tua sorella.. >>
<< Esmerelle.. Come sta maestro? >>
<< Sta bene piccola, sta bene.. Le manchi molto. >>
<< Lo so.. >>
<< Dove sei stata tutto questo tempo Cat? Come sei giunta fino a qui? >> Chiese Selene, restata in disparte fino a quel momento, con un sorriso splendente quanto le sue iridi.
<< Dunque sei una vergine? >> Chiese perplesso Roderith nell'osservare le vesti di quella che una volta fu sua allieva, come senza accorgersi della domanda posta dalla figlia.
<< Padre! >> Proruppe la giovane rossa in volto, << Vi sembrano domande da porre ad una ragazza?! >>
<< No, no Seli va tutto bene, si riferiva al mio titolo >> intervenne conciliante la giovane ex-monaca,
<< Sono una vergine dell’ordine delle vestali, esattamente come tuo padre è maestro dell’ordine dei custodi. >>

<< Oh.. Em.. Devo aver frainteso.. >> concluse incerta la giovane poggiando lo sguardo imbarazzato al suolo.
Il maestro rimase ancora qualche istante a meditare sulla risposta di quella che un tempo fu sua protetta quindi, l’espressione interrogativa che ebbe in volto sino ad un istante prima, si trasformò in un dolce sorriso.
<< Hai dunque trovato ciò che tanto cercavi piccola? >> chiese con la sua calda voce.
<< Sì maestro. >> rispose ricambiando il sorriso.
<< Non sono più tuo maestro Catlyn, chiamami Roderith. >>
<< Voi sarete sempre mio maestro, Roderith >>
Vi fu un istante di silenzio, come se nessuno dei tre necessitasse di alcuna parola per esprimere ciò che stava provando. Fu Selene infine a prendere parola.
<< Cat, che ci facevi qui fuori al freddo? >> Si strinse nuovamente alle vesti del maestro; la giovane in bianco, contrariamente a lei, non pareva soffrire minimamente il gelo del luogo.
<< Ecco.. io.. >> abbassò nuovamente lo sguardo, il timbro della voce si fece nuovamente imbarazzato.
<< Io ho bisogno del vostro aiuto.>>
<< Del nostro aiuto? >> chiese Selene con fare incerto.
<< Si.. >> calò il silenzio per quello che parve un istante interminabile, silenzio rotto dalla profonda voce del custode.
<< Prego Catlyn, continua. >> La difficoltà della ragazza nell’esprimersi su quell’argomento era fin troppo palese, pertanto il monaco aggiunse pacatamente: << Prenditi tutto il tempo necessario. >>
La giovane vestale fece un respiro profondo, si sforzò di alzare lo sguardo da terra -seppur evitando quello del maestro- e riprese il proprio discorso.
<< Si tratta della mia nuova maestra, la venerabile Chrysotemis. Ha da poco assistito alla morte di una donna e ne ha ascoltato il desiderio ultimo, desiderio che si è prefissata di realizzare. Sta imbastendo quella che alcuni vociferano possa essere una vera e propria crociata, nel nome di quella che gli stessi vociferano essere stata una strega. La meta di tale spedizione sembrerebbe trattarsi del buco del di.. >>
<< “Il buco del diavolo”, conosciuto all’ordine come “la frattura del sud” o “la Seconda” >> sentenziò Roderith nella cui voce e serietà Selene poté scorgere qualcosa d’ignoto, un rigore talmente assoluto da sembrare quasi alieno e dubitava che la pericolosa meta menzionata dall’amica potesse esserne la reale ragione.
<< Esattamente >> proseguì la giovane, << La frattura del sud. >> Una raffica di vento alzò della sabbia, facendola volteggiare sibilando tra i tetti del villaggio dormiente.
<< Non voglio che pensiate che mi voglia approfittare di voi maestro, non era davvero mia intenzione. Ero stata mandata a cercare aiuto da alcune mie consorelle preoccupate come me per le sorti della nostra madre superiora e l’avervi trovati qui, in queste circostanze, non può che essere un segno del divino.. Vi prego maestro, so di chiedervi molto ma Chrysotemis, dietro la maschera spaventosa ed il comportamento intransigente, è una donna buona e giusta e non voglio che le cap.. >>
<< Dove dobbiamo recarci? >> il tono fu lo stesso di qualche istante prima e nuovamente non sfuggì a Selene; avrebbe voluto chiedere al padre il perché di quella risposta affrettata, poco ponderata e decisa ma avrebbe, sopra ogni altra cosa, voluto scoprire il motivo per il quale il suo sguardo si era fatto improvvisamente così distante, assente. Ma non lo fece, si limitò ad osservare non sapendo come comportarsi di fronte ad una scena simile.
<< Dite davvero maestro? Oh sia ringraziato l’unico! >> i grandi occhi della ragazza brillarono nell’oscurità della notte, << Non potrò mai ringraziarvi maestro, mai. >>
<< Non ce n’è bisogno tesoro, al massimo prova a convincere le tue venerande madri a concederti il permesso di visitare il tempio e salutare tua sorella di tanto in tanto. >> Il tono del custode voleva essere accomodante, tuttavia quella distanza nello sguardo ne tradiva lo scopo. La giovane tuttavia, in preda all’emozione, non parve accorgersene.
<< Lo farò maestro >> sorrise infine. << A sud di qui vi è un tempio.. >>



<< Eccoci >> Sentenziò il custode nello scorgere le deboli fiaccole che con la luce tremolante tentavano d’illuminare l’entrata del rudere.
<< Guardate, ci sono delle persone. Alcune sembrano indossare le stesse vesti di Cat.. Dite che siano loro? >>
<< C’è solo un modo per scoprirlo piccola, andiamo. >>
Non appena le loro figure si poterono distinguere nel buio della notte, i due monaci sentirono gravare su di loro gli sguardi incuriositi e talvolta ostili dei presenti. Ci volle qualche istante prima che una giovane sacerdotessa, probabilmente coetanea della futura maestra custode, fece cenno agli altri di stare tranquilli e si avvicinasse ai due viandanti con un dolce sorriso in volto.
<< Bentrovati custodi.>> Esordì dopo un rispettoso inchino.
<< Ho saputo del vostro arrivo maestro. Siete il benvenuto e che T’al e tutti gli dei ci guidino. >>
Selene ricambiò a sua volta con un inchino elegante ed il sorriso sulle labbra mentre Roderith, dopo un istante, rispose:
<< Vi ringrazio per la cortesia della vostra accoglienza giovane signora, mi potreste indicare dove si trova la vostra veneranda madre al momento? Avrei bisogno di.. >> Il vecchio monaco volse lo sguardo in lontananza e la vide, vide l’enorme maschera piumata fissarlo con occhi vuoti, privi d’espressione ed umanità. Se ne stava immobile Chrysotemis, a fissarlo da lontano come una giudice, cercando con quello sguardo di penetrare la sua stessa essenza, in cerca di chissà quale segreto albergante nell’animo del vecchio monaco. Sentì il bisogno di distogliere lo sguardo, di sottrarsi al terrore che s’imponeva sulla sua volontà come un macigno, ma non lo fece; era troppo vecchio e aveva visto troppe cose nella sua vita per lasciarsi sopraffare da una nera maschera piumata. Sostenne lo sguardo dell’anziana sacerdotessa per diversi attimi, la sua espressione si fece seria e vagamente ostile -sebbene nel suo animo non albergasse nessun sentimento del genere nei confronti della donna- e raddrizzò la propria postura accanto all’enorme reliquia dell’ordine che portava presso sé, come a voler sostenere quel tacito duello di pensieri con pari autorità. Selene non fu abbastanza forte e non riuscì a sostenere la visione della vestale, riversando leggermente ansimante il proprio sguardo a terra e mordendosi le morbide labbra per evitare di scomporsi dinnanzi alla giovane che li aveva accolti. Proprio per evitare scortesie verso la stessa, Roderith distolse in fine lo sguardo per posarlo nuovamente sulla giovane sacerdotessa.
<< Perdonatrmi, non sarà necessario. Prendo umilmente congedo candida fanciulla e, con il vostro benestare, attenderò assieme a mia figlia, accanto al tempio, il momento in cui deciderete di partire. Il viaggio è stato molto faticoso, spero comprenderete.. >>






Ok eccoci!
So di averlo fatto forse eccessivamente lungo, spero di non avervi annoiato!

Faccio un piccolo appunto: Roderith riesce a sostenere lo sguardo di Chrysotemis grazie alla sua difesa psionica "Dominio della Mente: Chiaro Pensiero", difesa psionica di potenza MEDIA. (non riporto ancora lo specchietto con i consumi solamente perché presumo che tra i preparativi e il viaggio, Roderith avrà tempo sufficente a disposizione per riposare e per recuperare quel 10% di energie utilizzate dalla tecnica.

Se suppongo male, provvederò immediatamente ad inserire lo specchietto con i relativi consumi =)
 
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view post Posted on 15/9/2014, 05:23
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Suzushikei
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Dalle nebbie del passato...

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Fetiales

Tẖạ̉r
ثار
Scena Prima


Perché... «...چون...»
...Perché... «...چون...»
...Perché... «...چون...»
...Perché... «...چون...»
...Perché... «...چون...»
...Perché... «...چون...»
Ma nessuna risposta raggiunse il mio animo devastato.
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«Parlato (Umano)» «Parlato (Avatar)» Pensato Narrato



Ero scivolato in un sonno senza sogni. Un bene per chi mi era stato accanto in quelle ultime travagliate ore, sopportando un dolore che non competeva loro. Non so quando era accaduto, se per sfinimento o perché avevo perduto i sensi. L'aura demoniaca, che si era riversata come una marea inarrestabile, aveva sfibrato il mio fisico. La notizia della sua morte aveva innescato una regressione al mio stato corrotto, perdendo le sembianze umane. Non riuscivo più ad esprimermi in un linguaggio che Mariha e Sullivanyus potessero comprendere. Dalla mia voce proveniva un'unica parola nella lingua antica, modulata in un'intensità sempre più crescente. Una cantilena che non aveva una fine, una disperata richiesta del perché Zaide fosse morta.
Era stato estenuante, una difficile lotta contro me stesso per non sprofondare nel baratro, cercando di mantenere la lucidità nonostante la profonda sofferenza che mi trafiggeva il cuore. Non volevo che la mia famiglia rischiasse di essere ferita per colpa mia, non volevo tornare ad essere uno strumento di distruzione. Ma era difficile non assecondare la natura con cui avevo convissuto per tempi immemori. Volevo, desideravo ardentemente una vittima, un responsabile su cui sfogare la mia ira, il dolore di non essere riuscito a salvarla.
L'ultima cosa che ricordo fu un delicato abbraccio, un calore che si faceva strada verso il mio animo devastato, un affetto che mi avvolse ed io...

...io mi lasciai cullare...
...come un bambino in cerca di conforto...


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I raggi di un sole pigro, celato dalle nuvole, mi destarono. Il volto era bagnato dalle lacrime che avevo versato, lacrime miste alle gocce di pioggia filtrate dalle travi sconnesse del soffitto, troppo malandato per essere riparato con strumenti di fortuna.
Sollevai il braccio lasciando che il dorso della mano sfiorasse la fronte, come a voler proteggere i miei occhi stanchi da quell'improvviso lucore. Ero disteso sul letto con ancora indosso i vestiti del giorno prima, le ali che avvolgevano il mio corpo come una coperta di piume.
Mi misi lentamente a sedere sul bordo, osservando i segni della devastazione. Il muro era sbrecciato in alcuni punti, riportando i segni dei continui pugni che avevo inferto fino a quando il sangue non aveva macchiato il pavimento. Le mani erano state bendante e se chiudevo le dita potevo avvertire fitte di dolore. Nulla in confronto a quello che attanagliava il mio cuore, ma se Mariha non mi avesse fermato, fino a dove mi sarei spinto?
Il mio sguardo vagò per la stanza soffermandosi dapprima sulla tavola ancora apparecchiata, il mio piatto coperto da una tovaglietta a quadri.
Non avvertivo alcuna presenza. Mariha e il cucciolo non erano in casa. E come potevo dar loro torto?
Feci leva con le mani per alzarmi in piedi, incurante del dolore, avvicinandomi alla porta. Toccai con i polpastrelli della mano destra le scanalature che avevo creato, conficcando le mie piume nel legno, come fosse diventato il bersaglio del mio insensato sfogo.
Le stesse ali si stavano ancora rimarginando per ripristinare le piume che avevo perduto.
Inspirai profondamente, poggiando la fronte contro la porta.
Non sarei mai stato libero dalla mia eredità demoniaca. Non fino a quando si sarebbe nutrita di quei sentimenti che non ero riuscito a confessare neanche a me stesso, del rimpianto di non aver mai avuto il coraggio di parlare a cuore sincero di cosa provassi per Lei. Un sentimento che non era condizionato da quell'aura di timore e di attrazione che la circondava in ogni istante della sua vita. Era pericolosa, letale, eppure io non riuscivo a vedere la Strega di Taanach, ma semplicemente la donna di nome Zaide.

Kirin, veniamo con te!
Mariha sembrava intenzionata a non cedere, fissandomi con uno sguardo serio. Le escoriazioni sulle mani si erano rimarginate in fretta grazie ai bendaggi con misture a base di erbe medicinali. Non le avevo chiesto come se li fosse procurate, sospettavo fosse riuscita a convincere una delle guaritrici del Tempio ad aiutarla.
Ero tornato me stesso, l'umano che desideravo essere, ma portavo ancora nell'animo le cicatrici prodotte da quel dolore che non riuscivo a soffocare.
«Vi assicuro che non farò nulla di avventato. Voglio solo sapere come è morta. Non crederete che ce lo debbano? Le abbiamo affidato Zaide nella speranza che guarisse e loro non si sono degnate neanche di farci assistere al suo funerale. Cosa dovrei pensare? Come credete che mi senta?»
Incrociai lo sguardo della ragazzina.
Per questo veniamo con te. Sappiamo quanto tu stia soffrendo. Non pensare che non comprendiamo il tuo dolore, ma... Kirin... trasformarti in demone, non risolverà nulla, non placherà la tua coscienza. Hai lottato contro te stesso per diventare una persona diversa, combattendo una natura che non comprende l'altruismo, la bontà. Se lasci che il dolore ghermisca il tuo cuore, perderai ogni cosa. E non penso che Zaide l'avrebbe voluto. Non lo credi anche tu?
Annuii. Aveva ragione. Quella bambina riusciva a dire ogni volta la cosa giusta, forse non quella che avrei voluto ascoltare, ma quella che mi avrebbe fatto tornare me stesso. Mariha e Sullivanyus erano le mie ancore di salvezza: la loro presenza mi avrebbe sempre ricordato quanto fosse importante per me essere “umano”.
«E sia! Hai vinto... Avete vinto.»

Il Tempio delle Vestali era presidiato da una guarnigione, probabilmente inviata da qualcuno di potente in città. Facendoci strada tra la folla, tenendo per mano Mariha per evitare che venisse separata da me e dal cucciolo che mi si era aggrappato sulle spalle, mi resi conto di quanto sarebbe stato complicato cercare di ottenere informazioni. La notizia della morte della “Strega di Taanach” si era sparsa in maniera incontrollata, attirando una massa di curiosi che sembrava voler approfittare dell'occasione per fomentare tumulti. Alle mie orecchie giunsero imprecazioni sulle Vestali in un linguaggio un po' troppo colorito, non propriamente adatte ad una bambina. Chi le accusava di aver nascosto la strega, chi trovava solo il pretesto di gettare fango sulla loro reputazione. Qualcuno le accusò di essere adoratrici dei demoni, donne di dubbia morale e altri epiteti che avrei preferito non ricordare. Forse era stato un bene che mariha fosse riuscita a bloccarmi a casa. Probabilmente non mi sarei limitato a dei semplici insulti. Questa consapevolezza mi faceva stare male. Perché quando si trattava di Zaide, il mio autocontrollo veniva meno?
Arrivati davanti le guardie, cercai di attirare l'attenzione di una di loro.
«Mi chiamo Kirin, sono la persona che ha portato Lady Zaide al Tempio. Vi chiedo di permetterci di entrare per conferire con una delle guaritrici. Vorremmo sap...» Qualcuno mi diede una spinta e mi ritrovai quasi in braccio ad uno dei soldati.
Ragazzino, vattene! Mi intimò l'uomo, sulla trentina, che mi sovrastava sia in altezza che in corporatura, respingendomi indietro senza troppe premure con l'impugnatura della lancia corta. Non mi importa chi tu sia o cosa tu abbia fatto. Abbiamo l'ordine di non fare entrare nessuno, soprattutto i compagni della Strega.
Rimasi allibito dal tono sprezzante con cui aveva pronunciato l'ultima parola, un misto di timore e di disgusto. Per quanto fossi sicuro che mi avesse riconosciuto, forse dalla descrizione fornita da una delle Vestali, non mosse un dito per permetterci l'accesso.
Mi sentii stringere la mano con tutta la forza che la bambina poteva disporre.
Kirin... torniamo indietro... mormorò.
Aveva ragione, ma restati ancora per alcuni istanti davanti il soldato, fissandolo con uno sguardo non propriamente pacifico.
Poi lentamente indietreggiai, cercando una via d'uscita che ci evitasse di essere sballottati dalla folla.
Sbucammo in una via laterale che costeggiava l'edificio, riprendendo entrambi fiato, mentre il cucciolo planava tra le braccia della bambina.
Perdonami Kirin, ma se fossimo restai lì... le accarezzai gentilmente la testa.
«Non devi scusarti... Hai fatto bene.»
Guardai la massa di gente alle nostre spalle con un'espressione di sconforto.
Ragazzi, da questa parte... Ci voltammo in direzione della voce. Da una porticina, nascosta da dei rampicanti, aveva fatto capolino una giovane. Presto, prima che si accorgano di questo ingresso! Esclamò, facendoci segno di entrare.
Scivolammo di corsa oltre la porta, senza farcelo ripetere una seconda volta.
Kirin, giusto? La osservai sorpreso. E tu piccola sei...
Mariha... e lui è Sullivanyus... rispose la bambina, precedendomi, come se sentisse di potersi fidare di quella misteriosa ragazza.
Non stupirti. Il tuo nome è noto. Non è da tutti presentarsi al Tempio con in braccio la Strega di Taanach. Non l'aveva chiamata con il suo nome, ma non avvertii nessuna inflessione dispregiativa nel pronunciare il suo titolo. Sono Leeda, una delle novizie. Presto, allontaniamoci da qui, prima che qualcuno noti la vostra presenza.
Seguimmo la fanciulla fino a quando non indicò ai miei compagni un posto sicuro dove poterci attendere, offrendo loro dei dolcetti appena sfornati.
Non sono discorsi per dei bambini. Osservò, mentre mi conduceva in disparte. Qui dovrebbe andare bene. Considerò, dopo essersi guardata intorno. Siamo nella zona riservata a noi novizie. Arrossii. Non preoccuparti, cercheremo di non attirare l'attenzione. Non sarebbe saggio farti trovare qui, per nessuno dei due. S'incamminò verso un'aiuola in cui erano stati piantati fiori dai petali candidi come la neve.
Suppongo tu desideri conoscere le cause della sua morte. Ti racconterò quello che so.
Ascoltai senza replicare, incredulo su quanto era successo.
Non era possibile, non riuscivo da ammettere che fosse defunta, quando sembrava che le sue condizioni stessero migliorando.
La novizia non aveva assistito, lasciando la Reverenda Madre Chrysotemis da sola, unica testimone degli ultimi istanti di vita di Zaide, del suo lascito.
Tẖạ̉r! Vendetta!
Un brivido gelido mi percorse la schiena.
Era una parola in lingua demoniaca, una variante, probabilmente, più moderna.
Leeda mi aveva spiegato il significato, ma non riuscivo a crederci.
Stavo per replicare, quando una presenza interruppe il nostro dialogo. Vidi la ragazza impallidire, quasi sul punto di fuggire da qualcuno che sembrava intimorirla. Mi voltai, trovandomi davanti una donna il cui volto era celato da una maschera dalle forme di una creatura leggendaria, forse una fenice. Il timore che avvertivo proveniva da l'oggetto che indossava. Non ne ero immune, il mio stesso corpo sembrava non rispondermi. Indietreggiai istintivamente di un passo.
Vidi Leeda allontanarsi, dopo essere stata congedata con un semplice gesto... della Reverenda Madre Chrysotemis.
Il silenzio ci avvolse, mentre cercavo di recuperare tutta la determinazione che mi aveva portato fin lì, sforzandomi di trovare le parole giuste.
Mi inchinai un po' troppo goffamente, ancora in balia di quel timore reverenziale che l'ammantava.
«Vi chiedo perdono per essere entrato senza permesso. Sono conscio che non dovrei trovarmi qui e sono pronto a subire la giusta punizione per il mio comportamento avventato. Vi prego di non incolpare Leeda delle mie mancanze. Lei ha avuto pietà del mio dolore. Ai vostri occhi potrò sembrare un ragazzino capriccioso, che non sa stare al suo posto, che cerca una verità in grado di donare la pace al suo animo devastato. Sarebbe tutto così semplice se fossi così... Ma... per me... Zaide era una persona che stimavo, che avevo molto a cuore... una cara... amica... Avevo promesso a sua figlia Helaayne, che ci sarei sempre stato per loro... e invece... la bambina è stata rapita e chissà dove si trova al momento... e non sono riuscito a salvare neanche Lei... Non sono riuscito a proteggerle... Avrei fatto di tutto per poter impedire questo fato avverso... Ho cercato il vostro aiuto pur essendo consapevole di quanto fosse rischioso per Zaide. Ora sono qui chiedendovi umilmente di conoscere la verità, le sue ultime parole se le ha pronunciate, di poter onorare degnamente la sua morte. Per favore...» Per quanto mi fossi sforzato di non cedere alla disperazione, non riuscii ad impedire alla voce di incrinarsi.
Rimasi stupito dal suo scatto improvviso, quando pronunciai il nome di Helaayne. Per un istante ebbi la spiacevole sensazione che fosse stata sul punto di colpirmi, forse per zittirmi, ma per quale motivo?
Attesi che si ricomponesse, mentre il mio sguardo si soffermava su quella maschera che mi impediva di vedere la sua espressione.
Quasi non mi resi conto di quel “Grazie” pronunciato come un roco sussurro. Non credevo di meritarmelo.
Io possedevo un cuore puro... Era davvero così?
Come potevo compiacermi di quelle parole, quando avevo permesso che l'oscurità inghiottisse Zaide? Quando la disperazione per la sua morte mi aveva fatto tornare demone senza che lo volessi? Anche se per poco tempo, quella purezza era stata contaminata.
- Io andrò a compiere il suo ultimo volere. Tẖạ̉r. -
E come per un ripensamento, aggiunse.
- Non seguirmi. E' ciò che vorrebbe Zaide. -
Potevo sul serio accettare una simile richiesta, lasciare che soltanto la Madre si facesse carico di una tale responsabilità? Onorare l'ultimo desiderio di una persona morente... Non spettava a chi le era legato? A chi le voleva bene?
Tẖạ̉r .. Vendetta... come le aveva spiegato Leeda.
«انتقام... Tẖạ̉r ... In quale lingua si pronunci “Vendetta” è stata la Sua ultima parola. Reverenda Madre, non potete chiedermi di restare a guardare, neanche se fosse in gioco la mia esistenza. E' Vero, Zaide si sarebbe opposta, non avrebbe voluto che rischiassi la mia vita per Lei, ma ha sempre saputo che non l'avrei mai abbandonata. Lei era una cara amica e non mancherò al mio giuramento solo perché è morta. Se lo facessi... che razza di persona sarei? Reverenda Madre, permettetemi di seguirvi. Lasciate che ricada anche sulla mia persona la responsabilità di portare a compimento la Sua volontà.»
Scosse la testa, come se la mia testardaggine in qualche modo l'avesse convinta.
- Non servirà a nulla morire per lei, ragazzo. -
No, non era vero... Morire per qualcuno non era futile! Anche se quel qualcuno era morto.
- Partirò domani a mezzanotte, al vecchio tempio della Luna. -
«Vi ringrazio.» Mi inchinai ancora una volta.
Ero profondamente turbato dalle sue parole, ma mi sforzai di non darlo a vedere.

Kirinpartenza_zpsa33ca2eb
E così sei intenzionato ad andare. Mariha era seduta sul mio letto, fissandomi tristemente. Non pensi a noi? Che faremo se tu non farai ritorno?
L'abbracciai, stringendo in quell'abbraccio anche il cucciolo di drago.
«So che vi sto chiedendo tanto. So che la mia umanità verrà messa a dura prova, ma non posso restare. Non sarei mai in pace con me stesso, se non onorassi la sua memoria.»
Perché? Perché non vuoi lasciarla andare? E' morta... Non sarebbe più giusto cercare “Speranza”? Potrebbe vivere con noi a Qashra. Abbiamo una bella casa. Tu hai un lavoro. Non ci manca nulla. E mi farebbe piacere avere una sorellina. Non credi che Zaide sarebbe felice di saperla al sicuro assieme a noi? Sei ancora in tempo per rifiutare questa follia. Pensa ai vivi, per favore... La sentii singhiozzare.
Già, sarebbe stato tutto più semplice, ma non mi sentivo ancora pronto per lasciare andare il suo ricordo, per riprendere la mia vita con la consapevolezza che non avrei più rivisto Zaide.
Li strinsi a me un'ultima volta.
«Mi spiace.» Mi sentivo male. Non avrei mai voluto farli soffrire, ma avevo fatto la mia scelta.
Mi voltai senza aggiungere altro.
Non potevo promettere loro che sarei tornato. Non volevo illuderli, non volevo illudere me stesso con false speranze. Quella era una missione, che difficilmente avrebbe avuto una via di ritorno.

Raggiunsi il Tempio alla periferia di Taanach all'ora stabilita.
Rivolsi un inchino alla Reverenda Madre, per poi soffermarmi sui presenti.
Non conoscevo nessuno a parte... Non poteva essere... Che assurda coincidenza...

«Ged? Sei proprio tu?» Osservai stupito.


In memoria di Zaide



D7g4Hgy
Kirin Rashelo

CS
[Riflessi 3, Intuito 1], «Kirin l'umano»
[Intuito 2, Intelligenza 2], «Zeross l'Incubus»


Energia: 100%
Danni Fisici: Illeso
Stato Emotivo: Profondamente addolorato

Equipaggiamento

Flintlock: 3/3 [non estratta]
Schiavona [nel fodero]
Ali Oscure 20/20 [piume da lancio, solo in forma di demone]
Amuleto Lunare
Pietra Lunare della Percezione [Amuleto dell'auspex]
Erba ricostituente 1/1
Mutaforma I [Gemma della Trasformazione]

Passive

Arcanista I
Kirin è in grado di a manipolare la magia per creare delle pallottole di puro potere arcano.
In termini tecnici questi attacchi a distanza possono essere utilizzati liberamente,
ma rappresentano comunque dei semplici colpi non tecnica.


Arcanista II
Le abilità magiche possedute da Kirin saranno così elevate da superare qualsiasi processo che intercorre fra intenzione e azione,
permettendogli di utilizzare tutte le proprie tecniche di natura magica in tempi di concentrazione pressoché nulli,
generandole istantaneamente e in qualsiasi condizione psicologica.


Arcanista III
Affinando l'intelletto con l'aiuto della “Gemma della Sapienza”, Kirin ha raggiunto lo stadio ultimo dei suoi studi: la “Visione della Magia”.
Non importa come si definisca tale capacità, auspex, sesto senso, intuito, quello che conta è il poter “vedere” gli effetti arcani comprendendone la loro natura intrinseca.


Telecinesi
Taanach: quel giorno segnò la fine di quasi tutte le mie abilità "Esper".
L'unica capacità, che è sopravvissuta, consiste nel riuscire a muovere il mio equipaggiamento con la sola forza del pensiero,
senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto alla mia posizione.


Mutaforma II
Personalizzazione dell'abilità razziale "Forma demoniaca" della Progenie dei demoni

Tattiche di combattimento

Sostentamento Arcano

Volo Telecinetico

Note:
I dialoghi con la Reverenda Madre sono stati concordati in “Confronto”.
Ho inserito Leeda su permesso di Zaide.
Ho utilizzato per la lingua antica dei demoni il persiano. Spero di non aver offeso gli antenati di nessuno!^^'' Ho cercato di fare dei raffronti tra il traduttore online e il dizionario tascabile, ma non sono esattamente esperta di quel linguaggio.
E' stato un post intenso per me, perché Kirin ha provato sulla sua pelle il dolore per la morte di una persona a lui molto cara. L'unica persona per cui sarebbe sceso negli Inferi. L'unica persona per cui tornerebbe ad essere un demone per onorare le sue volontà!
Spero sia di vostro gradimento.


 
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view post Posted on 16/9/2014, 18:56

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Sürgün-Zemat, Foresta della Notte. Poco prima dell'alba.


Il pigro cigolio delle ruote ci ha accompagnati per tutto il viaggio. Se all’inizio quello stridore penetrante mi dava i brividi, adesso la sua assenza mi fa capire come quel suono avesse un significato per me: era l’ultimo contatto con Taanach, con il tempio. Con la normalità.
E’ notte, di nuovo.
Mi sento tutte le ossa rotte, e muoio dalla voglia di camminare un po’: all’inizio ho tenuto il conto dei giorni, eccitata com’ero dalla novità del viaggio, ma dopo un po’ la noia ha vinto; i nostri compagni sembrano persone a posto, ma Raven ha fatto in modo che tra loro e noi novizie ci fosse il minor contatto possibile. Come se non bastasse Amarantha con le sue predicozze…
Ma probabilmente hanno ragione. Pronuncerò i miei voti al solstizio, e non mancano che pochi mesi ormai; e non posso fingere che quando quel ragazzo pallido mi sorride, mi sento un po’ troppo scombussolata. Robert, si chiama. Ha un non so che che mi intriga…Ma non cederò.
Adesso che dobbiamo proseguire a piedi, mi sento allo stesso tempo elettrizzata e terrorizzata. Non siamo lontani dalla nostra meta, è difficile non avvertirlo: la notte sembra più luminosa qui, come se fosse rischiarata da centinaia di lucciole invisibili. Spiriti, sussurra Amarantha. Guide, sostiene Raven. Trappole, secondo me.
Ma non ho intenzione di perderci la testa. A volte mi sembra che la foresta fluttui attorno a me, e che i volti delle persone si trasfigurino in qualcosa di diverso, facce grottesche, maschere, animali, volti già visti ma che non riesco a ricordare. Ma è solo una sensazione fugace, perché un istante dopo è tutto tornato alla normalità.

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Sono preoccupata per Jaahya. Si comporta in modo strano, come se questo posto tirasse fuori un’oscurità celata in lei di cui non ci eravamo mai accorte. E’ mia sorella, ma mai come in questo momento la vedo come un’estranea. Non ha paura, mentre credo che dovrebbe. Il pericolo di questa missione la attrae come un’ape sul miele, anziché renderla più cauta: ho paura che presto o tardi commetterà qualche sciocchezza, e spero di essere forte abbastanza da tirarla fuori dai guai se le cose si mettessero male.
Io non so più come mi sento.
Allontanarmi dal tempio e da Taanach è stato traumatico: una doccia gelata che mi ha svegliata bruscamente da un sogno ovattato per catapultarmi in questa realtà insidiosa e irta di dubbi. Non so cosa ci sia in queste foreste, ma di certo l’Ahriman c’entra qualcosa con le cose strane che ci accadono. Nessuno ne parla, ma sono sicurissima di non essere l’unica a vedere certe cose. Ieri ad esempio ho rivisto mia sorella Callyroe: inconfondibili i suoi occhi dolci da cerbiatto e il sorriso morbido che ho impresso nella memoria come un talismano. Non sono pazza, so bene che è morta. E so bene che quello che fissavo con aria trasognata era lo sguardo corrucciato di Jaahya, non lo nego: ma in quel momento era proprio Callyroe che mi sorrideva, e lo so com’è vero T’al.

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- Dobbiamo dividerci. - La voce di Chrysotemis suonava roca e lontana da dietro la grande maschera da Madre. Aveva atteso che il resto della compagnia si fosse addormentato per comunicare la decisione alle sue fedelissime: stavano attraversando una delle fitte e sgradevoli foreste che punteggiano il Surgun-Zemat, e sentiva che la meta era vicina. Forse troppo vicina.
L’Ahriman doveva essersi accorto della loro presenza, anche se pareva ancora intenzionato a lasciarli avvicinare ulteriormente. Intendeva giocare con loro come un gatto col topo?
La donna strinse i pugni.
Non gli avrebbe permesso di nuocere a coloro che amava. Non un’altra volta.

- Proveremo a raggiungere il Buco del Diavolo accerchiandolo: forse così le visioni cesseranno, sempre che Lui non sia in grado di seguire diverse piste. Io andrò da sola. No, - bloccò con una mano Amarantha, sul punto di interromperla - è per questo che lo dico solo a voi. Non voglio interferenze. Raven: andrai con Kirin e Robert. - finse di non cogliere lo sguardo frustrato di Jaahya: non c’era tempo per sciocchezze da adolescenti. - Amarantha, Jaahya: guidate il maestro, sua figlia e Ged. Confido in voi.
Fece per voltarsi, poi parve ricordarsi di qualcosa.
Rimase immobile un istante fissando le tre donne, poi mormorò: - Possa T’al guardare sempre benigno il vostro cammino.
- Così sia - mormorarono le vestali in risposta. Le gemelle si scambiarono una rapida occhiata: qualcosa le turbava, anche se non avrebbero saputo dire cosa. Si guardarono nervosamente attorno: lo sguardo immobile e vuoto di Raven era fisso nel punto dove pochi attimi prima stava la Madre, già svanita nella notte.

- Come ha fatto? - mormorò Amarantha stupefatta.

Jaahya si mordicchiava le labbra, nervosa. - Non pensarci. Torniamo dagli altri, dobbiamo metterci in marcia.

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Quella foresta era un luogo orribile. lunghi rami nodosi e rinsecchiti dondolavano nella notte come braccia di morti, mossi dal continuo zampettare di bestie e creature invisibili.
Mille occhi la scrutavano, sbucando dalle crepe del terreno, strisciando fuori dagli alberi morti come spiriti malevoli, inchiodandola con le loro pupille serpentesche per lunghi istanti prima che con un grido riuscisse a liberarsi.
Un tetro sibilo le rimbombava nella testa, atterrendola. Era un suono aspro e nuovo per le sue giovani orecchie, eppure allo stesso tempo familiare e odiato.

...ạkẖt....ạkẖt!



Così suonava quella terribile parola.
La bambina si strinse forte nel mantello per smettere di tremare. Come conosceva il significato di quella lingua oscura? Nemmeno quando viveva con la strega aveva mai incontrato un linguaggio tanto sgradevole e maligno.

Sorella.



Le ombre la chiamavano, la lusingavano e la deridevano.
E lei aveva tanta paura.

- Mamma… - chiamò, sottovoce, come se Zaide potesse sentirla. E poi scoppiò in lacrime.


Eccomi! Stiamo entrando nel vivo e...nel pericolo. Il mio post è grossolanamente diviso in quattro parti, che come è facile intuire corrispondono a Jaahya, Amarantha, Chrysotemis e...ta-dan, sì, Helaayne: per la maggior parte di voi questo non significa molto, ma per almeno una persona qua dentro sì :).
Dunque.
Ora la cosa si complica leggermente. Il gruppo si è diviso, come avete letto: da una parte Kirin, Eliphas e Raven, dall'altra Ged, Roderith e le due gemelle. Per ciascun gruppo ho bisogno che un giocatore faccia da "co-co-qm" per questo turno, vale a dire dovrà scrivere un post extra con le indicazioni che gli darò io adesso. Ecco gli sventurati:
- Shinodari: dovrai scrivere un post in cui Kirin trova Helaayne e la porta al suo gruppetto. Dovremo concordare i dialoghi, e per questo ti pregherei di utilizzare la chat di facebook in cui metteremo in copia anche Oblivion in modo che eventualmente Raven partecipi alla conversazione.
- Wolfo: la Foresta della Notte, come avrete notato, esercita strane influenze sulle persone. Vedete cose che non dovrebbero esserci, persone morte o lontane, deformazioni dell'aria e della natura circostante. La particolarità è che tutto ciò che accade sembra così...normale. Quindi non ti stupisce scoprire che Estariol si cela anch'egli in quel luogo oscuro. Il Buco del Diavolo attrae da tempo immemorabile schiere di saggi e potenti maestri, quali che siano le loro ragioni, ed evidentemente Estariol non è da meno; o forse ha solo seguito Ged per evitare che si mettesse nei guai. E’ tutto confuso, la sensazione che si tratti di un sogno compare a tratti, ma la situazione è indiscutibilmente reale. Quello che ti tocca in questo post è scrivere una presentazione del maestro. Potrà sembrarti strano, ma in questo momento quello che ti viene richiesto è di contribuire alla quest con un pezzo di background del tuo pg e del legame tra i due, inserendolo in questo contesto vagamente straniante.

Gli altri attenderanno mie ulteriori istruzioni prima di postare. Shinodari e Wolfo, dovete scrivere post relativamente facili e brevi - considerateli post di transizione, il turno vero e proprio inizierà dopo il nostro prossimo intervento e avrete un nuovo post vero e proprio da scrivere insieme agli altri, quindi se potete postate in 3-4 giorni al massimo. Al più tardi venerdì, insomma.

Dimenticavo: sono trascorsi diversi giorni di viaggio dal primo post, direi circa un paio di settimane.

Per qualunque domanda sono qui!


Edited by Zaide - 17/9/2014, 09:08
 
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Wolfo
view post Posted on 17/9/2014, 20:44





Fetiales
Thàr


Z18bS


Il piccolo gruppo camminava nelle tenebre, cercando di non provocare alcun rumore. Ged non era più certo di quanto tempo fosse passato; potevano essere trascorse ore, minuti... persino giorni. La foresta era avvolta da una malsana aura di terrore, e il sacerdote non riusciva a scrollarsi di dosso una pressante sensazione di inquietudine.
Erano trascorse settimane dalla partenza da Taanach, e in quel tempo il pastore era riuscito a guadagnarsi la fiducia di Jaahya e Amarantha, le due sorelle che - assieme a un monaco di nome Roderith - camminavano poco dietro di lui. Fu un viaggio particolarmente silenzioso. Per quanto Ged volesse tranquillizzare i suoi compagni, aveva la strana sensazione che anche il più piccolo rumore avrebbe suscitato l'ira delle creature che si annidavano nelle ombre degli alberi.



All'improvviso il gruppo si fermò; qualcuno - o qualcosa - li stava osservando.
Una voce familiare ruppe quel silenzio assordante.

- Ged. -; quella parola si propagò nel vuoto della foresta, arrivando a toccare l'anima stessa dei presenti. La voce non veniva udita, ma percepita direttamente nella mente. Come un pensiero incessante, impossibile da scacciare.
- Chi sei? Fatti vedere! - urlò Ged.

Il corpo di Estariol prese forma davanti al pastore, emergendo dalle tenebre e riempendo di luce quell'antro demoniaco. Il maestro portava una splendente veste bianca, decorata con filamenti d'oro e argento. Non soffriva il male di quel luogo, e il suo corpo non mostrava neanche un piccolo graffio, né i segni del lungo viaggio.
- Non può essere. - sussurrò il pastore alla vista del suo maestro. Sorpreso dalla presenza del Gran Sacerdote, disse: - Perché sei qui? -

- Una fase del vostro viaggio è terminata, un'altra inizia.
La guerra sta per giungere nell'Akeran. Se non fermeremo quello che si annida in queste terre, l'apocalisse giungerà su Theras e sarà la fine per tutti noi. -


Estariol non attese alcuna risposta e proseguì. La sua voce era atona e forte, fredda e amichevole, lontana e - allo stesso tempo - vicina al cuore di chi la ascoltava.

- L'oscurità ci avvolge, amico mio.
Dobbiamo raggiungere il Buco del Diavolo, subito. -


Ged, per la prima volta, non seppe cosa dire al maestro. Lo confondeva e, seppur fosse certo della sua identità, vi erano attimi in cui non riusciva nemmeno a percepirne la presenza. Come intrappolato tra sogno e realtà, il sacerdote rimase in silenzio per diversi minuti, per poi rivolgersi ai suoi compagni, probabilmente impauriti o confusi.

- Lui è Estariol, il mio più grande amico. Il mio maestro.
Dovete a lui la mia presenza qui. -


Non attese la voce dei suoi compagni; si limitò a voltarsi verso il maestro e, per un attimo, faticò a incrociarne lo sguardo. Scacciato il dubbio dalla sua mente, Ged sorrise all'amico e - felice - mostrò tutta la sua gratitudine.

- Sono felice che tu sia qui... ti seguiremo. -


legenda

basso: 5% - medio: 10% - alto: 20% - critico 40%

Stato fisico: indenne;
Stato psicologico: indenne;
Energia: 100%;

CS: 3 (1 istinto / 2 astuzia);

Equipaggiamento: Lancia, armatura naturale;

Note: Nel discorso di Estariol ci sono non poche citazioni al signore degli anelli; nello specifico, l'apparizione di Gandalf (il Bianco) nella foresta. ^^
Ho cercato di fare un post semplice, alleggerendo le descrizioni. Estariol è - fisicamente - un uomo nella media, alto circa 1 metro e 80, paffuto, dalla carnagione chiarissima e ammantato da una larga veste bianca con varie decorazioni d'oro e argento.
Se necessitate di altri particolari, chiedete pure in confronto.


- - - - - - - - - -


Passive:

- Ged ha ereditato dalla prestigiosa razza dei draghi un intelletto sorprendentemente acuto, che gli permette di ricordare anche i più infimi dettagli del suo passato.

- Nel caso in cui Ged si dovesse trovare innanzi ad una illusione, indipendentemente dalla natura di quest'ultima, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola. Non si lascerà ingannare dalle più banali illusioni, riuscendo a distinguerle sempre per ciò che sono.

- Il sacerdote vanta di una normale difesa psionica passiva.

- Qualsiasi difesa ad area richiamata da Ged - che sia magica, psionica o fisica - vanterà di un potere difensivo pari al consumo speso.


Attive:

-



Edited by Wolfo - 17/9/2014, 22:22
 
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view post Posted on 18/9/2014, 18:26
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Suzushikei
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Fetiales

Tẖạ̉r
ثار
Intermezzo


I giorni erano scivolati via, dispersi nelle sabbie del tempo, come un effimero sogno al cui risveglio ogni ricordo è perduto.
Durante il viaggio il mio umore si era fatto mutevole, poco incline alla conversazione. Mi rifugiai nei miei pensieri, lasciando che l'ambiente scorresse attorno a me. Non avevo ancora superato il dolore per la sua morte e dovevo rimanere concentrato per non ricadere nella mia essenza demoniaca. Non cercai, dunque, nel dialogo la fuga da quell'opprimente pesantezza che sembrava gravare sul mio animo. In un primo momento attribuii quella sensazione all'aura che ammantava Madre Chrysotemis. La sua vicinanza mi trasmetteva un senso di inquietudine, lo stesso timore reverenziale che avevo provato la prima volta che avevo incontrato Zaide.
Scoprii ben presto che vi erano altre ragioni per quello che stavo provando.
La scomparsa della reverenda madre aveva mitigato quella sensazione, ma non era sparita. Il mio sonno si era fatto agitato, turbato da immagini di luoghi che non ricordavo, eppure familiari, da sussurri appartenenti a voci che mi trasmettevano un senso di nostalgia. Non di rado il sogno si fondeva con la malata realtà di quel luogo e le visioni diventavano quasi tangibili, come se attingessero alle mie memorie più importanti.
Fingevo che non esistessero, che fossero il frutto di una mia debolezza mentale, la responsabilità di quella cerca. Mi resi conto che vi era qualcosa nel mio animo che si celava dietro il desiderio di vendicare un'amica. Ero così vicino a casa, alla mia terra natia. Non potevo ignorare quella verità. E forse questa consapevolezza, che stava lentamente emergendo dal mio subconscio, mi aveva “suggerito” di non pormi sconvenienti domande. Un giorno al mio risveglio, la Reverenda Madre era scomparsa, svanita senza una spiegazione, lasciando alla guida del gruppo le sue consorelle: le novizie gemelle e la Dama in Nero, la silente e misteriosa vestale. Avevo la spiacevole sensazione che tutti noi fossimo una sorta di esca, un diversivo per permettere alla Reverenda Madre di portare a termine il suo piano. Sensazione accentuata quando il nostro gruppo si divise per avere più spazio di manovra.
Sperai di essermi sbagliato.


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«Parlato (Umano)» «Parlato (Avatar)» Pensato Narrato
- Helaayne - - Raven -


Mi destai dal sonno senza un reale motivo.
Il sole era già alto e il vento accarezzava le tende con una leggera brezza. Sollevandomi a sedere potevo intravedere dalla finestra i suggestivi giardini pensili di Qashra.
L'abitazione era immersa nel silenzio. Mi diressi verso l'altra stanza e sulle mie labbra affiorò un sorriso di sollievo. Mariha e Helaayne stavano dormendo abbracciate a Sullivanyus. Nessuna preoccupazione sfiorava il loro animo.
Tutto era come doveva essere...
Peccato che l'istante dopo mi svegliai.


- Mamma -
...Mamma...


Inizialmente pensai di essermi sbagliato, che quel suono fosse semplicemente un effetto distorto dei rumori della foresta.
Sarebbe stato tutto più semplice, piuttosto che dar retta alla coscienza che mi gridava contro.
Io conoscevo quella voce, ma come era possibile?
Mi voltai verso i miei compagni, Robert e la dama in Nero, in cerca di una conferma.
Il mio sguardo si soffermò sulla vestale.
Se si trattava di un'illusione aveva colpito non soltanto la mia mente.
«Mia signora, l'avete udita anche voi?»
La vidi annuire e poi dirigere i suoi passi verso la direzione da cui proveniva il richiamo.
«Aspettate, per favore, vengo con voi. Credo di sapere a chi appartenga quella voce.» Già, per quanto assurdo potesse essere.
Mi affrettai ad affiancarmi alla donna, non curandomi se Robert ci stesse seguendo.
Qualcosa mi spingeva a non curarmi di nient'altro. Dovevo solo assecondare quell'urgenza che sentivo crescere nel mio cuore. Dovevo sbrigarmi, fare in fretta... Null'altro importava...

«Speranza... Helaayne, sei tu? Sono Kirin! Dove sei?» ripetei quelle parole senza un attimo di respiro. Non volevo perdere quella flebile voce, non volevo abbandonare anche la piccola al suo destino.
Ero immerso in un mondo di inganni, dove i suoni si trasformavano in sussurri, fruscii, presenze che restavano sempre ai limiti del mio sguardo.
Eppure, contro ogni logica, io credevo che il richiamo della bambina fosse reale.
Il tempo passava inesorabile in quel mio vagare senza meta. Era come se qualcosa mi impedisse di trovarla, come se fossi condannato a girare in tondo in quel groviglio di alberi corrotti dalla presenza demoniaca.
Non mi ero reso conto di essere rimasto da solo. Quando avevo perso di vista la vestale? Sarei dovuto tornare sui miei passi, non potevo permettere che le accadesse qualcosa di male, ma non lo feci. Il mio corpo si ribellava al buon senso, muovendosi lungo un sentiero di cui non avevo più controllo.
E alla fine la trovai. Helaayne... Raggomitolata su se stessa, terrorizzata, le mani a protezione della testa.
- No, NO! Vai via, andate via tutti! - Non potevo biasimarla se era convinta di vedere nella mia persona soltanto un crudele inganno mentale.
Io stesso ero confuso da quei suoni fantasma.
Mi affrettai a raggiungerla, chiamandola con un tono di voce gentile, cercando di fare breccia nel suo animo spaventato.
«Helaayne! Sono Kirin! Non avere paura.»
In un primo momento pensai che non mi avesse riconosciuto, poi mi sentii cingere le braccia attorno al collo.
- Kirin! Kirin, sei tu? E' tutto così brutto qui...Dove siamo? Ho tanta paura... -
Come potevo darle torto? L'abbracciai a mia volta, cercando di confortarla, di proteggerla dai suoi timori. No, non era un sogno. La percepivo. Era come me la ricordavo.
«Si, sono io. Non avere paura, ci sono io adesso a proteggerti. Ti prometto che non ti accadrà nulla di male.» Una promessa azzardata la mia, ma non potevo permettere alla sua angoscia di prendere il sopravvento. «Siamo lontani da casa, ma presto faremo ritorno. Ora sei con me. Sei al sicuro.» Qualunque persona dotata di un minimo di raziocinio si sarebbe posta la più elementare delle domande: come era finita in quel luogo? Ma non chiesi per evitare di traumatizzarla ulteriormente... o forse preferivo non pensare alla riposta più ovvia.
- Dov'è la mia mamma? - Il mio cuore saltò alcuni battiti. Sentii il sangue defluire dal mio viso.
Era naturale che avrebbe chiesto, qualunque bambino l'avrebbe fatto.
Distolsi lo sguardo per alcuni istanti per riprendere il controllo.
«Zaide... la mamma... non sta bene... Si trova a Taanach. La stanno curando delle brave guaritrici.» Le parlai mantenendo il tono gentile, sforzandomi di dare una parvenza di verità a quelle parole menzognere. Ma cos'altro avrei potuto fare? Non potevo dirle la verità. Non potevo dirle che sua madre era morta.
Sembrò crederci o, forse, semplicemente aveva bisogno di aggrapparsi ad una speranza.
- Kirin, dobbiamo andare da lei. Cosa fai qui? Come mi hai trovata?- Silenzio - E perché questa foresta mi parla? -
«Sono qui perché sono stato ingaggiato per un lavoro: faccio da scorta ad una sacerdotessa.» Stavo diventando bravo a inventarmi false verità «Appena possibile ti porto a Taanach. Non ci vorrà molto.» Non era una menzogna. Dovevo portarla lontano da lì al più presto. Le voci che sentiva, le voci che io sentivo... E se non fossero state un'illusione? «Helaayne, questi luoghi possono incutere timore. Sei sicura sia la foresta a parlarti?» Cercai di sdrammatizzare.
- Sì - Ancora una pausa - Gli occhi malvagi. Mi chiamano sorella... Ridono... Mi prendono in giro... Perché mi chiamano sorella, Kirin? - Ebbi un tuffo al cuore. Sorella... Non poteva essere, ma io non avevo mai chiesto a Zaide chi fosse il padre della bambina.
Rifiutai di continuare sul quella pericolosa linea di pensiero. Non era il momento di conoscere l'ascendenza di Helaayne.
Era così fragile, così umana. Gli occhi erano gonfi ed arrossati, di chi aveva consumato ogni singola lacrima. La stessa voce lasciava trasparire quel timore che non l'aveva ancora abbandonata.
Mi teneva stretto a sé, senza staccarsi dal mio abbraccio.
Liberai una mano per accarezzarle dolcemente la testa.
«Questo posto è magico. Le nostre paure si amplificano e noi crediamo di udire voci che ci confondono. Non dare ascolto alle voci. Cerca di ignorare gli occhi. Non esistono. Ci siamo solo io e te. Pensa questi momenti come un brutto sogno. Presto ti risveglierai e passerà ogni paura.» Più cercavo di tranquillizzarla, più il mio animo sprofondava in una profonda inquietudine.
Sapevo che se avessi espanso i miei sensi, la verità si sarebbe manifestata e non ero ancora pronto.

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- Andiamo via da qui...Sei venuto da solo? C'è Mariha? - Sembrava che le mie parole stessero facendo effetto.
Abbozzai un sorriso, annuendo.
«Mariha ti sta aspettando a casa. Doveva prendersi cura di Sullivanyus. Ricordi il cucciolo di drago? Non vede l'ora di rivederti. Ti porto io. Non ti lascio, promesso.» Era il mio giuramento, chiunque fosse quella bambina che mi guardava con espressione rasserenata, stringendo la mia mano nella sua.
Era giunto il momento di riunire il gruppo, partendo dalla ricerca della Dama in Nero.
La trovammo che vagava sperduta, come se avesse perso ogni riferimento.
Mi arrestai di scatto, rendendomi conto di cosa avessi fatto. Da quando ero rinato non avevo mai abbandonato un compagno, mai... per nessuna ragione...
Mentre ora... Avevo lasciato la vestale senza alcuna protezione. Che cosa mi stava succedendo?
«Non credo ci siano giustificazioni per questo mio imperdonabile atto di egoismo nei vostri confronti, mia Signora. La bambina, Helaayne, aveva bisogno del mio aiuto. Si era perduta. Ed io sono corso in suo soccorso... e... vi ho messa in pericolo...» Ero sinceramente affranto, mi sentivo terribilmente in colpa. «Lei è come una sorella per me.» Preferii non rivelare la sua identità.
Mi sentii il suo sguardo addosso e fu una sensazione spiacevole. Sembrava ancora spaventata, a giudicare dal suo respiro, ma era normale, no?
- Non serve che fingiate ancora, so tutto quel che c'è da sapere – Spalancai gli occhi dallo stupore. A cosa si stava riferendo?
- Da quando avete pronunciato il nome della Strega ho capito che avevate a che fare con tutto questo, e con quella... creatura!-
Quando avevo pronunciato il nome di Zaide in sua presenza?
Vi era stata un'unica occasione al Tempio, ma eravamo solo io e la Reverenda Madre... o così avevo creduto...
Sentii Helaayne stringere con forza la mia mano.
Mi voltai a guardarla: era spaventata dalla Dama in Nero, dalle parole che aveva pronunciato, dal suo tono accusatorio.
Mi frapposi tra la vestale e la bambina con fare protettivo.
Non credevo che la donna fosse improvvisamente impazzita, ma non potevo lasciarla inveire indiscriminatamente contro la piccola.
«Creatura? Comprendo che sia un momento difficile per tutti, ma non posso permettervi di terrorizzare Helaayne. Ha già sofferto abbastanza. E' solo una bambina. Non credete di esagerare? Siamo tutti dalla stessa parte. Dovremmo collaborare e non accusarci a vicenda. Ho promesso alla piccola che l'avrei protetta e cascassero gli Inferi è quello che farò!» Non mi importava se la mano che stavo tenendo appartenesse ad un demone o a chissà quale creatura immonda si stesse riferendo la Dama in Nero. Lei sarebbe sempre stata Helaayne e io non avrei permesso a nessuno di farle del male.

Almeno lei doveva avere un futuro...



Note:
I dialoghi sono stati concordati con Zaide ed Oblivion.
Scusate per la lunghezza del post. Non ho esattamente il dono della sintesi. :arross:

 
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Sürgün-Zemat, Al limitare sud della Foresta della Notte. L'alba


Jaahya non poteva certo dire che l’arrivo di quell’ospite inaspettato le facesse piacere. Come li aveva raggiunti? Come era a conoscenza di quel viaggio nelle terre più infernali dell’Akeran? Ged si era mostrato stupito ma felice di quell’incontro, come se la cosa più naturale del mondo fosse trovare vecchie conoscenze nel cuore della notte in una foresta infestata da presenze maligne. No, non era tranquilla.
Non si fidava di nessuno, non poteva.
Era in ansia in particolare per sua sorella: per la prima volta sembrava che il ruolo delle due ragazze si fosse ribaltato, tanto lei si sentiva protettiva e preoccupata per la sua gemella.

Amarantha, la timida e dolce Amarantha, sembrava perseguitata da un suo demone personale, da quando Estariol si era unito al gruppo: era rigida e ostile, Jaahya lo percepiva oltre l’apparente cordialità che alla sua gemella veniva naturale sfoggiare: la sorprese più volte guardarlo con una ferocia nello sguardo che non le aveva mai visto prima, come un animale rabbioso prima di attaccare la sua preda.

E poi tutto parve precipitare.

Era poco prima dell’alba, questo Jaahya non lo avrebbe mai dimenticato. Camminavano da alcune ore tra le sterpaglie, quando un gufo lanciò un lungo ululato che le diede i brividi: uno dei più nefasti presagi di sventura, secondo le credenze popolari del sud tanto amate da sua nonna.
Ma non ebbe tempo di rimuginarci sopra, perché in quell’istante Amarantha emise un aspro gemito irrigidendosi completamente fino a cadere a terra.

- Sorella! - gridò Jaahya, precipitandosi al suo fianco. Amarantha non rispose: aveva gli occhi rovesciati e la schiuma alla bocca, e si divincolava sulla terra arida come in preda a un attacco di convulsioni. Poi si bloccò, e parlò con voce innaturale:

- Non è chi dice di essere. Lui ci sta ingannando. Di nuovo…

- Amarantha! Sorella mia, svegliati!

- Lui ci attende...Nel cuore dell’inferno. E questa...è una sua creatura…

Jaahya credeva di morire di paura. Scosse la sorella, cercando di destarla da quella trance, ben consapevole di quanto aveva appena assistito nonostante il terrore che la faceva tremare come una foglia. Sua sorella era una Veggente. Una vera Veggente, non semplicemente una di quelle sacerdotesse sensitive cui la Vista veniva indotta e amplificata grazie a oppi e erbe particolari, ma una di quelle rarissime e preziose profetesse naturali di cui si leggeva solo nei tomi sacri.

Non sapeva se esserne più terrorizzata o ammirata.

Amarantha, la sua sorellina...Ma cosa aveva visto? Cosa significavano le sue parole? Lui ci sta ingannando? Ma chi? Involontariamente gettò uno sguardo di sottecchi a Estariol, e un brivido la percorse. I suoi lineamenti sembravano deformati dalla rabbia, e Jaahya avrebbe giurato di scorgere un lampo rosso nei suoi occhi furibondi. Ma come si volse per accertarsene, non riuscì a scorgere nel volto del vecchio nient’altro che un viso rugoso e preoccupato.
Ma non ebbe il tempo di pensare oltre, perché in quel momento Amarantha si alzò in piedi, apparentemente lucida ma animata da una forza che Jaahya non le aveva mai visto, e si scagliò con violenza contro Estariol, conficcandogli il suo pugnale d’argento nel petto.


Mi scuso per il ritardo involontario causato da una settimana lavorativa...infernale (per restare in tema!).
Questo post (scialbo e rapido, ma non volevo bloccarvi oltre) è riservato al gruppo Ged-Roderith e company. I vostri pg assistono alla vicenda narrata qua sopra, e ora dovranno reagire in qualche modo. Facciamo un piccolo giro in confronto. Attaccate? Difendete? Chi, soprattutto? Ogni opzione è libera e determinerà l'andamento delle cose. NB: da questo momento Estariol viene mosso da un qm.
 
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view post Posted on 25/9/2014, 19:51
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Esempio
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SURGUN-ZEMAT,
Akeran

Chrysotemis aveva scelto l’ora più buia della notte per partire, l’ora in cui era più facile che le ombre si celassero tra le tenebre, divenendo invisibili a tutti gli uomini. Ma Raven era diversa da tutti gli uomini, perché quando aveva perso gli occhi della carne T’al aveva deciso di aprire due nuove palpebre nelle profondità della sua mente, e da allora non c’erano più tenebre troppo scure perché lei potesse vedere. Il daimon l’aveva scelta per un compito delicato e difficile: il voto delle donne senz’ombra, il silenzio, le impediva di condividere con gli altri il suo dono. Quando Raven vedeva le ombre non c’era nulla che potesse fare per dissolverle, se non rimanere nell’ombra lei stessa, in silenzio, e guidare gli altri verso la luce.
Da un po’ di tempo qualcosa era cambiato. Nuove ombre avevano iniziato a levarsi su Theras, e minacciavano di sommergere il continente. Un’efferatezza terribile, senza precedenti, stava per essere compiuta: questo lei vedeva. Tutto era cominciato con la ricomparsa della Strega, Zaide, e non era terminato con la sua scomparsa. Raven aveva cominciato a sospettare che le azioni pie di Chrysotemis non fossero mosse dalla volontà di obbedire a T’al, bensì da altri sentimenti che la Madre si era concessa di mostrare, di provare. Compassione, magari empatia. Forse il peso sulle sue spalle alla fine aveva finito per piegare il suo spirito? Alla fine il dio aveva risposto alle sue preoccupazioni, e gli oracoli le dissero che Egli voleva restituirle la sua voce. Non poteva essere un caso: assecondando le sue insistenze, le avevano concesso di seguire la Madre. Quando era improvvisamente comparso quel giovane, Kirin, aveva realizzato che i suoi occhi non la stavano ingannando. Era Zaide la causa di quelle ombre? La donna aveva proiettato il suo male in chi aveva provato dei sentimenti nei suoi confronti?
T’al le aveva restituito la voce per affrontare la più difficile delle battaglie, ne era certa. Chrysotemis non realizzava il pericolo a cui stava andando incontro, e stava trascinando con sé anche Jaahya e Amarantha. Forse non era nemmeno in grado di affrontarlo come credeva. Era suo compito aprire gli occhi della Madre, e non aveva intenzione di cedere, nel nome di T’al.

La certezza era arrivata troppo tardi. Gli occhi che T’al le aveva dato non sbagliavano mai, non avrebbe dovuto mettersi in discussione. Jaahya e Amarantha erano al sicuro con Ged, ma ormai Chrysotemis aveva optato per gettarsi a braccia aperte nel pericolo, guidata da quei sentimenti che le offuscavano la mente. Se era questa la sua decisione, non c’era nulla che lei potesse fare per proteggerla. Forse quell’inspiegabile empatia l’aveva infine condotta alla follia, colpevoli Zaide e poi Kirin. Le ombre erano terribilmente vicine: che cosa poteva fare la Madre, da sola? Doveva tenersi lucida per lei e per sé stessa, ma il terrore le attanagliava comunque le membra. Il giovane si era rivelato per quel che era, gettandosi tra le ombre come a ritrovare un antico alleato, e lei non aveva occhi per scovare un nemico così vicino. Biasimava sé stessa per non averlo costretto a rivelarsi prima, e si reggeva forte per tenersi pronta ad affrontare qualunque cosa. La rabbia e la paura erano forti in egual misura dentro di lei.
Infine il pericolo si manifestò.
T’al, proteggimi” mormorò.

Non credo ci siano giustificazioni per questo mio imperdonabile atto di egoismo nei vostri confronti, mia Signora. La bambina, Helaayne, aveva bisogno del mio aiuto. Si era perduta. Ed io sono corso in suo soccorso... e... vi ho messa in pericolo...” Raven tremava alla voce affranta di Kirin, come impazzita. Ma non era mai stata così lucida.
Lei è come una sorella per me.
Bastava così. La donna si fermò improvvisamente, voltandosi nella direzione da cui le erano giunte quelle parole. Il terrore si manifestava in rapidi e profondi respiri, il petto che si gonfiava e si contraeva.
Non serve che fingiate ancora, so tutto quel che c’è da sapere” sibilò, velenosa. “Da quando avete pronunciato il nome della Strega ho capito che avevate a che fare con tutto questo, e con quella... creatura!
Lo sentì muoversi. Raven indietreggiò, sicura che le cose sarebbero precipitate verso il peggio. Kirin aveva smesso di fingere, come lei gli aveva suggerito.
Creatura? Comprendo che sia un momento difficile per tutti, ma non posso permettervi di terrorizzare Helaayne. Ha già sofferto abbastanza. E' solo una bambina. Non credete di esagerare? Siamo tutti dalla stessa parte. Dovremmo collaborare e non accusarci a vicenda. Ho promesso alla piccola che l'avrei protetta e cascassero gli Inferi è quello che farò!
Tu... non sai a quali forze terribili hai permesso di scatenarsi... Ragazzo!

La figura di una bambina comparve nella sua mente.
T’al, proteggimi” mormorò, senza la certezza che ormai qualcuno potesse udirla. Quella bimba era Helaayne, la figlia di Zaide, ed era lei l’ombra che aveva sentito. Nessuno le aveva detto chi fosse, ma lei lo sapeva dentro il cuore. Gli occhi della bambina emanavano un bagliore rosso acceso, come se il fuoco che le bruciava lo spirito spingesse per venire fuori. La bambina sembrava terrorizzata da quella fiamma quasi quanto lei, ma pian piano ne stava venendo divorata. Il suo piccolo e delicato viso lentamente si piegò al suo demone interiore, trasfigurandosi in una maschera di compiacimento. E infine il mostro venne fuori: i piccoli denti divennero zanne di demone, le mani divennero contratte appendici artigliate, la pelle si trasformò in uno scuro manto coriaceo. Da qualche parte in quell’involucro la piccola combatteva ancora per venire fuori, e le trasformazioni retrocedevano per pochi istanti. Ma il fuoco nel suo sguardo rimaneva, terribile. Forse anche gli altri potevano ormai vedere quello che lei stava vedendo, e che aveva inavvertitamente previsto prima che accadesse.

Alla fine il demone la raggiunse, e i suoi occhi non potevano più proteggerla. In un istante Raven perse tutti gli anni che aveva vissuto, tornando la giovane vestale che non era più, delicata e bella come Amarantha e Jaahya. Ma intanto era anche una giovane Vestale che lei non era mai stata, ma che Theras aveva conosciuto centinaia di anni prima. L’uomo si era insinuato in entrambe, nel corpo di una e nella mente nell’altra, usando loro violenza, costringendo a versare ad una sangue e all’altra lacrime. E alla fine ciò che rimaneva di quel tremendo atto era un bambino, dalla cui discendenza sarebbe nata Raven la donna senz’ombra. Helaayne, o quel che ne era rimasto, la stava costringendo a rivivere quella sofferenza come nella sua giovinezza aveva fatto la sua maledizione, l’empatia la stessa che aveva colpito Chrysotemis. La prima volta che era successo la giovane Vestale era stata costretta a strapparsi gli occhi per porre fine a quel tormento. Ma quella volta non aveva più alcun occhio da portarsi via. Infine fu la sua coscienza a venirle strappata via dal dolore.
T’al, proteggimi. Proteggi Chrysotemis, Jaahya, Amarantha e tutti gli uomini di Theras.
Ma quella frase venne trasfigurata in un orrendo urlo, seguito dal tonfo secco del suo corpo che si accasciava a terra inerte,
mentre la visione ricominciava ancora una volta nelle profondità della sua coscienza.

--

CITAZIONE
Questo post (riservato a Numar e Shinodari) cronologicamente occupa un tempo molto lungo, da prima dell'inizio di "Thar" fino a poco dopo la fine del post di Shinodari. Quest'ultima può considerare la trasformazione di Helaayne come qualcosa di realmente percepibile anche dal suo personaggio. Il resto avviene tutto nella mente di Raven come conseguenza di un attacco psion da lei subito.

Aspettiamo in confronto le reazioni dei vostri personaggi. Come per Ged e Roderith anche le vostre azioni influenzeranno l'evolversi della quest.
 
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Wolfo
view post Posted on 4/10/2014, 09:36





Fetiales
Thàr


Z18bS


- Non è chi dice di essere. Lui ci sta ingannando. Di nuovo… -

La giovane Vestale era in trance, vantava una coppia di iridi biancastre e parlava in una maniera diversa dal solito, quasi innaturale... come se fosse posseduta da un demone. Amarantha continuò il suo breve monologo, ignorando le urla della sorella che - preoccupata - tentava di risvegliarla.

- Lui ci attende...Nel cuore dell’inferno. E questa...è una sua creatura… -

Quel sussurro lo fece rabbrividire. Ged rimase per un attimo in allerta, stringendo con forza il manico della sua arma e guardando la Vestale con preoccupazione. Il sacerdote ipotizzò che T’al, il demone venerato da quella setta di corrotte, stesse per discendere su Theras, usando la povera Amarantha come tramite. Forse, il demonio voleva sbarazzarsi di Ged e del suo mentore, così da proteggere le sue adepte e, con esse, i suoi folli piani.

Quelle paure si concretizzarono in un istante.

Amarantha si risvegliò e, pugnale alla mano, coprì la distanza che la separava da Estariol, per poi tentare di ucciderlo con un rapidissimo affondo. - Amarantha, ferma! - urlò il sacerdote, tentando di afferrare la giovane per le braccia, così da allontanarla dal suo mentore. Tuttavia, in quella bolgia improvvisa, il sacerdote iniziò a dubitare di Estariol; il maestro aveva uno sguardo strano, vuoto. C'era qualcosa in lui di pericoloso e inquietante.
Anche Roderith provò a fermare la giovane Vestale e, nel farlo, sussurrò a Ged qualche parola. Il pastore, completamente perso nei suoi pensieri, ignorò per il momento il suo compagno, continuando a stringere Amarantha.
Fu in quell'istante che sentì il suo sangue gelare; si sentiva come se una sottile lastra di ghiaccio gli stesse penetrando sottopelle, rabbrividendolo e gelando il suo cuore.
Era la voce del suo maestro.

- Guarda che cosa mi hanno fatto, amico mio.
Ignora quanto dice quest'uomo, lui non sa. Ti prego di aiutarmi ad eliminare queste adoratrici di demoni. -


eliminare eliminare eliminare
Quella parola risuonava nella sua testa in continuazione, isolandolo dal resto del mondo e imprigionando i suoi pensieri in una spirale di dubbi e incertezze.
Perché? Perché Estariol, suo maestro - e suo grande amico - gli chiedeva una cosa del genere? No, non era possibile. Quello che aveva davanti non era il suo mentore, era un vile trucco. Un costrutto, manipolato da un burattinaio che, probabilmente, non voleva che il gruppo si avvicinasse alla sua tana. Che Amarantha avesse ragione?
Il sacerdote fu costretto a interrompere il fiume di pensieri che gli pulsava nelle tempie per ascoltare di nuovo Roderith; questa volta con attenzione.

- Fa rinsavire il tuo maestro ragazzo o riconoscilo per ciò che realmente è. Sono certo di non essere l'unico ad aver visto ombre del proprio passato e del proprio presente prendere forma in questo luogo nefasto tanto da trascendere il reale. So che puoi capirmi. -

Ged reagì di istinto e, in pochi attimi, sprigionò dal suo corpo una potente onda d'urto, con lo scopo di bloccare - nel vero senso della parola - i suoi compagni. Forse quell'azione sarebbe stata mal interpretata dalle Vestali, tuttavia lo scopo del pastore era quello di allontanare i suoi compagni da Estariol, in modo da risolvere la questione una volta per tutte.
Corse vero il suo maestro e sussurrò: - Maestro, ti prego, lascia che me ne occupi io. Non è questo il tempo, né il luogo, per agire. Permettimi di scoprire cosa hanno in mente... -. Tentò di ingannare il diavolo e, infine, decise di alzare la voce per mostrare la sua decisione: - Non attaccherò delle ragazzine. Né ora, né mai. -

Qualche secondo più tardi, Amarantha riuscì a liberarsi dalla gabbia creata dal pastore e si fiondò repentina verso il suo bersaglio. Accadde tutto molto velocemente, e il povero Ged fu costretto ad assistere alla sconfitta della giovane.
Un’onda d’urto nacque dal corpo di Estariol; simile e allo stesso tempo diverso da quello del suo allievo, l’attacco del maestro scaraventò Amarantha lontano dal campo di battaglia, facendole perdere i sensi. Jaahya urlò terrorizzata, incapace di muoversi per soccorrere la sorella in pericolo.

- Ti sei lasciato ingannare dall'aspetto di queste creature dei demoni, Ged. E' evidente che ho commesso un errore nell'affidarti questo incarico. -

Ged tremò, Estariol era deluso. Si vergognava del suo allievo e questo, il sacerdote, non poteva sopportarlo. Una lacrima solcò il suo viso, mostrando agli altri che - nonostante l’età e l’esperienza - Ged rimaneva ancora un apprendista, che avrebbe fatto di tutto per rendere fiero colui a cui doveva ogni cosa.

- Torna a casa, amico mio. Ho ancora così tanto da insegnarti. -

Fu allora che capì di essere uno stupido.
Estariol attaccò il suo allievo, generando un fortissimo lampo dalle sue mani. Senza aggiungere altro, il sacerdote si limitò a chiudere gli occhi, recitando alcune strofe nella lingua dei draghi. Dal suo corpo si generò una lucente cupola dorata, che inglobò il pastore e i compagni vicini. L’offensiva del falso maestro si infranse in mille schegge argentee, e non riuscì nemmeno a scalfire Ged e i suoi compagni.

- Vile, demone... - disse il sacerdote digrignando i denti - Come osi... non vali nemmeno l'ombra del grande Estariol! -.

Era furioso, sentiva il sangue ribollire nelle vene e nella sua mente pulsava un insolito desiderio di vendetta. Non si sentì in colpa per le sensazioni che provava; lasciò emergere gli istinti più primordiali, liberando quello che la mente non può controllare: l’istinto. Per quanto i suoi modi lo nascondessero, Ged non era un umano; era un drago.
Il sacerdote sfoderò la lancia con estrema rapidità, liberando un fulmine bluastro verso il corpo del demone. Quest’ultimo, impassibile, riuscì a eludere l’attacco, ma non capì che l’offensiva del pastore non era ancora conclusa. Approfittando della distrazione, Ged terminò il suo assalto con un veloce fendente, che trafisse il demone e lo costrinse a terra, gemendo per il dolore. Avrebbe potuto ucciderlo e porre fine a tutto… ma non riuscì a dare il colpo di grazia a un corpo con quelle sembianze.

Forse fu un errore, ma dovette farlo.
I suoi compagni erano fuggiti, lasciando sola la povera Amarantha. Ged indietreggiò, stando ben attento ai movimenti del demone, e arrivò nei pressi della Vestale. Accarezzò la sua fronte, provando a chiamarla dolcemente.
Si voltò poi verso il demone, cercando di mandarlo via. Era in pensiero per Amarantha, e da solo non sarebbe mai riuscito a gestire la situazione.

Uno sguardo. Uno soltanto.




legenda

basso: 5% - medio: 10% - alto: 20% - critico 40%

Stato fisico: indenne;
Stato psicologico: indenne;
Energia: 70%;

CS: 3 (1 istinto / 2 astuzia);

Equipaggiamento: Lancia, armatura naturale;

Note: Un post molto "sentito".
Spero di essere riuscito a far emergere un po' di sfaccettature del carattere di Ged.
Alla fine del post, dal momento che tutti sono corsi nella foresta, il sacerdote rimane con Amarantha e cerca di aiutarla... intimando al demone di andarsene (con uno sguardo abbastanza incazzoso XD).

- - - - - - - - - -


Passive:

- Ged ha ereditato dalla prestigiosa razza dei draghi un intelletto sorprendentemente acuto, che gli permette di ricordare anche i più infimi dettagli del suo passato.

- Nel caso in cui Ged si dovesse trovare innanzi ad una illusione, indipendentemente dalla natura di quest'ultima, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola. Non si lascerà ingannare dalle più banali illusioni, riuscendo a distinguerle sempre per ciò che sono.

- Il sacerdote vanta di una normale difesa psionica passiva.

- Qualsiasi difesa ad area richiamata da Ged - che sia magica, psionica o fisica - vanterà di un potere difensivo pari al consumo speso.


Attive:

Sarà sufficiente tessere poche e semplici parole in lingua dragoniana per chiedere l’aiuto della trīnĭtas, la quale discenderà su Ged sotto forma di pura energia sacra, capace di scacciare le tenebre e distruggere le ombre.
Parole come solis o lucem potranno essere combinate a una lenta nenia dettata dalla voce del sacerdote, in modo da edificare un potere divino capace di cambiare le sorti del mondo. A seconda della necessità, sarà possibile chiedere l’aiuto delle divinità anche in silenzio, semplicemente con la mente e con la fede.
Una volta investito dalla benedizione dei draghi, Ged sarà in grado di manipolare l’elemento sacro, edificando fulmini e saette direttamente dal proprio corpo. Queste avranno una traiettoria precisa e potranno rivolgersi soltanto a un singolo bersaglio. La tecnica, di natura magica e variabile, avrà lo scopo di bruciare letteralmente il bersaglio, causando ustioni più o meno gravi a seconda del consumo speso.
Allo stesso modo, il sacerdote potrà usare questo potere per generare una difesa ad area, creando una barriera attorno sé (e ai suoi alleati) al fine di contrastare un’offensiva nemica. Questa tecnica, come la precedente, è di natura magica e prevede un consumo di energia variabile. La difesa eretta avrà le sembianze di una semplice e abbagliante cupola (dal diametro di circa dieci metri), e proteggerà - per una sola azione - tutti quelli che staranno all'interno di essa. [ 1x attacco medio / 1x difesa media ]

Ged, con un consumo medio di energia, potrà creare una sorta di campo magnetico (dalle sembianze di una cupola trasparente, visibile soltanto per la leggera distorsione dell'aria) avente un diametro di circa dieci metri. Ad eccezione del sacerdote e dei suoi alleati, i bersagli presenti nell'area rimarranno paralizzati, incapaci di muoversi all'interno della cupola di energia.
In termini di gioco, si tratta di un attacco ad area di natura magica che genera, su tutti i bersagli, una costrizione di livello basso e dalla durata di un turno.

 
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view post Posted on 5/10/2014, 06:50
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Suzushikei
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Fetiales

Tẖạ̉r
ثار
Scena Seconda



La vita è simile allo sciabordio delle onde del mare. Un continuo oscillare nel quale la forza vitale dell'acqua si trasforma in una lenta e costante erosione.
Un pensiero che non aveva nulla di poetico.
Era una semplice constatazione di quanto le battaglie non possano essere combattute armati della sola Speranza.
E i miracoli sono illusioni che celano una verità difficile da accettare.

«Parlato (Umano)» «Parlato (Avatar)» Pensato Narrato
- Helaayne - - Raven - "Robert/Eliphas"



Helaayne era la mio fianco e nulla aveva più importanza. Dovevo allontanare la bambina da quel luogo maledetto, prima che fosse troppo tardi. Non potevo rischiare che le influenze demoniache la contagiassero. Era mio dovere proteggere quella fragile vita anche a costo di non onorare le ultime volontà di un defunto. Zaide avrebbe capito... E forse anche Dama Raven, se le avessi spiegato i miei intenti, il desiderio di accendere una luce di Speranza. Avevo scelto di mia iniziativa di partecipare a quella missione, ma nuove ed imprevedibili circostanze avevano ribaltato le mie priorità.

I vivi prima dei morti... Non l'avresti voluto anche tu, Zaide, per tua figlia?



Li stavo tradendo, la Dama in Nero e Messere Robert. Li stavo abbandonando al loro destino per salvare Helaayne da quelle voci che la chiamavano “sorella”.
E non avevo la più pallida idea di come mettere al corrente il resto del gruppo di questa mia repentina decisione.

- Tu... non sai a quali forze terribili hai permesso di scatenarsi... Ragazzo! -



Quelle parole echeggiavano nella mente come una cantilena senza fine, mentre il mio animo era roso dall'indecisione. Osservavo angosciato la trasformazione della bambina, la perdita dell'umanità in favore della sua reale essenza. E non potevo fare nulla per evitarlo... Lei era come me, un demone, un sangue corrotto... Una fievole fiammella, che non aveva avuto la possibilità di alimentarsi della luce della purezza. L'oscurità l'aveva reclamata a sé nel momento di maggiore debolezza. Era sola, senza nessun affetto ed io... io non ero riuscito a trovarla in tempo... a proteggerla da se stessa.
Il suo terrore si riflesse nei miei occhi, l'ultima scintilla di innocenza prima di abbracciare il richiamo dei suoi fratelli, dei nostri fratelli.

Helaayne... Speranza...



Un grido simile alla sofferenza di un'anima straziata si liberò con forza dalle labbra della vestale, come una melodia dissonante che accompagnava la donna nel suo viaggio verso l'oblio.
Stordito da quegli accadimenti, non riuscii a muovermi per soccorrerla, lasciando che il corpo esanime toccasse il terreno contaminato dalla nostra genia.

Mi occorse qualche attimo prima di riprendermi, di reagire per cercare di... già, di fare cosa?
Osservai Hellayne rendendomi conto, che, forse, non tutto era perduto.
La piccola non si era ancora arresa, lottando contro il suo io demoniaco, ma qualcosa in Robert la stava agitando, deconcentrandola.

- Perché mi guardi così? Cosa ho fatto? Cosa mi hanno fatto?? -

No, non andava bene. Se volevo provare a darle una possibilità di scelta, dovevo rafforzare in qualche modo il suo animo umano. E nel frattempo serviva che qualcuno si occupasse della vestale. Ero preoccupato per le sue condizioni, ma la situazione era così instabile che dovevo fare una scelta, consapevole che ne avrei pagato le conseguenze.
«Messer Robert, occupatevi di Dama Raven, per favore. Alla piccola ci penso io.» Assunsi un'espressione seria, cercando di recuperare il sangue freddo, sperando nella sua collaborazione.
Diressi lo sguardo verso la ragazzina demone. «Helaayne... Speranza! Guardami. So che quanto ti sta accadendo sia spaventoso per te, ma ti chiedo di fidarti di me. Sei sempre la stessa bambina che ho conosciuto. Ti prometto che sistemeremo ogni cosa, ti prometto che tutto questo incubo finirà, ma non lasciare che questi eventi ti cambino. Io sono qui, al tuo fianco. Non ti lascio.» Cercavo di tranquillizzarla, pur sapendo che non sarebbe stato facile. Era una bambina, sola, spaventata, senza alcun punto di riferimento...

...come me del resto... tanto tempo prima...



Sarei riuscito a cambiare il suo fato, a liberarla da quelle stesse catene che avevano imprigionato il mio essere per intere esistenze?

Entrambi figli di due mondi in costante lotta tra loro,
entrambi tentati dall'oscurità,
entrambi posti davanti alla scelta più facile per creature dal sangue corrotto.


Mentre le parlavo, provai a stringerla tra le mie braccia nel tentativo di trasmetterle quel calore, che nessun demone sarebbe stato in grado di donarle.
Le sue lacrime inumidirono le mie vesti, ma fraintesi il loro significato.
Si sciolse repentinamente dall'abbraccio, mentre fremeva in preda all'ira.
- No. Non sono la stessa bambina che hai conosciuto. E io non mi chiamo Speranza. -
Lo sapevo, ma mi rifiutavo di accettarlo.
Le sue iridi ardevano di una fiamma che non era umana.
Mi lasciai sorprendere dalle sue rapide movenze, non riuscendo a fermare l'attacco ferale ai danni di Robert.
Ero sconvolto. La mente gridava ordini al mio corpo, ma non riuscivo a muovermi.
Per un istante il tempo sembrò rallentare quasi a voler imprimere nel mio animo lo scambio di parole che seguì.
"Istâdan! Mim injâ be komak..."
Quell'idioma era la lingua antica del mio popolo... come era possibile che quell'uomo la parlasse fluentemente?
- Doruğ...doruğ-hâ! Tu hai il cuore nero...non puoi mentirmi. Anche mia madre era come te! -
E ancora una volta la sua furia si scatenò, mentre la verità di quella parole si faceva strada nel mio animo.
La natura di Zaide... Una realtà che conoscevo, ma che avrei preferito non udire dalle labbra della figlia.
A malincuore mi resi conto che la bambina non era più la “Speranza”.
Lasciai l'uomo al suo destino, focalizzando le energie sul mettere in pratica un'idea che aveva preso consistenza nella mia mente. Era un tentativo disperato, probabilmente folle, ma se non provavo ad aiutare la vestale, chi altri l'avrebbe fatto?
Mi concentrai nel creare uno scudo in grado di rafforzare la nostra volontà. Avevo reagito in ritardo, ma non volevo arrendermi. Non avendo percepito emanazioni magiche, l'unica conclusione plausibile era che la donna fosse vittima di un qualche potere mentale. Non era una difesa potente la mia, eppure volevo credere che, in qualche modo, sarebbe stata d'aiuto. Mi inginocchiai accanto a lei, cingendole la schiena con una delle braccia, cercando di sollevarla delicatamente.
«Mia Signora, vi prego, cercate di reagire! Dovete lottare! Svegliatevi! Tornate indietro, ovunque voi siate!» la chiamai con voce decisa. «E' vero, non vi ho rivelato tutto su di me, sulla mia reale natura, ma vi giuro che non ho intenzioni ostili nei vostri confronti. Desidero soltanto che lei possa riposare in pace e che sua figlia possa avere un futuro sereno. Se non credete alle mie parole, allora ditemelo ancora una volta in faccia! Fate appello a tutta quella determinazione e sfrontatezza di cui siete capace e svegliatevi Potevo solo sperare che la mia voce la raggiungesse.
Ero stato egoista, scegliendo la via più facile; eppure non ero io quello che cercava sempre una terza opzione? Perché non potevo salvarle entrambe da quel luogo di corruzione?
- Non toccarla! - le grida della bambina raggiunsero le mie orecchie. - Vattene, vai via adesso! - Il suo tono era mutato, distorto, come se fosse la nota portante di un coro di voci appartenenti a qualcun altro.
L'urlo raggiunse una tale intensità da creare una spaccatura nel terreno, una fenditura da cui vidi liberarsi creature d'incubo. Pipistrelli demoniaci, il cui stridio si diffuse nell'aria, come un sinistro accompagnamento alla loro danza di morte.
Ci raggiunsero rapidi, bramosi del nostro sangue, della nostra anima. Eressi una barriera per proteggere la vestale, incurante dei danni alla mia persona. Strinsi i denti per il dolore, cercando di sollevarmi in piedi, tenendo la donna tra le mie braccia.
Mi concessi un solo istante per osservare la fuga del mio compagno. Forse era un bene che se ne fosse andato via; un problema in meno di cui occuparmi nell'immediato.
Un nemico in più con cui avremmo dovuto fare i conti in futuro...
Al momento la mia priorità era quella di far ragionare una bambina soggiogata dal suo sangue demoniaco. Se la situazione non fosse stata così drammatica, sarei scoppiato a ridere per l'insensatezza dei miei propositi.
«Helaayne, non ho intenzione di andare via abbandonandoti a questo tuo insano desiderio di distruzione, né di lasciare Dama Raven in balia degli orrori di questo posto. Puoi ancora scegliere chi essere! Annientare o essere distrutti, è davvero questo ciò che desideri? Credi che essendo un demone, l'unica via sia la dannazione? Furia, odio, desiderio di uccidere, giocare con quelle creature così patetiche che ci circondano, così fragili rispetto a chi è nato nella corruzione... E' così facile assaporare queste sensazioni, lasciarci ammantare dalle loro paure, risucchiare completamente la loro linfa vitale. E' la natura di chi ti ha chiamato sorella, l'eredità che ti è stata lasciata, la mia stessa ascendenza...» Per dare enfasi alle mie parole, decisi di riassumere la mia identità di Incubus. «Ragazzina, credi che io non abbia sperimentato quello che tu ora stai provando nel tuo animo? Non hai neanche idea di quanto sia pura la mia ascendenza demoniaca! Eppure, nonostante tutto, ho scelto di essere libero da queste catene che ci rendono schiavi dei nostri istinti primordiali. Ho fatto una promessa alla bambina che ancora vive in te. Non mi importa quale sia il sangue che ti scorre nelle vene, io lotterò anche per te, se necessario, pur offrirti una diversa visione di questo mondo, per permetterti di vivere un'esistenza lontana da tutto questo veleno.» Non era più Kirin a parlare a Speranza, ma il demone che albergava nel mio animo che si rivolgeva alla piccola.
Colsi nel suo sguardo un misto di tristezza e di mal celato fastidio.
Aveva lasciato andare Robert, come se avesse perso interesse nei suoi confronti, senza seguirlo all'interno di quella oscura foresta.
Helaayne era un demone, ma il suo animo era ancora quello di un fanciullo attratto da ogni novità.
La vidi accarezzare uno dei pipistrelli, che si era posato sulla mano, con la stessa naturalezza di un bambino che coccola un uccellino addomesticato.

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- Tu... non sai a quali forze terribili hai permesso di scatenarsi... Ragazzo! -
Lo so fin troppo bene, Dama Raven. Ho peccato di egoismo, ma non posso ucciderla. Helaayne è la mia sorella di sangue, l'ultimo legame con la mia natura demoniaca.

I miracoli sono illusioni che celano una verità difficile da accettare,
una realtà che ora ero in grado di vedere,
spoglia del suo velo di finzione.



D7g4Hgy
Kirin Rashelo

CS
[Riflessi 3, Intuito 1], «Kirin l'umano»
[Intuito 2, Intelligenza 2], «Zeross l'Incubus»


Energia: 70% = [100 - 10, Volontà di Ferro ad area, - 20, Muro di Forza su Raven]%
Danni Fisici: Alto, sparso sul corpo.
Stato Emotivo: Combattuto.

Equipaggiamento

Flintlock: 3/3 [non estratta]
Schiavona [nel fodero]
Ali Oscure 20/20 [piume da lancio]

Erba ricostituente 1/1
Mutaforma I 1/1 [Gemma della Trasformazione]

Amuleto Lunare, Gemma della Sapienza [Cristallo del Talento], Pietra Lunare della Percezione [Amuleto dell'auspex]

Passive

Mutaforma II
Personalizzazione dell'abilità razziale "Forma demoniaca" della Progenie dei demoni

Arcanista I
Kirin è in grado di a manipolare la magia per creare delle pallottole di puro potere arcano.
In termini tecnici questi attacchi a distanza possono essere utilizzati liberamente,
ma rappresentano comunque dei semplici colpi non tecnica.


Arcanista II
Le abilità magiche possedute da Kirin saranno così elevate da superare qualsiasi processo che intercorre fra intenzione e azione,
permettendogli di utilizzare tutte le proprie tecniche di natura magica in tempi di concentrazione pressoché nulli,
generandole istantaneamente e in qualsiasi condizione psicologica.


Arcanista III
Affinando l'intelletto con l'aiuto della “Gemma della Sapienza”, Kirin ha raggiunto lo stadio ultimo dei suoi studi: la “Visione della Magia”.
Non importa come si definisca tale capacità, auspex, sesto senso, intuito, quello che conta è il poter “vedere” gli effetti arcani comprendendone la loro natura intrinseca.


Telecinesi
Taanach: quel giorno segnò la fine di quasi tutte le mie abilità "Esper".
L'unica capacità, che è sopravvissuta, consiste nel riuscire a muovere il mio equipaggiamento con la sola forza del pensiero,
senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto alla mia posizione.


Tattiche di combattimento
Kirin potrà riuscire ad elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. La tecnica conferisce la capacità passiva di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In uno scontro ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro da parte di Kirin.

Sostentamento Arcano
Kirin è in grado di cancellare le limitazioni fisiche che conseguono dalle ferite inflittegli. Il dolore sarà sempre presente e lui morirà comunque una volta accumulata una serie di danni pari a Mortale. Eventuali mutilazioni parziali possono però essere ignorate nel loro handicap pratico (ferite alle gambe che non impediscono di muoversi, mano ferita che continua ad impugnare la spada, occhio accecato che non impedisce di prendere la mira con l'altro sono solo alcuni esempi). Personalizzazione: Fiamme azzurre eteree che ricoprono le parti lese.

Volo Telecinetico
Ai fini tecnici la passiva donerà a Kirin la capacità di volare, ma si muoverà alla stessa velocità che avrebbe sul terreno.

Attive

Volontà di Ferro
Kirin è in grado di schermare la sua mente rendendola immune agli attacchi di natura psionica di potenza pari o inferiore a Medio.
Riducendone l'efficacia a Basso, sarà in grado di estendere tale protezione a tutti i suoi alleati.
Note Tecniche: la tecnica è una difesa psionica
Consumo di energia: Medio.
Attivata ad area.


Muro di Forza
Attraverso la manipolazione della arti arcane sono in grado di elevare a mia protezione una barriera di forza invisibile.
Note Tecniche: L'incantesimo è difensivo, singolo bersaglio.
Tecnica di natura magica.
Consumo di energia: Variabile Alto


Riassunto:
Kirin è combattuto tra la sua natura umana e quella demoniaca. Inizialmente sceglie di pensare solo alla salvezza di Helaayne, ma con il passare del tempo si rende conto che si sta comportando da egoista. Decide di aiutare Raven, attivando una difesa psionica ad area, scatenando l'ira della bambina demone che richiama delle creature simili a pipistrelli. Incurante dei danni alla sua persona, Kirin erige una barriera a protezione della vestale ancora priva di conoscenza. Per cercare di far ragionare la figlia di Zaide, il ragazzo si trasforma in demone per dimostrarle che può scegliere di essere libera dal suo sangue corrotto. Purtroppo le sue parole non sembrano far breccia nell'animo della bambina, lasciando Kirin a riflettere sul legame che li unisce.

Commenti
Spero di essere riuscita a trasmettere le emozioni che Kirin sta provando in questo momento, il suo conflitto interiore, la dualità che sta emergendo con forza, facendolo oscillare tra demone e umano.

Note
"Istâdan! Mim injâ be komak..."
[Traduzione: "Fermati! Sono qui per aiutarti..."]

- Doruğ...doruğ-hâ! -
[Traduzione: - Menzogna...bugiardo! -]


 
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view post Posted on 5/10/2014, 22:41
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I giorni erano trascorsi fin troppo lentamente per i suoi gusti. Non era la prima volta che viaggiava; da anni si spingeva fino agli estremi capi del mondo pur di trovare reliquie o conoscenze che gli Agenti non erano in grado di recuperare, come il suo titolo di Stregone e la sua insaziabile fame di sapere gli imponevano.
Ma l'unica compagnia che aveva sempre avuto era l'unica che apprezzasse: la sua. Con l'eccezione di qualche demone di scorta, il suo era sempre stato un viaggio solitario.
Durante quel piccolo esodo invece era stato circondato da persone. Persone che lui avrebbe volentieri eliminato ma con le quali era stato costretto a mantenere una facciata cordiale. Aveva quindi sorriso, parlato in quella che senz'alcun dubbio era la perfetta parte di un giovane ragazzo in cerca di vendetta contro i mostri che gli avevano rovinato la vita. Aveva mostrato l'umiltà tipica di chi appartiene alle umili origini, la gentilezza di chi ha un buon cuore e una punta di malinconia di chi è sopravvissuto ad un massacro. Sì, era molto orgoglioso di sé stesso.
Aveva conosciuto tutti i membri di quella spedizione cercando di scoprire al più presto le loro debolezze per poterle usare contro di loro, ma alla fine era giunto alla conclusione che sarebbe stato più semplice aspettare il momento propizio lasciando che tutti loro si indebolissero di fronte alle avversità del Buco del Diavolo. Fortunatamente non avevano avuto molti contatti con le Vestali, quella che pareva la seconda in comando, Raven, aveva tenute separati donne e mercenari. Eliphas non poteva che esserne felice: faticava a non rispondere in malo modo a quelle eretiche ed ogni volta che le vedeva la sua mente correva sempre alla Lama nascosta nella manica; inoltre una delle gemelle -Jaahya o Amarantha, faticava a distinguerle- a volte lo fissava con uno strano sguardo...
Comunque quel martirio mentale stava per giungere alla sua conclusione. La sera prima la cosiddetta "Reverenda Madre" se n'era andata e il gruppo finalmente si divise. Le due gemelle con Roderith e Ged, lui con Raven e Kirin, un ragazzo dai capelli rossi. Represse un sorriso pensando alla sua fortuna; del resto era più semplice sbarazzarsi di un paio di membri piuttosto che del gruppo intero.
Mentre marciavano lo stregone non potè fare a meno di pensare alla solitaria partenza della donna che aveva organizzato quella spedizione. Quella matta sperava davvero di poter sopravvivere nel crudele sud da sola ? Forse nascondeva qualcosa...
Stava pregando Tzeentch che la vecchia fosse già cibo per i figli di Baathos quando Kirin si fiondò tra gli alberi, attirato da qualcosa. Ne sbucò fuori poco dopo tenendo per mano una bambina.
Non aveva molta fiducia sul fatto che i suoi compagni avessero un intelletto elevato o anche solo sufficiente e questo fatto ne fu la conferma. Quale malsana mentalità potrebbe mai pensare che una semplice bambina possa sopravvivere alle porte di Baathos ?! Quella mocciosa era senza alcun dubbio una delle ingannevole minacce del posto e loro ci si erano volontariamente fiondati contro per sbatterci la testa con forza. Persino l'eretica aveva capito.

"Tu... non sai a quali forze terribili hai permesso di scatenarsi... Ragazzo!"

Qualche istante dopo lei era caduta a terra emettendo un acuto grido che diede il via ad una serie di spiacevoli eventi. La piccola si rivelò essere il demone che ovviamente era. E mentre osservava quelle pelle scura e quei poderosi artigli, gli ingranaggi della mente di Eliphas lavoravano incessantemente. Forse il suo voltagabbana poteva avvenire prima del previsto; la Vestale era a terra, un facile bersaglio, e il rosso si sarebbe trovato in inferiorità numerica.
Tuttavia il demone mal interpretò il suo sguardo.

"Perché mi guardi così? Cosa ho fatto? Cosa mi hanno fatto??"

Istintivamente fece un passo indietro. Aveva imparato a non sottovalutare i demoni liberi, spogli dagli obblighi verso un evocatore. Fece per parlare ma l'altro lo precedette.

"Messer Robert, occupatevi di Dama Raven, per favore.
Alla piccola ci penso io."


Stava per rispondergli male ma ci ripensò quando comprese l'opportunità che quell'idiota gli aveva fornito. Si mosse velocemente verso la donna inginocchiandosi al suo fianco. Alle sue spalle Kirin cercava di tranquillizzarne quella bestia scatenata che lui si ostinava a trattare come una bambina, ma a lui non giungevano che parole ovattate. L'eretica era lì, svenuta, vedeva il suo collo; non avrebbe opposto resistenza. Con un sorriso, infilò le dita sotto la manica.
Un''improvvisa fitta di dolore lo colpì alla nuca. Sentì la pelle lacerarsi sotto una presa talmente forte da essere innaturale e nel breve istante prima di essere gettato diversi metri più in là capì di aver fatto il più stupido e letale degli errori. E Tzeentch non perdonava la stupidi, soprattutto da parte dei suoi discepoli.
Aveva dato le spalle ad un demone. E ora ne pagava il prezzo.
Appena toccò il terreno, un sonoro gemito fuoriuscì dalla sua bocca mentre una mano andava a constatare i danni che gli artigli di quella piccola bastarda avevano causato. Le dita sfiorarono la carne esposta macchiandosi di sangue e gli sfuggì un'imprecazione per il bruciore. Ma si considerò abbastanza fortunato: i tagli bruciavano ma non erano profondi. Lentamente cercò di rimettersi in piedi fissando negli occhi quella potente mocciosa. Doveva portarla dalla sua parte al più presto possibile...anche a costo di svelare tutte le sue carte.

"Istâdan! Mim injâ be komak..."

"Doruğ...doruğ-hâ!
Tu hai il cuore nero...non puoi mentirmi. Anche mia madre era come te!"


Con uno scatto ferino quella si portò nuovamente accanto allo stregone cercando di strappargli gli occhi con quei poderosi artigli che tanto a lui avrebbero fatto comodo. Istintivamente il giovane portò un braccio davanti al volto e un'opaca barriera nera si formò in un battito di ciglia. La potenza del demone tuttavia era troppa; l'incantesimo durò poco e la punta di quelle lame naturali ferì l'arto.
Per la prima volta pensò che sarebbe potuto morire. Ma come poteva essere questo il volere di Tzeentch ? Come poteva la sua morte rientrare nei piani del Sommo Stregone ?
No, lui non poteva morire. Era troppo prezioso, troppo utile...
Quante volte aveva ucciso in suo nome ? Quanti misteri aveva risolto per onorarlo ? Quante sacre reliquie aveva riportato alla luce ?
No, Tzeentch non poteva volerlo morto!
Difatti l'attenzione della creatura fu attirata questa volta dal rosso che si era altruisticamente mosso in aiuto della Vestale svenuta. La piccola parve non apprezzare quel gesto.

"Non toccarla! Vattene, vai via adesso!"

Le sue parole furono accompagnate da una spaccatura nel terreno e strane creature, forse i cugini meno evoluti delle Furie, uscirono a frotte dal terreno, con grida stridule e fame di carne umana. Ma questa volta era preparato: una grossa cupola scura lo avvolse e lo sciame non trovando gusto nello sbattere contro magia nera concentrò le sue attenzione sugli altri due mortali. Appena ebbe campo libero, decise di seguire il consiglio spassionato della mocciosa dandosi alla fuga.
Molti l'avrebbero ritenuto un gesto vigliacco ma lui ben sapeva cos'era più importante. E restare a morire per mano di un demone che non vuole esserti alleato non lo era!
Tutto ciò che poteva fare era dirigersi verso il Buco del Diavolo, verso la fonte del potere, e sperare che quella piccola bastarda uccidesse gli unici testimoni del suo tradimento.



Eliphas


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

CS: Intelligenza/2 - Determinazione/1

Fisico: Medio da taglio alla nuca, Medio da contusione al torso, Basso da taglio al braccio destro

Mente: Illeso

Energia: 100%-5%-20%= 75%


Passive:
- Non sviene sotto il 10% di energia
- Evoca istantaneamente
- 1 CS alla Forza a tutte le sue evocazioni
- Le evocazioni possono usare le sue tecniche attingendo alla sua energia

Attive:

Il Potere nelle Mie Mani
Estremamente ardui sono gli allenamenti di chi si appresta a diventare uno degli stregoni di Tzeentch. Molti di coloro che intraprendono quest'oscura via finiscono per impazzire quando vengono messi di fronte alla complessa realtà della magia di Baathos oppure i loro corpi non sopportano questo enorme potere finendo per implodere su sé stessi o peggio...
Eppure i vantaggi di chi, come Eliphas, riesce a completare l'arcano percorso sono inimmaginabili: la stessa realtà si piega tra le sue dita permettendogli di afferrare e plasmare energia pura, la concretizzazione stessa della magia. Ciò che di solito scorre nell'etere con la violenza di un fiume in piena ora serpeggia docile tra mani mortali per assumere svariate forme e scopi, sia che si tratti di difendere, tramite la proiezione di scudi o barriere, o di attaccare, attraverso la creazione di piccoli sfere o enormi rilasci di energia pura.
Essa potrà addirittura una parvenza di intelligenza propria ritardando l'attacco che dovrebbe condurre per cogliere il nemico contropiede; che sia lei o lo stesso Tzeentch a volerlo è un mistero.

Cristallo del Talento - Pergamena Vuota - Abilità personale 1: Formazione di barriere o scudi che proteggono il caster; Variabile Difensiva ; Natura Magica; Elemento Energia di Baathos; Potenza pari a Consumo - Pergamena Iniziale Negromante "Proiettili Neri": Consumo Medio; Danno Medio; Potenza Alta contro Draghi, Bassa contro Demoni - Abilità personale 3: Rilascio di energia dal caster verso il nemico; Consumo Alto; Danno Alto sotto forma di bruciatura; Natura Magica - Pergamena Iniziale Negromante "Costellazione": Consumo Medio; Danno Medio il turno seguente al suo utilizzo; Potenza Alta contro Draghi, Bassa contro Demoni


Note:

Faccio ciò che abbiamo concordato in confronto. Naturalmente ogni offesa è pensiero del mio pg non mio :v:

Traduzione Lingua Demoni Antica:
- Istâdan! Mim injâ be komak... = Fermati! Sono qui per aiutarti...
- Doruğ...doruğ-hâ! = Menzogna...bugiardo!

 
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view post Posted on 11/10/2014, 09:31

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Sürgün-Zemat, Al limitare sud della Foresta della Notte. Le prime ore del mattino. Nebbia fitta.


La paura mi accecava, mandandomi a sbattere contro spuntoni di roccia e rami secchi. Era come se quella maledetta foresta avesse braccia e occhi, lunghe e graffianti dita che si impigliavano continuamente nei miei capelli. Ero fuori di me.
A malapena riuscivo a pensare ad Amarantha, a Selene, a quello che stavo facendo: fuggivo. Il mio primo impulso, certo, era stato quello di mettermi in cerca di Chrysotemis: lei doveva avere un’idea di quello che ci stava accadendo da quando ci aveva lasciati.

Da quando ci aveva lasciati.

Non poteva essere un caso.
La Madre nascondeva qualcosa, era chiaro a tutti...Ma avevo sempre pensato che sapesse ciò che faceva e che celasse la verità per un motivo più nobile. Per proteggerci. E se invece…? No, non era possibile. Non poteva essere un...un demone, o l’avremmo capito prima.
I miei pensieri si affastellavano confusi, gettandomi nel panico ad ogni passo. Cosa dovevo fare? Cosa dovevo fare?
A un tratto, quasi mi scontrai con una figura che si muoveva rapida nel folto della foresta: gridai terrorizzata, ma ero troppo sfinita per scappare di nuovo. Se quella era la fine, che arrivasse.
Ma non arrivò alcun fendente, alcuna artigliata né occhi rossi o strida da incubo. Mi azzardai ad aprire gli occhi e finalmente lo vidi, avvolto nella fitta nebbia mattutina.

- Robert! Sir Robert! - per il sollievo mi misi a singhiozzare e a balbettare confusamente tutto quello che mi passava per la mente. - Che bello vedervi! Non...non avete idea...E io...Ma non c'è tempo da perdere, correte presto, dovete aiutare mia sorella! E’ successo qualcosa di strano da noi, un uomo che conosceva Ged è arrivato all’improvviso ma poi qualcosa è andato storto… - mi bloccai. Dove diavolo erano gli altri? - Ma voi...Siete solo? Dove sono Raven e Kirin?

L’angoscia mi spezzava la voce. Forse Chrysotemis ci aveva divisi per colpirci isolatamente?

Ma non ebbi tempo di pensare altro.
Un boato echeggiò nella nebbia, e all’improvviso mi mancò la terra sotto i piedi.
Gridai, mentre la foresta si squarciava aprendosi in un crepaccio proprio sotto di me.

- Robert! - urlai con quanto fiato avevo in gola. - Robert!!

Il mondo franava, trascinandomi con sé. Una radice sporgente mi offrì un appiglio per non precipitare rovinosamente nel vuoto, ma non ero certa di poter resistere a lungo.

- Robert, aiutatemi!

Ma non feci in tempo a vedere altro, perché la foresta sembrò prendere vita sopra le nostre teste, e vidi chiaramente una sagoma afferrare il mio amico per il collo.
Il boato era assordante, non sentivo più nemmeno le mie urla.
E poi credetti di svenire dalla paura, perché a quanto pareva il crepaccio non era solo un luogo in cui precipitare, ma anche un luogo da cui uscire.

Scorpioni.

Centinaia di orribili bestiole nere salivano dalle profondità degli inferi in cerca di qualcosa da mordere. E io ero lì, vittima inerme, pronta per il loro banchetto.

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La bambina accarezzò il pipistrello appollaiato sul suo braccio come uno strano giocattolo. La bestiola rimaneva tra le sue mani come addomesticata, aprendo leggermente le ali ad ogni tocco delle dita di Helaayne. Poi svanì in uno sbuffo d’ombra.

- Kirin, fratello mio. E’ bello rivederti. Ma fa un po’ male...Mi fa ripensare a quella notte che… - si interruppe.

Forse il ragazzo avrebbe capito a cosa si riferiva. Il panico serpeggiava a Taanach, la morte bussava alle porte della città e la follia era ormai di casa, ma la bambina - Speranza - si sentiva protetta e sicura.
A casa.
C’erano Kirin, e quell’altro strano tipo. Il mercante. Non certo uno a cui piaceva dimostrare affetto, ma la connessione tra loro tre era stata profonda; erano arrivati, l'avevano aiutata e protetta, per poi riaffidarla a sua madre, tornata per lei. Morta per lei.

Nel bagliore rosso dei suoi occhi di brace Kirin poteva leggere chiaramente i suoi pensieri, come se li vedesse scorrere davanti a sé.

- Ma devo prendere una decisione ormai. Ci sono in gioco cose grandi...molto grandi, Kirin.

Parlava con distacco, ma era presente nella sua voce una nota di sofferenza: sembrava fosse a conoscenza di un segreto terribile, ma se così era, lo celava davvero bene nel suo piccolo cuore.
Tacque per un istante, giocherellando con l’ombra nera che era il pipistrello, una sottile voluta di nebbia oscura che le si insinuava tra le dita come un serpentello.

- Non ho più paura. Ora ho capito quello che sono, e posso imparare ad accettarlo. Ma non se… - la sua voce si incrinò. - Non se tu ti ostini a volermi proteggere, Kirin. Non se tu rimani qui.

L’ombra tra le sue mani crebbe a dismisura, superando la piccola statura della bambina e vorticando come impazzita sopra la sua testa.

- Kirin...Scusami.

Un enorme pipistrello dagli occhi di fuoco e dai denti affilatissimi nacque dalla nebbia nera spiegando le sue orribili ali scheletriche. Brandelli di cartilagine si tendevano tra le ossa conferendo al mostro un aspetto putrefatto e minaccioso. A un cenno di Helaayne la bestia si scagliò con inaudita violenza su Kirin, con un intento preciso: uccidere.

La bambina pareva combattere sgomenta con un desiderio intimo di fuggire, o forse di fermare il mostro che lei stessa aveva evocato dalle profondità infernali: si torceva le mani e osservava la scena con il fiato sospeso. Ma ormai ciò che era stato fatto non si poteva più cancellare. Rimase immobile ad attendere che il suo amico - il suo fratellone - venisse distrutto dalla sua creatura, o fuggisse da lei.
Poi, senza voltarsi a guardare, richiamò la bestia, e svanì nelle ombre insieme a lei.



Ecco due piccole scene per Numar e Shinodari. Le corrispettive scene per Roderith e Wolfo arriveranno dalla penna di Oblivion, stay tuned.
Numar
Eliphas incontra nella foresta Jaahya e si trova a dover fronteggiare l'attacco accennato nel post.
Gli alberi contano come due attacchi magici di livello alto ciascuno. Gli scorpioni contano come un attacco magico alto ad area; l'ordine degli attacchi è: 1) attacco degli alberi su Eliphas (tentativo di strangolamento) 2) scorpioni che incontrano sul loro percorso prima Jaahya poi Eliphas 3) alberi attacco a piacere. Dovrai gestire il tuo post come un vero e proprio post di duello - con la differenza che io ti ho rivolto contro tre attacchi -, hai due slot tecnica come di consueto. Sebbene l'entità e gli effetti dei miei attacchi siano definiti, tu devi personalizzarli nel tuo post, ovvero romanzarli a piacere mantenendo gli effetti inalterati.
Shinodari
Kirin invece deve far fronte a un nemico solo, ma potenzialmente più insidioso: la bambina. Perdi in partenza il 5% delle tue energie e provi una sensazione di grande tristezza e spossatezza. Hai presente la scena di Artax che sprofonda nelle paludi della tristezza nella Storia infinita? Ecco, una cosa del genere. Si tratta di una psionica di livello Medio, contrastabile come tale (il 5% delle energie invece lo perdi comunque, è una cosa a parte). La bestia creata da Helaayne ti attacca due volte (dovrai personalizzare tu gli attacchi nel tuo post), si tratta di due distinti attacchi magici di livello Alto. Anche per te, si tratta di un normale post di duello con due slot tecnica a disposizione.

Avete tempo fino a giovedì 16 per postare!
 
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Roderith
view post Posted on 12/10/2014, 10:32




-- Thàr --






Oramai erano trascorsi diversi giorni dalla loro partenza, dal rudere comunemente chiamato "vecchio tempio", e non molte pause furono concesse al gruppo di pellegrini. Le giornate trascorrevano lunghe e monotone, pilotate dall'innesorabile ritmo della marcia, dal continuo crepitio dei carri e non meno dai numerosi lamenti mal celati delle ragazze più giovani. Le ore di quel cocente sole parevano non esaurirsi mai, al contrario del poco conforto portato dal riposo notturno il quale, come ad apparire sadico ed ingiusto, pareva talvolta lasciare la compagnia in stato peggiore di come l'avesse accolta. Nessuno dei due monaci si sarebbe aspettato di rimpiangere quell'interminabile routine, poiché tutto iniziò a cambiare quando i crociati si addentrarono nella fitta foresta situata al limitare dei territori che conducevano al Buco. Il "Buco del Diavolo": mai nella sua lunga vita Roderith vi mise piede, men che meno la giovane protetta. Quell'enorme ed onnipresente gorgo godeva di una triste fama presso l'ordine dei Custodi; i monaci lo chiamano "la Seconda" poiché, assieme alla frattura di Baathos -la "Prima"-, rappresenta il fallimento ultimo dell'ordine -e del fondatore Rashaad- nel debellare il cataclisma che vide i loro albori. In quei boschi, in quel dedalo di alberi contorti e piegati sotto il peso di una presenza tanto potente quanto inafferrabile, fu la stessa notte tanto agognata a divenire motivo del loro tormento, o meglio, quello del Maestro. Roderith si fece silente, se possibile ancor più di quanto lo fu alla partenza, lo sguardo cupo poggiava al terreno, imperturbabile, marmoreo. Selene lo vide e ne ebbe timore; video quello sguardo che mai prima d'allora scorse sul volto del padre, vide la postura e l'andatura rigida e possente, quasi titanica, scavare solchi sul terreno al suo passaggio, come oppresso da una forza invisibile. Il pesante turibolo alla sommità dell'asta d'ossidiana pareva come animarsi, di tanto in tanto, e sprigionare volontariamente nuvole d'incenso verso il volto del custode.

"Non avrei mai dovuto portarla con me.."

Da diversi giorni aveva perso il sonno e pensanti occhiaie ne solcavano il viso come profonde ferite. Le sue notti erano disturbate, tormentate e corrotte.. dal suo passato. Ombre di uomini e donne che amò come fratelli e sorelle, spettri di battaglie in cui li perse, fantasmi che domandavano a gran voce: pietà, vendetta.. e morte. Pareva come se ogni uomo ucciso nella sua passata esistenza fosse tornato a riscuotere un debito; dal più infimo brigante al più nobile dei cavalieri che si frapposero al fù-cavaliere, divisi dalla terribile ed imparziale lama della guerra. Tutti incrociarono il suo sguardo durante quel viaggio e di tutti ricordò il volto. A poco servì viaggiare fissando il suolo, lo vedeva ricoprirsi dello stesso sangue e della stessa bile da lui versata quando ancora nel mondo era conosciuto come il cavaliere dal braccio d'acciaio. Qualunque cosa stesse animando le ombre del suo passato era vicino e si faceva tanto più potente tanto più il gruppo si avvicinava alla propria meta. Quel demone, quella presenza che penetrava i recessi del suo vissuto e della sua memoria era lì, tutt'attorno a lui, ma non riuscì a spaventare l'anziano monaco. No, quelle immagini non potevano spaventare un uomo con tanti solchi nell'animo e nelle carni, un uomo che visse a fianco della morte per così tanto tempo. No, non era la paura a spingerlo ad abbassare lo sguardo, era il terrore, emozione provata dal custode una sola volta nella propria vita e per la quale ora gli si ripresentava. Il terrore che i prossimi volti fossero quei tre. Il padre, il fratello e.. la sua Dyana. Sigillò la propria mente ed il proprio cuore, riversandosi in uno stato d'oblio meditativo che rendesse il suo animo un muro impenetrabile. Sembrò funzionare.
Sapeva che la figlia lo stesse guardando, sapeva che doveva essere spaventata dal suo comportamento e sapeva che avrebbe dovuto spiegarle molte cose una volta che quel viaggio fosse stato portato a termine. Si consolava del fatto che la giovane non pareva essere affetta dalle stesse strazianti visioni che lo affliggevano e, sebbene le vestali cercassero di separare gli uomini dalle giovani adepte, Selene riuscì ad avvicinarle e a trascorrere del tempo in loro compagnia.

"Stai con loro piccola mia, distraiti e sii felice. Non avrei mai dovuto portarti con me.."

Rimase sorpreso dalla scelta della veneranda madre di separare il gruppo all'interno di un luogo tanto nefasto. Lei sapeva, sapeva cosa stesse accadendo e, nonostante ciò, decise di correre un rischio simile. Non obiettò, il motivo per il quale si trovasse in quel luogo ad affrontare quella missione gli era chiaro: lo faceva per Lei, e ci sarebbe andato anche da solo se fosse stato necessario.

"Lo faccio per te, amore mio."

La barba gli era cresciuta e, quella che si presentava come un ispida e grigia coltre sul suo viso, si era tramutata in una densa nebbia argentea. Fu lieto del fatto che nel suo gruppo fossero rimaste le due gemelle, Selene pareva averci stretto un bel rapporto ed anche la presenza di quel sacerdote, Ged, lo rincuorava; non lo conosceva ma nei lunghi inverni della sua vita conobbe molti volti e quello del giovane era uno di quelli sinceri.
Decisero di proseguire la marcia quella notte. Camminavano da diverse ore tra le sterpaglie e gli arbusti quando da poco lontano giunse un suono sommesso, ma abbastanza udibile da arrestarne il cammino. Il ragazzo, che si trovava in testa al gruppo, diede il chi va là! e dal fitto della vegetazione uscì un uomo, un vecchio, indossava le stesse vesti del giovane e promulgava profezie apocalittiche. Ged lo introdusse come Estariol, suo amico e maestro, per il quale si doveva la presenza del sacerdote all'interno del gruppo. Roderith non ci credeva ma non disse una parola. Il dubbio di sbagliare gli impediva di agire. Quella falsa parvenza di normalità non poteva ingannare il custode, un uomo che in quel momento stava camminando al fianco del suo passato, presentatosi con una naturalezza disarmante, superiore a quella del nuovo arrivato; ma le ombre delle sue vittime erano visibili solo a lui, quella no. Lasciò che i due sacerdoti si distanziassero di qualche passo dal gruppo mentre Roderith si fece più vicino alle tre giovani. Qualcosa era cambiato, quel profondo turbamento non aveva colpito solo lui, anche Amarantha, la più dolce delle due gemelle pareva avvertirlo. Camminava rigida, gli occhi fissi su quell'uomo, il respiro affannoso; sia Jaahya che Selene lo notarono ed assunsero un'espressione preoccupata, poi tutto avvenne rapidamente, la monotonia del viaggio fu bruscamente interrotta dal grido di un gufo nella notte.

<< Sorella! >>
<< Non è chi dice di essere. Lui ci sta ingannando. Di nuovo.. >>
<< Amarantha! Sorella mia, svegliati! >>
<< Lui ci attende...Nel cuore dell’inferno. E questa...è una sua creatura.. >>


Selene ebbe un moto di terrore nell'assistere alla scena.
<< Amarantha che succede?! >> urlò la giovane gettandosi in ginocchio accanto a lei ed aiutando la sorella a prestarle soccorso.

Amarantha, la dolce Amarantha era in trance. Non era la prima volta che il maestro dei custodi assistette ad una scena simile; al tempio, molti giovani adepti cadevano in quello stato in seguito alla meditazione prolungata ed ai fumi d'incenso, tuttavia, la giovane vestale andava oltre.. Le convulsioni, la voce.. Amarantha era una veggente. Per un solo istante, il dubbio che la giovane potesse essere posseduta gli attraversò la mente, ma subito fu fugato dall'espressione assunta dall'anziano sacerdote. L'odio di quello sguardo non era fraintendibile.

<< Amarantha, Ferma! >>

L'urlo del giovane riportò l'attenzione del custode sulla vestale la quale, a pugnale tratto, caricò violentemente Estariol in un raptus omicida dettato dall'odio e dal terrore. Roderith fece affidamento alla potenza delle gambe taurine per scattare verso di lei ed afferrarla, cingendola con le grandi braccia, con forza ma delicatamente, ed immobilizzandola. Non per proteggere il sacerdote, per proteggere lei. Dalle mani della fanciulla, una piccola lama grondava sangue scarlatto. Vide Ged frapporsi tra l'aggressore ed il maestro con fare protettivo, non dovette aver visto ciò che Roderith vide.

<< Fai attenzione ragazzo. >>

Il sacerdote ferito alzò le mani dallo stomaco ed osservò il proprio sangue scivolargli dalle dita. Posò lo sguardo sull'allievo.

<< Guarda che cosa mi hanno fatto, amico mio. Ignora quanto dice quest'uomo, lui non sa. Ti prego di aiutarmi ad eliminare queste adoratrici di demoni. >>

Fu un istante, ma Roderith se lo aspettava. Nelle mani di Estariol, il sangue si tramutò in una sfera di luce accecante che il sacerdote scagliò a grande velocità contro la ragazza, ignorando il fato che il suo allievo si trovasse nella traiettoria. Fece perno con un ginocchio a terra e roteo il busto, scansando il giovane di lato e frapponendo la sua schiena tra il raggio e la vestale.

<< Clavis! >>

Una grande barriera luminosa, inscritta da rune del potere -il sigillo dodecangolare-, si erse a protezione del monaco, per un solo istante, ma tanto bastò a proteggere la ragazza. Lo sguardo del custode si fece apertamente ostile, cosa inusuale per il monaco che era diventato, meno per il cavaliere che fu. Le due vite dell'uomo parvero coesistere poiché l'ira del cavaliere fu trattenuta dalla saggezza del monaco.

<< Fa rinsavire il tuo maestro ragazzo o riconoscilo per ciò che realmente è. Sono certo di non essere l'unico ad aver visto ombre del proprio passato e del proprio presente prendere forma in questo luogo nefasto tanto da trascendere il reale. So che puoi capirmi. >>

Ged sembrò prestargli attenzione questa volta, tuttavia il monaco restò deluso nel constatare come il messaggio delle sue parole non fosse giunto al ragazzo il quale, in risposta, paralizzò tutti i presenti con una forza invisibile emanata dal suo corpo. Non udì ciò che i due sacerdoti si scambiarono negli attimi seguenti né gl'interessò, poiché la visione della giovane vestale scaraventata contro il tronco di un albero da quel demone sotto spoglie umane lo fece trasalire ed il monaco cedette di buon cuore il passo al cavaliere. Si liberò dalla costrizione rievocando nuovamente la porta del sigillo e corse con un urlo verso Estariol. Stette per sferrare il primo colpo quando udì Jaahya correre disperata nella foresta. Si fermò un istante, esitante, diviso tra l'impulso di dare man forte a Ged -che nel frattempo parve accortosi dell'inganno-, soccorrere la giovane vestale ferita o fermare la sorella impaurita.

<< Jaahya fermati! >> Urlò lanciandosi all'inseguimento della ragazza.
<< Selene, posa Amarantha al sicuro e state nascoste! Ged, te le affido, proteggile! >>

Si lanciò nel fitto della foresta, tentando di proteggere la giovane in fuga da se stessa. La chiamò, fece appello a tutte le forze in suo possesso per raggiungerla ma fu tutto inutile, l'esile corpo della ragazza trovava sentieri inaccessibili all'enorme stazza del monaco. Pareva che la foresta stessa si fosse animata per impedirlo dal svolgere il compito che si era prefissato. Dovette desistere e forzarsi di sperare per il meglio. Volse lo sguardo nella direzione dalla quale era venuto ed individuò il suo percorso.

<< Jaahya, perdonami bambina mia. Ti troveremo quanto prima, te lo prometto. >>

Lo sguardo, addolcitosi per un istante dalla preoccupazione, tornò alla sua originale espressione. Strinse forte la staffa d'ossidiana nel pugno e s'incamminò per tornare dal gruppo.

<< Prima ci sei tu, sacerdote. >>






Fatto Fatto Fatto! Chiedo per l'ennesima volta perdono per il ritardo ma come detto, la rete era partita ed il tecnico me l'ha sistemata solo sta mattina T.T

Tecniche UtilizzateStatistiche
Audacia
Tipologia: Passiva - Raziale Umana;
Descrizione: Il personaggio non sverrà una volta raggiunto il 10% delle energie. Si stancherà comunque dopo aver raggiunto il 20% e morirà una volta raggiunto lo 0%.

Avanguardia Bianca PAS
Tipologia: Passiva - Talento (Avanguardia);
Descrizione: Il possessore di questo talento potrà utilizzare armi di grandi dimensioni come se fossero equipaggiamenti normali.

Chiave del Sigillo Dodecangolare
Tipologia: Difesa Magica - Personale;
Descrizione: La tecnica ha natura magica e consiste in una difesa ad area avente Roderith come epicentro e che da lui si propaga, di potenza di un livello inferiore al consumo speso, in grado di intercettare attacchi e tecniche di natura fisica e magica ma non psionica.
Consumo di energia: Variabile (MEDIOX2).
Capacità Straordinarie
1 (Potenza Fisica), 1 (Saggezza).
Energia [80%]
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Salute Fisica [95%]
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Salute Mentale [100%]
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