Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Nella notte, nella tormenta, Arrivo di Noctis

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view post Posted on 11/9/2014, 21:56
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Le montagne non conoscono sovrani e non conoscono dei. Riposano silenziose, coperte di neve e popolate solamente di leggende. Gli uomini che hanno osato abitarle hanno dovuto adattarsi alla loro forza, rinchiudersi in palazzi possenti per non essere schiacciati dal fiato mortale del vento. Tutto è bianco sulle montagne della Ystfalda, tanto che di notte, alla luce della luna, una nuova luce sorge dalla terra. E’ in quel momento che la morte torna in vita e l’ultimo alito di vita spira dalle labbra di coloro che si sono perduti.
Nei grandi palazzi, davanti ai fuochi che invano cercano di scaldare i cuori, si racconta di come i morti tornino in vita e guardino la madre luna nel buio della notte senza stelle. Di come i vivi vengano condotti alla perdizione da animali leggendari o voci sussurranti. Le balie si portano le mani alla bocca, sussurrano nomi che nei secoli sono stati dimenticati. Forse uno di questi è quello della creatura che si è appena risvegliata. E forse ad accompagnarlo, ma solo per coloro che hanno una lunga memoria, è il nome della fanciulla che pare attenderlo poco distante, seduta su una roccia.
Sembrerebbe una fanciulla come tutte le altre, se non fosse per la tormenta che le vortica attorno e le sferza i lunghi capelli. Una fanciulla dai capelli biondi come il grano e dagli occhi scuri e profondi quanto la notte stessa. Vestita solo da una camicia da notte, pare impossibile che possa resistere nel mezzo di una bufera senza nemmeno rabbrividire. Eppure ella attende immobile, fissando con i propri occhi che paiono non avere pupilla, e aspetta che lo sconosciuto le rivolga la propria attenzione.




CITAZIONE
Benvenuto ^^ il tuo arrivo inizia qui.
Durante questa giocata valuterò il tuo modo di scrivere e rapportarti all'ambientazione di Asgradel, oltre che la tua capacità di descrizione e introspezione e di risolvere alcuni piccoli problemi in game. Al termine ti assegnerò la fascia Bianca, Gialla o Verde. Cerca di fare del tuo meglio, anche perchè questa giocata sarà il primo tassello del percorso che il tuo pg compirà nei territori di Dortan.
In bocca al lupo, divertiamoci!
 
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view post Posted on 12/9/2014, 21:06
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Destati




La Ystfalda è un territorio unico nel suo genere nelle terre del Dortan, la zona situata più a nord di tutti i territorio del regno prima dell'oscuro e sconosciuto Edhel. Ed in questa zona ciò che nella Roesfalda è solo un mito o una leggenda spesso diviene la semplice realtà, racconti antichi e dimenticati dai più di antiche divinità Pagane e di uomini pronti a sottomettersi ad esse in cambio del potere che queste promettevano ai loro protetti. Una miriade di piccoli culti che col tempo sono andati semplicemente persi, dimenticati dopo la grande cacciata dei covi, qualcosa che i più non ricordano o preferiscono non ricordare. Ma questo appartiene al passato, un passato in cui i Corvi controllavano tutto e tutti e non professavano altro dio all'infuori del loro falso sovrano. Ora non più, la grande Basildera è ormai solo l'ombra di se stessa e i pochi Corvi sopravvissuti sono sparpagliati ai quattro venti professando la loro falsa fede come eremiti senza dimora, avvelenando le menti degli ingenui con le fittizie promesse del loro Sovrano. Ed è in tempi come questi che le antiche divinità e i pochi a loro ancora fedeli cominciano a riapparire nei meandri più oscuri e dimenticati di Theras, ciò che una volta era solo sussurrato ora detto ad alta voce e senza timore. Nelle antiche sale di una delle molte fortezze che ricoprono la catena montuosa dell'Edhel come tanti nidi di vespe un'anziana matriarca chiama a raccolta i suoi molti seguaci in una delle sale grandi che si trova quasi completamente avvolta nel buio, solo due candele ad illuminare la magra figura dell'anziana. Ammantata da una lacera veste nera con un lungo cappuccio, le rughe scavavano la sua pelle con solchi profondi come ferite e i suoi occhi completamente bianchi erano testimoni della sua cecità. Eppure la fragilità del suo corpo serviva solo a mascherare la forza del suo spirito, quella carismatica e mistica presenza che forzava l'intera stanza in un silenzio quasi innaturale mente tutti gli occhi erano puntati su di lei. Sguardi che variavano da quello curioso di bambini e infanti a quelli calmi e rispettosi di chi aveva visto molti inverni, tutti in attesa della parola dell'oracolo. Ed invero l'oracolo aveva finalmente una risposta da dargli, la sua voce cavernosa e vigorosa riecheggiò nell'ala della fortezza non appena essa dischiuse le labbra secche e aspre.



Figlioli miei... per secoli abbiamo atteso questo momento, generazioni sono passate sotto i miei occhi mentre I corvi sopprimevano e ingannavano le genti di Theras con il loro falso dio, celando al mondo la verità sulla nostra dea mentre credevano arrogantemente di averci uccisi tutti. E mentre loro credevano di essere i padroni di queste terre noi abbiamo pazientato, per lunghi e lunghi anni abbiamo resistito al freddo e ai conflitti di questa terra dimenticata, sovrani si sono succeduti e molti campi di battaglia si sono saziati del lordo sangue di molti guerrieri.
Ed infine dopo questa lunga attesa i Corvi sono caduti, la grande Basildera dove i falsi predicatori avevano costruito il loro nido di menzogne e falsità è caduto, spazzato via dalla grande valanga del Nord e dai figli che così a lungo i falsi pastori hanno additato come eretici e barbari. Ed invero dopo secoli di silenzio la dea mi è apparsa in sogno.


A queste parole la folla silente si ruppe in una serie di mormorii e sussurri, dopo così tanto tempo la dea aveva nuovamente degnato i suoi pochi seguaci superstiti di un segno. Anzi ben più di un segno, ella era apparsa in sogno al vecchio oracolo con delle istruzioni precise, una richiesta invero misera ma essenziale, una richiesta a cui certamente i suoi fedeli avrebbero acconsentito con estrema gioia. L'anziana non dovette fare altro che sollevare leggermente una mano per far cessare ogni bisbiglio, la sala ancora una volta sprofondata in quella strana e mistica quiete. Ancora una volta gli occhi ora colmi di speranza erano su di lei, in attesa della sua parola che invero altro non era se non la volontà della dea.



Ed in sogno ella mi ha fatto una richiesta, una sola, qualcosa che noi abbiamo fatto ogni giorno da quando abbiamo abbandonato l'oscurità del ventre materno per lasciarci nel freddo abbraccio della Notturna. Pregare. E adesso io vi chiedo, figlioli miei, di unirvi un'ultima volta in preghiera sotto la candida luce Lunare della nostra signora. Pregate con me così che l'araldo degli antichi testi possa giungere finalmente su questo mondo e portare l'oscura volontà della dea su tutti quelli che hanno deciso di scacciarla e ingannarla.
Ed ora recitate insieme a me l'antica preghiera.



Nella sala il silenzio calò assoluto mentre tutti all'unisono giunsero insieme le loro mani e chinarono lo sguardo verso il terreno con gli occhi chiusi. Per lunghi interminabili minuti fu il silenzio più assoluto ed inquietante, un'attesa quasi interminabile che fu interrotta solo quando i fasci di luce del plenilunio trapassarono l'antica vetrata colorata che fungeva da lucernario nella grande sala di pietra, illuminandone il centro. Ed allora, finalmente, la lenta litania iniziò.



Dolce madre, Dolce madre...



Nonostante nessuno di loro potesse vedere non appena la preghiera ebbe inizio i venti della tormenta fuori dalle mura cominciarono a soffiare con più vigore. Nonostante nessuno di loro potesse vedere a decine di chilometri di distanza da li uno scheletro spoglio di tutto fuorché le sue stesse ossa sembrò come muoversi, un movimento minimo che in fondo poteva essere attribuito ai venti nonostante il ghiaccio avesse saldato perfettamente insieme ogni osso di quel corpo stranamente intatto e ben conservato. Unico testimone di ciò che stava per accadere era la luna ed una misteriosa fanciulla che restava in attesa, come se sino a quel momento non avesse fatto altro che pazientare in vista di quel preciso momento.



...invia a me il tuo figliolo...



Alla fine della seconda strofa lo scheletro si mosse vigorosamente come per risvegliarsi e lentamente fece per sollevarsi dal suolo, i venti soffiavano con maggior ferocia per ogni secondo passato mentre una macabra e magnifica scena si consumava dinanzi agli occhi marmorei della fanciulla. Come per magia i muscoli e i tendini che erano stati consumati dal tempo e dalle intemperie cominciarono a spuntare fuori dalle bianche ossa come un fiore che spunta timidamente dal terreno alle prime piogge primaverili. E come rampicanti questi si avvinghiavano intorno alle ossa mentre il macabro corpo continuava a scuotersi vigorosamente, assalti da un dolore inesplicabile che egli no nera in grado di proferire. Dapprima muscoli e tendini, poi gli organi riapparvero, crescendo di dimensione a vista d'occhio prima che un altro strato di muscoli li coprisse completamente e una pelle pallida come il plenilunio ricoprisse completamente tutto. Ultimi a rigenerarsi furono gli occhi con iridi gialle come una pepita d'oro prima che il corpo venisse consumato da una tenebra immonda e senza nome, cadendo al suolo ammantato da quella stessa tenebre che aveva preso forma in una fine e raffinata armatura di cuoio nero come la notte.



...poiché i peccati degli indegni devono essere battezzati in sangue e paura.



All'ultima strofa un singolo e lancinante urlo abbandono le labbra dell'Araldo, un urlo talmente lancinante e penetrante che persino i furenti venti tempestosi delle montagne non furono in grado di sopprimere mentre questo sembrò riecheggiare in ogni dove nelle grandi catene Montuose dell'Edhel. La figura si trovava li, in ginocchio con le mani che avevano scavato un profondo solco nella candida neve mentre per un lungo istante la figura ammantata rimase immobile nella grande distesa bianca. Ed egli afferro la neve con la sua mano destra, fissandola e riconoscendola, ma non sapeva perché. Ed egli innalzò il suo busto volgendo lo sguardo alle grandi montagne, fissandole e riconoscendole, ma non sapeva perché. L'araldo portò le sue mani alla testa mentre una miriade di ricordi facevano per affollargli la mente senza che egli ne capisse il motivo e per poco la pazzia non ebbe ragione di lui, questo finché egli non alzò lo sguardo al cielo e la vide. La Luna, splendente anche nel mezzo della tormente che andava pian piano placandosi mentre il silenzio riprendeva lentamente possesso della montagna quasi una volontà superiore gilè lo comandasse. Per lunghi minuti Noctis fissò estasiato la pallida bellezza del plenilunio prima di alzarsi dal terreno innevato, chinando il capo verso la splendida luna mentre tre parola abbandonarono il suo nero cappuccio.



Grazie, mia signora.



Finalmente consapevole di se Noctis fece ciò che il suo istinti suggerì e si guardò intorno, dinanzi a lui solo una grande distesa innevata con pochi alberi spogli ed una grande pineta in lontananza. Dietro di se torreggiava imponente come sempre la grande catena montuosa che separava la Ystfalda dalle mistiche terre dell'Edhel, una barriera naturale che aveva tagliato il continente da tempo immemore. Ed infine la nota, seduta su una roccia come se nulla fosse, con indosso una semplice camicia da notte e nulla più. Eppure il freddo gelido delle montagne non sembrava toccarla minimamente, la sua chioma bionda come l'alba fluttuava leggiadramente sospinta dal freddo vento del nord. Ed i suoi occhi erano splendidi quasi quanto quelli della dea, non bianchi come la luna ma neri come la notte più profonda. L'Araldo non dice nulla, semplicemente cammina verso la figura con passi lenti ma decisi fino ad ergersi dinanzi alla stessa con l'oscurità del suo cappuccio che scrutava quella dei suoi occhi. E poi fu il silenzio, ancora una volta.



Edited by Lucious - 13/9/2014, 18:42
 
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view post Posted on 13/9/2014, 14:32
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Quando lo sconosciuto le si parò davanti, la ragazza sollevò la testa lentamente, come se fosse stata distolta da profonde riflessioni. I suoi piedi erano completamente affondati nella neve e il biancore iniziava a coprirle anche le mani, posate sulla roccia. C’era smarrimento negli occhi di quella bellissima sconosciuta, nell’oscurità che pareva voler ingoiare ciò che vedeva. Aggrottò per un attimo le sopracciglia e poi iniziò a parlare.


Ti sei smarrito straniero?


Anche la sua voce pareva intorpidita, rallentata, come se il ghiaccio stesse tentando di conquistarla. Ora i capelli le si avvolgevano davanti al viso come spire di un serpente, impedendo di distinguerne chiaramente i tratti.


Sei venuto a salvarmi?


Una folata improvvisa le soffiò addosso, scostando i capelli e rivelando piccole lacrime splendenti al confine dei suoi occhi. Era così freddo che il pianto gelava prima ancora di poter scivolare sulle guance e solo cristalli di ghiaccio rotolavano a terra. Eppure lei ancora non tremava, e si limitava ad attendere come in sogno una risposta. Non sembrava essere turbata da quello straniero, e neppure temere la sua figura incombente proprio sopra di lei.


Ho tanto freddo”.


La sua voce risuonava atona, con la tormenta che cercava di strapparle le parole dalle labbra e di sparpagliarle ovunque, senza più ordine. Non c’era emozione nelle sue parole, ma la sua voce era suadente e morbida quanto il velluto. Finalmente sollevò le braccia verso lo straniero, le dita dischiuse e tese ad attirarlo verso di sé. Per la prima volta il suo corpo fu percorso da un tremito ordinato, elegante, che consentì di intravedere i segreti nascosti sotto la stoffa.


Ho tanto freddo”.


Lo ripetè ancora, come un mantra, come se non potesse farne a meno o stesse realmente morendo. Per un attimo il vento parve affievolirsi, per lasciare spazio alle sue parole. E gli occhi di lei si fecero ancora più aperti. Ancora più desiderosi. Ancora più affamati.


 
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view post Posted on 13/9/2014, 23:22
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Destati




Un individuo qualsiasi non si troverebbe certo a suo agio nel ritrovarsi davanti un uomo ammantato da nero cuoio come il notturno, lo scambierebbe per un assassino, un tagliagole o comunque un individuo da fini tutto fuorché nobili. Eppure la dama quasi eterea a di irreale che si poneva dinanzi a Noctis, seduta sulla fredda roccia, non sembrava intimorita dalla sua presenza. Con ogni probabilità se questi non si fosse avvicinato a lei essa non si sarebbe nemmeno accorta della sua presenza, troppo presa da pensieri distanti che il Notturno non poteva neanche immaginare di comprendere. Ella alza lo sguardo verso l'araldo con uno sguardo perso, come di chi si è svegliato di soprassalto e non comprende chi o cosa gli si trovi davanti. Lo sguardo dapprima smarrito sembra assumere un lieve tono di disappunto quando le sopracciglia della misteriosa donna si aggrovigliano, per un attimo il Notturno era quasi certo che questa avesse visto in lui qualcosa di familiare per giustificare quel rapido e breve cambio di espressione. La dama infine decise di proferir parola all'araldo silente.

Ti sei smarrito straniero?

Solo coloro che un tempo seguivano una strada possono definirsi smarriti. Io non ho una via da seguire all'infuori della mia volontà, non un segno ad indicarmi il cammino all'infuori del mio istinto. Io non sono smarrito poichè non ho mai intrapreso una strada che mi permettesse ciò.

Non fu difficile per il Notturno notare come la donna avesse difficoltà nel parlare, la voce lenta e pacata come di chi semplicemente non ha mai osato urlare nella sua esistenza. Poi il suo sguardo scorre per un istante via da quegli occhi vuoti e privi d'emozione, notando tanti piccoli dettagli che le parole di quella strana dama sembravano aver celato. Piedi scalzi che ormai affondavano nella neve fino alla caviglia, da quanto tempo quella donna si trovava li? Persino le mani che poggiavano sulla fredda roccia come nulla fosse avevano ormai accumulato una lieve quantità di neve su di esse. Nel riflettere su quella strana presenza una domanda la faceva padrona su tutte le altre nella mente del Notturno. Chi era quella donna? Perché si trovava li? Se fosse giunta in quel luogo tempo fa la neve l'avrebbe ormai ricoperta quasi del tutto, invece da ciò che il notturno vedeva ella si trovava li da poco, troppo poco per essere una semplice coincidenza. Forse era una prova che aveva messo sul suo cammino? SI trattava veramente solo di questo? Oppure come lui ella si trovava li senza comprendere esattamente ne il dove ne il quando di quella fredda notte?

"Sei venuto a salvarmi?"

Salvarti tu dici, dunque è questo che cerchi? La salvezza? Temo di doverti deludere, io non sono un salvatore, non nel modo in cui la gente ne idealizza uno quantomeno. Eppure invero io sono stato salvato quando tutto è giunto al termine, quando tutto era perduto qualcuno mi ha concesso la salvezza e quel qualcuno certo non aveva l'aspetto di un salvatore. Eppure nulla viene dato per nulla su questo mondo e anche oltre di esso questa crudele regola vige incontrastata. Vuoi davvero che io sia il tuo salvatore?

Per lunghi interminabili momenti la dama rimase nuovamente silente alle parole dell'Araldo, immobile come può esserlo solo una statua investita dai crudeli venti del Nord. Poi finalmente quello stesso vento rivela un dettaglio di grande importanza agli occhi di Noctis, le lacrime. Non lacrime calde ma fredde come colei da cui scendevano, congelate dalla temperatura delle montagne al punto da cadere al suolo come piccole perle di ghiaccio. Il Notturno estende il suo braccio destro verso la figura seduta e lascia che una delle piccole perle di ghiaccio trasparente cadano sul duro cuoio che ricopriva il suo palmo, portandola vicino a se per osservarla con sguardo inquisitorio. In qualche strano modo quella semplice lacrima congelata sembrava rappresentare molto per l'Araldo, quasi fosse una gemma preziosa di incalcolabile valore, talmente era preso nell'osservarla in ogni sua sfaccettatura che per un attimo le parole della dona sembrarono sfuggire alle sue orecchie.

"Ho tanto freddo."

Eppure gli abissi della mia anima non hanno alcun calore da offrirti, nulla che possa garantirti la salvezza a cui tu tanto agogni. Per quanto mi sforzassi io non sarei in grado di mostrati la via fuori da questo gelido inferno. Ma non per questo devi disperare o piangere, per una semplice ragione. Nonostante io non possa aiutarti... so chi può farlo. La vera domanda è... sarai tu in grado di seguire la via? O rimarrai per sempre una pecorella smarrita?


"Ho tanto freddo."

Nel ripetere quella frase la pallida bellezza dagli occhi nero pece estese le sue braccia verso l'araldo quasi questa volesse qualcosa da lui, qualcosa che ahimè egli non poteva darle. Gli occhi sembravano spalancarsi sempre più ad ogni attimo che passava, tanto era il desiderio che cresceva all'interno di quello strano spettro delle lande gelate. Fu u mero istante, il vento sollevo più neve del solito tanto da coprire la visuale dell'araldo per quello che non era stato nemmeno un secondo quando egli semplicemente sparì. O almeno questo era ciò che poteva sembrare agli occhi della pallida donna che forse avrebbe cercato ovunque quello strano individuo, ma in vero egli non si era allontanato nemmeno di un passo. Le sarebbe bastato abbassare anche solo di un po lo sguardo per notare una figura ben diversa da quella con cui aveva conversato sino ad un'istante fa. Una sagoma minuta vestita in un'elegante vestito rosso con maniche bianche di quelli usati dalle fanciulle della media borghesia umana. Le piccole mani si estendono a loro volta verso le pallide mani della dama dagli occhi neri e le afferrano con gentilezza, i pollici scorrono timidi sui freddi palmi mentre l'attenzione viene infine attirata su quella che è a tutti gli effetti una bambina. Ed è allora che gli occhi neri e senza pupilla si incrociano con occhi simili se non per l'iride gialla come la luce dell'alba che sembrava brillare sotto l'ombra del cappuccio rosso come il sangue. Una voce delicata e vispa ma composta e rilassata esce dalle labbra della piccola creaturina non appena queste si dischiudono, mostrando leggermente dei lunghi canini bianchi come la neve che faceva da padrona in quella notte silente.

Io lo so, so perché hai freddo. Non è la neve, non è il vento, ma un profondo tormento. Il freddo dell'anima che non riesce a toccare altre anime, dell'attesa non corrisposta di qualcuno che pensavi non sarebbe mai giunto. Ed anche io conosco quel freddo, quella solitudine troppo profonda e troppo dolorosa per essere pronunciata ad alta voce. Forse non sono io, forse non è nessuno di noi ma... se vuoi... possiamo avere freddo insieme, finché non sarai in grado di trovare il calore tanto agognato.
Prima o poi dobbiamo perderci tutti, è naturale. Vuoi sapere il perché? Perché non c'è cosa più bella che ritrovare la strada di casa dopo essersi persi.


Lo sguardo della bambina non vacillo nemmeno per un istante, non una singola menzogna o parola tradita dal dubbio fu pronunciata, era sincera ed innocente proprio come quello che appariva agli occhi della dama piangente. Eppure ciò che era appena accaduto, una manifestazione del potere della dea, lasciava ancora molti interrogativi aperti. Come avrebbe reagito la dama dinanzi a quella minuto ricettacolo di innocenza? Le parole della piccola Annabelle avrebbero fatto breccia nella sua anima cristallizzata come il ghiaccio? Oppure ella non sarebbe stata in grado di seguire quella piccola guida dal cappuccio cremisi, persa nel suo desiderio di calore e conforto. Se così fosse stato allora sarebbe toccato al Notturno l'ingrato compito di dar pace a quella strana dama piangente persa nella tormente incessante dello spietato nord. E se così fosse stato... avrebbe Noctis avuto la forza per fare ciò?

 
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view post Posted on 15/9/2014, 16:48
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Quando lo straniero cambiò aspetto, la ragazza misteriosa per un attimo si ritrasse. Istintivamente, come se cercasse di proteggersi. Poi lentamente, al suono delle parole della bambina, tornò a farsi avanti. Timidamente, tese ancora un braccio. Aveva socchiuso gli occhi, riducendoli a due lame d’oscurità, come se in fin dei conti fosse ancora diffidente nei confronti della sua interlocutrice. Quando le parole di lei cessarono, restò in silenzio.
L’ululato del vento sembrava quasi un canto tetro, carico di parole misteriose. La ragazza sollevava e ruotava il capo, seguendo la direzione di quel linguaggio incomprensibile a chiunque.


Possiamo avere freddo insieme…


Lo disse distrattamente, più alla tempesta che per chiedere conferma. Poi tornò a guardare la bambina con il manto rosso. Forse nella sua mente si faceva delle domande, o forse non c’era alcun interesse, forse aveva già visto troppe cose.


Il freddo dell’anima…


Rimase con la bocca socchiusa, quasi quelle parole non riuscissero ad abbandonare le sue labbra. Poi lasciò scivolare le dita della mano sinistra lungo la guancia, lungo il collo, fino a poggiarle nel mezzo del petto. La neve pareva essersi fatta più aggressiva, e i suoi capelli biondi ora assomigliavano alla bandiera sgualcita di un regno sconfitto. Abbassò lo sguardo.


Io non ho un’anima…Ma…Possiamo avere freddo insiemeHo freddoSalvami…Non ho un’anima…Freddo…Strada, troviamo la strada


Gettò indietro il capo, la bocca spalancata, le parole che si erano fatte grida, una luce di follia che le riempiva gli occhi. E poi, con un gesto ugualmente fulmineo, tornò a fissare quella bambina che prima era stata un viaggiatore, e che forse avrebbe potuto essere dell’altro. Probabilmente non si era mai trovata davanti a niente di simile. Eppure pareva aver trovato finalmente la soluzione di quella situazione così singolare.


Resta con me…


Lo disse lentamente, con la stessa fatica con cui aveva pronunciato le prime parole, e nel dirlo si alzò in piedi. La neve cadde dalla sua veste come se vi fosse stata poggiata per sbaglio. Il vento parve caderle addosso dall’alto, liberando i suoi piedi, rivelando una pesante catena di ferro che le bloccava una caviglia. Attorno ad essa la pelle era rovinata, come se il contatto con il metallo la scottasse.


Possiamo avere freddo insieme…


Pareva esserci un sorriso nascosto dietro alle sue parole, ma non vi era traccia di esso sul suo volto. Le labbra, anzi, parevano farsi sempre più distanti e sempre meno simili a quelle di una fanciulla. E nella bocca i denti parevano essersi fatti più lunghi ed acuminati. La sua frase terminò con un grido, tanto roboante da superare perfino il suono della tormenta. E quell’essere, che ben poco conservava dell’originario fascino, balzò fulmineo verso quella che ora pareva essere una preda particolarmente appetibile.


CITAZIONE
La fanciulla della neve, d'improvviso, si rivela essere una creatura mostruosa. Di fatto è dotata di zanne taglienti, unghie come artigli e la sua specialità è combattere in corpo a corpo come se fosse una belva (puoi considerarla un demone in forma demoniaca se preferisci). Gestiscila in uno scontro autoconclusivo come un nemico di fascia Gialla che abbia 2 CS in Forza Fisica.
Ti do qualche altra specifica per facilitarti un po' il compito. Puoi dotarla delle tecniche che vuoi, scegliendo tra quelle del druido e del guerriero (non sei obbligato a farlo, ovviamente, ma potrebbe essere che nello scontro tu le faccia castare qualcosa). Ricordati che è legata al terreno con una catena di ferro. Il tuo personaggio non ne conosce l'origine a meno che non utilizzi cs o tecniche per intuire qualcosa in proposito. Leggi però bene la descrizione di questa catena (piccolo suggerimento).
All'inizio dello scontro, giusto per complicare un po' le cose, la creatura utilizza una sua tecnica personale: spalancando la bocca lancia un grido (tecnica psionica) che mira a infliggerti un danno Medio alla psiche e che potrebbe essere parata con una difesa psionica media. Se non parata genera in chi la subisce una sensazione di paura e di pericolo incombente (oltre ad infliggere, appunto, un danno medio alla psiche del personaggio).

A te la penna. Ovviamente usa pure il topic dell'arrivo per chiedere qualsiasi specifica ti sia necessaria (io sono qui apposta per aiutarti ad organizzare l'autoconclusivo fin dove non influisce sulla mia valutazione). Sarebbe bene che tu facessi, al termine dello scontro, uno specchietto riassuntivo dove riporti le tecniche usate da te e dal tuo avversario e lo svolgersi sintetico dello scontro (è buona norma e rende più semplice al correttore comprendere tutte le fasi del confronto).

 
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