| Hiniar |
| | «Quante volte, Gradah?» chiese, visibilmente frustrato, il capoguerra. «Quante volte, ancora, dovremo avere questa conversazione?». La donna pelleverde di fronte a Kargath aprì bocca pronta a rispondere, ma quest'ultimo le negò la parola interrompendola. «E quante volte dovrò spiegarti il motivo per cui io mi trovo qui, da oltre due mesi, a guidare la nostra gente verso il mondo ignoto della quale visione siamo stati ingiustamente privati?». Kargath si alzò rozzamente dalla sua sedia, mentre Gradah teneva lo sguardo basso: la sua espressione suggeriva dissenso soffocato da un intenso timore. Ella rimase silente mentre il capoguerra si avvicinava aggirando la scrivania al centro della cabina del capitano dove i due si trovavano. Poi, però, dopo aver preso un lungo sospiro, Gradah rispose alle domande di Kargath. «Tante volte quante ne saranno necessarie per far comprendere al tuo cieco orgoglio lo sbaglio che sta compiendo». Codeste parole, proferite dalla donna, donarono a quest'ultima una dose di adrenalina sufficiente a mantenere un contatto visivo con gli occhi di Kargath nonostante la paura provata in quel momento. Occhi che, però, sembravano essere immuni a quel raro episodio di arroganza. Kargath si fermò dinanzi alla donna, fissandola dall'alto verso il basso, riuscendo quasi a sentire i battiti accelerati del suo cuore.
«Tu non stai parlando al mio orgoglio» rispose il pelleverde, serio come non mai. «Non è il mio orgoglio quello che tu hai davanti, Gradah.» pausa. «Io sono la persona che porta sulle spalle i sogni di cinquanta marinai assetati di gloria e avventura. Sono colui che ha permesso a queste persone di essere qui, oggi. Ho sottratto la nostra gente ad una terra ormai arida e resa inabitabile dai nostri invasori e ho dato loro la possibilità di continuare la nostra storia altrove, al di là delle coste della nostra amata Gavendar». La mano destra di Kargath battè con forza sul proprio petto, facendo quasi sobbalzare la donna. «Non è l'orgoglio che mi guida. Non è la foga del momento e non è la mia sete di vendetta. Sono io, Kargath Manomozza, nelle mie piene facoltà mentali ad aver deciso di agire in questo modo». Gradah si voltò, esalando un lieve sospiro e portando le mani sul proprio stomaco. «Io...» mugolava lei. «Io... Io ho paura, Kargath!» ella si voltò nuovamente, verso Kargath, con la voce segnata da un nodo in gola causato dal nervosismo. «Avremmo potuto coltivare la nostra terra, renderla ospitabile, allevare animali e ricostruire le case distrutte durante la Grande Guerra» una lacrima scese per la guancia della donna, la quale però non sembrava avere intenzione di fermarsi. «Abbiamo lottato tanto... Ogni giorno, Kargath: ogni giorno abbiamo vissuto con la paura di venire colpiti da un colpo di artiglieria dell'Armata Scarlatta. Mai un attimo di pace, mai una pausa. E ora che finalmente, dopo cinque lunghi anni di battaglie, abbiamo eradicato gli invasori dalla nostra terra, decidi di andartene per cercarne un'altra mettendo a repentaglio la vita di tutti? Questa gente ti adora, ti rispetta. Io, Kargath, io ti rispetto» Kargath permise alla donna di sfogarsi senza interromperla, la quale si era ormai abbandonata alle sue emozioni. «Noi ti seguiremmo in capo al mondo e moriremmo per te, ma... Ho paura». Ormai in lacrime, Gradah abbassò lo sguardo e rimase in silenzio. Kargath fece lo stesso.
Dopo pochi attimi, il capoguerra allungò la mano verso la donna. «Voglio donare a tutti voi un futuro dove possiate vivere in pace» Kargath si avvicinò lentamente a Gradah, la quale smise di singhiozzare e sollevò il capo verso il proprio fratello di razza. «Un futuro dove io e te, Gradah, potremo goderci la nostra libertà...» l'orco poggiò delicatamente la propria mano destra sul capo di Gradah, carezzandole i capelli. «...e dove lui potrà crescere senza mai essere costretto a lottare per sopravvivere» la mano di Kargath si spostò sul ventre rigonfio della donna, il quale venne dolcemente carezzato dall'orco. «Voglio la tua felicit-». Il discorso di Kargath venne stroncato dalla violenta apertura della porta di ingresso. «Now we are ready to head...hic! for the Horn...hic! ♫». Il forte aroma di idromele invase la cabina nel momento stesso in cui la coppia di membri dei Manomozza sfondarono la porta cantando, completamente ubriachi. «Way, ay, roll an' go!...hic! ♫». Trumber e Drumber, due fratelli gemelli, l'uno più scemo dell'altro. Trumber cadde a terra subito dopo aver spalancato la porta, mentre Drumber riusciva a malapena a mantenersi in equilibrio, singhiozzando sonoramente e sorseggiando da un calice pieno di idromele. L'espressione di Kargath, addolcita dal raro momento emotivo accaduto, si tinse di rabbia. Il capoguerra colpì il pavimento in legno con un poderoso pestone. «Fuori...» Ordinò lui. «Fuori... ANDATE FUORI!» Kargath afferrò Trumber dalla sua tunica e lo lanciò di peso fuori dalla porta, ma questo non fermò la voglia di cantare del Manomozza. Gradah, rallegrata dal momento, non sembrava affatto condividere la rabbia di Kargath: anzi, iniziò a ridere di gusto. Kargath sbuffò. «Dai, su!» disse Gradah sorridente, asciugandosi le lacrime dal viso mentre si dirigeva all'esterno. «Lasciali divertire! E divertiti anche tu... Non c'è bisogno di tenere sempre il broncio! Vado a prenderti un po' di idromele. Io non posso bere, quindi dovrai bere per due». Kargath sentiva il bisogno di mantenere l'ordine, ma forse Gradah aveva ragione. Forse aveva bisogno di una pausa, ogni tanto. Il capoguerra sospirò, lasciando trapelare un accenno di sorriso, e diede una sonora pacca sulla spalla del proprio compagno di clan che si cimentava in un test d'equilibrio per scoprire per quanto tempo sarebbe stato capace di stare in piedi con una gamba sola.
La luce del sole accecò per un momento Kargath nel momento in cui egli mise piede all'esterno della cabina del comandante. Tirò un forte sospiro, assaporando l'aria che si respirava in quel punto smarrito di oceano. Sapeva di avventure, di libertà, di idromele. Era deliziosa. L'orco non poté non essere rallegrato dalla visione dei valorosi guerrieri che tanto amava che ammazzavano il tempo, ognuno in modo diverso, durante quella noiosa giornata. L'atmosfera era piacevole, accogliente, ed il forte odore di idromele che accompagnava il tutto non era altro che la ciliegina sulla torta. «Ecco a te, mio Comandante!» Gradah interruppe il fantasticare di Kargath, riportandolo con i piedi a terra porgendogli un grande calice di idromele. «Bevi!» ordinò lei, scherzosa. Kargath ridacchiò, accettando volentieri il dono e sorseggiandolo immediatamente. «Bevi e dormi: gli unici ordini ai quali non mi dispiace sottomettermi» osservò l'orco, sorridendo e camminando per il ponte di prua mentre intorno a lui i soldati si facevano i fatti propri. Era proprio questa la visione di mondo ideale che Kargath voleva realizzare: un mondo dove gli orchi avrebbero avuto la possibilità di sfondare una porta, ubriachi fradici, senza ripercussioni; liberi, spensierati, felici. Quella nave, carica di sogni e di alcool, era il primo passo verso la realizzazione di questo sogno. Niente e nessuno avrebbe fermato Kargath. Niente, e nessuno.
Le riflessioni di Kargath vennero interrotte da forti rumori di passi provenienti dalle sue spalle. «Eeeehiii! ...hic!» esclamò Trumber, con la pancia ancora a terra, alzando il braccio sinistro. «Tweede...hic! Caro mio! Le dimensioni non contano...hic! Vero? ...hic! Ah ah ah ah! Ha ha ha! Ha... ronf». L'orco, ormai al limite della sua sopportazione alcolica, cadde in un sonno profondo. Tweede lo ignorò, dirigendosi verso Kargath. «Dimmi, Fratello», gli chiese, continuando ad osservare il mare dinanzi a sé. «E' sicuro. Oggi niente vento, e forse nemmeno domani!». Kargath sorrise. «Un'ottima notizia, Tweede. Ti ringrazio» Tweede stava per aggiungere qualcosa, ma venne interrotto dalla guardia in cima all'albero maestro che urlava a squarciagola. Gli orchi abbandonarono ciò che stavano facendo, compresi Drumber e Trumber, il quale si risvegliò subito. La sentinella affermava di aver avvistato terra, così tutti seguirono il suo braccio e osservarono nella direzione da esso indicata: un'isola. Finalmente, dopo mesi di dura spedizione, i Manomozza avevano trovato una terra da esplorare e colonizzare. L'atmosfera venne immediatamente rovesciata: abbracci, canti, urla, balli. Gli orchi si scatenarono, pronti a salpare alla ricerca di nuove avventure. Tweede e Kargath rimasero più seri, nonostante fossero comunque rallegrati per la scoperta. «Che facciamo, Kargath? Ci avviciniamo?» chiese Tweede. «Mh.» Mugolò Kargath, lasciando cadere il boccale di idromele. Il capoguerra rubò un cannocchiale da uno degli orchi in festa e lo utilizzò per scrutare la terra poco lontana: alberi, montagne, spiagge meravigliose e pulite e, sopratutto, apparente desolazione. Kargath si prese un momento per analizzare la situazione, per poi voltarsi verso la folla in festa.
«Fratelli» disse Kargath. Il suo tono non era alto, ma la sua autorità fu sufficiente a zittire tutti in un batter d'occhio. «Frenate i bollenti spiriti, ma non troppo». Gli orchi pendevano dalle labbra del proprio capoguerra, sperando di ricevere l'ordine di gettare l'ancora ed esplorare l'isola. Dopo un attimo di esitazione, la sentenza di Kargath giunse: «Preparate i vostri bagagli, caricate le casse con le provviste e le gabbie dei piccioni viaggiatori sul ponte; issate le vele, ma preparate l'ancora; controllate che il ponte di abbordo sia funzionante e levigate le vostre armi». Gli orchi urlarono all'unisono il nome di Kargath, felici e impazienti di imbarcarsi in questa nuova avventura. «Questo giorno segna il nuovo inizio per il clan dei Manomozza, e quell'isola sarà la prima colonia di Gavendar! Preparatevi, miei fratelli!» Urlò, sollevando il braccio sinistro, cosa che fecero tutti gli altri orchi. «ANDIAMO!» continuò il capoguerra, alzando la voce e l'entusiasmo della propria ciurma. Gli orchi obbedirono immediatamente agli ordini di Kargath, mettendo a punto i preparativi necessari per lo sbarco. Fra la folla si trovava Gradah, la quale non sembrava condividere l'entusiamo del resto degli orchi. Come lei, anche Tweede sembrava essere dubbioso. Kargath incrociò lo sguardo della propria amata, il quale era così intenso da riuscire addirittura a scalfire il cuore di Kargath. Non farlo, sembrava dire, torniamo a casa, ti prego, pensava. L'orco distolse velocemente lo sguardo, implorandola silenziosamente di fidarsi di lui.
A causa del vento quasi inesistente, la nave riuscì ad avanzare di poco meno di una ventina di metri. Dopo vari tentativi di mandare avanti il galeone, tutti falliti, la ciurma decise di gettare l'ancora e raggiungere l'isola tramite le scialuppe. Una scialuppa con a bordo dieci uomini venne inviata sull'isola per assicurarsi che non ci fossero pericoli immediati. Verificata la sicurezza della spiaggia, essi notificarono il resto della ciurma agitando le proprie armi. Dopodiché vennero preparate tre scialuppe all'interno delle quali vennero caricate le casse piene di rifornimenti. Le barche furono guidate fino all'isola, dove sarebbero poi state svuotate dagli uomini già presenti i quali avevano il compito di mettere in ordine le risorse. Fatto ciò, le scialuppe ormai private del proprio carico tornarono indietro, verso il galeone, per trasportare il resto della ciurma sull'isola. Cinque uomini rimasero di guardia sulla barca, mentre il resto - compresi i gemelli Trumber e Drumber, Gradah, Tweede e Kargath - raggiunsero l'isola.
Stato fisico: 100%, in perfetta salute. Stato mentale: 100%, emozionato ma dubbioso. Condizione energetica: 100%, pronto a combattere. | Edited by Hiniar - 21/9/2014, 01:59
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