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The Rime of the Ancient Mariner, Arrivo di Kargath Manomozza

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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 20/9/2014, 21:57




Qualunque sia il viaggio, qualunque sia la destinazione, l'importante non è mai l'arrivo, ma l'esperienza che si guadagna viaggiando.

I viaggi in mare non hanno mai fatto granchè eccezione a questa grande regola dei raminghi. Chiunque decida di lasciare la solida terra per esplorare l'infinito oceano di Zar, sa bene che non sarà una passeggiata. Molti non pensano nemmeno alle avventure, alcuni la sognano ma la temono, altri fanno la voce grossa ma non sono altro che parole. Infine ci sono loro. Temerari, coraggiosi, folli: sono molti gli aggettivi con cui definirli. Ma cosa li spinge a lasciare la sicurezza delle proprie terre, delle proprie case e delle loro famiglie per rischiare tutto in un territorio inesplorato?
Chiedeteglielo, siamo qui apposta.

La giornata era calda, afosa e noiosa. Il vento che nei giorni precedenti aveva spinto le rozze vele di tela era sparito al mattino presto, lasciando la nave degli orchi in una tranquilla zona di bonaccia. Chiunque si annoierebbe senza altro da fare: e così era anche per i pelleverdi. Alcuni iniziarono a giocare con dei sassi colorati, in una strana parodia di un gioco di carte, altri controllavano annoiati i rozzi nodi che tenevano ferme le vele flosce, sperando che un alito di vento le gonfiasse. Il morale era stato alto fino a qualche giorno prima: l'euforia dell'avventura e della scoperta aveva infiammato gli animi della ciurma, ma ben presto anche loro avevano capito che non serve l'impegno per attirare l'avventura. Semplicemente, prima o poi sarebbe arrivata.
Ma non tutti cercavano di sconfiggere la noia. Almeno uno di loro fissava intensamente il mare, cercando di leggervi attraverso.

« Non ancora... » - mormorò il pelleverde, assorto e concentrato su quello che vedeva. Tweede non era il più grande dei Manomozza, e nemmeno il più forte, ma di sicuro era quello più furbo tra di loro. Aveva le spalle ingobbite dalla prigionia e, al posto della mano sinistra, esibiva con orgoglio un piccolo falcetto. Molti suoi simili lo avevano preso in giro per quella sua scelta, che reputavano da debole, ma Tweede aveva zittito quelle voci quando aveva deciso di far scorrere un pò di sangue marcio. Non sarà stato forte, ma era sicuramente veloce, e sapeva come muoversi in combattimento, ben più di qualunque altro Manomozza. Tuttavia non era questa la sua caratteristica più affascinante: alcuni del suo clan lo consideravano infatti una sorta di sciamano, vista la sua bravura nel predire i segni che avrebbero portato una benedizione o un futuro nefasto.

« È sicuro. » - disse, avvicinandosi a Kargath - « Oggi niente vento, e forse nemmeno domani! »
Annuì con foga, come per dare maggiore alle sue parole. Aprì ancora una volta la bocca per aggiungere qualche altra parola alla sua previsione, quando qualcosa lo interruppe. Dall'alto, sopra l'albero maestro, il pelleverde di sentinella stava urlando a squarciagola, attirando l'attenzione di tutta la ciurma. Tutti smisero di annoiarsi, guardando immediatamente nella direzione indicata dal marinaio.

« TERRA! TERRA! »

Tweede sbuffò, avvicinandosi alla murata di dritta per vedere cosa ci fosse di tanto speciale. Assottigliò gli occhi, portando la mano sana alla fronte per vedere meglio. Un'isola si stagliava a qualche centinaio di metri di fronte a loro e, a giudicare dalla grandezza, poteva anche essere un buon posto dove fare un accampamento temporaneo e raccogliere provviste. Certo, poteva anche nascondere tutta una serie di pericoli sconosciuti, ma il rischio non faceva che accrescere la sua voglia di sapere. Era da troppo tempo che non poggiavano i piedi sulla terraferma, e non vedeva l'ora di farlo. Guardò il suo capoclan.

« Cosa facciamo, Kargath? » - chiese, con una nota ansiosa nella voce - « Ci avviciniamo? »




Benvenuto nell'Akeran! Questo è l'inizio del tuo arrivo, una sorta di mini-avventura in cui dovrai interpretare il tuo personaggio e dare il meglio di te. Vista la zona da te decisa per iniziare l'arrivo, ho deciso di fare subito movimentare la situazione. Da qualche giorno l'entusiasmo dei pelleverde ha iniziato a scemare, ma la vista dell'isola menzionata nel post riaccende nei loro occhi una luce di curiosità che non può che fargli bene. A te lascio la decisione, se approdare o no sull'isola. Se decidi di approdare puoi pure descrivere come vi avvicinate e come scendete a terra: l'isola non è rocciosa, e volendo usare una scialuppa, è possibile mettere piede sulla spiaggia dalla sabbia sottile che circonda l'isola. A te la tastiera, e ricordati di impegnarti perchè da questa scena dipenderà la tua eventuale promozione a fasce superiori (Gialla o Verde), quindi prenditi il tempo che vuoi! Per qualunque dubbio puoi chiedere nel topic dove hai fatto la domanda di arrivo.
Ps: visto che la ciurma è composta interamente da pelleverde, chiaramente tutti i dialoghi sono in Aardens.
 
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Hiniar
view post Posted on 21/9/2014, 00:30




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«Quante volte, Gradah?» chiese, visibilmente frustrato, il capoguerra. «Quante volte, ancora, dovremo avere questa conversazione?». La donna pelleverde di fronte a Kargath aprì bocca pronta a rispondere, ma quest'ultimo le negò la parola interrompendola. «E quante volte dovrò spiegarti il motivo per cui io mi trovo qui, da oltre due mesi, a guidare la nostra gente verso il mondo ignoto della quale visione siamo stati ingiustamente privati?». Kargath si alzò rozzamente dalla sua sedia, mentre Gradah teneva lo sguardo basso: la sua espressione suggeriva dissenso soffocato da un intenso timore. Ella rimase silente mentre il capoguerra si avvicinava aggirando la scrivania al centro della cabina del capitano dove i due si trovavano. Poi, però, dopo aver preso un lungo sospiro, Gradah rispose alle domande di Kargath. «Tante volte quante ne saranno necessarie per far comprendere al tuo cieco orgoglio lo sbaglio che sta compiendo». Codeste parole, proferite dalla donna, donarono a quest'ultima una dose di adrenalina sufficiente a mantenere un contatto visivo con gli occhi di Kargath nonostante la paura provata in quel momento. Occhi che, però, sembravano essere immuni a quel raro episodio di arroganza. Kargath si fermò dinanzi alla donna, fissandola dall'alto verso il basso, riuscendo quasi a sentire i battiti accelerati del suo cuore.

«Tu non stai parlando al mio orgoglio» rispose il pelleverde, serio come non mai. «Non è il mio orgoglio quello che tu hai davanti, Gradah.» pausa. «Io sono la persona che porta sulle spalle i sogni di cinquanta marinai assetati di gloria e avventura. Sono colui che ha permesso a queste persone di essere qui, oggi. Ho sottratto la nostra gente ad una terra ormai arida e resa inabitabile dai nostri invasori e ho dato loro la possibilità di continuare la nostra storia altrove, al di là delle coste della nostra amata Gavendar». La mano destra di Kargath battè con forza sul proprio petto, facendo quasi sobbalzare la donna. «Non è l'orgoglio che mi guida. Non è la foga del momento e non è la mia sete di vendetta. Sono io, Kargath Manomozza, nelle mie piene facoltà mentali ad aver deciso di agire in questo modo». Gradah si voltò, esalando un lieve sospiro e portando le mani sul proprio stomaco. «Io...» mugolava lei. «Io... Io ho paura, Kargath!» ella si voltò nuovamente, verso Kargath, con la voce segnata da un nodo in gola causato dal nervosismo. «Avremmo potuto coltivare la nostra terra, renderla ospitabile, allevare animali e ricostruire le case distrutte durante la Grande Guerra» una lacrima scese per la guancia della donna, la quale però non sembrava avere intenzione di fermarsi. «Abbiamo lottato tanto... Ogni giorno, Kargath: ogni giorno abbiamo vissuto con la paura di venire colpiti da un colpo di artiglieria dell'Armata Scarlatta. Mai un attimo di pace, mai una pausa. E ora che finalmente, dopo cinque lunghi anni di battaglie, abbiamo eradicato gli invasori dalla nostra terra, decidi di andartene per cercarne un'altra mettendo a repentaglio la vita di tutti? Questa gente ti adora, ti rispetta. Io, Kargath, io ti rispetto» Kargath permise alla donna di sfogarsi senza interromperla, la quale si era ormai abbandonata alle sue emozioni. «Noi ti seguiremmo in capo al mondo e moriremmo per te, ma... Ho paura». Ormai in lacrime, Gradah abbassò lo sguardo e rimase in silenzio. Kargath fece lo stesso.

Dopo pochi attimi, il capoguerra allungò la mano verso la donna. «Voglio donare a tutti voi un futuro dove possiate vivere in pace» Kargath si avvicinò lentamente a Gradah, la quale smise di singhiozzare e sollevò il capo verso il proprio fratello di razza. «Un futuro dove io e te, Gradah, potremo goderci la nostra libertà...» l'orco poggiò delicatamente la propria mano destra sul capo di Gradah, carezzandole i capelli. «...e dove lui potrà crescere senza mai essere costretto a lottare per sopravvivere» la mano di Kargath si spostò sul ventre rigonfio della donna, il quale venne dolcemente carezzato dall'orco. «Voglio la tua felicit-». Il discorso di Kargath venne stroncato dalla violenta apertura della porta di ingresso.

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«Now we are ready to head...hic! for the Horn...hic! ♫». Il forte aroma di idromele invase la cabina nel momento stesso in cui la coppia di membri dei Manomozza sfondarono la porta cantando, completamente ubriachi. «Way, ay, roll an' go!...hic! ♫». Trumber e Drumber, due fratelli gemelli, l'uno più scemo dell'altro. Trumber cadde a terra subito dopo aver spalancato la porta, mentre Drumber riusciva a malapena a mantenersi in equilibrio, singhiozzando sonoramente e sorseggiando da un calice pieno di idromele. L'espressione di Kargath, addolcita dal raro momento emotivo accaduto, si tinse di rabbia. Il capoguerra colpì il pavimento in legno con un poderoso pestone. «Fuori...» Ordinò lui. «Fuori... ANDATE FUORI!» Kargath afferrò Trumber dalla sua tunica e lo lanciò di peso fuori dalla porta, ma questo non fermò la voglia di cantare del Manomozza. Gradah, rallegrata dal momento, non sembrava affatto condividere la rabbia di Kargath: anzi, iniziò a ridere di gusto. Kargath sbuffò. «Dai, su!» disse Gradah sorridente, asciugandosi le lacrime dal viso mentre si dirigeva all'esterno. «Lasciali divertire! E divertiti anche tu... Non c'è bisogno di tenere sempre il broncio! Vado a prenderti un po' di idromele. Io non posso bere, quindi dovrai bere per due». Kargath sentiva il bisogno di mantenere l'ordine, ma forse Gradah aveva ragione. Forse aveva bisogno di una pausa, ogni tanto. Il capoguerra sospirò, lasciando trapelare un accenno di sorriso, e diede una sonora pacca sulla spalla del proprio compagno di clan che si cimentava in un test d'equilibrio per scoprire per quanto tempo sarebbe stato capace di stare in piedi con una gamba sola.

La luce del sole accecò per un momento Kargath nel momento in cui egli mise piede all'esterno della cabina del comandante. Tirò un forte sospiro, assaporando l'aria che si respirava in quel punto smarrito di oceano. Sapeva di avventure, di libertà, di idromele. Era deliziosa. L'orco non poté non essere rallegrato dalla visione dei valorosi guerrieri che tanto amava che ammazzavano il tempo, ognuno in modo diverso, durante quella noiosa giornata. L'atmosfera era piacevole, accogliente, ed il forte odore di idromele che accompagnava il tutto non era altro che la ciliegina sulla torta. «Ecco a te, mio Comandante!» Gradah interruppe il fantasticare di Kargath, riportandolo con i piedi a terra porgendogli un grande calice di idromele. «Bevi!» ordinò lei, scherzosa. Kargath ridacchiò, accettando volentieri il dono e sorseggiandolo immediatamente. «Bevi e dormi: gli unici ordini ai quali non mi dispiace sottomettermi» osservò l'orco, sorridendo e camminando per il ponte di prua mentre intorno a lui i soldati si facevano i fatti propri. Era proprio questa la visione di mondo ideale che Kargath voleva realizzare: un mondo dove gli orchi avrebbero avuto la possibilità di sfondare una porta, ubriachi fradici, senza ripercussioni; liberi, spensierati, felici. Quella nave, carica di sogni e di alcool, era il primo passo verso la realizzazione di questo sogno. Niente e nessuno avrebbe fermato Kargath. Niente, e nessuno.

Le riflessioni di Kargath vennero interrotte da forti rumori di passi provenienti dalle sue spalle. «Eeeehiii! ...hic!» esclamò Trumber, con la pancia ancora a terra, alzando il braccio sinistro. «Tweede...hic! Caro mio! Le dimensioni non contano...hic! Vero? ...hic! Ah ah ah ah! Ha ha ha! Ha... ronf». L'orco, ormai al limite della sua sopportazione alcolica, cadde in un sonno profondo. Tweede lo ignorò, dirigendosi verso Kargath. «Dimmi, Fratello», gli chiese, continuando ad osservare il mare dinanzi a sé. «E' sicuro. Oggi niente vento, e forse nemmeno domani!». Kargath sorrise. «Un'ottima notizia, Tweede. Ti ringrazio» Tweede stava per aggiungere qualcosa, ma venne interrotto dalla guardia in cima all'albero maestro che urlava a squarciagola. Gli orchi abbandonarono ciò che stavano facendo, compresi Drumber e Trumber, il quale si risvegliò subito. La sentinella affermava di aver avvistato terra, così tutti seguirono il suo braccio e osservarono nella direzione da esso indicata: un'isola. Finalmente, dopo mesi di dura spedizione, i Manomozza avevano trovato una terra da esplorare e colonizzare. L'atmosfera venne immediatamente rovesciata: abbracci, canti, urla, balli. Gli orchi si scatenarono, pronti a salpare alla ricerca di nuove avventure. Tweede e Kargath rimasero più seri, nonostante fossero comunque rallegrati per la scoperta. «Che facciamo, Kargath? Ci avviciniamo?» chiese Tweede. «Mh.» Mugolò Kargath, lasciando cadere il boccale di idromele. Il capoguerra rubò un cannocchiale da uno degli orchi in festa e lo utilizzò per scrutare la terra poco lontana: alberi, montagne, spiagge meravigliose e pulite e, sopratutto, apparente desolazione. Kargath si prese un momento per analizzare la situazione, per poi voltarsi verso la folla in festa.

«Fratelli» disse Kargath. Il suo tono non era alto, ma la sua autorità fu sufficiente a zittire tutti in un batter d'occhio. «Frenate i bollenti spiriti, ma non troppo». Gli orchi pendevano dalle labbra del proprio capoguerra, sperando di ricevere l'ordine di gettare l'ancora ed esplorare l'isola. Dopo un attimo di esitazione, la sentenza di Kargath giunse: «Preparate i vostri bagagli, caricate le casse con le provviste e le gabbie dei piccioni viaggiatori sul ponte; issate le vele, ma preparate l'ancora; controllate che il ponte di abbordo sia funzionante e levigate le vostre armi». Gli orchi urlarono all'unisono il nome di Kargath, felici e impazienti di imbarcarsi in questa nuova avventura. «Questo giorno segna il nuovo inizio per il clan dei Manomozza, e quell'isola sarà la prima colonia di Gavendar! Preparatevi, miei fratelli!» Urlò, sollevando il braccio sinistro, cosa che fecero tutti gli altri orchi. «ANDIAMO!» continuò il capoguerra, alzando la voce e l'entusiasmo della propria ciurma. Gli orchi obbedirono immediatamente agli ordini di Kargath, mettendo a punto i preparativi necessari per lo sbarco.

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Fra la folla si trovava Gradah, la quale non sembrava condividere l'entusiamo del resto degli orchi. Come lei, anche Tweede sembrava essere dubbioso. Kargath incrociò lo sguardo della propria amata, il quale era così intenso da riuscire addirittura a scalfire il cuore di Kargath. Non farlo, sembrava dire, torniamo a casa, ti prego, pensava. L'orco distolse velocemente lo sguardo, implorandola silenziosamente di fidarsi di lui.

A causa del vento quasi inesistente, la nave riuscì ad avanzare di poco meno di una ventina di metri. Dopo vari tentativi di mandare avanti il galeone, tutti falliti, la ciurma decise di gettare l'ancora e raggiungere l'isola tramite le scialuppe. Una scialuppa con a bordo dieci uomini venne inviata sull'isola per assicurarsi che non ci fossero pericoli immediati. Verificata la sicurezza della spiaggia, essi notificarono il resto della ciurma agitando le proprie armi. Dopodiché vennero preparate tre scialuppe all'interno delle quali vennero caricate le casse piene di rifornimenti. Le barche furono guidate fino all'isola, dove sarebbero poi state svuotate dagli uomini già presenti i quali avevano il compito di mettere in ordine le risorse. Fatto ciò, le scialuppe ormai private del proprio carico tornarono indietro, verso il galeone, per trasportare il resto della ciurma sull'isola. Cinque uomini rimasero di guardia sulla barca, mentre il resto - compresi i gemelli Trumber e Drumber, Gradah, Tweede e Kargath - raggiunsero l'isola.

Stato fisico: 100%, in perfetta salute.
Stato mentale: 100%, emozionato ma dubbioso.
Condizione energetica: 100%, pronto a combattere.


Edited by Hiniar - 21/9/2014, 01:59
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 21/9/2014, 15:45




Se vista da lontano l'isola sembrava bella, da vicino lo era ancora di più. Un vero e proprio paradiso tropicale, come molti ne sognano quando sono afflitti dalle angherie della vita. La sabbia scricchiolò piacevolmente sotto i loro piedi, e ogni tanto un granchio faceva capolino dalla sua tana per trovare un posto più tranquillo dove rifugiarsi. Ogni tanto il canto vibrante di un uccello, meno di quelli che ci si sarebbe aspettati su un'isola del genere, rompeva il silenzio e creava un'atmosfera di pace e armonia. Tuttavia la piccola foresta di liane che si stagliava di fronte a loro non sembrava accogliente, e forse avrebbe nascosto qualche sorpresa. Ma chi lo sa, non è forse per questo che esistono gli avventurieri?

Se i pelleverde avessero alzato lo sguardo, invece, avrebbe notato che la montagna che nasceva al centro dell'isola non era poi così alta. Sembrava più un'alta collina, dalle cui pendici nasceva la vegetazione che copriva l'isola; la vetta era invece curiosamente spoglia e piatta, come se qualcuno o qualcosa l'avesse usata come vedetta o come una torre d'osservazione.

Tweede si guardò attorno, socchiudendo gli occhi per il sole troppo forte. Ad un primo sguardo l'isola sembrava accogliente come l'aveva immaginata nei suoi sogni: palme basse dai frutti dissetanti, sabbia fine e dorata, e probabilmente all'interno un ruscello che sorgeva da quella montagna. Era un pò stanco di bere l'acqua che avevano a bordo: iniziava a sapere di stantio. Schioccò le labbra, usando il falcetto per arrampicarsi agevolmente su una palma e prendere un frutto scuro. Sembrava una noce di cocco, ma più piccola e robusta. La spezzò dopo un paio di tentativi e, assaggiatone il liquido all'interno, lo bevve tutto avidamente.

« Bel posto » commentò, gettando i resti del frutto in un cespuglio « Mi piacerebbe rimanere un pò qui. »
Si girò a guardare i suoi compagni, cercando un segno d'assenso sui loro volti. Poi la sua attenzione fu attirata da qualcosa che luccicava dietro un albero. Lo aggirò, prima che i suoi compagni potessero dirgli qualcosa. Rimase lontano dai loro sguardi per qualche secondo, dopo tornò con un'espressione curiosa sul volto. Aveva tra le mani quello che a prima vista sembrava una sorta di piatto ovale e trasparente. I bordi erano frastagliati e scheggiati, come se prima facesse parte di qualcosa più grande. Il pelleverde indicò dietro di sè, alzando poi le spalle.

« Sono strane, sembrano... uova. Ce ne sono altri pezzi così là dietro. »
Gettò il suo ritrovamento a terra, battendosi le mani sulla giubba di pelle. Tirò su con il naso, poi guardò gli altri, portando avanti il suo falcetto e indicando con il capo l'ingresso della foresta.

« Andiamo? »




Bene, si continua! Ho messo una rapida descrizione dell'isola, che se vuoi puoi ampliare tenendoti sempre entro le linee guide che ti ho dato. Da questo momento e per questo turno useremo il topic di arrivo come se fosse uno di confronto, e lì potrai descrivere cosa vuoi fare e come andare avanti. Enjoy!
 
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Hiniar
view post Posted on 22/9/2014, 11:45




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Kargath fu l'ultimo, insieme a Gradah, a metter piede sulla calda sabbia dell'isola. Al suo arrivo, lo spettacolo che si trovava dinanzi i suoi occhi sembrava essere uscito da una delle sue fantasie sul futuro: una terra pulita, ampia, piena di colori e pacifica. La vegetazione non mancava, il che avrebbe permesso al clan di coltivare i frutti della terra e cacciare la selvaggina presente, forse, nella parte più interna della foresta. In lontananza si scorgeva una collina: luogo ideale dove costruire un villaggio, facile da difendere e difficile da attaccare. Il capoguerra distolse per un attimo lo sguardo dallo sfondo e lo portò sul gruppo di Manomozza intento a urlare, cantare e gioie: Kargath non aveva mai visto i propri uomini così felici sin dal giorno, ormai remoto, della loro liberazione dalla prigionia Scarlatta. Per la prima volta, l'orco sentiva di avere la possibilità di lasciar andare i propri pensieri e rilassarsi per qualche attimo. Nessun nemico da attaccare, nessuna fortezza da invadere, nessun pericolo dal quale difendere la propria gente: Kargath iniziava a sentire il sapore della libertà. Egli sapeva bene, però, che il destino non sarebbe mai stato così benevolo nei suoi confronti. Vuoi per pessimismo, vuoi per esperienza personale, Kargath non riuscì ad immergersi completamente nell'euforica atmosfera generata dalla felicità del resto del clan. E' forse questo il fardello che un capoclan è costretto a portare sulle proprie spalle per il resto della propria vita? Il compulsivo desiderio di proteggere i propri fratelli di razza, anche se non esiste un pericolo concreto? Kargath si voltò rapidamente verso la propria amata, la quale teneva lo sguardo basso, lontano da quello del capoguerra. Gradah non sembrava volerne sapere di parlare, e Kargath rispettò la sua decisione. L'orco avanzò verso il resto del gruppo.

«In riga, uomini» sentenziò con tono autoritario, mentre i suoi fratelli di razza abbandonavano immediatamente qualsiasi cosa stessero facendo per disporsi l'uno accanto all'altro come da ordini. Kargath attese un attimo per permettere al clan di obbedire e, quando cadde il silenzio totale, riprese a parlare. «Riesco quasi a toccare con mano la vostra euforia dinanzi a questa nuova terra. Una terra che profuma di avventura e speranza, proprio quello che noi tutti stavamo da tempo cercando. La vostra felicità mi rende sereno: significa che sono riuscito a mantenere la promessa che vi feci oltre due mesi fa, prima di iniziare questa spedizione. Vi avevo promesso libertà, una terra fertile e tanto idromele, ed eccovi serviti» seppur silenziosi, gli orchi non riuscirono a trattenere i propri sorrisi. L'espressione di Kargath divenne però molto più seria pochi attimi dopo: «Ma non fraintendete le mie parole» pausa. «Non sia mai che vi passi per la testa che la nostra opera sia conclusa perché, fratelli, il nostro viaggio è appena cominciato. Non commettiate l'errore di riporre le vostre armi, perché posso garantirvi che in tanti proveranno in vano di privarci nuovamente della nostra libertà» il capoguerra strinse la mano destra, formando un solido pugno. «E noi dovremo essere pronti a liberarci di loro. Vi avevo promesso libertà, ma non avevo mai detto che sarebbe stata gratuita. Molto sangue scorrerà da oggi in poi e, miei cari fratelli, quel sangue non sarà il nostro». Un urlo all'unisono si elevò dalla fila di orchi, il quale andava in diretto contrasto con il silenzio di Gradah. La donna sedeva sul bordo della scialuppa con il viso rivolto verso il mare e lo sguardo perso nell'orizzonte.

Gradah sentì la mano di qualcuno toccarle la spalla, ma dall'odore riuscì immediatamente a riconoscere che si trattava di Kargath. La donna socchiuse appena gli occhi, senza voltarsi, come se cercasse le energie per proferire parola. «L'anziano Fahlert aveva ragione» disse lei, malinconica. «Non sarei mai stata capace di comprendere quanto realmente io fossi legata alla nostra casa fino a quando non mi sarei allontanata molto da essa». Il capoguerra carezzò delicatamente i capelli della donna, mentre lei continuava ad osservare l'orizzonte. «Fahlert non ha una donna ed un figlio di cui prendersi cura» disse lui, cercando di mantenere un tono meno autoritario possibile per non infierire sull'emotività della propria amata. «Gavendar è una terra devastata da anni di guerra e distruzione. Nonostante sia possibile sopravvivere per due guerrieri adulti come me e te, Gradah, spero che tu comprenda quanto difficile sarebbe stato per il nostro bambino crescere in un ambiente simile» Kargath avanzò di un passo, chinandosi appena dinanzi il viso di Gadrah, quasi come per costringerla a distogliere lo sguardo dal mare. «Sarà questa la nostra nuova casa» sorrise lui. «...» Gadrah fulminò Kargath con lo sguardo. «Il prezzo da pagare in sangue per la nostra libertà di cui parlavi prima, allora?» chiese lei, adirata. «Pensi davvero che i tuoi muscoli ti permetteranno di sconfiggere qualsiasi nemico incontrerai?» la donna si alzò, furiosa. «Cosa farai quando qualcuno busserà alla porta di casa nostra, armato fino ai denti, e attenterà alla vita di nostro figlio?» la donna non permetteva all'orco di rispondere. «Sono davvero curiosa di sapere come riuscirai a difenderlo dai pericoli di cui parlavi. Mozzerai la mano anche a lui? Gli darai una grande spada, gli insegnerai a combattere e vivremo tutti felici e contenti? Chi ti dice che il sangue che scorrerà grazie alle nostre azioni non sarà quello del nostro bambino?!». La donna sobbalzò, come se si fosse resa conto di aver esagerato, e tornò a sedere sul bordo della scialuppa distogliendo lo sguardo dal capoguerra. Kargath si alzò e fissò Gadrah con aria autoritaria. «Non ti permetto di banalizzare la nostra storia» sentenziò. «Nostro figlio è al sicuro. Questa conversazione finisce qui».

Kargath era intento ad aiutare i membri del clan a riporre le casse piene di provviste una sopra l'altra, quando venne interrotto dall'improvviso arrivo di Tweede. «Ehi, Tweede» esclamò l'orco, poggiando la cassa che portava in spalla di fianco alla fila di scatole sulla spiaggia. «Non ti ho visto in giro, dove sei stato?». Kargath notò poi lo strano oggetto tenuto in mano dal proprio fratello di razza, il quale catturò il suo interesse. «Che roba è?» chiese lui, osservando curioso lo strano oggetto. «Sono strane, sembrano... uova. Ce ne sono altri pezzi così là dietro. Andiamo?» rispose Tweede, indicando l'entrata della foresta. Udendo quelle parole, lo sguardo di Kargath si fece rabbioso. «Ti sei inoltrato nella foresta, da solo, senza avvertire nessuno?» sputò il capoguerra, con tono autoritario. «Che cosa ti salta in mente?! Siamo appena arrivati, non conosciamo i pericoli che potrebbero nascondersi su quest'isola. Non puoi andare in giro in maniera così irresponsabile» Tweede rimase a bocca aperta, troppo spaventato per poter rispondere. «Mi hai capito?!» Tweede sobbalzò, annuendo goffamente. Kargath mantenne contatto visivo con l'orco per qualche secondo, per poi voltarsi in direzione del resto degli uomini. «Ascoltate» e cadde il silenzio. «Abbandonate quello che state facendo e formate un perimetro difensivo intorno questa spiaggia. Voglio che venticinque di voi si prendano la responsabilità di fare da guardia mentre noi altri esploriamo la giungla» Kargath si diresse verso la scialuppa dove aveva lasciato il cannocchiale e lo lanciò ad un orco qualsiasi. «Tu farai parte del perimetro difensivo e avrai il compito di tener d'occhio il galeone» si rivolse poi nuovamente al resto del gruppo. «Voglio che urliate con quanto fiato avete in gola nel caso in cui doveste incontrare un qualsiasi pericolo, intesi?» il gruppo annuì.

«Vengo anche io» Gadrah si avvicinò a Kargath con tono autoritario, il quale fece subito intendere che non avrebbe avuto intenzione di portarla all'interno della foresta. «No. Tu sai difenderti, nostro figlio no. E' troppo pericoloso» ma Gadrah non voleva saperne. «Posso difendere anche il nostro bambino». Kargath sospirò. Egli non aveva nessuna voglia di discutere, così permise anche a Gadrah di unirsi alla spedizione. L'orco ordinò al resto degli uomini di seguirlo all'interno della foresta. «Fa' strada, Tweede».

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La foresta odorava di rugiata e muschio verde. Nonostante l'odore fosse piacevole, l'umidità ed il caldo quasi asfissiante rendevano l'atmosfera insopportabile. La fitta vegetazione costrinse Kargath ad organizzare il gruppo di orchi secondo una formazione più difensiva: cinque orchi formavano una linea retta in prima linea, leggermente più avanti rispetto al resto del gruppo, e avevano il compito di tagliare le liane e i rami che ostacolavano il cammino; al centro si trovava un cerchio composto da dieci orchi che avanzavano mantenendo Gradah al sicuro; il resto del gruppo faceva da guardia alla parte posteriore della formazione, mentre Kargath si trovava in prima linea. «Quando ti ho detto che sarei stata capace di difendermi da sola intendevo dire senza guardie del corpo» disse Gadrah, scocciata. Kargath non rispose, mantenendo alta la concentrazione. A parte qualche innocuo animale selvatico, il gruppo non aveva ancora incontrato nessun pericolo reale. Kargath non sapeva se essere sollevato da questa calma o, al contrario, averne paura.

«Aspettate!» esclamò Tweede. Kargath alzò il braccio ed il plotone si fermò immediatamente. «Cosa c'è?» chiese Kargath. «Guarda, Kargath» Tweede mostrò una manciata di conchiglie e stelle marine al capoguerra, il quale non sembrava molto interessato. «Arriva al punto, per favore. Non abbiamo tempo da perdere» Tweede indicò per terra, mostrando a Kargath altri oggetti insoliti già presenti nella foresta. Il capoguerra si chinò, osservandoli con attenzione. La spiaggia distava almeno un centinaio di metri da dove il gruppo si trovava, non era possibile che la marea fosse stata capace di trasportare quegli oggetti fino a lì. «Hm» Kargath aguzzò l'udito, cercando di scorgere movimenti nelle vicinanze, inutilmente. Tweede riprese a parlare con un tono ansioso e leggermente agitato: «E' già da un po' che noto questi strani oggetti per terra. Non appartengono alla foresta, non capisco come siano arrivati lì» Kargath rimase in silenzio per qualche secondo. «Tenete pronte le armi» disse l'orco, serio e autoritario. «Non siamo soli».

L'umore del gruppo cambiò radicalmente. La spedizione andò avanti per oltre mezz'ora senza incontrare alcun pericolo, ma gli orchi mantenerono un altissimo livello di concentrazione durante tutto il tragitto. Silenziosi e all'erta, riuscivano ad udire anche il più misero rumore in lontananza. Se prima si parlava del più e del meno, da quel momento nessuno osava aprire bocca. Gli orchi erano emozionati dalla possibilità di incontrare un nemico da affrontare, ma allo stesso tempo quell'eventualità li metteva a disagio. Il pericolo più grande che Gavendar fosse capace di porre davanti agli orchi erano gli umani, i quali vennero sconfitti dagli orchi in quanto più deboli. Questa nuova terra, però, non è Gavendar: nessuno di loro poteva immaginare quali mostri essa potesse celare, e sopratutto nessuno di loro era sicuro di poterli sconfiggere. Lo sguardo di Kargath era serrato e suggeriva un'alta sicurezza nelle proprie abilità, ma anche lui nutriva un barlume di timore. Il capoguerra, però, non aveva tempo di avere paura. La spedizione sarebbe comunque andata avanti a qualunque costo, così come voleva il resto degli uomini di Kargath.

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Dopo innumerevoli liane e rami mozzati, il gruppo di Kargath raggiunse finalmente quella che sembrava essere una radura interna alla foresta. Gli orchi si fermarono un attimo prima di entrare in essa, per esaminarla dall'esterno: la radura era stranamente pulita ed ordinata, in quanto non v'era traccia né di foglie né di rami caduti. L'unica cosa che si riusciva a vedere era un grande strato di roccia, il che rafforzava l'ipotesi che i Manomozza non fossero soli su quell'isola. La cosa che però confermò questa paura fu la presenza di una piccola casa in legno immersa nella vegetazione. Le pareti erano marce, il tetto era storto e rovinato e, in generale, l'intera struttura sembrava reggersi a malapena in piedi. Nonostante fosse chiaramente disabitata, Kargath decise di essere prudente ed avvicinarsi comunque in maniera cauta. «Voi cinque» Kargath indicò un gruppo di orchi «Rimanete qui insieme a Gradah e assicuratevi che niente e nessuno ci attacchi alle spalle dalla foresta» gli uomini e la donna annuirono e si misero immediatamente in posizione. «Voi altri, invece» continuò Kargath, avvicinandosi alla casupola. «Circondate la struttura. E' difficile che vi sia qualcuno al suo interno, ma non voglio escludere nessuna possibilità. Voglio che catturiate qualsiasi cosa che dovesse uscire da essa una volta che sarò entrato, intesi?» gli uomini annuirono e, di corsa, formarono uno stretto perimetro attorno la struttura in legno. Infine, Kargath raggiunse la porta d'ingresso della casupola e, dopo essere rimasto in silenzio per qualche secondo cercando di individuare eventuali movimenti all'interno, diede un violento calcio alla porta. La porta venne spaccata a metà, ma l'intera struttura cedette in pochi attimi a causa della violenza eccessiva di Kargath, il quale sobbalzò istintivamente all'indietro per evitare di rimanere coinvolto nel crollo. Forse utilizzare la forza bruta non è stata la soluzione migliore, ma poco importava: la casa appariva essere disabitata in ogni caso.

Il capoguerra era sul punto di ordinare ai propri uomini di spostare le macerie e di cercare qualche indizio che potesse rendere la situazione più chiara, quando uno strano suono in lontananza catturò la sua attenzione. Le urla stridule degli uccelli in fuga furono sufficienti per allarmare Kargath, il quale iniziò a correre verso il gruppo di Gradah seguito dagli altri uomini. «Cos'è stato?!» chiedeva qualcuno. «Si sta avvicinando! Che facciamo?!» chiedeva qualcun'altro. «Forse dovremmo restare qui e difend...» Tweede venne interrotto dall'ordine di Kargath: «No. Indietreggiate, nella foresta. Veloci!». Rimanere lì era troppo pericoloso anche per i valorosi Manomozza: Kargath non aveva idea di chi o cosa avesse causato quel rumore e, di conseguenza, non avrebbe mai potuto valutare con esattezza il livello di pericolo in cui il gruppo si trovava. Non poteva rischiare di fronteggiare un nemico dotato di armi a distanza ordinando al gruppo di restare immobile al centro della radura, in quanto sarebbe stato troppo difficile difendersi da un attacco del genere. Kargath condusse i propri uomini verso l'entrata della radura posta nella direzione da cui erano venuti. Gli orchi sfruttarono la vegetazione circostante per osservare la radura in tutta sicurezza, mentre alcuni di loro davano le spalle ad essa per non permettere al nemico di attaccarli alle spalle. I Manomozza allontanarono le proprie paure e i propri pensieri, prepararono le proprie armi e si tennero pronti per la battaglia. Anche Gradah rimosse dalla propria mente per qualche attimo i pensieri che in precedenza la tormentavano per concentrarsi sul pericolo. Gli occhi di Kargath erano puntati sulla radura, mentre le sue orecchie sembravano quasi aver escluso qualsiasi altro rumore che non fosse quello strano verso in avvicinamento. La forza del Clan sarebbe ben presto messa nuovamente alla prova.


Edited by Hiniar - 22/9/2014, 15:56
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 22/9/2014, 15:39




La foresta divenne improvvisamente silenziosa, e nemmeno gli animali nascosti osarono rompere quell'attimo di calma con i loro versi. I pelleverde, al sicuro dietro i cespugli e gli alberi, aguzzarono lo sguardo, serrando le mascelle per la tensione e l'ansia. Cosa sarebbe apparso dal folto della giungla? Forse un orso, un gigante o qualche altro mostro titanico? Passò qualche altro secondo, e infine qualcosa apparve. Gli orchi nascosti dovettero lottare per non scoppiare a ridere.

Un granchio di una ventina di centimetri sbucò fuori da un cespuglio, schioccando le chele ininterrottamente. Sembrava guardarsi attorno, come se fosse alla ricerca di qualcosa, poi ritornò nel folto della foresta. Un sospiro di sollievo passò tra gli orchi, e alcuni per poco non uscirono dal loro nascondiglio, quando lo videro. Sbucò dal folto della foresta con un balzo, sfruttando le 6 zampe robuste. Il granchio era alto quasi un metro e largo anche più, e gli schiocchi che emettevano le sue chele rimbombarono per lo spiazzo, facendo deglutire i pelleverde che avevano quasi riso poco prima. L'ilarità però era completamente scomparsa. Tuttavia non era stata la presenza di quel mostro a metterli sul chi vive, ma la cosa che lo stava cavalcando. Era piccolo e gobbo, con la pelle di un grigio spento illuminata da tatuaggi tribali rossi e gialli. Aveva quattro braccia: due impugnavano saldamente la peluria che copriva il carapace del granchio, mentre le altre due impugnavano corte lame di pietra affilata. La testa, piccola e glabra, si voltava da una parte all'altra della radura, in un movimento sconnesso che ricordava quello di un pendolo non più funzionante.

Tirando le sue redini, l'essere mosse il granchio vicino alla casa crollata, scendendo con un movimento agile e prendendo tra le mani un pezzo di legno. Era una tavola della porta, che Kargath aveva distrutto con un calcio. L'essere scoprì le labbra, mostrando una dentatura ricca di denti piccoli e affilati, come tanti piccoli pugnali.

« RAAARGH! »

Risalì agilmente sulla sua cavalcatura, poi disse una parola che sembrava più il verso di una bestia. I granchi immediatamente iniziarono ad agitarsi, schioccando le chele ed allontanandosi a cerchio per la radura. L'essere invece iniziò a scandagliare i bordi della foresta, cercando qualcosa che non sarebbe dovuto essere lì. Qualcosa come Kargath e il suo clan.
Tuttavia ora avevano una possibilità, potevano attaccarli di sorpresa o fuggire, e non era qualcosa da niente. L'essere sul granchio sembrava forte, ma probabilmente se avessero attaccato di sorpresa sarebbero riusciti a ucciderlo. Tuttavia la decisione finale spettava a Kargath. Cosa avrebbe fatto il capoclan?
Avrebbe combattuto o sarebbe fuggito?



Bene, andiamo avanti! Tutto quello che hai bisogno di sapere l'ho scritto nel post e ora, grazie alla tua scelta di nasconderti e di attendere di vedere il nemico, puoi decidere cosa fare. Puoi ingaggiare un duello autoconclusivo con l'essere sul granchio (contano come un unico nemico di pericolosità G, anche se puoi personalizzarne gli attacchi come se provengano dal granchio o dall'essere) oppure fuggire verso la spiaggia, la collina, o fare altro a tua scelta. Nel primo caso posta pure direttamente, concludendo lo scontro con la morte o la sconfitta del nemico, diversamente continueremo nel topic d'arrivo. In ogni caso fammi sapere cosa scegli di fare. Nel caso in cui tu decida di combattere, scegli pure se descrivere anche solo marginalmente lo scontro tra i Manomozza e gli altri granchi più piccoli.
 
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Hiniar
view post Posted on 24/9/2014, 15:09




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«Silenzio» sussurrò Gradah, scocciata, rivolta verso i Manomozza appostati dietro i cespugli che ridacchiavano non appena il silenzio della foresta venne spezzato dall'apparizione di un misero granchio. Sì, forse era un po' più grande di un granchio che si potrebbe trovare in giro per le coste, ma era pur sempre un debole animale selvatico: esso non presentava un pericolo per il valoroso clan Manomozza, il quale fu capace di sconfiggere ben più spaventosi e abili nemici. Gli orchi tirarono un sospiro di sollievo, ma continuarono comunque a mantenere il silenzio ad essi imposto dal proprio capoguerra attimi prima. I membri del clan davano quasi per scontato che Kargath avrebbe chiesto loro di andare a schiacciare quel granchio e mangiarlo arrosto con qualche erbetta come condimento, ma così non fu. Kargath, al contrario da quello che gli orchi avrebbero immaginato, continuava ad osservare assiduamente quel piccolo animale. Il suo viso era più serio che mai, il che confondeva il resto degli orchi ad eccezion fatta per Tweede. Quest'ultimo, ben noto per la propria sensibilità all'ambiente che lo circonda, riusciva a percepire che qualcosa non quadrava in quella situazione. Quello non è il suono che ho udito prima, pensava Kargath, chele così piccole non avrebbero potuto generare un suono tanto intenso da riecheggiare per la foresta. E cosa ci fa un granchio in una parte così interna dell'isola?. Il capoguerra aguzzò lo sguardo quando il granchio tornò nella foresta, portando alcuni orchi sul punto di dimenticarsi l'ordine ricevuto e di uscire dal proprio nascondiglio. «Che nessuno si muova» sentenziò Kargath. «Difendete la vostra posizione». L'ordine, seppur non condivisibile secondo la maggior parte degli orchi, venne eseguito. Gradah, seppur non comprendendo il motivo per cui Kargath fosse così preoccupato, venne comunque influenzata dall'atmosfera di tensione che si respirava a causa sua. I Manomozza attesero qualche istante prima che le paure di Kargath e le previsioni di Tweede divenissero realtà. Gli occhi di tutti erano puntati sulla terrificante creatura che emerse dalle profondità della giungla.

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Denti aguzzi come pugnali, pelle pallida come quella di un cadavere, sguardo assetato di sangue: la creatura, che cavalcava un granchio notevolmente più grande rispetto a quello avvistato in precedenza, lasciò il Clan dei Manomozza senza parole. Il mostro era dotato di quattro braccia, una schiena ricurva e di una costituzione bassa e relativamente esile. Il granchio che pareva obbedire ai suoi ordini gli donava una velocità di movimento elevata, il che avrebbe reso un eventuale combattimento contro di essi molto più complicato. Gli orchi mantennero a stento la posizione, in bilico fra l'eccitazione di trovarsi di fronte un nemico da sconfiggere dopo due lunghi mesi e la paura più totale, in quanto il nemico in questione non fosse neanche lontanamente simile ai soldati delle Armate Scarlatte che gli orchi conoscevano alla perfezione. Tweede cercava di trattenere il proprio corpo dal tremare, mentre Gradah costringeva sé stessa a mantenere la calma. Quel mostro era una cosa completamente diversa da ogni nemico affrontato dai Manomozza fino a quel momento, ma la cosa non sembrava turbare minimamente Kargath. Il capoguerra non contrasse un singolo muscolo del suo corpo quando il mostro fece la sua apparizione in campo: il suo sguardo non abbandonò mai la sua figura. Egli lo osservava con maniacale precisione, alla ricerca di eventuali punti deboli da sfruttare durante una possibile battaglia e analizzando il modo in cui si muoveva per comprendere che tipo di pericolo esso effettivamente rappresentasse.

La creatura, dopo aver esaminato la casa crollata a causa del calcio di Kargath, urlò a squarciagola. L'urlo riecheggiò per la foresta, mettendo in fuga gli animali selvatici e incutendo ancora più timore nei cuori degli orchi. «Ci sta cercando!» sussurrò Tweede nel momento in cui il mostro iniziò ad osservare i bordi della foresta. «Kargath, che facciamo?!» chiese lui, con un tono visibilmente ansioso. «Propongo di fuggire. Torniamo alla spiaggia e uniamoci al resto del gruppo», ma Kargath non risposte. Anche se fossero riusciti a fuggire da quella creatura, il mostro sarebbe comunque riuscito a raggiungerli in un batter d'occhio grazie alla rapidità del granchio. In quel caso, il gruppo di Kargath avrebbe avuto la peggio in quanto combattere un nemico nel suo habitat naturale - in questo caso, la fitta foresta - sarebbe stato un grosso errore. Inoltre, i Manomozza non fuggono mai. «Kargath!» continuava Tweede, visibilmente sotto pressione in quanto il mostro si stava avvicinando lentamente al loro nascondiglio. «Codardo» rispose Kargath. «Voi, occupatevi dei granchi piccoli». Le parole di Kargath causarono un leggero stupore nel resto della squadra. Combattere? Pensava qualcuno, non conosciamo il nemico, è un suicidio! Pensava qualcun altro. Kargath ignorò le loro facce preoccupate, e non staccò gli occhi dalla creatura neanche per un attimo. «Gradah, tu non combatterai» sentenziò, soffocando una possibile risposta da parte della donna pochi istanti dopo: «E' un ordine del tuo capoguerra. Obbedisci», al quale Gradah non poté che sottomettersi in silenzio. La donna si rese conto della gravità della situazione e della pressione sotto la quale Kargath si trovasse, non sarebbe stato un comportamento maturo mettersi a discutere in un momento del genere. Nonostante Kargath fosse abile in combattimento, non sopportava gettarsi nella mischia senza avere un piano. La situazione in cui il gruppo si trovava, con un mostro che non avrebbe impiegato molto tempo per trovarli, il capoguerra non aveva tempo per mettere insieme un piano d'azione. L'effetto sorpresa rappresentava una marcia in più per Kargath, ma non poteva considerarsi come un piano di attacco valido. Una volta raggiunta la radura, Kargath si sarebbe trovato di fronte ad un nemico del quale non conosceva nulla. Questo, però, non sarebbe stato sufficiente a fermare la sua determinazione. Kargath non si sarebbe tirato indietro. Lok'Tar Ogar, pensava, Vittoria, o Morte.

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Il combattimento iniziò senza alcun preavviso. Kargath balzò in avanti, fuori dal proprio nascondiglio, quasi in silenzio. Il nemico rivolgeva la sua attenzione ad un'altra sezione della foresta, ma riuscì comunque a percepire la presenza del capoguerra nella sua coda dell'occhio. La rapidità della carica di Kargath, però, fu abbastanza elevata da non permettere alla creatura di difendersi pienamente dall'attacco. «GRAAAAAAAAAH!» urlò Kargath. Il suo urlo accompagnò e diede ulteriore carica al proprio attacco, diretto alle gambe del proprio avversario con l'obiettivo di farlo cadere dalla propria cavalcatura, privandolo così di una grossa porzione della propria velocità di movimento. [ Pergamena: Spazzata. Consumo: 5% (95%) Danno: Medio ]. La creatura tentò goffamente di bloccare l'attacco dell'orco con le proprie braccia ma, non avendo avuto la possibilità di accorgersi del pericolo in tempo utile, venne investito in pieno dalla furia di Kargath. [ Salute nemica: -10% (90%) ] Il mostro venne scaraventato giù dal granchio, atterrando violentemente sulla radura. Nel frattempo, il resto degli orchi abbandonò il proprio nascondiglio e, ispirati dalle azioni di Kargath, iniziarono a combattere contro i granchi alleati della creatura. Gradah rimase al sicuro nella foresta, mentre Tweede decise di affrontare la battaglia in maniera lievemente più tattica: si arrampicò su un albero e lì attese il momento giusto per lanciarsi su un nemico e accoltellarlo grazie al proprio falcetto.

L'attenzione era però focalizzata al centro della radura, dove Kargath e la creatura combattevano circondati da granchi e orchi. «Ghhr...!» mugolava, dolorante, la creatura. Il nemico non sembrava aver ricevuto danni ingenti alle gambe a qualche taglio anche piuttosto profondo che però non riducevano eccessivamente la sua agilità. Kargath non attese che la creatura riuscisse a rialzarsi e saltò nella sua direzione, portanto la propria lama dietro la nuca, e scaraventandola con violenza inaudita verso il proprio nemico una volta atterrato. La creatura riuscì però ad evadere l'attacco rotolando lateralmente, facendo il modo che l'arma dell'orco andasse a schiantarsi contro la dura pietra. L'urto disorientò per una frazione di secondo il capoguerra, il quale venne attaccato dalle spalle dalla creatura. Il mostro si aggrappò alla schiena di Kargath e tentò di addentarlo. Il capoguerra si lasciò cadere con violenza all'indietro, battendo la schiena contro la dura roccia e schiacciando la creatura sotto il suo peso corporeo. [ Salute nemico: -5% (85%) ] La creatura non voleva saperne di staccarsi e, approfittando della foga del momento, riuscì ad azzannare con violenza la spalla destra di Kargath, parzialmente difesa alla sua armatura in pelle, la quale venne però trapassata dai denti aguzzi del mostro. [ Salute Kargath: -5% (95%) ] «AAAAARGH!» Kargath spalancò la bocca urlando per il dolore, carburante per la sua furia. L'orco, grazie alla sua capacità di ignorare i danni causati al proprio corpo, riuscì ad afferrare con la mano destra l'esile ma rapido corpo del mostro ancora ancorato alla sua schiena. La creatura iniziò immediatamente a dimenarsi e, per evitare di ricevere ulteriori danni, Kargath riuscì a scaraventarlo con violenza qualche metro più in la. Il mostro riuscì a frenare parzialmente la caduta, ma la sua schiena colpì rozzamente il suolo della radura, il quale la riempì di tagli. [ Salute nemica: -10% (75%) ] La spalla di Kargath sanguinava intensamente, ma l'orco non aveva tempo di fermarsi a riprendere fiato. Kargath riprese nuovamente a correre verso il nemico per riprovare a colpirlo dall'alto, ma questa volta ci riuscì. «CREPA!» Urlò l'orco mentre una delle quattro braccia del nemico veniva mozzata via dalla sua lama. Un fiume di sangue venne erogato dall'articolazione spaccata come una fontana, ma il nemico non aveva intenzione di lasciarsi sconfiggere così facilmente. [ Salute nemico: -15% (60%) ]

La creatura fu in grado di compiere un rapido e ben coordinato movimento con le braccia rimanenti per eseguire una sorta di calcio rotante verso la faccia di Kargath, la quale venne colpita in pieno. L'orco cacciò un urlo soffocato dal viscido piede del nemico e fu costretto ad indietreggiare dolorante. Grazie alla sua statura elevata, però, rimase in piedi. [ Salute Kargath: -5% (90%) ] Il campo di battaglia era ormai ricoperto di sangue a causa della ferita ricevuta alla spalla di Kargath e al braccio mancante della creatura. Nessuno dei due, seppur entrambi notevolmente danneggiati, pareva volersi arrendere. Nel frattempo, gli orchi continuavano a combattere contro i granchi più piccoli e sembravano avere la meglio - eccezion fatta per qualche danno marginale di poco conto. Tweede era ancora appostato sull'albero, intento ad osservare attentamente il combattimento fra Kargath e la creatura, tenendo però d'occhio la cavalcatura di quest'ultima, ancora a terra dolorante dopo la carica iniziale del capoguerra.

Dopo alcuni attimi di silenzio durante i quali i due combattenti ripresero fiato, la creatura tornò all'attacco. Il mostro si avvicinò a Kargath ad una velocità molto elevata, il quale rimase immobile e pronto a difendersi dall'imminente attacco. «KARGATH!» Urlò Tweede, ma non fece in tempo a notificare il capoguerra dell'imminente pericolo. La cavalcatura del mostro, infatti, era riuscita a rimettersi in piedi ed aveva appena compiuto un agile balzo verso la schiena dell'orco. Kargath venne colpito alle spalle dalle potenti chele del granchio, le quali riuscirono a tagliuzzare profondamente la zona lombare del capoguerra. [ Salute Kargath: -5% (85%) Kargath riuscì ad allontanare il pericolo minore con un calcio assestato, mentre Tweede saltò giù dall'albero per affrontare il granchio ed impedirgli di interferire con la battaglia in corso. Il nemico, però, approfittando della momentanea distrazione dell'orco, lo attaccò. Il mostro fece leva sul torso di Kargath, costringendolo a cadere al suolo quasi immobilizzandolo. I due si trovavano l'uno sopra l'altro, ed il mostro aveva chiaramente la meglio. Quest'ultimo iniziò a ridere in maniera quasi maniacale mentre utilizzava due braccia e le gambe per tener fermo il proprio bersaglio, ed un braccio per graffiarlo numerose volte sull'addome. Kargath continuava ad urlare e dimenarsi, ma il nemico era più forte di quanto sembrasse. [ Salute Kargath: -5% (85%)]

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Il mostro lanciò poi un'ultima offensiva a Kargath, convinto di avere la vittoria in pugno. Egli spalancò le fauci, dando fiera visione della propria dentatura all'orco, e tentò di azzannare il collo di Kargath con l'intenzione di decapitarlo. Kargath, però, non si sarebbe lasciato sconfiggere così facilmente. [ Pergamena: Tempra di ferro Consumo: 10% (85%) ]
Il collo del capoguerra divenne duro come l'acciaio e, quando i denti affilati del mostro tentarono di addentarlo, essi vennero rotti in mille pezzi. La creatura cacciò un urlo disumano e, dolorante, saltò all'indietro e tentò la fuga dall'orco. Kargath si rialzò immediatamente e la inseguì, raggiungendola facilmente e saltando su di essa. Il nemico era immobilizzato sotto il peso ingente di Kargath, il quale non aveva intenzione di prolungare ulteriormente quello scontro. La mano destra afferrò la testa del mostro e la mantenne immobilizzata per permettere alla spada del Manomozza di colpire il collo con facilità. La testa della creatura venne mozzata, ricoprendo il viso di Kargath del sangue che a fiumi iniziò a sgorgare. [ Salute creatura: 0% ]

Il resto dei granchi venne sconfitto in pochi minuti. Dopo le dovute celebrazioni per la vittoria, Kargath non diede il tempo ai propri uomini di riprendere fiato. «Fastidi» commentò lui, «Nient'altro che inutili fastidi». «Niente trofei?» chiese uno degli uomini di Kargath. Il clan aveva l'abitudine di prendere dei souvenir dai corpi dei propri nemici sconfitti per poi utilizzarli come decorazioni nel quartier generale dei Manomozza, oppure come mezzi per incutere timore nelle loro prossime vittime. Kargath annuì. «Prendete la testa di questo sgorbio e portiamola con noi. Quando fonderemo la nuova Gavendar, essa rappresenterà la prima vera e propria battaglia della sua storia». Le parole di Kargath alzarono notevolmente il morale dei suoi uomini, i quali si assicuravano che i nemici fossero effettivamente morti. «Non ci avevi promesso una terra disabitata?» chiese Gadrah. Kargath non si voltò nemmeno e rispose alla donna: «Infatti, mia cara» disse, sicuro di sè. «E lo sarà, molto presto». Kargath mandò avanti la spedizione, diretto verso la collina in lontananza.


Stato fisico: 85%, ferito alla spalla, all'addome e alla schiena.
Stato mentale: 100%, concentrato e determinato.
Condizione energetica: 85%, stanco ma disposto a combattere.


Edited by Hiniar - 24/9/2014, 19:06
 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 24/9/2014, 21:57




La battaglia era stata veloce, sanguinosa, intensa. Entrambe le parti non volevano perdere, ma come sempre in natura il più forte aveva vinto. Sangue e frattaglie ricoprivano la radura, e gli orchi si aggiravano per la zona priva di alberi, finendo con le loro armi i mostri che sembravano muoversi ancora. Alcuni ricavarono ottimi trofei da mostrare ai loro compagni rimasti sulla spiaggia, pezzi di guscio o chele da appendere alla cintura per dimostrare il proprio valore di combattenti del clan. Tuttavia era stato il loro capo ad abbattere la preda più ambita, e la testa grondante sangue dello sconosciuto sgorbio ora pendeva da una delle cinture degli orchi. La festa tuttavia era durata poco: se era vero che c'era stato un pericolo e che era stato sconfitto, poteva sempre essercene dell'altro per l'isola. E di sicuro Kargath non avrebbe permesso di erigere un accampamento se non si fosse assicurato che la zona fosse libera da nemici.

I pelleverde erano impazienti di menare ancora le mani, e i lunghi giorni di navigazione, scanditi dalla noia e dal monotono alternarsi di giorno e notte, sembravano oramai lontani. Chiunque di loro avrebbe barattato volentieri 100 giorni di navigazione per 1 di combattimento. E chi non avrebbe potuto capirli, per questo? Erano un popolo fatto per la guerra e l'azione, e non per l'ozio. Per questo seguirono Kargath nella foresta, senza spingere per riposare o per iniziare a costruire l'accampamento. Perchè se ci fosse stata un'altra battaglia, loro dovevano esserci. Così continuarono a muoversi per la foresta, in direzione della collina che dominava l'isola, falciando liane su liane e imprecando quando inciampavano nelle tortuose radici degli alberi.
Tuttavia i Manomozza erano tutt'altro che al sicuro. Il primo ad accorgersene fu, come al solito, il buon Tweede.

« Aspettate... » disse, fermandosi di scatto, gli occhi aperti e le orecchie ben ritte.
« Non la sentite anche voi? » si mosse verso l'albero più vicino, poggiando l'orecchio sulla corteccia nodosa. Si staccò subito dopo, con un'espressione profondamente assorta sul volto. Qualunque cosa avesse sentito, non ne era per niente convinto.
« L'albero sta tremando. No, tutto sta tremando. Leggero. » un piccolo granchio corse tra le loro gambe, in direzione della collina, come per confermare le sue preoccupazioni.

L'orco alzò lo sguardo verso la cima dell'albero, come per saggiare ad occhio la consistenza dei rami, forse valutando se potessero reggere o no il suo peso. Infine si voltò verso Kargath, indicando l'albero a cui era appoggiato.
« Kargath, vorrei salire sull'albero per vedere cosa sta succedendo sulla montagna. »
Rimase così, con il dito puntato verso l'alto e l'espressione dubbiosa, come di chi non sa bene cosa dovrebbe aspettarsi. Ma dopo la ramanzina che il suo capoclan gli aveva fatto all'arrivo sull'isola, difficilmente avrebbe fatto ancora una volta di testa sua, soprattutto ora che aveva appena combattuto.



Bene, andiamo avanti! Come da post, durante l'avanzata verso la collina qualcosa non quadra, ed il primo ad accorgersene è Tweede. Chiede a Kargath se può arrampicarsi sull'albero per controllare la situazione avanti, ma sembra comunque dubbioso. Da qui continuiamo nel topic dell'arrivo.
 
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6 replies since 20/9/2014, 21:57   203 views
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