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Contraddizioni, Il Regno del Terrore - Contest Settembre "Viaggio"

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view post Posted on 22/9/2014, 11:26
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Taanach, città nuova. Porta Meridionale.


Un canto echeggiava, tra le pietre chiare ed i marmi colorati.
Sul far della sera passavano nel vento le cento fragranze, ed i rumori molteplici, d’ una città in procinto di trasformarsi, pronta a spuntare, alla maniera d’una farfalla, dalla crisalide delle abitudini giornaliere.
Lui era là: uno straniero vestito di scuro in pieno contrasto con le tonalità chiare della via.
Lunghi capelli rossi, sciolti nella brezza carica di aromi, una spada infilata alla cintura ed uno sguardo fulmineo che saettava da una parte dall’altra della strada, cercando di cogliere gli innumerevoli dettagli di quelle scene in continuo mutamento. Qui, sorrideva nel vedere la comica gravità di un uomo nel tentare di reggere una pesante cassa senza inciampare; lì, corrugava la fronte nel vedere passare un nobile velato, scortato dalle guardie.
Agilmente oltrepassava un crocchio di uomini intenti a discutere, fumando una specie di lunga pipa dall’odore nauseabondo e notava, con impersonale ironia, un piccolo goblin sottrarre una sacca dal fianco di un nano, un fabbro itinerante vicino al suo carro, mentre un complice lo distraeva, fingendo di chiedere il prezzo.
Shimmen non conosceva quelle terre, quei popoli che rischiano il calore del sole e i pericoli del deserto, solo per rialzare la testa dopo ogni sferzata, più che mai orgogliosi ed indipendenti. Era una terra dura e dalle forti contraddizioni, aspra come i territori più orientali dell’Est ma sorprendentemente fertile in proporzione ove gli uomini decidevano di stabilirsi e piegare a loro favore l’ambiente senza plagiarlo.
Libero dal giogo di una vendetta durata più di tre anni, aveva capito di desiderare qualcosa di più dei confini dei Quattro Regni. Il confronto con Fanie l’aveva convinto della necessità di ampliare le sue vedute ristrette.
Un gruppo di ragazzini si voltò a guardarlo mentre passava accanto ad una fontana scolpita a guisa di leone rampante, le madri intente ad attingere acqua: sui volti abbronzati si leggeva stupore e curiosità giacchè gli stranieri da nord erano rari e quell’uomo dagli sconvolgenti capelli color del fuoco, in possesso di un’arma di buona fattura e chiaramente non un mercante dal modo in cui si muoveva, era qualcosa capace di catturare la loro attenzione. Sorrise caldamente di rimando, soprattutto quando uno di loro tirò il vestito della madre e lo indicò, provocando un’ondata di conversazioni nel gruppo di donne. Peccato che non fosse in grado di comprenderne la lingua, un dialetto dell’Akeran dai suoni fluenti ed aspri allo stesso tempo: gli sarebbe interessato sapere cosa si diceva su di lui, che impressione faceva ed era il modo con cui preferiva raccogliere informazioni ... dalle persone nelle strade, dalle chiacchere del popolo minuto. Quella città e quella gente erano un mondo completamente nuovo, da scoprire e da mettere alla prova, per soddisfare la sua tensione ad elevarsi in qualcosa di più di quello che era, intrappolato nel suo piccolo mondo di caos ed incertezze.
Svoltò lungo la strada, precedendo una carovana di strane creature che sembravano cavalli deformi, con una sorta di gobba sulla schiena dalla quale pendevano sacche e balle di varia natura. Ognuna era trainata da un pelleverde dall’aria feroce, tribù del deserto pensò, avezze al clima aspro ed ai cento pericoli della strada delle mercanzie ... la stessa strada da cui era giunto, sotto consiglio di un agente della compagnia mercenaria a cui una volta apparteneva il suo servo Rokuoi: i Manti Grigi.
Abbandonando momentaneamente la sede della Resistenza, nascosta vicino a Basiledra, e le sue visite dai familiari nell’Est, si era diretto a Sud, attraversando con fatica l’immenso deserto dei See, offrendosi come viaggiatore ed ulteriore scorta armata per una carovana diretta al Canale di Qatja-Yakin, nel Sultanato.
Non erano stati giorni facili, ricordò: il caldo soffocante e l’acqua che ogni giorno minacciava di spazzar via i punti di riferimento, trasformando un mare di sabbia in un immenso bacino alto un palmo; gli assalti notturni di predatori feroci e la sete che tutti avevano sofferto quando un tradimento li aveva costretti a dare la caccia ai loro inseguitori per rubare ai predoni il sangue della loro vita. Era stato li, in quella vasta distesa di nulla, che Raymond Lancaster aveva salvato la vita all’Oorblyfsel Venatrix, il drago, e che il favore gli era stato ricambiato. Un dono per un dono, una vita per una vita, una vita per un popolo ... vi era saggezza in quelle parole, e dubbi a cui non poteva permettere di influenzare il proprio precario equilibrio durante le lunghe ore mute sulla sabbia rovente. Scosse la testa, un gesto che era a metà tra la rabbia ed il fastidio, tra l’accettazione di una possibile verità ed una sicura convinzione di essere nel giusto che derivava dal suo orgoglio e dall’istinto di autoconservazione. Doveva limitarsi ad essere passivo come il vento tra le montagne in quel momento, ricordò a se stesso le parole del monaco itinerante a cui si era aperto per ricevere consiglio, a non porsi troppe domande ma ad accettare dentro di se le risposte che sarebbero emerse dentro di lui un poco alla volta, al suono dei propri passi sulla sabbia.
Alzò ora lo sguardo su quel cielo di un rosso così intenso da sembrare sanguigno, verso le ombre dei pinnacoli e delle alte piramidi che tagliavano la stessa aria una volta occupata dalla maledetta prigione del Goyo, la più temuta di tutto Theras. Non l’aveva mai vista di persona prima che crollasse, si diceva, nella polvere di una rivolta del popolo dei nani ma non avrebbe avuto piacere a farlo ... troppo la sua famiglia aveva sofferto per mano di quello che era stato il potente clan che dominò in passato quelle regioni: le antiche storie parlavano chiaro, dicendo che il Purgatorio era un luogo di orrori senza fine e senza scopo.
Come ci si sentiva intrappolati in un posto del genere?
Cosa si provava quando e se si riusciva a rivedere la luce?
A lui era successo solo due volte di essere messo nell’impossibilità di fuggire fisicamente da un qualsiasi posto in cui non desiderasse stare; quella volta in gabbia nelle terre dei Korps e a Basiledra, subito dopo la conquista della città da parte della Guardia Insonne ed allo scatenarsi della furia del Lorch. Ma ultimamente si era reso conto che non erano le barriere fisiche a farlo sentire limitato, ribelle e perennemente in fuga da qualcosa. Erano invece le abitudini che aveva costruito attorno a sè nel corso degli anni, erigendo un bozzolo di rigide convinzioni, le quali lo avevano privato di molte possibilità di miglioramento e di amicizia, alquanto ironicamente per una creatura del Chaos come era lui, in teoria tendente all’esatto opposto.
Ecco perché aveva intrapreso quel viaggio, affrontando tenacemente le insidie del clima e la paura ... si, la paura dell’ignoto: perché in parte il suo istinto era quello di scappare, di fuggire dai problemi, e perché in parte credeva veramente che ne sarebbe ritornato diverso, forse migliore.
Un nuovo Shimmen Kasumaki, libero dalla vendetta nei confronti dei Corvi e, sperava, capace di dedicare tutto sè stesso alla causa della Resistenza.
La fine del giorno si avvicinava ed il canto della preghiera era finito con folle di fedeli uscenti dai templi, rivoli di gente dispersa nell’intrico di vicoli e strade. La farfalla era uscita dal bozzolo con l’arrivo della sera e più dei colori ora erano i suoni e le luci ad affascinarlo, a stupirlo e anche ad suggerirgli di prestare attenzione alle minacce che potevano celarsi nel buio. Vi erano due lati, due volti di quella città così simile a lui nelle molte contraddizioni: opulenza e miseria, arroganza e carità, altezze vertiginose delle torri corrisposte a cunicoli che, tortuosi, sprofondavano dalle strade nei meandri del sottosuolo, in ignote profondità senza nome. Il frenetico agitarsi per la sopravvivenza dei quartieri più miseri, così simile agli ultimi quattro anni della sua esistenza, contrapposto alla tranquilla vita delle zone più lussuose, simili alle mete che desiderava raggiungere, ben guardate dalle milizie delle tre casate governanti, ed altrettanto difficili da raggiungere a quanto sembrava: per alcuni quartieri occorreva addirittura un lasciapassare, aveva scoperto da un uomo a cui aveva chiesto informazioni per un luogo in cui poter dormire.
Queste contraddizioni lo affascinavano, rifletté sdraiandosi sotto le coperte in una modesta stanza di una locanda chiamata Dragone Tonante, e si ripromise di esplorarle meglio nei giorni successivi, cercando di capire meglio innanzitutto la storia di quelle regioni e poi quali fossero gli argomenti di attualità nelle piazze e nelle strade, da sempre fonti di chiacchere e succosi pettegolezzi.
Poi il resto sarebbe venuto di conseguenza.

Ho cercato di rendere il viaggio nelle terre del Sultanato un'occasione di crescita, un diverso modo di vedere le cose, un cambiamento di prospettiva per Shimmen, così legato alla locazione geografica dei Quattro Regni. Dall'esterno, le vicissitudini fisiche del viaggio come la sete ed il deserto, contrapposti alle comodità di cui solitamente Shimmen dispone, il cambiamento passa all'interno, con alcune riflessioni che generano una sorta di parallelismo tra il Viaggio/Libertà e lo stare fermi/prigionia.
 
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