Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Llusern ~ Chiarificare

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view post Posted on 24/9/2014, 11:07




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L’aria del mattino era frizzante, carica di nuovi profumi e note di colore. Leggera nella sua freschezza. Nel cielo ormai rischiarato dalle tenui luci dell'alba si dipingeva un affresco dalle tinte pastello, blu di puro etere fuso al violetto della notte appena trascorsa. La terra era un manto di verde, un tappeto di morbide setole increspate. Ondeggiava tra le colline di quel giorno ancora da trascorrere, sospinta da lievi refoli di vento. Così impercettibili da smuovere appena le foglie, così pungenti da arrivare fino alle ossa. Benché infatti la periferia di Lithien fosse lontana dai freddi picchi dell'Edrylyss, la brezza del nord spirava ancora con prepotenza in quegli anfratti occupati dalla mano dei viventi. E non risparmiava uomini e donne, lavoratori della terra. Non passava oltre alle colline, alle casette di legno costruite con tanta dovizia. Si insinuava in ogni crepa, in ogni fessura, quasi a voler riconquistare un posto già usurpato da tempo. Gli abitanti di quei luoghi lo sapevano e già si preparavano ad un altro lungo inverno da trascorrere. Accatastavano legna nelle stalle, immagazzinavano il cibo, conciavano pelli e lana per procurarsi abiti ancora più pesanti. E non trascorreva giorno che non pensassero all'educazione dei propri figli. Ogni genitore di quella piccola comunità sperava in un futuro grandioso per la propria prole. Lì nella città in cui saggi e studiosi si riunivano a discutere delle sorti del continente. In quel luogo tanto vicino ma troppo distante per le loro aspettative. Si auguravano che un giorno Lithien sarebbe stata la città in cui i loro figli avrebbero studiato, avrebbero vissuto in armonia. Lontani da freddo e fatica. Lontani da fame e paure. Lontani da quelle creature tanto infami che ancora appestavano i loro territori.

Forse in quella radiosa città, cinta da mura e cancelli così alti, sarebbero stati al sicuro.
Eppure nemmeno Afrah ci credeva poi così tanto.

Perché in fondo, la tenebra non ha concretezza.

Non si riesce a toccarla né a fermarla con banali mezzi comuni.

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Quel giorno si alzò presto, come suo solito, quando ancora i grilli non trillavano timidamente tra le foglie. Aprì gli occhi a quel nuovo cominciamento, e la testa già ronzava, le membra lievemente intorpidite ancora cercavano il calore del letto. Non che avesse dormito poi così tanto. La notte l'aveva passata a rimuginare su tante, troppe cose. La caduta di Velta, la scomparsa della sua Saìdda tra le nebbie di quella torre. Il sangue di Maria ad umettare il suo ferro e le sue mani. E poi il canto della Bianca Signora che si smorzava nell'oblio, soffocato dalla Vena del suo hayni. La lotta estrema per riportare quel bambino alla luce, per fuggire via dalla notte. L'aveva sognato spesso in quei giorni di inquietudine, piccolo e gracile. Impaurito. Due occhi scuri che la fissavano dal basso della sua innocenza, tremolanti in quell'oscurità perenne. Eppure non c'era stato nulla da fare. Le ombre avevano rapito anche lui, fagocitando il suo cuore. Si strinse il petto con le mani e cominciò a prepararsi. Lavò il suo corpo con acqua fredda, quasi a volersi purificare e mortificare assieme. E non scelse le essenze più speziate e ricercate, questa volta. Non premiò le sue gracili membra con odori e profumi delle sue terre, come era suo solito fare tutte le mattine. Non ne aveva il diritto ancora. Doveva solo dimostrare, prima a se stessa e poi ai suoi compagni, di essere il Leone coraggioso. La donna luminosa che gli abitanti di quel minuscolo villaggio amavano. La donna rispettata e salutata con cordialità. Così riservata ed a volte cupa, dicevano, ma tanto gentile. Non la banshee che terrorizzava i viandanti. Non la grigia straniera di un tempo.

Afrah dall'Akeran, Alfiere di Alexandra.

Suonava strano quel nuovo appellativo, perché ormai da tanto tempo aveva abbandonato i luoghi della sua infanzia e prigionia.
Eppure nonostante si sentisse appartenere ormai all'Edhel, il suo cuore sussultava ogniqualvolta che i profumi della sua terra solleticavano i suoi sensi.
Erano lì le sue radici, lì la sua fanciullezza sepolta, lì la sua famiglia perduta.

Ma ora la sua causa apparteneva al nord, così come le sue braccia, il suo canto ed il suo spirito.

Mentre sistemava la sacca di iuta ripensava a tutto questo. Respirava ansante. I movimenti meccanici, irrequieti. Indossava l'abaya ricamata, pettinò i suoi neri capelli con cura e vi pose lo scuro chador. Dispose unguenti e medicamenti sulla mensola, riordinò la casa anche quella volta. Lustrava poi la Vena di Granito scrupolosamente, allacciandola con cura dietro la sua piccola schiena ossuta. Uscì quindi dalla porticina di legno, quasi inciampando sul grosso caracal ai piedi dell'uscio che - immobile - sonnecchiava ancora tranquillo. E vi tornò indietro, forse due o tre volte, per assicurarsi di aver chiuso bene a chiave la porta. Poi imboccò il sentiero di terra battuta che si dipanava tra le vie del villaggio. Mentre camminava di buon passo, la vecchia Helga la salutò con calore. Avevano appena sgozzato due grassi tacchini, diceva, ed invitava la giovane beduina a pranzo per gustarne le carni in famiglia. Denegò con rispetto, affrettandosi ad attraversare il piccolo bosco di pini ai piedi del villaggio. Mentre entrava lesta tra il fogliame muschiato, l'aria si faceva ancora più leggera, effimera nella sua debolezza. Ne ispirò grosse boccate, come se fosse stata in apnea per tutto quel tempo. La terra si faceva sempre più dura sotto i suoi piedi, il cielo sfilacciava le nubi.

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E poi scorse Lei. Bella, radiosa, imponente. Lithien la città d'oro, così animata da ragione e poesia. Davanti ai suoi occhi di fiamma, gli edifici svettavano grandiosi squarciando l'aere e le nuvole. Se ne meravigliava ogni volta. Ed ogni volta che attraversava quei luoghi il fiato mancava, si sentiva quasi schiacciare. Come se un grosso peso premesse sul suo petto. Quel giorno i sapi erano stati avvertiti dell'imminente riunione dei Leoni. Avevano spalancato i grossi portoni, predisposto la piazza, issato un pontile di legno. Avevano chiuso le biblioteche dalla folla dei curiosi, si erano assicurati di mantenere i loro segreti sottochiave. Eppure elfi ed umani che abitavano normalmente quella città, avevano una fiducia quasi innata sulle qualità di quel piccolo ordine. Fiducia e rispetto. Perché alla fine di quell'abisso di ombre scorgevano una luce che li avrebbe tratti in salvo. E quel giorno rappresentava per loro l'inizio di un nuovo capitolo da scrivere. Lo sapeva Afrah, lo sapevano i saggi che ascoltavano da dietro le colonne di marmo. Lo sapeva Donovan. Quel giorno l'aspettava sul palco, il volto serio e contratto, gli occhi apprensivi che la scrutavano dal basso della sua inesperienza. Lo salutò chinando il capo, come le era consueto fare. Lui non amava quel saluto, preferiva un ben più informale sorriso, uno dei suoi rari che Afrah riusciva a dare a pochi. Benché fossero entrambi guerrieri tirati su da Alexandra, la beduina guardava al vecchio soldato come forse un padre. Non solo un saggio alleato dal quale poter trarre utili insegnamenti. Era forse affetto quello che provava per lui, un'affinità sincera. Un'armonia tanto forte che raramente aveva provato con il suo vero padre. Aveva perso molto in quei lunghi mesi. La fredda Signora si era portata via la Saìdda, senza complimenti. E Kermis aveva fatto la stessa fine, perito in un atroce inganno. I suoi compagni erano stati dispersi, fuggiti.
Solo Jace e Donovan le erano stati vicini tra tormenti e sofferenze, tra dolori e risentimenti.

Avrebbe potuto salvarli? Si chiedeva spesso in quei giorni cupi.
Avrebbe forse potuto lenire i loro patimenti.

Ma era inutile rimuginare sul passato, le ripeteva spesso Donovan.
Ciò che bisognava fare adesso era pensare a quella moltitudine di giovani rimasti ormai senza guida.
Soli ed orfani in un territorio troppo grande per essere imbrigliato.

Il vecchio soldato le diede una pacca sulla spalla.
"Ce la farai, bambina."
Diceva a mezza voce.
"Ce la faremo."

E lei annuiva, determinata ed incerta allo stesso tempo.
Salirono su quel palco e videro allora la moltitudine di persone che occupava l'ampia piazza. C'erano vecchie glorie, guerrieri cari a Donovan. C'erano giovani, nuovi e vecchi Leoni. C'erano volti variopinti, spaesati, decisi. Vide allora il viso canuto della Rosa, spirito machiavellico, e la sua anima si fece cupa, le sue labbra tremarono. Non l'aveva ancora perdonato, eppure anche lui aveva diritto come gli altri di essere lì tra quelle file. C'erano poi nuove presenze, entusiasti della causa. Quando Donovan stette per accennare al suo discorso, un brusio dimesso si levò allora da sotto il palco. Alcuni cominciarono a parlottare tra loro, alcuni a protestare. Alexandra non c'era sopra quella palizzata di legno, si chiedevano dove mai fosse. Perché non arrivava.

La voce di Afrah, calda ma potente, squarciò il filo dei loro pensieri.

"Lei non verrà."

E le nubi incupirono il suolo.


QM PointBenvenuti a "Chiarificare"! Prima quest del ciclo Llusern.
Questa breve giocata ha lo scopo di porre un punto d'arrivo per i Leoni dell'Eden e sancire l'inizio di una nuova luce, così come è spiegato nel post. I dettagli di tutto questo verranno resi più chiari nel corso della quest. Come si evince dal post, i Leoni si riuniscono a Lithien che è stata precedentemente predisposta per il loro arrivo dai saggi della città. Sul palco adibito per l'occasione, ci sono però soltanto Donovan ed Afrah senza la minima traccia di Alexandra. Molti dei componenti dell'ordine si chiedono il perché. Aspettate dunque il post di Yu, per il proseguo della scena. Enjoy!

 
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view post Posted on 24/9/2014, 11:51
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Llusern ~ Chiarificare

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Volse lo sguardo al cielo, sconsolato e in evidente riflessione, poi carezzò il manto bianco del suo fedele compagno quadrupede.
Da quando la Torre era stata abbattuta si era fatto molte domande senza trovare le adeguate risposte, in un circolo di pensieri sempre più denso ed avvolgente. Avevano vinto la guerra, questo sì, Eitinel e la sua egemonia erano stati distrutti una volta per tutte, rendendo quelle terre finalmente libere. Allo stesso modo, però, Donovan aveva perso l'anello di unione che accomunava la sua esperienza agli ideali dei Leoni dell'Edhel: Alexandra. Ancora si malediceva per aver perso di vista la sua Regina, durante il combattimento. Un secondo prima il bagliore della sua spada era riuscito in qualche secondo a sgominare un'intera legione di ombre e il secondo dopo anch'essa era entrata nella luce, svanendo a sua volta. Una Regina, una combattente, una madre.. nelle critiche condizioni nelle quali si trovava, cosa avrebbe potuto fare una donna, senza l'aiuto del proprio vassallo e del suo esercito? Cos'era rimasto di loro, senza di lei?
Lithien avrebbe dato una risposta a questo grande interrogativo. Forse.
Il guerriero ci sperava come poche volte aveva sperato nella sua intera vita. E, come lui, i Leoni che si erano radunati nella piazza della grande città, gli occhi splendenti di un sentore di appartenenza che li avvicinava e al tempo stesso li separava da quei luoghi; essi erano legati alla Regina senza Regno.
Quello che sembrava esserci ora era, invece,
un Regno senza una Regina.

« Fratelli, » sentenziò con tono solenne. « compagni d'arme e figli dell'Edhel.
Abbiamo vinto la nostra battaglia, sgominando il potere dell'Inquisitrice. L'Edhel è libero, ora. Libero da un'oppressione durata centinaia di anni e che ci ha ghermito tutti, costringendoci ad un'influenza negativa che ha plasmato il nostro comportamento fino all'arrivo della nostra liberatrice.
»
Il tono divenne più cupo. Alexandra.. è tutta colpa mia.
« La nostra Regina è morta, lasciandoci il suo Regno come eredità. Il potere della Torre è riuscito ad indebolire il suo corpo da Eroe e l'ha trasmutata in cenere.
Nulla di lei è rimasto, se non .. Noi. Noi siamo ancora qui, fratelli, pronti a sorvegliare il Regno che ci è stato affidato a costo della nostra stessa vita. Anche se la Dama Bianca ha cessato di esercitare il proprio controllo, dalla libertà nascono nuovi problemi. C'è il rischio che l'Edhel cada nuovamente in mano di un oppressore.
Non possiamo permetterlo.
Lo dobbiamo a coloro che sono caduti durante il corso dell'ultima battaglia. Lo dobbiamo a Lei.
»
Alzò la spada argentea al cielo, seguito da altri guerrieri al suo fianco.
« Qui, oggi, giuro di difendere il lascito della nostra Regina.
Nessuno dovrà ottenere il controllo dell'Edhel, non gli Elfi, non le Ombre, non il Dortan. Dobbiamo preservare la libertà per la quale abbiamo combattuto così aspramente. Non dobbiamo lasciare che l'Edhel cada nelle mani sbagliate.
Non di nuovo.
»
Avanzò di qualche passo lungo la grande palizzata in legno.
Guardò i guerrieri sotto di lui uno ad uno, incrociando nel loro sguardo lo stesso ardore che aveva visto negli occhi della sua Regina.
Quelli erano i suoi figli. La sua eredità. Il suo Regno.

« Chi è con me? »



QM PointBenvenuti!
Il post si spiega da sé: Donovan dice che Alexandra è morta nell'ultima battaglia e che Eitinel è anch'essa perita assieme al suo perenne controllo. Sono liberi, ma devono riorganizzare le forze per potersi difendere dai nuovi pericoli che incombono sulle loro terre. Chiede dunque chi vuole seguirlo in questa impresa. Potete rispondere liberamente in confronto anche per porre domande allo stesso Donovan, che vi risponderà di conseguenza circa le nuove direttive da seguire. Alla fine potrete integrare i vari dialoghi nello stesso post. Avete 7 giorni di tempo, quindi entro mercoledì 1 alle ore 23:59 per postare. Buon Lavoro!
 
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view post Posted on 1/10/2014, 14:56
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Lithien. Era da tanto tempo, troppo, che non la rivedeva. Ma non avrebbe mai pensato che ci sarebbe tornato, ancora una volta, come Leone.
Pensava che ormai il loro ruolo, il loro scopo fosse giunto la termine: le nere ombre di un antico passato, che come viticci oscuri, ancora ghermivano soffocando quella terra erano stati strappati via. Per sempre…pensava che quella parentesi si fosse chiusa con quell’ultima battaglia, in cui diedero tutto quello che avevano, bruciando le loro vite per far si che una speranza brillasse in quella tenebra soffocante.
Una speranza che a lungo era andata persa…avevano vinto. Un fuoco nuovo, una nuova strada l’Edhel stava percorrendo su quello che fu il vecchio Sorya.
Su quelle macerie si sarebbe ricostruito e quella nuova volontà, ardente come il fuoco, avrebbe rischiarato la via e scaldato i cuori di quelle genti troppo a lungo confinate nel terrore e nel gelo di una terra malevola.
Una nuova alba era sorta.

Questo pensava avvicinandosi a Lithien chiedendosi il motivo di questa riunione. Un esercito erano, ma un esercito ormai senza più uno scopo: scopo che avevano adempiuto. Per cui perché allora richiamarli tutti, in un adunata che aveva più i canoni di un qualcosa di oscuro che non un rivedersi per stringersi in un abbraccio fraterno?

Si muoveva per vie conosciute ma anche così distanti dal ricordo: se le ricordava diverse ma erano vestite di devastazione e di guerra. Ricordi ammantati da un velo di morte e sangue.
Ora passeggiava, un tempo correva con le spade in pugno e la morte ad ogni angolo, in ogni piazza; cadaveri di nemici e amici e urla incessanti rotte dal clamore dei combattimenti.
Persino il cielo era cupo in quei giorni…


Cercava con lo sguardo alcuni vecchi compagni, eppure per un attimo lo vide…scosse la testa…non era lui. Lui era morto.
Una colpa che portava addosso e si sentiva come stracciato, logorato: dubbi e frustrazioni.
La beduina…così come il suo amico erano nuovi nemici – o forse solo alla ricerca di una vendetta facile per fermare un dolore che li avrebbe accompagnati per sempre – e non voleva incontrali. No in quell’occasione e non ancora: tempo ve ne sarebbe stato, un luogo giusto pure, un occasione che si sarebbe mostrata e che non poteva non essere accolta…ma non ora e non adesso.
Si scostò i capelli dall’occhio sinistro, come a scacciare via quei pensieri e si perse tra le strade di Lithien e dei suoi pensieri.


Il palco. Una piazza gremita e Donovan, più un padre per lui che un soldato, e la beduina…più una nemica che una compagna d’armi. Tesi e antitesi…contraddizione…come era lui del resto. Il suo dono si rispecchiava nelle sua azioni e in quelli che conosceva.
Abbassò lo sguardo e distolse lo sguardo da lei: ancora risuonavano, come marchi di fuoco, le sue parole e le sue accuse ma si domandava dov’era la principale protagonista: Alexandra.
La Regina senza regno…strano a dirsi che ora lo aveva un regno, anche un esercito eppure mancava. O, come tutti i capi, voleva farsi attendere? Circondarsi d quell’aura di superiorità che tanto amano i potenti di turno?
Non era il solo a domandarselo ma la voce della beduina, come una lama, spezzò i loro pensieri e le loro supposizioni.

"Lei non verrà."

Stava male? Cosa stava accadendo in realtà in quella città? Aveva sempre di più l’impressione che non erano stati richiamati lì per caso…Donovan parlò. Rogozin ascoltò le sue parole con occhi diamantini che tutto vedevano e tutto soppesavano.

« Fratelli, compagni d'arme e figli dell'Edhel.
Abbiamo vinto la nostra battaglia, sgominando il potere dell'Inquisitrice. L'Edhel è libero, ora. Libero da un'oppressione durata centinaia di anni e che ci ha ghermito tutti, costringendoci ad un'influenza negativa che ha plasmato il nostro comportamento fino all'arrivo della nostra liberatrice. »

Il tono divenne più cupo mentre la Rosa sgomitava per avvicinarsi sempre di più e poterlo guardare negli occhi.
« La nostra Regina è morta, lasciandoci il suo Regno come eredità. Il potere della Torre è riuscito ad indebolire il suo corpo da Eroe e l'ha trasmutata in cenere.
Nulla di lei è rimasto, se non .. Noi. Noi siamo ancora qui, fratelli, pronti a sorvegliare il Regno che ci è stato affidato a costo della nostra stessa vita. Anche se la Dama Bianca ha cessato di esercitare il proprio controllo, dalla libertà nascono nuovi problemi. C'è il rischio che l'Edhel cada nuovamente in mano di un oppressore.
Non possiamo permetterlo.
Lo dobbiamo a coloro che sono caduti durante il corso dell'ultima battaglia. Lo dobbiamo a Lei. »

Alzò la spada argentea al cielo, seguito da altri guerrieri al suo fianco.
« Qui, oggi, giuro di difendere il lascito della nostra Regina.
Nessuno dovrà ottenere il controllo dell'Edhel, non gli Elfi, non le Ombre, non il Dortan. Dobbiamo preservare la libertà per la quale abbiamo combattuto così aspramente. Non dobbiamo lasciare che l'Edhel cada nelle mani sbagliate.
Non di nuovo. »

Avanzò di qualche passo lungo la grande palizzata in legno.
Una semplice domanda ma che racchiudeva mille ostacoli, mille perplessità…mille dubbi e paure.

« Chi è con me? »

L’Edhel era un regno senza una regina…i Leoni una potenza tale da poterlo controllare ma…ma il passo era labile. Da liberatori a dittatori…aveva viaggiato e combattuto molto la Rosa, organizzato trame e complotti, Furikami aveva sobillato la popolazione e creato rivoluzioni ma sempre il ricordo di Fukuzuna era chiaro dentro di lui.
Fukuzuna…voleva solo liberare la sua terra, voleva combattere per la libertà e per dei diritti eppure…eppure divenne quello che odiava. Lo divenne consapevolmente perché il potere logora, trasforma, fa diventare pazzi e ubriachi di un qualcosa di labile, come fumo che si perde nell’aria.
L’Inquisitrice era stata un cancro malevolo per quella terra…ma tutto poteva ritornare com’era un tempo: cambiavano i protagonisti, la quinta teatrale ma il canovaccio rimaneva uguale.
E lui, questo, lo sapeva molto bene: lo aveva provato prima sulla sua pelle e poi lo aveva visto…ci vuole coraggio e una grande forza di volontà per non farsi traviare dal potere.
Quale sarebbe stata la loro guida? Quale luce a illuminare un cammino oscuro? Quali lanterne si sarebbero accese, in quella notte, per essere fari di una terra martoriata troppo a lungo?

Perchè c'è questa paura che l'Edhel torni sotto scacco di qualche potenza?
Vi sono forse altri nemici che tramano nell'ombra? Oppure è solo per non ripetere gli errori passati? Non combattevano i Leoni per liberare l'Edhel dall'Inquisitrice e dalle Ombre suoi figli?
A che pro ora tutto questo?


Donovan corrugò la fronte innanzi a quella valanga di domande.
"Calma, ragazzo. Non dobbiamo agitarci, siamo qui per discuterne."
Continuò.
"Abbiamo assistito purtroppo alle conseguenze che un potere troppo grande è riuscito ad apportare alle nostre terre, Eitinel e le sue ombre ci hanno tenuti sotto scacco per molto tempo. La stessa Alexandra era riuscita ad arginare in parte questa situazione.
Ma con la sua dipartita anche i Leoni cessano di esistere così come li conosciamo."

Si rivolse per primo alla Rosa gesticolando con lentezza, poi guardando anche tutti gli altri in quella piazza.
"Ora che il giogo dell'Inquisitrice si è esaurito con la sua morte, alcuni potranno pensare giustamente che si sia instaurata ormai la pace nel nord. In realtà non è proprio così."
Scosse la testa in un gesto greve.
"Eitinel era solo una goccia nell'oceano. Ora che le catene sono state spezzate, il vero problema è rappresentato adesso da tutti coloro che abitano queste terre e che, in un modo o nell'altro, potrebbero voler conquistare il vecchio potere dell'Inquisitrice o addirittura instaurare un nuovo Regno."
Era convinto di quello che diceva, glielo si leggeva negli occhi, nei gesti, nel tono della voce. Ma quanti erano così all’inizio? E quanti erano cambiati nel proseguio?
"Guardate il vicino Dortan, ad esempio. Quante lotte per il potere, quanti massacri insensati! Noi non vogliamo tutto questo. Noi vogliamo regolare i rapporti tra le popolazioni senza che esse possano prendere troppo potere le une sulle altre. "

Afrah, che i guerrieri accanto a lui, annuiscono. Vuol dire che ne avevano già parlato? Una comunione d’intenti…Rogozin soppesò ogni parola di Donovan, ogni sillaba e abbassò lo sguardo. Pensieri affollavano la sua mente come le bolle in un calice, una mano scostò un ciuffo di capelli: un gesto distensivo ma molto, molto nervoso.

Combatterò perchè questa terra abbia la libertà a lungo negata. Ma..ma non vorrei che da liberatori ci trasformassimo in dominatori.
Il vessillo della libertà muta continuamente ad ogni soffio di vento...
e chi meglio di lui lo poteva sapere? Questo era il suo grande dubbio e la sua apprensione. Ma al tempo stesso avrebbe vigilato affinchè i suoi dubbi e le sue apprensioni non divenissero realtàconcrete.

Per cui, Donovan, come intendete procedere?

"Nessuno potrà mai essere superiore all'altro, nessuno dominerà mai sul prossimo. Ci sposteremo, in gruppo o individualmente.

Saremo occhi, fortezze, Lanterne."


Scandisse quest'ultima parola con più decisione.

"Chiunque scorgerà la nostra luce saprà che li stiamo osservando, saprà che il dominio su queste terre non è concesso."

Detto questo accarezza la testa di una piccola statuetta di legno accanto a lui. Essa sembrerebbe rappresentare un orso in posizione vigile. All'interno della sua bocca è sita una piccola lanterna spenta. Dopodiché ricominciò a guardare la folla in attesa di eventuali domande da parte di qualcun'altro.
La Rosa non ne aveva più: aveva ricevuto le sue ora avrebbe soppesato, osservato e avrebbe deciso solo dopo tutto questo.

Lithien sarebbe stata la prima ad essere vigilata: all’arrivo della settima ora, la Prima lanterna avrebbe gettato la sua luce su quella città. Eppure le ombre e l’oscurità del dubbio attanagliavano il cuore della Rosa, ma celò questi suoi pensieri e dissimulò il suo sembiante: doveva aspettare e osservare.
Forse non si sarebbe ripetuto… lo sperò davvero.

Vedere, eh?" Voce irruente, figura che spintonava come a voler dire la sua e che , sembrava , avesse dietro i diavoli con la frusta per quanto era agitato. Si levò poi dalle spalle una sacca, e la tenne bene in vista per qualche istante prima di lanciarla ai due sopra al palco. "Qua" proruppe con voce imperiosa "Qua c'è una cosa da vedere. L'ho presa sotto la montagna, nella città nera."
Allargò un braccio e girò leggermente la testa, come a voler far partecipe anche gli altri lì riuniti della faccenda.
Una testa amputata di un Danzatore. Cosa stava a significare?
L’oscurità si era celato in attesa di ritornare?

Afrah osservò la testa e scosse il capo debolmente. Non sembra sorpresa…e questo significava molte cose ma osservò in silenzio ancora.
"Quanto tempo è passato da quando l'avete trovata, venerabile?"

"Mhh...qualche mese. Tre almeno..
….e non l'ho trovata, diamine. L'ho presa.


Un giovane soldato vicino a Donovan ed Afrah si avvicinò scrutando la testa. Aggrotta la fronte, poi ingenuamente domandò:

"Ma presa del tipo che cresceva tra le piante?"

Afrah allontanò il ragazzo con un colpo secco e gentile della mano, non era il caso e non era il momento. Sembrò che avesse capito – la beduina a volte era madre a volte demone.
"È probabile che questi siano soltanto i resti apicali dell'ultima egemonia della Dama. Oppure il segno che qualcosa di suo ancora si muove tra quelle nebbie."
Si passò una mano dietro la nuca, il volto preoccupato.

Donovan appoggiò una mano sulla spalla ad Afrah e su quella dell'altro giovane soldato.
"Comunque sia, ragazzi miei, ora più di prima dobbiamo aprire gli occhi e non lasciarci sfuggire nulla. Sono imprevedibili e scaltre, potrebbero ingannarci senza che ne accorgiamo."

Afrah si avvicinò all’uomo, come a volerlo tastare, scrutare. Un gesto affettuoso, un gesto da madre…un po’ lo invidiò. Ma solo per un attimo.
"Vi..."
"Vi hanno fatto del male?"

"No.
No; ma non è quello: questi Danzatori - questi qui –
" all'ultima parola si indicò gl'occhi, "...non so se saranno per forza una grana, ma sotto quella montagna stanno facendo qualcosa con gli Spettri. Mi cascassero le palle se non è così." Borbottò qualcosa, cercando nella sua sacca.
“Strano tipo” pensò la Rosa…molto strano e la mano corse sull’elsa. Un gesto naturale e istintivo come il guardarsi intorno.
Perché? Non lo avrebbe saputo dire, ma aveva un brivido ghiacciato che correva lungo la sua schiena. L’intera faccenda, per quanto surreale, era veritiera. Per molto tempo Ombre avevano dimorato in quei luoghi; Ombre che erano cresciute e chissà che altro…la Somnus Nemoris si affacciò nei suoi ricordi mentre l’altro, trovato quello che cercava, continuò a parlare.
"Ho anche altra roba al riguardo, se v'interessa: mi avevano detto di portarla al Sorya..."

"Si, vediamo." Disse Donovan.
Un amuleto…o meglio qualcosa che gli somigliava. Qualcuno in mezzo alla folla sbuffò.
"Io non credo a queste frottole. "
Dise uno.
"Già, vi state fasciando la testa da soli!"
Sentenziò un altro. Parole, dapprima sussurrate che ora divenivano come rombo di tempesta.
Un piano astuto per dividere una forza che poteva essere temibile? Voleva dire che, chiunque fosse, doveva essere molto addentro i loro piani e sapere cose che ancora non erano state dette.
Impensabile…ma non da trascurare.

"Erano qui. Ci spiano."
Denti stretti, il ferro saldo in pugno. Un pazzo? Forse…sapeva bene l’effetto che potevano dare le ombre ma…ma a che pro, allora, tutto questo?
L’amuleto era stato dato a Donovan; ma non prima che la Rosa si fosse girata per vedere davvero se queste parole erano veritiere.
Si morse un labbro inconsciamente, mentre la mano era sull’elsa, come a cercare un contatto che gli facesse trovare la quiete.
"Guardaci attraverso e le vedrai anche tu, vecchio."

Si ritrovò ad avvicinarsi e a parlare.

Se è pazzo lo scopriremo subito...ma se non lo fosse? Io non credo che, morta l'Inquisitrice, tutto il male che aveva generato se ne sia andato. Credo che noi leoni dovremmo fare tesoro di questo e non chiudere mai più i nostri occhi
In più un pazzo tra tutti noi? E a che pro venire qui e dire queste cose? Ascoltiamolo e vediamo cosa hanno da dire la beduina e Donovan...
A loro era la sentenza.
Il tutto restò fermo e immobile come in un cristallo di ghiaccio; le prossime parole lo avrebbero infranto.
E nel mentre la Rosa si ritrovò a stringere, in un gesto spasmodico e nervoso, l’elsa di Antares.

"Su, stiamo calmi e vediamo di non insultarci a vicenda.
Non serve a nulla metterci l'uno contro l'altro."
Donovan prese l’amuleto e vi guardò attraverso…



Rogozin
Energia: Gialla Pericolosità: E CS: +2 Maestria armi, + 1 Istinto

Status fisico: Status Psichico: // Consumi energetici in questo turno:
Riserva energetica residua: 100%
Armi Crimson Thorn(frusta); Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)
Armi In Uso

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Memoria ancestrale:
Il personaggio avrà ereditato dalla progenie dei draghi la mitologica memoria di questi. Il personaggio potrà ricordare ogni minimo dettaglio degli eventi vissuti, cogliendo particolari insignificanti e remoti finanche dopo molto tempo. Questa capacità gli consentirà di rielaborare qualunque informazione derivante dalla propria memoria con estrema rapidità e perizia, consentendogli di ragionare su dettagli infinitesimali come fossero evidenti e recenti. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Talento Lv I]
I possessori di questo talento vedranno ampliarsi le proprie capacità, interessando le stesse non solo la maestria nel brandire qualunque oggetto come arma, ma anche l'abilità nel farlo con estrema rapidità. Il possessore, infatti, guadagnerà la capacità di estrarre le proprie armi con tanta velocità da sembrar quasi un gesto istantaneo, rapido ed appena percettibile agli occhi. Tale circostanza si applicherà non solo all'estrazione dell'arma propria del possessore dal fodero ove è naturalmente riposta, ma anche all'eventualità che questo sia costretto ad impugnare un'arma secondario o un qualunque oggetto dell'ambiente circostante (in virtù della passiva di primo livello). Potrà così cambiare arma in un attimo, cambiando strategia e potenza offensiva. Intimando il proprio avversario ad una resa senza condizioni, o - più semplicemente - tappandogli la bocca. Per sempre.[Passiva Talento Lv II]


Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sé in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sa bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

_ ___ _____ ___ _



Abilità Attivate:



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Riassunto e Note:
Nulla da dire: ho messo lo specchietto più per abitudine, e sopratutto per i nuovi acquisti fatti che per altro.
Buona giocata a tutti ^^

 
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view post Posted on 1/10/2014, 23:35


Praise the Sun


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Seregon
Tic tic tic tic, il frenetico rumore di qualcosa di duro e in gran numero che colpiva per terra con una precisa frequenza.

"AIUTATE... MI!"

Ma solo uno stridulo verso gli venne dato in risposta.

"GHIIII"

Il volto si contrasse in una smorfia di dolore mentre portando le braccia al capo più per istinto che per reale utilità poteva già sentire la sue ossa spezzarsi tra le fauci a tenaglia di quell'orrenda creatura simile ad una scolopendra gigante, terminando tutto in un fiotto di sangue.

"Dovresti stare più attento..."

Una voce forte ma calma che non si fermò dopo aver mozzato di netto il capo della bestia intervenne prima che fosse troppo tardi.

"Specialmente quando si ha a che fare con questi cosi"

La grossa testa nera e tubolare si contorceva, era ancora viva, ma prima che potesse riprendersi venne finita da una tallonata sopra il principale nodulo nervoso.

"Restano vivi per diversi minuti anche dopo averli decapitati"

Inizialmente ne aveva solo sentito parlare ma dopo quello ormai non aveva più dubbi, molte persone e tutte con lo stesso odore si stavano dirigendo verso Lithien nonostante i pericoli delle terre che circondavano quella remota città, è vero in realtà non era lo stesso ma non vi erano dubbi che restava ugualmente molto simile a quello che respirava al...

*Sorya...*

E quello di per sé era più che abbastanza per lui.
Non era mai stato capace di veder oltre le intenzioni di Velka e di tutti quelli che vi erano immischiati, non chiaramente almeno.

*Tutte queste persone, tutte con quell'odore... è impossibile che ne venga fuori qualcosa di buono...*

Proprio com'era impossibile che Seregon non vi infilasse il naso.
Non era suo solito agire discretamente eppure quello era il caso, per quanto il suo carattere lo portava spesso a prendere le cose con una certa leggerezza non era possibile intravederne nemmeno un cenno su quel volto che scrutava la piazza grande della città ricolma da coloro che si facevano chiamare Leoni.

*E' proprio vero che l'erba cattiva non muore mai, guarda quanti sono... .*

Sentì seccarsi la gola e mandò giù a fatica un grumo di saliva.

« Qui, oggi, giuro di difendere il lascito della nostra Regina. »

A parlare da un pulpito quello che ai suoi occhi sembrava più un esaltato che altro, da canto suo non si era mai interessato alle vicende interne del clan, anzi, più poteva restarne fuori meglio era.
Ancora intento a cercar il marcio, certo che era lì pronto a venir fuori un odore nella moltitudine gli fece sgranare gli occhi

*Rick!*

Esatto, quel nano fissato con il Sorya incontrato nelle lande gelate dell'Erydlyss si trovava anche lì

*Che cavolo sta combinando adesso quel mezzo fanatico?*

Rick si era fatto avanti portandosi dietro un sacco da cui veniva fuori un odore di erbe miste a quello di carne marcia, era davvero confuso e non riusciva a capire il perché di quella cosa nonostante si stesse sforzando di farlo, non poté far a meno di pentirsi di come si era voluto tenere lontano dagli eventi interni del clan che ora tornavano a galla uno dopo l'altro, eppure almeno una cosa era chiara in mezzo a tutte, il sentore di guerra... .

*Spero solo di esser paranoico... .*

Gli serviva sapere di più se voleva far qualcosa, solo ora si era reso conto di quanto realmente poco sapesse di quanto stesse succedendo

*Comunque sia... ancora non riesco a capire... *

Seregon

kugipunch

[CS: 2 Forza.]


Narrato Parlato Pensato



Ferite Accumulate:
Nella norma.

Status Psicologico:
Nella norma.

Energia Residua:
100%

Armi:

-Pelle coriacea: Resistente e al tempo stesso leggerissima, la sua epidermide risulta essere di consistenza pari se non superiore al cuoio rinforzato.
In termini di combattimento, la difesa del giocatore sarà pari a quella di una persona che indossa una comune armatura.

-Nocche ferree: Se un normale pugno dato da qualcuno come lui fa male già di per se, che effetti potrebbe mai avere se la normale "morbida" consistenza organica venisse a mancare perché sostituita da una più metallica? Beh, si spera di non scoprirlo mai a proprie spese.
A livello pratico i colpi sferrati equivalgono agli stessi che si darebbero con un tirapugni metallico.

-Breath bazooka: Se necessario, al pari di un'arma da fuoco di grosso calibro, Seregon sarà in grado di espellere dalla propria bocca un singolo colpo d'aria pressurizzata di ragguardevole potenza.
All'interno di un combattimento è possibile usarlo una sola volta.


Abilità Passive:

Una piccola storia che nessuno leggerà
Ho sempre avuto l'abitudine di sorridere senza importarmi di quanto fosse merdosa la mia vita.
Potrebbe essere perché ero a pezzi e stanco al punto che perfino il cielo mi sembrava nero, tutto mi buttava giù ma non potevo accettare che gli altri mi vedessero spaurito.
Stava piovendo quando sono entrato in quel posto all'ora di pranzo, e ogni fottuta persona aveva una triste e depressa espressione dipinta sul volto, ognuno di loro parlava a compagni e amici, ma non io.
Io ero lì con un sorriso da deficiente stampato sulla mia faccia, come se il sole splendesse solo per me.
Poco dopo che ero entrato un signora anziana entrò nello stesso posto, si sedette difronte a me disse che amava il modo in cui sorridevo sempre.
Le risposti che avrebbe dovuto guardarsi attorno, se ognuna di quelle persone presenti avrebbe sorriso perfino una pecora si sarebbe sentita meglio, e che valeva lo stesso concetto anche per tutte le altre cose, ecco perché qualcuno doveva iniziare a sorridere e sperare che contagiasse anche gli altri.
Quella vecchia signora sorrise per tutto il tempo che restò in quel posto e lo stesso fece un'altra persona che aveva ascoltato la conversazione.
Il mio giorno era stato reso migliore semplicemente vedendo quei due sorrisi.
Non lo faccio per aiutare gli altri, la verità e che sono fottutamente depresso e magari se gli altri iniziassero a sorridere, anch'io potrei finalmente apparire triste e lasciar che siano gli altri a tirarmi su.
Quest'abilità è una normale difesa psionica di livello passivo.

Cadi e Risorgi
Anche quando i colpi subiti si sono cumulati gli uni agli altri, persino con ossa spezzate e muscoli contusi, il corpo ancora in piedi per la battaglia.
In grado di camminare nonostante una gamba spezzata, di impugnare le armi quando le braccia appaiono inservibili, di muoversi con discreta disinvoltura col corpo leso e ammaccato.
Di non cadere a terra se non col cuore trafitto o la testa tagliata.
Quello visto prima come un dono si scopre poi come l'ennesima spada di Damocle pendente sul suo collo.
In termini di combattimento, il personaggio sarà in grado di proseguire nella battaglia anche dopo aver subito ingenti danni, perfino la mutilazione di un arto non sarebbe sufficiente a impedirgli di sferrare un altro attacco.
Quindi le ferite per quanto gravi, non gli impediranno di proseguire la battaglia al pieno delle proprie forze.

Omnifagia
Il personaggio potrà ingoiare e divorare qualunque cosa, nutrendosi di essa e non subendone comunque alcun danno. Ciò consentirà al personaggio di mangiare anche cibo marcio o avariato, senza venirne danneggiato o influenzato in qualunque modo. Allo stesso modo, il metabolismo particolare gli consentirà di non subire alcun danno da qualunque veleno non tecnica, potendo comunque soffrirne eventuali effetti collaterali agli stessi legati.

Avanguardia
La forza per definizione non necessita di spiegazione alcuna, ed è per questo stesso motivo che inspiegabile è il loro potere. In grado di sollevare i pesi più grandi col minimo sforzo, questa particolare categoria di guerrieri vanta una forza straordinaria, tanto dal poter impugnare armi altresì inutilizzabili per forma e dimensioni come alabarde o bastarde a due mani, finanche mazze ferrate o magli dal peso insostenibile come fossero leggerissimi stocchi.

La Forza Di Sopravvivere
Sul campo di battaglia, tutti sono forti. Non vi è nessuno che è più debole di un altro. Tutti hanno lo stesso allenamento, lo stesso equipaggiamento, lo stesso comandante, e allora cos'è che permette ad alcuni di restare in vita e ad altri di morire? La risposta è molto semplice: è tutto basato sulla propria forza. Ma non la forza fisica, ma la forza della propria volontà. La prima guerra non è vinta sul campo di battaglia, ma nella mente di ogni guerriero. Ognuno di loro deve imporre la propria volontà a calmare la propria mente. Coloro che cadono in battaglia hanno affrontato opponenti con una volontà più forte della loro. Non c'è nulla di cui sorprendersi, davvero. Se ogni persona avesse la stessa forza di volontà, allora vedrebbero anche che non vi è alcun motivo per combattere. Ma non è questo il punto. La volontà della gente è proprio come la gente stessa, diversa tra loro. L'unico motivo per cui io sono stato capace di sopravvivere in queste battaglie è perché ho avuto la volontà più forte. Tutti sono caduti prima di me e nessuno è stato capace di fermare la mia avanzata. La mia volontà mi ha concesso la forza di restare in vita, ma per quanto ancora? Solo finché la mia volontà sarà la più forte, ma in questa guerra tutto è possibile... .
In termini pratici il portatore di tale passiva avrà un'immunità al dolore psionico, ma non dai danni.

Percezione ferina
Il suo senso più sviluppato è senza dubbio l'olfatto, tanto da usarlo spesso perfino per raccogliere informazioni. Per esempio è stato capace di determinare di determinare che la femmina di un esemplare che stava cacciando era incinta dal debole odore di liquido amniotico. E' perfino capace di percepire i feromoni con il suo olfatto. In caso di totale oscurità riesce ad usare questo suo senso per combattere, anche se per ovvi motivi non è molto efficace. Questa sua capacità unità alla vasta conoscenza di flora, fauna e non solo rivela essere ben più di un semplice senso sviluppato oltre i normali limiti umani ed animali, ma una vera e propria arma.

Sussurro animale
Seregon riesce a comprendere appieno ogni forma di vita animale al punto da riuscire a stabilire con loro un forte legame empatico e comprendere cosa vogliono dirgli, questa tuttavia non è una forma di controllo della mente ed eventuali bestie pericolose non si tratterranno dall'attaccarlo se ne avranno voglia.
Tale forma di simbiosi non fisica nel caso sia molto forte tenderà a farlo agire più come un'animale che come un essere umano.

La Zanna della bestia
Il potere dell’artefatto è tanto grande da assoggettare chiunque si trovi nelle sue immediate vicinanze, intimando in loro un senso di impotenza nei suoi confronti. Ebbene si, gli avversari vedranno il possessore della Zanna come un nemico inarrivabile, si sentiranno inevitabilmente più deboli e saranno quindi spinti a riconoscere la sua superiorità.


Abilità Attive:


Note:Il post è volutamente breve, come già detto in confronto Seregon almeno per ora non ha intenzione di prendere parte attiva alla cosa, lui è lì solo per osservare perché tutti i suoi campanelli dall'allarme interni sono allerta e non riesce a far finta di nulla e difatti inizierà a sviluppare un maggior numero di cose solo dal turno successivo, per ora si limita a guardare tra la miriade di domande che paranoiche si affollano in lui (anche a causa del fatto che non ha mai seguito gli eventi collegati all'ex-clan e anzi, cercava di tirarsi fuori da quelli in cui poteva finir coinvolto), specialmente dopo aver riconosciuto l'odore di Rick e di quello che è nel sacco, quindi diciamo che è più confuso che altro al momento. :sisi:

 
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Lill'
view post Posted on 2/10/2014, 14:12




PQmGzdy

Come per i sussurri nella foresta maledetta,
il soffio del vento era la bega insistente di quelle altitudini. Anche nella rientranza naturale sul fianco della montagna, con la volta di pietra a coprire le loro teste al pari di una spelonca, il rumore arrivava costante. Fuori, sul sentiero che si inerpicava per le asperità dell'Erydlyss, gli ultimi preparativi per la nottata erano compiuti dalla carovana: bracieri contro le bestie, coperture per i carri e sentinelle.
Non che Rick ne avesse bisogno, con l’armamentario che si portava appresso.
Trascorreva la serata conversando con Ian e Uarraig, esploratori manco male a quanto aveva capito, e passandosi una bottiglia di liquore alle erbe fatto da loro. Di tanto in tanto si sciacquava la bocca con dell’acqua, per poi sputare il sapore forte dell’alcool nel fuoco. In generale stare con gli Rahm as Aid non gli dispiaceva; quei due orecchieappunta poi, padre e figlio, sapevano essere di compagnia senza parlare troppo. Il vagabondo li scrutò per diverso tempo, lo sguardo altalenante tra la striscia biancheggiante, riconoscibile persino nella notte del sentiero montano e i loro volti lunghi e smagriti. Buttatosi in una angolo dove la luce delle fiamme lo tagliava a metà, mancando di illuminargli il viso, nessuno gli aveva fatto domande neppure circa quei suoi occhi particolarmente cupi.
occhi bui in cunicoli bui, la nuova cicatrice lasciatagli sotto la Montagna dormiente.
Ed era molto meglio così.

E’ la prima volta che ci vai, quindi? Non tutti la trovano subito.” Uarraig, il ragazzo, gli disse dopo diversi minuti di silenzio. Erano stati loro ad avvisare la carovana di un altro viandante sulla strada montana, e senza svantaggio per entrambi: il nano poteva usufruire di un buon giaciglio, per quanto occasionale, dopo settimane di scarpinate e sonni innervositi dal pericolo costante. E a loro, Rick pensò, non doveva affatto dispiacere un tizio che portava con sé una delle armi di Alexandra; specie se, com’era stato chiaro dal loro primo, indistinto incontro nella bruma, non si faceva problemi a sfoderarla. Non avevano mai chiesto, comunque: né sulle sue armi, né sulla seconda sacca che si portava dietro, quella che non lasciava da quando era scappato da Neirusiens.
Eppure, suoi accorgimenti o meno, un po’ aveva preso a puzzare.
rispose, la voce incupita dal liquore; poi aggiunse: Se sapete la strada, ditemi.
Passò di mano la fiaschetta, un mezzo-segno di gradimento col capo.
I due presero a spiegargli la via più rapida per giungere tra le due vette dell’Erydliss, dove qualcosa di magnifico doveva stare per accadere. O così dicevano le voci, a quanto avevano sentito gli elfi. Rick Gultermann non si pronunciò; si issò dal sasso su cui era seduto invece, il culo tutto un formicolio, per scorgere meglio i segni che i due esploratori avevano preso a tracciare sulla parete con una pietruzza. Aveva visto mappe peggiori. Nell’alzarsi la roncola che portava alla cintola ondeggiò per un istante in avanti, brillando di riflessi cremisi provenienti dal focolare.
Oh, e magari ne vedremo anche di più in giro di tizi come te, se quello che vai a fare è vero.
Il ragazzo scarabocchiò un ultimo simbolo sulla roccia, una grossa X tra due triangoli appuntiti.
Che avete fatto nei mesi passati?!
Il nano avvertì il soffio del vento farsi più gelido sul sentiero, e qualcosa di oscuro e bituminoso -catarro vecchio mesi, mica altro!- fermarglisi in gola. Cercò con lo sguardo le due pietre tra cui aveva incastrato la fiaschetta:
meglio berci su.


dnhIoDn


Arrivò a Lithien che era quasi sera, arrangiandosi per dormire in una qualche caserma. Assonnato com'era non badò troppo alle guglie svettanti tra i picchi innevati, alla spaziosità di strade mica fatte di fango pronto ad imbrattarti gli stivali o alla severa maestosità degli edifici: crollò, semplicemente. La mattina dopo, in accordo a quanto si diceva, la gente cominciò a radunarsi sotto un palchetto, e in effetti qualcuno parve arrivare per una specie di arringa. In principio rimase sul muro di un casolare, non troppo distante, a guardare la gente lì riunita: c’erano davvero persone che aveva incontrato nel buio melmoso di quel posto che chiamavano Sorya, ora rovina di rovine. C’era anche il vecchio aiutante della regina, salito lì sul palco, assieme ad una ragazza che forse aveva scorto un giorno tempo prima in quella stessa umidità sotterranea, quando gli furono consegnate le Vene. “Fratelli” cominciarono.

“La nostra regina è morta”, disse il vecchio, e continuò riportandogli di come anche l’Edhel, quella pozza infestata e piena di foreste oscure, fosse libera e il potere della Torre crollato definitivamente con essa.
il potere che gli bruciava nel petto e nelle vene e lo convinceva a fare un giorno di scarpinate in più,
come la rabbia o il liquore.
Questo gli dissero,
“Ma con la sua dipartita anche i Leoni cessano di esistere così come li conosciamo.”
Donovan il caveliere,
Afrah la Banshee.


Già solo quei fatti gli fecero passare un briciolo di malumore. Quello, in effetti, andava di parsi passo con la raucedine rognosa che s’era accumulata nella sua gola dopo settimane di vagabondaggio, braccato come un cane nelle foreste. E vedere che di suoi compagni, se questo erano, ce ne erano ancora in giro, di certo gli addolciva un po' la questione: almeno non era venuto lì per niente. Così prestò orecchio al discorso di Donovan su quelle terre liberate, come lui diceva; e si pentì di non esseri portato appresso po’ di liquore dai Rahm as Aid.
Perché che Alexandra era crepata e così l’anima nera della Torre, e che sotto quelle montagne pullulasse di Spettri e altre baldraccate, ecco non gliene serviva una conferma – lo sapevano i diavoli del Samarberthe se non l’aveva sperimentato da solo quell’ultimo fatto, tra paludi salmastre e nascondigli di fortuna.
Parevano davvero essersi moltiplicate come sorci,
anche se lui due ombre non le aveva mai beccate accoppiarsi.



unsnvagabond28016

“Per cui, Donovan, come intendete procedere?”
...

Fu quando qualcuno lì riunito si fece avanti che il nano abbandonò la sua postazione, avvicinandosi piano piano alla folla. Dopo che, mostrando un oggetto intagliato nel legno, il cavaliere arrivò al sodo:

Saremo occhi, fortezze, Lanterne."
“…Per il momento dovremo solo farci vedere.”


Rick Gultermann attese ancora. Osservò dal basso, una testa che copriva un momento il palco e poi subito un’altra, e ascoltò le risposte dei due. Poi, armi alla cintola che tintinnavano e sacche in spalla, spintonò la sua strada tra la folla.
Vedere, eh?
Cominciò fattosi vicino al palco, un gomito allargato all'insù nel togliersi un peso dalle spalle. Mostrò una delle sacche in alto, rivolta -per quel poco che poteva- sopra la sua testa. Qua, proruppe, Qua c'è una cosa da vedere.
L'ho presa sotto la montagna, nella Città Nera.

A quel punto lanciò la sacca contente la testa mozzata di Tias, colui che l’aveva aiutato tra i Danzatori per finire un cadavere lasciato ai vermi delle gallerie di Neirusiens, alla volta dei due sul palco.
Quelli scrutarono la faccia del giovane per poi chiedergli quando l’avesse trovata; malgrado il ghiaccio e le erbe di cui l’aveva imbottita come un maiale allo spiedo, pensò, doveva essere chiaro non fosse proprio recente.
L’ultima volta che l’aveva controllata, però,
i segni neri e violacei lasciati su di essa dal potere dei Danzatori non erano ancora scomparsi.

Mmh... Qualche mese. Tre, almeno., poi adocchiò Donovan: E non l'ho trovata, diamine. L'ho presa.
Lo stringersi dei suoi occhi piccoli in due fessure chiarì la faccenda. E, riflettendo quelle stesse ombre infisse come marchi sul volto scarnificato del ragazzo, il suo sguardo chiarì anche altro.
La ragazza del Sud gli si avvicinò, avendo notato il nero delle sue iridi.
Il marchio che gonfiava anche la sua di pelle, al pari di una beccata degli avvoltoi
Ma in vita sua ne aveva spennati di uccellacci che cercavano una preda bella che pronta, e per molto meno eh!

“Vi…” deglutì
“Vi hanno fatto del male?”

Allungò una mano, pallida.

Mh? rispose Rick, mettendo una zampaccia callosa tra quelle dita sottili e la sua faccia. Nel presentarsi della donna coperta, prima che il suo nome o l’arma che portava in spalla e che parlava per lei – la Vena –, il vagabondo vide solo una distanza fattasi troppo corta (se non per altri tipi di affari) e una domanda ancora troppo lontana dalla lingua impolverata e zaffante di bettola che lui capiva.
No.
Incurvò il labbro e strinse le sopracciglia di mulo - mica è strano farsi del male, pareva dire.
No; ma non è quello.
Gli accennò dei Danzatori, dei suoi occhi neri. E, cercando di cavarsi qualcosa da una saccoccia, gli blaterò dell’amuleto.
Che malgrado tutte le viscere e il lordume che gl'era costato, adesso sembrava più lucido del ghiaccio dell’Erydlyss,
solo nero come la pece.
“Sì, vediamo.”
Si avvicinò anche il vecchio.

Fu mentre stava frugando in quel cuoio slabbrato da notti all'addiaccio e troppa umidità,
In vita sua, le saccocce sempre troppo grandi e la roba da metterci sempre troppo poca
allora lo avvertì. Un brivido gli risalì la schiena, e non ci pensò nemmeno che s’era già girato.
Il ferro della roncola subito in mano, lo sguardo già perso in quella vacuità omicida: in uno strappo cacciò l’amuleto dalla tasca, e vi guardò attraverso. La prima volta che l’aveva usato era a Neirusiens, nel buio umido e freddo delle gallerie, in chissà quale delle tante ricognizioni per vedere cosa si annidava dietro l’angolo – se mai ci fosse stato un dubbio.
L’ultima solo il giorno prima, probabilmente: guardandosi la spalle prima di entrare a Lithien.
Adesso, nella piazza del gioiello dell’Erydlyss, tra bastioni di pietra millenaria e su piastrelle dall’intaglio preciso, vide sgusciare via la stessa rogna che lo perseguitava da mesi: profili inconsistenti, ansiti di vento nero.
Fottuti fantasmi
se, testa mozzata e bitume nei suoi stessi maledetti occhi, non se portava già appresso abbastanza.


Ma mica gliene voleva a male, eh.
Non più di quanto loro ne volevano a lui.

"Io non credo a queste frottole.” disse qualcuno nel gruppetto fin poco prima alle sue spalle. Forse, il pensiero lo sfiorò, mentre altri gli sputavano in faccia i loro dubbi. Forse, ecco, quelle erano sensate preoccupazioni.
Squadrò cupo i tizi che avevano parlato, l’arma ancora stretta tra le nocche sbiancate.
Ma lui se ne fotteva.
Consegnò l’amuleto a Donovan, lo sguardo più truce che mai.Erano qui. Ci spiano disse alla ragazza coperta di nero, all’altra cacciatrice. Più di uno parlò in sua difesa, prendendosela con quei poveracci che gli avevano dato del contabubbole; qualcuno l’aveva visto anche prima, avvicinatosi nel guardare tutte le sue paccottiglie – la testa, l’amuleto.

Guardaci attraverso e le vedrai anche tu, vecchio.
Perché davvero, dopo tutte le rogne che gli Spettri gl’avevano dato negli ultimi mesi,
se ne fotteva anche di fare cosiddetti errori.





SPOILER (click to view)
Eccomi. Per ora questo mi è venuto, vedremo cosa riesco a fare in seguito :sisi:

PASSIVE

QUOTE
Dono dell'Oscurità: possedere l'Oscurità determinerà la possibilità di percepire e talvolta anche vedere le Ombre aggirarsi nei territori dell'Edhel. Non si potrà parlare con loro e nemmeno interagire con esse fisicamente, ma talvolta il personaggio avrà la netta sensazione di essere a sua volta percepito dalle stesse. Ulteriore Bonus, il personaggio nel cui corpo si annidi l'Oscurità svilupperà la capacità di capire a tratti il linguaggio delle Ombre, riuscendo a cogliere alcuni suoni, parole o simili. In ultimo, il personaggio guadagnerà 1 CS passivo liberamente assegnabile.
Possedere L'Oscurità comporterà il modificarsi del corpo (iridi nere, pdeterminante o immediatamente visibile. Dovrà però sussistere anche in minima parte.

QUOTE
Vena di Pietra: Il possessore di una delle Vene sarà noto in tutte le terre come uno dei cacciatori che più ha abbattuto nemici del Sorya, e che più è sopravvissuto all'Edel infido, rimanendo anonimo e irriconoscibile sino a che non paleserà la Vena.
 
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view post Posted on 2/10/2014, 20:50
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Llusern

Chiarificare -
Rinati dalle Ceneri.





T
ra i marmi e i ruggiti si ergeva un palco.
Su quel palco si ergevano guerrieri e condottieri di grande fama.
Ai loro piedi ruggivano i cuccioli, chi con più arroganza e chi con genuina curiosità.

Il cielo era cupo, oscurato da nubi per niente amichevoli.
A memoria sua, Àlfar aveva associato le nubi e i Leoni ad eventi poco fausti.
L’attacco del drago su Pietradisole, la battaglia per la Torre…e l’assenza di Alexandra sul palco, che sembrava inquietare gli animi di tutti i presenti.
Poi venne il tuono.
Si abbatté con la voce greve di Donovan sui presenti, come la scure di un boia impietoso: il gelo dell’Erydlyss sembrava essere sceso a reclamare come propria vittima l’ardore dei presenti. Alexandra era andata. Così come Eitinel.
La notizia della vittoria decisiva avrebbe dovuto essere un motivo di giubilo per i presenti, eppure la perdita della loro guida costituiva un prezzo troppo alto da pagare.

Avanzava lentamente tra la folla sgomenta, scivolando tra i volti attoniti e scostando con cortesia i corpi impietriti. Sembrava di camminare in mezzo a un mare di lenzuoli stesi, scossi appena dal vento delle parole del cavaliere. ”Nessuno potrà mai essere superiore all'altro, nessuno dominerà mai sul prossimo. Ci sposteremo, in gruppo o individualmente. Saremo occhi, fortezze, Lanterne.”
Il silenzio che seguì la fine del discorso fu breve ed intenso.
Il vento cessò di muoversi. Poi venne il boato di applausi e di esultanze.
Anche Àlfar applaudiva, commosso dalla passione e dalla nobiltà di quelle parole, e quando la pioggia di mani terminò di schioccare ritmicamente la sua voce si levò chiara ed entusiasta: “Quale vuole essere il nostro primo passo?”
A quelle parole l’oratore principale indicò una statua accanto a sé, che rassomigliava un orso alle cui fauci era affidata una lanterna. "Per il momento dobbiamo solo farci vedere.
I popoli di queste terre devono capire che li osserviamo, che vegliamo su di loro."
- riferendosi alla statua continuò - "Questi saranno i nostri punti di riferimento, nonché i loro. Di notte e di giorno illumineranno grotte, sentieri, terreni radi. Servirà a tutti per capire che le Lanterne non dormono mai.
Posizioneremo la prima statuetta nei pressi di questa città, quando sarà passata la settima ora."
Al di là delle nubi il sole era più o meno all’apice del proprio arco, la settima ora era ancora distante e l’attesa poteva portare ulteriori dubbi e frustrazioni. Sarebbe perfetto partire ora…il discorso ha rincuorato tutti. Possiamo partire anche subito! Stava per porre ancora una domanda – stava per chiedere di partire subito! – ma si sentì spingere di lato, in contemporanea all’avanzare di un brusco nano. Non fiatare, non fiatare, non fiatare! E quello parlò. “Qua c'è una cosa da vedere. L'ho presa sotto la montagna, nella Città Nera.” - Per gli dei! Te ne vai in giro con una testa mozzata nella bisaccia? Il cranio senza corpo era quanto meno raccapricciante e, a meglio guardare, anche il nano era parecchio strano. Eppure era uno dei grandi guerrieri di Alexandra. Non l’aveva mai visto prima, ma c’era qualcosa nel portamento e nell’atteggiamento del nano che lo distingueva dalla massa di anime oramai confusa.
”Ma presa del tipo che cresceva tra le piante?” Era stato il tentativo di fare umorismo, tanto apprezzabile quanto rapidamente stroncato, da parte di un soldato. La donna che divideva il centro della scena con Donovan si era fatta avanti e aveva zittito il comico ed aveva intrapreso un rapido scambio di battute con il nano. Al termine di ciò, il nano concluse con voce profonda "No. No; ma non è quello: questi Danzatori - questi qui - ...non so se saranno per forza una grana, ma sotto quella montagna stanno facendo qualcosa con gli Spettri. Mi cascassero le palle se non è così. Ho anche altra roba al riguardo, se v'interessa: mi avevano detto di portarla al Sorya..." Preceduto dalla donna, Àlfar non riuscì ad esprimere la propria, ritrovata, curiosità. Fu infatti la Leonessa a chiedere maggiori informazioni.
Il nano si voltò di scatto, con un falcetto in mano e una …ciambella di pietra usata a mo’ di monocolo?

Il nano sussultò, come se avesse visto qualcosa di importante ed infausto, mentre dalla folla qualcuno scherniva il nuovo discorso – se non addirittura tutta la vicenda – asserendo che si stessero fasciando la testa prima di averla sbattuta. Troppe precauzioni? Troppe preoccupazioni? “Vostra madre la pensava come voi, una trentina di anni fa, e le siete caduti tra le gambe. Fossi in voi starei muto." - "Erano qui. Ci spiano." aveva bisbigliato il nano e l’attenzione di Àlfar si era riportata sulla discussione principale.

La voce di Donovan richiamò all’ordine e alla calma, poi quello prese il monocolo improvvisato e vi guardò attraverso: la folla tacque e così fece il tempo…

Passive:
Talento Lv. I – Evocazioni a tempo zero
Razza – Arma naturale indistruttibile (Soffio di Fuoco – forma sferica)
Spettro nella Selva – Mimesi (sfocatura della figura) nella vegetazione


Nota: per ora i dialoghi non presentano tratti specifici, più avanti li evidenzierò meglio.

Eccomi alla fine :D ci sono anche io :D
 
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.Neve
view post Posted on 7/10/2014, 20:09




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" No e poi no!"

David sbottò seccato. Il volto fermo e severo, le sopracciglia arcuate. Adrian era lì a fissarlo immobile, non fiatava. Le pupille celesti a fissare il vuoto della parete dietro suo fratello alla ricerca di un appiglio, un appoggio al quale potersi aggrappare disperatamente. Non era la prima volta che si arrabbiava con lui in quel modo. Quando, solo, tornava tardi la sera per potersi concedere un istante più a lungo a rimirare la volta celeste. Glielo diceva David; era troppo pericoloso stare fuori fino a quell'ora per un ragazzino come lui. Quando, curioso, si addentrava tra le foreste oltre il villaggio alla ricerca di uccelli e animali strani. Quando, incosciente, correva per i tetti delle case, saltava tra un comignolo ed un altro. Si arrabbiava, si arrabbiava troppo. Solo perché i loro genitori erano morti, non poteva fargli fare tutto quello che voleva. In fondo Adrian aveva soltanto dodici anni e loro erano rimasti da soli. L'aveva tirato su lui con le sue sole forze, senza l'aiuto di nessuno. Chi mai si sarebbe preso la responsabilità di crescere due orfani scapestrati? Certa gente era marcia quanto quella stessa terra. Benché fosse poco meno che uomo, David aveva provveduto a suo fratello per molto tempo. Lo portava con sé a caccia, puliva la casa, gli preparava un pasto caldo ogni giorno, lo faceva studiare. Perché un giorno Adrian sarebbe potuto entrare in quella gloriosa città da studioso. Perché forse lì sarebbe stato al sicuro. Ed ora invece non ne voleva sapere,
invidiava la sua vita da Leone nell'esercito di Alexandra, voleva essere come lui.
Voleva essere forte. Voleva combattere gli abomini dell'Edhel, fianco a fianco, ogni giorno.

"Perché, fratello?
io sono veloce. Sono furbo. So combattere!
So usare arco e frecce meglio di chiunque altro al villaggio!"


David non capiva, non voleva.
Come avrebbe potuto portarsi appresso il suo fratellino, tra mostri ed ombre?
Come poteva lasciarlo libero di esprimere i suoi desideri?

"Sei ancora un ragazzino, Adrian.
Ti farai del male!"


Disse queste ultime parole con apprensione. Poi il volto di Adrian si fece paonazzo.
Trattenne le lacrime. Voleva fargli capire che non era più il suo fratellino piagnucoloso, voleva mostrarsi più grande ai suoi occhi.

Inspirò. Poi rispose, fissandolo serio nei suoi occhi chiari.

"Portami con te, ti prego."

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Il vecchio scrutò piano attraverso l'amuleto forato. Un occhio chiuso, l'altro aperto alla verità. Le palpebra sottile spremuta nell'incavo del volto disegnava crepe e piegature. Era come se i solchi della sua pelle convergessero in un'unica insenatura. Come se un fiume dipinto scorresse in quel volto eterno. Afrah lo fissava immobile. Le ricordava suo padre, alle volte. Quando al calar della sera scrutava il cielo con il suo telescopio. Era silente ed assorto. Quasi inebetito innanzi alle meraviglie dell'universo. Le labbra di lei si piegarono in un tenero sorriso, istintivamente. Ma quando vide il suo corpo cadere in terra, colpito, il suo volto si fece cupo. Aveva visto, aveva visto la verità; un'ombra rapida e sfuggente che gli volteggiava innanzi. Ma non appena ne aveva scorto soltanto i contorni era stato punito.

Sentì come una bastonata, un colpo all'addome.
Si accasciò inerme sul suolo legnoso.
L'amuleto era sgusciato via dalle sue mani, in terra.

Solo un fiato emise dalla sua bocca spalancata.

"Sono loro...

Sono qui! "


Un grido soffocato al cielo.

"D-Donovan..."

Afrah si mosse dinanzi a lui, le mani tremanti e delicate a cingergli le spalle per farlo rialzare, il soffio leggero della sua voce. L'avevano picchiato nel silenzio, invisibili e leggere più dell'aria. Fantasmi in quel giorno di terrori. Perché anche un soldato coraggioso come lui era cedevole al passo del tempo. Ed il tempo l'aveva fiaccato più del dovuto. Stentava a rialzarsi con le sue stesse mani, arrancava ansante. Le braccia tremolanti a cercare il sostegno dei suoi alleati. Eppure, tra mostri e demoni era cresciuto il suo spirito. Si era rafforzato. Aveva combattuto per tutta la vita contro le creature più orribili dell'Edhel. Adesso non poteva aspettare la morte standosene in disparte. Adesso doveva ancora lottare. Perché la sua anima gli chiedeva ancora dei sacrifici. Perché la terra tremava e l'aria diveniva di piombo. Si rialzò allora in sella al suo frisone, lo aiutarono a salire. Ma non appena spalancò nuovamente gli occhi un rombo increspò il cielo. Ed il suolo cominciò a portarseli a sé. Si udì soltanto Il suono di un boato. E polveri che si sollevavano, e nubi ad oscurare l'etere.

Esplose.

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Non capivano da dove arrivasse, non compresero. Poi, lentamente, la nebbia cominciò ad invadere la piazza. Un fumo denso e quasi palpabile. Una caligine spessa più della cenere. Inondò cielo e terra, e anime e corpi. Si insinuò tra le vie, tra le fessure e le crepe laccate di quella città splendente. Sporcò la luce. E lentamente anche la paura cominciò ad invadere gli animi degli uomini. Cominciarono a muoversi scompostamente, incapaci di dire o fare qualcosa. Incapaci di reagire. Qualcuno urlò tra la folla, alcuni se ne erano andati, scomparsi. Qualcuno cominciò a dimenarsi convulsamente. Il terrore era il più infido dei compagni, un manto oscuro che obliava gli occhi e la mente. E loro erano soli, persi in quel mare di incertezze. E loro tremavano, senza guida e senza sogni. Fragili come bambini sperduti.

Si alzò, pallida e smunta. Il più piccolo insetto del formicaio. Camminava a tentoni tra i suoi compagni, cercava di guardare oltre la nebbia senza riuscirci. Si aggrappava a loro, ne teneva alcuni vicini. Aveva paura di perderli nell'oblio. Tremava, sudava. Era nel panico anche lei, aveva paura. Eppure doveva reagire in qualche modo. Se non per lei, per i suoi fratelli.

"Compagni, vi prego, mantenete la calma!"
La voce calda, incerta.
Gli occhi rubescenti fissi sul vuoto.

"È proprio questo ciò che vogliono!
Vogliono le nostre ansie, i nostri timori.
Non dobbiamo cedere!"


Ma non appena scorse il volto sperduto di David, il suo cuore si strinse.

"Banshee... signora."
Grosse lacrime salate solcavano il suo volto ancora acerbo. Si passò entrambe le mani tra i capelli castani arruffati.
"Adrian...
Non riesco più a trovarlo!! Vi prego!! Vi Prego!!"

La scosse quasi con violenza. Le mani sottili ma forti a cingere le spalle ossute di lei. E lo guardò inerme, incapace di dire qualcosa. Incapace anche soltanto di poterlo rassicurare. Poi il ragazzo abbassò la testa.
"Ha soltanto dodici anni."
La voce spezzata.
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

La beduina cercò di scorgere qualcosa aldilà della nebbia, ma il denso fumo non aiutava. Vide un guizzo, una sagoma di ragazzino muoversi fuori dalla calca. Ed anche il nano poté osservarlo. Lo vide, lo vide tutto. Una zazzera di capelli biondi rifugiarsi nello stanzino di una vecchia biblioteca.

La donna fissò il volto preoccupato di David e poi volse lo sguardo tra la folla in tumulto.

"Lo troveremo."

QM PointMentre Donovan sta esaminando l'area attraverso l'amuleto, nota un'ombra che chiaramente gli passa innanzi velocemente - tutti gli altri però non possono saperlo-. Improvvisamente qualcosa o qualcuno lo colpisce all'addome. Si accascia a terra, urla di averli visti, non è ferito ma la sua età avanzata ed i suoi acciacchi non alleviano certo la situazione. Si ode il suono di un'esplosione ma non si capisce da dove arriva. Una densa nube di fumo si sperde per tutta la piazza e nessuno riesce a vedere ad un palmo dal naso, tranne i compagni vicini. È il panico, alcuni urlano, altri vedono i cari sparire sotto ai propri occhi. La banshee cerca di far mantenere l'ordine ma non è facile. Afrah viene dunque avvicinata da un ragazzo che, disperato, dice di aver perso il fratellino. La donna aguzza la vista e crede di aver scorto qualcuno aldilà della nebbia.

Rick, in particolare, riesce a vedere la sagoma di un ragazzino che si nasconde dentro allo stanzino di una vecchia biblioteca. Libero di agire come meglio credi.

Quello che dovete fare è dirmi in confronto come reagiscono i vostri personaggi. Se si difendono in qualche modo dal fumogeno, se cercano riparo oppure stanno semplicemente all'erta. Non appena risponderete tutti, interverrò nello stesso topic a fornirvi informazioni specifiche per ognuno di voi. Per il momento non darò scadenze ma intendo procedere velocemente. A voi!

 
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view post Posted on 14/10/2014, 15:54
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L’attesa. Un occhio a guardare attraverso un foro come se fosse lo spioncino di una porta invisibile chiusa in un mondo, una realtà, diversa dalla nostra. Diversa…o forse quella vera? Chissà…in ogni caso ecco che tutti aspettavano un responso e le rughe intorno agli occhi di Donovan, rughe profonde, scavate da fatiche e da anni, raggrinzivano il suo volto granitico mentre l’occhio aperto, indagatore, cercava di sondare la realtà oltre le verità degli occhi.
Le rughe…si ritrovò a pensare che l’essere umano era come Donovan in quel momento: con un occhio chiuso, raggrinzito di rughe che solcavano il viso come fiumi, e uno aperto ma che, raramente, utilizzavamo; e chissà perché era quello che sembrava meno vecchio e con meno rughe.
Chiudere gli occhi fino allo spasmo per la paura di aprirli, anche di fronte all’evidenza, ai fatti, alle proprie colpevolezze, paure, dubbi. Ognuno di noi aveva le rughe intorno agli occhi per averli tenuti troppo chiusi…ma perché poi pensasse, in quel frangente, ad una tale metafora se ne stupì pure lui.
Forse per la cupola di ansia e di aspettative che, come una cappa, era scesa su di loro, forse solo per divagare e prendersi un momento di libertà. O forse solo perché, come diceva sempre quel vecchio pazzo del suo sensei: Metti troppa mente in quello che fai…mio stupido allievo.

Doveva imparare l’arte <i>del non pensare
e di essere come una canna che si piega al vento, assecondando il suo movimento, la sua dolcezza - anche la sua rabbia - e non essere come quercia che si pone ritta e orgogliosa di fronte ad esso e che viene sradicata.
La Rosa, in questa metafora, vi vedeva l’arte del compromesso, il suo sensei quello della saggezza e della maturità.
Essere come acqua calma…

Acuisci la mente…solo la goccia d’acqua può bucare l’asse legno, la corrente non può scioglierla.

Poi la realtà, come un pugno duro sul volto, lo riportò bruscamente indietro, scacciando le sue divagazioni.
Donovan era accasciato per terra come colpito(?) da qualcosa. Ma la domanda era: cosa? Gli occhi danzarono, si spostarono da un punto all’altro, la presa sull’elsa si fece più forte e, involontariamente, mostrò una parte dell’essere della sua fedele compagna di battaglie.
Sentiva la tensione e il cuore che accelerava, sentiva che c’era qualcosa di sbagliato ma era come aver gli occhi chiusi.

"Sono loro...


Sono qui! "


Fantasmi? Allucinazioni? Nebbie di un passato che ora reclamavano il loro? Lanterne…si erano come lanterne ma senza l’olio per alimentare la fiamma che avrebbe scacciato e diramato i dubbi e le paure mostrando la realtà.
Ma in ogni caso la domanda che si pose fu solo una: quale verità e quale nemico si cela dietro tutto questo?
Le parole di quello strano individuato erano vere?


Si…o no? L’Edhel e i suoi orrori ed errori ancora avevano artigli affilati a quanto pare e nuove battaglie si profilavano all’orizzonte…oppure vecchie battaglie? Solo Donovan sapeva cosa aveva visto e glielo voleva chiedere solo che un rombo strozzò la domanda in gola, ricacciandola indietro, in profondità e qualcos’altro divenne protagonista di quella scena: il cielo si increspò ed il suolo cominciò a portarseli a sé. Si udì soltanto il suono di un boato. E polveri che si sollevavano, e nubi ad oscurare l'etere.
Quale maledizione si stava abbattendo su di loro?
Un esplosione…una nebbia ad invadere la piazza e anche i loro cuori: grida, bestemmie, ruggiti ad un vento sordo e ad un cielo plumbeo: leoni divenuti agnelli. Bastava così poco a farli cedere? E la Nera Torre? L’Inquisitrice? Avevano già dimenticato l’orrore e le mille battaglie sostenute?
Erano già dimentichi di quanto il loro cuore e valore non li avesse fatto cedere, tremare, vacillare di fronte all’incubo della Dama? I leoni avevano perduto le loro zanne e l’orgoglio?
Ma forse vi era ancora un vero leone tra quegli anelli travestiti.

"Compagni, vi prego, mantenete la calma!"

La voce di Lei…una compagna, ma anche, soprattutto, di una nemica.

"È proprio questo ciò che vogliono!
Vogliono le nostre ansie, i nostri timori.
Non dobbiamo cedere!"


Ma a chi si riferiva? Cosa succedeva in realtà? Si erano dette mille parole ma tutte queste non spiegavano nulla di tutto ciò, eppure Donovan e la Beduina sapevano. Sapevano di questo attacco? O del probabile nemico che si nascondeva in quella nebbia d’incertezze e paure?
L’orrore si cibava di questo, lo sapeva…lo aveva visto e forse era questo il piano degli ultimi escrementi generati dal torbido buco nero di orrori e pattume che si era svuotato sull’Edhel: vomito pestilenziale che ancora, come una pianta malvagia, non voleva staccarsi da esso. Oppure altro? In ogni caso bisognava mantenere la calma e capire.
Affrontare un problema alla volta e poi le domande avrebbero ricevuto, in un modo o nell’altro, risposte esaurienti.
La paura all’uomo non aveva mai portato nulla di buono e in quel momento non doveva averne e far affidamento sul suo orgoglio e cuore e trovare un modo di vedere al di là delle cose: un nuovo punto di vista.
Una nuova prospettiva per non farsi accecare da quella nube di polveri miste ai dubbi e vedere.

Afrah! Vedeva poco o niente ma la beduina era vicina anche se era maledettamente difficile fare anche solo pochi metri in sua direzione: non si vedeva quasi nulla…un braccio portato a coprirsi naso e bocca e cercare di camminare, spada snudata nell’altra mano.

Posso spiccare il volo e controllare se davvero sono i nostri nemici, e da dove è avvenuta l'esplosione.

La beduina - che intanto si era protetta il viso con il velo - guardò Rogozin severamente.
"Si, controlla. Io vado da sola a cercare il ragazzino. So come fare."
Il velo la avvolse interamente e lei stessa diventò proprio lo chador, così come la prima volta che la vide. Incominciò poi a svolazzare fuori dalla nebbia perdendosi in essa e scomparendo dalla sua vista.
Tutto per un ragazzino...ed era giusto così e, forse, capì di più il cuore della beduina. Forse...visto che non avrebbe mai più parlato con lei e un giorno questo rapporto sarebbe finito in una bara.

Il viso della Rosa si fece duro e malinconico allo stesso tempo, e mentre le sue ali si aprirono un sorriso tenue, come un petalo di rosa portato dal vento, comparve su quel volto perfetto.
Ma fu solo un attimo…come fu un attimo che i loro destini si incrociarono e si spezzarono all’unisono.
Come fu un attimo che la beduina era davanti a lui e poi il suo sembiante divenne lo chador…così come fu un attimo che la Rosa era tra di loro e poi scomparve tra le vie dell’aere galoppando sui sentieri celesti per arrivare sempre più in alto.

Le sue ali lo portarono in alto, molto in alto, ma anche da così non era dato capire dove fosse l’epicentro dell’esplosione. Ma se quella non fosse magia o illusione, e i suoni sentiti non fossero miraggi di qualche demone che si stava divertendo con loro, doveva esserci.
Doveva perché sennò non avrebbe saputo dire cosa stesse succedendo…sembrava di vivere un incubo maledettamente reale.
Gocce di sudore freddo imperlavano la sua fronte e un brivido, malefico come lama di pugnale che si infilava tra le costole, scese sulla sua schiena…ma non capì il perchè.





Rogozin
Energia: Gialla Pericolosità: E CS: +2 Maestria armi, + 1 Istinto

Status fisico: Status Psichico: // Consumi energetici in questo turno: 5%
Riserva energetica residua: 95%
Armi Crimson Thorn(frusta); Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)
Armi In Uso Antares(wakizashi)

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Memoria ancestrale:
Il personaggio avrà ereditato dalla progenie dei draghi la mitologica memoria di questi. Il personaggio potrà ricordare ogni minimo dettaglio degli eventi vissuti, cogliendo particolari insignificanti e remoti finanche dopo molto tempo. Questa capacità gli consentirà di rielaborare qualunque informazione derivante dalla propria memoria con estrema rapidità e perizia, consentendogli di ragionare su dettagli infinitesimali come fossero evidenti e recenti. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Talento Lv I]
I possessori di questo talento vedranno ampliarsi le proprie capacità, interessando le stesse non solo la maestria nel brandire qualunque oggetto come arma, ma anche l'abilità nel farlo con estrema rapidità. Il possessore, infatti, guadagnerà la capacità di estrarre le proprie armi con tanta velocità da sembrar quasi un gesto istantaneo, rapido ed appena percettibile agli occhi. Tale circostanza si applicherà non solo all'estrazione dell'arma propria del possessore dal fodero ove è naturalmente riposta, ma anche all'eventualità che questo sia costretto ad impugnare un'arma secondario o un qualunque oggetto dell'ambiente circostante (in virtù della passiva di primo livello). Potrà così cambiare arma in un attimo, cambiando strategia e potenza offensiva. Intimando il proprio avversario ad una resa senza condizioni, o - più semplicemente - tappandogli la bocca. Per sempre.[Passiva Talento Lv II]


Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sé in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sa bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

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Abilità Attivate:
Ali spirituali: il campione genera sulla propria schiena un paio di splendide ali che lo ingraziano del dono del volo.
La tecnica ha natura magica. Adoperata per fini strategici, il campione genera sul dorso due ali eteree, materialmente intangibili, che gli concedono la capacità del volo per due turni di gioco compreso quello di attivazione. La velocità in cielo sarà la medesima che il caster ha sul terreno, non pregiudicando in alcun modo la normale regolamentazione sulle Capacità Straordinarie. È possibile personalizzare la manifestazione con la quale questo potere ha luogo; sarà infatti possibile cambiare l’aspetto delle ali nonché il movimento che potranno eseguire nel volo, adattandosi perfettamente sulla figura del personaggio.
Consumo di energia: Basso



_ ___ _____ ___ _

Riassunto e Note:
Nulla da dire più di quello che ho scritto nel post e detto in confronto.

 
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Lill'
view post Posted on 14/10/2014, 22:12





Neanche il sole brillava forse, oltre quello strato di caligine.
Nella piazza cittadina, su fino al cielo così vicino dei monti, la gravità della polvere aveva preso il posto della luce del sole.
Oltre ai gridolii fin troppo poco sporadici, al parlottare confuso, niente si riusciva ad azzeccare nelle volte di fumo.
Vorticavano, masse tondeggianti e tremule, prendendo i tratti di volti incomprensibili: forse una bocca, ritratta in un cupo sospiro; forse un occhio a scrutarli lì al centro della spirale di fumo. Ma subito spariva, e gli abitanti di Lithien la bella, baluardo di ogni sapere, non potevano che trovarsi persi in quello scenario alieno.

Non che ai guerrieri al centro di quel putiferio andasse molto meglio.

Nella città dorata, insomma, quella era davvero una scena inusuale: se ripassavi lì dalla tua mattinata agli Archivi, giusto in tempo per il pranzo, ai bordi della piazza non c’era mica calca; dalle finestre e dai rosoni colorati chi spiava sulla via non trovava un muro grigio, e dentro a esso ombre vaghe. E ora? No, no. Di norma tra i merli della muratura, oltre i pinnacoli delle accademie e sopra gli abeti che la saggezza degli arcimaghi aveva voluto ogni tanto decorare gli angoli delle strade, solo una cosa c’era: il cielo.
E chi erano poi tali Leoni per cambiare tutto ciò?
Erano arrivati da non si sapeva dove, certo con meriti e storie su di loro, e però gl'avevano sottratto l’azzurro limpido e puro del tetto dell’Erydlyss per dubbi e fumo. Li avevano sentiti bene: Ombre, paura e armi. Storie di fantasmi.
C’era chi diceva di aver visto gente della peggio risma, zoticoni e sozzi avvezzi a dormire nei fienili. Li avevano pure ospitati per la notte, privi anche di un solo quattrino.

Chi erano quegli stranieri?
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Colpi di tosse.
Colpi di tosse; nel bel mezzo di quella mattanza di polvere non è più semplice riconoscere chi sono. Vedi solo fantasmi, come tra le nebbie dei colli nel Talamlith. Neanche l’odore è poi così diverso. La sensazione arida del polverone in bocca dev’essere una rogna comune a tutti gli uomini persi in quella trappola, però. Ogni tanto si vede lo spezzone di una spallina, tutto screziato dall’umidità dei monti; oppure uno stivale o ancora un guanto di pelle, scolorito dall’usura e dal sudore freddo, oltre ai pezzi di muschio attaccati non si sa come.

No: l’odore non era così diverso. Rick abbozzava a denti stretti, la lama di Alexandra ancora in pugno. Ad ogni mano che affiorava nel fumo, ad ogni figura sottile e tremula che pareva per un attimo perseguitarlo fin in quell'ultimo angolo in cui s’era piazzato, rivolgeva contro l’arma per sicurezza. Poi l’abbassava, ma giusto un poco.
Che?!, berciò, quando d’improvviso qualcuno gli si mise affianco. E subito dopo un’altra figura, un’ombra colossale che spartiva in due quella marea grigia, comparve lì davanti. Il fumo si aprì in tanti fili e rivoli al suo passaggio, e qualcuno scappò a gambe levate: Rick però non cedé il passo, né urlò. Poco dopo, il Golem richiamato dal ragazzo dei draghi, quel tizio dalla pelle violacea che prima gli s’era avvicinato mentre armeggiava con l’amuleto, si fermò vicino al suo padrone. Il nano lo guardò un attimo meglio, per quel poco che ci si vedeva: uomo-drago o no, adesso erano in due fianco a fianco con il palco a coprirgli le spalle.
E in realtà la pelle viola era venuta tante volte pure a lui, quando gl’era toccato dormire all’aperto.
Mh.
Rick Gultermann acconsentì con un cenno, il suo ferro sempre in alto. S’era affrettato verso il palco subito dopo l’esplosione, dopo che il vecchio Donovan si era rialzato da terra. Guardava nella caligine ora, stringendo gli occhi. Spostò l’occhiataccia di caprone a destra e a sinistra, verso i bordi della piazza: più di uno l'aveva visto scappare via verso una qualche salvezza fuori dalla propria arma, soldati o il bambino che s’era intrufolato in una biblioteca.
O forse un altro fienile: da fuori non sapeva dire mica la differenza, tanto erano uguali per lui le accademie e la caserma dove aveva dormito in quella città. E gl’avevano pure offerto un bicchiere di vino la sera prima! Così, sull’unghia; Leone d’Alexandra o sterminatore vagabondo con un falcetto. Mica come nelle sue bettole esose o spelonche puzzolenti, diamine!

Fu allora, ripensando a quanto era venuto a fare e ai mesi passati, che a Rick Gultermann tornò in mente.

Il vagabondo fece cenno al ragazzo-drago di guardargli le spalle. Quindi s’avventurò tra il fumo, un passo alla volta. Gli ex-guerrieri d’Alexandra videro Rick il nano, quel viandante che parlava di Ombre e mostri e che puzzava di vino, camminare come fosse brillo. Tastava cauto il terreno con un piede, e non si capiva bene cosa facesse: c’era chi diceva che puzzava di cavallo, e che aveva dormito in un fienile lì a Lithien. Stranamente pareva sicuro però - più o meno. Loro invece non sapevano mica cosa cercare in quello sfacelo: i muscoli erano ben tesi sotto le armature, i legacci di cuoio tirati, di chi è pronto a rilasciare il colpo; una pratica che dovevano aver trovato comune, nei mesi passati.
No, mostri e paludi non ti avvertivano prima.
Fu in quello stato di tensione dei sensi che molti poterono scorgere Rick Gultermann fermarsi in un punto non lontano dal palco, e subito accovacciarsi giù: quindi risalire, un poco sbilanciato dal peso, il pugno stretto con forza. Era come se tutto barcollasse in effetti, in quel maledetto fumo, con qualcosa che ti s'insinuava nella testa a partire dalle narici!

E bruciava, il naso.
Odore di compagni, sibilo di morte: era lo stesso lezzo che si portava addosso nei vestiti non lavati da mesi, o forse qualcosa di diverso? La consistenza ruvida del fieno e della carne calda dei cavalli, forse quella era simile.

Non ci pensò oltre.
Rick Gultermann assicurò l’amuleto in una saccoccia, la stessa dov’era rimasto per settimane, e tornò a guardarsi in giro. La cacciatrice del Sud non si vedeva più, e anche il ragazzo-drago lo scorgeva appena, solo perché vicino.
Ritirò su col naso, la testa stretta tra le spalle; la roncola cigolò un po’ nella mano.
Le sue froge di mulo erano inspessite di sozzume, e quella nebbia pareva dargli alla testa: avvertì un bruciore risalire la sua fronte bassa. Era un misto di tanfi e immagini, dal fieno alle conche fredde nella roccia delle spelonche, dove aveva poggiato la testa tante notti da solo. Ma ai diavoli. Di getto
soffiò con forza, tutto fuori in una volta sola.


...Dunque Rick Gultermann si voltò indietro un istante: i suoi stivali s’alzarono rapidi,
e in un momento scattò fuori dal fumo.



SPOILER (click to view)
CS: 5 (3 Pellaccia dura, 1 Tempra di ferro, 1 Riflessi fortuiti)
Energie: 100 - 5 - 20 - 0 = 75%
Fisico: Illeso
Mente: Illesa

QUOTE
~Batosta VI. La rabbia di chi ha fame.
I.
Quando si ha lo stomaco vuoto è dura non essere nervosi - è dura pensare, muoversi piano. Si sarà incazzati, come Rick, con tutti ma invero con nessuno. Si ricorrerà a quanto si ha, tutto. E il nano ha dalla sua delle potenze carnali e antiche, vortici scuri e lampi scarlatti: li userà per rendere i suoi prodigi più forti quand'è disperato, più insidiosi. D'altra parte egli ricorre a forze oscure, risvegliate da chi brama anche sole briciole: e dunque pagherà lo scotto di tale potere, indebolendosi nel fisico.
Come un affamato - come chiunque prima o poi.
Tramite un consumo Basso, Rick è in grado di rendere per 2 turni (quello in cui casta la tecnica e quello successivo) le proprie tecniche magiche di un grado di potenza superiore rispetto alla norma, senza per questo dover aumentare di un grado il consumo necessario per castarle. Come contreffetto, però, egli sarà più vulnerabile a quelle fisiche, da cui dovrà difendersi come se avessero un grado di potenza superiore rispetto al consumo con cui l'avversario le ha castate.
I. [Personale V; Consumo Basso, potenziamento/depotenziamento Magiche/Fisiche, 2 turno][Natura Magica]

QUOTE
~Batosta II. Lui se ne fotte!
I.
Già, Rick è decisamente il tipo coriaceo, a suo modo cocciuto: tutta la sua smania di sopravvivere alla fine, quell’istinto ingiustificato, si può considerare una forma di testardaggine. Una forma particolare, ecco.
Allo stesso modo, se si mette in testa di eludere un attacco o uscire indenne (conseguenze estetiche a parte) da una situazione, Rick ci riesce. Con un consumo Alto il nanaccio è in grado di evitare completamente le conseguenze di un attacco psionico, il tutto nelle maniere più inverosimili e dettate dalla situazione contingente. Un caso, dunque.
O così crede lui.
I. [Pergamena Lucidità, Iniziale; Consumo Alto, Difesa Alta Psionica ][Natura Psionica]

QUOTE
~Batosta V. Lo scatto di chi ha fame.
No, Rick non è un velocista: non lo è mai stato. Non corre, lui e la sua panza un po' rilassata, non si da' da fare per muoversi più di tanto. A meno che non c'è di mezzo la vita, o una scorza di cacio: allora è capace di prodigi.
Tramite un consumo Nullo, Rick è in grado di spostarsi sul campo di battaglia ad una velocità pressoché istantanea. Si tratta di un unico scatto che, se le condizioni dell'ambiente circostante o tecniche già attive non lo impediscono, agisce come un teletrasporto a corto raggio. In accordo al consumo Nullo, comunque, la tecnica non potrà mai essere impiegata a fini difensivi, ma bensì puramente di spostamento.
[Personale IV; Consumo Nullo, teletrasporto a corto raggio][Natura Magica]
 
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view post Posted on 18/10/2014, 23:04


Praise the Sun


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Seregon

"C-cosa?"

Gli occhi guizzarono da una punta all'altra della zona così come il naso che cercava insistentemente odori nuovi, ma nulla, e questo poteva voler dire soltanto due cose: o il tizio si era perso qualche rotella per strada o avevano a che fare con qualcosa di non percepibile con i normali sensi umani e dove perfino il suo olfatto capace di trovare un boccetta di profumo in una pozza di liquami aveva fallito, inutile dire che sperava fosse la prima delle due.

*Non saranno mica spir-*

Riuscì a prendere una boccata d'aria giusto in tempo, ancora pochi istanti di esitazione e quella densa coltre biancastra gli avrebbe mandando in tilt il cervello, quanto più è sviluppato un senso tanto è più delicato quell'organo, nel suo caso si trattava del naso.
L'idea che potesse esser qualcosa si sovrannaturale avrebbe spiegato molte cose ma non tutte come ad esempio: se era opera di fantasmi o simili perché quel fumo era "reale" e non magico?
Era tempo di tagliare corto con i punti interrogativi e far un po' di spazio al caro e vecchio fai da te.
Il petto si espanse in maniera innaturale e come una bolla risalì lungo la sua gola fino a gonfiarne le guance ed infine frammentarsi verso il cielo in un boato sordo assieme al quale si disperse quell'impedimento artificiale.

*Mmm... sembra che anche i pochi animali qui presenti non possano essermi d'aiuto*

Come un qualsiasi cacciatore che si rispetti un evento per quanto improvviso non era minimamente sufficiente a farlo andare nel panico, anzi, l'esperienza accumulata lo portò a reagire istantaneamente nella maniera più corretta aguzzando la propria mente sulla prossima mossa da fare.

*Se non altro adesso posso respirare...*

Qualcuno era volato in cielo e spiccava in mezzo a tutti, un odore conosciuto... ma non ricordava né il quando né il perché lo era ma solo che vi era un'etichetta appesa solo per lui nella sua memoria, "Bietolone".
Non poteva pensare ad una cosa che subito accadeva dell'altro, da uno delle zone della piazza si sprigionò un'ondata di panico, gente scomposta che spintonava e gridava mescolando l'acidulo odore dell'adrenalina a gli altri già presenti.

"E ora che diamine sta succedendo?"

Vide spiccare qualcosa ma non ne era certo, doveva avvicinarsi, ormai aveva rinunciato a cercar di capirci qualcosa con i soli odori e in parte anche con la vista, ma non era né un sensitivo né altro quindi serviva sapersi arrangiare.


Seregon

kugipunch

[CS: 2 Forza.]


Narrato Parlato Pensato



Ferite Accumulate:
Nella norma.

Status Psicologico:
Nella norma.

Energia Residua:
100%

Armi:

-Pelle coriacea: Resistente e al tempo stesso leggerissima, la sua epidermide risulta essere di consistenza pari se non superiore al cuoio rinforzato.
In termini di combattimento, la difesa del giocatore sarà pari a quella di una persona che indossa una comune armatura.

-Nocche ferree: Se un normale pugno dato da qualcuno come lui fa male già di per se, che effetti potrebbe mai avere se la normale "morbida" consistenza organica venisse a mancare perché sostituita da una più metallica? Beh, si spera di non scoprirlo mai a proprie spese.
A livello pratico i colpi sferrati equivalgono agli stessi che si darebbero con un tirapugni metallico.

-Breath bazooka: Se necessario, al pari di un'arma da fuoco di grosso calibro, Seregon sarà in grado di espellere dalla propria bocca un singolo colpo d'aria pressurizzata di ragguardevole potenza.
All'interno di un combattimento è possibile usarlo una sola volta.


Abilità Passive:

Una piccola storia che nessuno leggerà
Ho sempre avuto l'abitudine di sorridere senza importarmi di quanto fosse merdosa la mia vita.
Potrebbe essere perché ero a pezzi e stanco al punto che perfino il cielo mi sembrava nero, tutto mi buttava giù ma non potevo accettare che gli altri mi vedessero spaurito.
Stava piovendo quando sono entrato in quel posto all'ora di pranzo, e ogni fottuta persona aveva una triste e depressa espressione dipinta sul volto, ognuno di loro parlava a compagni e amici, ma non io.
Io ero lì con un sorriso da deficiente stampato sulla mia faccia, come se il sole splendesse solo per me.
Poco dopo che ero entrato un signora anziana entrò nello stesso posto, si sedette difronte a me disse che amava il modo in cui sorridevo sempre.
Le risposti che avrebbe dovuto guardarsi attorno, se ognuna di quelle persone presenti avrebbe sorriso perfino una pecora si sarebbe sentita meglio, e che valeva lo stesso concetto anche per tutte le altre cose, ecco perché qualcuno doveva iniziare a sorridere e sperare che contagiasse anche gli altri.
Quella vecchia signora sorrise per tutto il tempo che restò in quel posto e lo stesso fece un'altra persona che aveva ascoltato la conversazione.
Il mio giorno era stato reso migliore semplicemente vedendo quei due sorrisi.
Non lo faccio per aiutare gli altri, la verità e che sono fottutamente depresso e magari se gli altri iniziassero a sorridere, anch'io potrei finalmente apparire triste e lasciar che siano gli altri a tirarmi su.
Quest'abilità è una normale difesa psionica di livello passivo.

Cadi e Risorgi
Anche quando i colpi subiti si sono cumulati gli uni agli altri, persino con ossa spezzate e muscoli contusi, il corpo ancora in piedi per la battaglia.
In grado di camminare nonostante una gamba spezzata, di impugnare le armi quando le braccia appaiono inservibili, di muoversi con discreta disinvoltura col corpo leso e ammaccato.
Di non cadere a terra se non col cuore trafitto o la testa tagliata.
Quello visto prima come un dono si scopre poi come l'ennesima spada di Damocle pendente sul suo collo.
In termini di combattimento, il personaggio sarà in grado di proseguire nella battaglia anche dopo aver subito ingenti danni, perfino la mutilazione di un arto non sarebbe sufficiente a impedirgli di sferrare un altro attacco.
Quindi le ferite per quanto gravi, non gli impediranno di proseguire la battaglia al pieno delle proprie forze.

Omnifagia
Il personaggio potrà ingoiare e divorare qualunque cosa, nutrendosi di essa e non subendone comunque alcun danno. Ciò consentirà al personaggio di mangiare anche cibo marcio o avariato, senza venirne danneggiato o influenzato in qualunque modo. Allo stesso modo, il metabolismo particolare gli consentirà di non subire alcun danno da qualunque veleno non tecnica, potendo comunque soffrirne eventuali effetti collaterali agli stessi legati.

Avanguardia
La forza per definizione non necessita di spiegazione alcuna, ed è per questo stesso motivo che inspiegabile è il loro potere. In grado di sollevare i pesi più grandi col minimo sforzo, questa particolare categoria di guerrieri vanta una forza straordinaria, tanto dal poter impugnare armi altresì inutilizzabili per forma e dimensioni come alabarde o bastarde a due mani, finanche mazze ferrate o magli dal peso insostenibile come fossero leggerissimi stocchi.

La Forza Di Sopravvivere
Sul campo di battaglia, tutti sono forti. Non vi è nessuno che è più debole di un altro. Tutti hanno lo stesso allenamento, lo stesso equipaggiamento, lo stesso comandante, e allora cos'è che permette ad alcuni di restare in vita e ad altri di morire? La risposta è molto semplice: è tutto basato sulla propria forza. Ma non la forza fisica, ma la forza della propria volontà. La prima guerra non è vinta sul campo di battaglia, ma nella mente di ogni guerriero. Ognuno di loro deve imporre la propria volontà a calmare la propria mente. Coloro che cadono in battaglia hanno affrontato opponenti con una volontà più forte della loro. Non c'è nulla di cui sorprendersi, davvero. Se ogni persona avesse la stessa forza di volontà, allora vedrebbero anche che non vi è alcun motivo per combattere. Ma non è questo il punto. La volontà della gente è proprio come la gente stessa, diversa tra loro. L'unico motivo per cui io sono stato capace di sopravvivere in queste battaglie è perché ho avuto la volontà più forte. Tutti sono caduti prima di me e nessuno è stato capace di fermare la mia avanzata. La mia volontà mi ha concesso la forza di restare in vita, ma per quanto ancora? Solo finché la mia volontà sarà la più forte, ma in questa guerra tutto è possibile... .
In termini pratici il portatore di tale passiva avrà un'immunità al dolore psionico, ma non dai danni.

Percezione ferina
Il suo senso più sviluppato è senza dubbio l'olfatto, tanto da usarlo spesso perfino per raccogliere informazioni. Per esempio è stato capace di determinare di determinare che la femmina di un esemplare che stava cacciando era incinta dal debole odore di liquido amniotico. E' perfino capace di percepire i feromoni con il suo olfatto. In caso di totale oscurità riesce ad usare questo suo senso per combattere, anche se per ovvi motivi non è molto efficace. Questa sua capacità unità alla vasta conoscenza di flora, fauna e non solo rivela essere ben più di un semplice senso sviluppato oltre i normali limiti umani ed animali, ma una vera e propria arma.

Sussurro animale
Seregon riesce a comprendere appieno ogni forma di vita animale al punto da riuscire a stabilire con loro un forte legame empatico e comprendere cosa vogliono dirgli, questa tuttavia non è una forma di controllo della mente ed eventuali bestie pericolose non si tratterranno dall'attaccarlo se ne avranno voglia.
Tale forma di simbiosi non fisica nel caso sia molto forte tenderà a farlo agire più come un'animale che come un essere umano.

La Zanna della bestia
Il potere dell’artefatto è tanto grande da assoggettare chiunque si trovi nelle sue immediate vicinanze, intimando in loro un senso di impotenza nei suoi confronti. Ebbene si, gli avversari vedranno il possessore della Zanna come un nemico inarrivabile, si sentiranno inevitabilmente più deboli e saranno quindi spinti a riconoscere la sua superiorità.


Abilità Attive:


Note:Problemi su problemi, ho ridotto all'osso quanto volevo scrivere visto che esattamente alle 23:50 doveva succedere... spero solo che basti non ho nemmeno il tempo di rileggere visto che manca appena in minuto e parte del tempo è andato via anche per l'immagine.

 
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view post Posted on 19/10/2014, 08:24
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Studioso
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Llusern

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Una brutta giornata.



Note: i dialoghi sono tutti interiori e per questo rappresentati in corsivo.
Àlfar mantiene il corsivo, mentre l'interlocutore è riportato in corsivo grassetto.


L
’allarme.
Il boato.
Poi il silenzio e il vuoto lasciato dall’aria che si spostava.
Poi la nebbia nera, fitta e l’immediato panico.
A tentoni Àlfar si mosse accanto al nano con la ciambella di pietra, con la mano destra descrisse un cerchio luminoso nell’aria e richiamò a se uno spirito. Lo legò alla pietra del suolo per evocare un golem.
La mano afferrò l’energia dello spirito, il cerchio di rune dipinte nell’aria sfavillò sgretolandosi mentre la pietra e i viticci venivano sollevati sa sotto il terreno e la struttura informe del piccolo golem da battaglia si irradiava dell’anima inseritavi. Il tutto avvenne in un battere di ciglia, creando un triangolo difensivo nei pressi del palco.

I civili e i più pavidi del pubblico, già nervosi per la situazione, non presero certo di buon grado l’apparizione del golem e cominciarono a correre in ogni direzione. Sembravano bufali impazziti. Di certo le scarpe e gli stivali avevano lo stesso effetto degli zoccoli. Qualcuno urtò lo sciamano facendolo rovinare a terra, preda della carica confusa e disperata dei presenti.
Travolto dal caos, il draconico si aiutò con il corpo solido del golem per risollevarsi: coperto di lividi su tutto il corpo.

Era stato quasi certamente colpito in testa da uno stivale perché gli ci volle qualche momento per recuperare a pieno l’equilibrio. Golem. Decisamente non una buona idea. Appunto mentale preso. La prossima volta evoco un carro dei gelati…agh…la mia testa…dovrebbero vietare gli stivali rinforzai ai discorsi pubblici…e potrei giurare che qualcuno mi abbia piantato un tacco a spillo nella chiappa destra…chi diamine si mette i tacchi a spillo a ste ore? Chiuse e riaprì gli occhi rapidamente qualche volta, senza accorgersi che il fumo si era infittito: la nebbia nera aveva cominciato a salire lungo le sue braccia e le sue gambe, gli aveva stretto il busto in una morsa d’acciaio e, sibilando di entusiasmo, rubò tutti i sensi dello sciamano.

Fu il buio per qualche istante.

Àlfar riaprì gli occhi e si rese conto di essere in piedi. Solo. Attorno a lui l’ambiente aveva assunto una tinta blu-verdastra molto scura, era come stare in una stanza vuota: nessun dettaglio dava forma precisa alle pareti del luogo, anzi quello sembrava addirittura estendersi all’infinito in qualsiasi direzione lo sguardo si posasse.
Mosse il primo passo incerto.
Ebbe la sensazione di camminare sulla terra umida di un lago, là dove la riva si copre appena di acqua, ma sotto di sé trovò solo altro infinito.
Alzando lo sguardo, poco avanti a sé, vide una massa informe di fumo bianchiccio. Avanzò verso di essa, la mano destra stretta istintivamente all’elsa della daga e la sinistra protesa ad investigare la natura dell’agglomerato nebbioso.
La toccò.
Ritrasse la mano.

Quella indietreggiò, come spaventata, condensandosi e comprimendosi per poi collassare in una cascata di liquami grigiastri verso l’infinito sotto di loro.
Quindi mi hai trovato. Bene. Cominciavo ad annoiarmi qui, tutto da solo. Ma adesso ci sei tu. Non è divertente questa sensazione di vuoto assoluto? L’ho arredato personalmente sai? Vuoto. Eppure così denso di pensieri! La daga sibilò fendendo l’aria, giunse al collo dell’interlocutore e…come se fosse immersa in una gelatina viscosa si fermò proprio a pochi millimetri dal proprio bersaglio: la gola di Àlfar.
Impossibile.
Eppure era il suo braccio quello che impugnava la lama e la puntava alla sua carotide. Vedi? Potresti farti male se non stai buono. Anche perché io sono tuo amico…sono il tuo UNICO amico. Non loro. Io. Io posso portarti alla gloria, IO posso distruggere i tuoi nemici, IO sono l’unico amico di cui hai bisogno. Loro cercheranno di accaparrarsi l’oro, la fama, la gloria. Ti ruberanno il futuro, il passato, adombreranno il tuo presente. Devi lasciare che li distrugga! Devi. DEVI! Lasciami libero, lasciami libero! Lascia che la tua ambizione ti guidi! Taglia! Distruggi! Schiaccia! Ascoltami. Ascoltami. Ascoltami. Cedimi! Sottomettiti! La voce aveva cominciato ad assumere un volto ed un corpo: la figura lattiginosa era in tutto e per tutto una copia di Àlfar, biancastra e grigia, con la trama di tatuaggi di un nero intenso. Le mani della figura erano a contatto con il braccio di Àlfar e spingevano, spingevano perché la lama si conficcasse nel collo dello sciamano. Dovette imprimere la forza di entrambe le braccia per respingere l’assalto. All’inizio in un disperato tentativo di non soccombere aveva spinto con il braccio libero, cercando di allontanare anche quello bloccato; poi ebbe un lampo di genio.
Si spostò di lato con una piroetta, sfruttò la spinta inerziale del clone per fargli uno sgambetto e lasciarlo rovinare a terra. La daga scivolò dalla presa allentata e si conficcò nel vuoto del “pavimento” increspandone la superficie simile ad acquea.
Cosa fai!? la voce sibillina si era trasformata in un gorgoglio rabbioso. Un sospiro gutturale si sollevò nel momento in cui la lancia si conficcava nel torace in torsione della figura speculare. Non è…finita. Questo…era solo il primo…round. Svanì sbiadendo a poco a poco, così come la condensa su una finestra appannata. ”Primo round” una beata fava. Addio.

Aprì gli occhi.

Era tornato nella nube di fumo e i suoi piedi erano nuovamente sulla terra ferma. Accanto a lui stava il suo fedele golem. Attorno a lui la gente continuava a spingere e a scappare.
Seguì l’asta della propria lancia e vide la schiena del nano sparire oltre il fumo. La punta scintillò, fremendo per seguirlo. Trattenuta dalle mani scosse di Àlfar.

L'aveva detto.
Le brutte giornate iniziano sempre sotto un cielo nuvoloso.

Scheda tecnica:
CS: 2(Saggezza - Intelligenza)
Stato fisico: Contusioni su tutto il corpo (entità totale Bassa)
Stato mentale: Caos e tormento (entità totale Media)
Energia residua: 100 - 10 = 90%

Passive:
Talento Lv. I – Evocazioni a tempo zero
Razza – Arma naturale indistruttibile (Soffio di Fuoco – forma sferica)
Spettro nella Selva – Mimesi (sfocatura della figura) nella vegetazione


Attive:

- Attiva Talento: Golem minore
spendendo un consumo pari a Medio, Àlfar crea un portale che connette il mondo degli spiriti alla natura circostante: un singolo spirito attraverserà la soglia prendendo la forma di un golem minore. Tale costrutto sarà composto di pietre e viticci, che racchiuderanno il bagliore verde acceso dell’anima richiamata e legata al copro da rune incise su tutta la superficie; e sarà di taglia media. Avrà potenza pari a 2CS (Forza) e rimarrà due turni – compreso quello di evocazione. Non va trattato autoconclusivamente. La tecnica ha natura di evocazione.


-


Riassunto e NdA:

Àlfar evoca il golem, viene travolto dalla folla e poi subisce il danno psionico Medio. L'ho indicato come "caos e tormento" perché non avevo un'idea più precisa di come definirlo...anche se forse la dimensione psicologica è ancora un po' troppo sterile, ma conto di migliorare as we move on. Poi scazzottata con il nostro "interlocutore misterioso" e in fine il ritorno alla realtà. Scusate il ritardo, ma credo che i casini per questo periodo siano terminati ^^

 
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.Neve
view post Posted on 28/10/2014, 19:26




25iup00

Si spense come un alito di fiamma, diradandosi lentamente. Era ora una lieve brezza a scompigliare le loro vesti, una fioca nebbiolina che non riusciva a ledere loro la vista. La piazza era nuovamente visibile, chiara in quell'inferno in terra. Sul suolo giacevano i resti di un panico diffuso, corpi spaventati e scarmigliati, indumenti laceri, sacche ed armi danneggiate. Erano come i lasciti di una battaglia troppo lunga e dolorosa. Eppure non avevano ancora combattuto. Eppure il sangue non era ancora sparso, i corpi non erano ancora stati deturpati dalla brutalità della guerra. Gemevano, infanti in un mondo vasto e spaventoso. Le facce sconvolte, il sudore a colare sulle fronti. Ora fermi ed in stasi, alla ricerca di una risposta a quel trambusto inaspettato. Non ci volle molto prima di capire che qualcosa era stata portata via, che qualcuno era rimasto indietro. Spariti. Uomini e donne, guerrieri forgiati da anni di lotte e allenamenti scomparsi nel nulla. Come era stato possibile? Chi era accanto a loro avrebbe giurato di averli visti svanire di punto in bianco, inghiottiti dalla nebbia. Non c'era una spiegazione logica a quell'avvenimento insolito, forse la soluzione potevano trovarla nella magia o nelle tanto temute ombre delle quali si parlava. Forse gli stessi studiosi di quell'antica città potevano davvero cercare una risposta tra quegli antichi e pesanti tomi, tra le loro scartoffie piene di polvere ed in cui vi si potevano trovare argomenti di qualsiasi genere. Forse. Alcuni anziani, placate le acque, si avvicinarono timidamente alla folla di guerrieri. Osservarono, come presi da un'inquieta indiscrezione tipica delle madame di quartiere. Gli occhi sbarrati, lo sdegno nello sguardo.

"Speriamo ripuliate tutta questa corbelleria, una volta che avrete finito la vostra puerile festicciola."
Così, senza preavviso.
Come i vecchi che rimproverano la tremenda gioventù.

E Donovan si sentì come infiammare, ed i guerrieri accanto a lui fremettero anche loro di una rabbia cieca. Lo stesso Denam, il ragazzo che era stato zittito dalla beduina pochi attimi prima del macello, scattò in avanti. Ma il vecchio guerriero lo fermò con una rapida manacciata. Non potevano permettersi di inimicarsi l'unica città dell'Edhel pronta ad ospitarli, non potevano fare a botte semplicemente arsi dall'ira. Dovevano darsi un contegno, anche in quella situazione di smarrimento, dovevano agire e contenere quel buio cieco che straripava dentro quei territori. Si massaggiò il collo, teso. E sentì una strana sensazione invadergli il corpo, uno strano disagio. Era come se qualcuno lo stesse osservando. Afrah intanto tornava da quella rapida perlustrazione in volo. Nessuna traccia di Adrian, né ai margini della città, né dentro agli anfratti di qualche antica biblioteca. I saggi non collaboravano nemmeno a pagarli. Il volto triste della beduina scorse quello furente e preoccupato dello stesso David. Non lo aveva trovato, non era riuscita a portare da lui suo fratello. Si sentì divorare dentro da apprensione e sensi di colpa. I tarli del terrore rodevano lentamente il suo cuore alla vista dello sguardo smarrito del ragazzo. Non fiatò, non disse nulla. Le parole potevano solo sprecarsi. Nemmeno un canto soave dei suoi avrebbe potuto lenire un dolore così grande. Non solo il suo, ma anche quello di molti altri suoi fratelli. Perché non era riuscita a fare nulla? Perché non aveva impedito tutto questa sofferenza? Si sentì per un attimo responsabile, colpevole di quelle sparizioni inaspettate. Rea solamente di aver riunito i suoi compagni per un obbiettivo comune. Strinse i piccoli pugni. Le mani canute e sottili per poter reggere pesi di tale portata. Tremò indistintamente. E le sue parole parvero un soffio leggero, un monito e una preghiera allo stesso tempo.

"D-dobbiamo cercarli."
Così chiare da potersi udire indistintamente in ogni angolo di cielo.
Ma così dolci e spaventate allo stesso tempo.

Donovan si avvicinò a lei col suo nero frisone. La rabbia deturpava il suo viso più dell'incedere del tempo, le sue mani fremevano impazientemente esortando il palafreno. E si spostò da una parte all'altra della piazza, cercando a gran voce, senza darsi pace. Tutto era immobile ed indistinto, inghiottito da un limbo di sinistra serenità.

k1weop

"Dobbiamo cercare fuori! Fuori!!"
Le labbra tremarono di iraconda insofferenza.
"Andiamo a riprenderci i nostri compagni, adesso.
Non perdiamo tempo!"


E si mossero insieme, come dominati da una furia senza freni. Camminarono oltre le mura di quella città apparentemente illibata, mentre gli anziani continuavano a borbottare qualcosa tra di loro. Ed ogni passo era un guizzo di paranoia che si insinuava tra le ossa, ed ogni pezzo di terreno calpestato pareva come sprofondare sotto le loro debolezze. La lanterna in mano a quel vecchio condottiero, spenta come ancora morta, sembrava adesso un buffo relitto. Qualcosa ancora lontana e fugace. Come se forse mai potevano raggiungere la tanto agognata luce. Poi il sentiero di fronte a loro si spense, quasi il sole si fosse eclissato tra le cime degli alberi ed i cucuzzoli innevati. Ed allora il gelo li colse, ammutoliti. Si fermarono in guardia, le armi serrate i volti pallidi. Sotto ai loro piedi una grande sagoma nera inghiottiva l'erba, ed un freddo pungente, forse più del solito cominciava a farsi sentire sulla pelle. Afrah tremò. E le sue gambe ne furono ingoiate senza avere il tempo né la forza necessaria per divincolarsi. Inaspettatamente. A molti altri toccò la stessa sorte, ed intanto salve di dardi fioccavano dal vuoto. Un fiume in piena, straripante di frecce.

Si mostrarono allora, una ventina di sagome nere in quel giorno già cupo. Gli occhi luccicanti nell'abisso, i volti indistinti.
Erano loro, le ombre. Il terrore dell'Edhel.
Stavano semplicemente a guardare.

QM PointDiradato il fumogeno, si ci accorge che mancano all'appello numerose persone e la stessa Afrah non riuscirà a trovare Adrian. Donovan inciterà tutti i combattenti a ritrovare i compagni che mancano all'appello (siete rimasti in venti, circa) e quindi a spostarsi fuori dalla città. Poco fuori le mura però verrete tutti attaccati, tranne Alfar e pochi altri, misteriosamente da questa tecnica dalla quale potrete difendervi:
CITAZIONE
Trappola oscura:
La tecnica ha natura fisica. Permette al caster di creare sotto i piedi dell'avversario, o in un punto a scelta del campo di battaglia, una sagoma nera di ampie dimensioni. L'effetto dura fino alla fine del seguente turno dell'avversario e consiste nel creare, all'interno della sagoma, un liquame scuro, denso ed adesivo, che rallenterà notevolmente ogni movimento compiuto da qualunque creatura che non sia lo stesso caster. Il liquido è denso e viscoso, non dissimile dal fango od altra tipologia analoga, e rende i movimenti difficili e rallentati. Per evitare il rallentamento, l'avversario dovrà sfruttare le proprie abilità e combinarle in uno stratagemma idoneo a liberarlo dall'effetto della sagoma, non potendo sottrarsi semplicemente camminando. L'effetto, inoltre, si estende in tre dimensioni, colpendo anche le creature in volo.
Consumo di energia: Medio

Che è semplicemente la personalizzazione di "Trappola adesiva" del cacciatore e che conta come un Medio pieno a testa. Afrah stessa ne rimane invischiata. Successivamente spunterà dall'oscurità una salva di dardi acuminati che se accusati causeranno un forte malessere e un senso di nausea. Quest'ultimi contano come un semplice attacco fisico a testa da 3 Cs. Alfar non verrà però sfiorato in alcun modo da questi, così come alcuni altri compagni, ma nella confusione non riuscite a capirlo. Dalla selva spuntano infine le ombre, circa venti. Dovete rispondere in confronto con le vostre azioni e dovete considerare questo come un normale turno di duello.

@Volk/Wolf: a breve ti manderò un mp con altre informazioni a cui tu dovrai rispondere sempre per vie private.

 
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view post Posted on 9/11/2014, 18:46
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Solitudine.



Note:Àlfar mantiene il corsivo, mentre l'interlocutore è riportato in corsivo grassetto.


L
a pioggia nera oscurava il cielo e le lignee gocce di morte precipitavano sul campo coperto di fango.
Con un gesto rapido e circolare della mano e del polso lo sciamano gettò intorno alle proprie spalle un telo di ghiaccio e neve dalla trama simile alla seta, ma più duro del metallo.
Uno scudo. Per isolarsi dalla realtà e dagli assalti nemici.
Avvolto nel manto gelido della neve, Àlfar guardava le frecce mancare i loro bersagli e il fango venire rimosso a forza. Una cascata di saette travolse lo schieramento di Ombre che aveva fatto della nebbia il proprio stendardo e del malaugurio il proprio canto di battaglia.
Si levò l’urlo della Banshee, un grido alto al punto da schiantare l’aria e scatenare esplosioni violente.
Un secondo grido lacerò l’aria sovrastando e soverchiando il frastuono della carica di Donovan e degli altri soldati: straziava il corpo dei nemici con violenza.

La vista di Àlfar aveva cominciato a poco a poco a farsi più scura, attorno a sé vedeva solo macchie indistinguibili di chiari e scuri. Le voci i suoni vorticavano in un turbinio indistinto.
Il giovane si sentì prosciugare della volontà di combattere.
Prosciugare della forza di stare in piedi.
Si abbandonò al buio.
E poi una voce.
Nell’oscurità umida, una voce straziata si levò flebile.

Ehi…siamo partiti col piede sbagliato, non trovi? La figura eterea di fumo grigiastro giaceva in posizione semi-seduta, sorretto dal vuoto multiforme che costituiva la stanza. Non vi era segno della lite che avevano avuto poco prima. O era solo un’allucinazione? Ad ogni modo, ora il fantasma sembrava esausto e privo dello zelo mostrato precedentemente.
Non sono sicuro di voler ripartire con quello giusto. Chi sei? Severo, onesto e con quella punta di irritazione che rendeva la frase molto più d’impatto.
Beh, vedi, te l’ho già detto. Io sono te. Tu sei me. Noi siamo uno solo. Sono la tua ombra, la tua faccia nascosta, sono te. Tutto quello che credi e che pensi. O, meglio, tutto quello che senti e ti nascondi. La tua solitudine! Una vibrazione eccitata accompagnava ogni singola sillaba. La voce della sagoma era agitata e sincera, tremante più per una qualche forma di sforzo fisico. O di sofferenza.
Nessuno. Nessuno vuole sentirsi solo. Nemmeno la solitudine. Ma entrambi lo sappiamo. Prova a comprendermi…tu vivi ogni giorno per qualcosa. Anche se secondo me non sai esattamente cosa sia. Ad ogni modo, non è questo il punto. Il vero problema è che tu stai allontanando la tua solitudine. Dovresti sapere cosa voglia dire vivere 500 e passa anni e vedersi passare il mondo davanti. si erse e avanzò. Prima lentamente, a fatica, poi a passo sempre più sicuro. L’ultimo passo fu quasi un balzo.
Ali bianco-grigie si chiusero in un guscio attorno ai due corpi: un guscio di tenebra, costellato di venature argentate, un utero di paure ed angoscia, in cui la morsa dell’altro si faceva via via più asfissiante.
Àlfar non riusciva a divincolarsi, non aveva nemmeno motivo di provarci. In un certo qual modo quella sensazione di solitudine e di indifferenza, quel senso di “non essere che spettatore”, gli era famigliare. Siamo soli. Sei solo. Accettami. Non hai bisogno di altro. Tutti coloro che si spacciano per tuoi “compagni”…sono solo bugiardi. Finita la battaglia se ne andranno fino a quando una nuova battaglia richiederà la tua presenza. E allora torneranno a cercarti! Io sono la tua sola costante!

L’oscurità totale.
Il senso di annegamento.
Tutto girava attorno allo sciamano, in un gorgo di caos.
La solitudine era l’unica cosa che l’aveva sempre accompagnato. Non era forse così? Sì. Lo era. Cosa doveva fare? Aria. Gli serviva aria! Inerme sprofondava nell’abisso e il freddo della neve lo avvolgeva nuovamente.

L’aria riempì i polmoni come quelli di un nuotatore dopo un’estenuante immersione. La vista era ancora annebbiata, il caos permaneva e tutto intorno il rumore era costantemente più forte. Si appoggiò all’asta della lancia e, sentendovisi legato, volse lo sguardo alla propria sinistra. Il Golem di roccia, coperto di rune e viticci lo guardava dall’alto in basso con uno sguardo interdetto. Provò a scuotere la mano, allontanarlo, sciogliere il legame…un’altra figura stava dietro il corpo massiccio ed informe. Àlfar aveva bisogno di aria. Lasciò crollare il golem, dandogli un ultimo input affinché crollasse verso l’altra figura. Qualche freccia vagante si piantò sulla pietra che cadeva.
Il braccio era libero!
Lo scosse un paio di volte.
Impugnò la daga.
Si voltò a guardare lo schieramento opposto.
Sono solo.
Caricò la prima sagoma nel proprio campo visivo, tutto il resto era nebbia. La lancia sibilò verso il basso costato, la lama della daga incrociò verso il volto. Virando appena di qualche millimetro: l’ombra aveva assunto l’immagine della sagoma biancastra. Le ali spiegate sembrarono chiudersi nuovamente su di lui. Era giunto nuovamente il buio.
Crolla pietra. Trema terra. Muoviti suolo sotto il piede malfermo del mio nemico!
In un gesto istintivo lasciò la daga e quella si conficcò nel terreno seguita subito dalla mano del giovane che, a palmo aperto, cominciò a trasferire la preghiera nel suolo. Un onda di energia permeò la pietra in ogni direzione e la volontà di Àlfar scosse la crosta della terra, tentando di trascinare al suolo chiunque altro fosse a contatto col suolo.

Inspirò a fondo. Una, due, tre volte. La battaglia infuriava, ma si sentiva più tranquillo.
Alla sua sinistra, poco distante, si consumava una lotta uno contro uno: tese la mano in tale direzione e rune antiche si formarono sul palmo pronte ad essere scagliate.
La mia volontà ti piega. Sottomettiti. Inginocchiati al freddo, che priva della forza di vivere e lottare! La catena di rune scattò, diretta contro l’Ombra assalitrice. Le stesse rune si riversarono poi sulla creatura che lo sciamano aveva scelto come propria avversaria e contro quella a lei più vicina.

Il silenzio.
Il sangue pulsante nelle vene.
L’incertezza.
La solitudine era tutto ciò che sarebbe rimasto.

Scheda tecnica:
CS: 2(Saggezza - Intelligenza)
Stato fisico: Contusioni su tutto il corpo (entità totale Bassa)
Stato mentale: Caos e tormento (entità totale Media)
Energia residua: 90 -60 = 30%

Passive:
Talento Lv. I – Evocazioni a tempo zero
Razza – Arma naturale indistruttibile (Soffio di Fuoco – forma sferica)
Spettro nella Selva – Mimesi (sfocatura della figura) nella vegetazione


Attive:

- Attiva Talento: Golem minore II turno

- Velo gelido:[/font] Àlfar stende un velo di neve sul proprio corpo o quello di un alleato, proteggendolo dagli attacchi fisici. [I e II turno]
La pelle di Àlfar è per natura più forte di quella di altri esseri viventi, ma questo non la rende impenetrabile. Tuttavia egli ha imparato a focalizzare la propria energia e a tesserla in un velo simile alla neve dell'Erydlys: tale velo protegge chi ne viene avvolto, schermandolo da attacchi fisici non-tecnica. Rimane addosso al portatore per 2 turni.
Protegge l'individuo a 360° da attacchi fisici non tecnica, difesa fisica di natura magica.

Consumo di energia: Medio

- Terremoto: Lo sciamano scuote la terra, generando una potente scossa tellurica.
La volontà incrollabile di Àlfar gli permette di scuotere la terra attorno sé, provocando frane e valanghe ed effetti simili per danneggiare tutti gli avversari in campo e privarli dell’equilibrio. Solo una piccola zona attorno allo sciamano resta immobile, per garantire che non venga danneggiato dalla furia scatenata. La tecnica costituisce un’offensiva a 360° di natura magica ed è legata all’elemento terra. Non ha mai valore di difesa.

Consumo di energia: Alto

- Prigionia dell’Anima: Rune mistiche divorano lo spirito del nemico, riducendo le sue energie.
La natura di questa tecnica è magica. Àlfar si concentra sul proprio avversario e genera una striscia di rune nella forma di fuoco fatuo. Questa si imprimerà sul corpo del bersaglio e comincerà a bruciare nutrendosi della linfa vitale del bersaglio, causando un danno alla riserva Energetica pari al consumo speso (il danno seguirà il rapporto base 5-10-20-40 e non sarà influenzato da eventuali Gioielli posseduti dall'avversario.) Per eliminare/bloccare le rune sarà necessario usufruire di una difesa magica di adeguata potenza.

Consumo di energia: Medio

- Prigionia dell’Anima: Rune mistiche divorano lo spirito del nemico, riducendo le sue energie.
La natura di questa tecnica è magica. Àlfar si concentra sul proprio avversario e genera una striscia di rune nella forma di fuoco fatuo. Questa si imprimerà sul corpo del bersaglio e comincerà a bruciare nutrendosi della linfa vitale del bersaglio, causando un danno alla riserva Energetica pari al consumo speso (il danno seguirà il rapporto base 5-10-20-40 e non sarà influenzato da eventuali Gioielli posseduti dall'avversario.) Per eliminare/bloccare le rune sarà necessario usufruire di una difesa magica di adeguata potenza.

Consumo di energia: Medio + Medio


Riassunto e NdA:

Ecco a voi, ho preferito concentrarmi sulla dimensione psicologica della vicenda che sulla coreografia, spero sia tuttosommato piacevole. In breve: Àlfar ha un battibecco con l'interlocutore, ne esce stordito e si scatena su tutto quello che gli capita a tiro :D

 
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Lill'
view post Posted on 9/11/2014, 21:21





Se chiedevano a lui, il moccioso della libreria aveva fatto bene.
Quando ancora i regni degli uomini erano guidati dal Re invincibile, al confine c’era un discreto movimento. Giusto ai piedi dell’altro versante dell’Erydliss, dove i nobili si erano riuniti per resistere al potere della corona, di eventi ce n’erano ad ogni luna e qualche scaramuccia ci scappava sempre. La difesa di un passo, l’assedio ad una rocca o altre storie: per una compagnia di ventura il lavoro non mancava. Rick a quel tempo era giovane, un ragazzotto sbarbatello più antipatico di altri. Prendeva parte al sacco di un castello, cercando ori nascosti in tutte le stanze più scomode, o passava armi di contrabbando dalla sua compagnia alle rocche sui picchi, gelandosi il culo per preparare dei bifolchi alla rivolta. In parole povere, compiti di seconda scelta.
Una volta partecipavano all’assedio del Re per riprendersi un mastio abbarbicato su un monte, cittadina importante gli aveva spifferato il comandante. Le truppe congiunte della corona e dei Cani Rossi, mai compagnia più onorevole, s’erano pure loro gelate l’anima per la giusta causa al pendio del monte, in tutto qualche centinaio di lancieri. Dentro le mura, ai ragazzini che si muovevano circospetti tra la folla solo una cosa s’era detta: aspettate il momento giusto. E aspettavano. Rick in quella storia ci s’era ritrovato con un’altra manciata di scudieri, nonostante la sua età fosse ormai sufficiente per farlo partecipare in battaglia, almeno in seconda linea. “E’ ora”, gli sibilò un ragazzetto tra la folla, villici e artigiani a sputare lamentele al vento battente, giusto sotto il palazzo nobiliare; non doveva girar bene neppure per quei popolani, con le poche merci ch’arrivavano fin lì tagliate dal cordone degl’assedianti. Ma al diavolo, insomma. Il loro compito era semplice sulla carta, e tale si rivelò: quando gli arieti abbatterono il cancello e gli armigeri assedianti si pararono di fronte alla piazza cittadina, i ragazzetti infiltrati erano già pronti. Anche Rick lo era. Facendosi strada tra la folla davanti al mastio, i nobili che volevano resistere al re uscirono dal gran portone della rocca sui loro stalloni, once e once d’acciaio su zoccoli scalpitanti. “Avanti, un po’ più in qua…una fila, sì, seguite il piano” farfugliò una voce da qualche parte, giù in basso. Perché quando i cavalieri passarono tra i villici, che certo, erano i loro Signori lì a difenderli, e però si scostarono appena, qualcosa di imprevisto accadde. Qualche scoppio, la polvere nera datagli da Olvh, il comandante dei Cani. Delle figure minute sbucarono dallo stretto corridoio di popolani e si misero a tirare le giubbe con gli stemmi dell’Ystfalda e le cotte di maglia, tutte da un lato. Tutti insieme, nella confusione. Dopo un po’ i nobili del Nord furono disarcionati, le facce giù tra pietra e neve.
I lancieri del Re e i Cani intanto avevano iniziato la carica sulla piazza.

“Qui, guarda qui Rick!”
Tra lo scalpitio incalzante dei soldati e la gente in fuga, una voce stonata lo chiamava.

“E’ il figlio del Monmouth! Prendiamogli la testa, diventiamo ricchi!”
Lo scudiero gli indicò poco più in là, puntando a un cavaliere che i popolani nel caos dovevano aver disarcionato. Era rimasto senz’arma in mano, e davvero non riusciva a rimettersi in piedi.
NO! Che-
Perché?
Era così sicuro lì, perso tra la folla; così lontano dai cento pericoli di chi si espone per un premio o un onore.

Lui fece per rispondere, ma il vento gli riempiva la bocca.


Infine trovò la sua sacca in mezzo a quella caciara, e se la rimise in spalla. Non la ripulì, perché qualche orma infangata e un po’ di polvere non facevano la differenza. L’intero piazzale era un bordello. Peggio dei lasciti di un giorno di mercato, ferri e indumenti rimanevano di qua e di là senza che nessuno capisse cosa c’era in più, cosa era diverso, o se in quella nebbia omertosa qualcosa era invece venuta a mancare per via di mani truffaldine.
O piuttosto, qualcuno.
“tutta questa corbelleria […] finito […] festicciola.”
Blaterarono dei vecchi.
“D-dobbiamo cercarli” fece eco la voce limpida della beduina, togliendo ogni dubbio su quanto temeva.
Rick si aggiustò la casacca di lana, unico caldo conforto sotto il cuoio rigido dell’armatura, e si guardò intorno. Forse perché si notava per via della statura, ma scorse una faccia conosciuta ai bordi della piazza: con un gesto seccò saluto Seregon, il cacciatore incontrato sull’Erydlyss. Uomo-orso! rimbottò qualcosa, fattosi accigliato. Non pareva così strano che anche quell’energumeno fosse lì, dopo tutto, eppure la sua mole non era stato l’unico motivo a farglielo notare.
Dei guerrieri lì riuniti molti mancavano.

"Dobbiamo cercare fuori! Fuori!!"
Nello stesso momento sbraitò il vecchio Donovan.
"Andiamo a riprenderci i nostri compagni, adesso.”

Nel marasma di gente che si mobilitava, in verità la dozzina rimasta tra le tante vettovaglie di presenti e scomparsi, Rick Gultermann si muoveva lento. Piano, passo dopo passo. Non perché avesse particolare paura, eh, diciamo una certa strizza normale; e nemmeno per la stanchezza – calli e ferite, insomma, erano sempre stati lì come nei sulla sua pelle sozza.
Andiamo, allora.. sussurrò il nano. In gran fretta i viandanti dell’Edhel si mobilitarono fuori dalle mura di Lithien, lasciando dubbi e pesi in più nella piazza, insieme alla bruma che si diradava. Stracci di nebbia sporcavano ancora il cielo, ma già forse qualcuno era pronto ad inseguire il sole brillante che si intravedeva nell’azzurro.
Bruciava quasi, tanto era intenso.



Nella marcia sulla strada montana, però, a Rick una ruga strana continuava a increspare la fronte.
Era una linea che segnava quella carne piena di tante scanalature, curve e vie abbozzate tra la pelle ruvida come il sentiero di ghiaia che correva leggero. Una scia ben poco visibile, nonostante il ridente sole montano: mezzodì passò e la strada si snodava davanti a loro, tra curve nella roccia e la frescura ombrosa degli abeti. Chiuso tra il versante scosceso sul quale la via si diramava e le conifere, il gruppo avanzò spedito. C’era Donovan, in capo a tutti con quel benedetto arnese di lucenteria – la lanterna – e il suo inseparabile ciuco; c’erano Afrah la ragazza coperta e gli altri ch’avevano visto le chincaglierie portate dal nano, il ragazzo-drago con il suo golem e quelli che avevano parlato. Rick chiudeva quasi la fila, il martello sempre in mano e il broncio sul muso. Passavano i minuti, e dei guerrieri scomparsi non si vedeva traccia: solo i profili degli abeti, aghi smeraldo a coprire il sentiero e le tante orme dei viandanti impresse sulla terra. Un falco si posò su un ramo davanti a Rick, spiando il gruppo in marcia con il suo sguardo tagliente. Quella masnada di casinari pareva disturbargli l’appostamento, e dovevano condividere lo stesso stomaco ruminante di mezzodì, lui e il nano.
Rick Gultermann in effetti poco spaziava con il pensiero, e stringeva invece forte il martello. Pensava a tenere il passo. Qualche goccia di sudore gli s’era avvinghiata alla fronte nella scarpinata, e lì nel mezzo di una striatura di pelle – ruga o cicatrice – un bruciore maledetto non se ne voleva proprio andare: ma non era una preoccupazione. Si pulì il sudore con una mossa dell’avambraccio, ruvido cuoio su ruvida pelle – davvero un conciatore avrebbe fatto una fortuna con quel carapace, meglio che con cento pelli di mulo. In un certo senso lui era anche contento di trovarsi in quell’ennesimo inghippo: se davvero non volevano lasciargli un po’ di riposo neanche nella città delle Leggende, ecco, Rick vedeva di certo un bel motivo per spaccare il muso a quegli spettri. D’altra parte, però, correre incontro alle ombre era per lui una mossa quantomeno bizzarra. Aveva passato mesi a spostarsi e lottare contro una miriade di aberrazioni, ma di certo non s’era mai sognato di prendere l’iniziativa. Oh no, niente rischi e spacconate; e non perché non ne fosse in grado, di tirare mazzate come si deve. Forse per quello la sua pellaccia non l’avevano ancora conciata.
Scarpinando per il declivio sul quale sorgeva Lithien, i viandanti coprirono velocemente una buona distanza. Ad un certo punto a guidarli non rimase che Donovan o chi aveva fiato per stare avanti, perché neanche più il sentiero si intravedeva sotto i loro stivali; mica era Rick a vederci doppio, stanchezza o meno. Forse, però, erano finiti all’ombra di uno dei due picchi entro cui si nascondeva la città, perché di getto l’aria parve farsi più fredda; i tronchi degli abeti più spessi, come la palizzata in una battaglia campale. Rick riprese fiato, il bruciore nelle narici che svaniva piano piano.
E tutt’attorno a loro, dal nulla, più profili lunghi e rettilinei che chiome d’abete, il bosco fattosi di colpo stretto sul gruppo. Fece scuro.



“Ma che diav-“
Disse un giovane al suo fianco, il gruppo fermatosi all’improvviso.
Né il sole nascosto dietro le cime degli abeti, né la lanterna di Donovan illuminavano le ombre che si scavarono sul suo viso. E neppure ai loro piedi, nulla illuminò la poltiglia viscida e scura in cui s’erano impantanati: d’un tratto le grane che temevano si fecero reali.
Rick gettò d’istinto lo sguardo a terra, e subito dopo lo scudo. Tutti gli stivali dei viandanti erano rimasti invischiati in un putridume nero, ben peggio che la stalla che gl’avevano riservato nella caserma di Lithien la sera prima, e nessuno pareva riuscire a staccarsi. Così il nano menò con il suo attrezzo a terra, forte quanto poteva, e stracciò parte di quella poltiglia; fu abbastanza per liberare anche quelli lì attorno. Probabilmente se n’era accorto perché a corto di fiato, lui e le sue corte leve, o magari perché dava sempre un occhio all’ammasso di verità invisibili che si muovevano sotto le ginocchia. Fossero foglie o pattume sul selciato.
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Quando rialzò la testa, però, il vagabondo si fece trovare ancora una volta pronto. Linee incerte e scure si levavano tra i tronchi degli abeti, e il gruppo si preparò alla battaglia; una salva di dardi investì i guerrieri di colpo, ma i più trovarono lo scudo di Rick. Forse il nano non se ne rese neanche del tutto conto, ma dalla difesa tondeggiante posta dal suo avambraccio, dal legno e dal ferro, altre scie scure presero a propagarsi: un fumo nero, quasi impercettibile, che si materializzava in altre forme circolari davanti ai suoi alleati, se così li si voleva chiamare.
Quei poveri sfortunati che condividevano la sua stessa sorte.
Dopo un primo attimo di sorpresa, tuttavia, anche i guerrieri venuti da Lithien passarono all’attacco. Incoraggiati dalla guida di Donovan e Afrah, i viandanti ingaggiarono i nemici nella foresta. Ora del tutto visibili tra gli abeti, le Ombre dell’Edhel si mischiarono ai guerrieri giunti da ogni angolo di quella terra per dargli battaglia. La beduina del Sud usò il suo canto da fattucchiera che l’aveva resa tanto famosa contro gli Spettri, e il vecchio cavaliere partì alla carica. Più in là il ragazzo dalla lunga chioma scura, che chissà se sapeva lo chiamassero Rosa, scatenò un qualche sortilegio di saette contro i nemici; il tutto di certo parve aver effetto.
Rick Gultermann, dal canto suo, piantò gli stivalacci a terra e fece quanto sapeva fare: abbozzò. Dopo aver deviato la prima salva di frecce con una mossa di scudo, niente più che un rozzo movimento di braccio dall’esterno all’interno, si preparò anche lui a ricevere le Ombre. In verità, gli ripassò per la testa, non è che ci tenesse molto a stabilire chi comandava e dove, tra loro e quelle creature. Ma neppure si illudeva ci fosse un’altra via. Oh, no. A ridosso della catena dell’Erydlyss, che tu portassi un tabarro di grezza lana e del cuoio mal lavorato o una casacca da cavaliere, le questioni finivano sempre allo stesso modo, lui lo sapeva; finivano con gli uomini e le donne e il vento che urlava, e con botte e scompiglio tra il fango gelato.
Anche quel giorno ce ne fu, di scompiglio.
I guerrieri intorno al nano si davano da fare contro gli Spettri, e ad un certo punto non ci si capì più molto: pareva stessero vincendo, quantomeno. Nel caos generale Rick avvertì il passo pesante del costrutto di roccia, quello che il ragazzo-drago si portava appresso, farsi un po’ troppo vicino. MMH?! Fu per un soffio e non senza sbatterci il muso contro che il Golem e il nano si spintonarono via, neanche la creatura si fosse inciampata. Alleggerendo l’impatto con un passo di lato, però, il vagabondo si trovò davanti ad uno Spettro che gli sciamava contro: mai che si trattasse d'una bella sorpresa; una coscia di pollo, o di cameriera - o entrambe le cose. In un attimo l’Ombra gli fu addosso, abbattendo una propaggine scura contro le sue gambe. Rick frappose in qualche modo lo scudo, e i suoi fumi neri di nuovo si propagarono a difendere gli altri guerrieri intorno, ma l’impatto della frusta scura, l’arma dell’Ombra, passò comunque attraverso il legno. Un brivido di dolore gli attraversò la gamba e il ginocchio del nano cedé a terra, sprofondando nel fango.
Non ci mise molto a reagire.
Ai diavoli!! In realtà non è che facesse molta differenza, una cicatrice o una macchia in più sui pantaloni; ne aveva già fin troppe, e una in più non si vedeva mica. Menò dunque il martello davanti a lui, violento come sempre di una violenza ch'era pura, priva di un nemico unico. Di un compagno che fosse uno e uno solo perché ti potevi fidare, alla fine.
Nel caos non scorse se l’Ombra era ancora in piedi; qualcosa però doveva aver beccato, a giudicare dall’impatto che riverberò sull’asta. Cercò di appoggiarsi al martello, piantandolo giù nel fango per rimettersi su, quando una scossa del terreno gli fece perdere la presa. Scivolò a terra, sbattendo la fronte su un sasso. Accecato, cercò a tentoni l’asta dell’arma per trovare un appiglio, qualcosa per rimettersi su: di certo in battaglia non ti lasciavano il tempo di stare a lamentarti, questo lo aveva imparato tanti anni prima. Nel marasma generale però, tra gli artigli di uno spettro e un lama che cozzava alla sua destra, o gli artifici degli incantatori che guizzavano contro le Ombre alla sua sinistra, il nano si prese il suo tempo. L'Ombra non pareva più vedersi davanti a lui, quindi doveva essere crepata; fece per scrutare bene cosa gli si parava intorno, prima di tirarsi del tutto su. Vide le aberrazioni e i guerrieri che lottavano, coloro che aveva difeso.
Non si alzò subito come un bamboccio; anche perché in verità non era più così giovane.
Non era certo il caso di gettarsi a capofitto per quei due colpi di scudo o di mazza che gl’erano riusciti, – tastò ancora la terra e le foglie in cerca del martello, già gl’era scappato di mano! – o illudersi davvero di poter fare miracoli in quella lotta. Lui, un povero zotico mercenario. Lui sputato come un boccone andato storto da profondità oscure e gallerie, e prima ancora da guerricciole ridicole e compagnie sottopagate. E poi, a voler continuare, ancora da profondità buie, fossero quella tra le cosce della sua vecchia ormai andata o i vicoli della Città Nera.
Strade buie e fredde e poi mazzate, in un ciclo continuo.
Lo stesso buio che trasuda dalla tua pelle e dalle tue laide viscere, nano. Guarda: neanche fosse sudore.
Un fumo scuro si addensò attorno alla mano di Rick Gultermann.

Che le Ombre scorrazzassero per quei fottuti boschi,
e che gli uomini e gli elfi vivessero attufati nei loro villaggi.

Trovò infine ciò che cercava, serrando le dita sull’asta ruvida del martello.
Si rimise su, infangato e con una foglia appiccicata sulla fronte, perché l’importante era saper stare al proprio posto.

Col soffio del vento e il rombo della carica che copriva tutto, non fece in tempo ad avvertire il ragazzo. Lui si fece più in là, mischiato e travolto dalla torma di popolani che ora scappavano in preda al panico. Puzzavano, di paura e malattie; una volta Olvh gl’aveva raccontato cosa aveva visto la gente mangiare, in una città serrata da un assedio.
E forse Rick, già da marmocchio, non aveva un odore tanto migliore.
Però nessuno lo riconobbe.
Perse di vista il ragazzo nella mischia, quando alcuni cavalieri si rialzarono e le fila dell’esercito assediante fracassarono i nobili disarcionati. Cento lamenti si persero nel vento, cento voci squittirono e bestemmiarono attorno a lui.

Neirusiens, o gli angoli di un bordello mal illuminato.
Anche quel giorno gli ricordò che, se davvero temi l’oscurità, ciò che vuoi fare non è di certo accendere una Luce
quando ci sei perso dentro.





SPOILER (click to view)
CS: 5 - 1 = 4 (3 2 Pellaccia dura, 1 Tempra di ferro, 1 Riflessi fortuiti)
Energie: 75 - 10 -5 - 10 - 10 - 5 - 5 = 30%
Fisico: Danno Medio alla Gamba Dx, Basso alla Gamba Sx, Medio al Braccio Sx, Basso alla Testa, Basso al Tronco [7/16]
Mente: Basso [1/16]
Armi: Scudo tondo di ferro e legno [Avambraccio dx], Martello [Mano sx], Armatura di Cuoio [Tutto il corpo eccetto Testa e Mani], Roncola [Cintola], Asce da lancio x2 [Cintola]

PASSIVE
QUOTE
~Abilità da Talento. Io speriamo che me la cavo.
Rick se la cava sempre, anche contro tutti i pronostici. Persino quando la situazione appare disperata, il nano sarà comunque in grado di imbastire una difesa: non importa quanto sia scomodo o inverosimile, qualcosa per salvarsi i fondelli se la inventerà.
Sarà dunque in grado di erigere le sue difese in maniera istantanea ed inconscia o, parimenti, di difendere eventuali alleati in un'area con lo stesso sforzo con il quale difenderebbe se stesso.
[Talento, Passive liv. I, II e III; Possibilità di difesa istantanea, Difese ad area con Potenza pari al Consumo, Difese inconsce]

QUOTE
~Abilità razziale. Il tozzo ancora in piedi.
Rick non molla. Malgrado tutto.
Rick usa tutte le sue energie nella lotta, non si risparmia, lascia andare colpi tosti – e però non molla. Anche senza un goccio d'acqua, senza mangiare o non essendosi riposato per giorni, Rick resiste. Finché non riesce in quello che fa, il nano va avanti: certo li sente i morsi della fame, il sonno, i crampi. Una birra la desidererebbe proprio a volte, ma a conti fatti ne fa a meno - lui è incrollabile.
[Razziale Nano Tenacia, Passiva; Insensibilità a fame, sete o fatica]

QUOTE
~Abilità personale. Sopporta!
Rick è così abituato a viaggi sfiancanti o a contese infinite per miseri rimasugli di carne che ha imparato la resistenza, la resistenza vera. Ha alzato il suo metabolismo a livelli inverosimili, appreso come compiere ogni gesto con ferite indicibili sul proprio corpo. Si arrangia.
La cosa si traduce, nella pratica, con la possibilità di essere insensibile al dolore fisico: il vagabondo sarà in grado di combattere nonostante abbia subito un ammontare di danni al corpo notevole, prossimo al Mortale, che ne abbia compromesso irrimediabilmente l'integrità fisica. Contusioni, fratture e mutilazioni fisiche che abbiano compromesso le sue facoltà gli arrecheranno normalmente danno, ma non ne ostacoleranno mai le capacità combattive.
Semplicemente sopporterà, come un mulo.
[Personale I, Passiva; insensibilità al dolore fisico]
[Pergamena Irriducibile, Iniz. Campione; possibilità di muoversi con ferite ingenti]

QUOTE
~Dono dell'Oscurità:
Possedere l'Oscurità determinerà la possibilità di percepire e talvolta anche vedere le Ombre aggirarsi nei territori dell'Edhel. Non si potrà parlare con loro e nemmeno interagire con esse fisicamente, ma talvolta il personaggio avrà la netta sensazione di essere a sua volta percepito dalle stesse. Ulteriore Bonus, il personaggio nel cui corpo si annidi l'Oscurità svilupperà la capacità di capire a tratti il linguaggio delle Ombre, riuscendo a cogliere alcuni suoni, parole o simili. In ultimo, il personaggio guadagnerà 1 CS passivo liberamente assegnabile. Possedere L'Oscurità comporterà il modificarsi del corpo (iridi nere, pdeterminante o immediatamente visibile. Dovrà però sussistere anche in minima parte.
[Passiva; Possibilità maggiori di interazione con le ombre, 1 CS in riflessi]

ATTIVE
QUOTE
~Batosta IV. Braccia toste.
Il nano è un duro. I suoi avambracci hanno linee d’acciaio che corrono dritte, le sue spalle curve dure e inamovibili. Queste braccia possono prendere senza problemi graffi e botte.
Tanto dure che, se portate avanti, le braccia del nanaccio arriveranno a concretizzare l’impossibile: un addensamento di energia nera, fumosa, si concretizzerà davanti a Rick, un grumo scuro percorso da macchie color sangue. Tale sorta di scudo potrà assorbire colpi di potenza Bassa, Media o Alta, e le sue forme e dimensioni varieranno arrivando al più alla – scarsa – altezza del nano. Il tutto con un consumo pari alla potenza.
[Talento, Attiva liv. II; Consumo Medio, Difesa Media][Natura Magica]

QUOTE
~Batosta VI. La rabbia di chi ha fame.
II. O c'è un'altra via, per riversare la propria rabbia: sempre una via di sangue e pugni, comunque. Tramite un consumo Alto, Rick caricherà un colpo fisico dalla particolare pericolosità. Esso causerà se colpisce un Danno Critico, ma potrà essere contrastato come una tecnica di Potenza Media.
Ciò è dovuto alla particolare enfasi posta nel colpo, che risulterà più impreciso del solito.
II. [Personale VI, Consumo Medio e Auto-danno Fisico Medio, Potenza Alta e Danno Critico, difendibile con Medie][Natura Fisica]

QUOTE
~Batosta VI. La rabbia di chi ha fame.
I
. Quando si ha lo stomaco vuoto è dura non essere nervosi - è dura pensare, muoversi piano. Si sarà incazzati, come Rick, con tutti ma invero con nessuno. Si ricorrerà a quanto si ha, tutto. E il nano ha dalla sua delle potenze carnali e antiche, vortici scuri e lampi scarlatti: li userà per rendere i suoi prodigi più forti quand'è disperato, più insidiosi. D'altra parte egli ricorre a forze oscure, risvegliate da chi brama anche sole briciole: e dunque pagherà lo scotto di tale potere, indebolendosi nel fisico.
Come un affamato - come chiunque prima o poi.
Tramite un consumo Basso, Rick è in grado di rendere per 2 turni (quello in cui casta la tecnica e quello successivo) le proprie tecniche magiche di un grado di potenza superiore rispetto alla norma, senza per questo dover aumentare di un grado il consumo necessario per castarle. Come contreffetto, però, egli sarà più vulnerabile a quelle fisiche, da cui dovrà difendersi come se avessero un grado di potenza superiore rispetto al consumo con cui l'avversario le ha castate.
I. [Personale V; Consumo Basso, potenziamento/depotenziamento Magiche/Fisiche, 2 turni][Natura Magica]

QUOTE
~Batosta III. Questa sedia è la mia sedia!
II.
E d'altra parte non si ferma a quello che tocca, la cocciutaggine del nano - non sparisce nel tempo.
Persevera, anzi, riverberandosi nel futuro con tutte le sue sozzate, il cenciume di voglia bastarda che ha: colpisce anche dopo. Il vagabondo sarà infatti in grado, tramite un consumo Basso, la rinuncia ad 1 CS e un danno Basso sia al Fisico che alla Mente, di attaccare con la sua energia oscura senza che gli effetti siano immediatamente visibili: una sfera nerastra si creerà allora, pronta a colpire a suo comando. L'energia, continuando a roteare attorno alla sua panza, si staccherà in un turno successivo a quello in cui la tecnica è stata attivata, a scelta di Rick, colpendo il bersaglio con una potenza Alta.
Senza poter dire che il nano fa cilecca, quindi.
II.[Personale III; Consumo Basso, riduzione di 1 CS, Danno Basso a Mente e Fisico, Attacco Alto ritardato][Natura Magica]

Riassunto e note:
- Rick nel primo "turno" occupa entrambi gli slot tecnica utilizzando due volte "Braccia toste" (Attive Guardiano), una a Medio e una a Basso, entrambe ad area per difendere se stesso e tutte le Lanterne.
- Nel secondo turno usa ancora una volta "Braccia toste" a Medio ad area (su Rogozin e Seregon), ricevendo un danno Basso alla Gamba dx da "Abbattere" e cadendo col ginocchio a terra; quindi prosegue con "La rabbia di chi ha fame II" contro un'Ombra (autodanno Medio al braccio sx).
- Nel terzo turno subisce "Terremoto" di Alfar (Danno Medio smezzato in un Basso per entrambe le gambe) e cade a terra (Danno Basso alla Testa); da terra usa "La rabbia di chi ha fame I", personale di potenziamento Magiche, e "Questa sedia è la mia sedia! II", personale Alta (dunque potenziata a Critica) di attacco ritardato. Infine cerca di rialzarsi, prendendosela comoda.
 
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view post Posted on 10/11/2014, 18:26
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Nemici nell’ombra, si infilavano tra di loro come lame venefiche che, come amanti lussuriose e fatali, portavano alla rovina tra baci suadenti, carezze carnali ma che facevano sprofondare in un quieto e insondabile abisso oscuro.
Un abisso…

Nemmeno dall’alto la Rosa riusciva a capire, nemmeno cambiando prospettiva riusciva a vedere lontano. Un vento a spazzare quella nebbia infame e a mostrare loro cosa fosse veramente accaduto: sembrava di essere in una battaglia ma quale? Erano soli…e allora perché i segni sembravano quelli di una battaglia?
Panico diffuso, corpi spaventati e scarmigliati, indumenti laceri, sacche ed armi danneggiate, un qualcosa di indefinibile era sceso tra di loro eppure non un suono era venuto alle sue orecchie, sangue non era stato versato.
Le armi brillavano alla tenue luce di limpido chiarore, lucenti nelle loro finiture, acciaio lustrato ma non incrostato di sangue rappreso e non vi era puzza.
La puzza di visceri e letame, la puzza del sangue e dei corpi che venivano mangiati da mosche e vermi…lo scenario era più da fuga. Una fuga scomposta, improvvisa, frettolosa come se qualcosa di troppo improvviso, di troppo pauroso fosse sceso tra di loro facendo tremare gambe che pensavano, nella loro sciocca vanagloria, di essere salde.
Non vi era un cadavere né nulla…anzi a dire il vero era proprio il nulla a riempire il tutto.
Non era un tipo suscettibile – o perlomeno non dopo tutto quello che aveva vissuto – eppure sentiva un brivido gelato corrergli lungo la schiena e le vene tremarono. Paura? O forse era più l’ignoto, il non capire, barcollare come un cieco rinchiuso in una gabbia che non aveva né sbarre, né odore a farlo sudare freddo?
Oppure era un sogno? Nemmeno i saggi si erano accorti di tutto questo: le loro voci, insolenti, ferirono i guerrieri.
Mai possibile che non si erano resi conto di nulla? Possibile che qualcosa fosse stata tanto potente da strisciare tra di loro ammantando di oscuri incubi le loro menti? Per cui si domandò se non fosse pazzo anche lui stesso.
Se quella nebbia non fosse un maleficio, stregoneria oscura e potente che aveva fatto impazzire tutti loro…che fosse stato quell’uomo?
Era lui il nemico? Lui e quel suo medaglione…maledetti entrambi!
Amici e nemici si confusero, come la bruma che scende dalle montagne eppure una voce spazzò tutto questo.

La rabbia deturpava il viso del vecchio guerriero, le sue mani fremevano impazientemente esortando il palafreno, il cavallo ansioso si muoveva frenetico come gli occhi di Donovan. Tutto era immobile ed indistinto, inghiottito da un limbo di serenità malevola. Una serenità apparente, mascherata e un sorriso malvagio nascosto nella penombra….sembrava quasi avvertire quella risata, vederlo che si spostava da una parte all’altra sfidandoli, prendendoli in giro nella loro pochezza e del loro corto braccio.
Fu rabbioso Rogozin? No…non lo fu ma fu inquieto e Donovan, la cui voce sovrastò tutto, sembrava aver capito. Che lo avesse preventivato ma non avesse fatto nulla per impedirlo? Ma, e di questo ne era sicuro, non per spavalderia…ma forse solo per ignoranza? Aveva sottovalutato il nemico? Ma quale, per giunta? E chi, soprattutto?

"Dobbiamo cercare fuori! Fuori!!"
Le labbra si piegarono in una smorfia d’insofferenza, accentuando ancora di più le rughe che solcavano il suo viso come se fossero radici.
"Andiamo a riprenderci i nostri compagni, adesso.
Non perdiamo tempo!"


Troppa sicurezza e troppa rabbia. E sicuramente non era la stessa di molti suoi compagni, arrabbiati all’indirizzo dei saggi di Lithien, sgridati come se fossero bambini irrequieti, come se avessero rubato la confettura quando già non ve n’era più.
Colpe attribuite loro ma che erano infondate…calunnie insulse sbiascicate da lingue insulse.
No…quella non era la rabbia di chi era calunniato, o almeno il Donovan che conosceva avrebbe risposto a loro difendendosi e difendendoli. Se non lo aveva fatto, forse, la sua mente era occupata in altri generi di pensieri e il suo cuore ricolmo di una rabbia diversa che per delle accuse da donnicciole.
Si mossero tutti, come un armata di fantasmi…e chiunque li avesse visti in quei volti che ad ogni piè sospinto, sprizzavano paranoia e i cui occhi erano pallidi e smorti come i ghiacciai all’orizzonte.
Poi il sole sembrò morire, il gelo li invase e la Rosa dall’alto sembrò quasi un uccello morente che era stato colpito dal cacciatore infallibile.
Le sue ali, ricolme di luce argentata, ali splendide di antica memorie e di retaggio vetusto e dimenticato dai più, sembravano appassire come petali senza acqua.
L’oscurità avanzò, strisciando tra i calzari sporchi di fango e i zoccoli che schizzavano terra umida dappertutto…strisciò tra di essi e il gelo fu su di loro.
Freddo, pungente, salì sulla loro pelle e gli occhi diamantini della rosa vennero a farsi più tenui… meno lucenti. L’oscurità lo avvolse, il buio fu la sua coperta, il gelo fu tutto quello che sentì e sembrò svanire tra di essa.
Poi qualcosa lo tirò indietro, qualcosa li protesse, qualcosa o qualcuno pensò a loro. Ancora di salvezza in quel freddo micidiale e sembrò quasi che il mondo avesse di nuovo tinte più naturali.

Le cose si fanno dannate… non finì né frase, né articolò nuovi pensieri che subito nuova minaccia giunse.
Se la prima arrivò tra di loro a guisa di serpente e da terra, la seconda fu come un falco che si avventa sulla preda dall’alto dei cieli.
Pioggia di frecce, caddero giù fitte, artigliarono il cielo e lunghe strisce nere si delinearono in esse mentre un fischio malevolo ronzò e poi sparì tra le montagne.
Continuarono la loro corsa anche dopo di esso…non era più tempo per il pensiero. E per il nemico di mostrarsi.







ra8oTMz






Ombre! Di nuovo, per giunta…ma quando mai avrà fine questo cancro? Oppure era una lotta che si sarebbe protratta per l’eternità? In ogni caso assottigliare le loro fila non era un’idea malvagia…respirò a fondo e i suoi tatuaggi brillarono, le sue ali si aprirono, le sue braccia si alzarono e le nuvole si condensarono nel cielo.
Nubi nere, temporalesche e la natura si piegò di fronte a lui: si inginocchiò di fronte alla bellezza della Rosa essendone padrone e lei serva.
E così lo servì: fulmini si abbatterono su di loro…un mare di fulmini che crepitarono in mezzo a loro, ruggenti come Draghi e anche la beduina fece sentire la sua voce.
Voce che poteva essere tenue brezza, acqua rinfrescante o pericolosa come un urlo di una Banshee, e tale fu la sua potenza che annichilì le Ombre. Ma erano solo quelle, o l’avanzata di un intero esercito? Si spostò sorvolando dall’alto per controllare se non vi fossero altre appostate in attesa di colpire e, un lieve sorriso increspò il suo volto, e fu un sorriso rincuorante, così non fu.
Erano sole e i dubbi arroventavano, come chiodi, la sua mente…


E finalmente furono le lanterne a contrattaccare: li vide dall’alto seguire la Fiaccola di Donovan come un fiume impetuoso di luce e coraggio dopo il gelo e l’ombra di poc’anzi; ma non si dice che la luce scaccia le tenebre?
Ma era anche vero che finchè la luce è più intesa, l’ombra più si allunga…ma la sua spada già danzava, già la Rosa era nel centro della battaglia, bello e letale, aggraziato nei movimenti che sembravano quasi una danza ma che colpivano forte e preciso…o almeno così avrebbero fatto perché come si fa a tagliare un ombra?

Ingaggiarono battaglia in quella foresta: l’ennesima. Somnus Nemoris prese forma nella sua mente mentre combatteva…gli sembrò di essere tornato a quei giorni d’inferno.

Ed ecco una di esse balzare su di lui: ratta e ferale che non ebbe il tempo di accorgersene. Che fossero tutte maledette…
..ma qualcosa si frappose, all’ultimo e per fortuna, tra di loro ma non evitò alla Rosa di cadere a terra e sbattere la testa.
Sentì il sangue scivolargli e insinuarsi nel colletto e scendere sulla schiena, il mondo girò per qualche istante e le gambe erano incerte a farlo rialzare.
Respirò a fondo, cercando di ritrovare l’equilibrio e che il mondo smettesse di girare, la spada alzata come a protezione. Un ginocchio in quella poltiglia, tra le urla e il clangore di armi: ma per la Rosa tutto era immobile, rinchiuso in una bolla – dove al suo interno – solo la mera figura si trovava.
Un mondo fatto di due persone, un mondo dove la Rosa e l’Ombra si studiavano, in attesa…un attesa lunga come una vita terrena.
Poi un urlo, un cozzar d’armi e di grida che bestemmiavano insulti e Rogozin si mosse.
Un movimento lesto, un abbassarsi all’ultimo a colpire, o meglio, a tentare di colpire quelle che sembravano gambe per farle assaggiare il terreno.
L’acqua si generò, immediatamente come se fosse sorgente limpida, nella sua mano e trovò bersaglio in quello che poteva definirsi volto.
Ma se la uccise – sempre se si potevano uccidere – o se il suo attacco avesse avuto successo questo non lo seppe dire…la terra tremò in quell’istante e lui venne sbalzato via.
Malamente cadde addosso ad un tronco di schiena, mentre un ramo gli cadde addosso: fu un caleidoscopio di dolore e di immagini messe alla rinfusa.
Mani che artigliarono il suolo alla ricerca delle armi, o di qualsiasi cosa avesse avuto la forma di un arma.

Che la natura parteggiasse per loro? O quale maleficio era giunto stavolta?

Siete fastidiose… lemmi duri, granitici e occhi di fuoco. Un rivolo di sangue scendeva, lento, da un angolo della sua bocca: no aveva perso nella Somnus Nemoris, non avrebbe perso nemmeno quest'oggi nonostante il dolore.
Oggi come alloraserrò le dita sull’elsa, la spada puntò in alto come a raccogliere di nuovo la potenza del fulmine per farla abbattere su quelle ombre malevole.





OBU2tHD





KIRIN!





Rogozin
Energia: Gialla Pericolosità: E CS: +2 Maestria armi, + 1 Istinto 1 Cs in Maestria armi - 1 Cs in Riflessi

Status fisico: Basso; Alto Status Psichico: // Consumi energetici in questo turno: 40%; 5%; 10%; 20%
Riserva energetica residua: 20%
Armi Crimson Thorn(frusta); Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)
Armi In Uso Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Memoria ancestrale:
Il personaggio avrà ereditato dalla progenie dei draghi la mitologica memoria di questi. Il personaggio potrà ricordare ogni minimo dettaglio degli eventi vissuti, cogliendo particolari insignificanti e remoti finanche dopo molto tempo. Questa capacità gli consentirà di rielaborare qualunque informazione derivante dalla propria memoria con estrema rapidità e perizia, consentendogli di ragionare su dettagli infinitesimali come fossero evidenti e recenti. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Talento Lv I]
I possessori di questo talento vedranno ampliarsi le proprie capacità, interessando le stesse non solo la maestria nel brandire qualunque oggetto come arma, ma anche l'abilità nel farlo con estrema rapidità. Il possessore, infatti, guadagnerà la capacità di estrarre le proprie armi con tanta velocità da sembrar quasi un gesto istantaneo, rapido ed appena percettibile agli occhi. Tale circostanza si applicherà non solo all'estrazione dell'arma propria del possessore dal fodero ove è naturalmente riposta, ma anche all'eventualità che questo sia costretto ad impugnare un'arma secondario o un qualunque oggetto dell'ambiente circostante (in virtù della passiva di primo livello). Potrà così cambiare arma in un attimo, cambiando strategia e potenza offensiva. Intimando il proprio avversario ad una resa senza condizioni, o - più semplicemente - tappandogli la bocca. Per sempre.[Passiva Talento Lv II]


Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sé in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sa bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

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Abilità Attivate:
Dominio dei cieli: Lo sciamano, sollevando una mano verso il cielo, è in grado di cambiare le condizioni climatiche.
La tecnica ha natura magica. Il caster, dopo aver compiuto un qualche gesto evocativo, potrà variare il clima a proprio piacimento. Sarà possibile trasformare una giornata serena in un diluvio, una bufera, una rigida gelata o anche il contrario. Mai però potrà cambiare la notte in giorno e viceversa. Se utilizzata in un duello, egli potrà anche causare un violento temporale e generare fulmini e lampi tanto violenti da causare un danno a tutti gli avversari inferiore di un livello al consumo speso. Effetti scenici che non causano danno alcuno, invece, saranno ottenibili con un semplice dispendio di energie pari a Nullo. La tecnica dura il singolo turno di attivazione e può essere utilizzata solo ad area.
Consumo di energia: Critico

Corallo
Il possessore di un Corallo vedrà le proprie CS aumentare di 2 unità per la durata di due turni. Per tale durata il personaggio potrà mutare aspetto parzialmente, rimanendo sempre riconoscibile, ma tale mutazione dovrà essere specificata in scheda.

Colpo basso: Il mentalista colpisce le gambe dell'avversario, facendogli perdere rovinosamente l'equilibrio.
La tecnica ha natura fisica. Tramite l'uso delle proprie gambe, di un arma, o di un qualunque strumento adatto allo scopo, il caster colpirà le gambe del proprio avversario infliggendo un danno Basso al fisico e facendolo cadere a terra, ponendosi quindi in vantaggio per una qualunque azione successiva.
Consumo di energia: Basso

Proiettile acquatico: Lo sciamano genera una piccola sfera d'acqua che, come un vero e proprio proiettile, spara verso l'avversario.
La tecnica ha natura magica. Il caster, non necessitando di particolari tempi di concentrazione, crea dal nulla un quantitativo d'acqua sul proprio palmo della mano o in prossimità di un dito proteso e la scaglia in direzione del bersaglio scelto. Questo oggetto avrà le stesse caratteristiche (velocità, consistenza) di un proiettile sparato da una normale pistola, ma causerà danni e dolori proporzionati al consumo energetico speso pur non lasciando segni all'esterno del corpo colpito. Potranno essere scagliati fino a un massimo di quattro proiettili con un singolo utilizzo di questa tecnica, e in quel caso il loro potenziale sarà suddiviso equamente tra le varie pallottole acquatiche (la potenza di due proiettili sarà di metà di un Medio ciascuno, di tre equivarrà a un terzo di Medio e per quattro sarà di un quarto). La tecnica è personalizzabile con qualsiasi tipo di liquido non abbia caratteristiche differenti dall'acqua. Ha potenza e consumo complessivi Medi.
Consumo di energia: Medio

Dominio dei cieli: Lo sciamano, sollevando una mano verso il cielo, è in grado di cambiare le condizioni climatiche.
La tecnica ha natura magica. Il caster, dopo aver compiuto un qualche gesto evocativo, potrà variare il clima a proprio piacimento. Sarà possibile trasformare una giornata serena in un diluvio, una bufera, una rigida gelata o anche il contrario. Mai però potrà cambiare la notte in giorno e viceversa. Se utilizzata in un duello, egli potrà anche causare un violento temporale e generare fulmini e lampi tanto violenti da causare un danno a tutti gli avversari inferiore di un livello al consumo speso. Effetti scenici che non causano danno alcuno, invece, saranno ottenibili con un semplice dispendio di energie pari a Nullo. La tecnica dura il singolo turno di attivazione e può essere utilizzata solo ad area.
Consumo di energia: Alto



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Riassunto e Note:
Per quanto riguarda la difesa nel primo turno ci ha pensato Lil, per cui casto Dominio dei Cieli a critico( per cui Alto per tutti) verso le ombre. Incasso la tecnica dell'ombra, da cui mi difende parzialmente Lil, subendo un Basso alla testa e l'atterramento che mi lascia frastornato per qualche istante.
Ricorro a Colpo Basso per far finire l'Ombra a terra - spero di non essere stato autoconclusivo in questa azione - e castare Proiettile Acquatico.
Incasso la tecnica di Volk Terremoto - la subisco che mi fa ruzzollare malamente addosso ad un tronco e un ramo mi cade in testa, e subito dopo ricasto Dominio dei Cieli a consumo Alto, per cui medio per tutte le ombre.

Spero di non aver fatto troppe cavolate.

 
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