| Lill' |
| | Se chiedevano a lui, il moccioso della libreria aveva fatto bene. Quando ancora i regni degli uomini erano guidati dal Re invincibile, al confine c’era un discreto movimento. Giusto ai piedi dell’altro versante dell’Erydliss, dove i nobili si erano riuniti per resistere al potere della corona, di eventi ce n’erano ad ogni luna e qualche scaramuccia ci scappava sempre. La difesa di un passo, l’assedio ad una rocca o altre storie: per una compagnia di ventura il lavoro non mancava. Rick a quel tempo era giovane, un ragazzotto sbarbatello più antipatico di altri. Prendeva parte al sacco di un castello, cercando ori nascosti in tutte le stanze più scomode, o passava armi di contrabbando dalla sua compagnia alle rocche sui picchi, gelandosi il culo per preparare dei bifolchi alla rivolta. In parole povere, compiti di seconda scelta. Una volta partecipavano all’assedio del Re per riprendersi un mastio abbarbicato su un monte, cittadina importante gli aveva spifferato il comandante. Le truppe congiunte della corona e dei Cani Rossi, mai compagnia più onorevole, s’erano pure loro gelate l’anima per la giusta causa al pendio del monte, in tutto qualche centinaio di lancieri. Dentro le mura, ai ragazzini che si muovevano circospetti tra la folla solo una cosa s’era detta: aspettate il momento giusto. E aspettavano. Rick in quella storia ci s’era ritrovato con un’altra manciata di scudieri, nonostante la sua età fosse ormai sufficiente per farlo partecipare in battaglia, almeno in seconda linea. “E’ ora”, gli sibilò un ragazzetto tra la folla, villici e artigiani a sputare lamentele al vento battente, giusto sotto il palazzo nobiliare; non doveva girar bene neppure per quei popolani, con le poche merci ch’arrivavano fin lì tagliate dal cordone degl’assedianti. Ma al diavolo, insomma. Il loro compito era semplice sulla carta, e tale si rivelò: quando gli arieti abbatterono il cancello e gli armigeri assedianti si pararono di fronte alla piazza cittadina, i ragazzetti infiltrati erano già pronti. Anche Rick lo era. Facendosi strada tra la folla davanti al mastio, i nobili che volevano resistere al re uscirono dal gran portone della rocca sui loro stalloni, once e once d’acciaio su zoccoli scalpitanti. “Avanti, un po’ più in qua…una fila, sì, seguite il piano” farfugliò una voce da qualche parte, giù in basso. Perché quando i cavalieri passarono tra i villici, che certo, erano i loro Signori lì a difenderli, e però si scostarono appena, qualcosa di imprevisto accadde. Qualche scoppio, la polvere nera datagli da Olvh, il comandante dei Cani. Delle figure minute sbucarono dallo stretto corridoio di popolani e si misero a tirare le giubbe con gli stemmi dell’Ystfalda e le cotte di maglia, tutte da un lato. Tutti insieme, nella confusione. Dopo un po’ i nobili del Nord furono disarcionati, le facce giù tra pietra e neve. I lancieri del Re e i Cani intanto avevano iniziato la carica sulla piazza.
“Qui, guarda qui Rick!” Tra lo scalpitio incalzante dei soldati e la gente in fuga, una voce stonata lo chiamava.
“E’ il figlio del Monmouth! Prendiamogli la testa, diventiamo ricchi!” Lo scudiero gli indicò poco più in là, puntando a un cavaliere che i popolani nel caos dovevano aver disarcionato. Era rimasto senz’arma in mano, e davvero non riusciva a rimettersi in piedi. “NO! Che-” Perché? Era così sicuro lì, perso tra la folla; così lontano dai cento pericoli di chi si espone per un premio o un onore. Lui fece per rispondere, ma il vento gli riempiva la bocca.
• Infine trovò la sua sacca in mezzo a quella caciara, e se la rimise in spalla. Non la ripulì, perché qualche orma infangata e un po’ di polvere non facevano la differenza. L’intero piazzale era un bordello. Peggio dei lasciti di un giorno di mercato, ferri e indumenti rimanevano di qua e di là senza che nessuno capisse cosa c’era in più, cosa era diverso, o se in quella nebbia omertosa qualcosa era invece venuta a mancare per via di mani truffaldine. O piuttosto, qualcuno. “tutta questa corbelleria […] finito […] festicciola.” Blaterarono dei vecchi. “D-dobbiamo cercarli” fece eco la voce limpida della beduina, togliendo ogni dubbio su quanto temeva. Rick si aggiustò la casacca di lana, unico caldo conforto sotto il cuoio rigido dell’armatura, e si guardò intorno. Forse perché si notava per via della statura, ma scorse una faccia conosciuta ai bordi della piazza: con un gesto seccò saluto Seregon, il cacciatore incontrato sull’Erydlyss. “Uomo-orso!” rimbottò qualcosa, fattosi accigliato. Non pareva così strano che anche quell’energumeno fosse lì, dopo tutto, eppure la sua mole non era stato l’unico motivo a farglielo notare. Dei guerrieri lì riuniti molti mancavano.
"Dobbiamo cercare fuori! Fuori!!" Nello stesso momento sbraitò il vecchio Donovan. "Andiamo a riprenderci i nostri compagni, adesso.”
Nel marasma di gente che si mobilitava, in verità la dozzina rimasta tra le tante vettovaglie di presenti e scomparsi, Rick Gultermann si muoveva lento. Piano, passo dopo passo. Non perché avesse particolare paura, eh, diciamo una certa strizza normale; e nemmeno per la stanchezza – calli e ferite, insomma, erano sempre stati lì come nei sulla sua pelle sozza. “Andiamo, allora..” sussurrò il nano. In gran fretta i viandanti dell’Edhel si mobilitarono fuori dalle mura di Lithien, lasciando dubbi e pesi in più nella piazza, insieme alla bruma che si diradava. Stracci di nebbia sporcavano ancora il cielo, ma già forse qualcuno era pronto ad inseguire il sole brillante che si intravedeva nell’azzurro. Bruciava quasi, tanto era intenso.
Nella marcia sulla strada montana, però, a Rick una ruga strana continuava a increspare la fronte. Era una linea che segnava quella carne piena di tante scanalature, curve e vie abbozzate tra la pelle ruvida come il sentiero di ghiaia che correva leggero. Una scia ben poco visibile, nonostante il ridente sole montano: mezzodì passò e la strada si snodava davanti a loro, tra curve nella roccia e la frescura ombrosa degli abeti. Chiuso tra il versante scosceso sul quale la via si diramava e le conifere, il gruppo avanzò spedito. C’era Donovan, in capo a tutti con quel benedetto arnese di lucenteria – la lanterna – e il suo inseparabile ciuco; c’erano Afrah la ragazza coperta e gli altri ch’avevano visto le chincaglierie portate dal nano, il ragazzo-drago con il suo golem e quelli che avevano parlato. Rick chiudeva quasi la fila, il martello sempre in mano e il broncio sul muso. Passavano i minuti, e dei guerrieri scomparsi non si vedeva traccia: solo i profili degli abeti, aghi smeraldo a coprire il sentiero e le tante orme dei viandanti impresse sulla terra. Un falco si posò su un ramo davanti a Rick, spiando il gruppo in marcia con il suo sguardo tagliente. Quella masnada di casinari pareva disturbargli l’appostamento, e dovevano condividere lo stesso stomaco ruminante di mezzodì, lui e il nano. Rick Gultermann in effetti poco spaziava con il pensiero, e stringeva invece forte il martello. Pensava a tenere il passo. Qualche goccia di sudore gli s’era avvinghiata alla fronte nella scarpinata, e lì nel mezzo di una striatura di pelle – ruga o cicatrice – un bruciore maledetto non se ne voleva proprio andare: ma non era una preoccupazione. Si pulì il sudore con una mossa dell’avambraccio, ruvido cuoio su ruvida pelle – davvero un conciatore avrebbe fatto una fortuna con quel carapace, meglio che con cento pelli di mulo. In un certo senso lui era anche contento di trovarsi in quell’ennesimo inghippo: se davvero non volevano lasciargli un po’ di riposo neanche nella città delle Leggende, ecco, Rick vedeva di certo un bel motivo per spaccare il muso a quegli spettri. D’altra parte, però, correre incontro alle ombre era per lui una mossa quantomeno bizzarra. Aveva passato mesi a spostarsi e lottare contro una miriade di aberrazioni, ma di certo non s’era mai sognato di prendere l’iniziativa. Oh no, niente rischi e spacconate; e non perché non ne fosse in grado, di tirare mazzate come si deve. Forse per quello la sua pellaccia non l’avevano ancora conciata. Scarpinando per il declivio sul quale sorgeva Lithien, i viandanti coprirono velocemente una buona distanza. Ad un certo punto a guidarli non rimase che Donovan o chi aveva fiato per stare avanti, perché neanche più il sentiero si intravedeva sotto i loro stivali; mica era Rick a vederci doppio, stanchezza o meno. Forse, però, erano finiti all’ombra di uno dei due picchi entro cui si nascondeva la città, perché di getto l’aria parve farsi più fredda; i tronchi degli abeti più spessi, come la palizzata in una battaglia campale. Rick riprese fiato, il bruciore nelle narici che svaniva piano piano. E tutt’attorno a loro, dal nulla, più profili lunghi e rettilinei che chiome d’abete, il bosco fattosi di colpo stretto sul gruppo. Fece scuro.
“Ma che diav-“ Disse un giovane al suo fianco, il gruppo fermatosi all’improvviso. Né il sole nascosto dietro le cime degli abeti, né la lanterna di Donovan illuminavano le ombre che si scavarono sul suo viso. E neppure ai loro piedi, nulla illuminò la poltiglia viscida e scura in cui s’erano impantanati: d’un tratto le grane che temevano si fecero reali. Rick gettò d’istinto lo sguardo a terra, e subito dopo lo scudo. Tutti gli stivali dei viandanti erano rimasti invischiati in un putridume nero, ben peggio che la stalla che gl’avevano riservato nella caserma di Lithien la sera prima, e nessuno pareva riuscire a staccarsi. Così il nano menò con il suo attrezzo a terra, forte quanto poteva, e stracciò parte di quella poltiglia; fu abbastanza per liberare anche quelli lì attorno. Probabilmente se n’era accorto perché a corto di fiato, lui e le sue corte leve, o magari perché dava sempre un occhio all’ammasso di verità invisibili che si muovevano sotto le ginocchia. Fossero foglie o pattume sul selciato.
Quando rialzò la testa, però, il vagabondo si fece trovare ancora una volta pronto. Linee incerte e scure si levavano tra i tronchi degli abeti, e il gruppo si preparò alla battaglia; una salva di dardi investì i guerrieri di colpo, ma i più trovarono lo scudo di Rick. Forse il nano non se ne rese neanche del tutto conto, ma dalla difesa tondeggiante posta dal suo avambraccio, dal legno e dal ferro, altre scie scure presero a propagarsi: un fumo nero, quasi impercettibile, che si materializzava in altre forme circolari davanti ai suoi alleati, se così li si voleva chiamare. Quei poveri sfortunati che condividevano la sua stessa sorte. Dopo un primo attimo di sorpresa, tuttavia, anche i guerrieri venuti da Lithien passarono all’attacco. Incoraggiati dalla guida di Donovan e Afrah, i viandanti ingaggiarono i nemici nella foresta. Ora del tutto visibili tra gli abeti, le Ombre dell’Edhel si mischiarono ai guerrieri giunti da ogni angolo di quella terra per dargli battaglia. La beduina del Sud usò il suo canto da fattucchiera che l’aveva resa tanto famosa contro gli Spettri, e il vecchio cavaliere partì alla carica. Più in là il ragazzo dalla lunga chioma scura, che chissà se sapeva lo chiamassero Rosa, scatenò un qualche sortilegio di saette contro i nemici; il tutto di certo parve aver effetto. Rick Gultermann, dal canto suo, piantò gli stivalacci a terra e fece quanto sapeva fare: abbozzò. Dopo aver deviato la prima salva di frecce con una mossa di scudo, niente più che un rozzo movimento di braccio dall’esterno all’interno, si preparò anche lui a ricevere le Ombre. In verità, gli ripassò per la testa, non è che ci tenesse molto a stabilire chi comandava e dove, tra loro e quelle creature. Ma neppure si illudeva ci fosse un’altra via. Oh, no. A ridosso della catena dell’Erydlyss, che tu portassi un tabarro di grezza lana e del cuoio mal lavorato o una casacca da cavaliere, le questioni finivano sempre allo stesso modo, lui lo sapeva; finivano con gli uomini e le donne e il vento che urlava, e con botte e scompiglio tra il fango gelato. Anche quel giorno ce ne fu, di scompiglio. I guerrieri intorno al nano si davano da fare contro gli Spettri, e ad un certo punto non ci si capì più molto: pareva stessero vincendo, quantomeno. Nel caos generale Rick avvertì il passo pesante del costrutto di roccia, quello che il ragazzo-drago si portava appresso, farsi un po’ troppo vicino. “MMH?!” Fu per un soffio e non senza sbatterci il muso contro che il Golem e il nano si spintonarono via, neanche la creatura si fosse inciampata. Alleggerendo l’impatto con un passo di lato, però, il vagabondo si trovò davanti ad uno Spettro che gli sciamava contro: mai che si trattasse d'una bella sorpresa; una coscia di pollo, o di cameriera - o entrambe le cose. In un attimo l’Ombra gli fu addosso, abbattendo una propaggine scura contro le sue gambe. Rick frappose in qualche modo lo scudo, e i suoi fumi neri di nuovo si propagarono a difendere gli altri guerrieri intorno, ma l’impatto della frusta scura, l’arma dell’Ombra, passò comunque attraverso il legno. Un brivido di dolore gli attraversò la gamba e il ginocchio del nano cedé a terra, sprofondando nel fango. Non ci mise molto a reagire. “Ai diavoli!!” In realtà non è che facesse molta differenza, una cicatrice o una macchia in più sui pantaloni; ne aveva già fin troppe, e una in più non si vedeva mica. Menò dunque il martello davanti a lui, violento come sempre di una violenza ch'era pura, priva di un nemico unico. Di un compagno che fosse uno e uno solo perché ti potevi fidare, alla fine. Nel caos non scorse se l’Ombra era ancora in piedi; qualcosa però doveva aver beccato, a giudicare dall’impatto che riverberò sull’asta. Cercò di appoggiarsi al martello, piantandolo giù nel fango per rimettersi su, quando una scossa del terreno gli fece perdere la presa. Scivolò a terra, sbattendo la fronte su un sasso. Accecato, cercò a tentoni l’asta dell’arma per trovare un appiglio, qualcosa per rimettersi su: di certo in battaglia non ti lasciavano il tempo di stare a lamentarti, questo lo aveva imparato tanti anni prima. Nel marasma generale però, tra gli artigli di uno spettro e un lama che cozzava alla sua destra, o gli artifici degli incantatori che guizzavano contro le Ombre alla sua sinistra, il nano si prese il suo tempo. L'Ombra non pareva più vedersi davanti a lui, quindi doveva essere crepata; fece per scrutare bene cosa gli si parava intorno, prima di tirarsi del tutto su. Vide le aberrazioni e i guerrieri che lottavano, coloro che aveva difeso. Non si alzò subito come un bamboccio; anche perché in verità non era più così giovane. Non era certo il caso di gettarsi a capofitto per quei due colpi di scudo o di mazza che gl’erano riusciti, – tastò ancora la terra e le foglie in cerca del martello, già gl’era scappato di mano! – o illudersi davvero di poter fare miracoli in quella lotta. Lui, un povero zotico mercenario. Lui sputato come un boccone andato storto da profondità oscure e gallerie, e prima ancora da guerricciole ridicole e compagnie sottopagate. E poi, a voler continuare, ancora da profondità buie, fossero quella tra le cosce della sua vecchia ormai andata o i vicoli della Città Nera. Strade buie e fredde e poi mazzate, in un ciclo continuo. Lo stesso buio che trasuda dalla tua pelle e dalle tue laide viscere, nano. Guarda: neanche fosse sudore. Un fumo scuro si addensò attorno alla mano di Rick Gultermann.
Che le Ombre scorrazzassero per quei fottuti boschi, e che gli uomini e gli elfi vivessero attufati nei loro villaggi.
Trovò infine ciò che cercava, serrando le dita sull’asta ruvida del martello. Si rimise su, infangato e con una foglia appiccicata sulla fronte, perché l’importante era saper stare al proprio posto.
• Col soffio del vento e il rombo della carica che copriva tutto, non fece in tempo ad avvertire il ragazzo. Lui si fece più in là, mischiato e travolto dalla torma di popolani che ora scappavano in preda al panico. Puzzavano, di paura e malattie; una volta Olvh gl’aveva raccontato cosa aveva visto la gente mangiare, in una città serrata da un assedio. E forse Rick, già da marmocchio, non aveva un odore tanto migliore. Però nessuno lo riconobbe. Perse di vista il ragazzo nella mischia, quando alcuni cavalieri si rialzarono e le fila dell’esercito assediante fracassarono i nobili disarcionati. Cento lamenti si persero nel vento, cento voci squittirono e bestemmiarono attorno a lui.
Neirusiens, o gli angoli di un bordello mal illuminato. Anche quel giorno gli ricordò che, se davvero temi l’oscurità, ciò che vuoi fare non è di certo accendere una Luce quando ci sei perso dentro.
CS: 5 - 1 = 4 ( 3 2 Pellaccia dura, 1 Tempra di ferro, 1 Riflessi fortuiti) Energie: 75 - 10 -5 - 10 - 10 - 5 - 5 = 30% Fisico: Danno Medio alla Gamba Dx, Basso alla Gamba Sx, Medio al Braccio Sx, Basso alla Testa, Basso al Tronco [7/16]Mente: Basso [1/16]Armi: Scudo tondo di ferro e legno [Avambraccio dx], Martello [Mano sx], Armatura di Cuoio [Tutto il corpo eccetto Testa e Mani], Roncola [Cintola], Asce da lancio x2 [Cintola] PASSIVEQUOTE ~Abilità da Talento. Io speriamo che me la cavo. Rick se la cava sempre, anche contro tutti i pronostici. Persino quando la situazione appare disperata, il nano sarà comunque in grado di imbastire una difesa: non importa quanto sia scomodo o inverosimile, qualcosa per salvarsi i fondelli se la inventerà. Sarà dunque in grado di erigere le sue difese in maniera istantanea ed inconscia o, parimenti, di difendere eventuali alleati in un'area con lo stesso sforzo con il quale difenderebbe se stesso. [Talento, Passive liv. I, II e III; Possibilità di difesa istantanea, Difese ad area con Potenza pari al Consumo, Difese inconsce] QUOTE ~Abilità razziale. Il tozzo ancora in piedi. Rick non molla. Malgrado tutto. Rick usa tutte le sue energie nella lotta, non si risparmia, lascia andare colpi tosti – e però non molla. Anche senza un goccio d'acqua, senza mangiare o non essendosi riposato per giorni, Rick resiste. Finché non riesce in quello che fa, il nano va avanti: certo li sente i morsi della fame, il sonno, i crampi. Una birra la desidererebbe proprio a volte, ma a conti fatti ne fa a meno - lui è incrollabile. [Razziale Nano Tenacia, Passiva; Insensibilità a fame, sete o fatica] QUOTE ~Abilità personale. Sopporta! Rick è così abituato a viaggi sfiancanti o a contese infinite per miseri rimasugli di carne che ha imparato la resistenza, la resistenza vera. Ha alzato il suo metabolismo a livelli inverosimili, appreso come compiere ogni gesto con ferite indicibili sul proprio corpo. Si arrangia. La cosa si traduce, nella pratica, con la possibilità di essere insensibile al dolore fisico: il vagabondo sarà in grado di combattere nonostante abbia subito un ammontare di danni al corpo notevole, prossimo al Mortale, che ne abbia compromesso irrimediabilmente l'integrità fisica. Contusioni, fratture e mutilazioni fisiche che abbiano compromesso le sue facoltà gli arrecheranno normalmente danno, ma non ne ostacoleranno mai le capacità combattive. Semplicemente sopporterà, come un mulo. [Personale I, Passiva; insensibilità al dolore fisico] [Pergamena Irriducibile, Iniz. Campione; possibilità di muoversi con ferite ingenti] QUOTE ~Dono dell'Oscurità: Possedere l'Oscurità determinerà la possibilità di percepire e talvolta anche vedere le Ombre aggirarsi nei territori dell'Edhel. Non si potrà parlare con loro e nemmeno interagire con esse fisicamente, ma talvolta il personaggio avrà la netta sensazione di essere a sua volta percepito dalle stesse. Ulteriore Bonus, il personaggio nel cui corpo si annidi l'Oscurità svilupperà la capacità di capire a tratti il linguaggio delle Ombre, riuscendo a cogliere alcuni suoni, parole o simili. In ultimo, il personaggio guadagnerà 1 CS passivo liberamente assegnabile. Possedere L'Oscurità comporterà il modificarsi del corpo (iridi nere, pdeterminante o immediatamente visibile. Dovrà però sussistere anche in minima parte. [Passiva; Possibilità maggiori di interazione con le ombre, 1 CS in riflessi] ATTIVEQUOTE ~Batosta IV. Braccia toste. Il nano è un duro. I suoi avambracci hanno linee d’acciaio che corrono dritte, le sue spalle curve dure e inamovibili. Queste braccia possono prendere senza problemi graffi e botte. Tanto dure che, se portate avanti, le braccia del nanaccio arriveranno a concretizzare l’impossibile: un addensamento di energia nera, fumosa, si concretizzerà davanti a Rick, un grumo scuro percorso da macchie color sangue. Tale sorta di scudo potrà assorbire colpi di potenza Bassa, Media o Alta, e le sue forme e dimensioni varieranno arrivando al più alla – scarsa – altezza del nano. Il tutto con un consumo pari alla potenza. [Talento, Attiva liv. II; Consumo Medio, Difesa Media][Natura Magica] QUOTE ~Batosta VI. La rabbia di chi ha fame. II. O c'è un'altra via, per riversare la propria rabbia: sempre una via di sangue e pugni, comunque. Tramite un consumo Alto, Rick caricherà un colpo fisico dalla particolare pericolosità. Esso causerà se colpisce un Danno Critico, ma potrà essere contrastato come una tecnica di Potenza Media. Ciò è dovuto alla particolare enfasi posta nel colpo, che risulterà più impreciso del solito. II. [Personale VI, Consumo Medio e Auto-danno Fisico Medio, Potenza Alta e Danno Critico, difendibile con Medie][Natura Fisica] QUOTE ~Batosta VI. La rabbia di chi ha fame. I. Quando si ha lo stomaco vuoto è dura non essere nervosi - è dura pensare, muoversi piano. Si sarà incazzati, come Rick, con tutti ma invero con nessuno. Si ricorrerà a quanto si ha, tutto. E il nano ha dalla sua delle potenze carnali e antiche, vortici scuri e lampi scarlatti: li userà per rendere i suoi prodigi più forti quand'è disperato, più insidiosi. D'altra parte egli ricorre a forze oscure, risvegliate da chi brama anche sole briciole: e dunque pagherà lo scotto di tale potere, indebolendosi nel fisico. Come un affamato - come chiunque prima o poi. Tramite un consumo Basso, Rick è in grado di rendere per 2 turni (quello in cui casta la tecnica e quello successivo) le proprie tecniche magiche di un grado di potenza superiore rispetto alla norma, senza per questo dover aumentare di un grado il consumo necessario per castarle. Come contreffetto, però, egli sarà più vulnerabile a quelle fisiche, da cui dovrà difendersi come se avessero un grado di potenza superiore rispetto al consumo con cui l'avversario le ha castate. I. [Personale V; Consumo Basso, potenziamento/depotenziamento Magiche/Fisiche, 2 turni][Natura Magica] QUOTE ~Batosta III. Questa sedia è la mia sedia! II. E d'altra parte non si ferma a quello che tocca, la cocciutaggine del nano - non sparisce nel tempo. Persevera, anzi, riverberandosi nel futuro con tutte le sue sozzate, il cenciume di voglia bastarda che ha: colpisce anche dopo. Il vagabondo sarà infatti in grado, tramite un consumo Basso, la rinuncia ad 1 CS e un danno Basso sia al Fisico che alla Mente, di attaccare con la sua energia oscura senza che gli effetti siano immediatamente visibili: una sfera nerastra si creerà allora, pronta a colpire a suo comando. L'energia, continuando a roteare attorno alla sua panza, si staccherà in un turno successivo a quello in cui la tecnica è stata attivata, a scelta di Rick, colpendo il bersaglio con una potenza Alta. Senza poter dire che il nano fa cilecca, quindi. II.[Personale III; Consumo Basso, riduzione di 1 CS, Danno Basso a Mente e Fisico, Attacco Alto ritardato][Natura Magica] Riassunto e note:- Rick nel primo "turno" occupa entrambi gli slot tecnica utilizzando due volte "Braccia toste" (Attive Guardiano), una a Medio e una a Basso, entrambe ad area per difendere se stesso e tutte le Lanterne. - Nel secondo turno usa ancora una volta "Braccia toste" a Medio ad area (su Rogozin e Seregon), ricevendo un danno Basso alla Gamba dx da "Abbattere" e cadendo col ginocchio a terra; quindi prosegue con "La rabbia di chi ha fame II" contro un'Ombra (autodanno Medio al braccio sx). - Nel terzo turno subisce "Terremoto" di Alfar (Danno Medio smezzato in un Basso per entrambe le gambe) e cade a terra (Danno Basso alla Testa); da terra usa "La rabbia di chi ha fame I", personale di potenziamento Magiche, e "Questa sedia è la mia sedia! II", personale Alta (dunque potenziata a Critica) di attacco ritardato. Infine cerca di rialzarsi, prendendosela comoda.
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