Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Rou - Grysleer - Causa?, Contest di Settembre - Causa

« Older   Newer »
  Share  
DanT&
view post Posted on 28/9/2014, 11:56




Rou ~ Grysleer
Causa?






L'ombra soffusa della tenda creava una sorta di atmosfera, fredda ed ovattata, che fungeva da barriera, distacco dal continuum, rispetto alla realtà esterna che pareva premere con forza sulle pareti di stoffa, desiderosa d'entrare per ricominciare a far scorrere il tempo.
Mickey indugiò a lungo con lo sguardo sul corpo immobile del Grysleer. Le fattezze enormi, i fasci di muscoli ben delineati, tutto appariva in grado di rianimarsi da un momento all'altro, in un battito di ciglia, come se mai si fossero fermati, anche se sapeva che non era così. Il pulsare del cuore non risuonava più nel petto del Pellegrigia, i suoi occhi si erano spenti in un ultimo bagliore, un ultimo sforzo. Era spirato, lasciando lì, solo, un Tuttofare con un tarlo che si faceva largo nella testa.
Arghantares era uno dei Grysleer anziani. Uno dei fortunati a raggiungere la maturità, uno dei pochi ad aver generato una prole, ma tra quelli, un padre che ha dovuto sopportare la vista di quattro figli nati morti ed ha già dovuto seppellirne uno dei sopravvissuti. Un essere in grado di stritolare un uomo nel palmo della mano come se fosse un ramoscello secco, possente, mastodontico, la cui ira si è dovuta piegare al morbo che corrode il suo popolo, la sua gente, il suo corpo. Qualcuno che con la forza è stato scacciato dalla sua terra natia, che nel sangue ha visto reprimere faide interne ed è stato forzato a muovere oltre, cercare di vivere, in pace, altrove, pur di poter sopravvivere. Un Pellegrigia morto nel suo letto celebrativo, solo. Tra sospiri e mezze frasi, costretto a ricordare da un umano arrogante, l'ultimo che lo ha ascoltato e che non sa ancora bene perché gli ha fatto una promessa.
Il Faccendiere scostò il lembo di pelle lavorata che funzionava da porta. Il suo occhio non coperto dalle usuali lenti incontrò quello delle guardie, con cui poco prima aveva parlato. Lo sguardo greve bastò a comunicare ciò che era appena accaduto. Solo una smorfia indecifrabile contrasse i loro volti bestiali. Era tempo. Se lo aspettavano. Lo sapevano.
Mickey si incamminò cercando i proprio compagni. Aveva bisogno di non restare solo perché la testa gli ronzava tanto da fargli credere per un attimo che i pensieri si stessero trasformando in api e gli premessero contro le tempie per uscire.
Perché gli aveva offerto il suo aiuto? Perché si era prestato alla causa dei Grysleer?
Pietà, compassione? Non se lo spiegava.
Lui, Tuttofare, aveva la pretesa di chiamarsi Aggiustatutto perché spesso il suo intervento era sì risolutore, ma per affari di poco conto. Come sperava di poter mantenere la parola data a qualcuno su letto di morte se quello stesso non era riuscito in nulla alla guida del suo popolo? Come sperava di poter anche solo provare a cambiare il destino di quella gente che sembrava già scritto?
Perché? Perché lo aveva fatto?
Non si era mai preoccupato, a ben pensarci, di aderire ad una qualsiasi causa che non riguardasse in ogni modo sé stesso. Era normale, e se ne era sempre preoccupato, coltivare i propri interessi a punto tale da provare a far di tutto per star bene, ma si era sempre trattato di roba di poco conto, suvvia. Un affare, una ragazza, una scommessa. Nulla che avesse a che fare con un ideale o un'utopia, come ora pareva quello in cui si era andato ad imbarcare.
Uno come lui, a ben pensarci, non ha motivo di immischiarsi in una faccenda di tali proporzioni ché tanto, per lui, altri hanno già ben che deciso. I Grysleer sono destinati all'estinzione e non sarà di certo l'intervento di Mickey il Tuttofare, piccolo uomo, a cambiar la direzione della ruota del fato. Che poi, a lui, cosa gliene importa? Che gli può fregare di mantenere la parola scambiata a tu per tu con un moribondo. Nessuno lo ha sentito, nessuno è stato testimone di quella sottospecie di giuramento a cui s'è vincolato in un chiaro momento di follia. Sì, Sì. Decisamente.
Farà così.
Eppure...
Eppure c'è qualcosa che lo spinge a.
Qualcosa che lo spinge dalla bocca dello stomaco e si fa largo fino in su, nei polmoni e poi nel petto, fino alla gola dove manca l'aria e tutto si secca, sembra arido. E' qualcosa che non riesce a spiegare, qualcosa di fin troppo umano che non ha mai sentito prima.
Un impulso.
Sì, ecco, è quello, decisamente quello.
Una sorta di trasporto primordiale che lo spinge, lo esorta, ad abbracciare una causa, un ideale, di modo da sentirsi coinvolto, da entrare a far parte di un gruppo, di avere un obiettivo comune, prefissato, un punto d'arrivo. Un desiderio di accomunarsi a qualcuno che, come lui, sente la stessa spinta che lo costringe a lottare, a mettere davanti ad ogni cosa quella meta da raggiungere ad ogni costo perché il proprio spirito, il proprio animo, ne ha letteralmente bisogno.
Il suo viso si illumina mentre attraversa le vie polverose dell'accampamento, il ronzio sembra scemare lentamente lasciando spazio ad una sorta di serenità.
Forse forse, a pensarci bene, non è stato poi troppo intelligente fino ad ora non concentrarsi su un punto lontano, un fine, e poi cercare di raggiungerlo. Cercare la felicità giorno dopo giorno e poi trovarla è soddisfacente, ti fa muovere in avanti seppur a piccoli passi, ma è un qualcosa di effimero che ti lascia in bocca un retrogusto amarognolo perché già sai che, col sole nuovo, dovrai trovare un modo per sdraiarti poi sulla paglia con un sorriso sul volto che ti saprà di "anche oggi ce l'ho fatta".
Sembra quasi necessario quindi, all'animo umano, procacciarsi e poi procurarsi un qualcosa di estremamente difficile da compiere che sia una specie di risultato ultimo e quasi impossibile da ottenere, ma che, giorno dopo giorno grazie ad un immenso sforzo, si avvicina sempre più e poi, una volta raggiunto, riposizionare forse un punto altrettanto lontano ed arduo perché la felicità raggiunta è stata talmente inebriante da non poter bastare, da non potersene accontentare.
Battè il tacco dello stivaletto contro una roccia, poi l'altro, smettendo col rumore di pensare a tutto questo, per spolverarsi le scarpe che per un vero uomo si sà, devono essere sempre lucide come la mente.
Mickey si diede dell'idiota mentre si accomodava sul grosso cusino all'assemblea dei Grysleer, pronto ad ascoltare e già deciso su quale sarebbe stata la sua linea di pensiero.
Poco prima di entrare aveva finalmente terminato gli epiteti riservati alla propria persona.
Come aveva potuto, fino ad allora, vivere senza abbracciare una causa più grande?
L'uomo lo necessita e lui era un vero uomo, lo dimostravano le scarpe.
Gurghanosh richideva quattro prove, lui le avrebbe superate, perché ormai aveva deciso.
Avrebbe lottato per i Grysleer.




q8qu


CITAZIONE
• Note: Questo scritto coglie la palla al balzo per far affrontare a Mickey il termine di Causa intesa come ideale. Si colloca durante lo svolgimento della quest Rou- Grysleer e si riferisce in particolare all'ultimo mio post dove, dopo un brave discorso ed una visione, il Tuttofare si ritrova ad offrire il proprio aiuto sul letto di morte ad Arghantares, un anziano Grysleer. Lo spunto per la riflessione avviene nel ritorno alla tenda. Nel tragitto, Mickey, comprende per poi decidere cosa farà.
 
Top
0 replies since 28/9/2014, 11:56   36 views
  Share