Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

~ Ymchwil. Sobborghi deinvestiti di vitalità

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view post Posted on 2/10/2014, 13:00
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I resti di quella struttura, conficcati nella sabbia, apparivano agli occhi del Fauno come un enorme obelisco di pietra scura, del colore dell'ossidiana; quei pilastri rappresentavano l'opera della madre Kjed nella sua forma più bestiale. Essi tracciavano il confine, ponevano la territorialità sotto il termine del possesso e del controllo. Da quando aveva iniziato il suo addestramento per i Figli del Gelo lo avevano sempre istruito a tal proposito. Se vedi uno di questi pilastri puoi stare sicuro che la madre Kjed ti è vicina, gli aveva detto uno dei suoi fratelli - colui che poi l'animale avrebbe ucciso, per ottenerne il posto - indicando uno tra i più grandi pilastri della gelida nel Matkara, non troppo distante dall'antica torre divelta dall'opera del suo artefice. Si avvicinò a passi lenti e cadenzati, gli occhi fermi sull'ambrato della sabbia, che appariva, scendendo lungo il continente, sempre più colorata, come variopinta di diverse sfumature dorate che confondevano gli avventurieri che osavano attraversarne il percorso, costringendoli alla resa e, conseguentemente, alla morte, smarriti nel nulla provocato dall'assenza di civiltà. Le Terre dei Primi, ecco come le chiamavano, quelle lunghe distese di sabbia che sotterravano chissà quanti tentativi irrisolti di civiltà. Quando fu abbastanza vicino al miraggio Poh ne accarezzò la superficie, rivelando ai suoi sensi ciò che quella struttura era davvero: un ammasso di rocce ricoperte di sabbia dai tratti vulcanici. Sbuffò con violenza, il Fauno, prima di accasciarsi al suolo e di torcere la sua radice imbevuta d'acqua per sfruttare le ultime gocce rimaste. Non se lo chiedeva nemmeno più, se e quando sarebbe riuscito a trovare un altro di quei pilastri; ne aveva fiducia, certo, ma era anche sicuro che il suo viaggio sarebbe durato ancora a lungo. Ancora molti erano i luoghi ed i segreti che avrebbe dovuto imparare a conoscere, prima di raggiungere la verità; prima di raggiungerla, lei, sua madre Kjed, il cui dominio era stato contaminato dall'essenza degli impuri e che avevano costretto la fanciulla alla resa, in attesa di tempi migliori. Il compito di Poh, in fondo, era semplice: fare arrivare quei tempi migliori.
L'ultima goccia d'acqua aveva un sapore migliore, quasi dolciastro. Chiuse gli occhi, il Fauno, risvegliandosi qualche ora dopo per il gracchiare di un avvoltoio. Ne squadrò il corpo planante e lo vide atterrare poco distante da lui, lì dove - non lo aveva notato in precedenza, stanco come era - presenziava un carro ormai distrutto e parzialmente ricoperto da sabbia ed i resti - ormai ossa, perlopiù - del suo proprietario e delle bestie che lo trasportavano. Seduto su una duna, una costruzione d'ossa dai tratti antropomorfi ben costruiti e saldi, giocava con i resti degli animali, litigandone la legittimità con i rapaci che cercavano di appropriarsi degli ultimi pezzi di carne rimasti attorno alle carcasse.
Il Fauno si alzò, estasiato, fino a raggiungere il costrutto.

« Meraviglioso.. » risalì il suo corpo con lo sguardo. « Magnifica creatura, divina costruzione. »

Un mio fratello, madre?
Ed alzò gli occhi al cielo; era certo non avrebbe ricevuto interazione alcuna da quell'essere. Gli scheletri, del resto, non parlano.


CITAZIONE
Scena privata tra me e savior. Si prega di non intervenire, se non previa richiesta via MP.
 
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view post Posted on 3/10/2014, 00:28

season of mists
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Era una sensazione strana, l'arrancare sul ciglio delle dune.
Non spiacevole, quello no.
Il sole che batteva sulle sue ossa, il caldo torrido che appesantiva le scarne e posticce membra, il vento che sospingeva la polvere all'interno del suo organismo inerte.
Il capogiro che lo coglieva ripetutamente una volta dopo l'altra, sorprendendolo sempre e costringendolo ad inginocchiarsi per riprendere fiato.
Non che ne avesse realmente bisogno, di respirare, ma certe abitudini sono dure a morire.
No, tutto ciò non gli dava fastidio.
Alla fine era la sua rinascita, ed ogni sensazione non era altro che una gioiosa riscoperta.
Eppure dentro di lui sopravviveva ancora un viscido senso di inadeguatezza, verso quel peregrinare senza sosta.
Dopo alcuni giorni di incessante cammino ebbe un'idea.
Forse si trattava semplicemente di lasciarsi andare.
Si chiese quindi che cosa più volesse fare davvero e la sorprendente risposta fu: sentire nuovamente l'abbraccio della sabbia.
Ridacchiò fra sé e sé.
Forse certe sensazioni sono come gli amori più vividi: ci vuole del tempo prima che si possa accettare l'idea di separarsene.
E lui, perso nell'abbraccio del deserto, ci aveva passato un'eternità.
Dapprima timidamente, poi senza vergogna, si mise carponi e, assaporando la sensazione dei granelli di sabbia fra le sua mani, cominciò a strisciare come una bestia.
Dopo qualche ora - il suo riposo gli aveva insegnato a non avere fretta - si abbandonò completamente al suo lato più infantile e, torcendo il becco in quello che si sarebbe potuto definire un sorriso, cominciò a strisciare sulle dune, ventre a terra.
Tutto ciò gli conferiva un aspetto inquietante, ma da vicino nemmeno il suo teschio inespressivo sarebbe stato capace di nascondere la sua vera natura: un allegro e scricchiolante serpente, un verme cadaverico e scheletrico, cinto dall'abbraccio della sua casa.
Il giorno seguente, mentre ancora arrancava chino sul suolo, un gruppo di beduini dai vestiti candidi e il volto spaventato lo avvistò sotto il sole impietoso.
Non lo avvicinarono e lui non diede segno di averli notati, ma dentro di sé riuscì ad immaginarsi gli orridi racconti che avrebbero riferito alla loro tribù: che mondo era, quello in cui il deserto sputava fuori le ossa che aveva inghiottito?
Ridendo di cuore, decise che non gli importava.
In fin dei conti in quella nuova vita, si disse, aveva il diritto di fare ciò che più gli andava.



-



Fissò il suo sguardo nelle orbite vuote di quello che era una volta doveva essere stato un robusto e placido castrone.
Il teschio spolpato gli parlò con un eloquente silenzio, ma Cael non rispose.
Si chinò e, impugnando le coste di una gabbia toracica umana, si chiese timidamente se fosse in grado di estrarne qualche ricordo.
Ossa che sorreggevano altre ossa.
Un buffo teatrino.
Sapeva di essere osservato.
Lui era là, in silenzio.
Una creatura imponente, provvista di corna e zoccoli, non ricordava niente che Caelibarh avesse mai incontrato prima d'ora.
Ma, a metterla su questo piano, Cael non aveva nemmeno mai visto uno scheletro redivivo.
Non lo avrebbe mai avvicinato per primo, non avrebbe osato, eppure ne era stranamente attratto.
Incuriosito.
Sotto un certo punto di vista fu un sollievo, quando fu lui ad avvicinarsi.
O forse una maledizione.

« Meraviglioso.. magnifica creatura, divina costruzione. »

La figura caprina incombeva su di lui, minacciosa ed aliena.
Cael ebbe un brivido improvviso ma, nonostante tutto, trovò le parole del fauno estremamente divertenti.
Gracchiò quella che poteva ricordare una risata.

« Ehi, sei un tipo gentile... mi sento lusingato. Ma hai... un po' troppa carne sulle ossa per i miei gusti. » - le parole uscirono a fatica, dopo anni di silenzio.

Non aveva dimenticato il linguaggio di quella terra anche se la sua non era una più voce: era ormai diventata un rantolo di morte, il lento ma inesorabile scivolare dei granelli in una clessidra.
Incrociò per un secondo lo sguardo dello sconosciuto, poi si ricordò che non tutti gli esseri di quel mondo avevano il dono dell'umorismo.
Oh.
Forse non avrebbe dovuto rischiare di farsi fraintendere e far passare le sue parole come provocazioni.
Quella creatura sembrava forte abbastanza da spezzarlo in due.
Letteralmente.
Oh.

"Vieni, puoi sdraiarti qui sulla sabbia.
C'è sempre spazio, fra i morti."


Mentre si rivolgeva direttamente alla mente del fauno, si rese conto che non gli importava che cosa sarebbe successo.
Si sdraiò sulla sabbia, in mezzo alle altre ossa, e abbassò delle immaginarie palpebre sulle proprie inesistenti pupille.
Aspettando una reazione, persino violenta, con la stessa leggerezza con la quale ci si potrebbe informare su quale giorno sia della settimana si chiese: chissà che cosa c'è dopo la vita oltre la morte.



A te!
Considera tutto il discorso di Cael come se fosse espresso nel "gergo delle bestie".

« Parlato Cael »
"Comunicato Telepaticamente"

 
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view post Posted on 4/10/2014, 23:35
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Vieni, puoi sdraiarti qui sulla sabbia.
Cos'era, un invito o una provocazione? Non riusciva a decifrare le intenzioni del suo interlocutore, Poh, così come non riusciva a capire come le parole del costrutto potessero essere giunte direttamente alla sua mente; non si era mai interessato molto delle arti magiche, non era nel suo stile. Fece un passo, con timore, pronto a difendersi da un'eventuale sorpresa da parte del suo interlocutore, che appariva però estremamente calmo, quasi amichevole. Guardò il suo corpo più da vicino, notando la rifinitura delle ossa, quasi fossero state lavorate da un ottimo artigiano - se mai potevano esistere esperti di lavorazione d'ossa. Ancora un altro passo, la guardia ben più celata, le intenzioni più confuse e l'andamento molto più insicuro. Perché appariva così calmo? Perché non scappava o lo denigrava, come facevano sempre tutti? Che fosse davvero una creazione di sua madre Kjed? Del resto, anche le bestie più comuni, nella foresta, avevano paura del Fauno. Lui, invece, un ammasso di ossa che Poh avrebbe potuto facilmente rompere, lo invitava semplicemente a riposarsi sulla sabbia. Non lo riteneva quasi possibile.
Un ultimo passo, prima di sfiorare il corpo dell'altro.
Deglutì con fatica, la bestia, ancora incredula per il comportamento dell'altro.

« Perdonami, non pensavo.. » non avrei mai pensato che un mucchio d'ossa avrebbe potuto pronunciare parola, avrebbe voluto dirgli. « Il mio nome è Pohrrient, nato dal Gelo della madre Kjed. »
Non avrebbe teso la mano, non era da lui. Quelli erano formalismi che avrebbe ben volentieri lasciato agli uomini, creature di pure convenzioni e prassi, schiavi della loro stessa ingenuità e della loro incapacità d'adattamento. Piccole formiche che avevano costruito un formicaio troppo grande per loro. Presto sarebbe crollato.
« Non avevo mai assistito ad uno spettacolo del genere. Sei forse la creazione di qualcuno, o sei spinto da una tua propria volontà d'animo? »
Si chinò lentamente, fino a toccare la sabbia dorata della Terra dei Primi.
« Non so nemmeno dove sono, circondato da questa distesa omogenea di miraggi. Dove sei diretto? »
Forse, si chiese il Fauno poco prima di pronunciare l'ultima parola, forse anche quell'essere era uno stupido miraggio. Tese la mano, a toccarlo.
Di certo non avrebbe rispettato le convenzioni e le buone maniere. Ma lui era una bestia.
Le bestie non seguono le buone maniere.

 
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view post Posted on 8/10/2014, 15:22

season of mists
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"La... creazione di qualcuno?" - soppesò gli impliciti significati di quell'affermazione, mentre lo straniero affrontava timido il polveroso abbraccio della sabbia.
Avrebbe potuto passare anni a rimuginare sulla sua vera identità e sul reale scopo del suo risveglio, ma non gli andava di perdersi in un ginepraio di interrogativi.
Rispose sinceramente, perchè è solo questo ciò che rimane, se spogli un uomo di tutta la carne che lo ricopre.

"Io sono Caelibarh. Cael del Deserto. E rispondo delle conseguenze delle mie azioni."

« Non so nemmeno dove sono, circondato da questa distesa omogenea di miraggi. Dove sei diretto? »

Forse la prima impressione che aveva avuto del suo interlocutore era sbagliata.
Il suo aspetto era minaccioso, ma non per questo avrebbe dovuto temere di essere fatti a pezzi.
Sempre che in realtà non stesse parlando con il nulla.
Al deserto piaceva orchestrare quel tipo di scherzo, anche Pohrrienth lo sapeva bene.

"Tu sei nella mia casa, tu sei in mezzo alla sabbia, straniero. Io non ho problemi riguardo alla tua presenza in questo luogo, ma il deserto potrebbe pensarla diversamente. Ci vogliono anni e molti sacrifici..." - indicò le sue lucide e sporgenti ossa - "... per guadagnarsi il suo favore."

Un rumore che ricordava il frusciare delle foglie secche in autunno nella mente di Poh gli avrebbe fatto capire che Cael stava ridendo di gusto.

La sua voce tuttavia tremò leggermente, mentre notava il lento avvicinarsi degli arti del fauno.
Aveva davvero intenzione di toccarlo?
Non sapeva cosa sarebbe successo?
Cercò di impedirselo, ma inchiodò con malcelata avidità le orbite vuote sulla mano protesa versa di lui.

"Dove sono diretto? Dovrei forse lasciare il deserto? Non che non ci abbia mai pensato... ma cosa c'è, per uno come me, al termine di questa distesa di sabbia?"

Ricordi.
Tutti quei disgustosi involucri di carne, ripieni di dolci ricordi.
Fu allora che lo toccò.
E lui,
vide.


Il vorticare affannoso della neve, gli alberi dai tronchi congelati, spezzati dal gelo e dall'apatia.
L'erba coperta di brina che abbracciava le infantili gambe di Poh.
La schiena della donna - un'amante, un'amica o una parente? - che era distante, sempre più distante, fino a che non scompariva nella dimenticanza e nella tormenta.
Le lacrime trattenute a fatica, il loro cristallizzarsi nella mente del fauno, schegge di ghiaccio che non si sarebbero mai sciolte.



Quel ricordo ora era suo.
Assaporò il gusto proibito della conoscenza, artigliò la sabbia mentre inarcava la colonna vertebrale, trattenendo quello che per lui era ormai meglio di un orgasmo.
Forse nella sua vita passata era stato un uomo come tutti gli altri e aveva ricercato i normali piaceri del corpo, ma ora... Cael era andato oltre.
Non sapeva come avrebbe reagito Poh.
Continuò a parlargli, visibilmente scosso, non riferendosi esplicitamente alla visione... ma entrambi avrebbero saputo.
Sì, quel tipo di comunione tra due persone non poteva avvenire senza che fosse notato.
Entrambi,
sapevano.

"Perchè sei qui, Poh? Non troverai niente di quello che cerchi, in mezzo alla sabbia.
Qui tutto appartiene al deserto, e solo lui sceglie quando sputare fuori i propri averi.
Non c'è spazio per il Gelo, in mezzo alle dune."



 
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view post Posted on 8/10/2014, 21:44
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« Oh.. »

Per un attimo - un solo attimo, una frazione di secondo - il Fauno si sentì svuotato nel toccare la creatura d'ossa. Sentì come se una parte di sé, una sua parte estremamente importante fosse stata tagliata in piccoli pezzi lasciati al vento caldo del deserto. Lo stesso vento caldo che cercava ora di lenire quel vuoto, quella ferita che da tempo sentiva aprirsi e chiudersi in continuazione e che lo aveva condotto ai limiti della pazzia, in alcuni giorni - quelli più duri, nei quali dubitava della sua stessa esistenza in quanto circoscritta nello scopo di ricerca di sua madre.
Il deserto.. lo considerava come un'entità, come un padre. Inutile dire della fulminea associazione da parte del Fauno con il suo concetto di Gelo e della madre Kjed. Più quel senso di vuoto tendeva a svanire - dopo aver allontanato la zampa dalle ossa levigate della creatura - e più si rendeva conto del senso di similitudine che lo univa allo scheletro. Erano simili, seppur tendenti verso due poli opposti.
Il Gelo non permane nel deserto.
Lo spaventò, quasi; il Fauno sentì un sussulto all'anima. Cercò risposte nella sua fede, sua maledizione e sua ancora di salvezza.

« Hai ragione, il Gelo non esiste nel deserto.. » asserì con tono vago e cupo. « .. non normalmente, almeno. »
Volse lo sguardo alle carcasse dei buoi.
« Un cacciatore è costretto ad imparare immediatamente le strategie delle proprie prede, se vuole tornare a casa a mani piene. Allo stesso modo, la preda sa che deve capire gli spostamenti del cacciatore per fuggirvi. Alle volte, il cacciatore - intento ad esercitare la propria arte - perde di vista l'ambiente esterno, diventando a sua volta una preda. E così fugge, utilizzando le tecniche che fino a poco tempo fa aveva studiato per contrastarle. Una delle più comuni è quella di scappare in luoghi dove il cacciatore non può raggiungerti, luoghi ostili, impervi.. luoghi come questo.
Il Gelo è qui, da qualche parte.
»

Come faceva a conoscere lo scopo della ricerca di Poh?
Loro.. non si erano mai incontrati. Il Fauno ne era.. sicuro.
Ma ciò che è sicuro non sempre è certo, perché la sicurezza rientra nella verità, la certezza nella realtà.

« Vuoi farmi la concessione della tua compagnia, mentre ricerco mia madre?
Chi meglio di te, figlio del deserto, può indirizzarmi verso la strada giusta..
»

Si alzò con un movimento fulmineo, poi tese la mano allo scheletro.
Cosa sarebbe potuto accadere, in fondo?


Poh prova a marchiarti con Orlog, il suo artefatto; allo stesso modo però cerca di toccarti di nuovo, concedendoti un'ulteriore possibilità di accedere ai suoi ricordi.
 
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view post Posted on 10/10/2014, 17:37

season of mists
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No, Poh si sbagliava.
Non c'era il Gelo in mezzo alla sabbia e alla polvere, non si nascondeva niente di tutto ciò fra le dune.
Lui l'avrebbe saputo, se così fosse stato.
... se ne rese lentamente e gradualmente conto, quasi stesse assaggiando quel punto di vista un poco alla volta, come un piatto prelibato.
Cael avrebbe saputo dove si nascondeva il Gelo, se avesse strisciato fra le sabbie con la sua invadente presenza.
Il deserto l'avrebbe comunicato, ad uno come lui.
Non avrebbe tollerato intrusioni, avrebbe mandato i propri guardiani a risolvere la questione.
Avrebbe risvegliato tutte le ossa sopite fra i granelli.
Gli avrebbe dato la forza per spazzare via l'Inverno da quelle terre, perchè quella era la Sua casa, il Suo regno, e niente sfuggiva al Suo controllo.
E Caelibarh avrebbe obbedito di buon grado, senza odiare l'invasore, semplicemente perchè lui amava il Deserto.

Tuttavia non contraddisse il fauno, non sarebbe stato saggio.
E poi... c'era qualcosa di stimolante, in quella creatura.
Non voleva separarsene così in fretta.
Che fosse il semplice piacere della compagnia di un essere vivente, dopo anni di solitudine?
Dopo un riposo che pareva essere durato secoli.
Del resto non era quella la prerogativa degli umani, il continuo cercarsi nell'oscurità?
Ma lui non era più un uomo.
Il peso della verità lo colpì come un macigno, ma non emise neanche un suono mentre affogava sotto quell'onda torbida che ricoprì il suo cuore.
Cosa avrebbe fatto quindi, Cael del deserto, ne uomo ne bestia, ne vivo ne morto, quando Poh gli tese la sua mano?
Gli era stata veramente offerta una scelta?
Osava davvero supporre che a lui, una creatura della sabbia, fosse concesso il lusso del libero arbitrio?
Troppi pensieri, troppe incognite.
Doveva prendere la sua decisione: affrontare un mutamento o giacere ancora nell'abbraccio delle dune.
Per mille altri anni ancora.
Era passato tanto, tanto tempo dall'ultima volta che aveva camminato al fianco di un altro essere vivente...
Così tanto tempo che non si ricordava quasi più cosa significasse.
Afferrò le dita nodose del fauno e,
vide.


Era ancora lei.
La sua schiena era tremendamente sensuale, candida come la più pura fra le nevi.
Cael scoprì di essere sinceramente dispiaciuto, quando le macchie di sangue fiorirono come papaveri sotto il tocco impietoso del fauno.
Ma Poh non pianse e non si disperò per aver strappato un fiore così bello, mentre consumava il suo macabro pasto.



Percepì il marchio che gli veniva applicato, un pezzo dell'anima di Poh che gli veniva donato come una spada a doppio taglio.
Non si arrabbiò per questo, ne un brivido lo percorse: aveva scrutato nella mente del fauno, era giusto che lui si prendesse qualcosa dello scheletro.
Qualunque cosa fosse.
E poi... era curioso.
Aveva visto la vera natura del suo interlocutore, si era rivelato come la bestia che era.
Ma Cael non ebbe paura.
Lui non era un uomo.
Non... non più.
Ci sarebbe stata morte, lungo il cammino di quell'essere, lui ne era consapevole.
Ne sarebbe stato risucchiato anche lui come in un vortice, l'avrebbe dispensata e forse l'avrebbe persino subita.
"Un'altra volta, quindi?" - ridacchio mentalmente.
Avrebbe potuto voltargli le spalle, augurargli buona fortuna e strisciare ancora nella sabbia.
Sarebbe stato davvero facile farlo.
Per un momento sembrò meno affabile, meno debole e rinsecchito.
Meno confuso e curioso.
Per un singolo, effimero istante, si rivelò essere nient'altro che un vecchio e scheletrico avvoltoio, che fiutava la sventura imminente e si preparava a spiegare le ali per raggiungere la carneficina.
Le parole uscirono con fatica, divincolandosi per uscire da quella gola come uccellini da un'inquietante gabbia.

« Molto bene Poh, figlio del Gelo e di Kjeld.
Cammineremo insieme.
Del resto, l'hai detto tu stesso... chi, meglio di me, potrebbe aiutarti?
»

Il disgustoso ticchettare del becco rese evidente una lenta e sinistra risata.
Sarebbero accaduti molti fatti interessanti all'ombra di quella creatura e lui avrebbe
osservato.
E poi... era davvero passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva camminato in mezzo agli altri esseri viventi.
Aveva voglia di
ricordare.
 
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5 replies since 2/10/2014, 13:00   240 views
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