season of mists ······· - Group:
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Era una sensazione strana, l'arrancare sul ciglio delle dune. Non spiacevole, quello no. Il sole che batteva sulle sue ossa, il caldo torrido che appesantiva le scarne e posticce membra, il vento che sospingeva la polvere all'interno del suo organismo inerte. Il capogiro che lo coglieva ripetutamente una volta dopo l'altra, sorprendendolo sempre e costringendolo ad inginocchiarsi per riprendere fiato. Non che ne avesse realmente bisogno, di respirare, ma certe abitudini sono dure a morire. No, tutto ciò non gli dava fastidio. Alla fine era la sua rinascita, ed ogni sensazione non era altro che una gioiosa riscoperta. Eppure dentro di lui sopravviveva ancora un viscido senso di inadeguatezza, verso quel peregrinare senza sosta. Dopo alcuni giorni di incessante cammino ebbe un'idea. Forse si trattava semplicemente di lasciarsi andare. Si chiese quindi che cosa più volesse fare davvero e la sorprendente risposta fu: sentire nuovamente l'abbraccio della sabbia. Ridacchiò fra sé e sé. Forse certe sensazioni sono come gli amori più vividi: ci vuole del tempo prima che si possa accettare l'idea di separarsene. E lui, perso nell'abbraccio del deserto, ci aveva passato un'eternità. Dapprima timidamente, poi senza vergogna, si mise carponi e, assaporando la sensazione dei granelli di sabbia fra le sua mani, cominciò a strisciare come una bestia. Dopo qualche ora - il suo riposo gli aveva insegnato a non avere fretta - si abbandonò completamente al suo lato più infantile e, torcendo il becco in quello che si sarebbe potuto definire un sorriso, cominciò a strisciare sulle dune, ventre a terra. Tutto ciò gli conferiva un aspetto inquietante, ma da vicino nemmeno il suo teschio inespressivo sarebbe stato capace di nascondere la sua vera natura: un allegro e scricchiolante serpente, un verme cadaverico e scheletrico, cinto dall'abbraccio della sua casa. Il giorno seguente, mentre ancora arrancava chino sul suolo, un gruppo di beduini dai vestiti candidi e il volto spaventato lo avvistò sotto il sole impietoso. Non lo avvicinarono e lui non diede segno di averli notati, ma dentro di sé riuscì ad immaginarsi gli orridi racconti che avrebbero riferito alla loro tribù: che mondo era, quello in cui il deserto sputava fuori le ossa che aveva inghiottito? Ridendo di cuore, decise che non gli importava. In fin dei conti in quella nuova vita, si disse, aveva il diritto di fare ciò che più gli andava.
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Fissò il suo sguardo nelle orbite vuote di quello che era una volta doveva essere stato un robusto e placido castrone. Il teschio spolpato gli parlò con un eloquente silenzio, ma Cael non rispose. Si chinò e, impugnando le coste di una gabbia toracica umana, si chiese timidamente se fosse in grado di estrarne qualche ricordo. Ossa che sorreggevano altre ossa. Un buffo teatrino. Sapeva di essere osservato. Lui era là, in silenzio. Una creatura imponente, provvista di corna e zoccoli, non ricordava niente che Caelibarh avesse mai incontrato prima d'ora. Ma, a metterla su questo piano, Cael non aveva nemmeno mai visto uno scheletro redivivo. Non lo avrebbe mai avvicinato per primo, non avrebbe osato, eppure ne era stranamente attratto. Incuriosito. Sotto un certo punto di vista fu un sollievo, quando fu lui ad avvicinarsi. O forse una maledizione.
« Meraviglioso.. magnifica creatura, divina costruzione. »
La figura caprina incombeva su di lui, minacciosa ed aliena. Cael ebbe un brivido improvviso ma, nonostante tutto, trovò le parole del fauno estremamente divertenti. Gracchiò quella che poteva ricordare una risata.
« Ehi, sei un tipo gentile... mi sento lusingato. Ma hai... un po' troppa carne sulle ossa per i miei gusti. » - le parole uscirono a fatica, dopo anni di silenzio.
Non aveva dimenticato il linguaggio di quella terra anche se la sua non era una più voce: era ormai diventata un rantolo di morte, il lento ma inesorabile scivolare dei granelli in una clessidra. Incrociò per un secondo lo sguardo dello sconosciuto, poi si ricordò che non tutti gli esseri di quel mondo avevano il dono dell'umorismo. Oh. Forse non avrebbe dovuto rischiare di farsi fraintendere e far passare le sue parole come provocazioni. Quella creatura sembrava forte abbastanza da spezzarlo in due. Letteralmente. Oh.
"Vieni, puoi sdraiarti qui sulla sabbia. C'è sempre spazio, fra i morti."
Mentre si rivolgeva direttamente alla mente del fauno, si rese conto che non gli importava che cosa sarebbe successo. Si sdraiò sulla sabbia, in mezzo alle altre ossa, e abbassò delle immaginarie palpebre sulle proprie inesistenti pupille. Aspettando una reazione, persino violenta, con la stessa leggerezza con la quale ci si potrebbe informare su quale giorno sia della settimana si chiese: chissà che cosa c'è dopo la vita oltre la morte.
A te! Considera tutto il discorso di Cael come se fosse espresso nel "gergo delle bestie".
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