Narrato Parlato Beleg Parlato Drago Parlato Calgòr
Fulgide nuvole si stagliano all'orizzonte, capaci di catturare l'ultima luce del sole ormai morente. Dall'alto dei cieli, tra un imponente battito d'ali e l'altro, avevo modo di gustare un panorama che a pochi era destinato. Poi, improvvisamente, una virata. Il Drago cambia rotta, svolta a sinistra mentre perde quota e, proprio come quando mi sento cadere in un sogno, lo stomaco mi sale fino al petto togliendomi il respiro, ma questa volta non ho paura. Sfrecciamo in un crepaccio fosco, con le pareti rocciose che sembrano accarezzarci la pelle, sibilando al vento per la velocità raggiunta, ma presto anche questo finisce. Il buio lascia spazio al fulgore del tramonto, la luce mi acceca e per qualche istante sono costretto a chiudere gli occhi. Solo allora posso concentrami sul vento che mi accarezza il volto, gelido come sempre nella regione e forse ancor di più per via dell'altezza. Sento la pelle screpolarsi, ma non importa, ne vale la pena. Lasciandomi andare, lasciandomi cullare dalla creatura leggendaria, posso anche annusare il pungente odore di pini che mi pervade, mi sale lungo le narici provocandomi una fastidiosa effervescenza che sa di natura incontrastata. Solo in questo momento riacquisto la vista, per gustare un panorama da togliere il fiato, l'ennesimo. Davanti a me sta la valle baciata dalle ultime luci della giornata, maestosa nei suoi colori contrastanti. Allora rallentiamo, perdiamo ancora quota e con un ultimo possente battito d'ali ci posiamo su di una rupe che sovrasta la foresta. Quando poso i piedi al suolo mi sento triste, vuoto. La gravità mi assale violenta, cercando di attrarmi al centro di Theras come una creatura vorace. Erano bastati solo pochi ma intensi minuti in aria per farmi comprendere ciò che ero, ciò da cui discendevo. Volare era magnifico ed ormai faceva parte di me. Improvvisamente il drago ruggì con prepotenza, emettendo dalle grosse fauci una nube di vapore capace di riscaldare l'ambiente. Un suono bestiale e feroce avrebbero pensato in molti, ma per me così non era. Anzi, il grido raggiunse le mie orecchie come un magnifico canto capace di placare l'animo, perché di questo avevo bisogno. Se durante il volo mi sentivo spoglio di ogni pensiero ora stava avvenendo l'esatto contrario. Non avevo più una casa, non avevo più una famiglia e non avevo più uno scopo di vita. Mille domande assillavano la mia mente, troppe per darvi delle risposte, talmente tante che non riuscivo a concentrarmi su nessuna di queste. Fortunatamente il mio flusso miasmatico di pensiero venne presto interrotto dal rettile alato, il quale proferì parola con timbro di voce alto e tono autoritario. “Punta lo sguardo verso Nord, giovane mezzo-drago.” La lingua da lui usata non era quella comune, ma quella del Nord, adottata dai draghi che da sempre abitano la catena dell'Erydlyss; una lingua che nella Compagine era conosciuta solamente da pochi anziani, dai quali la studiai con costanza. “Quella è Lithien, biblioteca del mondo.” Continuò dopo una breve ed iniziale pausa, interrompendosi ancora per qualche istante prima di concludere il discorso. “Si dice che all'interno della sue mura si conosca ogni storia che è stata e che verrà raccontata. Li, forse, protrai trovare qualcosa che dia un senso alla tua esistenza.” Poi tacque e per un breve istante fissai la Città Bianca, ma la mia curiosità, in quel preciso istante, era catturata da altro. “Tu non puoi dirmi nulla? Non sai nulla?” Dissi borbottando e confuso. Non sapevo nemmeno io cosa volevo sapere, ma chiedere qualcosa mi pareva comunque lecito. In fondo mi trovavo al cospetto di una creatura saggia per antonomasia, famosa oltre che per la sua grande forza per la sua ferrea memoria. Magari conosceva la storia del mio passato, oppure notava in me qualche particolare che potesse collegarmi a qualcuno. Vane speranze, probabilmente, ma che senza proferir parola sarebbero rimaste in eterno tali. Così continuai a fissarlo, tremante non per timore nei suoi confronti, ma per l'agitazione che mi procurava l'attesa di una risposta. Risposta che non tardò certo ad arrivare, ma che mi lasciò con l'amaro in bocca. “Prendi il sentiero verso Nord.” Furono queste le sue sole parole mentre, spiegando le enormi ali, prese il volo, andandosene lontano in luoghi dove le tenebre già abbracciavano le montagne. Ormai, solo con i miei pensieri, non mi rimasero alternative e cominciai il mio percorso verso la Città di Marmo. Prima scesi la rupe attraverso pericolosi percorsi a strapiombo sul vuoto, rischiando più di qualche volta di scivolare per l'instabilità delle rocce, per inoltrarmi poi nella foresta rigogliosa che segnava l'inizio della valle. Luoghi tranquilli, tutto sommato, o almeno così mi sembravano. Marciai tutta la notte senza incontrare anima viva, raggiungendo alle prime luci dell'alba la base della città. Dovevo aver sbagliato qualcosa, evidentemente. La rocca, infatti, si stagliava svariati metri sopra la mia nuca apparentemente irraggiungibile. Ancora più bianca di quanto avevo avuto modo di vedere da lontano, ancor più armoniosa e perfetta. Non avevo mai visto nulla di così magnifico, anche se dovevo ammettere di aver posato lo sguardo su ben poco oltre ai villaggi nell'Erydlyss. In ogni caso potevo immaginarlo, difficilmente mi sarei trovato di fronte a qualcosa di più maestoso di Lithien. Questa catturava il mio sguardo ed i miei pensieri, alimentando l'ira che provavo nel non riuscire a raggiungerla. Nord; Sud; Est oppure Ovest, nessuna direzione sembrava portare ad essa. Salire lungo il pendio alberato che si stagliava sotto le mura si rivelava impossibile a causa di impervi dirupi ed altrettanto lo era provare ad aggirarli. Per quanto mi sforzassi, quando sembravo esserci vicino, qualche ostacolo mi costringeva a deviare il percorso. Per ore girai come una trottola finendo con il ritrovarmi sempre alla base della vetta di marmo, raggiungendo una stato di frustrazione senza precedenti. “Maledizione!” Esclamai con stizza, calciando con violenza un cespuglio per sfogare la rabbia. Ero esausto; il mio corpo sentiva ormai la fatica del viaggio e del digiuno, mentre la mia mente era logora per via di quel camminare senza fine. Il fato sembrava burlarsi di me e ne aveva tutte le ragioni. In quel momento però, quando la disperazione sembrava prendere il sopravvento, un voce squillante giunse alle mie orecchie. " Orsù, chi va là? Sono solo e indifeso, non vi spaventate! Io son Calgòr, vagabondo e perditempo, Voi invece? " Balzai oltre il cespuglio incuriosito, incurante che chi vi era potesse essere un bandito o un poco di buono. Era una persona, una persona nei pressi di Lithien e che quindi, forse, sapeva come raggiungerla. Questo era l'importante. Importante, si, ma anche stupido ed avventato. Ai miei occhi si presentò una strana figura che subito mi fece pentire della mia azione. Si trattava di un elfo il cui volto era per metà sfregiato da una orribile ustione apparentemente recente. Una figura cruda e raccapricciante che esibiva un sorriso carico di ostilità. Almeno era questo ciò che intuivo e che mi intimoriva. Tuttavia mi era sempre stato insegnato a mantenere un certo decoro e a non dimostrare mai di provare timore nei confronti di qualcuno, quindi mi fermai ad una manciata di metri dall'elfo, mostrando un sorriso cinico e rispondendo cordialmente alle sue parole. “Il mio nome è Beleg, della tribù dei Cacciatori di Draghi nell'Erydlyss. Sono in viaggio per raggiungere Lithien, ma ahimè ogni strada che ho percorso sembra non portare ad essa. Posso sperare in un vostro aiuto per raggiungerla?” Figurarsi se mi sarei mai fidato di un estraneo e men che meno di questo, ma dopo quel girare a vuoto per ore mi ero reso conto che, solo, non avrei mai raggiunto la Città di Marmo. Chiedere aiuto ad un vagabondo e perditempo, per come si era descritto, era decisamente una scelta azzardata, ma a quel punto anche inevitabile. Mi sarebbe bastata solo un po' di attenzione ai suoi comportamenti per non incappare in brutte grane, speravo.
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