Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Enchanted Recall ~ il segreto del primo respiro

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view post Posted on 6/10/2014, 20:01
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Like a paper airplane


········

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L’uomo sedeva nel posto di guardia, dietro un tavolaccio spartano ricoperto di carte. Il suo compito, ogni giorno, era raccogliere le denunce di coloro che durante la notte avevano assistito ad un reato. Il calamaio accanto alla mano destra e numerose pergamene ancora da scrivere alla sua sinistra, attendeva che la porta semiaperta venisse spalancata. Di tanto in tanto si grattava il naso piatto e corto, un naso che non gli era mai piaciuto.
Venne strappato alle proprie riflessioni dall’ingresso della ragazza. Era chiaro che si doveva trattare di una giovane donna, perché l’abito scarlatto che indossava ne fasciava il corpo tanto sottile da essere etereo, privo di ogni pesantezza. La stoffa le copriva perfino i polsi e si allargava solo sulle spalle, concedendo un vezzo a quella linea altrimenti essenziale. Indossava un cappello dall’ampia falda, con una veletta di pizzo che impediva di dare un nome al suo viso.


Buongiorno”.


Non sapeva bene come comportarsi, quindi decise di sorriderle. Si accorse che teneva tra le braccia una bambola di porcellana abbigliata esattamente come lei, ma senza copricapo, così che i due piccoli occhi di vetro azzurro parevano puntarsi su di lui come spilli. La ragazza fece un cenno del capo, sfiorandosi appena il cappello con il dito indice. Senza chiedere il permesso spostò l’unica sedia posta davanti al tavolo e si accomodò. Sedeva composta, la bambola seduta sulle sue gambe e le mani attentamente poggiate sulle ginocchia.


Desidera denunciare un crimine?


Continuava a sorriderle, eppure una strana inquietudine gli scivolava lungo la schiena, sempre più opprimente. Proveniva da lei, da quelle labbra sottili, pallide, totalmente inespressive.


Questa notte un uomo è stato ucciso”.


La ragazza fece una piccola pausa: non aveva alcuna fretta di proseguire. Aderì attentamente con la schiena al legno e arricciò le labbra, quasi si stesse preparando ad utilizzarle di nuovo. Il soldato socchiuse gli occhi. Non si era accorto che la sua mano destra aveva iniziato a tremare lievemente.


Ma nessuno troverà il corpo”.


Il silenzio scese di nuovo su di loro. Lei non guardava verso il soldato, ma teneva il capo leggermente chino in avanti, come se stesse leggendo una traccia che teneva posata sulle gambe. Eppure sulle sue gambe c’era solo quella bambola terribile, con la bocca socchiusa in quello che sembrava un rimprovero.


E…come mai?


Sapeva che non avrebbe dovuto chiederlo, ma quello era il suo compito. Ciò che faceva ogni mattina. Non aveva ancora intinto la piuma nel calamaio, ma prima o poi avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto scrivere sulla pergamena che gli pareva diventata immensa, famelica.
Senza rispondergli, la sconosciuta si chinò in avanti, poggiando il dito indice e il medio sulla scrivania. Li mosse avanti e indietro, come a simulare dei passi.


Si dà il caso che la notte mi piaccia farmi una passeggiata per la città”.
Questa volta sollevò un poco il capo, in quello che sarebbe potuto essere un cenno d’intesa.
E che mi capiti di vedere cose singolari. Questa capitale nasconde più topi di fogna di quanti io ne abbia mai visti, naturalmente, ma tra di essi esiste qualche predatore dalle straordinarie capacità. Qualche serpente, potremmo dire”.


Una piccola lingua rosea scivolò su quelle labbra senza identità. Una lingua provocatoria, supponente, una lingua che sapeva.
La guardia lo capì immediatamente, e nello stesso istante poggiò la piuma nello stesso punto in cui l’aveva sollevata. Ora tutto il suo corpo stava tremando. Rivolse un’occhiata alla porta socchiusa, domandandosi se fuori ci fosse qualcuno in attesa. E poi guardò quel corpo fragile, avvolto completamente nel velluto, chiedendosi se sarebbe stato poi così difficile spezzarlo.


Lungi da me interrompere il sublime spettacolo della caccia


Ora la mano della sconosciuta si era fermata, e le sue dita tamburellavano ritmiche sul legno.
Tic toc. Tic toc tic. Al guardiano sembrò che quel rumore gli penetrasse direttamente nel cuore.


Ma, come le ho già detto, nessuno troverà il corpo”.


L’uomo afferrò il proprio lato del tavolo con entrambe le mani. Sarebbe bastata una minima pressione, un solo secondo, per ribaltarglielo addosso e immobilizzarla.


Perché, naturalmente, io l’ho fatto sparire”.


Il tempo parve dilatarsi tra loro, tendersi al punto da precipitarli nello spazio che separa un respiro dall’altro. E sulle labbra di lei disegnò un sorriso consapevole, imbevuto della certezza di avere il coltello dalla parte del manico. Con un gesto fluido della mano sinistra si tolse il cappello, mostrandogli i propri occhi vuoti, lattiginosi, il naso spruzzato di lentiggini scolorite, simili a foschia.


E…


Avrebbe voluto farle molte domande, ma non sapeva quale rivolgerle per prima. Continuava a fissare quegli occhi senza pupilla, chiedendosi come potesse sapere, come potesse averlo trovato. Dopo che ogni anno, ogni mattina, aveva nascosto tutte le prove che parlavano di lui. Dopo che aveva eliminato chiunque potesse sapere.


Immagino per lei possa essere davvero una scocciatura, Syr Kaa. Tutto questo tempo”.
Tutto questo tempo.
Tutti questi sforzi per entrare nella guardia
Tutti questi sforzi.
Tutta la fatica per trattenersi, per farlo solo quando era indispensabile. Tutta quella p a u r a”.
La paura.


La ragazza si alzò in piedi, poggiando accuratamente la propria bambola sulla sedia. Tese verso di lui entrambe le mani, i palmi rivolti verso l’alto. C’era qualcosa di imperioso nel suo viso circondato dai capelli candidi raccolti dietro la nuca.


Ma non ti devi più preoccupare. Perché d’ora in poi lavorerai per me”.
Guardò le proprie mani sottili, ricoperte dai guanti, e ne spogliò uno, sempre con studiata lentezza. Poi tornò a tendergli la mano nuda.
Io sono Ainwen. E questo sarà il solo nome che dovrai temere”.


La guardò con gli occhi sgranati, chiedendosi se fosse seria. Poi, prorompendo in una risata soffocata, si lanciò in avanti attraverso la scrivania. Con una mano, una soltanto, le afferrò quel piccolo collo sottile come un giunco. Con l’altra la afferrò per i capelli, rivolgendole il capo verso l’alto. Era proprio lì, esposta, la vena della giugulare. La sua gola tremava al ritmo del respiro affannato. Un solo morso quella voce avrebbe taciuto per sempre.
D'improvviso la mano di lei, gelida, gli si posò sulla guancia. E un dolore indescrivibile prese possesso del suo corpo, gli esplose all’altezza dello stomaco e delle ginocchia, costringendolo a terra. Si portò le mani alla gola, desiderando poter estrarre da sé quella sensazione di bruciore che lo consumava. Ainwen gli sorrise di nuovo, rassettandosi attentamente i capelli e scrollando dal vestito la polvere che vi si era depositata. Ignorò i suoi gemiti di aiuto, fino a quando parve essere soddisfatta. Allora gli posò un piccolo piede calzato di velluto sulla spalla. Nella mano le era comparso un coltello d’argento, scintillante quanto la luna.


Non te lo chiederò di nuovo, neidr. Vuoi lavorare per me?


Ebbe appena la forza di muovere il capo avanti e indietro, sperando che lei interpretasse correttamente il suo gesto. La vide socchiudere gli occhi, forse cercando dentro di sé la risposta. Poi il suo volto tornò serio e il coltello scomparve sotto un lembo di stoffa. Anche il piede si ritrasse e con esso parve lentamente scemare il dolore. Onde leggere di frescura, di benessere, lo invasero. Finalmente prese fiato. Lei era ancora sopra di lui, immobile.


Tornerò a chiamarti. E per quel giorno dovrai portare dei compagni con te. Non deludermi”.


Sollevò la propria bambola tra le braccia, si calcò il cappello sul capo e uscì. Kaa si chiese se sarebbe tornata davvero, se davvero lo avrebbe protetto allo stesso modo in cui lo aveva attaccato. Non sapeva esattamente cosa sperare.





CITAZIONE
QM. P O I N T

Benvenuti ad Enchanted Recall III *_*/
Spero che questa esperienza vi piacerà e vi potrete divertire quanto mi sono divertita io ad idearla. Per iniziare vorrei fare in questo modo: all'inizio della quest tutti i vostri personaggi si trovano per qualche motivo (a vostra scelta) a Basiledra. Per qualche motivo (ancora a vostra scelta), vengono a sapere che c'è in atto un reclutamento e che questo si tiene in un locale della guardia cittadina (e se ve lo state chiedendo sì, è PIUTTOSTO strano).
Gestiamo la cosa in confronto (chiaramente penso che andrete a farvi reclutare xD). Se mi dite come e quando i pg si recano al reclutamento io poi vi risponderò di volta in volta guidando questo futuro primo post.

 
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Queen's Knight
view post Posted on 11/10/2014, 00:00





Enchanted Recall - Il segreto del primo respiro.
Sentirsi parte di qualcosa
anche quando non lo si è davvero
riempie il cuore di una gioia incommensurabile.

« Hai sentito? »
posai il flauto per sospirare.
Sapevo perfettamente che non avrebbe desistito se lo avessi semplicemente ignorato. Era un ragazzino piuttosto vivace, lavorava come messaggero per la Resistenza e passava discretamente inosservato - sospettavo in realtà che anche la Guardia Insonne lo avesse adocchiato come un pettegolo e se ne stesse alla larga -
« No. Non è che potresti... »
« Perché non ci vai? » incalzò, senza lasciarmi finire. « Le tue ferite sono guarite, no? Potrebbe essere utile per noialtri! »
« ...lasciarmi finire di suonare? »
Sospirai.

« Dove andare lo sai, che ti costa? Sei piuttosto poco umana per essere associata a noialtri, non puoi buttare via questa occasione. »
Era incredibilmente petulante nonostante la giovane età, la guerra l'aveva spinto a crescere molto velocemente, seppur d'aspetto non dimostrasse nemmeno l'ombra della piena adolescenza.
« Sono una specie di ibrido donna-gatto con influenze chiaramente demoniache, anche un guercio riuscirebbe a vedere che sono eccessivamente particolare. »
« Ma quante storie che fai, siamo a Basiledra, qui dentro sono andate e venute migliaia di creature messe anche peggio di te. Non sorprenderti se la gente ha paura del tuo aspetto, sorprenditi quando non ne ha... perché è molto probabile voglia ucciderti. »
Sfoggiò un sorrisetto furbo sul viso sporco e umido di sudore.
« Dai Strelkigia, sarà utile. »
Abbassai le orecchie al sentire il mio nome pronunciato a quel modo. Un brivido di disgusto mi discese lungo la spina dorsale sin alla punta della sinuosa coda poggiata sopra la coscia.
« Non puoi chiamarmi Selki come tutti gli altri? »
« No. »
« Non puoi andare a chiedere ad altri di fare questa cosa? »
« No. »

Sospirai.
« Andrò al calare del sole. »
Sorrise sornione dopo aver ottenuto la sua vittoria.
Sospirai di nuovo.

J2nXfZc

Mi ero buttata addosso un pastrano logoro e consunto, quella sera, per nascondere al meglio possibile certi miei lineamenti indesiderati. Supponevo, a buon nome, che la visione di orecchie pelose, coda e mani artigliate avrebbe potuto disturbare notevolmente il popolino e, con esso, anche le guardie. Visto quanto era successo alla mia compagna K'ila, rimasta prigioniera in nome di una fantomatica prevenzione e paranoia del lord reggente, preferivo rimanere anonima quanto più mi era permesso.
Si, ovviamente mi sarei dovuta mostrare al momento di prendere servizio in quello che, virtualmente, poteva essere un lavoro suicida o qualche malaugurata missione senza ritorno, ma dubitavo mi avrebbero respinta. Se non altro avrebbero mandato a morire un mostro e non una donna vera e propria: per la filosofia umana era una vittoria su tutti i possibili fronti.
Da quando K'ila mi aveva trattata a quel modo, nonostante l'avessi salvata da morte certa, avevo iniziato a meditare sulla possibilità di cambiare completamente la mia vita, di smettere di perseguire obiettivi troppo grandi e prefissati da terzi in mio nome. Volevo essere autonoma, indipendente, volevo dare la caccia ai demoni ma con i miei tempi, i miei modi e le mie giustificazioni... non quelle della tribù, non quelle risalenti a periodi ove nemmeno la memoria osava avventurarsi. Avrei fatto la differenza? Improbabile. Ma il solo gesto di mettermi di nuovo in gioco, di urlare al mondo che dannazione c'ero anche io mi avrebbe potuto far restare in vita. Anche per quello avevo accettato di unirmi a quell'oscuro reclutamento, perché era un tuffo nel buio, un passo verso l'ignoto, un qualcosa che sino ad allora mi era stato semplicemente precluso. Non è per denaro, né gloria o fama che avrei compiuto quell'impresa, ma per me stessa e per dimostrare a tutti gli altri che potevo essere un membro attivo e produttivo della loro società, anche se non ero riuscita ad esserlo per la mia.
Da una parte non avevo alcuna speranza di tornare a casa portando tra le braccia la testa di un arcidemone, non potevo creare un esercito e lanciarmi a capo fitto contro le porte degli inferi dando assedio al Mondo di Sotto, ma potevo diventare qualcuno per gli uomini. Sempre se fossi riuscita a superare i miei non pochi pregiudizi nei loro confronti, ovviamente.

Decisi di attendere l'ora di cena per presentarmi allo sportello di reclutamento: la gente era dimezzata rispetto alle ore di punta e molti, scambiandomi per una ragazza vera e propria, mi fecero passare avanti in un gesto di inaspettata galanteria. Io rispondevo sempre tenendo la testa china e con un "grazie" molto leggero e dolce, non volevo che qualcuno si insospettisse guardandomi in faccia e scoprendo cosa ero veramente anzitempo.
L'addetto alle reclute aveva l'aria di chi sta facendo un lavoro per di più e che, potendo, mollerebbe baracca e burattini tornando a casa per godersi una bella dormita sino all'alba. Eppure era davanti a me, il capo chino e quasi ignaro della mia persona, a ripetere come un burattino mosso da invisibili fili la stessa filastrocca ad ogni candidato.
« Accomodati, come ti chiami? »
Non era certamente l'uomo più muscoloso del mondo, ma nemmeno il primo imbranato di strada, coi capelli castani ed un modo di parlare molto preciso e coinciso. Sulle prime rimasi interdetta, dovendo riflettere un paio di volte su come agire in maniera tale da non stravolgerlo col mio aspetto, ma poi la sua indifferenza parve giocare in me un certo ruolo tranquillizzante, quasi come se la mia diversità fosse davvero passata in secondo piano, proprio come affermato da quel petulante ragazzino.

« Selki. »
Il tono mi uscì dalle labbra incerto, seppur ben mascherato, giacchè per poco non dissi il mio nome completo.
E a quel punto, ero sicura, qualcuno mi avrebbe cacciata fuori dallo stabile senza batter ciglio.
« Sono qui per quell'offerta di lavoro, oggi come oggi essere parte di qualcosa è pur sempre meglio che non essere niente... »
Sospirai. Mia sorella non avrebbe approvato quel mio continuo ed involontario movimento respiratorio, lei diceva sempre che il sospiro è l'ultima cosa che fanno gli esseri viventi prima di morire e che la sua sorellina non correva quel rischio per ancora diversi secoli. Eppure così non era, dato che la mia vita risultava costellata da insicurezze, da piccoli ed asintomatici sospiri di tristezza.
« ...lei non può darmi maggiori indicazioni su ciò che sto per firmare, vero? »

Ad una certa alzò finalmente la testa dalle scartoffie rivelando un'espressione palesemente sorpresa nel distinguere certi miei lineamenti ma, stoicamente, deviò le sue emozioni rimanendo professionale ed imperturbabile. Afferrò una penna intingendone la punta nell'inchiostro, quasi pronto a chiedere di mettere una firma su qualche documento che non avrei mai letto.
« Dove devo firmare? »
Ero titubante nel mostrare la mia mano ricoperta dalla candida e soffice peluria, ma se proprio avessi dovuto farlo una firma non mi avrebbe sicuramente uccisa. Forse.
Però l'uomo non sembrò assecondare il mio gesto e, anzi, tracciò una semplice linea sulla pergamena che aveva davanti invitandomi a presentarmi alla mezzanotte di quella stessa sera in sede, dove sarei stata ragguagliata sul mio lavoro. Era confortante sapere che il mio nome non sarebbe servito a niente, che il mio esserci veniva rappresentato da una stanghetta d'inchiostro. Al pari di un magazziniere che stocca casse di viveri così io, ridotta ad una merce comune a Basiledra, ossia la mercenaria, ero stata messa in lista per il prossimo venditore.
Ma essere su quella lista era meglio di non essere niente, no? Anche se solo con una linea d'inchiostro.
« Mezzanotte, qui fuori... ricevuto. »
Girai i tacchi uscendo rapidamente per le strade.

Passai le circa tre ore e mezza che mi restavano prima del momento di ritrovo dentro una taverna, nel tavolino in ombra e più distante dal resto della sala, col cappuccio calcato in testa e fingendo di essere ubriaca per farmi lasciare in pace. Mangiai poco, bevvi ancora meno, avevo lo stomaco chiuso e pregno di preoccupazioni ed ansie. Non potevo fare a meno di chiedermi dove mi avrebbe portato una vita in quel modo, una storia passata tra i fallimenti e le demoralizzazioni, senza amici, senza passato, senza futuro. Avevo, invero, paura di smarrire la strada e farmi corrompere dai demoni come era successo a molti, troppi altri miei compagni. Avrei dovuto restare legata a qualcosa di genuino, di vero, di buono, che però ancora mi sfuggiva.
Alla fine, notando che l'ora si faceva tarda, mi recai sul posto sedendomi sopra una pila di casse abbandonate in attesa. Non avevo nemmeno idea di chi si sarebbe presentato ma, per buona norma, portai la mano sopra l'impugnatura del coltello lasciandomi rassicurare da quel contatto.
La mia prima avventura fuori dal nido, eh, sorellona?...

Tabella TecnicaCapacità Speciali: 1 Istinto 2 Maestria con le Armi (3)
Stato fisico: Illesa.
Stato mentale: Illesa.
Riserve Energetiche: 100%
Stato Emotivo: Neutrale

Equipaggiamento:
• Arco composito d'osso. (Arma da distanza con 15 frecce a giocata e lama innestata, usabile anche come arma corpo a corpo) [15/15]
• Daga d'ossidiana. (Arma bianca, pugnale)
• Pugnali da lancio d'ossidiana. (Arma da distanza con 20 colpi a giocata) [20/20]

Passive:
• Percezione Predatoria. (Passiva Raziale Sonar, visione e orientamento nell'oscurità)
• Tiri Perfetti. (Passiva Talento Tiratore I, capacità di prendere sempre la mira anche su bersagli solo parzialmente visibili)
• Pioggia Pesante. (Passiva Talento Tiratore II, capacità di lanciare consecutivamente o contemporaneamente più armi da lancio senza perdere in precisione anche in direzioni diverse)

Attive: ///

Note: Come da confronto, più piccolo incipit per spiegare come Selki ha saputo della cosa, mi sono inventata una spia bambino, un qualcosa di comune specie in tempi passati. Il resto spero sia di vostro gradimento.

PS: potrei pasticciare con le impaginazioni perché ho chiesto consiglio in giro e sto cercando di mettere in pratica suddetti consigli >w<

 
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view post Posted on 13/10/2014, 22:09

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Basiledra, Bassifondi



Norman era appena uscito dalla taverna Il Vecchio Barile, con la mente annebbiata dai fumi dell'alcool, quando avvertì quel suono sinistro. Sentendosi le gambe instabili si appoggiò con una mano al muro del vicolo fatiscente, il quale da tempo non rispecchiava più lo splendore caratteristico della capitale. Scrutò tra la bruma, ansioso di capire da dove provenisse quel rumore. E questo, senza farsi attendere, si ripeté di nuovo: qualcosa di pesante, di metallico strisciava tra le strade più buie e malfamate di Basiledra. Ed infine la vide: la figura ammantata scendeva dal fondo del viottolo, un'ombra tra le ombre; era come se la nebbia le facesse spazio, ritraendosi al suo passaggio. Un brivido di paura risalì la schiena dell'uomo ed alla vista di quegli occhi -ferini, terribili- un urlo soffocato gli morì in gola.

______________________



« Quando? » La ragazza aveva la bocca secca, impastata. Era giunta a Basiledra che la luna svettava già alta nel cielo, pressapoco all'ora terza. I cancelli della città, ovviamente, erano stati chiusi ore addietro, ma questo non era stato un problema: chi sa come muoversi è in grado di non essere visto anche dall'occhio più acuto. Ciò nonostante il suo interesse non era penetrare di soppiatto nella città, quanto entrarvi e basta: erano trascorse solo due settimane da quando aveva appreso dello strapotere ottenuto dalla Guardia Insonne, ma erano bastate per covare un odio intenso. Ancora una volta, difatti, si era trovata nella condizione dover fare una promessa a chi le aveva dato tanto e che, con brutalità, era stato sottratto a questo mondo.
Con l'unica mano umana Deirdre fece un cenno all'oste per ordinare una birra, in modo da ascoltare con maggior pazienza le informazioni che il suo interlocutore aveva da fornirle. « Avanti, parla. » Non aveva molta voglia di restare in quella topaia, nella quale i pochi avventori avevano gli occhi puntati su di lei, sebbene il lungo e logoro mantello lasciasse intravedere solo le gambe lisce. Pur tuttavia, quest'ultimo faceva presagire che qualcosa di anormale si nascondesse sotto di esso: era oltremodo impossibile non notare il rigonfiamento laterale e le punte di un qualcosa di metallico che fuoriuscivano appena dalla sopravveste. Ed il viso incappucciato, nel complesso, suscitava più inquietudine che curiosità; ad eccezione dell'umano che le era seduto di fronte, il quale pareva totalmente indifferente a tutto ciò e mostrava attenzione solo al sacchetto in cuoio, pieno di tintinnanti monete d'oro.

Il baluginio di avidità che risplendeva negli occhi di Henric si rifletteva sull'effige dorata di Re Raimond. L'uomo provava un senso di inquietudine nello star seduto allo stesso tavolo con quella donna, ma il richiamo del denaro era troppo forte. Non che fosse in ristrettezze economiche, ma il regime di austerità imposto -ed autocreatosi- in seguito all'ascesa della Guardia Insonne ne aveva ridotto drasticamente le finanze; insomma, non aveva più oro a sufficienza per pagarsi i vizi peccaminosi di cui normalmente godeva i piaceri. « Conio particolare, nevvero? » Non c'erano più molti modi per procurarsi monete appartenenti al regno del Re Che Non Perde Mai; e quasi tutti erano illegali. « Ma non siamo qui per questo. » Fece schioccare la lingua, prolungando l'attesa nel fornire la risposta che l'altra desiderava. Era un buon mentitore ed un discreto truffatore, ma -sicuramente- prolungare quel gioco più del previsto avrebbe potuto rivelarsi una scelta sbagliata. E lui non desiderava sprecare quell'oro che era riuscito ad estorcere in quantità superiore alle proprie aspettative. « No, affatto. Entrambi siamo qui perché si dice che un uomo stia reclutando persone per un affare particolare. E quest'uomo, fatto davvero curioso, appartiene alla guardia cittadina. » Aveva volutamente calcato le parole, assaporandone appieno il gusto che queste gli avevano dato nel pronunciarle. Sapeva che non c'era bisogno di molte spiegazioni, che la ragazza avrebbe colto al volo ciò che lui aveva lasciato sottinteso. E se quegli occhi non l'avessero fissato nel profondo dell'anima, inchiodandolo alla schienale, probabilmente Henric si sarebbe anche concesso un sorriso all'idea di cosa sarebbe andata ad affrontare; ma, saggiamente, si trattenne dal farlo. « Domani dovresti trovarlo nel centro città. Ma io, ovviamente, non ti ho detto nulla. »

« Ovviamente. » Soddisfatta, Deirdre si alzò dalla sedia, riprendendo in mano il sacchetto con le monete che non aveva mai avuto intenzione di cedere. E di fronte alle ingiuriose proteste dell'informatore, divenuto rubicondo in viso e già pronto a metter mano ad una lama celata sotto le vesti, la ragazza snudò l'immenso arto mostruoso, rivelando gli artigli di ferro come una fiera farebbe con le proprie zanne. « Non pensare di poter trattare con me. Io mi prendo ciò che voglio. » La minaccia rimase nell'aria inespressa, ma evidente. E, per fortuna dell'umano, fu colta al volo.


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Basiledra, Centro città


Ogni angolo, ogni mattonella delle vie lastricate su cui metteva piede, rappresentava l'immenso sfarzo della capitale dei Quattro Regni. Anche di notte, Basiledra rimaneva pulsante di vita: per Blackwood non fu semplice giungere nel distretto principale, vista di sfuggita da taluni e celata agli occhi dei più; per via della sua deformità la ragazza mal sopportava gli agglomerati urbani troppo affollati ed ancor meno apprezzava i contingenti di guardie che, nonostante fosse notte fonda, si mantenevano vigili ed attente nei propri giri di ronda. Le ci vollero quasi due ore per giungere ivi, dopo aver attraversato il quartiere degli artigiani e della media borghesia; era appena l'alba, difatti, quando tra i primi soffusi raggi di sole scorse la caserma di cui le aveva fatto cenno l'umano, la notte precedente. Immersa nel silenzio, a vederla dall'esterno la struttura pareva disabitata, priva di qualsivoglia anima viva; ma qualcuno, ben lo sapeva, doveva pur esserci all'interno. E per un attimo ponderò su come avrebbero reagito allo scorgere un mostro come lei; si concesse un mezzo sorriso all'idea che qualcuno avrebbe avuto un risveglio tutt'altro che piacevole.

Varcò l'atrio con tutti i sensi all'erta, pronta ad aspettarsi un'accoglienza aggressiva che invece non arrivò. Scrutò la guardiola all'ingresso, appiattendosi tra le ombre che ancora dominavano l'ambiente: un uomo abbastanza sonnecchiante sedeva ad una scrivania d'ebano, con davanti a sé rotoli di pergamena ed un calamaio mezzo pieno di inchiostro; dalle palpebre pesanti era chiaro che fosse più addormentato che cosciente, nonostante tenesse in una mano una tazza fumante.
Mosse un passo con estrema cautela, poi un altro ancora, con la fronte che cominciava ad imperlarsi di sudore; se avesse agito con prudenza avrebbe potuto rendersi praticamente invisibile, comparendo dinnanzi alla guardia solo all'ultimo momento. Un asse cigolò sotto il suo peso: trattenne il fiato, rigida come se il suo corpo si fosse mutato in freddo metallo, ma nulla accadde; l'umano era troppo concentrato sul riprendersi da una sveglia che palesemente era arrivata troppo presto, per prestare attenzione a ciò che si trovava più lontano di dove potevano arrivare le sue mani. E fu così che notò Deirdre solo quando questa giunse esattamente innanzi a lui. « Dovrebbe essere questo il posto. » Si sfilò il cappuccio del mantello: la destra pendeva lungo il fianco, la possente spada bastarda era infoderata, ma niente incuteva timore come quegli occhi collerici, che sondavano dal busto al capo il povero soldato. « Di là » Deglutendo a fatica, con la voce che pareva un sibilo, questo le indicò una porta laterale, che probabilmente dava su uno studio. La ragazza fece pochi passi, poi bussò due volte sul legno e poggiò la sinistra sulla maniglia.

« Siediti » Era stata accolta da un umano che, a prima vista, non aveva nulla di diverso da quello che si trovava nella guardiola all'ingresso; ma almeno questo non si fece intimidire -o così pareva- dalle sue fattezze anormali. Pertanto, senza tergiversare oltre, Deirdre tirò a sé la sedia che le era stata offerta e si abbandonò su di essa con poca grazia: lo stato di tensione indotto dalla prudenza non l'aveva ancora lasciata, ma i suoi muscoli, dopo una notte passata a nascondersi tra le ombre e muoversi furtivamente, iniziavano erano a dir poco indolenziti. « Perché sei qui? » L'aveva squadrata con gli occhi, rendendosi sbrigativo a parole, più nello stile di un mercenario che di un soldato. Ed a quella domanda la ragazza avrebbe potuto dare almeno una mezza dozzina di risposte diverse, tutte più o meno credibili, ma optò per l'unica che probabilmente le avrebbe permesso di guadagnarsi l'attenzione del suo interlocutore. « Da qualche tempo avete dei problemi nel vostro regno; più del solito, intendo. Forse posso essere parte della soluzione. » O, ancor meglio, della vendetta di coloro i quali avevano patito la furia dell'ennesimo tiranno. Ed a sottolineare le parole appena pronunciate, con un clangore metallico poggiò l'arto mostruoso sulla scrivania, rendendo ancor più evidente -di quanto già non fosse- l'idea che aveva in mente lei per soluzione. « Dunque, qual'è la vostra proposta? »

Per un attimo si sentì osservata, valutata. Poi, fugaci come un battito di ciglia, la ragazza scorse lievi cambiamenti nell'aspetto della guardia; modifiche innaturali, che per un semplice umano non avrebbero dovuto essere possibili, né tanto meno naturali. Un sorriso venne abbozzato sulle sue labbra rosee, al pensiero che -probabilmente- lei non era l'unica creatura anomala all'interno della stanza. « Non si tratta del regno. Non di questo almeno. » Deirdre aveva sentito parlare di alcuni scontri e cambi di fazione all'interno dei Quattro Regni, i quali ancora una volta si erano dimostrati più volubili di una donna lasciva di fronte a delle monete sonanti. Per buona parte li riteneva codardi e traditori, meritevoli della fine che si apprestavano a fare; ma lo spettro di un male ben peggiore, costituito da una forza militare pesantemente armata e disciplinata, era per lei sufficiente a desiderare che venisse ripristinato l'ordine precedentemente costituito. « Ma una soluzione è sempre utile quando c'è un problema. Chi mi comanda ha bisogno di guerrieri per la propria causa. » Lo osservò muovere la penna d'oca sulla pergamena, mentre sembrava tracciare alcuni. Forse l'aveva convinto; o forse aveva appena decretato il suo arresto. « Sei una soluzione abbastanza efficace da rischiare? » Per tutta risposta, la ragazza si sporse in avanti e, con un leggero soffio, fece scaturire dalla propria bocca -arricciata a formare un anello- delle fiamme che quasi lambirono gli scritti. E dall'espressione che si dipinse sul viso dell soldato, comprese che l'aveva nuovamente stupito; e forse un poco preoccupato, a giudicare da come si apprestò subito a controllare che i propri scritti non fossero stati danneggiati. Fogli che vennero nuovamente vergati, prima che la guardia si rivolgesse di nuovo all'insolita, pazza ragazza. « A mezzanotte qui fuori. » Non avrebbe mancato l'appuntamento.

______________________


Aveva trascorso in una taverna poco distante il mezzo ciclo solare che la separavano dalla notte. Nel mentre aveva cercato di mantenere un profilo defilato, ma in più di un'occasione era stata costretta ad allontanare nobilotti un po' troppo allegri, che pensavano di aver trovato "una povera fanciulla fragile e bisognosa di aiuto". L'ultimo che le si era rivolto così, per tutta risposta, aveva ricevuto un'occhiata carica di odio e ribrezzo, tale da fargli congelare seduta stante i bollenti spiriti. Da quel momento nessuno le si era più avvicinato e così riuscì tranquillamente a bersi la propria birra, densa e scura, un boccale dopo l'altro; accompagnandola con un pasto tutt'altro che frugale, come non se ne concedeva da fin troppo tempo.

Quando giunse l'ora, dunque, si apprestò a pagare le poche monete d'argento che doveva all'oste e -calatasi il cappuccio sulla testa- uscì dalla porta e prese la via per la caserma. Come la notte prima, poche erano le anime che si attardavano in strada e così, sfruttando le ombre proiettate dai sontuosi edifici di Basiledra, passò inosservata agli occhi delle poche persone che incrociò lungo il suo cammino. Almeno finché non giunse al luogo dell'appuntamento, dove trovò una figura seduta su una pila di casse; troppo esile e longilinea per essere la guardia con cui aveva parlato, non poteva che essere uno dei mercenari -o aspiranti avventurieri- che questa aveva reclutato. O forse, fin dal principio, si era trattato solo di una trappola. « E' un'ora un po' tarda per rimanere in strada. » Mise mano all'elsa dell'Agland. « Voi sareste? » I suoi muscoli si tesero come corde di violino, pronti a guizzare per estrarre la spada bastarda al minimo sentore di minaccia.


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Deirdre Blackwood

Capacità Straordinarie

Forza Due - Destrezza Due - Intelligenza Due - Istinto Uno


Status fisico - Illesa
Status psicologico - Illesa; guardinga
Energie residue - 100%
Equipaggiamento - Agland-u-ragh, Il Segno del Male, Elmo dell'inganno
Oggetti usati - //

Passive in uso
Brace eterna - Capacità di non morire, a meno che non venga ferita mortalmente al cuore.
Gene illuminato - Capacità di comunicare telepaticamente con un individuo che si trova entro il raggio visivo.
Maestria nanica - Capacità della spada di provocare gravi ustioni assieme al normale danno fisico; inoltre si aggiunge la capacità di emanare un'aura di paura.
Passi invisibili - Capacità di essere invisibile se completamente immersa nell'oscurità.
Speranza insanguinata - Capacità della spada di far sanguinare maggiormente le ferite da questa inflitta, inducendo un senso di stanchezza crescente nella vittima.
Visione dannata - Capacità di vedere ovunque il sangue dei propri nemici, se versato attraverso ferite causate dalla spada.

Attive utilizzate
Soffio infuocato La brace eterna, come già detto, non è solo il centro vitale di Deirdre, ma anche un nucleo traboccante dell'energia magica degli Alti Draghi: le pareti, spesse e rugose, si contraggono continuamente per pompare il sangue in circolo, ma -all'occorrenza- sono in grado di accelerare il ritmo tanto da trasformare parte di quello stesso sangue in combustibile utile a generare poi il fuoco. Tale cambiamento, da questo punto di vista, può dirsi relativamente semplice: a costo variabile, l'elevata pressione generata dai potenti muscoli cardiaci riesce a scindere le singole molecole di sangue, fino a scomporle in elementi primi; a questo punto, grazie appunto all'energia magica di cui l'organo è saturo, si combinano in maniera differente, fino a creare del combustibile. Tale liquido infiammabile verrà poi convogliato in un'arteria speciale -chiusa in condizioni normali- che lo porterà direttamente alle ghiandole sulfuree, dove reagirà con il gas di queste trasformandosi in fuoco: una volta ottenuto questo, alla ragazza sarà sufficiente aprire la propria bocca per soffiare un torrente di fiamme contro i propri nemici, che si estenderà innanzi a lei in un cono lungo quattro metri. [Abilità personale variabile offensiva, 4/10 - Usata a costo Nullo]

Riassunto
Dopo un breve preambolo, Deirdre giunge a colloquio con la guardia e si presenta all'appuntamento deciso da quest'ultima. Nulla di particolare da segnalare o aggiungere a quanto già scritto in Confronto.

Note
Se serve per organizzarsi per futuri post -per qualsiasi X motivo- posso lasciarvi via pm il mio facebook o fornirvi un altro contatto per un diverso canale di comunicazione.
Edit: Corretto un piccolo errore tecnico dello specchietto.


Edited by Deirdre Blackwood - 14/10/2014, 18:31
 
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Ark
view post Posted on 15/10/2014, 22:30





     La mia mano s’alzò fino alla bocca, mentre copriva l’ennesimo sbadiglio. Mi sporsi di lato cercando di guardare oltre l’enorme uomo davanti a me, e con un sospiro rassegnato constatai che la fila non era avanzata di molto dall’ultima volta che avevo controllato. Se non altro l’attesa non mi pesava molto: abituato a cacciare nella foresta, m’era capitato di attendere anche ore fermo nello stesso posto ad aspettare che la mia preda uscisse allo scoperto. Era da una mezz’ora circa che ero fermo in coda circondato da mercenari di tutti i generi. C’erano uomini armati di daghe, spadoni a due mani, asce. Molti chiacchieravano tra loro per scambiarsi impressioni su che genere di lavoro fosse, ma c’era anche chi, come me, restava in silenzio ad ascoltare.
     Il mercenario davanti a me portava sulla schiena una delle spade più grosse che io abbia mai visto, ed aveva braccia grandi quanto le mie gambe. Non appena m’ero messo in coda dietro di lui s’era girato, e sbuffò divertito guardandomi dall’alto verso il basso.
     « Ha! Da quando hanno cominciato a dare le spade ai bambini? » disse, mentre io rimanevo impassibile osservando distrattamente la luce del sole che scintillava sulla sua pelata. « O forse dovrei dire stuzzicadenti! »
     La bassezza di una tale frase mi fece sorridere.
     « Non ho bisogno di compensare. » dissi, allargando ancora di più il mio sorriso al rabbuiarsi dell’espressione dell’uomo. Qualcuno cercò di soffocare in tempo una risata senza riuscirci, guadagnandosi un’occhiata furibonda del mercenario, anche se subito dopo tornò a concentrarsi su di me.
     Quando vidi che stava per portare mano alla spada imprecai tra me. Volevo soltanto vedere se il lavoro era qualcosa di interessante, non potevo starmene buono e zitto ed evitare una rissa? Non era davvero il tempo ed il luogo di far abbassare la cresta al primo sbruffone che incontravo.
     « Calmo, Bryne. » Disse un altro uomo, probabilmente un suo amico, che gli bloccò la mano destra mentre stava per afferrare l’impugnatura del suo spadone. « Non vale la pena schiacciare un moscerino che può soltanto parlare. »
     Quel pallone gonfiato, Bryne, mi guardò con l’aria soddisfatta di chi ha appena segnato un punto e ripose la mano. Io lo guardai fisso senza dire un’altra parola, anche perché non volevo mettermi a fare una prova di forza contro il primo idiota che cerca di provocarmi.
     Per fortuna il resto del tempo passò tranquillo. Ad ascoltare quanto dicevano i mercenari intorno a me nessuno aveva la minima idea su quale fosse il compito che voleva assegnare l’uomo della Guardia Cittadina, né del perché ci fosse il bisogno di tutta quella segretezza. Giravano congetture sul dover fare delle sortite in territorio nemico, altri parlavano di una rivolta interna, o chi ironizzava su come i signorotti non dormivano mai sonni tranquilli. Ognuno poteva aver ragione, non potevo far altro che sentire cosa mi avrebbe detto l’uomo che doveva assumere i mercenari.

     Dopo circa un’ora di attesa, Bryne entrò dichiarando che nessuno sano di mente avrebbe mai rifiutato di assumere un guerriero del suo calibro. Quando uscì furente dall’ufficio, con negli occhi un’espressione omicida, il mio infallibile intuito mi disse che non era esattamente andata come la pensava lui. Invece di spargere sale sulla ferita con qualche commento, cosa che mi sarebbe piaciuto fare, entrai senza dir nulla nell’ufficio.
     Era una stanza spartana, illuminata da una singola finestra e senza alcun mobilio se non un tavolo e due sedie. Una di esse era occupata da un uomo dal fisico sottile ed i capelli castani, dal viso rivolto verso la porta da cui ero appena entrato. Quando mi guardò notai uno sguardo riposato ed attento, e per la seconda volta in quella mattinata rimasi in silenzio mentre qualcuno mi esaminava. Se non altro costui dava meno peso all’aspetto fisico che il buon vecchio Bryne, probabilmente, visto che mi invitò semplicemente ad accomodarmi con un cenno della mano.
     « Come ti chiami e perché sei qui? » mi disse con un tono professionale e più da burocrate, che da soldato della Guardia.
     « Shaoran. » risposi con semplicità dopo essermi seduto « Sono qui perché so che stai cercando persone per un lavoro, e vorrei avere più informazioni a riguardo. »
     « Io sono solo la voce. Ma qualcuno ha bisogno di menti agili e di mani pronte per un lavoro... Fuori dal comune. »
     Tacque per un attimo, dondolando la piuma d'oca tra le mani. Parve indeciso se continuare a parlare o meno e i suoi occhi guardarono un punto imprecisato ai suoi piedi. Io restai in silenzio per vedere se sarebbe andato avanti, ed alla fine mi rivolse di nuovo la parola.
     « Di solito ad accettare lavori al buio sono i disperati, gli squattrinati o gli eroi. Sei uno di questi? »
     A quel punto sorrise sarcastico, come se già sapessi come avrei risposto. Io rimasi in silenzio per un attimo, pensando che in effetti solo un disperato o uno fin troppo sicuro di sé avrebbe accettato un lavoro potenzialmente pericoloso ed illegale senza avere idea del compenso. Probabilmente me ne sarei pentito, però dovevo ammettere che l’idea mi intrigava. Ho passato gli ultimi tempi a fare il guardiano di carovana, e per quanto avessi passato degli ottimi momenti con Rick e Locke girovagando per Theras alla fine non facevo altro che affrontare al massimo gruppi di briganti male in arnese.
     Avevo bisogno di qualcosa di più impegnativo se volevo migliorarmi, ed una missione simile poteva essere ciò che faceva a caso mio. L’idea mi strappò un ghigno.
     « Quando si comincia? »
     « Questa notte a mezzanotte, qui fuori. » disse l’uomo sorridendo anch’egli, per poi tracciare qualche segno su un foglio di pergamena. Di sicuro non avremmo fatto niente di troppo raccomandabile a quelle ore.
     In quale guaio mi stavo cacciando questa volta?

     Basiledra era una città illuminata anche di notte, ma le luci nelle vie principali non impedivano alle ombre di infestare gli stretti vicoli laterali. Mi mossi per la città silenziosa evitando ogni incontro con i pochi che ancora giravano a quelle ore, per quanto la spada al mio fianco potesse far capire ad eventuali ladri che non ero la persona più facile da derubare.
      Quando giunsi al luogo dell’incontro vi trovai già due persone, una era seduta sopra una botte ed era quasi interamente coperta da un mantello con cappuccio, ma che lasciava intuire una figura esile. L’altra invece sembrava una ragazza più o meno della mia età, anch’essa coperta da un mantello e con uno strano rigonfiamento nel lato destro del corpo. Per quanto fosse bizzarro però la mia attenzione si concentrò sull’arma che la ragazza portava.
     Una strana tensione mi pervase il corpo, ed improvvisamente sull'attenti esaminai meglio quell’arma che aveva suscitato in me una strana inquietudine. Non era normale… Potevo percepire un’aura che mi faceva battere il cuore più forte, e desiderare che non venisse mai estratta contro di me. Ma da quando avevo paura di un’arma che non è nemmeno stata estratta? Non era da me! L’istinto mi diceva di portare mano alla spada, ma resistetti all’impulso. Non ne avevo bisogno, o almeno così speravo.
     « Siete mercenari anche voi? » chiesi, cauto.

ReportStato Fisico ~ 0/16.
Stato Mentale ~ 0/16.
Mana ~ 100 %.
CS ~ 4. [2, Costituzione ~ 1, Determinazione ~ 1, Velocità]
Consumi ~ [0 Bassi, 5% ~ 0 Medi, 10% ~ 0 Alti, 20% ~ 0 Critici, 40%]
Armi
» Hien ~ Nel fodero al fianco sinistro.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Abilità passive
» Duro A Morire ~ Capacità di difendersi in modo istantaneo ed inconscio, le sue difese ad area hanno potenza pari al consumo, non sviene se rimane a 10% di energie.
» Stratega ~ In qualsiasi tipologia di terreno Shaoran è in grado di elaborare la strategia migliore, durante un combattimento vince gli scontri a parità di CS.
» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura.




 
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view post Posted on 16/10/2014, 13:18
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Li aspettava fuori dalla guardiola, il capo chino, il naso teso a percepire il loro odore, il suono dei loro passi, l’aroma acre del loro sonno. Non parlò e non diede alcun ordine. Loro erano solamente ombra, figure senza contorni, perse nell’oscurità. Si mosse, facendo loro strada. Nella mano teneva una piccola torcia dorata, che ad ogni svolta pareva sparire, per poi occhieggiare di nuovo verso di loro. Non c’era molta gente per le strade e di certo nessuno abbastanza curioso da porre domande a una guardia cittadina in pattuglia. Il marmo cedette presto il passo al pietrisco e poi alla sterrata, mentre l’enorme bocca di Basiledra si apriva, riversandoli all’esterno. Dentro, i ladri, i tagliagole, gli uomini senza speranza e i sognatori continuavano le loro vite. Ma là fuori c’era solamente il vento che annunciava l’arrivo dell’autunno. Le spighe di grano si piegavano mollemente là dove non erano state mietute, i campi erano battuti dal silenzio. Solo una locanda, isolata, aveva ancora le luci accese. Presto avrebbero capito che era quella la loro meta.

Il buio non è non vedere, ma non essere visti. Il buio non è il mondo senza colore, ma è non avere un colore con cui toccare il mondo. È tendere la mano e sfiorare solamente il vuoto, l’impalpabile velo che divide una vita da un’altra, senza poterlo superare. Il buio è la notte, chiusa a forza fuori da una locanda con un camino acceso. Eppure anche all’interno, nel caldo quasi soffocante, non vi sono dei veri colori. Poggiava i piedi nudi su un tappeto rosso che le sembrava freddo come il proprio sangue. Poggiava le mani sui braccioli di un seggio di mogano che avrebbe potuto appartenere a un re, ma lei non era regina. Avrebbe voluto portarsi le ginocchia al petto, sfiorarsi le gambe, dipingersi della propria oscurità, scomparire come in un incubo. E invece sedeva composta, il capo reclinato lievemente in avanti, i capelli candidi che le ricadevano lungo le spalle fino alle cosce. Le sue dita erano contratte per la tensione.
Il buio non è fuori ma sempre dentro, tra il cuore e lo stomaco, dove si accumula simile all’attesa di un respiro inesistente. Il buio è consapevolezza di non desiderare davvero la luce, non quella di tutti gli altri. Il buio erano gli occhi di una bambola fissi su una porta chiusa. La vedeva, ne poteva quasi avvertire la sostanza. La porta era sbarrata, ed era di legno, ed era solida abbastanza da allontanare i malintenzionati. Ma se anche l’avesse toccata, non le avrebbe strappato alcuna emozione.
Quando finalmente si aprì, gli occhi di porcellana si fissarono su coloro che entravano. Il cuore balzò in gola alla giovane donna vestita di broccato color borgogna. Eccoli, niente più che semplici esseri umani, un’accozzaglia di diverse razze e di diverse figure. Il buio è non avere colore di fronte a chi è convinto di possederlo. È riconoscere nel loro grigiore la propria oscurità.


Benvenuti”.


La sua voce risuonò pacata, sicura. Alle sue spalle avvertiva la figura imponente del proprio mercenario, l’uomo che le aveva venduto se stesso al prezzo di una sola carezza. Le sue mani forti poggiavano sullo schienale e dalle sue dita pareva emanare qualcosa di ciò che lei era. Tese una mano verso di lui, accogliendo la sua nella propria senza riuscire a circondarla. Per un attimo le parve che il buio arretrasse di un poco. Si alzò in piedi, proiettando la propria ombra, tagliente come una spada, tra loro.


Se siete qui vuol dire che avete saltato nel buio”.


Il buio è quello che non sai finchè non ti rendi conto di portarlo su di te come un mantello. Inspirò, facendo un passo in avanti. Ai due capi opposti della sala, due servi la fissavano attenti, pronti a reagire alla minima minaccia. Alzò il capo verso i nuovi arrivati, immaginando che sarebbero indietreggiati di fronte ai suoi occhi lattei e all’unico occhio che portava incastonato nel petto. Il buio è lo scudo contro gli occhi degli altri.


Vuol dire che la notte non vi ha fermato. E siete stati ricompensati, perché al mio servizio non vi sarà più nulla che dovrete temere. Al mio servizio cambieremo il volto di questo mondo”.


Strinse un pugno, l’emozione che faceva tremare il suo polso sottile e le sue labbra. Era questo che voleva, con tutte le proprie forze. In nome di tutto ciò che aveva perso e di quello che aveva rinunciato ad essere.
Yu Kermis.
In nome di quello che le avevano tolto e che sarebbe voluta diventare. In nome di ciò che avrebbe rappresentato. Era disposta a rischiare tutto, perché non aveva più niente. Camminò qualche passo verso di loro, la bambola che ormai vedeva solo la sua schiena magra, slanciata sotto la stoffa del vestito. C’era una forza inaspettata in quella sua figura fragile. Il buio è l’utero che uccide i propri figli più deboli. Il buio è il bozzolo che bagna le farfalle con lacrime di luce.


“Scegliere di stare con me vuol dire rinunciare a tutto quello in cui avete creduto fino ad ora”.


Il buio è l’assenza di ogni certezza, è il silenzio dell’anima. Il buio è il suono assordante del proprio cuore contro le dita. Nel buio l’obbligo è trovare se stessi, odiarsi, sfiorarsi, conoscersi.
Si portò entrambe le mani al petto, a celare l’occhio che aveva strappato con le proprie mani, a proteggere il cuore che era stato tante volte ferito. Alle sue spalle l’imponente mercenario dai capelli rossi fece un passo avanti. Ma quella ragazza di neve emanava un’aura talmente imperativa da dissuaderlo.


Solo chi vive la mezzanotte può vedere l’alba”.


Tacque per un attimo, lasciando correre gli occhi ciechi su ognuno di loro, fissandoli con quelli di porcellana, carezzando le loro anime. Chinò infine il capo di lato.


Siete ancora in tempo ad andarvene”.


Il buio è la mia scelta. Non seguitemi.





CITAZIONE
QM. P O I N T
Siete liberi di interagire (in confronto o via mp o come preferite) tra di voi. Qualunque cosa non violenta facciate, l'uomo che vi ha reclutati non vi rivolgerà la parola e non risponderà alle vostre domande, ma si limiterà a farvi strada fino alla taverna descritta nella seconda parte del post.
Una volta entrati, assistete alla scena che ho riportato, dopo di che siete liberi di interagire come preferite con la ragazza dai capelli candidi o (se lo ritenete opportuno) con gli altri presenti. Non li ho descritti in maniera minuziosa volutamente: sta a voi farmi le domande giuste (o utilizzare tecniche o CS) per venire a conoscenza di maggiori dettagli. Gestite quindi al meglio possibile questa parte in confronto, perchè stiamo entrando nel vivo della quest.

 
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view post Posted on 26/10/2014, 13:06

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Basiledra, Centro città



Prima che potesse ricevere una risposta dalla figura incappucciata, una terza persona apparve nello spiazzo antistante la guardiola. Un giovane umano, dai capelli castani e la corporatura esile, vestito di stracci di poco migliori dei suoi. « Siete mercenari anche voi? » No, affatto, ma non era necessario che lo sapesse; anzi, il fatto che avesse questa opinione di lei -e dell'altra persona che ancora non aveva aperto bocca- non poteva che tornarle utile. Deirdre lasciò quindi che la domanda rimanesse sospesa a mezz'aria, in attesa che colui che aveva radunato quell'eterogeneo gruppo si palesasse innanzi loro: nemmeno a volerlo, la guardia fece la sua comparsa, reggendo in mano una torcia dalla fioca luce; non l'aveva udito, non l'aveva visto. E forse era rimasto lì ad osservarli per tutto il tempo, sin da quando erano arrivati.

______________________



Si misero in cammino a buon passo, oltrepassando vicoli e strade secondarie, incontrando qualche anima sparuta, che ben si guardò dal soffermarsi troppo ad osservare il soldato e l'insolito seguito, che silenziosamente -o quasi- lo accompagnava. I suoi compagni le erano totalmente indifferenti, tanto da spingerla a non parlare ulteriormente, almeno fino al momento in cui non avrebbe avuto maggiori informazioni su ciò che la attendeva. Trascorse dunque in un cupo mutismo il tempo della camminata che li portò dal cuore di Basiledra fino ai confini più esterni della città, laddove li aspettavano solo le mura e -più in là- i campi coltivati. Ed il vento, che da qualche giorno soffiava incessantemente sulle pianure di Dortan: Deirdre accolse con un placido sorriso l'aria fresca che le scompigliò i capelli, facendoli vorticare dietro di sé. Ed a quel punto anche il mantello fu libero di aprirsi, rimanendo fissato ai vestiti della ragazza solo mediante una spilla dalle fattezze ordinarie: non si prese la briga di risistemarlo, tanto ormai non aveva più senso celare la propria natura.

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Basiledra, dintorni della città



Erano giunti alla locanda dopo aver marciato lungo un sentiero che fiancheggiava i principali campi di grano, i quali in parte aspettavano ancora di essere mietuti; e che forse per quest'anno avrebbero aspettato invano, vista l'incredibile e continua richiesta di braccia forti che la guerra imponeva come obolo. Fu solo quando si trovò all'interno dell'edificio e poté guardarsi attorno, che la sua attenzione venne catturata dall'esile umana seduta su uno scranno di mogano, i cui occhi parevano offuscati dalla bruma. Eppure, sebbene apparisse cieca ed indifesa, fu l'unica a parlare ed a rivolgersi loro, onde dipanare da subito i dubbi su chi fosse al comando lì dentro; peccato però che non fosse altrettanto semplice scacciare le ombre che ne adombravano la vista. « Non c'è motivo di temere le tenebre, se si è generati da esse. » Le parole erano sgorgate istintivamente dalle sue labbra, fioche come un sussurro bisbigliato da due amanti che temono di esser scoperti. Serrò quindi i denti, onde evitare che l'impulsività la facesse parlare ancora, più e prima del previsto.

La osservò camminare, concentrandosi soprattutto sui piedi che si muovevano tanto delicati da sembrare che stessero danzando, accompagnati dalle note di una melodia non suonata; erano pochi passi, ma sicuri, di quelli che un comune cieco non riuscirebbe a fare con tanta destrezza e sicurezza. Era un'andatura sicura, decisa, che trasmetteva una forza inaspettata. « Solo chi vive la mezzanotte può vedere l’alba » Parole sibilline, che poco o nulla -almeno per il momento- potevano rivelarle. Pertanto Deirdre decise di iniziare a prendere in mano la situazione, giacché ciò che finora aveva ottenuto non la soddisfaceva: voleva delle spiegazioni, non ulteriori enigmi. « Dovremmo andarcene prima ancora di conoscere ciò che ci aspetta? Solo gli umani possono aver paura dell'ignoto e ritrarsi spaventati da esso. » La provocazione probabilmente non sarebbe passata inosservata, ma -in fondo- ciò che diceva era il vero; nel lento ed inevitabile scorrere dei secoli, quanto lei aveva detto era stato confermato più e più volte. E, a differenza di quanto gli altri potessero pensare, lei non aveva paura: l'aveva abbracciata, si era completamente immersa in essa anni addietro; sotto certi versi, lei era divenuta la Paura. « Devo saperne di più, prima di decidere se schierarmi al Vostro fianco. E se credere al fatto che possiate davvero cambiare volto a questo mondo corrotto. » Strinse le palpebre, fissando per qualche secondo le pupille vitree della sua interlocutrice; poi, forse per la prima volta da quando era entrata, il suo sguardo si soffermò sugli altri ospiti della locanda, che studiò uno ad uno, cercando di imprimere nella propria mente più dettagli possibili.

Aveva percepito qualcosa nel momento stesso in cui aveva provato a forzare la mente dell'altra, costringendola ad una risposta: una sorta di protezione magica, un bozzolo di energia aveva protetto i pensieri della ragazzina cieca, la quale si era limitata a sorridere ed a rispondere nuovamente in maniera criptica. « Io non sono la porta per il nuovo mondo » Si era avvicinata di pochi passi, fino ad essere abbastanza vicina da permettere all'inumana di percepire il suo odore. « Io sono solo la chiave. » La piega delle labbra si era accentuata, trasformando il dolce sorriso della fanciulla in qualcosa di più tetro, più minaccioso; ma non era ancora abbastanza, non per chi era più simile ad una fiera selvaggia e crudele. « Non vuoi davvero sapere cosa ho visto, Deirdre Blackwood. Ma lo vedrai tu stessa, quando sarà il tempo. » Non avrebbe dovuto conoscere il suo nome, considerato il fatto che era giunta a Basiledra solo da una manciata di giorni ed aveva tenuto un profilo più defilato possibile: quasi sicuramente la guardia che li aveva condotti lì, prima di introdurli al cospetto della sua signora, aveva condotto delle indagini discrete su coloro i quali si apprestavano a fornire i servizi richiesti; e ancora misconosciuti. Si appuntò mentalmente di scambiare due parole con l'uomo, alla prima occasione utile; per ora non poteva che stare al gioco e vedere dove si sarebbe andati a finire. « Non fate congetture anche per gli altri, solo perché di questi ne conoscete il nome. E, se mi permettete un consiglio, fate attenzione: le chiavi si perdono, quindi occhio a non perdere anche la fiducia dei vostri sottoposti. Almeno non prima di esservela guadagnata. » Di nuovo, lo scambio di battute sarebbe stato difficilmente percepibile dagli altri astanti, a meno di non possedere un udito eccezionale. E prima che l'altra potesse replicare, Deirdre si scostò di lato, avvicinandosi alla panca sulla quale si trovava seduta la donna dalle iridi d'ametista, che supponeva far parte del seguito della Pizia. Avrebbe dovuto aspettare un invito per accomodarsi, ma per come era andata finora -passeggiate notturne, accoglienza fredda, risposte vuote- ne aveva già abbastanza di seguire il cerimoniale. « Visto che i nostri quesiti devono rimanere insoluti, Vi è almeno possibile onorare le leggi dell'ospitalità ed offrirci un pasto al vostro desco? Non amo lanciarmi a stomaco vuoto in qualche missione potenzialmente suicida. » Con un clangore metallico, poggiò sulla panca anche l'arto mostruoso. E lì sarebbe rimasto, almeno per il momento.

« Siete qui per compiere qualcosa che nessuno prima ha compiuto, ma di cui io credo di aver scoperto il segreto: Siete qui per vincere la morte, e riportare chi giace nel limbo a nuova vita. » Finalmente una prospettiva interessante su cui riflettere: se il concetto di una nuova vita non fosse stato solo una metafora di vuote parole, allora sarebbe potuto diventare estremamente allettante scoprire il segreto di cui la ragazza andava vantandosi. E, in caso si rivelasse necessario, sottrarglielo con la forza. « Siete liberi di scegliere tra i presenti chi preferite vi accompagni. » Veniva offerta a ciascuno di loro la collaborazione di uno dei suoi accompagnatori, di cui però ancora non conoscevano nulla, ad eccezione del viso: in pratica, come in precedenza, la ragazza li poneva di fronte ad una scelta da compiere al buio. « Naturalmente sarete miei ospiti nei giorni a venire, non sia mai che soffriate la fame. » Nel dirlo aveva allargato le braccia e sul suo volto si era dipinto un sorriso non dissimile al precedente, che però -nella sua immutabilità- almeno per Deirdre aveva già perso smalto. « Cosa che di sicuro non è mai capitata a Voi. » Si era affrettata a rispondere al sarcasmo dell'ultima battuta con lo stesso tono, aggiungendoci un pizzico di cattiveria: in effetti, a giudicare dal corpo curato e dagli abiti ricamati, la fanciulla cieca non pareva affatto essersi mai sporcata le mani lavorando la terra e sudando e patendo per ottenere da mangiare con i propri sforzi; piuttosto, sembrava aver avuto sempre tutto servito su un piatto d'argento. « E voi altri cosa ci potete dire? Avete delle peculiarità, delle capacità fuori dal comune? » Già il dono della parola sarebbe stato qualcosa; e l'aggiunta di un poco di intelligenza non avrebbe fatto male. « Sappiate che non voglio portarmi dietro palle al piede. »

« Solitamente le palle una come te le porta da qualche altra parte. » La donna seduta al fianco di Deirdre aveva mostrato di poter sputare acido, almeno a parole, ma possedeva uno spirito sottomesso a colei che non poteva vedere; pertanto perse in fretta il suo fascino e le attenzioni dell'inumana che, di conseguenza, si concentrarono sugli altri due. « Allora, qual è la tua scelta? » Era indecisa. Mentre lo sconosciuto dal mantello verde era rimasto immobile e silenzioso per tutto il tempo, impedendole pertanto di farsi un'idea su che tipo di persona fosse e cosa fosse realmente in grado di fare, il colosso baciato dal fuoco almeno metteva in mostra una prestanza fisica non indifferente, la quale le sarebbe potuta tornare utile nella missione accennata dalla loro mandante. « Gigante, tu vieni con me. Hai un nome? »



Deirdre Blackwood

Capacità Straordinarie

Forza Due - Destrezza Due - Intelligenza Due - Istinto Uno


Status fisico - Illesa
Status psicologico - Illesa; guardinga
Energie residue - 100%-20% = 80%
Equipaggiamento - Agland-u-ragh, Il Segno del Male, Elmo dell'inganno
Oggetti usati - //

Passive in uso
Brace eterna - Capacità di non morire, a meno che non venga ferita mortalmente al cuore.
Gene illuminato - Capacità di comunicare telepaticamente con un individuo che si trova entro il raggio visivo.
Maestria nanica - Capacità della spada di provocare gravi ustioni assieme al normale danno fisico; inoltre si aggiunge la capacità di emanare un'aura di paura.
Passi invisibili - Capacità di essere invisibile se completamente immersa nell'oscurità.
Speranza insanguinata - Capacità della spada di far sanguinare maggiormente le ferite da questa inflitta, inducendo un senso di stanchezza crescente nella vittima.
Visione dannata - Capacità di vedere ovunque il sangue dei propri nemici, se versato attraverso ferite causate dalla spada.

Attive utilizzate
Soffio infuocato Capacità di creare, a costo Variabile, un cono di fiamme lungo quattro metri.
Parole persuasive La tecnica ha natura psionica. Il caster lancia un attacco mentale sull'avversario, il quale sarà forzato a rispondere con assoluta verità a qualunque domanda, senza poter volontariamente nascondere alcun dettaglio. La tecnica, a consumo Alto, causa un danno eguale alla psiche del bersaglio e può essere interpretato sia come estorsione imperiosa o come voci nella mente che pian piano costringono la vittima a rivelare le sue conoscenze. E' possibile personalizzare la tecnica mediante alternative rappresentate da un discorso, una semplice frase o uno stretto comando, dimostrandosi di grande versatilità in ogni situazione. [Pergamena confessione]

Riassunto
Durante il colloquio con Ainwen, Deirdre usa Parole persuasive a costo Alto per tentare -invano- di forzare una risposta della ragazza. Fatto ciò, dopo un ulteriore breve scambio di battute, sceglie come suo compagno per la quest l'umano dai capelli rossi.

Note
Nulla di particolare da segnalare.
 
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Ark
view post Posted on 28/10/2014, 02:37




~ Salto nel Buio



      Rimasi in silenzio ad attendere una risposta alla mia domanda riguardante le due ragazze, ed ad un certo punto fu evidente che non sarebbe mai arrivata. Perché era troppo difficile dire “Sì, stiamo aspettando la Guardia come te”, meglio fissarti in silenzio in una strada di notte e poco frequentata, giusto per rendere l’ambiente più tranquillo. Bah, se quelle due avevano voglia di fare il gioco del silenzio non era affar mio, ottenni comunque la mia risposta quando sentii il mercenario venire verso di noi.
     Reggeva una torcia che illuminava parte della strada, e senza parlare né dare ordine di alcun genere ci oltrepassò e cominciò a camminare verso l’esterno della città. Che diavolo, avevano perso tutti la lingua in quella dannata notte?
     Come tutti cominciai a seguire anch’io l’uomo per le vie desolate della città, con solo il suono dei nostri passi a spezzare il silenzio. Non provai nemmeno a dire qualcosa alle ragazze che erano con me, avevano già dimostrato che intendevano tenere fredde distanze ed io non volevo parlare al vento due volte. Incontrammo poche persone e tutte alla nostra vista si tennero alla larga, assolutamente non intenzionati ad avere qualcosa a che fare con la guardia cittadina ed il suo tetro seguito a quelle ore.
     Non li biasimavo.
     Poco a poco gli edifici si fecero più distanti e le strade divennero più larghe, finché il marmo non fu sostituito dallo sterrato e noi ci trovammo nelle campagne al di fuori della capitale. Il vento fresco ci accolse portando con sé il fruscio delle spighe di grano che oscillavano mollemente, e gli insetti notturni mandavano i loro richiami nel buio. Nonostante l’unica fonte di luce fossero le stelle e la torcia io mi sentivo molto più a mio agio in quell’ambiente aperto che nelle strette vie delle città, e da come la Mora – così decisi di chiamare la ragazza dalla mano metallica – aveva aperto il mantello immaginavo fosse lo stesso anche per lei.

     Camminammo costeggiando i campi di grano fino a raggiungere una locanda, praticamente l’unico edificio illuminato in quella zona. Nel buio non riuscivo a vedere i dettagli, tuttavia aveva l’aria anonima e riservata, e forse era proprio quello il motivo che stavamo andando lì.
     Aprì la porta senza bussare, e ci trovammo in una grande sala riscaldata da un camino, le fiamme tanto intense da rendere quasi soffocante l’aria dopo la frescura autunnale dell’esterno. La prima persona che attirò la mia attenzione era seduta su un trono in mogano, tanto decorato che non avrebbe sfigurato nella corte di un re. Nonostante avesse la pelle liscia d’una giovane aveva lunghi capelli bianchi, ma la cosa più particolare erano gli occhi: erano offuscati e non si posavano su niente in particolare. Era cieca, ma quando si alzò per parlare dimostrò una padronanza nei movimenti di chi aveva sviluppato un metodo alternativo per capire cosa le stesse intorno.
     « Benvenuti. » disse, con voce ferma e sicura.
     « Se siete qui vuol dire che avete saltato nel buio. » continuò.
     Sì, era un modo abbastanza efficace per descrivere quello che stavamo facendo.
     La ragazza s’alzò in piedi, e con sorpresa notai l’occhio che aveva sul petto, cieco come i due sul volto. Avevo visto talmente tante stranezze nelle persone, però, che non fece nemmeno tanto effetto. Tra demoni, ragazze con artigli metallici, driadi, lich, cosa volete che sia un terzo occhio dove non dovresti averne?
     « Vuol dire che la notte non vi ha fermato. E siete stati ricompensati, perché al mio servizio non vi sarà più nulla che dovrete temere. Al mio servizio cambieremo il volto di questo mondo. »
     Ok, che cosa sto ascoltando?
     « Scegliere di stare con me vuol dire rinunciare a tutto quello in cui avete creduto fino ad ora. »
     Certo, è proprio nel mio stile fare una cosa del genere per una perfetta sconosciuta. Ci puoi davvero contare.
     « Solo chi vive la mezzanotte può vedere l’alba » disse infine, per poi reclinare il capo e passare lo sguardo su ciascuno di noi, come se quegli occhi ciechi le permettessero di vederci. « Siete ancora in tempo ad andarvene. »

     A quanto pare le mie speranze di avere maggiori informazioni erano state vane, perché qui ad ogni risposta s’aggiungevano due domande che rendevano sempre più confusa la situazione.
      « Dovremmo andarcene prima ancora di conoscere ciò che ci aspetta? » disse la Mora, anticipandomi. « Solo gli umani possono aver paura dell'ignoto e ritrarsi spaventati da esso. »
     Mi voltai a guardala male. Che sfacciataggine! Dall’espressione del viso sembrava perfettamente consapevole di aver appena insultato tutti i presenti in stanza, e non gliene importava nulla.
     La ragazza cieca socchiuse gli occhi alla provocazione, tuttavia non rispose subito. Per qualche attimo i due si guardarono in silenzio, poi lei sorrise come se avesse vinto un qualche genere di scontro con la Mora.
     « Io non sono la porta per il nuovo mondo » disse, avvicinandosi alla ragazza dall’artiglio gigante. « Io sono solo la chiave. »
     Le due si scambiarono frasi pronunciate a voce troppo bassa perché potessi sentirle, così concentrai la mia attenzione sulle altre persone che occupavano la stanza.
     A parte l’uomo che ci aveva accompagnato fin lì ce n’era un altro dietro al seggio di mogano, un uomo enorme dai capelli rossi e la folta barba. Era decisamente più alto di tutti i presenti di una buona spanna, ed aveva l’aria di uno dalla mano pesante.
     Sul margine sinistro della stanza c’era un uomo totalmente avvolto da un mantello, il cappuccio alzato in modo da nascondere il volto. Dal lato opposto, infine, una giovane donna particolarmente bella era seduta accanto ad un tavolo, il gomito mollemente appoggiato sopra e con la mano che sorreggeva la testa. Bionda e dai capelli a caschetto, il corpo ben proporzionato non era a mio parere il tratto più interessante di lei: gli occhi avevano una sfumatura lilla che mai m’era capitato di incontrare.
     Restarono tutti silenziosi, inoltre sembravano piuttosto tesi e non ci persero mai d’occhio.
     Cosa sapevano di quella storia? Se la Cieca non voleva dare risposte forse potevo ottenerle da uno di loro, e concentrai la mia attenzione sulla Guardia che ci aveva accompagnato fin lì. Lo guardai fisso, proiettando la mia coscienza all’interno della sua. La sua mente per me era come una finestra da cui io potevo osservare parte della sua storia e dei suoi ricordi, e ciò che vidi mi fece rabbrividire.
     Vidi il volto dell’uomo separato in due da una linea retta: il lato destro era illuminato mentre quello destro era buio come se fosse nascosto nell’ombra. Il sangue gli colava dalle mani mentre uccideva delle persone dopo aver studiato i loro movimenti, come un predatore in caccia. Frammenti di vita passata che mi mostravano che era entrato nella guardia cittadina per darsi una copertura, e sentivo la costante paura d’essere scoperto ed ucciso per questa sua raccapricciante necessità. Percepivo anche il senso di reverenziale timore che l’uomo provava per la ragazza dai capelli bianchi, la sua speranza nel fatto che lei potesse riuscire a dare anche ad una creatura come lui – da quel momento non lo avrei più considerato un uomo – un posto in cui vivere.
     Qual’era davvero l’obiettivo della Cieca? Permettere ad assassini come quella guardia di poter sfogare i propri istinti repressi senza venire perseguitati ed uccisi oppure fare in modo che possano convivere pacificamente col resto della popolazione comune? Strinsi i pugni e cercai di trattenere l’impulso che mi spingeva ad eliminare quella creatura sul posto. Non potevo fare nulla finché era circondato dai propri alleati, inoltre non avevo ancora idea su quale fosse il piano della Cieca. Non mi ispirava davvero niente di buono, e dovevo guadagnare la loro fiducia per capire esattamente cosa stesse facendo e, se era in mio potere, impedirle di fare del male ad innocenti.
     « Cosa intendi con cambiare il volto di questo mondo? » chiesi. Lei girò il capo verso di me, le labbra assottigliate in una linea severa.
     « Questo è un mondo per pochi, una prigione per molti. Gli ultimi sono una moltitudine che soffre nell'ombra. »
     La rabbia che era in lei si vedeva chiaramente, spingendomi a chiedere cosa le fosse successo in passato.
     « Ma io farò in modo che questo caos trovi un ordine. Un ordine in cui non sarà più l'aspetto a decidere quale gradino della scala spetti a ciascuno. »
     Un ordine gestito da lei, forse? Ancora troppe domande senza risposta.

     « Non ho intenzione di andarmene. Ma prima o poi dovrai pur dirci esattamente cosa vuoi fare per ottenere i tuoi scopi, no? O ci hai condotti qui solo per fare quattro chiacchiere? » dissi, deciso ad arrivare al dunque. Forse una volta data la mia disponibilità avrebbe acconsentito a dire di preciso cosa voleva facessimo. A quanto pare funzionò, perché la Cieca disse qualcosa di più concreto rispetto al resto.
     « Siete qui per compiere qualcosa che nessuno prima ha compiuto, ma di cui io credo di aver scoperto il segreto: Siete qui per vincere la morte, e riportare chi giace nel limbo a nuova vita. »
     La guardai perplesso. Voleva davvero trovare il modo di riportare in vita chi era già morto? Un brivido mi percorse la schiena mentre mi chiedevo se fosse davvero possibile. Avrei rinunciato al braccio destro per riavere con me Rose ed i miei compagni… Ma come potevano farcela, ed a che prezzo?
     « Naturalmente non sarete soli: i miei servi vi garantiranno la loro esperienza e vi impediranno di andarvene prima di avere terminato. Siete liberi di scegliere tra i presenti chi preferite vi accompagni. »
     Ci dava la possibilità di scegliere il nostro carceriere, insomma. Gentile da parte sua.
     « Naturalmente sarete miei ospiti nei giorni a venire, non sia mai che soffriate la fame. » disse con un sorriso sarcastico, probabilmente a causa della richiesta della Mora di avere qualcosa da mangiare.
     « Cosa che di sicuro non è mai capitata a Voi. » rispose con una punta di cattiveria la ragazza con l’artiglio, alludendo a come la Cieca fosse vestita in modo elegante e sembrava non aver mai fatto un lavoro pesante in vita sua. E come avrebbe potuto farlo, senza la vista?
     « E voi altri cosa ci potete dire? » continuò lei rivolta ai tre sottoposti che ascoltavano silenziosi. « Avete delle peculiarità, delle capacità fuori dal comune? Sappiate che non voglio portarmi dietro palle al piede. »
     Nessuno rispose all’inizio, e sinceramente nemmeno io l’avrei fatto di fronte ad una tale spacconeria. Fortuna che a quanto pare non avrei dovuto lavorare direttamente con lei!
     La bionda però s’irrigidì alla provocazione, l’ira che scintillava in quei begli occhi viola, e le sue parole sembravano grondare veleno.
     « Solitamente le palle una come te le porta da qualche altra parte. »
     Non potei non provare soddisfazione nel vedere come la Mora, per una buona volta, non rispondeva alla provocazione che s’era ampiamente meritata. Fu così che, mentre lei sceglieva l’energumeno dai capelli rossi, io capii immediatamente da chi volevo farmi accompagnare in quella strana, pericolosa ed oscura avventura.

ReportStato Fisico ~ 0/16.
Stato Mentale ~ 0/16.
Mana ~ 95 %.
CS ~ 4. [2, Costituzione ~ 1, Determinazione ~ 1, Velocità]
Consumi ~ [1 Bassi, 5% ~ 0 Medi, 10% ~ 0 Alti, 20% ~ 0 Critici, 40%]
Armi
» Hien ~ Nel fodero al fianco sinistro.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Abilità passive
» Duro A Morire ~ Capacità di difendersi in modo istantaneo ed inconscio, le sue difese ad area hanno potenza pari al consumo, non sviene se rimane a 10% di energie.
» Stratega ~ In qualsiasi tipologia di terreno Shaoran è in grado di elaborare la strategia migliore, durante un combattimento vince gli scontri a parità di CS.
» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura delle persone.

Tecniche Usate
» Spia ~ La tecnica ha natura psionica. Per essere castata vi è necessità che l'utilizzatore possa percepire il bersaglio in qualche modo, anche solo visivamente. Dopo aver colpito la vittima con successo, l'utilizzatore della tecnica verrà immediatamente a conoscenza di parte della storia del suo bersaglio, di qualche suo segreto, o delle sue paure e passioni. La tecnica in caso di successo provoca danni bassi alla mente della vittima, fornendo al caster informazioni di sorta sulla vittima, e va affrontata come una psionica di potenza bassa.
Consumo ~ Basso.
Natura ~ Psionica.
[Pergamena Iniziale Ladro, Spiare]


Note
Tutto come definito in confronto, a fine post scelgo la ragazza dagli occhi lilla.

 
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view post Posted on 28/10/2014, 15:56
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········

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Si erano ormai ritirati per la notte, e Ainwen, la cieca, era rimasta sola in mezzo ai suoi. Seduta su una comune sedia, lasciava che Jacala le pettinasse delicatamente i capelli candidi. Teneva il capo chino, la bambola poggiata sulle ginocchia, gli occhi eternamente aperti su quella stanza che ormai conosceva a memoria. La spazzola si era alzata e abbassata innumerevoli volte, come una pugnalata era affondata tra i capelli ormai simili a seta. Era un rito antico quanto il mondo, il gesto che una cieca non avrebbe potuto mai fare da sola.


Non andrò con quella donna”.


L’imponente mercenario era in piedi accanto a lei, la sua ombra incombente che impediva al bagliore delle fiamme di raggiungerla. Aveva i pugni chiusi lungo il corpo e il suo sguardo era irremovibile. Seppe che non lo avrebbe convinto e sentì un brivido di fastidio e piacere percorrerla. Non riuscì ad essere veramente irritata, ma le sue labbra si chiusero in una linea severa. Sollevò il capo, e immediatamente la spazzola si allontanò da lei. I passi sommessi di Jacala sul tappeto morbido si allontanarono, forse temendo la sua ira.


Tu hai qualcosa di cui lamentarti, Jacala?


Non poteva vedere la donna, ma poteva quasi percepire il suo sorriso. Come se avesse il suono scivoloso del miele spalmato sulla pelle di una concubina. O il profumo dell’oppio ai confini del deserto.


Il ragazzino è promettente. Forse potrò insegnargli qualcosa”.


Ridacchiò sommessamente, e Ainwen le concesse un sorriso sarcastico. Tese la mano destra, raccogliendo quella del proprio servo ammantato di smeraldo. Le loro dita lunghe si mescolarono in una carezza, unirono il suo gelo e il tepore di lui. Fece forza, attirandolo a sé perché si chinasse al suo fianco. Lasciò scivolare le dita tra i suoi capelli ricci perché portasse l’orecchio vicino alla sua bocca. Avrebbe potuto alzarsi e avvicinarsi a lui, ma non aveva alcun desiderio di essergli pari.


Hai una compagna molto affascinante”.


L’altro annuì lievemente, senza spostarsi. Il suo corpo spigoloso era teso in una posizione innaturale, simile a un goffo inchino. Quando rispose, la sua voce era così sommessa che riuscì appena a sentirlo.


Questa volta non falliremo”.


Lei annuì, socchiudendo gli occhi. Non potevano permettersi di sbagliare ancora. Lo lasciò rialzarsi, la mano che le ricadeva in grembo. Rimase in silenzio per qualche istante, senza che nessuno di loro osasse disturbarla. La bambola ruotò il capo, cercandoli uno per uno, soppesando quella compagnia male assortita. Gli altri dormivano al piano di sopra, o forse avevano trovato passatempi migliori. Ma lei non poteva permettersi di risposare, non quando tutte le sue speranze dipendevano da un ragazzino e due donne. Fece un cenno perentorio del capo, e ancora una volta non servirono parole: i suoi servi se ne andarono uno per uno, senza girarsi indietro. Scivolarono lungo la stanza e poi sulle scale, lasciandosi ingoiare dalle ombre.

Solo Akela non se ne andò: loro due non avevano ancora finito.


Non andrò con quella donna”.
Lo ripetè di nuovo. Il loro dialogo non era davvero iniziato, non fino a che non erano rimasti da soli.
Non senza di te”.


Si alzò in piedi, perché lui non era solamente un suo servo. Lui era il capitano della sua compagnia, il primo tra i suoi pari.
Non mentirti.
Strinse i denti, indurendo la linea ovale delle guance. La bambola rimase in piedi sulla sedia, mentre lei si poneva davanti a lui. Poteva guardare i loro profili, l’altezza che li separava, l’intensità dello sguardo di lui, quasi sofferente, il vuoto dentro il proprio, inespressivo. Lei lo aveva comprato ai confini del deserto, lo aveva scelto tra tutti gli altri mercenari solamente perché non aveva visto dentro di lui il disprezzo che c’era nello sguardo degli altri. Aveva acquistato le sue braccia e la sua forza, ogni azione che avrebbe compiuto da quel momento. Non sapeva di aver pagato anche per qualcosa di più grande.
Il cuore non era compreso nel prezzo.
Sollevò un braccio e lo schiaffeggiò con tutta la propria forza, riuscendo a sfiorarlo solamente con la punta delle dita. Il contatto tra la loro pelle era bollente, come se lui fosse veramente fatto di fuoco. Tremava, dalla punta dei piedi sino alle labbra, le parole che fuggivano prima che potesse pronunciarle.


Ho detto che poteva scegliere chiunque”.


La sua voce era acuta, capricciosa, imperativa. Quando la donna aveva chiesto come si chiamasse, aveva detto che sarebbe andato con lei, un brivido l’aveva percorsa. Si era sentita vacillare, perché lui sarebbe stato lontano per giorni. Nessuna mano si sarebbe più poggiata sulla sua spalla, nessuno avrebbe più fumato il sigaro al suo fianco, raccontandole il tramonto oltre le finestre. Nessuno avrebbe più riso del suo pessimismo. E forse non sarebbero tornati, forse avrebbero fallito e lei non avrebbe potuto evitarlo.
Lui scosse lentamente il capo.


Io ho già una padrona”.


Le dita di lei si posarono sulle labbra di lui. In punta di piedi, gli occhi chiusi, quelli della bambola aperti a fissare quella scena patetica.
Il tuo cuore non era compreso nel prezzo.
Una bambina che cercava di impedire ad un uomo di dire l’ovvio. Una bambina che voleva vivere nella propria illusione ancora per un poco. Avrebbe voluto lui dicesse qualcosa di diverso, avrebbe voluto costringerlo ad uscire da quella stanza e compiere il proprio dovere. Avrebbe voluto che si ribellasse e si rifiutasse di muoversi.
Le mani di lui si posarono sulle sue spalle. Sobbalzò a quel contatto. Un solo pensiero le attraversò la mente, chiaro come una visione. Chiaro come tutte le menzogne che aveva raccontato fino a quel momento.


Verrò con te”.


Si fissarono, ma lei non poteva vedere i suoi occhi, poteva vedersi solamente dall’esterno, vedere quanto fosse sciocca, ingenua, infantile. Desiderò poterlo fissare come lui la fissava, potergli comunicare con lo sguardo quello che non aveva il coraggio di dirgli.




A l m a t t i n o


L’uomo ammantato di smeraldo era stato il primo ad uscire dalla propria stanza, forse perché non aveva veramente dormito. Il cappuccio calato sul volto, aveva attraversato il corridoio con la consueta andatura ballonzolante, come se non fosse capace di reggersi bene sulle gambe. Si era fermato davanti alla porta della propria protetta e le aveva concesso un sorrisetto sarcastico. Poggiò la mano sul battente, rimanendo in silenzio per qualche istante, gli occhi socchiusi.
Quando fu soddisfatto, il suo pungo incontrò il legno tre volte, tre piccoli colpi secchi e ripetuti, simile alla tosse di un tisico. La mattina ha l’oro in bocca, pensò, sebbene il sole dovesse ancora sorgere. Distrattamente, sollevò una gamba di lato, assumendo una posizione simile a quella di un allampanato fenicottero.



Jacala poggiò entrambe le mani contro la porta del ragazzino. Si chiese se dormisse vestito, magari rannicchiato con le coperte tirate fino al mento. O se forse si atteggiasse da eroe, con la spada nascosta sotto al cuscino. Inspirò, cercando di sentire il suo profumo, l’odore della sua pelle e della sua emozione. Il sole era sorto da poco e la luce dorata filtrava dalla finestra e si posava sul suo corpo come un pizzo. Sfiorò il legno con la guancia, le labbra dipinte di rosso che pronunciavano sommessamente il nome di lui. Nei suoi occhi viola scintillò la malizia.


Sei sveglio ~ ?


Sperò vivamente che rispondesse, perché non voleva trascinarlo a forza fino al piano di sotto.



L’Oracolo aspettava sin dal primo sole, seduta sul proprio seggio, il mercenario baciato dal fuoco alle proprie spalle. Attendeva che la dona scendesse, per comunicarle i propri ordini. Gli altri sarebbero andati senza che li degnasse di una parola, ma per lei era diverso. Lei aveva scelto un solo compagno e ne aveva guadagnati due. Probabilmente non ne sarebbe stata lieta, ma sarebbe stato un dispiacere condiviso. L’uomo fissava la porta dinanzi a sé, la bambola, ai piedi della ragazza, fissava annoiata il pavimento. Sperava solo non si svegliasse tardi come le principesse. Decisamente non aveva l’aspetto di una principessa.
Nemmeno tu.
Sorrise al silenzio attorno a sé.




CITAZIONE
QM. P O I N T
Premettendo che siete liberi di descrivere (anche solo nel post definitivo) come avete trascorso la notte, passo ad occuparmi di ognuno di voi.

Queen's Per questo giro ho compiuto io la scelta del png che ti accompagna al posto tuo. Ho evitato di descrivere le tue azioni, così che tu ti senta libero di gestire quello che avviene nel corso della notte a tuo piacimento. In confronto ricominciamo dal momento in cui il tuo png (Ho Igoo, nel caso gli avessi chiesto il nome) bussa alla tua porta.

Ark Puoi decidere come preferisci il modo in cui i png dicono il proprio nome (potrebbe averteli detti anche tutti Ainwen). Scegli anche cosa fare durante la notte. In confronto ricominciamo dal momento in cui senti la voce di Jacala dietro la tua porta.

Deirdre Alla domanda circa il suo nome, l'uomo imponente ti risponde semplicemente "Il mio nome è Akela", dopo di che si richiude nel suo mutismo. Anche tu puoi liberamente decidere cosa accade durante la notte. Al mattino nessuno verrà a svegliarti, ma troverai Ainwen e Akela ad aspettarti nell'ingresso, dove si trovavano la sera prima. Proseguiamo da qui in confronto.

PER TUTTI Quello che accade nella stanza durante la notte non è inconoscibile, ma per esserne al corrente dovete usare tecniche specifiche ed eludere la soglia di attenzione dei png presenti (a voi provarci in confronto se è vostro interesse che i pg conoscano quanto successo).
Ognuno di voi riceve dei bonus con un numero predefinito di usi e che dipendono dal png che avete scelto. Vi verranno inviati via mp (è una scelta vostra se mettere gli altri al corrente degli stessi o meno). Dosateli con attenzione, perchè potrebbero esserci anche dei malus che voi ancora non conoscete ad attendervi.
Ricordate che da ora gli altri pg e png partecipanti alla quest non sono necessariamente vostri alleati (nulla dice che dobbiate essere amici o amichevoli nei loro confronti, nè che loro lo saranno).
Troviamoci tutti in confronto per proseguire.

 
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view post Posted on 17/11/2014, 22:56

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Basiledra, dintorni della città
Notte



Il gigante, come si era aspettata, non si era dimostrato entusiasta della scelta dell'inumana; ma d'altronde nemmeno lei era contenta di essersi cacciata in un'impresa della quale dovevano strappare a forza i dettagli dalla bocca della loro mandante. Una cosa al Goryo la doveva concedere: che si trattasse di una missione di recupero, omicidio o altro ancora, questa era sempre organizzata nei minimi particolari e coloro che dovevano svolgerla sapevano fin da subito a cosa andavano incontro; qui, invece, probabilmente avrebbero scoperto le cose un pezzo alla volta, man mano che se ne sarebbe presentata l'occasione. Con questi pensieri si recò in camera, a concedersi qualche ora di riposo su un letto vero, ma non le fu facile prendere sonno: la sua mente tornava costantemente a riflettere su come si potessero strappare dei morti al regno delle anime perdute, come quella ragazza fosse entrata in possesso di una conoscenza tanto grande. Forse la stava solo fregando e tutto ciò che aveva tanto detto, ornando il discorso di belle parole, erano pure menzogne. Doveva cercare di scoprire qualcosa di più, così decise di scendere dal materasso di paglia e fare un sopralluogo per la locanda, senza essere vista. Le tenebre, ancora una volta, l'avrebbero aiutata.

______________________

Aveva cercato di muoversi nella maniera più silenziosa possibile, concentrando la sua attenzione su ogni minimo spostamento del corpo, sulla pressione che i suoi piedi potevano fare sulle assi di legno. E, almeno in apparenza, nessuno era riuscito a percepire la sua presenza, tanto che aveva avuto la possibilità di origliare dinnanzi alla porta di ciascuna camera, nella speranza di udire qualcosa che le potesse tornare utile. Eppure niente, da ogni stanza non proveniva alcun rumore, ad eccezione del sommesso respiro dei suoi occupanti: forse, esitando troppo, aveva mancato il momento adatto ed ora tutti gli ospiti della struttura stavano dormendo nei propri letti. Ma c'era ancora la possibilità di trovare qualche indizio sparso per l'edificio, magari un appunto su pergamena dimenticato o buttato.

Di nuovo non aveva ottenuto nulla. Dopo aver meticolosamente setacciato la stanza in cui si era svolto l'incontro con Ainwen ed il suo seguito -ed aver controllato anche il camino ed i rifiuti- non era riuscita a trovare alcunché di rilevante; l'unica oggetto rinvenuto, che però sicuramente non c'entrava con la loro missione, era un piccolo forziere rinforzato con delle fasce di ferro lungo i lati, il quale probabilmente conteneva gli incassi od i risparmi dell'oste. Non c'era motivo di lasciare un tale fardello all'uomo, ma non era nemmeno il caso di alleggerirlo del peso prima del tempo: la ragazza, pertanto, lo rimise a posto laddove l'aveva trovato, con l'intenzione di prenderlo in un secondo momento, poco prima della partenza. Delusa di non esser riuscita a scoprire qualcosa di utile, di conseguenza, non poté far altro che rassegnarsi ed andare a riposare qualche ora prima della partenza: in un modo o nell'altro, presto avrebbe avuto più informazioni.

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Basiledra, dintorni della città
Mattina


Deirdre scese nel salone mentre, a giudicare dall'albeggiare, si apprestava a scoccare l'ora quinta; ed ivi vi trovò già la ragazza cieca, assieme al suo immancabile guardiano dai capelli rossi, che parevano aspettare solo lei. Si limitò ad un impercettibile cenno con il capo, prima di superare il bancone dell'oste -il quale ancora non doveva essersi alzato- e così recarsi in cucina, dove senza tante cerimonie si servì di quanto poté, ponendo su un vassoio pane, carne arrosto, formaggio stagionato, un paio di uova sode ed un boccale di birra. Soddisfatta tornò dagli altri e, solo dopo iniziato a mangiare ed aver scrutato per un poco i volti degli altri due, riprese la conversazione laddove questa si era interrotta la sera precedente. « Akela, giusto? » Senza aspettare risposta, si pulì la bocca e mandò giù un buon sorso di birra. « Allora, come dobbiamo muoverci? Qual'è il nostro primo obbiettivo? » Riprese a bere, mentre osservava come l'uomo dai capelli di fuoco parve irrigidirsi un attimo, serrando tra i denti il sigaro acceso. « Ci muoveremo in tre. » Il suo tono era perentorio, non pareva ammettere repliche. Tese una mano, accogliendo nella propria quella di Ainwen. « Il nostro obiettivo è ridare la vita a coloro che sono morti. » La giovane annuì lievemente, mentre l'inumana li ascoltava con attenzione, ansiosa di saperne di più. « Quindi prima dobbiamo trovarli...Abbiamo una proposta. » Strinse la mano dell'oracolo nella propria, attendendo un qualche tipo di risposta a quanto aveva appena annunciato, mentre fissava il mostro dritto negli occhi, con uno sguardo che trasmetteva tutta la diffidenza che provava per quella donna.

Di fronte all'idea di dover essere accompagnata anche dalla ragazza cieca, Deirdre non riuscì a nascondere una smorfia di disappunto. Riguardo a questo argomento, però, si rese conto di non poter replicare nulla; piuttosto concentrò la sua attenzione al compito che avrebbero dovuto adempiere di lì a breve, riflettendo sui molti quesiti ancora inespressi. « Questo già lo sapevamo, gigante. E trovare dei morti in una città come Basiledra, in una regione sconquassata da ripetute guerre civili, non è difficile. » Si prese una manciata di secondi per ponderare su quanto dire in seguito, perché era chiaro che non potesse essere così semplice. « Deve esserci qualcosa di più. Cosa devono avere di particolare questi morti? E di quale proposta si tratta? » All'occhiata di diffidenza di Akela, Deirdre rispose con uno sguardo non troppo dissimile: tra i due preferiva sicuramente il rosso, ma nessuno le ispirava particolarmente fiducia, specie perché continuavano a tergiversare sull'argomento, tenendo per sé informazioni che avrebbero dovuto fornirle fin da subito. Ciò che proponevano, però, se fosse stato vero le sarebbe potuto tornare utile in futuro, specie per le conoscenze che ne avrebbe potuto trarre; e per come poi avrebbe potuto applicarle per i suoi interessi. Ma alle sue domande, questa volta, rispose la ragazza che faceva loro da mandante; e che si voltò ad osservare l'ultima Blackwood, pur senza vederla realmente. « Sottrarre i morti in una regione in cerca di eroi potrebbe essere pericoloso. I loro cadaveri sono ancora caldi e la caccia alle streghe si aprirà presto. » Si abbassò a raccogliere la sua bambola e se la poggiò in grembo. « Ma mi sono giunte notizie di una contea in cui di recente ci sono troppi morti per poterli contare. » Si concesse un lieve, inspiegabile sorriso. « Forse è lì che dovremmo andare. »

« I morti sono morti. » Per un attimo, al pensiero degli abitanti di Lotos trucidati ed arsi vivi, le si appannò la vista. Famiglie intere erano sparite in un battito di ciglia; e lei aveva dovuto seppellirle. Il ricordo la fece soffrire troppo per permetterle di indugiarvi sopra. « E da dove essi vengano, per quanto mi riguarda, non importa. » Doveva bluffare, non poteva permettersi di mostrarsi debole, non con quella donna. Non dopo aver saputo che, forse, c'era realmente un modo per strappare alla morte le anime di coloro i quali non esistono più in questo mondo; o almeno se ne palesava la possibilità. « La domanda, quindi, diventa: possiamo partire per la nostra destinazione? » La cieca aggrottò la fronte, anche se il suo sguardo restò inespressivo. Fu però la sua imponente guardia del corpo a parlare. « Partiremo non appena avrai un piano per portare via quei corpi senza che veniamo trucidati. »

La prospettiva di lasciarci la pelle, per lei, non era nuova: vista la sua natura, gli uomini le davano dato la caccia già solo per ciò che pensavano fosse. Ma i suoi interlocutori, a quante pareva, non erano altrettanto abituati ad essere braccati come bestie. « Un piano, eh? Pensavo che quello fosse compito vostro, ch'io vi servissi solo come supporto per l'operazione. » Bevve lentamente l'ultimo sorso di birra, soffermandosi poi a guardare il fondo luccicante del boccale. « Posso prepararne uno, ovviamente, però mi servono più informazioni. Devo sapere in quale città ci vogliamo recare, come questa è strutturata, quanto è grande il cimitero e se questo è adiacente ad una chiesa » -si prese una breve pausa per riordinare i pensieri e le domande che le erano venute in mente, così da esser sicura di non tralasciare nessun particolare- « E nel caso sia vicino ad un luogo di culto, quanto questo possa essere frequentato da visitatori ed accoliti, sia di giorno che di notte. Inoltre sarebbe utile conoscere se vi è una guardia cittadina che fa ronde anche dopo il tramonto e se avete già alcuni contatti in città, che possano fornirci una base d'appoggio. » Queste sarebbero state le nozioni cardine su cui avrebbero dovuto lavorare: senza conoscere certe informazioni sarebbe stata una pazzia cercare di trafugare dei cadaveri; una follia alla quale lei non si sarebbe unita. « Possiamo anche iniziare a muoverci, ma ci serve sapere queste cose. E dobbiamo saperle prima di decidere come agire. » Diede un sorriso sbieco al gigante, sperando che potesse soddisfare le sue richieste; sulla ragazza cieca, considerata la sua menomazione, le sembrava inutile fare affidamento.
Pur tuttavia, però, questa volta fu Ainwen a risponderle, come se l'uno condividesse i pensieri dell'altra. La sua voce era bassa, come se stesse recitando qualcosa di imparato a memoria; o fosse semplicemente molto annoiata. « La contea si chiama Ardeal, ma sarebbe difficile descriverti come sia, visto che non l'ho mai vista. » Le concesse un sorriso sarcastico, che deformò in parte la sua pelle altrimenti perfettamente liscia. « Di certo non sarà diversa da tutte le altre cittadine di questo mondo. Al nostro arrivo ci registreremo a palazzo e affitteremo un alloggio. E' questo che fanno i nobili, quelli che gli appoggi se li comprano e non li cercano. » Akela le poggiò una mano sulla spalla, interrompendola. « Da quanto sappiamo il cimitero è abbastanza grande, ma scarsamente frequentato durante la notte. E pare non sia sorvegliato, nè ci siano luoghi di culto consacrati nei paraggi. »

A quelle parole, l'inumana si alzò lentamente dal tavolo, poggiandosi con entrambe le mani sul legno e facendo ricadere i capelli innanzi al viso, ricoprendolo interamente. Passò qualche secondo in assorta meditazione, facendo finta di non aver prestato importanza al fatto che non le avessero riposto alla domanda inerente la guardia cittadina, sondando invece le varie opzioni a sua disposizione, prima di lasciare lo scranno ed incamminarsi nuovamente verso la dispensa, per recuperare altre cibarie per il viaggio e -soprattutto- lo scrigno incustodito di cui non si era affatto dimenticata. Ma quando fu a metà strada si girò verso i suoi interlocutori e, con un'espressione che non lasciava trasparire alcuna emozione, maschera del distacco che simulava di provare, sancì la fine del discorso e l'inizio di un'impresa che avrebbe potuto portare tutti loro alla forca per necromanzia.

SguardoDeirdre2_zps6403ca87

« Ho un piano.
Mettiamoci in marcia.
»




Deirdre Blackwood

Capacità Straordinarie

Forza Due - Destrezza Due - Intelligenza Due - Istinto Uno


Status fisico - Illesa
Status psicologico - Illesa; guardinga
Energie residue - 80%
Equipaggiamento - Agland-u-ragh, Il Segno del Male, Elmo dell'inganno
Oggetti usati - //
Oggetti rinvenuti - Forziere del locandiere

Passive in uso
Brace eterna - Capacità di non morire, a meno che non venga ferita mortalmente al cuore.
Gene illuminato - Capacità di comunicare telepaticamente con un individuo che si trova entro il raggio visivo.
Maestria nanica - Capacità della spada di provocare gravi ustioni assieme al normale danno fisico; inoltre si aggiunge la capacità di emanare un'aura di paura.
Passi invisibili - Capacità di essere invisibile se completamente immersa nell'oscurità.
Speranza insanguinata - Capacità della spada di far sanguinare maggiormente le ferite da questa inflitta, inducendo un senso di stanchezza crescente nella vittima.
Visione dannata - Capacità di vedere ovunque il sangue dei propri nemici, se versato attraverso ferite causate dalla spada.

Attive utilizzate
Soffio infuocato Capacità di creare, a costo Variabile, un cono di fiamme lungo quattro metri.
Parole persuasive Capacità a costo Alto di forzare l'interlocutore a rispondere con assoluta verità a qualunque domanda, senza poter volontariamente nascondere alcun dettaglio.

Riassunto
Durante la notte Deirdre fa un sopralluogo della locanda, rinvenendo lo scrigno (che però inizialmente lascia al suo posto). Al mattino, dopo aver parlato con Ainwen ed Akela per ottenere maggiori informazioni riguardo la missione che sarebbero dovuti andare a compiere, recupera dalla dispensa dell'oste le provviste necessarie per il viaggio ed approfitta del momento per impossessarsi del piccolo baule. Fatto ciò, è pronta per partire con i suoi "compagni".

Note
Nulla di particolare da segnalare.
 
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Ark
view post Posted on 18/11/2014, 23:00




~ Preparativi



      Il sonno si fece decisamente pregare quella notte, lasciandomi a fissare il soffitto buio per ore, perso nei miei pensieri. La luce lunare filtrava dalla finestra, facendo intravedere sagome indistinte dove c’era il semplice mobilio della stanza: un tavolino, una sedia, una piccolo armadio dove mettere i propri vestiti.
     Davvero quella ragazza cieca conosceva il segreto per sconfiggere la morte? Di sicuro lei ne sembrava certa, anche se non aveva intenzione di rivelarci più del necessario, cosa che mi dava profondamente fastidio. Perché non potevamo essere messi subito al corrente del piano, senza tanti giri di parole?
     Era meglio non pensarci, o avrei fatto diventare questa notte ancora più lunga di quanto già non sia. E maledizione a me che non me ne andavo e basta! Ma se c’era anche solo la mezza possibilità che avessero successo… Dannata Ainwen, tu ed i tuoi segreti.

     Mi svegliai all’improvviso, con il sole che illuminava ampiamente la semplice stanza. Alzandomi in piedi cominciai a fare qualche esercizio per sciogliermi le articolazioni, trattenendo a stento sbadigli da slogar la mascella. Non avevo dormito bene, sia perché avevo in testa mille pensieri sia perché non ero particolarmente abituato a dormire su una superficie morbida come quella del materasso.
     A parte per il letto sfatto nessuno avrebbe potuto intuire che qualcuno aveva dormito lì quella notte. Quando si ha a disposizione una dimensione parallela dove stipare i tuoi esigui averi si tende a non lasciare troppe tracce dietro di sé, ed io di sicuro facevo del mio meglio per non far somigliare ogni luogo in cui mi riposavo ad una casa. In un gesto istintivo toccai la rosa incisa sul legno che portavo al collo, accarezzandola con dolcezza in memoria della ragazza per cui l'avevo incisa. L'avrei mai trovata una casa?
     All'improvviso avvertii una presenza dietro la porta.
     « Sei sveglio ~ ? »
     Era Jacala. Doveva per forza parlare con quel tono?
     « Sono sveglio. » dissi, aprendo la porta. Me la ritrovai faccia a faccia, come se avesse appoggiato il volto sul legno. M’allontanai d’un passo siccome lei non accennava a muoversi, ed arrivai direttamente al dunque. « Cosa dobbiamo fare? »
     « Dobbiamo sconfiggere la morte » disse lei, sorridendo in modo criptico « Ma prima dobbiamo trovarla. »
     « La morte non è qualcosa che si può trovare per strada, né che si possa uccidere con una spada. »
     Mi stavo innervosendo, di nuovo.
     « Basta coi giochetti e cose dette a metà, parliamo di fatti. Da qualche parte dovremo pur cominciare, o nemmeno tu ne sai abbastanza? »
     La donna sorrise, questa volta in maniera più sprezzante.
     « Per ridare la vita dobbiamo trovare la morte. O la sua manifestazione. »
     Sollevò una mano con il palmo verso l'alto, come a sottolineare l'ovvietà della sua affermazione.
     « Quindi ci serve un morto. Naturalmente avrei qualche idea se sei interessato al mio parere. »
     Perché ho l’impressione che non mi piacerà la sua idea?
     « Spara. »
     « Ci sono luoghi in città dove gli uomini vivono ammassati come animali » disse la donna mantenendo l’aria sarcastica « Forse se uno sparisse, se accadesse nel modo giusto...forse nessuno ci farebbe davvero caso. »
     « No. » Non alzai la voce, ma il mio tono faceva capire che non avrei MAI fatto come suggeriva lei. La guardai duro, e non m’interessava nulla che lei fosse contrariata. Parlare in tono così leggero di uccidere il primo che passava… Non mi piaceva.
     « Non rapirò un povero disperato per poi ucciderlo a sangue freddo. Se è un morente quello che ci serve, in un qualsiasi ospedale qualcuno con già un piede nella fossa ci sarà di sicuro. Oppure, di notte nei vicoli della città, nessuno sentirà la mancanza di un tagliagole in meno.
     Ma una volta trovato un cadavere, cosa ce ne facciamo?
»
     All’ultima parte ritrovò il sorriso, per quanto me ne importasse.
     « Ripulire la feccia dalla capitale è un atto molto ammirevole da parte tua. Ti accompagnerò volentieri » disse, appoggiandomi delicatamente una mano sulla spalla prima che io potessi evitarlo.
     In un attimo smisi di respirare da quanto quella donna fosse affascinante. Il suo tocco lieve e fresco sembrava passarmi attraverso i vestiti, il suo profumo m’inebriava. Come potevo aver pensato male di una creatura così splendida?
     « Non preoccuparti di cosa ne faremo dopo, esponimi piuttosto il tuo piano. »
     Giusto, che m’importava di cosa fare del cadavere? Mi persi nei suoi occhi lilla, sentendo il mio cuore accelerare nel notare il vivo interesse per ciò che intendeva fare. Volevo sorprenderla, escogitare un piano infallibile per fare colpo, ma non riuscivo a pensare ad altro che a lei ed alla sua mano sulla mia spalla.
     Non potevo starmene lì impalato, dovevo prendere tempo!
     « Andiamo di sotto a mangiare qualcosa. »
     A malincuore mi staccai dal suo contatto, e fu come se una secchiata d’acqua m’avesse raffreddato i bollenti spiriti. Che diavolo m’era preso a fissare quella donna come un pesce lesso? Se Rose m’avesse visto in quel momento m’avrebbe sicuramente tirato uno dei suoi cazzotti migliori!
     Dovevo fare attenzione a non farmi mai più toccare da lei, se non volevo trovarmi in situazioni ancora più snervanti di questa. Lei non era decisamente una persona con cui potevo permettermi di abbassare la guardia.

     La stanza principale era deserta all’infuori di Akela, l’omone dai capelli rossi che sembrava particolarmente vicino ad Ainwen. Era davanti ad un pentolone sul fuoco che preparava una minestra, e siccome non avevo ancora mangiato nulla ne presi una porzione abbondante per poi sedermi nel primo tavolo libero che trovai. Jacala non prese nulla da mangiare, ed io cominciai a spiegare il mio piano.
     « Trovare un tagliagole a Basiledra non dovrebbe essere difficile. Basterà attendere il buio e girare nei vicoli più malfamati fingendosi ubriachi e indifesi, e saranno loro a venire da noi. »
     Era piuttosto semplice, lo riconosco, ma s’era rivelato efficace più di una volta. L’avevo fatto abbastanza spesso durante il mio periodo a Taanach, ma d’altro canto lì è impossibile girare senza trovare qualcuno che vuole infilarti un coltello nella pancia e rubare i soldi che hai in tasca. Non credevo che a Basiledra sarebbe stato più difficile, comunque. Sarebbe potuto essere comunque pericoloso, perché non spesso gente del genere non si muove mai da sola e ci saremmo potuti trovare in inferiorità numerica. La cosa non mi turbava particolarmente comunque, perché non erano certo soldati addestrati alla guerra. Spesso non appena tiravo fuori la spada facendo capire di non essere indifeso alcuni perdevano coraggio per poi fuggire a gambe levate, alla ricerca di prede più facili.
     « Devi essere presente all'uccisione? Sai combattere? »
     « Non devo essere presente » disse lei dopo aver pensato qualche attimo, e poi continuare guardandomi per una volta senza un sorriso sarcastico in volto. « Ma ci sarò comunque, quale che sia il tuo piano. »
     La stronza aveva tranquillamente ignorato la mia ultima domanda, come se non mi servisse sapere se sarebbe stata una palla al piede o se poteva almeno darmi una mano nel fare il lavoro sporco per lei. Beh, io partirò dal presupposto che sappia difendersi da un brigante qualunque. Se poi verrà ferita peggio per lei, così forse imparerà a rispondere alle domande importanti quando vengono fatte.
     M’era simpatica per come aveva risposto alla Mora la sera prima, ma conoscendola meglio c’erano atteggiamenti che avrei davvero preferito cambiasse. Speriamo non mi causi guai, questa notte.

ReportStato Fisico ~ 0/16.
Stato Mentale ~ 0/16.
Mana ~ 95 %.
CS ~ 4. [2, Costituzione ~ 1, Determinazione ~ 1, Velocità]
Consumi ~ [1 Bassi, 5% ~ 0 Medi, 10% ~ 0 Alti, 20% ~ 0 Critici, 40%]
Armi
» Hien ~ Nel fodero al fianco sinistro.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Abilità passive
» Duro A Morire ~ Capacità di difendersi in modo istantaneo ed inconscio, le sue difese ad area hanno potenza pari al consumo, non sviene se rimane a 10% di energie.
» Stratega ~ In qualsiasi tipologia di terreno Shaoran è in grado di elaborare la strategia migliore, durante un combattimento vince gli scontri a parità di CS.
» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura delle persone.

Tecniche Usate

Note
Post come da confronto. Attendiamo la notte ed entriamo in città, sfruttando il mio auspex per percepire eventuali malintenzionati intorno a me. Shaoran andrà in giro disarmato - pronto ad evocare Hien in qualsiasi momento - canticchiando ad alta voce e col passo incerto di un ubriaco. In alternativa cercherà lui qualcuno, sempre sfruttando l'auspex.

 
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view post Posted on 23/11/2014, 16:19
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A r d e a l , M e z z o g i o r n o

Quando la carrozza si fermò davanti al palazzo del conte, il sole era già alto nel cielo. Il tepore dei suoi raggi non aveva nulla a che fare con quello timido, implorante, dei regni del nord. Ainwen, l’Oracolo, porse la mano al suo servo. I lembi scarlatti del suo vestito di seta scivolarono sul terreno polveroso. Occidente e oriente parevano sussurrarsi all’orecchio in quel territorio di confine, dove la brezza dell’autunno portava ancora con sé il ricordo caldo dell’estate. Alcune ciocche candide, che sfuggivano alla crocchia dopo le lunghe ore di viaggio, le scivolarono sulle guance. Con la mano che non reggeva la bambola, carezzò distrattamente il ricamo di pizzo candido che le ornavano il collo e il petto. La stoffa scivolava lungo le curve timide del suo corpo, facendola assomigliare ad un fiore gelato prima di sbocciare. Qualcosa la opprimeva, le suggeriva di andarsene da quel posto dove la gente aveva iniziato a morire troppo rapidamente, quasi una guerra diversa si stesse combattendo tra i suoi vicoli. Cercò di inspirare a pieni polmoni senza riuscirci. Le pareva che qualcosa di pesante le gravasse sul petto e sulle spalle.
Fece ai propri compagni un cenno del capo, prima di precederli all’interno. Era necessario registrarsi per poter soggiornare nella contea, eppure non c’era nessuno in fila dinanzi al grande libro mastro. L’unico servo addetto alla mansione stava discorrendo animatamente con la guardia che stava in piedi al suo fianco. Tutto attorno a loro il salone d’ingresso del palazzo, gremito di servitù e di nobili impegnati nei propri affari. La quotidianità inscenava uno spettacolo vuoto su un palco che avrebbe volentieri evitato di guardare. Si portò il pugno alle labbra, schiarendosi la gola per richiamare l’attenzione del servo. Era un ragazzo di poco più di vent’anni, pesanti occhiaie a raccontare della notte appena trascorsa. Avrebbe potuto leggergli il futuro in cambio di informazioni su quelle terre, ma non era ancora il momento di farsi conoscere. Gli rivolse un sorriso stirato, che sperò gli sembrasse amichevole. Non c’era amicizia in lei, né alcun calore per quella umanità sorridente e spigliata a cui non poteva appartenere. Strinse la piuma d’oca che le veniva porta, le nocche livide per trattenere la rabbia. Perfino quel ragazzo distratto si sentiva più a proprio agio di lei, pareva essere convinto di trovarsi nel posto giusto.
Firmò il proprio nome prendendosi tutto il tempo, soffermandosi su ogni lettera. Solo un nome vuoto, un nome che non significava più nulla. Non c’era una casa ad aspettarla dietro quel nome, non c’erano braccia che si sarebbero protese verso di lei se anche fosse tornata, non c’erano dita che avrebbero raccolto il suo pianto. Le voci dei presenti erano come una marea che si infrangeva sul suo corpo chinato in avanti. Si spostò una ciocca di capelli dietro le orecchie e corrugò per un attimo la fronte.
Improvvisamente, proprio mentre sollevava il polso dalla pergamena, sulla stanza scese il silenzio. Inspiegabilmente, come per effetto di un incantesimo, tutte le voci tacquero. Un fruscio di stoffa parlò dei movimenti attorno a lei. La bambola sollevò il capo e lo lasciò vagare attorno con scricchiolii lievi, che parvero assordanti nella stanza muta. Akela le poggiò una mano sulla spalla. Anche lui si era irrigidito ed inchinato in avanti.
Inchinato. Il tuo servo.
Stupita, la giovane donna sollevò la schiena e lasciò che gli occhi di ceramica cercassero per lei l’oggetto di tanta deferenza. Non tardò ad identificarlo: l’uomo non era più imponente o vestito più riccamente dei nobili, eppure qualcosa nel suo aspetto, nella sua andatura, tradiva il potere di cui era investito. Si muoveva sicuro tra quegli uomini e quelle donne chinati in avanti, come se non avesse alcuna fretta di liberarli dal proprio giogo. Sentì il bisogno di fare come loro, di lasciarsi dominare da quell’autorità superiore. Se solo avesse potuto delegare a lui la forza, ed essere debole. Ma lei non era come tutti loro: lei era nobile, lei avrebbe cambiato le cose. Storse lievemente le labbra, continuando a tenere il busto fieramente eretto, lottando contro se stessa. Sottile come un giunco scosso dalla tempesta, sentiva su di sé gli sguardi di tutti gli altri.
Gli occhi della bambola incontrarono quelli dell’uomo, lo seguirono mentre si avvicinava a loro con studiata lentezza. Forse avrebbe dovuto avere paura, e invece gli rivolse un sorriso falsamente lieto, un sorriso che coinvolgeva solamente le labbra. I suoi occhi lattiginosi, inespressivi, rimasero puntati verso il basso. Non voleva che lui vi guardasse all’interno, scoprendo la sua fragilità.


A quanto vedo Ardeal vanta nuovi ospiti quest'oggi. A cosa dobbiamo la vostra presenza mia signora?


La dominava di quasi tutta la testa, ma non l’avrebbe costretta ad indietreggiare. Una ruga leggera le si disegnò in mezzo alla fronte, quasi a spezzare l’ansia improvvisa che le aveva afferrato lo stomaco. Sentiva un tremito lieve alle mani, con cui si era aggrappata al bordo del tavolo. Stava sfidando il destino, stava rischiando il tutto per tutto. Un solo errore in quel momento e il suo intero piano avrebbe potuto naufragare.


Conte di Ardeal, è un piacere per me poterla incontrare”.


Vattene, pensò, vattene e torna sul tuo trono a giocare a fare il re. Il vero potere lascialo agli altri. Sperò che il suo sorriso tirato resistesse alle emozioni che le si accalcavano in gola.


Il mio nome è Ainwen Dobrzensky, vengo dal nord per…alcuni affari”.


Improbabile che lui conoscesse davvero il suo nome, ancora più improbabile che conoscesse la triste storia dell’erede fuggita da palazzo, della fanciulla che aveva perso i propri occhi e il proprio nome nello stesso giorno. Attese qualche istante la sua reazione, cercò di leggere nel suo sguardo l’ombra di un ricordo. Al suo fianco, Akela aveva una mano poggiata sull’elsa della spada. Sarebbe morto per difendere il suo segreto, o forse l’avrebbe semplicemente trascinata con sé. Con il dorso della mano destra, sfiorò lievemente la mano sinistra di lui, sperando che comprendesse il suo messaggio. Era ancora troppo presto.


Non lo metto in dubbio. Che genere di affari se mi permettete?


Maledetto stronzo. Il suo sorriso si fece improvvisamente più duro, più difficile da mantenere. Qualcosa scricchiolò nella sicurezza di poter portare a termine il loro piano. Sapeva che presto avrebbe cominciato a sudare, e sapeva di dover trovare una soluzione. Eppure, in quel momento la sua mente pareva una tabula rasa, soltanto oscurità, soltanto silenzio. Le serviva solo un’idea. Annaspò nel tentativo di portare a galla un piano. Cercò di non guardarlo, di non lasciarsi distruggere dalla diffidenza che leggeva nei suoi occhi.
L’idea giusta. Avanti.
La bambola sbattè le palpebre, Ainwen deglutì. I secondi scorrevano troppo veloci perché potesse elaborare una teoria credibile. La disperazione piantava i propri artigli lungo il petto, risalendo a velocità vertiginosa. Desiderò piangere e invece levò gli occhi ciechi verso quelli di lui, lasciando scorrere il proprio potere in avanti, fino a travolgerlo. Approssimativa, impulsiva. Non avrebbe voluto arrivare a tanto, non avrebbe dovuto impossessarsi della sua mente. Ma non le aveva lasciato scelta: avrebbe pagato il qualsiasi prezzo per raggiungere il proprio obiettivo.. Si chiese quante possibilità ci fossero che lui potesse resisterle. Il suo sorriso si addolcì un poco.


Son qui per incontrare un vecchio amico che non vedo da tempo”.


Nobili e servi si rilassarono all’unisono. Era la risposta giusta, stavano pensando, quella che doveva essere pronunciata. Il peso che le opprimeva il petto si sollevò lentamente, lasciandole intravedere una via d’uscita.
Lui attese qualche istante e infine sorrise. Il petto di Ainwen si dilatò d’improvviso, incamerando nuova aria.
Salva.


Molto bene, vi lascio ai vostri affari dunque. E' stato un piacere conoscervi mia signora, chissà che non ci si debba rincontrare...


Riusciva a pensare solamente che c’era riuscita, che avevano ancora un po’ di tempo. L’orologio quasi scarico, morente, della sua speranza ricominciò a ticchettare. Quasi non si rese conto che lui le aveva preso la mano e vi poggiava le labbra. Un brivido le risalì lungo il polso e dovette soffocare un sobbalzo. Che fosse un effetto del suo incantesimo? Che lo avesse convinto a tal punto? Nessuno aveva mai mostrato verso di lei la galanteria dovuta ad una donna normale. La bambola aveva gli occhi spalancati, proprio come lei. Lui si allontanò di qualche passo, lei sentì i muscoli distendersi lentamente. E poi, inaspettatamente, lui girò nuovamente il capo verso di lei, come se si fosse dimenticato qualcosa di importante.


"Bellissima scelta di abito ad ogni modo. E' un colore che vi si addice".


La sensazione della pelle gelida di lui contro la propria si rinfocolò, indelebile, sul dorso della mano. Arrossì violentemente al suo complimento, facendo un piccolo passo indietro e portandosi una mano al viso. Non avrebbe mai ammesso di sentirsi compiaciuta, eppure un insolito calore le si diffondeva all’altezza del ventre e sulle guance. Akela le circondò le spalle con un braccio e fissò in cagnesco l’uomo che usciva dalla stanza. Alzava un braccio e un servo gli si avvicinava a passo svelto. Mentre iniziava a parlargli rivolse un'ultima, penetrante occhiata verso i nuovi arrivati.


Quello non mi piace”.


La ragazza rimase in silenzio per qualche istante, cercando di scacciare la sensazione di imminenza che quell’uomo le aveva comunicato. In qualche modo aveva la certezza che lui non fosse come tutti gli altri. Quella certezza si era insinuata tra i suoi pensieri, senza che riuscisse ad afferrarla e a leggerla fino in fondo.


Già…
Non disse altro, sfiorando con le dita sottili il dorso della mano.



B a s i l e d r a , N o t t e

La notte era scesa ormai da qualche ora sulle strade e sulle taverne della capitale. Le luci si erano accese e nella maggior parte delle case erano state spente. I palazzi dei nobili ardevano di risate e i bicchieri di cristallo erano stati colmati di vino. Da qualche parte, nell’ombra, si tramava di libertà e di schiavitù, si scambiavano promesse che non sarebbero state mantenute. Il trascorrere del tempo era scandito dal respiro degli amanti, perduti in dimensioni irraggiungibili per gli altri viaggiatori notturni, e dal battito regolare dei cuori in caccia.
Jacala camminava disinvolta al fianco del suo giovane compagno, la figura nascosta da un ampio mantello viola scuro. I suoi occhi saettavano da un lato all’altro, impazienti, forse in cerca della preda più adatta. Ad un certo puntò poggiò la mano tiepida sul polso di lui, lo sguardo scintillante alla luce delle torce. I capelli le ricadevano sulla fronte come spighe di grano soffiate dal vento.


Vieni con me”.


Lo precedette in un vicolo laterale, sfuggendo alla strada lastricata di marmo e gettandosi nella babele di stradine senza nome che costellavano i sobborghi. Ben presto non ci fu più ordine: le case dei fortunati si affacciavano sulle strade principali e lì, sul retro, i servi gettavano escrementi, rifiuti e il ricordo della loro miseria. Nemmeno le lampade ardevano più a contrastare la luce lattiginosa della luna. Parevano essere completamente soli, ma aguzzando lo sguardo si potevano distinguere alcune ombre scivolare lungo i muri, dove non potevano essere viste chiaramente. Quale fosse la loro identità sarebbe stato difficile dirlo, ma per la maggior parte non parevano essere interessate ai due viaggiatori.


Chi morirà questa notte?
La donna sembrava tranquilla, come se l’idea di dispensare dolore non la disturbasse veramente.
Un assassino? O forse un amante troppo ardimentoso? O un profittatore di fanciulle?


Si avvicinò, spostando il cappuccio in avanti con le mani, quasi a creare una piccola cupola di stoffa tra i loro volti. Uno spazio segreto, dove solo lui avrebbe potuto sentire le sue parole sussurrate a fior di labbra.


Dimmi chi sarà la tua preda e io ti fornirò l’esca”.



CITAZIONE
QM. P O I N T
Deirdre Sei libero di descrivere le modalità con cui viaggi verso Ardeal (Ainwen compie il viaggio in una carrozza senza stemmi e Akela cavalca per tutto il tempo al suo fianco). Una volta arrivato nella contea (all'incirca poco dopo il mezzogiorno), vi viene detto che dovete registrarvi per poter soggiornare. Ainwen, che già lo sapeva, si reca a palazzo dove avviene la scena da me descritta. Sei libero di scegliere se essere presente o fare dell'altro (ma sei tenuto anche tu a registrarti entro la giornata, visto che soggiornerai con Ainwen e Akela). Una volta terminata l'interazione tra ainwen e il conte di Ardeal, sei libero di scegliere come agire (proseguiamo in confronto) . La giovane donna si dirige verso l'uscita del castello, probabilmente con l'intenzione di trovare un alloggio. Tu sei libero di agire (ripeto, sempre in confronto).
N.B. Nel momento in cui Ainwen cerca di convincere il conte di dover incontrare un amico, casta una tecnica psionica ad area a consumo Medio (quindi difendibile con un basso), che ha l'effetto di rendere credibili le sue parole e provocare al contempo un danno basso da lieve confusione (per questo tutti i nobili nella sala ne subiscono l'effetto). Essendo alleato non ne sei influenzato.

Ark In base al piano che mi hai esposto, ti trasporto a Basiledra nella notte del giorno stesso. Puoi scegliere liberamente come hai trascorso la giornata e se sei stato o meno in compagnia di Jacala (magari concordiamo in confronto azioni che coinvolgano anche lei). Sei altrettanto libero di esserti preparato all'esecuzione del tuo piano. La scena da me descritta si svolge nella città qualche ora dopo il tramonto. Proseguiamo da qui in confronto.



Edited by Majo_Anna - 23/11/2014, 17:12
 
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Ardeal, centro città
Giorno

Aveva trascorso l'intero viaggio da Basiledra ad Ardeal in cassetta, assieme al cocchiere, sobbalzando ad ogni buca ed irregolarità del terreno che il carro incontrava. Dubitava che la donna all'interno di esso ne patisse in qualche modo il disagio: come le era capitato di vedere qualche volta, quando un nobile si spostava lo faceva con ogni comodità possibile, attorniandosi di servitori, soffici sete e cuscini, lasciando ad altri il compito di faticare al proprio posto. E difatti anche il gigante rosso non se la doveva passare tanto meglio di loro, stando in sella al suo stallone e facendo da vedetta per scorgere eventuali pericoli lungo la strada.

Una volta giunta in paese, su ordine dell'Oracolo, si erano subito dovuti recare a palazzo per apporre i propri nomi sul registro cittadino. Non fidandosi di ciò che questo avrebbe potuto comportare e temendo che in futuro qualcosa potesse trapelare riguardo la loro missione attuale, però, Deirdre firmò con il nome della propria madre, Gwendolyn, unendo a questo un cognome di fantasia, Whitemoon. Poi, proprio mentre camminava qualche passo indietro ai propri accompagnatori, nel vasto salone marmoreo fece la sua comparsa il Conte, che iniziò un gioco di domande dirette e celate con Ainwen; inaspettatamente, tuttavia, il discorso si concluse con l'apparente forzatura scatenata da una qualche capacità psionica, che convinse l'interlocutore della donna e gli astanti che lo circondavano a lasciar cadere la questione, cedendo il passo all'eterogeneo terzetto, senza ulteriori indugi. Poi, una volta fuori dall'edificio, Deirdre poté finalmente accomiatarsi dai suoi due compagni e fare un girò per la cittadina, prima di dirigersi verso i bassifondi, con l'idea di fare un salto in qualche bettola e taverna a raccogliere informazioni. Voleva essere ben preparata a ciò l'aspettava, benché ancora non potesse sapere quanto quelle certezze sarebbero presto venute meno.

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Sera



Vide i due seduti ad un tavolo ai margini della sala da pranzo de La Luna Pigra e, quando incrociò lo sguardo di Akela, questo le fece cenno di avvicinarsi. Cercando di apparire normale si mosse a passo sicuro, sfoggiando un sorriso radioso; e mentre si districava tra i tavoli chiese ad uno dei garzoni che le sfrecciò accanto di portarle qualcosa di caldo da mangiare, assieme ad un boccale di birra scura. Poi, presa una sedia libera, la aggiunse alle due già presenti, dando solo uno sguardo all'onnipresente bambola, ora vestita con un abito diverso: le pareva piuttosto strano che una donna di nobili natali -o presunti tali- si portasse sempre appresso un oggetto del genere, quindi -avendo ormai da tempo imparato a diffidare dei comportamenti degli umani- questo doveva avere una qualche importanza che ancora non si sapeva spiegare. Ma si premurò di tacere i propri dubbi, almeno per il momento. « Il pomeriggio è stato abbastanza fruttuoso. » A differenza di quella che pareva esser divenuta un'abitudine, questa volta non si rivolse solo al gigante rosso: d'altronde, sebbene non avesse un parere positivo sull'utilità di quella donna nella missione, per attuare il piano che aveva ideato aveva bisogno anche di lei. « Come pensavate, il cimitero è poco frequentato e sorvegliato, il che ci tornerà comodo quando sarà il momento di agire. E sembra che il maggior afflusso di visitatori permanenti sia dato dalla commistione di una qualche malattia con la Piaga, ovvero la moltitudine di creature demoniache che stanno tormentando la regione. A detta degli abitanti, la colpa di ciò sembra imputabile all'ultimo conte, sebbene siano stati elusivi sull'argomento. » Si concesse un mezzo sorriso al pensiero che i villici avrebbero potuto tranquillamente ritenerla uno di quegli abomini che tanto temevano. Poi aspettò un momento prima di riprendere, in modo da concedere al ragazzo appena arrivato di servirle una porzione di arrosto sugoso, adagiata su una fetta di pane nero spessa un dito e ritirarsi poi di fretta verso il bancone, a prendere altri ordini. Nel mentre Deirdre bevve anche un sorso di birra, trovandola piacevolmente fresca e forte, in modo da scacciar la polvere che le si era accumulata in gola dopo un giorno di vagabondaggi per i bassifondi. « L'attuale governatore di Ardeal, invece, viene dipinto dai più come un eroe che combatte la Piaga; da altri invece come un nobile più interessato a godersi le feste ed il lusso che derivano dal suo rango. E qui entrate in gioco voi, Ainwen. » C'era voluto un po' di tempo per elaborare quell'idea, ma dopo l'incontro avvenuto la mattina e le voci raccolte dai cittadini non aveva più dubbi sul da farsi. Avevano bisogno di lei per creare una sorta di diversivo. « Se vogliamo distrarre il più possibile l'attenzione dal nostro obbiettivo, dovete sfruttare la vostra influenza ed il vostro denaro per fare in modo che venga organizzata una festa in paese. Ed Akela vi dovrà accompagnare ad essa, come vostra guardia d'onore per rendere la messinscena più credibile. Inutile dire che più sarà abbondante di pietanze e più persone attirerà; e più sarà facile agire indisturbati come saccheggiatori di tombe. » Passò lo sguardo da uno all'altra, cercando di sondarne i pensieri. Nemmeno all'inumana aveva fatto una buona impressione il conte, ma non aveva trovato altro modo per compiere la missione che le era stata affidata. « Ho pensato anche a come andarcene con il nostro carico senza essere linciati. Dovrete comprare un carretto ed un carico di letame, con cui ricoprirò i cadaveri dopo averli caricati su di esso: l'olezzo sarà sufficiente a celare quello della putrefazione, o almeno credo. » Potevano esserci mille imprevisti in un piano di questo tipo, ma ciò che aveva ideato garantiva anche vantaggi non irrilevanti alla sua mandante: se l'impresa fosse riuscita, sarebbero tornati a Basiledra con i corpi che tanto le interessavano; se fosse fallita, nessuno avrebbe potuto formalmente associarla alla donna che aveva depredato il cimitero. In entrambi i casi avrebbe vinto, uscendone illesa. « Se non avete niente di meglio da proporre, questo è tutto. Voi assicuratevi solo che alla festa anche le guardie cittadine abbiano abbastanza da bere. »

Akela e Ainwen interruppero la cena nel momento in cui l'inumana iniziò a parlare. Mentre l'uomo, improvvisamente fattosi serio, la ascoltò con attenzione evidente, la ragazza tenne sempre il capo chino verso il tavolo, nascondendole sguardo ed espressione del viso. Solo quando infine espose il suo piano, inaspettatamente, sollevò il capo e fissò su di lei gli occhi ciechi. E mentre Akela stava per aprire la bocca, forse per ribattere, lei lo precedette, poggiando la propria mano su quella imponente di lui che a propria volta era immobile sul tavolo. « Faremo ben più che dare una semplice festa. Inviteremo il conte e la sua corte, con tutte le loro guardie e il loro sciocco, vanesio seguito, a una festa in questa stessa taverna. Il liquore e la birra avranno ragione di loro prima che possano pensare di uscire. » Akela aggrottò la fronte, come perplesso.
« Credevo non stimassi quell'uomo. E' insignificante quanto la sua stupida contea, è proprio necessaria anche la sua presenza? » A quelle parole, Ainwen concesse al mercenario un sorriso tristemente sarcastico, ma ben presto il suo volto tornò ad essere quello caparbio di poco prima. « Affitteremo l'intera locanda, concedendo le camere ai nobili che parteciperanno alla festa. E tu sorveglierai che nessuno se ne vada. » Strinse un poco di più la mano dell'uomo, posando lo sguardo cieco su di lui. La bambola, invece, continuava ad essere rivolta verso la guardia nera. Con una dolcezza di cui non l'avrebbe creduto capace, il mercenario roscio scostò una ciocca di capelli dalla guancia della propria protetta. Dopo di che annuì lentamente. Ainwen non rivolgeva il viso verso l'altra donna, continuando a tenerlo proteso verso l'uomo; eppure era chiaramente a te che si rivolse quando riprese a parlare. « La nostra festa sarà un successo. Bada che anche la tua piccola spedizione lo sia. » La sua voce era gelida.

Mentre esponeva loro il piano, Deirdre notò con piacere che pareva aver suscitato l'interesse del gigante rosso, il quale la ascoltava in silenzio, soppesando le implicazioni di quanto aveva intenzione di fare. Ma, proprio quando quest'ultimo stava per esprimere il proprio parere, venne anticipato dalla ragazzina cieca, che propose di usare quella stessa taverna per la festa, suscitando alcune perplessità nella sua guardia del corpo. La ragazzina impiega poco tempo a convincerlo, o meglio ad imporre la propria autorità per sottolineare ancora chi è che comanda, ma non manca di concludere lo scambio di battute con una minaccia affatto velata nei confronti dell'inumana. « Voglio ben sperare che la vostra festa sia un successo: considerati i vostri natali, dovreste essere abituata. » Non era diversa dal Conte ed i nobili che lo attorniavano; o qualsiasi altro aristocratico del continente, esperto nel gozzovigliare e vivere nel lusso. Pertanto, almeno per questa volta, poteva concederle fiducia. « Per domani pomeriggio fatemi avere un carretto ed il necessario per scavare e poi nascondere i corpi. Dopo il tramonto, a festa iniziata, mi muoverò anche io. » Con la mancina raccolse l'ultimo pezzo di pane, intinto nel sugo della carne, e se lo portò alle labbra: il pasto non era stato affatto male, ma per la buona riuscita della missione sarebbe stato più saggio andarsene subito e non farsi vedere oltre in compagnia della sua mandante. Rivolse quindi un cenno di commiato con il capo, prima di districarsi tra i tavoli ed uscire nuovamente in strada: il cielo stellato era perfettamente limpido ed il clima non si era ancora troppo irrigidito per impedirle di dormire all'aperto, come per anni era stata solita fare. E poi aveva ancora uno scrigno da aprire.

Con la luce degli astri, distesa in un prato fiorito sufficientemente distante dagli altri edifici del villaggio, Deirdre riuscì a leggere le pergamene rinvenute nello scrigno sottratto al locandiere di Basiledra; erano pressapoco un resoconto di vendite ed acquisti -soprattutto alimentari- che l'uomo aveva compiuto negli ultimi mesi, con l'eccezione di un foglio bruciacchiato in più punti, che mostrava le tracce di una lettera piuttosto datata, vergata con una calligrafia minuta ed allungata, presumibilmente di una donna che aveva ricevuto una notevole istruzione. Buttò via i fogli, con l'eccezione di quest'ultimo che mise da parte in una tasca delle vesti; non aveva senso che un semplice popolano avesse contatti di questo tipo con una nobildonna, ma al momento non riusciva -e non poteva- pensare a ciò, pertanto, giratasi supina, diede un ultimo sguardo al cielo stellato prima di chiudere gli occhi e sprofondare in un sonno senza riposo, tormentato dagli incubi che ormai affliggevano da anni le sue notti.

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Giorno



Al mercato non era riuscita a trovare nulla che valesse la pena comprare: l'unico acquisto che aveva compiuto -giacché la colazione non l'aveva pagata, rubando una mela da una delle bancarelle dei contadini- era stato quello del carico di letame che le sarebbe servito quella notte e per il quale aveva sborsato un paio di monete d'argento. Rimase d'accordo con il venditore di farselo consegnare nel tardo pomeriggio alle stalle de La Luna Pigra, dove avrebbe trovato un carretto su cui caricarlo. E fino ad allora, sarebbe stata libera di muoversi e trascorrere il tempo come più le aggradava: in fondo, se fosse stata scoperta, quelle sarebbero potute diventare le sue ultime ore di vita. « Proprio quello che ci voleva. » Mentre spinse la porta di legno alzò gli occhi verso l'insegna I Tre Boccali, decisa a bersi qualche birra ed a fare un pranzo sostanzioso nell'attesa di aspettare l'ora convenuta. E forse, tra canti e schiamazzi, le sarebbe pure riuscito di apprendere qualche notizia in più sulla Piaga.

Alla taverna aveva dovuto offrire più di qualche boccale di birra per scucire una storia, o presunta tale, dalle bocche di un paio di avventori abituali. Tra una battuta e l'altra, aiutati dall'alcool in corpo, questi le avevano spiegato come secondo loro -e diversi altri cittadini- il vecchio ed avaro conte fosse stato la causa della Piaga e delle creature che essa vomita nella regione. Secondo i racconti che circolavano in giro, difatti, il precedente reggente aveva stretto un patto con un qualche diavolo degli inferi, in modo da aumentare il proprio potere; com'era prevedibile, però, fu ben presto evidente che il patto non sarebbe stato a suo vantaggio e che, anzi, per colpa delle sue scellerate azioni ci avrebbero rimesso tutti.
Ovviamente quel racconto andava preso con tutte le remore del caso, ma rispetto al non avere una spiegazione, era pur qualcosa. C'era solo da augurarsi che nulla fuoriuscisse dalla Piaga proprio durante la loro breve permanenza ad Ardeal.

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Ardeal, periferia della città
Notte



Mentre transitava con il proprio carro tra i vicoli della cittadina, scansata per via del suo carico maleodorante, Deirdre osservò i nobili a bordo delle loro sontuose carrozze dirigersi verso il palazzo dove si sarebbe tenuta la festa indetta da Dama Ainwen. File di popolani si accalcavano per vedere di persona la mecenate dell'evento, dimenticando per qualche ora le pene e le preoccupazioni che ogni giorno attanagliavano il loro cuore; anche nugoli di servitori e domestici si affaccendavano con zelo in prossimità delle porte, intenti a soddisfare le esigenze più bizzarre dei propri padroni o a terminare gli ultimi preparativi di una festa che sarebbe rimasta negli annali del villaggio. Dal canto suo, la ragazza non poteva che esser lieta di questo trambusto: era il diversivo di cui aveva bisogno per giungere al cimitero ed entrare al suo interno senza essere vista; persino il guardiano, a quanto pareva, aveva lasciato la propria postazione in favore dell'evento mondano della serata. « Sembra proprio che abbiano fatto un bel lavoro. » Varco i grigi cancelli con un cupo senso di soddisfazione.
Smontò dalla cassetta, lasciandosi agilmente cadere sulla terra secca del sentiero del camposanto. Un lieve sbuffo di polvere si sollevò intorno ai suoi piedi, ma -ad eccezione di ciò- nessun movimento o rumore parve provenire da quel luogo di riposo eterno. Con l'arto mostruoso prese una vanga, mentre con la mano libera afferrò le briglie del ronzino da tiro, conducendolo verso la prima schiera di lapidi: scelse quelle meno consumate dal tempo, di cui si leggeva perfettamente il nome e -soprattutto- la data di morte. Non sapeva chi fosse l'uomo che giaceva sotto quello strato di terra, non sapeva cosa avesse fatto in vita e come fosse deceduto; tutto sommato non le importava affatto: rivolse un ultimo sguardo alla via da dove era venuta, prima di abbassare la pala e cominciare e scavare. « Disotterrare non sarà più difficile che seppellire. » Fu appena un mormorio, ma nella sua mente quella frase riecheggiò con forza più e più volte, riportando a galla ricordi e sentimenti ormai lontani.

Aveva appena iniziato a scaldarsi, con il respiro che si condensava in piccole volute, quando un gatto -nero come la notte- si mosse di corsa tra le lapidi, probabilmente a caccia di qualche insetto o lucertola da mangiare. Gli rivolse giusto un ultimo sguardo prima di sollevare e conficcare nuovamente la pala nel terreno davanti a sé, per profanare la seconda tomba: ad ogni affondo avvertiva uno spiacevole fastidio, una morsa allo stomaco mentre riportava alla luce ossa e carni marce. Il primo cadavere che aveva disseppellito era stato quella di una donna e, seppur solo per un breve attimo, quel corpo ormai consumato dai vermi e dal tempo le aveva ricordato quello di sua madre, la cui immagine si era sovrapposta a quello della sconosciuta. Dovette ammettere con se stessa che aveva pensato che sarebbe stato più facile.

Era trascorso appena qualche momento quando udì la bestiola di prima miagolare con una vocina stridula e spaventata, per poi soffiare e raspare il terreno dando colpi secchi con le zampe. Per un attimo l'inumana non ci diede peso, ritenendo che avesse trovato un serpente o qualche altro animale inaspettato. Poi, mentre stava per rimettersi al lavoro e scrollarsi di dosso quei pensieri, alle sue orecchie giunse un suono diverso, un basso gorgoglio che proveniva proprio dalla direzione in cui si era lanciato il gatto; e questo, doveva ammetterlo, non era molto normale. Guardinga, Deirdre poggiò quindi a terra la vanga e mise mano all'elsa dell'Agland: era convinta che dopo aver percorso i pochi metri che la separavano dall'origine di quel rumore non avrebbe trovato nulla di strano, ma tutti i racconti che aveva sentito sulla Piaga le avevano instillato il dubbio che ad Ardeal potesse succedere qualsiasi cosa - e quasi mai piacevole. Pertanto impugnare un po' di robusto ferro avrebbe potuto rivelarsi una scelta saggia.
« Ora vediamo cosa c'è qui. » Con un acuto stridio metallico, la spada bastarda venne sguainata e la ragazza procedette ancora qualche passo in avanti, alla ricerca della fonte di quel suono che l'aveva interrotta.

Poi lo vide, illuminato dalla luce della luna, mentre divorava rapidamente il gatto di poco prima: ingobbito, appollaiato su una lapide come une bestia pronta a scattare, vi era un essere umanoide calvo e dall'epidermide cinerea, con iridi cremisi e zanne quasi animali. Sembrava stupito di incontrare qualcuno -o forse solo di trovare così in fretta un'altra preda- ma per nulla intimorito della fanciulla né della spada che questa impugnava, tanto da abbandonare prontamente i resti della sua cena e lanciarsi giù con un balzo, correndo a zig zag verso di lei. Deirdre glielo poteva leggere negli occhi: quell'essere fremeva per un altro pasto ed avrebbe fatto tutto il possibile per ottenerlo. « Io sarò anche un mostro, ma lasciati dire che tu sei messo ben peggio di me. » Cambiò la presa sull'elsa appena in tempo per spostare l'Agland in posizione difensiva e far richiudere sul freddo metallo le fauci acuminate del necrofago, mentre i muscoli delle braccia le si tendevano per lo sforzo, tanta era la forza cui era costretta a resistere. Le zanne stridettero sulla lama mentre il ghoul tentava di spezzare con ferocia l'arma della ragazza, che si trovava bloccata in una morsa da cui non riusciva a divincolarsi; all'improvviso, inoltre, un liquido nero come la pece e dall'odore pungente prese a fuoriuscire da quella bocca mostruosa e colare lungo il filo dell'Agland. Spaventata dal fatto che potesse trattarsi di un acido od un veleno, d'istinto l'inumana reagì sferrando un calcio alle zampe del mostro, compiendo un movimento a mezza luna che mirava a sbilanciarlo; o quanto meno distrarlo quel tanto che bastava per potersi districare da quella posizione che altrimenti non avrebbe retto tanto a lungo. E funzionò, sebbene l'impatto fu più duro di quanto si fosse aspettata: come se avesse colpito un nodoso tronco di legno, una scossa le risalì lungo tutta la gamba, che presto cominciò a pulsare. Ma tanto era bastato per distogliere l'attenzione della creatura e permetterle di estrarre la spada dalle sue fauci gorgoglianti; purtroppo, però, non lo colse alla sprovvista due volte: appena liberata l'Agland fece un passo indietro e tentò un fendente che sprigionò un'ondata di vapore diretta verso il torace del ghoul, ma questo adotto una posizione quadrupedica e sfruttò i suoi arti possenti per spiccare un balzo che gli permise di evitare l'attacco, il quale si infranse sulle lapidi alle sue spalle, che crepitando si spaccarono in più punti, sollevando nubi di polvere. Di nuovo, in quegli occhi sanguigni scorse l'avido baluginio di voracità che poc'anzi aveva preannunciato l'assalto, pertanto Deirdre si preparò a fronteggiare la nuova offensiva, allargando la propria base d'appoggio e piantando bene i piedi nel terreno, mentre con la mancina diede un leggero scatto del polso verso il basso, che innescò la trasformazione della lama: come se fosse fatta di metallo liquido, infatti, questa prese a mutare forma, abbandonando la rigida compattezza che la contraddistingueva per assumere un aspetto più flessuoso ed elastico, simile ad una frusta. E mentre il mostro si lanciava in avanti per ghermire la propria preda, la ragazza riuscì ad eseguire una scudisciata che fendendo l'aria colpì la creatura ad un arto, bloccandone l'assalto a mezz'aria; poi, mettendoci tutta la propria forza, strattonò l'impugnatura dell'arma e, sfruttando il peso del proprio corpo, direzionò il movimento di lato ed in basso, facendo abbattere il ghoul contro altre tombe. Seppur ansimando per lo sforzo appena compiuto, gli lasciò appena il tempo di risollevare il capo dalle macerie prima di scatenare su di lui un'illusione: eteree radici, spesse e contorte, cominciarono ad emergere dal terreno dissacrato, avvolgendosi l'una sull'altra, intrecciandosi in una trama talmente fitta da non permettere di scorgere oltre, fino a richiudersi a cupola su loro stesse. Pur tuttavia, Deirdre era ben conscia del fatto che non sarebbe riuscita ad ingannarlo a lungo, pertanto con fatica iniziò ad avanzare verso la prigione che aveva appena creato, per dare il colpo di grazia a quell'essere immondo; purtroppo per lei, però, fu troppo lenta e questo, con un ruggito animalesco ed agghiacciante, eruppe fuori dalla trappola, artigliando le radici e schiumando di rabbia. Si scagliò nuovamente in avanti, ma questa volta sembrava diverso: era più veloce, più determinato ed i suoi artigli, che si illuminarono anch'essi di una luce cremi, l'avrebbero squartata senza problemi, dilaniando carne ed ossa come se fossero carta. Era paura quella che stava provando? Se ne rese conto troppo tardi: quando riuscì a riprendersi, aveva già la spalla sinistra ed il fianco destro in fiamme, da cui colava una copiosa quantità di sangue; si era forse riuscita a spostare quel tanto che bastava per non finire sbudellata, ma il successivo assalto avrebbe potuto esserle fatale. Per questo, mentre socchiudeva gli occhi ed il suo corpo iniziava a mutare e scomporsi, sentì il ringhio sommesso del mostro avvicinarsi, il suo olezzo farsi più intenso: prima di dividersi in una moltitudine di schegge color ossidiana, avvertì l'aria innanzi a sé spostarsi, mentre la creatura fendeva il vuoto. Un istante dopo ricomparve alle sue spalle e, cogliendolo totalmente di sorpresa e facendo colare il proprio sangue sull'Agland, le riuscì di mutare nuovamente l'essenza della spada, corrompendola con il suo animo oscuro: nera come la notte, la lama prese ad emanare un'aura malvagia, ben più terrificante di quella del ghoul o di tanti orrori partoriti dalla Piaga. Con dolori lancinanti che le annebbiavano la vista, facendo comparire decine di punti luminosi, l'inumana strinse i denti e conficcò metà della lunghezza dell'arma tra le scapole della bestia, passandolo da parte a parte: eppure, benché fosse mortalmente finito, si dimenava con una forza innaturale. Se non l'avesse fermato, prima di spirare sarebbe riuscito a portarla con sé negli Inferi. « BRUCIA! » E con un cono di fiamme, che incendò diversi metri di terreno innanzi a sé, pose fine ad ogni resistenza. Poi ebbe appena le forze di estrarre l'Agland dal corpo esanime e salire sul carretto, spronando la cavalcatura ad incedere, prima di perdere i sensi. Sperò solo che l'animale non la conducesse nel bel mezzo della piazza in festa.




Deirdre Blackwood

Capacità Straordinarie

Forza Due - Destrezza Due - Intelligenza Due - Istinto Uno


Status fisico - Danno medio da lacerazione alla spalla sinistra, danno medio da lacerazione al fianco destro.
Status psicologico - Danno medio alla psiche; svenuta.
Energie residue - 80%-10%-10%-10% -10%-20%-10%= 10%
Equipaggiamento - Agland-u-ragh, Il Segno del Male, Elmo dell'inganno
Oggetti usati - //

Passive in uso
Brace eterna - Capacità di non morire, a meno che non venga ferita mortalmente al cuore.
Gene illuminato - Capacità di comunicare telepaticamente con un individuo che si trova entro il raggio visivo.
Maestria nanica - Capacità della spada di provocare gravi ustioni assieme al normale danno fisico; inoltre si aggiunge la capacità di emanare un'aura di paura.
Passi invisibili - Capacità di essere invisibile se completamente immersa nell'oscurità.
Speranza insanguinata - Capacità della spada di far sanguinare maggiormente le ferite da questa inflitta, inducendo un senso di stanchezza crescente nella vittima.
Visione dannata - Capacità di vedere ovunque il sangue dei propri nemici, se versato attraverso ferite causate dalla spada.

Attive utilizzate
Soffio infuocato Capacità di creare, a costo Variabile, un cono di fiamme lungo quattro metri.
Parole persuasive Capacità di forzare l'avversario, a costo Alto, a rispondere con assoluta verità a qualunque domanda.
Radici imprigionanti Tuttavia, non è solo il muro invalicabile di tronchi e fronde spoglie a contraddistinguere il casato di Deirdre. Ogni membro della famiglia difatti, semplicemente osservando il proprio nemico, può richiamare a sé parte di quella vegetazione morta: illusorie radici di alberi neri, la cui corteccia appare corrosa dal tempo e dalle intemperie, potranno dunque emergere improvvisamente dal sottosuolo, grosse e nodose, per avvolgersi l'una con l'altra e formare intricati viticci. Evocate a costo medio, i Blackwood le usano -o meglio le usavano, dato che da decenni gli esponenti del casato non hanno più necessità di combattere- per circondare i propri avversari, fino a formare attorno a loro una sorta di gabbia, atta a convincerli di essere in trappola. Se non contrastate, tali eteree radici causano alla vittima un danno mentale di entità bassa a causa della paura ed uno di pari potenziale al corpo, a causa del soffocamento. [Pergamena sfera oscura]
Scaglie nere Tra i tanti poteri demoniaci risvegliati dal marchio della possessione, ve n'è uno che permette a Deirdre -a costo medio- di ricoprire la propria pelle di scaglie nere -identiche a quelle normalmente possedute dai Vis Teng- in grado di assorbire qualunque attacco. Difatti, se la ragazza venisse colpita in questa forma, il suo corpo verrebbe diviso in tanti frammenti scuri come l'ossidiana, per poi ricomporsi poco distante perfettamente illeso; sebbene conti come una difesa assoluta, le è possibile utilizzare questo potere anche per compiere semplici spostamenti. [Pergamena passo nero]
Speranza avvelenata Infine, il potere più subdolo della lama è quella di corrompere il suo stesso sangue. Come ultima capacità, infatti, Deirdre ha imparato che la lama può trasformare il suo sangue in una letale arma. Sarà, infatti, sufficiente bagnare la lama con un pò del suo sangue, ammesso che ne abbia già versato a sufficienza, per vederlo riempirsi dell'oscuro potere della dea. Il sangue versato sulla lama, infatti, diverrà sempre più oscuro, fino a raggiungere una tonalità molto simile al nero, e si espanderà, circondando totalmente il ferro della lama. In questo modo il sangue diverrà un letale veleno e la lama potrà infettare la carne del suo avversario, tormentandolo nel tempo coi danni dell'infezione e sottraendogli per sempre ogni speranza di liberarsi di quel male devastante. Perché non è detto che le verità così cagionate guariscano mai: non è affatto detto. [Attiva, consumo alto, potenza alta, tecnica magica - Deirdre riempie la lama di una parte del suo sangue; il sangue diventa nero e riempie tutta la spada come fosse un veleno; il successivo colpo sferrato con la lama cagiona all'avversario un danno medio immediatamente ed un ulteriore danno medio nel turno successivo; il veleno rimane sulla lama soltanto nel turno in cui il sangue viene versato. Malus la tecnica è utilizzabile solo se Deirdre ha già subito almeno un danno nella giocata. Effetti permanenti In post autoconclusivi, scene free o comunque su accordo tra gli utenti, può aggiungersi un ulteriore effetto permanente: la ferita causata da questa tecnica, infatti, può lasciare una cicatrice permanente sul corpo della vittima.]
Speranza corrotta La lama potrà sempre chiamare a se il proprio potere per snaturare gli elementi del reale, asservendoli alle proprie necessità. E' evidente, infatti, che il potere corrotto che soffoca ogni desiderio e verità è tanto potente da piegare la volontà del vento, della natura, dei minerali e di ogni altro elemento utile a costruire il proprio destino oscuro. In questo modo, infatti, la lama è divenuta oggetto della corruzione indotta dal potere oscuro della Dea: il metallo stesso di cui è composta si contrae a seconda delle necessità e si plasma così come la sua anima nera desidera, di modo da raggiungere agevolmente il cuore dei nemici e colpirli anche quando costoro si possano ritenere ormai al sicuro. Rispondendo alle necessità di Deirdre, infatti, il ferro della lama può allungarsi e stringersi, divenendo molle e flessibile come fosse una frusta. In questa forma, però, non sarà meno perversa del normale: anzi, laddove la carne del nemico dovesse divenire vittima della morsa fatale di questa frusta amorfa, questa soccomberà e sanguinerà più rapidamente del solito, non potendo comunque sfuggire al suo potere. [Attiva, consumo medio, tecnica magica, la lama diventa sottile, lunga e flessibile come una frusta per pochi istanti: il singolo colpo sferrato in questa forma cagiona un danno medio alla vittima; subito dopo la lama torna alla forma normale.]
Vapore ustionante Nella propria forgia, Tharkul impiegò trenta lunghi giorni a fondere il ferro argenteo, batterlo, trazionarlo, comprimerlo e batterlo ancora; si dice che le fornaci lavorarono a pieno regime, consumando tanta legna quanta ne avrebbe potuta produrre l'abbattimento di un bosco. Ciò che è certo, però, è che -come detto in precedenza- il metallo dell'Agland si impregnò dei vapori prodotti dai suoi stessi ripetuti raffreddamenti, tanto da divenire parte di essa: con stupore del Piccagemme, difatti, la lama -se correttamente maneggiata- poteva rilasciarlo, ancora ustionante, nell'ambiente circostante. E pare che re Garlan, combattendo valorosamente a Piana Oscura, riuscì così a mietere decine di vittime tra gli orrori partoriti da Demetra, senza nemmeno bisogno di affrontarli in corpo a corpo.
Deirdre ora, in qualità di nuova custode e portatrice dell'arma maledetta, spendendo un consumo basso e menando un fendente a vuoto è in grado di generare dalla spada una bordata di vapore caldissimo, in grado di ustionare la pelle di chi ne entra in contatto -e le narici e la gola, in caso questo venisse respirato- producendo complessivamente un danno eguale. A costo medio, invece, le è possibile variare di un poco l'offensiva, che si manifesterà sotto forma di un'ondata di vapore, avente direzione similare a quella impressa al movimento compiuto dall'arma; il danno, in maniera analoga, sarà pari al consumo energetico speso. [Abilità attive di dominio]

Riassunto
Facciamo che, per maggior chiarezza, inserisco nello spoiler successivo le abilità passive ed attive entrate in gioco (ed in che ordine ciò è avvenuto). Il resto, tra la parte svoltasi in Confronto e quella subito antecedente il combattimento, direi che non necessita di maggiori chiarimenti.

Note
Oddio, oddio, oddio. Quanto sono arrugginito con i combattimenti. Faccio più pena che in passato. D:



Ghoul - Passiva, veleno applicabile ad ogni morso.
Ghoul - Passiva, armatura naturale che impedisce ai semplici attacchi fisici di fare un danno reale.
Deirdre - Vapore ustionante, attiva; cerca di bruciare le carni della creatura. -10%
Ghoul - Balzo straordinario, attiva [variabile]; schiva il fendente di energia. -10%
Deirdre - Speranza corrotta, attiva; la lama dell'Agland diventa una frusta con la quale cerca di buttare a terra il ghoul. -10%
Deirdre - Radici imprigionanti, attiva; cerca di imprigionare il ghoul. -10%
Ghoul - Passiva, si rende sempre conto quando è sotto effetto di un'illusione.
Ghoul - Attiva [media], la ferocia che lo contraddistingue gli permette di spezzare qualsiasi illusione facendo appello alla propria fame ed al desiderio di uccidere la vittima. -10%
Ghoul - Attiva [media], l'urlo del ghoul può paralizzare di terrore la vittima, rallentandone i movimenti e le reazioni per qualche attimo. -10%
Ghoul - Attiva [variabile], la ferocia del ghoul si trasmette ai suoi artigli, che diventano molto più resistenti ed affilati, cagionando un danno proporzionale al consumo speso. -20% & -20% [Usata due volte in rapida successione]
Deirdre - Scaglie nere, Attiva; difesa assoluta, che divide il corpo della ragazza in scaglie nere. -10%
Deirdre - Speranza avvelenata, Attiva; il sangue della ragazza si trasforma in un potente veleno, che cagiona danno immediato ed in ritardo. -20%
Deirdre - Soffio infuocato, Attiva; fiamme che soffiate dalle labbra si estendono in un vasto cono, infliggendo un danno di un livello inferiore al consumo speso. -10%

Ghoul [30%] - Danno di media entità ad un arto inferiore. Danno alto da perforazione&taglio al torace. Ustione di livello basso alla parte superiore del corpo. Morto.
 
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Ark
view post Posted on 7/1/2015, 22:08




~ Giudice, Giuria e Boia



     La luna e le lanterne illuminavano i nostri passi lungo le strade deserte di Basiledra, dove l’unica cosa che spezzava il silenzio era il suono dei nostri passi sul pavimento lastricato in marmo. Seguivo Jacala che si muoveva sicura lungo le vie, coperta da un ampio mantello viola scuro che si agitava nella brezza notturna. Eravamo gli unici nei dintorni, le finestre che si affacciavano sulla strada erano chiuse e non un suono usciva da esse, tranne quando ci avvicinammo alle dimore più grandi ed eleganti dei nobili.
     Delle elaborate sbarre di ferro recintavano un enorme cortile, con stradine sterrate che passavano attraverso cespugli e fontane, illuminate dalla luce che usciva dalle grandi vetrate del palazzo. Si potevano notare le figure in controluce di persone vestite in abiti eleganti che ballavano e parlavano, nell’aria si sentiva un distante suono d’archi. Per loro la notte era ancora giovane, all’insegna di balli e brindisi illuminati dai focolari. Anche per me la notte non era che iniziata, ma pensieri tutt’altro che festosi mi passavano per la mente: stavo per uccidere qualcuno, e l’idea mi dava un misto di apprensione ed eccitazione.
     Guardai di sottecchi Jacala, il cui sguardo saettava ovunque cercando di trovare il bersaglio ideale. Io non percepivo nessuno nelle vicinanze, ma non mi presi la briga di dirlo alla ragazza. Attraversammo silenziosamente diversi quartieri e svoltato altrettanti angoli, quando all’improvviso sentii il suo tocco leggero sul mio polso. Il mio cuore mancò un battito e fu come se una scarica elettrica fosse partita dal punto di contatto percorrendo il braccio fino ad arrivare al cervello, ma quell’assurda sensazione mi lasciò non appena lei allontanò la mano.
     Che sia folgorato, non posso reagire così ogni volta che mi tocca!
     « Vieni con me. » disse, apparentemente inconsapevole dell’effetto che aveva su di me il suo tocco. Ero sicuro d’essere arrossito, ma forse avrebbe dato la colpa alla luce delle torce.
     Ci addentrammo nel labirinto di strette strade laterali che si univano alla via principale, dove la luce della luna e delle lanterne faticava ad arrivare e diversi tratti d’ombra diventavano ottimi posti per nascondersi alla vista. L’ordinata cura che si poteva notare nella via principale era stata abbandonata, il pavimento era di terra battuta e le strade si annodavano in una serie di curve strette ed incroci che rendevano difficile orientarsi, a meno che tu non fossi particolarmente esperto del posto.
     Sembravamo ancora soli, tuttavia un occhio attento poteva notare delle ombre distanti che si muovevano cercando di non dare nell’occhio, oltre alle aure intorno a me che brillavano in corrispondenza di ogni persona nei dintorni. Chiunque fossero stati non sembravano volersi avvicinare a noi, così li ignorai a mia volta.
     « Chi morirà questa notte? » disse Jacala. Sembrava perfettamente a suo agio, come se l’idea di uccidere qualcuno non le facesse né caldo né freddo. « Un assassino? O forse un amante troppo ardimentoso? O un profittatore di fanciulle? »
     Si avvicinò a me, sollevando il cappuccio facendo in modo che formasse una cupola di stoffa sui nostri volti. Sentivo il suo respiro sul viso, un centimetro più in avanti ed avrei potuto baciarla. Irrigidii il collo e mi costrinsi a restare immobile, ma era come combattere una mano invisibile che ti spingeva la testa in avanti.
     « Dimmi chi sarà la tua preda ed io ti fornirò l’esca. »
     Feci un passo indietro, allontanandomi dall’influenza di quella ragazza e lottando contro il desiderio di avvicinarmi ancora di più a lei. Dovevo concentrarmi sulla missione!
     « L’assassino. » dissi, senza pensarci nemmeno un istante. Se proprio dovevo eliminare qualcuno, quello era il tipo di persona che la città avrebbe fatto a meno più volentieri.
     Jacala storse per un attimo le labbra, come se non fosse contenta di qualcosa, poi ritornò a sorridere come se nulla fosse successo. Puntò il dito in direzione di una porta nascosta nell’ombra, in tutto e per tutto anonima ed uguale a tutte le altre che riempivano la vietta.
     « Entra lì dentro e trova il tuo uomo. Digli di uccidere la fanciulla bionda che si trova qui fuori. »
     La fissai incredulo. Che cosa?
     « Non mettere alla prova la tua coscienza: lascia che si macchi del suo peccato prima di colpirlo, lascia che mi uccida. »
     « Piano, piano. » Portai le mani in avanti per fermarla un attimo. « Come fai ad essere certa che dietro quella porta ci sia un assassino pronto ad ucciderti alla mia richiesta? E anche se fosse, non è che posso dirgli "Scusa, potresti cortesemente ammazzare la ragazza bionda qui fuori?" Inoltre perché diavolo dovrei lasciarti morire? »
     Inarcai un sopracciglio, ed aggiunsi « Spesso è una cosa definitiva. »
     La donna mi sorrise, divertita dalla mia preoccupazione verso di lei.
     « Evidentemente ho le mie fonti. Ti ho detto che ti avrei aiutato. »
     Voleva che mi fidassi di lei insomma, di nuovo. Si spostò di qualche passo, lasciandosi illuminare dalla luce della luna e calando il cappuccio, i capelli biondi che mandavano deboli riflessi dorati.
     « Lascia che mi colpisca, se questo può giustificare la tua coscienza. Altrimenti uccidilo prima. Ma in ogni caso non temere: Jacala non muore così facilmente. »
     Il suo sorriso divenne improvvisamente inquietante, ed io non potevo che dargliela vinta. Avrebbe ostentato una tale sicurezza se non fosse stata certa di non essere in pericolo? Inoltre avevo bisogno di un’esca. D’accordo la fiducia, ma non avrei ucciso qualcuno solo perché lei lo definiva un assassino, volevo delle prove.

     Mi avvicinai alla porta con calma, chiudendo gli occhi per aprire la mente e capire quante persone vi fossero all’interno. Ne percepivo una decina più qualche animale, ed a giudicare dalla posizione in cui si trovavano la stanza doveva essere abbastanza ampia. Aperta la porta mi ritrovai in un fumoso salotto, un odore talmente forte che mi grattò la gola facendomi tossire. Come sopportavano quella roba?
     Cercai di scrutare l’interno ma l’illuminazione era scarsa, solo una fioca lampada rendeva un poco visibili i profili dei presenti. Le finestre erano coperte da delle tende e sparse per la stanza v’erano dei divani logori e polverosi, con sedute persone che non sembravano avere nulla in comune per il vestiario né per le attività che stavano svolgendo.
     Un uomo, basso ed ingobbito, mi venne incontro a passo svelto. Provò a parlare un paio di volte ma fu interrotto da una forte tosse catarrosa, cosa che con l’aria che si respirava lì non mi lasciò certo sorpreso!
     « Desidera? » riuscì finalmente a dire. Mi scrutò diffidente con due piccoli occhi neri, ma io cercai di rimanere impassibile. E soprattutto di non sembrare indeciso: con qualche faccia dovevo irrompere in quell’orribile sala e commissionare un omicidio? Ora d’improvvisare!
     « Ho sentito che qui posso richiedere servizi particolari. » Se la situazione non fosse stata seria mi sarei messo a ridere per quanto ridicolo dovevo sembrare in quel momento. Mi passai l’unghia del pollice orizzontalmente sulla gola, tanto per essere chiaro. Stavo facendo le cose giuste? Non ne avevo idea.
     « E ne vorrei uno per la ragazza qui fuori. »
     Prima ancora che finissi la frase un uomo in fondò si alzò per avvicinarsi a noi. Non era particolarmente alto, anche se lo era di più del piccolo omino che continuava a fissarmi male come se fossi un intruso – cosa che effettivamente ero, ma vabbè. Un nobile, a giudicare dai vestiti eleganti, anche se i nastri che pendevano slacciati lasciando aperta la camicia ed i biondi capelli sparsi disordinatamente su viso ed orecchie gli davano un’aria trasandata. Il suo alito puzzava d’alcool, quello che ondeggiava nel calice che teneva in mano, tuttavia i suoi movimenti mi parvero particolarmente fluidi e gli occhi attenti.
     « E' stato gentile da parte tua portarla qui. »
     Sembrava mortalmente serio, il tono pacato.
     « Per la ragazza il prezzo sale. Metà ora. Metà poi. » disse, e tese la mano.
     Lo guardai perplesso. Che diavolo si aspettava da me quell’uomo?
     « E quale sarebbe il prezzo? »
     « Quale prezzo ritieni di dover pagare? Sarò poi io a stabilire di quanto sale. »
     Ma tra tutti i cazzo di assassini della città Jacala mi doveva mandare proprio da quello che faceva richieste di questo genere?
     « Metà ora e metà poi. » Ribadì, bevendo un sorso dal calice.
     Sbuffai spazientito, e portando una mano dietro alla schiena evocai un sacchetto di monete. E che gli andasse bene, non avevo intenzione di continuare più del necessario quella trattativa. L’uomo prese silenziosamente i soldi storcendo le labbra, e chiudendo il pugno lo fece svanire in un trucchetto simile a quello che avevo usato io per farle apparire. Con noncuranza mi superò per uscire nel vicolo, ed io lo seguii contento di poter finalmente tornare a respirare aria normale. Chiusi la porta mentre l’omino dagli occhi neri continuava a fissarmi, non avevo intenzione che qualcuno di loro vedesse cosa stava per succedere.

     Jacala era esattamente dove l’avevo lasciata, accanto al muro col cappuccio calato e guardando un punto imprecisato lontano da noi, probabilmente facendo apposta a non guardarci. L’assassino la guardò un attimo e poi si girò verso di me, chiedendomi silenziosamente se fosse lei. Mi limitai ad annuire, ed immediatamente l’uomo scattò coprendo la distanza tra lei e Jacala.
     Fissai sorpreso quel movimento fulmineo che lo portò ad estrarre uno stiletto dalla lama scura e piantarlo con decisione nel collo di Jacala. Con sommo stupore di entrambi il collo della donna divenne nero e fumoso, finché lei non scomparve del tutto come se non fosse mai esistita.
     Era tempo di vedere come se la cavasse con lo stiletto in combattimento. Mi avvicinai, notando poco dopo come l’uomo fosse intrappolato da un rovo nero che gli afferrava la caviglia e sprofondava sul selciato. Dovevo ricredermi su Jacala, mi aveva davvero condotto da un assassino e adesso mi stava pure dando una mano per eliminarlo. L’uomo mi guardò avvicinarmi con timore e sospetto, ma in realtà non sembrava davvero spaventato da tutto quello che era successo, solo stupefatto. Emise soltanto un grugnito di protesta quando finsi di avvicinarmi per aiutarlo, ancora non sapeva che lui era la preda ed io il cacciatore. Il cuore mi batteva forte nel petto, ma ero pronto.
     Lama, non mi tradire oggi.

     Evocai una biglia biancastra nella mano libera e la ruppi subito dopo, generando un flash che illuminò a giorno la via mentre io chiudevo gli occhi. Un grido di sorpresa fu tutto quello che sentii mentre una katana di resistente acciaio mi appariva in mano mentre miravo alla gola del l’uomo, in un unico e letale attacco. La lama però non tagliò tendini e carne, bensì fu deviata da un resistente scudo luminoso che circondò tutto il corpo dell’uomo. Meno male, sarebbe stato deludente da parte sua farsi ammazzare da un semplice attacco a sorpresa ed io volevo sudarmela un po’.
     La sua confusione lasciò spazio all’ira e consapevolezza, ed io ricambiai con un ghigno teso. Tentò di balzare indietro ma il rovo lo tratteneva costringendolo ad un semplice movimento laterale. Era parecchio agile se riusciva a fare comunque un simile movimento con quel rovo che gli artigliava la gamba. L’osservai mentre si metteva in guardia, cercando di prepararmi alla sua mossa, e semplicemente tese una mano semiaperta verso di me. Dalle dita vi uscirono delle lucciole colorate, talmente belle che sarei rimasto a guardarle per ore, brillavano come stelle…
     Concentrati!
     Con un brivido mi riscossi dall’improvviso torpore di quelle lucciole, tornando di nuovo consapevole dell’avversario davanti a me. Non persi altro tempo e sferrai un deciso fendente verso lo stiletto, l’uomo era rapido e preferivo togliergli quell’arma prima che diventi un problema, ma di nuovo quella luce dorata bloccò il mio colpo lasciando la sua arma illesa. Cercando d’incalzarlo non mi fermai e mirai alla gamba tenuta ferma dal rovo, ma parò anche quell’attacco col suo stiletto, anche se a malapena.
     Non sopportava bene i miei colpi ma cazzo, come faceva a muoversi così tanto così limitato?
     L’offensiva del mio avversario non tardò ad arrivare e gettandosi di lato ruotò usando come perno la gamba bloccata, lanciando un rapido affondo verso la mia spalla. Non esitai a circondare quella zona da una barriera magica che apparve istantaneamente, tuttavia s’infranse come vetro mentre la lama andava a segno, seppur di striscio.
     Non ce l’avrei fatta, compresi mentre digrignavo i denti dal dolore bruciante. Era troppo veloce per me, e quel rovo nero non sarebbe durato per sempre ed allora col cazzo che sarei riuscito ad acciuffarlo. E se fuggiva, chiedendo aiuto? Mi sarei trovato da solo contro chissà quanta gente!
     No, dovevo reagire! La magia fluì dalla mia mano lungo la spada, che si circondò di scariche elettriche azzurre che illuminarono la strada. Gridai ed impugnando la spada a due mani sferrai un attacco laterale mirando alle gambe, ma anche quest’attacco fu parato da una specie di nebbia luminescente che lo circondò con un bozzolo, ma vidi la smorfia di dolore sul suo volto. Cercai nuovamente di colpirlo alla gola, ma ormai era libero e parò con la lama, rimanendo illeso anche se l’urto gli fece perdere leggermente l’equilibrio all’indietro.
     Stallo di nuovo, ma notai qualcosa dietro l’assassino: una densa forma nerastra si stava ammassando pian piano, una sua tecnica? No, quelle ombre… Ogni volta che l’assassino aveva usato una magia era sempre coinvolta la luce, una simile forma era uguale al modo in cui era scomparsa Jacala.
     Sorrisi dentro di me, mentre mi preparavo a fare da esca per il mio avversario che si stava lanciando nuovamente contro di me, notando di nuovo una smorfia di dolore. Dalla sua mano tesa uscirono dei filamenti biancastri, ed io mi lasciai immobilizzare da loro. Mi circondarono braccia e gambe costringendomi a stare in piedi con gli arti aperti verso l’esterno, e affondavano talmente tanto nella carne che mi bloccarono la circolazione.
     Sembravo inerme e l’assassino sentendo la vittoria in pugno non si accorse minimamente dell’ombra dietro di lui che prendeva le forme di una donna, che rapidamente da dietro gli afferrò il collo con una presa ferrea. La lama dell’uomo, che mirava alla mia gola, fu deviata dallo strattone e finì contro la barriera che mi proteggeva il petto, lasciandomi illeso. Io rimasi immobile ad osservare il nobile spalancare gli occhi e la bocca nel disperato tentativo di respirare, il volto diventare prima pallido, poi passare dal blu al viola, infine al nero. Smise di agitarsi e si afflosciò tra le mani della donna, per poi scivolare a terra senza un suono, ed i legami che mi bloccavano morirono assieme a lui.
     Mi massaggiai i solchi sui polsi per riacquistare la circolazione mentre davanti a me l’ombra prendeva una forma sempre più definita mentre Jacala ammiccava verso di me.
     « Abbiamo quello che ci serve, ora. »
     Le feci un mezzo sorriso, ancora non sapevo bene in cosa mi stavo cacciando ma avevamo eliminato un assassino quella notte, e per ora ero soddisfatto. Chiesi a Jacala se aveva un modo per trasportare alla locanda il cadavere senza doverlo trascinare di peso e sotto agli occhi di tutti, e lei mi disse di aspettarla lì. Passarono una quindicina di minuti in cui, dopo aver trascinato il corpo in un angolo buio della via, io rimasi semplicemente in silenzio ad attendere il ritorno della ragazza. Quando lei tornò con un carretto coperto da un ampio telo caricammo il cadavere e cominciammo il viaggio di ritorno verso la locanda ormai vuota.
     Chissà se adesso potrò scoprire davvero in che razza di guaio mi sono cacciato accettando il lavoro di quel mercenario.

ReportStato Fisico ~ 2/16.
» Danno Medio, distribuito tra braccia e gambe.
Stato Mentale ~ 2/16.
Mana ~ 40 %.
CS ~ 4. [2, Costituzione ~ 1, Determinazione ~ 1, Velocità]
Consumi ~ [1 Bassi, 5% ~ 2 Medi, 10% ~ 1 Alti, 20% ~ 0 Critici, 40%]
Armi
» Hien ~ Impugnata.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Oggetti
» Biglia Stordente ~ 1.
» Biglia Accecante ~ 0.
» Biglia Oscura ~ 1.
» Biglia Deflagrante ~ 1.

Abilità passive
» Duro A Morire ~ Capacità di difendersi in modo istantaneo ed inconscio, le sue difese ad area hanno potenza pari al consumo, non sviene se rimane a 10% di energie.
» Stratega ~ In qualsiasi tipologia di terreno Shaoran è in grado di elaborare la strategia migliore, durante un combattimento vince gli scontri a parità di CS.
» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura delle persone.

Tecniche Usate
» Concentrazione ~ Per affrontare gli insidiosi attacchi psionici avversari Shaoran ha imparato a chiudere la sua mente dalle influenze esterne, concentrandosi su un oggetto in particolare ed escludere tutto il resto. Il focus che solitamente utilizza è la sua spada, Hien, in quanto l'oggetto con cui ha creato un legame maggiore durante le sue battaglie. Di fatto questa tecnica conta come una difesa psionica, dalla durata istantanea, e dall'efficacia pari al consumo speso.
Consumo ~ Medio.
Natura ~ Psionica.


» Fabbro ~ Distruggere l'arma o l'armatura di un nemico è spesso un buon modo per renderlo inoffensivo, e Shaoran ha sviluppato un particolare occhio nel riconoscere particolari punti deboli dell'equipaggiamento avversario. Con un colpo ben calibrato potrà dunque sfruttare tali punti deboli fino a spezzare o sfondarlo, in modo da avvantaggiarsi nel duello.
Conscio che anche le sue fidate armi potrebbero rompersi nei momenti meno opportuni, nel malaugurato caso in cui questo accadesse ha a sua disposizione un incantesimo per ripararle. Infondendo la propria energia nell'equipaggiamento rotto questo si rigenererà, fino a tornare come nuovo.
Consumo ~ Basso.
Natura ~ Fisica.


» Barriera ~ Concentrando la sua energia magica innanzi a sé è in grado di evocare uno scudo, una patina azzurrognola sottile ma molto resistente, capace di tenere testa ad attacchi sia fisici che magici, purché non troppo potenti. La forma dello scudo è variabile, può essere usata per proteggere solo il caster o anche tutti i propri alleati contemporaneamente. L'efficacia della difesa è pari al consumo speso per attivarla.
Consumo ~ Medio.
Natura ~ Magica.


» Tempesta Di Spade ~ Anni di pratica con la lama hanno reso Shaoran un temibile spadaccino. Capace di sferrare insidiosi e potenti attacchi a comando, Shaoran è in grado di infondere il potere del fulmine nella sua arma, che si manifesterà all'occhio sotto forma di scariche azzurre che percorreranno la lama. Dopodiché il giovane potrà prodigarsi in una serie di attacchi notevolmente più forti e veloci del normale, rendendo difficoltosa la difesa. Gli attacchi potranno essere uno o molti di più, il danno effettivo della somma dei vari attacchi sarà pari al consumo speso.
Consumo ~ Alto.
Natura ~ Magica.


Note
Come da confronto.





 
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view post Posted on 13/1/2015, 01:02
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A r d e a l , S e r a

Il giovane nobile dall’aria troppo sicura di sé era giunto nel primo pomeriggio. Era avvolto da una fragranza agrumata che ricordava i frutteti d’Oriente, eppure il suo volto narrava di passatempi meno bucolici. La bambola, seduta al tavolo, lo aveva fissato senza mostrare alcun sentimento. La giovane, celata dal mantello scarlatto, aveva potuto mostrare alle ombre tutto il proprio disprezzo. Credeva fosse venuto da parte del Conte, ad opporre un cortese rifiuto al suo invito alla festa di quella sera. Per questo, quando lui le disse che il Conte aveva intenzione di partecipare alla festa, ma di tenerla nel proprio palazzo, non aveva saputo cosa rispondere. In silenzio, avvampando sotto la stoffa divenuta improvvisamente troppo pesante, aveva boccheggiato senza ribattere. In silenzio, raggelata, l’aveva guardato andarsene a passo svelto. Akela aveva sussurrato una volgare esclamazione di disappunto, ma ormai era troppo tardi. Ormai un gioco più grande di loro li aveva coinvolti.

Il sole stava tramontando dietro le colline, tuffandosi frettoloso in una marea di oro liquido e nubi rosate. Gli ultimi raggi si allungavano famelici su quella terra solitaria, facendo avvampare di mille riflessi il vestito di seta della dama del nord. Si era vestita di nuovo di rosso, preda di una vanità sciocca di cui si era rimproverata. Ma questa volta aveva scelto un abito di seta e broccato, che le fasciasse il corpo e i fianchi, esaltandone la linea sottile. Si apriva sulle spalle e sul petto, nascondendo appena l’occhio incastonato tra i seni. Le ampie maniche scivolavano quasi fino a terra, secondo la moda di quella che un tempo era stata la sua gente. Una mano in quella di Akela, l’altra ad avvolgere la bambola, avanzava a passo lento. Il sole moriva, come il suo coraggio ad ogni passo che si avvicinava al castello.
Non amava le folle, non amava confrontarsi con gli altri, non amava mostrare i propri occhi segnati, le cicatrici candide là dove aveva tentato di fermare la maledizione.
Aveva perfino intrecciato i capelli in una crocchia morbida, percorsa da nastri scarlatti, che rendeva inaspettatamente più dolce il suo viso troppo severo. Si era guardata nello specchio, chiedendosi perché lo stesse facendo, se qualcosa davvero avrebbe potuto rendere gradevole un tale scherzo della natura.
Da quando non andava a una festa? Se lo chiese sentendo lo stomaco contrarsi per il disagio. Un servo si inchinò al loro passaggio. Era forse un sorriso derisorio quello che gli aveva letto sulle labbra? La mano che stringeva quella del compagno iniziò a tremare lievemente. Non voleva i loro occhi puntati addosso, non voleva il bagno squallido della loro compassione. Voleva che la ignorassero, che la trattassero con lo stesso superficiale distacco con cui si atteggiavano tra loro. Passarono davanti a una finestra buia, la bambola seguì con lo sguardo le loro figure riflesse. L’enorme guardiano e l’algida Signora dalle spalle strette che gli stava il più vicina possibile. Si chinò per parlarle all’orecchio.


Sei molto elegante”.


Le sorrise, un sorriso sincero. Lei sentì di poter prendere un goccio di fiato. Eppure gli occhi di vetro non vedevano quello che lo sguardo lucido di lui sembrava ammirare. Alle loro spalle le dame e i signorotti della corte conversavano o bevevano insieme. Nel riflesso sembravano infinitamente migliori di loro, molto più colorati, molto più luminosi. Una morsa di gelo le strinse la gola e desiderò di poter sprofondare. Si sentì stupida.
Così stupida.
Ad aver desiderato anche solo per un istante di essere alla loro altezza. Tirò la mano di Akela, cercando di spostarsi ai margini della sala. L’importante era che nessuno se ne andasse, che il piano funzionasse. Soltanto quello. Sentì le lacrime premere per fuggire.


"Ci rivediamo dunque. Mi ha incuriosito la vostra necessità di volere tutto questo


La bambola girò il capo di scatto e lei la imitò quasi immediatamente. Lui era lì, senza che l’avesse sentito arrivare. In piedi a pochi passi da lei, la fissava con uno sguardo indecifrabile. La donna che aveva osato organizzare una festa nella sua contea, la donna che stava segretamente rubando i suoi morti dal suo cimitero. Pietrificata, attese che lui la scacciasse, la ammonisse o semplicemente se ne andasse. Le sue guance si macchiarono di un rossore intenso, quasi violaceo.


Mi concedete questo ballo?
Ovviamente no.


Lo pensò, ma quando socchiuse le labbra non ne uscì che un squittio di terrore. Non poteva essere davvero serio. Non poteva davvero voler ballare con lei, che non avrebbe nemmeno potuto guardarlo in faccia, che non avrebbe saputo dove muoversi. Non poteva davvero volerla umiliare e punire fino a quel punto. Sentì le viscere accartocciarsi e un sapore acido risalirle in bocca ad impastarle la lingua. Cosa sarebbe successo quando fosse inciampata per la prima volta? L’avrebbe almeno aiutata a rialzarsi? La nausea portò un conato che represse immediatamente. Era solo una sciocca, una stupida sciocca. Vestita di rosso perché uno come lui, per la prima volta dopo anni, le aveva fatto un complimento. Fece un mezzo passo indietro, cercando il sostegno del proprio servo. Una mano tiepida le si posò sulla spalla, senza darle alcun sollievo. Il gelo le stringeva i polsi e le caviglie.
Lui, senza scomporsi, le sorrise di nuovo.


Coraggio non mordo! Ne uscirete salva ve lo prometto”.


Una fitta al petto le disse che non ci sarebbe riuscita, che quel solo ballo l’avrebbe distrutta. Ma il suo unico scopo, quella notte, era impedire che lui uscisse da palazzo, che venisse a sapere.
Quale modo migliore?
La mano sulla spalla la tirò indietro, sembrò suggerirle che il sacrificio non era necessario. Ma lei aveva imparato da tempo che l’unica battaglia certa era quella che sarebbe stata capace di combattere con le proprie forze. Lentamente, cercando di ignorare le fitte lancinanti della paura, poggiò la propria bambola nelle mani di Aklea.
Seguimi.
Lo sillabò senza voce, muovendo appena le labbra. Un’ultima supplica, prima di guardare se stessa rivolgere la schiena al proprio servo e guardiano. Prima di vedersi camminare verso il conte e poggiare una mano in quella di lui. Guardò il proprio corpo tremare nel momento in cui le loro dita si intrecciavano, ritrarsi sotto la presa della sua mano sul fianco. La sua aura risplendeva di un cupo, costante colore sanguigno. Chinò per un istante il capo a guardarla in viso, ma la bambola non riuscì ad intercettare il suo sguardo. La attirò a sé con una spinta lieve, ruotò su se stesso, scomparve con lei tra la folla al ritmo della musica. Come due pesci inghiottiti dal branco, si eclissarono alla vista, corpi tra i corpi.
Akela si spostava per seguirli, ma non riusciva a vedersi, non davvero. Una visione fugace del volto teso, degli occhi vuoti e lucidi, delle labbra contratte. Un lampo di rosso e di nero, del sorriso di lui, perfettamente a proprio agio. Forse era la sua piccola punizione, forse era abituato ad attirare l’attenzione. Attorno a loro, le dame coperte di belletti e generosi gioielli stavano a guardare e sussurrare dietro i ventagli. Si sentì avvampare di nuovo, sentì la goffaggine dei propri movimenti schiacciarla verso il basso, desiderò di poter sprofondare nel terreno e non uscirne mai più. Si accorse di avere lo stomaco chiuso, di essere terrorizzata all’idea di commettere il minimo errore.


Non vi preoccupate non vi serve la vista, affidatevi ai vostri sensi. Sentitemi. Vi conduco io”.


Rischiò di perdere l’equilibrio per la sorpresa. La bambola intravide il suo pallore, i loro corpi che si muovevano lenti, troppo lenti, perché lei era troppo incerta. Le parole di lui le erano scivolate sull’orecchio come la brezza. Strinse più forte la sua mano, si aggrappò con le dita in quelle di lui. Si lasciò raccontare da lui i passi che aveva imparato in tempi remoti. Lasciò che scandisse il ritmo dei loro movimenti, che il suono del suo respiro le raccontasse cosa sarebbe successo. Lentamente si accorse di aver dimenticato le dame con i ventagli, i nobili cortigiani in vena di pettegolezzo. Lentamente i suoi movimenti divennero più fluidi, i passi di una fanciulla dimenticata nel tempo.
Uno spiraglio di lei scivolò davanti agli occhi di vetro. Tremava ancora, eppure i suoi piedi scivolavano sulla pista insieme a quelli delle altre coppie. Non erano più impacciati, costretti a frenarsi. Lui sorrideva ancora, come poco prima, la testa china all’altezza del suo orecchio. Rabbrividì, senza comprenderne il motivo.


Avete trovato poi il vostro amico?


Sollevò il capo verso di lui, una morsa gelida come l’inverno che le stringeva le tempie. In un qualsiasi altro momento sarebbe stata certa di potergli mentire. Ma ora erano così vicini che lui avrebbe potuto leggere sulla pelle le tracce della menzogna, inspirarne l’odore. Si sforzò di sorridere, cercando la direzione dello sguardo di lui. Cercò di apparire una dama come tante altre, colta sul fatto.


Non sono domande che bisognerebbe rivolgere ad una signora”.


Cercò di omettere una di quelle risatine querule, da gallina, tipiche delle fanciulle in età da marito. Inspirò il suo profumo. La voce le morì in gola con un gorgoglio. Lui la spinse all’indietro insieme all’ultimo accordo dei violini. Chiuse gli occhi, assecondando il suo gesto e sentendo il proprio mondo buio vorticarle intorno. Le possenti mani di Akela quasi stritolarono la piccola bambola vestita di velluto. Due donne si portarono la mano alle labbra, lasciando scoperta, in una cornice di orli di pizzo, quella coppia così singolare. Lui la stringeva a sé e lei, boccheggiante, gli poggiava il viso su una spalla.


Le signore non dicono mezze verità, Oracolo. Tutt’al più inverosimili bugie”.


Trasalì, mentre il cuore accelerava quasi a uscirle dal petto.
Lui sa.
Ma quanto? Ascoltando il rombo del proprio cuore e della paura che lo cavalcava, sperò che non ne sapesse abbastanza. Non era certa che avrebbe avuto la forza di guardarlo morire.


O v u n q u e, A l b a


La notte declinava lentamente nell’alba nei territori degli uomini. Il buio ingoiava i propri segreti, zittendoli tra le labbra rosate del primo sole. Cosa era successo quella notte? Cosa non sarebbe stato cancellato?
Nella capitale di tutti i vizi e di tutti i sogni, un uomo non sarebbe più tornato a bussare ad una piccola porta anonima in un vicolo sconosciuto ai più. Era un uomo giovane e bello, ma nessuno lo aveva mai amato e le sue mani non avevano mai carezzato un volto promettendo di tornare. Forse qualche suo compagno si sarebbe posto domande, o forse sarebbe semplicemente scomparso come un colpo di tosse durante un incubo. Il suo corpo continuava a giacere sotto il pesante telo di un carretto, nel mezzo della campagna bagnata di rugiada. Ma ormai a nessuno interessava più. Ad eccezione, naturalmente, dei due che lo avevano trasportato fin lì. La donna, dai tratti simili a quelli di una fanciulla delle fiabe, sedeva sul pianale del carretto con i piedi nudi che carezzavano l’erba. Il suo volto si bagnava nel sole e il suo sorriso era dolce quanto il miele. Ma nei suoi occhi lilla si celava un gelo antico come il susseguirsi delle giornate. Non appena il ragazzino si fosse svegliato avrebbero ripreso a lavorare. Probabilmente lui dormiva, mentre lei non conosceva davvero il sonno. Salutò il ritorno del sole, chiedendosi cosa stesse accadendo ai propri compagni.
In una contea sconosciuta al mondo, l’alba sorgeva faticosa. Ad aspettarla avrebbe trovato i resti di una notte dura, pericolosa, come lo era sempre in quel luogo. Qualcuno, qualcosa, non si sarebbe svegliato. Più di una vita sarebbe risultata spezzata dalla Piaga. Questa volta a chi sarebbe toccato? Era la domanda che ciascuno si poneva, sospirando di sollievo nel ritrovarsi vivo. Qualcuno sarebbe tornato nelle proprie stanze, simulando una falsa stanchezza. La sua mente avrebbe continuato a lavorare e generare gli abomini che funestavano quelle campagne. I suoi servi si sarebbero nascosti al sole impietoso, celando sulla lingua il sapore della caccia. Nel cimitero, le tombe distrutte avrebbero testimoniato l’ennesima lotta tra la vita e la morte, ma probabilmente nessuno se ne sarebbe davvero stupito. Con la luce il corpo della creatura mostruosa sarebbe rapidamente bruciato in uno sfrigolio di cenere. Non avrebbero trovato altro che la sua pelle carbonizzata, e non avrebbero posto domande. In quello stesso luogo, dove i cittadini avrebbero voltato il capo per non sapere, lei avrebbe dormito placidamente. I lunghi capelli candidi sparsi sul cuscino e sul viso, come una tenda a quegli occhi insonni, la bambola poggiata accanto su una sedia, le mani sotto il guanciale, avrebbe tratto respiri lunghi e regolari. Probabilmente nella sua mente si sarebbero rincorsi sogni e ricordi. Ogni tanto il suo corpo si muoveva d’improvviso, in un piccolo scatto. Forse tensione, forse la memoria della danza. E allora sulle sue labbra aleggiava un sorriso misterioso, compiaciuto. Quando si fosse svegliata avrebbe saputo cosa era accaduto nella notte, ma in quel momento era ancora presto. Il suo servo imponente la guardava, lasciandole tempo, la fronte corrugata dalla preoccupazione. Solo pochi piani più sotto, il carretto era stato celato nella stalla della locanda interamente affittata a loro nome. E la guerriera, a qualunque razza demoniaca appartenesse, stava finalmente riposando. Entrambe avevano danzato, ma una sembrava avere avuto un ballerino più attento. Sotto il cuscino, la mano sottile stretta a pungo conservava l’ultimo residuo del suo contatto.
Akela le volse le spalle, fissando in cagnesco la rampa di scale deserta. Lei mosse le labbra, tracciando il profilo di un nome. Ma nessuno, a parte il sole che filtrava tra le tende, avrebbe mai potuto sapere quale fosse.



CITAZIONE
QM. P O I N T
Per entrambi: proseguiamo in confronto. Iniziate con il dirmi quando vi svegliate e subito dopo cosa fate e io vi darò ulteriori istruzioni (è ovvio che non siete obbligati a svegliarvi all'alba).
Ark, tu non sei nemmeno obbligato a dormire, ma ovviamente Jacala te lo consiglia.
Deirdre, per dirti che effetto ha su di te il sonno ho bisogno di sapere fino a quando dormi ^^.

 
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view post Posted on 1/3/2015, 00:37

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Ardeal, centro città
Giorno

Era stato un sonno tormentato, nel quale aveva rivissuto vecchi dolori, incontrando gli spettri del proprio passato. Le ferite che il ghoul le aveva inferto dovevano essersi infettate e la febbre l'aveva fatta delirare: quando la ragazza riaprì le palpebre pesanti, però, si rese conto di esser stata portata in una stanza e messa a letto. Le lenzuola erano madide di sudore ed in più punti erano state macchiate da copiose tracce di sangue: sia il fianco che la spalla, su cui vi erano croste fin troppo fragili, le davano un dolore pulsante ed intenso. Inoltre, a giudicare dal sole che faceva capolino dalla finestra e dal vuoto che aveva nello stomaco, doveva esser passata almeno mezza rotazione solare.
Provò a spostarsi per mettersi seduta, ma quel semplice movimento le strappò un urlo a malapena soffocato e le ferite si riaprirono. Per il momento non poteva che rinunciare a riprovarci e, dopo aver fissato il soffitto per qualche istante, cadde di nuovo tra le braccia di Morfeo; solo, prima di perder completamente la cognizione dei sensi, si augurò che questa volta fosse più clemente con lei.

Notte

Quando riaprì gli occhi andava leggermente meglio. Apparentemente non era cambiato nulla, se non il fatto che fuori dalla finestra ora risplendevano luminose le costellazioni celesti. Le ferite sembravano essersi chiuse, con una crosta più dura, ma dall'aspetto sembrava che la sua stima iniziale fosse corretta e si fossero davvero infettate. Conscia del precedente fallimento, Deirdre tentò di muovere prima un braccio, poi l'altro ed infine le gambe: per quanto fosse doloroso, sembrava che non dovessero riprendere a sanguinare. Lentamente e con fatica si mise seduta, arrivando ad avere il fiato mozzo per lo sforzo; solo dopo un paio di minuti, che il suo cuore riprese a battere normalmente, ebbe la forza di allungare una mano verso i suoi pochi averi e recuperare una fialetta di un tonico preparato con miscugli di varie erbe: aveva un sapore dannatamente amaro, ma lo trangugiò in un sol sorso e si sentì un poco più stabile. Ciò che ora le mancava era un pasto caldo: sembrava trascorsa una vita dall'ultima volta che aveva messo qualcosa sotto i denti, ma non si azzardava a rischiare di uscire dalla camera ed inerpicarsi giù per le scale. Senza contare che a quell'ora le cucine sarebbero certamente state chiuse. « A quanto pare mi tocca aspettare la mattina. » Parlò al vuoto della stanza, delusa da se stessa. Con i muscoli più rilassati, però, riuscì a distendersi nuovamente su quel letto che ormai si trovava in condizioni pietose, concedendosi qualche altra ora di riposo.

Primo mattino

Quando riprese nuovamente i sensi, difatti, il sole iniziava a tinger di rosso i tetti delle case di Ardeal: era ora di provare ad uscire di lì e trovare finalmente qualcosa da mangiare. Poi avrebbe pensato a lavarsi e ripulire le ferite, oltre che a trovare qualche foglia medicamentosa per quest'ultime. L'aver vissuto in un piccolo e povero villaggio per ben più di metà della sua vita le aveva permesso di apprendere quali piante fossero commestibili e quali invece potessero essere usate in erboristeria. E, da quel che ricordava, aveva già intravisto qualcosa che faceva al caso suo.

Aveva mangiato e si era ripulita del sangue incrostato, constatando con un sorriso d'approvazione che il suo retaggio inumano le aveva già permesso di rimarginare la ferita all'addome. Alla spalla, al contrario, persisteva ancora un dolore pulsante ed i margini irregolari della lacerazione apparivano sempre più rossi ed infiammati, con una secrezione simile al pus tutto attorno ad essi. Per il momento vi avvolse un panno attorno, in modo da proteggere il taglio da ulteriori elementi d'infezione, ma presto -dopo aver trovato i suoi due mandanti- avrebbe dovuto confezionare un impacco di erbe o avrebbe rischiato danni ben più seri: quand'era ancora una bambina e sua madre le insegnava quali erbe raccogliere per preparare ungenti e pozioni, le aveva anche narrato di episodi di cacciatori che, sottovalutando le proprie ferite, erano finiti per perdere un arto o rimanere gravemente menomati. E quest'idea non era molto di suo gradimento.

Giunse al salone di buon'ora, trovando il locandiere che svogliatamente asciugava piatti e boccali con un canovaccio; per il resto la sala era praticamente deserta, con l'eccezione della ragazza che vestiva di cremisi -Deirdre non poté far meno di chiedersi quanti abiti si fosse portata, giacché ogni giorno la vedeva con uno diverso- e del gigante muscoloso che le sedeva vicino, impegnati in una fitta conversazione. Conversazione che lei interruppe con molta educazione, prendendo una sedia dal tavolo affianco e trascinandola vicino al loro, per poi sedersi cavalcioni su di essa, con lo schienale rivolto verso il tavolo. « 'Giorno. Passato una bella sarata tra danze e sollazzi? » Avrebbe voluto dire qualcosa di pungente, di più cattivo, ma si sentiva ancora debole e quella stanchezza generale le impediva di far di meglio. Ciò nonostante, però, provò a celare al meglio la fatica che provava ancora il suo corpo, simulando un sorriso beffardo. In effetti, dal suo punto di vista, aveva ben ragione di provare del risentimento nei loro confronti: come era costume dei nobili, anche questa volta non avevano mosso un dito, se non per prendere un calice traboccante di vino e portarselo alla bocca. « Ho recuperato quanto richiesto, anche se c'è stata una complicazione. » Con noncuranza diede appena una sbirciata al foglio di pergamena che ancora era appoggiato sul tavolo. Forse era quello l'argomento della discussione che aveva appena interrotto.

Ebbe appena il tempo di scorgere il caos rappresentato dai segni e simboli presenti sulla pergamena -impossibili da decifrare, senza spenderci del tempo sopra- prima di ottenere una risposta dall'Oracolo. Che, ancora una volta, aveva raccolto la sua provocazione. « Non mi dire. Una complicazione » A quelle parole aveva alzato un sopracciglio, lasciando a Deirdre il dubbio che la stesse schernendo o che dubitasse di ciò che aveva appena asserito; in ogni caso, però, non le lasciò il tempo di replicare, esponendo l'ovvio seguito che avrebbe preso la loro missione. « In ogni caso non abbiamo tempo da perdere. Prima che quel cadavere puzzi dobbiamo riportarlo indietro. E non possiamo fallire. » Già, facile a dirsi; senza contare che, stando sotto terra per qualche tempo, in balia di vermi e muffe, non emanava già un bell'odore; ma questo preferì tenerlo per sé, giacché non voleva turbare la visione di corpi perfettamente conservati, com'era costume per i nobili che venivano ricomposti ed improfumati dopo esser spirati, che sembrava possedere la sua mandante. A quel pensiero le venne da sorridere, ma il dolore pulsante alla spalla,che le diede una fitta improvvisa, mutò la sua reazione in una smorfia di sofferenza, a malapena celata. « E così, dunque, possiamo ripartire. Fin dove vi devo scortare? Intendete tornare a Basiledra per compiere il vostro rito di necromanzia? » Il rituale, già. L'unica ragione per cui aveva deciso di imbarcarsi in quell'assurda impresa, l'unico segreto che per lei valesse la pena carpire. Fino ad allora non avrebbe potuto abbandonarli, no: li avrebbe accompagnati, li avrebbe sopportati mal volentieri per ottenere la conoscenza più grande di tutte, che le avrebbe infine permesso di vincere persino la morte. Per l'inumana sarebbe stata la fine di un ciclo, il coronamento di una decade di sforzi, ma una parte di lei, nel suo subconscio, bramava quel sapere per fini ancora più oscuri e malevoli, che avrebbero portato solo sofferenza e distruzione. Ma non quel giorno, non fino a che non fosse giunto il momento adatto. « Concedetemi un'ora e per quanto mi riguarda possiamo poi partire. » Istintivamente portò una mano all'arto ferito, che ancora doveva medicare a dovere o avrebbe rischiato che la febbre la cogliesse di nuovo; ed a quel punto non sarebbe stata in grado di difendere nemmeno se stessa.

Di fronte alla domanda sull'eventualità di abbandonare Ardeal e tornare a Basiledra, per compiere l'agognato rituale che avrebbe riportato in vita il cadavere ed avrebbe potuto aprire nuovi oscuri rami di conoscenza e potere, la ragazzina cieca scosse la testa in segno di diniego, pur senza perdersi in troppe spiegazioni. « Non ce ne andremo proprio da nessuna parte. » L'inumana stava già per controbattere, per far sì che l'altra comprendesse quanto fosse poco saggia come scelta quella di rimanere nel paesino sperduto nelle lande del terrore: il ghoul, con tutta probabilità, non era stato l'orrore più pericoloso vomitato dalla Piaga. E più fossero rimasti lì, più probabilità ci sarebbero state di incontrare altri mostri. Ma, purtroppo per loro, le parole della sua guardia vennero pronunciate con un tono che non lasciava adito a dubbi: non si sarebbero mossi di lì, seppur per motivi ancora misconosciuti. « Per qualche giorno questa locanda è interamente nostra. Opereremo qui. » Non le lasciavano molta scelta, sebbene qualunque persona con un minimo di amor proprio e di intelligenza -considerato che se fossero stati scoperti sarebbero stati sicuramente accusati di necromanzia e saccheggiamento di tombe- avrebbe sicuramente preso al più presto la via per allontanarsi da quella regione infestata. Seguì ancora un attimo di silenzio. Poi Ainwen poggiò entrambe le mani sul tavolo davanti a sé, come se si preparasse ad affrontare un argomento spinoso. Invece, sempre senza parlare, fece leva sui palmi e si alzò in piedi. « Se e quando vorrai seguirci ti mostrerò quale sia la situazione. » Se voleva ottenere lo stesso tipo di sapere posseduto dalla donna, ancora una volta non poteva far altro che ingoiare il rospo ed assecondare le sue richieste. Doveva solo sistemare quella dannata spalla, il cui dolore cominciava a farsi sentire con più insistenza, prima di poter procedere con il loro piano. « Mpf, al prossimo ingaggio specificherò meglio prima i termini del contratto. Questo posto -e rivolse un'occhiata tutto attorno a sé, sebbene il suo sguardo stesse spaziando oltre le pareti di quell'ostello- « è una dannata fregatura. E sia, tornerò più tardi, un paio d'ore al massimo. Sapete, a differenza vostra c'è chi rischia di ferirsi con armi ben più pericolose di una forchettina per il dolce. » Per alzarsi, pur facendo leva con le gambe, si aiutò con l'arto mostruoso, il quale lasciò profonde tacche nel tavolo, laddove gli artigli si appoggiarono sul morbido e lucido legno. Poi, mentre si apprestava a raggiungere la porta della locanda, si premurò di nascondere le sue fattezze demoniache tra le ampie vesti del mantello logoro: da ferita non poteva permettersi che qualcuno ne scorgesse i tratti quasi bestiali. Ed una volta tornata in strada non ci pensò due volte su quale direzione prendere.

Rientrata nella locanda, dopo aver fatto un impacco alla spalla con i petali tritati di un'orchidea rossa screziata di bianco che a Lotos chiamavano stella cremisi, a Deirdre non sfuggì l'aria di attesa che avevano i due: una silenziosa ed immobile sulla sua sedia, l'altro intento a fumare e pronto ad alzarsi in piedi alla comparsa dell'inumana. Se erano costretti ad una snervante attesa poteva solo voler dire che avevano ancora bisogno di lei per la fase successiva del piano; e, molto probabilmente, questo implicava che le sarebbe toccato di nuovo di affrontare la parte più pericolosa della missione. D'altro canto, però, per ora non poteva che limitarsi a seguire il gigante rosso oltre il bancone dell'oste, che aprì la piccola porta della cantina, oltre la quale proveniva un odore di legno vecchio e vino, ma anche uno decisamente più pungente ed ammorbante. Sul grande tavolo al centro della stanza, difatti, si trovava il cadavere di un giovane umano che lei stessa aveva recuperato dal cimitero di Ardeal, strappandolo agli appetiti del ghoul, mentre tutto attorno spiccavano botti di vino, sacchi di farina ed altre scorte alimentari, che ben presto sarebbero divenute nauseabonde se il corpo non fosse stato allontanato o riportato alla vita. Solo a quel punto Ainwen, avvicinatasi nella semioscurità al simulacro vuoto, le rivolse di nuovo la parola. « Questo è uno dei corpi. Come puoi vedere è perfettamente conservato. Almeno in questo hai fatto un buon lavoro. » Tacque per un attimo, forse soppesando le successive parole e le grandi difficoltà che la nuova richiesta avrebbe posto. « Ma non è sufficiente. C'è un'ultima cosa che a questo corpo manca per rivivere. Ed è un'anima. » E, ovviamente, l'oracolo si aspettava che fosse di nuovo Deirdre a risolverle il problema.
Per un attimo, di fronte agli occhi lattiginosi di Ainwen, avvertì un brivido di incertezza: quella ragazza, sin dal primo incontro che avevano avuto nella locanda fuori Basiledra, le aveva dimostrato di sapere già diverse cose sul suo conto, informazioni che difficilmente avrebbe potuto ottenere senza disporre di poteri di divinazione. E se sfruttando la magia avesse anche scoperto che all'interno della guardia nera, in realtà, albergavano due anime ben distinte e contrapposte? Per qualche istante quella domanda le martellò la mente, rimanendo però inespressa; così Deirdre si autoconvinse del fatto che la sua mandante non poteva disporre di un potere tanto grande da percepire l'aura celata di una divinità antica, seppur estremamente malvagia, e quindi la sua richiesta non prevedeva altro che il tributo di un'anima qualsiasi. O almeno così sperava. « E ditemi, avete già in mente qualcuno a cui dovrò rubare l'anima o sarà una mia libera scelta? Senza contare che di solito io uccido, quindi dovrete darmi delucidazioni su come estrarre l'anima da un corpo ed imprigionarla, se volete ch'io vi consegni quanto chiedete. » Ma a quelle parole Ainwen si limitò a stringersi nelle spalle « Sappiamo che tu uccidi, altrimenti non saresti qui. Porta qui la vittima e procederemo. »

Ardeal, bassifondi
Notte

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Saltando silenziosamente da un tetto all'altro, in modo da evitare eventuali pattuglie di ronda, la ragazza giunse infine sull'ultimo, quello che aveva scelto per tendere la sua imboscata dall'alto all'uomo che aveva individuato per il sacrificio richiesto da Ainwen. L'aveva seguito per l'intera mezza rotazione prima di decidersi: dopo che il suo villaggio natio era stato distrutto e con esso anche la sua vita precedente era scomparsa, Deirdre aveva più volte ucciso, ma quasi sempre per necessità o risposta ad un'aggressione. Quella sarebbe stata la prima volta che lo avrebbe fatto senza un motivo personale concreto e, per questo, aveva voluto accertarsi che l'umano a cui avrebbero strappato l'anima fosse della peggior specie, senza alcun legame e che quindi non sarebbe mancato a nessuno. E così era stato.

Pur essendo un accanito bevitore, quella sera Valder aveva decisamente alzato troppo il gomito. Ma era da settimane che non si concedeva una bevuta come si deve e la festa indetta da ed in nome della nobildonna straniera aveva portato a tutti gli abitanti di Ardeal un poco di ricchezza; nel suo caso, però, quel paio di monete d'argento appena guadagnate erano già finite nelle tasche di Tretius, il taverniere che ogni sera lo faceva sollevare a forza dal suo bancone e lo rimandava a casa, dopo averlo gonfiato come una zampogna d'alcool scadente. Quella sera però era andata diversamente e le tre bottiglie di vino che Valder aveva tracannato una dietro l'altra non erano il solito cancarone annacquato ed allungato con altre schifezze che gli propinava quotidianamente l'oste, ma un vero rosso prodotto dalle migliori uve dei vigneti cittadini. Non essendo abituato al buon vino, però, l'uomo aveva inevitabilmente esagerato, tanto che sebbene avesse già recuperato da qualche minuto la chiave nascosta sotto un sasso, non era ancora riuscito ad infilarla nella toppa per aprire la porta della sua baracca e così andare a stendersi sul pagliericcio che gli faceva da letto. Quando ci riuscì, tuttavia, oltre al solito cigolante clangore metallico udì anche un sibilo provenire dall'alto: scorse una figura avvolta in un mantello lacero, che nella mancina reggeva una spada lunga quasi quanto un uomo adulto, ma l'urlo che avrebbe voluto lanciare gli morì in gola. Ed un istante dopo sentì un gran caldo alla gola ed al petto, poi divenne tutto buio.

Se qualcuno avesse alzato gli occhi al cielo, alla pallida luce della luna gli sarebbe riuscito di scorgere una figura che saltava da un tetto all'altro con grazia quasi felina, reggendo in spalla un grosso fagotto, apparentemente diretta verso il centro cittadino. Ma, come il giorno seguente alcuni avrebbero appreso, quella notte Tretius aveva perso uno dei suoi migliori clienti.


Deirdre Blackwood

Capacità Straordinarie

Forza Due - Destrezza Due - Intelligenza Due - Istinto Uno


Status fisico - Danno medio da lacerazione alla spalla sinistra (dolore pulsante, attenuato da erbe medicinali).
Status psicologico - Danno medio alla psiche.
Energie residue - 60%.
Equipaggiamento - Agland-u-ragh, Il Segno del Male, Elmo dell'inganno
Oggetti usati - //

Passive in uso
Brace eterna - Capacità di non morire, a meno che non venga ferita mortalmente al cuore.
Gene illuminato - Capacità di comunicare telepaticamente con un individuo che si trova entro il raggio visivo.
Maestria nanica - Capacità della spada di provocare gravi ustioni assieme al normale danno fisico; inoltre si aggiunge la capacità di emanare un'aura di paura.
Passi invisibili - Capacità di essere invisibile se completamente immersa nell'oscurità.
Speranza insanguinata - Capacità della spada di far sanguinare maggiormente le ferite da questa inflitta, inducendo un senso di stanchezza crescente nella vittima.
Visione dannata - Capacità di vedere ovunque il sangue dei propri nemici, se versato attraverso ferite causate dalla spada.

Attive utilizzate
Soffio infuocato Capacità di creare, a costo Variabile, un cono di fiamme lungo quattro metri.
Parole persuasive Capacità di forzare l'avversario, a costo Alto, a rispondere con assoluta verità a qualunque domanda.
Radici imprigionanti Capacità di creare, a costo Medio, illusorie radici di alberi neri che circondano i propri avversari, nel tentativo di convincerli di essere in trappola.
Scaglie nere Capacità, a costo Medio, di ricoprire la propria pelle di scaglie nere in grado di assorbire qualunque attacco. (difesa assoluta, che permette di compiere semplici spostamenti)
Speranza avvelenata Capacità della spada, a costo Alto, di sfruttare il proprio sangue per ottenere un letale veleno che andrà a ricoprire la lama, cagionando un danno medio immediatamente ed un ulteriore danno medio nel turno successivo.
Speranza corrotta Capacità della spada, a costo Medio, di mutare il ferro della lama fino allungarsi e stringersi, divenendo molle e flessibile come fosse una frusta.
Vapore ustionante Capacità di generare, a costo Medio, un'ondata di vapore, avente direzione similare a quella impressa al movimento compiuto da un fendente della spada.

Riassunto
Nulla di particolare da segnalare.

Note
Ottenuto il cadavere richiesto, Deirdre torna alla locanda saltando -come fatto fino a poc'anzi- di tetto in tetto, in modo da cercare di eludere eventuali guardie cittadine. Se ci riesce, va subito a svegliare Ainwen ed Akela per consegnare loro il corpo.

 
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