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Meditazioni di un vecchio morente 中, Contest Ottobre 2014 - Nemesi

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view post Posted on 21/10/2014, 22:33
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Cardine
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Meditazioni di un vecchio morente



Un anziano attraversava in solitudine lo sconfinato altipiano.
   Il suo passo era lento, leggero e sicuro. I suoi occhi chiusi, e le labbra curve in un sottile e sereno sorriso.
   Ma nonostante le apparenze, dentro di lui vorticavano le emozioni più contrastanti, e ora dopo ora il dubbio s'insinuava nei suoi pensieri. Nessun indizio faceva intuire che un tale turbamento imperversasse dentro il suo cuore come la più violenta delle tempeste. Da molti giorni ormai camminava senza sosta, giorno e notte, qualsiasi cosa accadesse al di fuori di sé. I suoi calzari erano consumati, ma il rimorso no: quello non si era attenuato nemmeno un poco.
   All'improvviso si fermò, per la prima volta dopo la sua partenza, e il suo sorriso si fece più amaro.
   Scrutò nel suo Io più recondito, e rivide solamente i rimpianti di un sogno fallito.

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«Così ho deciso» dichiarò il giovane, con tono categorico e freddo. I suoi piccoli occhi ambrati erano fermi in quelli del vecchio.
   Alexir era il suo allievo da diciassette lunghi anni, cioè da quando sembrava poco più che un fagotto di fasce e lacrime. Anneus ai tempi era uno dei più sapienti di tutti i Quattro Regni, e questo la casata Valderus dovette saperlo, poiché insistettero tanto che quello si occupasse a tempo pieno dell'educazione del pargoletto. Già a quei tempi il maestro percepiva i molti anni gravare sulle sue spalle, e forse a convincerlo fu proprio la speranza di una vecchiaia sicura, da dedicare allo studio e alla meditazione, circondato da discepoli e intento a occuparsi del principino. Gli toccò proprio questa sorte, e ne fu profondamente lieto.
   E così, prima ancora che Alexir avesse imparato a parlare o a gattonare, l'anziano filosofo impartiva lui già le prime lezioni, com'era abitudine fare ai neonati nei tempi antichi per temprare già da subito la loro mente. Lo fece crescere tra studio, digiuno e meditazione; gli insegnò le bassi di etica, filosofia e teologia; a lungo i due si trattennero sulle scienze canoniche - e anche quelle più occulte. Passò la sua idilliaca infanzia passeggiando nei giardini dorati delle più belle città dell'Alcrisia, facendo la conoscenza di letterati e persone di spicco, attirate dall'illustre Maestro. Nonostante i suoi anni si contassero ancora sulle dita delle mani, conversava con loro con parole e concetti degni di un saggio.
   Ma l'Alcrisia è una terra infida, infestata da piaghe molto difficili da estirpare. E, nell'infinito teatrino della perenne guerra tra nobiletti e fuorilegge per contendersi anche il più angusto buco di mondo, la famiglia Valderus ebbe un ruolo breve e tragico. C'è chi dice che il bimbo non pianse nemmeno, quando una serie interminabili di lutti colpì la sua famiglia, e fu subito chiaro che il piccolo avrebbe ben presto ereditato i pochi feudi rimasti alla sua onorabile famiglia.
   «Non dimenticare con chi stai parlando, Alexir!» tuonò Anneus, severo ma perfettamente contenuto. Il giovanotto parve sussultare, investito dal fragore di quelle parole. Portò una mano ai capelli, corti e corvini, e li strinse con forza. Presto la ritirò, cercando di combattere quel vizio dettato dal nervosismo.
   Per alcuni attimi stettero in perfetto silenzio.
   Nonappena il giovane divenne padrone di villaggi che nemmeno aveva mai visitato, Anneus si era dimostrato ancora una volta un maestro comprensivo e previdente: già da tempo aveva iniziato a impartire intense lezioni in campo politico e bellico, rivelando un altro dei molti talenti del giovane erede. Il suo cuore era diventato saldo, il suo spirito riflessivo e il suo animo colto, tanto da poter rivaleggiare con il suo mentore. Così, sempre guidato dalla ferma e sapiente mano dell'insegnante, Alexir chetò prontamente le molte rivolte di fuorilegge che non riconoscevano la sua figura, e per cinque anni governò in pace e prosperità il suo piccolo feudo. Diede prova di ogni virtù che ci si potesse aspettare da dal più retto dei sovrani, spesso superando anche le pretese più severe.
   In quei tempi l'anziano Anneus pensò di aver ormai coronato il suo sogno: crescere un nobile illuminato, capace e lungimirante. Una persona che agisse con rispetto, acume e fermezza. Il principe ideale, colui che avrebbe saputo regnare come i sovrani dell'antichità, che preferivano l'inchiostro al ferro. Aveva dedicato anima e corpo a quella causa, trasmettendo a lui ben più di quanto poteva essere insegnato con le parole o con i fatti. Entrambi vissero anni sereni: il popolo amava il piccolo Alexir e rispettava Anneus, il pio ideatore di quel sogno utopico.
   «Shra-El e la sua prole erano un pericolo, e ho dovuto scacciarlo per il bene di tutti, Maestro» replicò, con tono ingannevolmente umile. Avvolto nei suoi vestiti scuri, sobri ed eleganti pareva un uomo del passato, o il sacerdote di qualche importante culto. Il suo mentore invece dava prova della sua virtuosa povertà, indossando tuniche chiare e consunte e semplici sandali di pelle. Curvo com'era sul bastone, il giovane lo sovrastava in tutti i sensi, ma negli occhi vuoti cerulei del filosofo c'era una determinazione che lo faceva sembrare ancor più forte del suo allievo.
   «Ma non hai messo in discussione la tua scelta, disgraziato!» ribatté, facendo piombare la stanza nel silenzio, un'altra volta.
   Alexir provò a spezzare quella tensione, parlando in tono sommesso.
   «Avevamo già discusso del patriarca Jacob e delle sue assurde pretese, e mi eravate sembrato...»
   «Non importa ciò che sembravo» lo interruppe, senza però alzare la voce. «Basarsi su sole intuizioni porta a un'inevitabile disfatta. Tu non hai pensato prima di agire».
   Qualcosa per un momento balenò negli occhi di Alexir; qualcosa che spaventò profondamente l'anziano. Parve sul punto di replicare con termini che mai avrebbe dovuto pronunciare, ma alla fine non osò tanto.
   «Vi chiedo perdono, Maestro. Mediterò sul mio operato e digiunerò per tre giorni.» rispose, recitando una formula ben precisa che, negli anni, doveva aver ripetuto molte volte. Ma nonostante quanto detto dalle sue parole, era stato quell'attimo di oscurità a parlare al posto suo.
   A segnare l'inizio di una fine ineluttabile.

Alexir aveva un animo forte, forgiato dal pensiero puro e critico, dalla scienza, dal sapere magico e da una ferrea disciplina morale. Era stato cresciuto per essere forte, giusto e previdente, e aveva dato prova di esserlo fin troppo. Ma che cosa lo avesse deviato dalla retta via che Anneus aveva predisposto per lui, nessuno in quel momento riuscì a spiegarselo.
   La situazione precipitò nel giro di poco tempo, troppo poco perché qualcuno potesse opporvisi, ed il governante emarginò il suo mentore dalle decisioni più importanti. Agiva ancora per il bene del popolo, ma nonostante tutti lo amassero quanto o forse più di prima grazie ad alcune iniziative che mai l'anziano filosofo avrebbe appoggiato, era come se qualcosa di sbagliato si fosse innestato in lui. Alexir cominciò a guardare con vivo interesse le terre attorno alle sue: conquistò nel giro di qualche anno più di quanto chiunque avesse previsto, infrangendo antichi accordi di pace e rafforzando il suo già solido esercito.
   Il ruolo di Anneus, che tentò in tutti i modi di salvare la situazione destinata al declino, cambiò in modo lento ma inesorabile. Il saggio arrivò a non venire più interpellato per questioni che riguardassero il governo, e gli furono affidati compiti di secondaria importanza. Alexir divenne sempre più cupo e determinato nel perseguire i suoi segreti interessi. Solo il saggio, che lo conosceva da vicino, poteva accorgersi di questo radicale cambiamento, celato agli occhi di chiunque altro. Quando espandeva i domini nell'Alcrisia, dove tutti quanti vedevano solo il desiderio di pace e giustizia di un nobile magnanimo, egli vedeva le azioni sconsiderate di un folle, dettate non più dalla sapienza e dalla ragione, ma da una strana ambizione.
   Finché un giorno egli decise di ritirarsi a meditare, da solo sugli altipiani, laddove poteva ascoltare il suono della sua mente e riflettere su quando avrebbe dovuto fare a quel punto. Una meditazione che durava da giorni, quando egli arrivò a decidere della sua stessa esistenza.

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Dopo quello sterminato flusso di ricordi - era rimasto immobile fin quasi al tramonto, a rivangare ogni dettaglio degli ultimi tempi - riprese a camminare, pensieroso più di prima. Si sentiva essere a un bivio della sua vita, e la decisione avrebbe cambiato radicalmente gli ultimi anni della sua già illustre esistenza. Coronandoli o infangandoli, forse.
   Poteva andarsene dall'Alcrisia, lontano da Alexir e da ciò che aveva costruito con tanta dedizione. Nessuno glie lo avrebbe mai impedito, e in pochi lo avrebbero biasimato. Cosa potevano aspettarsi da un centenario? Avrebbe vissuto gli ultimi anni in serena meditazione, dando luce a qualche altra opera e coltivando i suoi molti interessi. Avrebbe di sicuro salvato la sua reputazione.
   Oppure poteva agire e rischiare, anche se non in modo diretto. Attendere e vegliare sul suo discepolo, osservandone le decisioni e combattendo perché egli non deviasse dalla retta via. Se questo fosse successo, le conseguenze sarebbero state disastrose. Soprattutto ora che lo sguardo del nobile era rivolto verso il confine con i Quattro Regni.
   Un'ipotesi che prima gli era sembrata sciocca, ma che poi fu costretto a rivalutare. Non poteva permettere che il male si impossessasse dell'animo di Alexir, ma non poteva ormai condizionarlo come amico, maestro e padre. Perché quello era il punto: Anneus non avrebbe mai e poi mai avuto la forza di lasciarsi il giovane alle spalle, di disinteressarsi del suo fato, poiché egli era il suo lascito per i posteri, il suo seme rifiorito nel mondo. Era giunto solo in parte a questa consapevolezza, le cui radici si inabissavano nel profondo del suo animo, ma tanto gli era bastato per capire che il suo ruolo sarebbe rimasto ma cambiato.
   Non più un paziente maestro che insegna, ma un inesauribile giudice che corregge. Colui che distribuisce la giustizia e sistema l'altro braccio della bilancia. Ecco cosa Anneus sarebbe diventato, se il fato gli avesse concesso ancora qualche anno di vita.

Un cenno appena percettibile da parte del capitano bastò perché l'uomo scoccasse la freccia. L'arco d'osso vibrò con una nota grave, che spesso era sinonimo di morte alle orecchie dei bersagli. Il proiettile intanto sibilò nell'aria, e si piantò con precisione incredibile in mezzo al sentiero, pochi passi dinnanzi ad Anneus.
   Il vecchio continuò il suo cammino senza esitare, come se non avesse percepito la minaccia.
   Qualcuno tra i banditi ridette, ma venne subito zittito dal loro oscuro condottiero.
   Venne scagliato nello stesso istante quasi mezzo centinaio di frecce, che ronzarono nel cielo come uno sciame di locuste, e piombarono sul vecchio come folgore nera che discende dal cielo.
   Ma tutte quante, arrivate a qualche passo dal loro bersaglio, si dissolsero nel nulla una dopo l'altra, e di esse non rimase la minima traccia. Era come se il vecchio fosse protetto in una sfera invisibile e infrangibile, che disintegrava ogni cosa giungesse a contatto con essa.
   Il saggio fu dinnanzi ai fuorilegge prima ancora che essi potessero domandarsi con chi avessero a che fare. Tutti rimasero in silenzio, basiti dalla sua inspiegabile rapidità. Da sotto i loro cappucci pareva perplessi alla vista del vecchio decrepito, ma altresì spaventati dalla sua espressione calma e cordiale.
   «Siamo i Flagelli degli Altipiani, vecchio. Ti sei forse smarrito?» esordì il leader dei banditi, con tono profondo e misurato, dal curioso accento esotico. Era avvolto in lunghi stracci color ocra che danzavano nel vento, e portava una maschera d'osso davanti al volto. La sua pelle scoperta era olivastra, con riflessi quasi verdognole.
   «Il mio nome è Anneus» gli rispose, schietto, «e non sono giunto qui per caso».
   Tutti parvero conoscere bene il suo nome, e nessuno di loro si sarebbe mai aspettato di incontrarlo. Per loro sarebbe stato un colpo di fortuna, o la più terribile delle condanne?



Salve!

Finalmente ho la possibilità di scrivere liberamente di un progetto che decollerà in un prossimo futuro. Ne approfitto per dire che 中 sarà il contrassegno che collegherà tutte le giocate. Non ha a che fare con la corrispondente traduzione cinese. Il suo significato è prettamente grafico ed improprio, a metà fra uno stendardo e - vi chiedo di fare uno sforzo d'immaginazione - un libro aperto e una spada su di esso. La cosa si farà chiara.

Beh, questa scena può sembrare una storia ad minchiam, ma in realtà è un importante passo di background del progetto che sto imbastendo. Ho avuto la possibilità di esplicitare questo evento, che altrimenti avrei dovuto sottintendere. C'è da dire che la storia (questa, ma anche quanto quanto seguirà nel futuro) vorrebbe innanzitutto essere un testo che - per quanto lungo - possa diventare una lettura di piacere, coesa e godibile.

La storia si sviluppa attorno al confronto dissonante dei due protagonisti, due figure di spicco nella vicenda che andrò a raccontare. Ora viene preso in considerazione il momento in cui il legame maestro-allievo si spezza, poiché il primo si rende conto di non avere più controllo sul secondo, e quindi di aver fallito il suo sogno (educare un governatore illuminato e perfetto). L'attenzione è posta infatti su Anneus. Il vecchio, pur centenario, è un asceta. Sta per morire, se lo sente dentro, ma la grande forza interiore sviluppata negli gli permette di andare avanti, e di essere ancora parecchio influente.
Sceglie infine di ritirarsi a meditare e dopo lunghe riflessioni si decide ad agire in modo attivo, contrastando Alexir che sta acquistendo un gande potere. Diventa dunque la nemesi del suo discepolo, colui che intende rimediare a quanto è certo succederà. Il tema del contest è esplicito proprio nel ruolo che egli avrà all'interno del progetto, nei confronti del suo ex discepolo. Una nemesi non come giustizia vendicatrice, ma come equilibrio che previene il peggio.
Infine l'eremita giunge davanti ai Flagelli degli Altipiani, un nutrito gruppo di banditi. E stop, abbiamo già messo abbastanza carne al fuoco.
Il tutto, come è facile intuire per chi ha qualche ricordo della letteratura latina, è ispirato alla storica coppia Seneca/Nerone, anche se le differenze nella vicenda sono innumerevoli ed evidenti.
Ovviamente ci sono degli aspetti interni alla trama che non ho potuto esplicitare, non da subito.

Grazie a noahbradley e Mercvtio, i due utenti di Deviantart ai quali ho poco gentilmente rubato le immagini. Grazie, anche se la mia gratitudine non vi toccherà minimamente.

E grazie a voi dell'attenzione!
 
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