Big Hunt, Arrivo di Jace

Pronti, mirare, FUOCO! L'ordine non spezzò la quiete del bosco, non giunse a parole ma un silenzioso comando seguito solo dal secco rombo di una balista. I quattro paletti che componevano il micidiale proiettile si aprirono in aria, una grossa rete di corde rinforzate si distese nell'aria e in un suono secco e sordo si avvinghiarono sul corpo del rettile. Progettate per abbattere quelle antiche creature, probabilmente quasi mai usate allo scopo fino a quel momento, ma nonostante gli anni di mal uso quelle temibili balliste non sbagliavano un colpo. Un urlo squarciò il cielo terso del mezzogiorno, un tonfo lo seguì e l'animale schiantato al suolo più si dimenava e più stringeva la presa delle funi. Passi ferrati giunsero poi dalla macchia, passi accompagnati da un dialetto stretto del sud e quattro tribali orchi con segni di guerra dipinti sul volto presero a circondare l'animale armi alla mano. Il loro pasto, il loro trofeo, poco importava. Passo dopo passo, con una lontana musica di tamburi, i cacciatori stavano per porre la parola fine alla loro spedizione.

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La freccia sibilò silenziosa nell'aria strappando un ringhio di dolore misto a disappunto a uno dei cacciatori che stavano braccando la colossale preda. La mano pesante afferrò il fusto della freccia conficcatasi sulla spalla, strappandola via dalla carne senza farsi troppi problemi a spargere il proprio sangue. Ringhiò al legno, quasi come se volesse scaricare su di lei la colpa della ferita, ma dopo un istante lo sguardo si levò agli alberi notando subito l'uomo che correva. Gettò la freccia insanguinata al suolo e scagliò un urlo contro l'uomo, facendolo seguire da qualche parola in una lingua incomprensibile. Un secondo gli diede risposta, abbandonando momentaneamente il Drago per seguirlo nella cattura di quella più fastidiosa preda. Ascia per il primo e una lunga lancia il secondo presero a correre verso il bosco, guadagnando metro dopo metro velocità e rabbia. Al primo s'illuminò il volto di una luce intermittente come quella di una tempesta, rivelando rapidi tratti ferini. Il secondo, rimasto più indietro, piantò l'arma a terra utilizzandola come tramite per un'energia verdastra che si andava scaricare con violenza crescente verso il suolo. Arghat! ringhiò infine il primo lanciandosi in un balzo e vedendo la propria mano sinistra trasformarsi in quella di un immenso orso bruno, calando nel finale un violento colpo mirato a graffiare per intero il petto del ragazzo.

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