«Bravo Murony!»
~Duello nel Cubo~
«L'uomo può sopportare le disgrazie quando esse sono accidentali e vengono dal di fuori, ma soffrire per le proprie colpe è l'incubo della vita.»
Oscar Wilde
Fu un’orribile sensazione.Una spada lo trafisse al cuore e sentì il muscolo vitale spaccarsi in due e il sangue invadergli l’interno del corpo e fuoriuscire all’esterno e bagnargli i vestiti. Sentì il calore della vermiglia linfa invadergli il resto del corpo, fu una sensazione orribile.
Rabbrividì.
Spalancò gli occhi, la bocca aperta in un silenzioso urlo di dolore. Rimase così un paio di secondi, convinto di morire, percependo quella terribile sensazione ancora vivida nel suo corpo, finché quella non scemò lentamente e poi sparì. Quando Murony abbassò lo sguardo a controllare la sua ferita si accorse che era stata soltanto un sogno più a livello di percezione fisica che psicologica.
Dopo quella terribile esplosione di emicrania era svenuto e da allora non ricorda più nulla a parte quella strana sensazione di esser stato trafitto da una spada.
A proposito di spada…
Il suo sguardo si posò automaticamente sulla lama bianca, così imperfetta ma bella e vivace grazie alle venature che si muovevano sinuose lungo la lama in ipnotici mulinelli e fulminei scatti. Solo allora si accorse che no qualcosa non quadrava affatto. I suoi occhi scivolarono lungo le sue gambe dritte e i suoi piedi poggiati a terra. Era in posizione eretta?... no, non era possibile… si ricordava bene che si era appoggiato al muro e poi seduto prima che di svenire. E allora che ci faceva lì in mezzo? Al centro della stanza in piedi, e poi come diavolo aveva fatto a svenire e rimanere perfettamente in piedi?
Dannazione!
Come se non bastasse proprio in quel momento scoppiò di nuovo quel terribile mal di testa, paragonabile forse a una bestia feroce, una terribile bestia feroce che dilaniava il suo cervello con i suoi affilati e infuocati artigli. Portò la testa fra le mani, stringendo forte le tempie e cercò di non pensare a quel terribile dolore. Pochi secondi dopo, forse grazie al suo metodo o grazie a la figura che gli apparve davanti agli occhi quando li riaprì, quel mal di testa si calmò leggermente, diventano per lo meno sopportabile.
Quella figura apparteneva a un bambino di appena nove dieci anni, che guardava Murony con i suoi grandi occhi neri, luccicanti e intelligenti, che sembravano riuscissero a scrutare fin dentro l’anima. A marcare ancora di più quel temibile sguardo vi erano delle profonde occhiaie che scavano il viso del bambino rendendolo scarno, un po’ malaticcio, pallido. Aveva una capigliatura nera come il carbone completamente in disordine che sembravano più un arbusto bruciacchiato che una massa di capelli. Il bambino lo osservava con la testa leggermente inclinata verso la spalla destra con un espressione apatica sul volto.
Per un attimo gli sembrò un fantoccio, la sua pelle pallida quasi bianca gli fece pensare che fosse uno sfortunato come lui, però i suoi occhi, i suoi capelli avevano qualcosa di vivo, di naturale. Quando il bambino si mosse raddrizzando la testa Murony fu sicuro che non era un falso ma una vera e propria persona… o almeno lo sperava…
Il bambino gli sorrise, un dolce sorriso infantile.
«Seguimi… Murony»
La sua voce ferma e sicura, quasi non fosse quella di un bambino, proferì queste parole che suonavano più come un suggerimento che come un ordine. Non seppe resistere, mentre il bambino si muoveva verso il tunnel, Murony lo seguì. Il giovane si arrampicò e cominciò a strisciare nelle anguste e circolari pareti del piccolo corridoio seguito a ruota dal ladro.
Murony non capiva perché lo seguiva, quel bambino aveva qualcosa di strano negli occhi, molto strano. Era più un istinto primordiale che una decisione quello di andar dietro al bimbo.
Il ragazzino raggiunse l’estremità opposta del tunnel e si buttò con un piccolo balzo atletico, atterrando oltre la visuale del ladro.
Murony ebbe un tuffo al cuore, aveva uno strano presentimento.
Quando raggiunse anche lui la fine del tunnel si affacciò all’interno di un secondo cubo, questa volta completamente bianco, un bianco brillante che infastidiva gli occhi e sembrava aumentare il mal di testa in maniera esponenziale. Chiuse le palpebre. Le riaprì sperando che si trovasse in un altro luogo, ma non accadde nulla. Una terribile sensazione di pedante claustrofobia cominciò a pressargli e attanagliargli il cuore.
Nella stanza non c’era nessuno, il bambino era sparito, al suo posto un opprimente, monotono, fobico bianco.
Dannazione!
Sentì montare il mal di testa.
Decise di scendere nel candido cubo e cercare di pensare a come uscire piuttosto che commiserarsi. Diede le spalle all’uscita e si calò sul liscio pavimento, quando si voltò e il suo sguardo tornò all’interno del nuovo cubo. Qualcosa non andava. Per terra al centro della stanza c’era un ammasso di stracci scuri. Un lungo mantello nero avvolgeva una figura terribilmente familiare. Murony riusciva a intuirne le forme. Si avvicinò lentamente, nonostante non volesse farlo, e chissà perché, nemmeno lui lo avrebbe saputo spiegarlo, allungò la mano verso il tessuto nero e tirò.
Un viso pallido, degli occhi vitrei, vuoti, grigio perla. Come la Luna.
La bocca del corpo alieno di Murony si aprì ma non emise l’urlo che avrebbe voluto. Beh in realtà non subito. Quel grido, la sua voce, arrivò con qualche secondo di ritardo e venne emessa dalle pareti del cubo come in un terribile incubo.
Mentre la sua stesa voce gli straziava la mente, il cuore e i timpani, le sue mani candide andarono alla bocca e salirono verso i capelli. Cominciò a scuotere la testa. No. Non era possibile.
Lì per terra, ai suoi piedi, che non erano suoi, c’era lui. Sì il vero Murony o almeno il corpo. Era morto! Lui era morto. Ma come faceva a essere lì, no non era possibile.
Con occhi inorriditi distolse lo sguardo dal suo stesso cadavere riverso sul pavimento bianco del cubo. Chiuse gli occhi.
Sparisci! Sparisci! Sparisci!Si voltò di scatto a guardare il punto dove prima giaceva il suo corpo. Non c’era più, emise un muto respiro di sollievo. Prima che potesse riprendersi dallo shock, qualcosa si mosse attorno a lui.
Alzò gli occhi di scatto e con quelli il corpo.
Proprio di fronte ai quattro lati del cubo si sollevarono, partoriti dal terreno, quattro specchi completamente piatti. Non riflettevano nulla erano argentei e… vuoti.
Deglutì.Si avvicinò lentamente, tremante, allo specchio che aveva di fronte. L’immagine che vide nella lastra lucida lo sconvolse. Murony, quello vero, lo guardava terrorizzato dallo specchio. Vedeva se stesso come era normalmente, senza quel corpo stilizzato e leggermente abbozzato.
Un attimo prima lo fissavano degli occhi argentei, così familiari, e poi un paio di luminosi, terribili, maniacali, vermigli occhi. Due ali dietro la schiena della sua immagine riflessa. No.
Takuda!Di fatti era proprio, lui, le labbra dell’immagine nello specchio si inarcarono leggermente in un folle sorriso, aprì la bocca e cominciò a ridere, qualche secondo di ritardo e la voce maniacale di Takuda si sparse per tutto il cubo.
Murony fece un passo indietro, guardandosi attorno.
Negli altri tre specchi c’erano altri tre Takuda completamente sincronizzati che ridevano. Prima che potesse fare qualcosa, tremante, con la spada in mano, gli specchi cominciarono a muoversi in circolo. Prima lentamente poi sempre più veloce. Non fu l’unica cosa che cambiò nel cubo. Il colore delle pareti da bianco divenne giallo, verde, rosso, viola, azzurro, grigio. Sempre più veloce.
Era un incubo! Le luci a intermittenza gli colpivano gli occhi come frustate, e gli specchi continuavano a girare, e la risata di Takuda a risuonare nella stanza.
Murony sperò che finisse, che finisse a più presto, si afferrò la testa e cadde a terra in ginocchio. Basta, basta, basta!
Le luci si fermarono e il cubo tornò bianco.
Gli specchi si rimisero al loro posto.
Murony guardò lo specchio che aveva di fronte.
Adesso vedeva una persona che indossava una maschera. Quella maschera era la faccia di Murony, il vero volto di Murony.
Il ladro non riusciva a capire più nulla.
Stava impazzendo.Si guardò attorno, anche negli altri tre specchi c’erano tre personaggi che indossavano delle sue maschere ma erano vestiti in modo diverso.
Tornò a guardare lo specchio di fronte. Urlò in silenzio.
Proprio come si infrange l’acqua la piatta superficie dello specchio si era infranta e da questa frattura liquida faceva capolino il volto mascherato. Poi il busto. Poi le braccia che si protesero in avanti armate delle armi che Murony conosceva così bene. Le sue armi. Poi il piede destro e infine quello sinistro toccarono il terreno.
Era circondato.
Anche le altre tre figure erano uscite dagli specchi che adesso si dissolvevano dietro di loro.
Le mani dei quattro personaggi viaggiarono e raggiunsero la maschera che portavano al volto. La afferrarono e la tolsero lentamente.
Quello che gli stava di fronte adesso, con quella macabra decorazione in mano era Takuda che sorrideva dolcemente.
Murony si voltò a destra e sussultò.
Ray gli sorrideva mefitico, anche lui con la maschera e la spada in mano.
Murony si voltò a sinistra.
Un bambino dai capelli biondi, vestito di verde proprio come gli altri due gli sorrideva follemente.
Murony si voltò per guardarsi le spalle.
Quel bambino con i capelli e gli occhi neri che lo aveva condotto lì, lo guardava apatico, era disarmato, in mano aveva solo la copia del volto del ladro.
La voce di Takuda risuonò dalle pareti:
«La Verità…»
Ray aggiunse:
«È…»
Il bambino vestito di verde:
«Solo…»
Il ragazzino dai capelli neri:
«Illusione.»
Non ebbe nemmeno il tempo di assimilare quello che aveva sentito che il bambino vestito di verde si lanciò contro di lui a folle velocità, rideva, una risata infantile. Terribile. Quando lo raggiunse Murony non se ne accorse nemmeno.
Il bambino balzò di lato e calò su di lui sferrandogli un pugno. La testa sembrò esplodere. La forza del colpo lo schiantò in avanti, mandando il cranio a sbattere contro il pavimento del cubo. Il mal di testa esplose. Murony vide bianco.
Da quel momento in poi non capì più nulla. Sentì la risata del bambino e la sua voce petulante dire: “Questo è da parte di Calintz!” poi un secondo colpo lo raggiunse allo stomaco. Mentre la forza dell’attacco lo lanciava contro il muro opposto intravide Ray che lo osservava soddisfatto. Era stato lui. Prima che potesse raggiungere la parete opposta un secondo colpo gli arrivo alla schiena. Takuda. Murony andò a sbattere contro qualcosa un’altro muro, non sapeva bene quale. Panico. Sofferenza. Il mal di testa lo stava distruggendo. Basta… basta…
Sentì dei passi arrivare.
Basta!Aveva ancora la spada in mano. Aprì gli occhi. Il bambino, Calitz, si lanciava contro di lui, sorridendo. Si alzò e menò un fendete in avanti. Il bambino balzò, con una piroetta evitò il colpo. Gli atterrò sulle spalle e gli afferrò il collo facendo perno sul corpo di Murony. Il ladro gemette quando il pugno di Ray lo raggiunse allo stomaco e un secondo, e un calcio sul volto. Cadde all’indietro mentre il peso del bimbo si sollevava dalle sue spalle. Sbatté la testa contro il muro.
Sentì delle catene sfregare.
Takuda!Qualcosa sferzò l’aria.
Murony chiuse gli occhi.
Vi fu un rumore soffuso, leggero.
Aprì le palpebre: istintivamente aveva portato la spada di fronte a sé e aveva fermato il colpo. Non per la verità non l’aveva fermato, ma tagliato.
Sì, Takuda, infatti gli aveva lanciato contro una delle Lame di Afanes, Murony portando la sua rozza spada, chissà come aveva mozzato la catena. Già l’aveva mozzata. Abbassò lo sguardo, e vide che l’arma di Takuda si stava ricomponendo come se nulla fosse accaduto.
Un attimo di lucidità.Murony con un movimento fulmineo, afferrò la catena che adesso fluttuava di fronte a lui. La tirò. Il processo di riparazione si bloccò e Takuda di fronte a lui rimase senza una Lama, mentre Murony aveva di nuovo fra le mani qualcosa di utile.
Il ladro afferrò la sua Lama di Afanes con la mano destra, mantenendo comunque la presa sulla spada bianca nella sinistra ben salda. Si legò velocemente la catene attorno al braccio in modo da non averla di impicciò quando alzò lo sguardo Ray era su di lui. Uno scatto e si abbassò evitando un fendente della spada del suo capo.
Era tutto un livido, ogni movimento gli costava fatica.
Contemporaneamente sulla destra lo raggiunse Calintz che tentò di sferrargli un pugno diretto al volto. Con ci riuscì. Il fendete di Murony sferrato con la Lama appena ottenuta gli tagliò la mano come burro. Il bambino urlò.
Murony sgusciò da sotto un secondo fendete di Ray e si portò al centro del cubo. Si voltò a guardare i due avversari, ansimante. Non erano sicuramente reali, Ray non era così stupido, avrebbe sicuramente utilizzato qualche infido stratagemma per ucciderlo. No, quello non era Ray.
Un ultimo urlo e il bambino si dissolse in una nuvola di fumo bianco.
Il capo del Toryu non perse tempo, lo attaccò frontalmente. Cercando di ignorare il mal di testa e i lividi, tentò un disperato tentativo di evitare il velocissimo fendente. Non ci riuscì, la spada gli penetrò nella carne del braccio sinistro, la recise e si allontanò, lasciando una profonda ferita. Murony provò a gridare, ma era muto.
Non poteva perder tempo.Ray gli saltò di nuovo addosso, ma Murony fu rapidissimo si abbassò, accucciandosi per terra mentre Ray spiccava un balzo per attaccarlo frontalmente. Il primo colpo che Murony sferrò, dal basso verso l’alto fu diretto allo stomaco del nemico, con la spada bianca, ignorando il dolore al braccio. Non accadde nulla la spada si dissolse a contatto con il corpo di Ray. Come era possibile? Non si preoccupò più di tanto. Partì con un secondo fendete proprio mentre il suo stesso capo clan gli cadeva addosso. Questa volta il colpo fu sferrato con la Lama rubata e attraversò il nemico. Il falso Ray guardò incredulo Murony prima di dissolversi come aveva fatto precedentemente il bambino.
Murony ansimò.
Takuda, dov’era Takuda?Lo seppe subito dopo.
La Lama gemella a quella che Murony adesso teneva in mano calò verso il suo collo.
Murony fu veloce come un cobra, portò la spada bianca davanti alla traiettoria della spada avversaria che a contatto con la lama bianca si dissolse.
Quindi la spada rozza poteva dissolvere le armi del nemico, ma non poteva ferire direttamente i nemici. Mentre le stesse armi nemiche erano le uniche a poter ferire quei falsi.
Bene.Murony si alzò proprio mentre, la Lama di Takuda si ricomponeva. Fu un movimento fulmineo del braccio. Lanciò la spada rubata contro il suo alter-ego. L’arma viaggiò nello spazio che divideva i due avversari e raggiunse il cuore di Takuda.
Anche lui si dissolse come se non fosse mai esistito.
Murony cadde a terra, ansimante.
Era conciato male.
Pieno di lividi.
Con profonda ferita al braccio sinistro.
E il mal di testa ancora più forte di prima.
Alzò lo sguardo e si trovò davanti il bambino dai capelli neri che lo aveva condotto lì. Il ragazzino parlò:
«Bravo Murony! Non ti preoccupare adesso sverrai e io comparirò soltanto quando tu tornerai in te. Ah ricordati bene il mio nome: Trias, va bene?»
Murony non poté rispondere era già svenuto. Trias scomparve e lasciò il corpo vuoto in mezzo al cubo.
Di nuovo…CITAZIONE
Allora XD
Devo dire che mi sono divertito *0*
Hati ti faccio un breve resoconto.
Lividi dappertutto, dolorante, una profonda ferita al braccio sinistro e in uno stato psicologico confusionale, sconvolto.
Divertiti! X'D
Edited by Trias lo Stregone - 14/3/2007, 23:41