Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

The Cube

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Melkon
view post Posted on 5/3/2007, 14:16




CITAZIONE
Questa mini-quest è aperta a chiunque voglia di scrivere (del Toryu s'intende); prima che questa inizi, tuttavia, è necessario che chi ha intenzione di partecipare invii preventivamente un PM a me, entro l'inizio della quest stessa, perché io possa organizzare il tutto nel modo più efficiente possibile.
Ci sono due requisiti per la partecipazione:
.garantire una presenza sufficientemente continuativa
.avere la capacità di scrivere post leggibili in quanto a senso, sintassi e grammatica (questo lo dico perché la natura della quest richiede queste capacità perché abbia senso, non per intrinseca fetenzia mia... comunque, mi riservo il diritto di fare il pignolo con chi scrivesse post palesemente illeggibili o con tempi verbali che vanno per conto loro)
La quest inizierà domani, martedì 6 marzo, intorno alle ore 16.00. Per domande o altro, mandate un PM
Enjoy, Melkon

CITAZIONE
Partecipanti alla Quest
Nick: Daelan Alèsia
Avatar: Iperauron
Classe e Razza: Mezzodemone Cacciatore
Energia: Verde

Nick: Ray~
Avatar: Ray
Classe e Razza: Uomo Ladro
Energia: Rossa

Nick: Eva Delunay
Avatar: Eva
Classe e Razza: Umana Cacciatrice
Energia: Gialla

Nick: Eragon Master
Avatar: Legault
Classe e Razza: Umano Negromante
Energia: Gialla

Nick: Hati
Avatar: Hati
Classe e Razza: Mezzelfo Ladro
Energia: Gialla

Nick: Chri~
Avatar: Altair
Classe e Razza: Uomo Ladro
Energia: Gialla

Nick: Trias lo Stregone
Avatar: Murony
Classe e Razza: Demone Ladro
Energia: Verde

Nick: Melkon
Avatar: Falathar
Classe e Razza: Umano Cacciatore
Energia: Verde



Edited by Melkon - 7/3/2007, 15:08
 
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Melkon
view post Posted on 7/3/2007, 15:07




CITAZIONE
QM 1.1
Bene, è giunto finalmente il momento di incominciare!

La Quest sarà leggermente diversa da ciò a cui siete stati abituati fin'ora. Siamo in otto a partecipare. Ho formato quattro coppie che parteciperanno "insieme" alla Quest, secondo modalità che vi verranno svelate col proseguire della stessa. I primi quattro a postare sono Ray, iperauron, Murony e Falathar, non necessariamente in quest'ordine. Gli altri quattro, aspettino! Ciascuno di questi quattro si trova in una stanza cubica di circa sei metri di lato; le pareti e il soffitto sono perfettamente lisce e vagamente iridescenti di un colore (a piacere), sufficiente per illuminare la stanza. Al centro di ogni faccia si vede però un quadrato [per Ray: di area pari a 2,25 mt^2; per iperauron: dalla diagonale di 2,12 mt circa; per Murony: di lato un quarto quello della stanza; per Falathar: idem con patate] grigio opaco. Se vi avvicinaste, sfiorandolo con una mano questo si illuminerebbe lievemente per scorrere poi di lato, come per magia, rivelando uno stretto cunicolo che sfocia in un cubo identico al precedente, eventualmente di un altro colore. In corrispondenza delle facce, a mo' di collegamento tra un pannello e l'altro, sono incavate delle nicchie, come scale, che permettono in particolare di raggiungere anche la faccia superiore.
Dunque, ciascuno dei quattro si sveglia in uno di questi cubi (ciascuno in uno diverso), scoprendo di non ricordare nulla di come è arrivato li, ritrovandosi con un gran mal di testa e un discreto mal di gola; in particolare, la causa (che ovviamente i quattro non conoscono per scienza infusa!) del mal di testa è il fatto che il corpo non è il vostro: ciascuno si trova padrone di un corpo maschile "standardizzato", come un manichino, quasi stilizzato, vestito con pantaloni e maglietta cachi e un paio di stivali. Il mal di gola invece è probabilmente collegato al fatto che i quattro non sono in grado di produrre alcun suono con la voce. Nella stanza nella quale i quattro si svegliano è presente anche una spada di grezza fattura, poco affilata, insomma uno schifo, ma pur sempre l'unica arma a disposizione.
Un'ultima cosa: il mal di testa non è trascurabile; in particolare è molto fastidioso e rende inefficaci tutte le abilità basate sull'intelligenza o le capacità che rendono in grado di scoprire le illusioni.
Il post finisce nel momento in cui raggiungete un cubo adiacente, oppure, nel caso non vi muoveste, dopo circa dieci minuti. In entrambi i casi, il mal di testa si farà improvvisamente più alto, pulsante, come spacchi il cranio, finché non perdete conoscenza rimanendo però in piedi.
Enjoy,
Melk



Edited by Melkon - 8/3/2007, 18:12
 
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view post Posted on 7/3/2007, 16:08
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~ Wrathchild ~


Un cubo. Un dannatissimo, piccolissimo e angusto cubo.
Ray, seduto in mezzo alla stanza, si chiedeva ancora come diavolo ci era arrivato lì.
Intorno a lui solo una tenue quanto fastidiosissima luce verde, talmente fastidiosa da apparire ai suoi occhi come quella di un orrendo locale al neon, brutta e di poco gusto. Quella luce... gli urtava gli occhi.
Si passò ancora una volta la mano sul volto, seduto a gambe incrociate.
Si era svegliato già da un paio di minuti, e cosa aveva scoperto? Non poteva parlare, gli girava la testa, gli faceva male la gola, non riusciva ad utilizzare alcuno dei suoi poteri e, in assoluto la cosa più fastidiosa, il suo corpo era finito chissà dove.
Passò ancora una volta lo sguardo sulle sue braccia assolutamente normali, sui suoi vestiti assolutamente monocromatici, sulla monotonia delle sue gambe e dei suoi piedi che, ricoperti da un paio di banalissimi stivali, parevano talmente "perfetti" da essere quelli di un manichino.
Un manichino! Ray, il capo clan del Toryu ridotto ad essere uno schifosissimo manichino con un pessimo gusto nel vestire! E con che arma? Con che arma??? Una dannatissima, orrenda, di cattiva fattura e pesantissima... spada!!!
Già, qui ci vuole un breve flashback.
Appena svegliatosi e messo da parte lo stupore, la prima cosa che aveva notato nella stanza era stata inevitabilmente quella vecchia spada arrugginita che sembrava essere stata messa lì apposta per lui.
L'aveva afferrata e... cos'aveva fatto? Da buon uomo frustrato e nervoso qual'era, l'aveva scagliata contro il muro innanzi a lui, verso uno schifosissimo quadrato grigio al centro della parete, dal lato di circa un metro e mezzo.
In quel momento aveva alzato un sopracciglio, perché nello stesso istante in cui la spada aveva toccato la figura, questa si era spostata di lato, rivelando un passaggio.
Un passaggio troppo piccolo per invitarlo a passare di lì.
Aveva infatti ripreso la spada senza alcuna esitazione e si era risieduto al centro della stanza.
Com'era arrivato lì? E perché non aveva più il suo corpo? Era inutile pensarci... tanto sembrava che quel cazzo di mal di testa gli volesse impedire persino di formulare ragionamenti logici efficaci.
Erano passati ormai diversi minuti da quando si era ritrovato lì, ma non aveva intenzione di muoversi. Se era stato portato lì, qualcuno si sarebbe fatto vedere. Se lo volevano mettere alla prova, allora avrebbero dovuto costringerlo a valicare uno di quei passaggi, o lui non si sarebbe mosso, a costo di morire di fame.
A una soluzione però era giunto. Aveva giurato e spergiurato a se stesso che chiunque l'avesse messo in quella condizione l'avrebbe pagata cara. Non importa come, non importa quando, tanto doveva ancora pensarci.
Si alzò quindi in piedi, le braccia incrociate e spada impugnata.
Odiava le spade. Armi inutili, pesanti e difficili da maneggiare. Lui ne possedeva una, certo... ma la sua "Fiamma" non poteva neppure essere considerata una spada, rispetto a quell'obbrobrio che gli era stato rifilato... e poi, per quanto bella, Ray non amava utilizzare quell'arma quanto il suo guerriero ombroso, sicuramente più esperto di lui sotto quel campo.
Nonostante ciò, l'arma gli era utile per passare il tempo. Battendola di piatto sulla spalla, infatti, riusciva a scandire perfettamente il tempo e le tacche del suo nervosismo, che sembravano direttamente proporzionali tra di loro... e non solo! Anche quel dannato mal di testa sembrava voler aumentare sempre di più.
Non urlò per la rabbia. Ci aveva già provato scoprendo che era inutile tentare di emettere voce, quindi non sforzò neppure la gola, che già dolorava di per se.
Qualcuno sarebbe arrivato prima o poi.
Qualcuno...
Qualcuno...
Fuck!

CITAZIONE
Naturalmente poi sviene, ma mi pareva brutto scriverlo per non aggiungere nulla di involuto alla narrazione XD Tanto altre azioni non ne fa, rimarrà lì in piedi fino allo svenimento XD

 
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iperauron
view post Posted on 7/3/2007, 17:55




Daelan si svegliò di colpo, con la sensazione di essere in pericolo.
La mano destra corse a prendere i guanti, lasciati sul comodino, ma trovò solo il vuoto.
Alzò lo sguardo di scatto, certo che qualcosa non andava.

E così era.

Si ritrovava in una stanza cubica, totalmente spoglia, le cui mura erano lisce e perfette, di un vago colore azzurrognolo.
Al centro di ogni parete c'era una specie di quadrato, di cui ogni lato misurava circa un metro e mezzo.
Si alzò in piedi tenendosi la testa, sofferente per il dolore infertogli da quel misterioso mal di testa.
Riprese a guardarsi intorno, notando che ogni parete era identica all'altra: Lo stesso quadrato, lo stesso colore, la stessa inquietante perfezione.
Abbassò lo sguardo, e notò una spada dalla forma piuttosto spartana, evidentemente creata unicamente per uccidere: L'elsa era grezza e abbozzata, mentre la lama sembrava non fosse altro che una sottile lastra di ferro; il pomo semplicemente non c'era, e la guardia non era altro che una lastra di ferro, simile a quella della lama, anche questa appena abbozzata.
Perse subito interesse per l'arma, e riprese a guardarsi attorno.
Decise comunque di prendere la spada, in quanto unica arma attualmente in suo possesso.
Guidò la coda in modo che la raccogliesse, però quando fu convinto di averla afferrata non ebbe alcuna sensazione che lo confermasse, come se avesse perso il senso del tatto.
Si voltò a guardare dietro di sè, e con orrore si accorse che la coda non c'era più.
Eppure lui continuava ad avvertirne la presenza, come se fosse diventato un arto fantasma.
D'istinto portò le mani sul capo, a cercare le orecchie, ma non le trovò.
A questo punto abbassò lo sguardo sul suo corpo, a cercare altre eventuali anomalie:
Osservò gli abiti color cachi che si trovava ad indossare, e scrutò le sue mani: nessun particolare segno di distinzione, erano scomparse perfino le impronte digitali.

"Ma che cazzo stà succedendo?!?", avrebbe voluto urlare, e invece non emise alcun suono, nemmeno un sordo mugolio. Niente.
Si rese conto solo in quel momento del mal di gola e dell'incapacità di emettere suoni, e nella sua mente, seppur provata dal mal di testa, lanciò un lungo urlo di terrore e angoscia.
Si sedette per terra, anche se sarebbe meglio dire che si lasciò cadere, poi si raggomitolò su se stesso, con le mani che abbracciavno le ginocchia e la testa nascosta dietro di esse: Non riuscì a capire se stava piangendo o no, sapeva solo che aveva paura.
Alcuni minuti dopo alzò la testa, e sferrò un pugno al terreno, cercando di sfogare la rabbia: Infatti, in quei pochi minuti, il suo stato d'animo era passato dal panico alla furia più totale.
Voleva vendicarsi con colui che gli aveva fatto ciò, e voleva vendicarsi usando l'arma che lui stesso gli aveva fornito.
Afferrò la spada con un gesto deciso e si alzò in piedi, dirigendosi verso la parete che aveva di fronte, poi si fermò davanti ad essa.
E ora?
Il furore si tramutò in rabbia impotente dinanzi a quella parete: Nessuna porta nè apertura di qualsivoglia tipo, nessun segno che suggeriva una possibile via di fuga.
Provò per la prima volta a riflettere sulla situazione, ma il mal di testa non glielo consentiva, e così, frustrato, sferrò un pugno alla cieca verso il muro: stupito si accorse che l'area contenuta nel quadrato si era lievemente illuminata, e che ora quel particolare pezzo di parete stava scivolando lentamente di lato, rivelando uno stretto cunicolo che sembrava sboccare in un altra stanza.
Fissò l'apertura con diffidenza per alcuni secondi, poi mandò al diavolo la prudenza e si infilò dentro di essa, facendo scorrere la mano sinistra sul muro e tenendo la spada con la destra.
Giunto nell'altra stanza perse all'improvviso conoscenza, pur rimandendo eretto, nella stessa posa.


CITAZIONE
Non sò mai cosa scrivere in casi del genere, spero di essere riuscito a tirar fuori qualcosa di decente >.<

 
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Trias lo Stregone
view post Posted on 7/3/2007, 23:32




«Manie di Perfezionismo»
~Lost in Grey~

«Un soggetto che sia bello in se stesso non offre nessuna suggestione all'artista. Manca di imperfezione.»
Oscar Wilde

Una luce tremendamente bianca spaccò il buio che fino a quel momento aveva ricoperto i suoi occhi grazie alle palpebre chiuse.
Quando Murony aprì quegli occhi non suoi vide il soffitto muoversi a destra e a sinistra. La testa esplose in un acuto di dolore, che per un attimo gli fece vedere rosso, e poi le orecchie cominciarono a fischiare. Finché non smisero, momenti che a Murony parvero eternità. Respirava pesantemente, la bocca aspirava aria cercando di raccogliere più ossigeno possibile. La gola in questo modo gli faceva ancora più male di quanto non gli facesse già senza essere sforzata a una tensione eccessiva alla ricerca disperata di aria.
Vedeva appannato, la testa gli girava, pulsava terribilmente. Murony sperò che smettesse.
I movimenti concitati del suo petto cominciarono a rallentare lentamente, mentre il respiro tornava regolare.
Deglutì.
Alzò un braccio e lo portò agli occhi, per passarlo sulla fronte in modo da cercare, inutilmente, di scacciare quel mal di testa che gli serrava il cervello. Quando quella mano entrò nel suo campo visivo, gli occhi di Murony si spalancarono per lo stupore misto a terrore. Quella non era la sua mano… no, non era la sua mano!
L’arto che si trovava di fronte al suo volto era completamente bianco e privo di ogni imperfezione, lucido. Non era una mano umana! Terrorizzato si toccò, con quella mano tremante il volto.
Iniziò dal mento, sempre la stessa consistenza, liscio, levigato, privo di imperfezioni. Salì lentamente e raggiunse il luogo dove avrebbe dovuto esserci la bocca, ma le labbra non c’erano. La sua bocca non era altro che un’apertura dritta sul suo volto. Sempre più spaventato passò avanti, il naso, lineare, perfettamente regolare. La mano andò avanti e raggiunse gli occhi. Non aveva le ciglia, o sopracciglia, i suoi occhi, di chissà quale colore, erano coperti da una membrana rigida, che copriva le pupille. La consistenza di tessuti non era duttile come questa descrizione può lasciar supporre, tutt’altro, anzi la consistenza della nuova anonima pelle di Murony era proprio uguale alla pelle di qualsiasi creatura, morbida e delicata.
Era un pupazzo?
Cercò di alzarsi a sedere, e con molta attenzione, senza che gli venisse risparmiato un nuovo giramento di testa guardò il suo nuovo corpo seduto. Era vestito di un uniforme cachi, molto brutta, e un paio di grossi stivali ai piedi, scomodi. Orribile in pratica.
Si guardò attorno.
Cosa diavolo…
Si bloccò.
Perché quel suo pensiero, formulato all’improvviso, non era stato seguito dalla sua voce come egli avrebbe voluto? Non riusciva a parlare. Provò a gridare con il risultato che rimase a bocca aperta come un deficiente, aumentando ulteriormente il mal di gola. Niente era una marionetta silenziosa, ma almeno poteva muoversi senza che qualcuno lo controllasse con dei fili.
Che pensiero stupido.
L’unico problema era che non riusciva a ragionare al meglio, come avrebbe voluto, quel mal di testa sembrava che volesse spaccare il cranio, come una bestia feroce cerca di fuggire dalla sua gabbia.
Dov’era? Vi chiedete?
Non lo sapeva nemmeno lui, come potete pretendere che lo venga a dire a voi. Stava all’interno di una piccola stanza dalla forma squadrata, cubica probabilmente, la testa gli girava ancora un po’ e quindi i contorni sembravano allargarsi come guardati attraverso un bicchiere d’acqua.
Chiuse le palpebre.
Le riaprì.
Niente era ancora lì, in quello strano posto. Arrivò perfino a darsi un pizzicotto, abbastanza forte, ma non accade nulla a parte il dolore al braccio dove aveva effettuato quel estremo tentativo di indurre il suo corpo a svegliarsi. Era un sogno? Un incubo più che altro.
Le pareti della stanza erano molto strane, luminescenti probabilmente, un fenomeno strano, difficile a descriversi. Decorate da delle venatura grigiastre e biancastre come quelle di una lastra di marmo. Fin qua, direte, niente di strano a parte la luminescenza. Beh, il problema era che le venature si muovevano continuamente, in psichedelici moti convettivi. Si univano, rincorrevano, poi si allontanavano, giravano come trottole sempre più veloce, poi si fermavano e si disfacevano. E di nuovo, di nuovo, di nuovo.
Distolse lo sguardo.
Che dannatissimo posto.
Il suo sguardo passò lungo le pareti, cercando di ignorare le venature danzanti e si poggiò su una strana arma abbandonata in un angolo. Era bianca come tutto il resto, non sembrava nemmeno una spada, più che altro una lastra di marmo lievemente affilata. Le stesse venature che decoravano i muri si muovevano nella spada, ma la sua superficie a differenza del resto dell’ambiente era ricca di imperfezioni, tanto che per un attimo in mezzo a tutta quella perfezione a Murony sembrò bella. Già era proprio bella, un’arma essenzialmente inutile, ma bella, almeno si allontanava dallo stereotipo perfezionistico che chissà quale mente malata aveva partorito e aveva usato per creare quel luogo. Sempre che fosse tutto reale.
Cercò di alzarsi con ulteriori difficoltà e si stabilì sulle gambe. A passi piccoli e tremanti si avvicinò alla spada. Era proprio inutile. L’elsa era come se non esistesse, la lama poco affilata, probabilmente difficile che un’arma del genere potesse ferire un uomo senza che ci si mettesse a segare come si fa per tagliare un tozzo di pane. Che schifo. Afferrò l’arma dalle cangianti venature, era piuttosto pesantoccia. Ma era pur sempre un’arma, essendo adesso privo delle sue Lame, per quanto inutile quella spada poteva anche risultare utile.
Si stupì di un ragionamento così idiota.
Un nuovo giramento di testa.
Barcollò e si appoggiò alla parete. Sentì un meccanismo scattare soffuso e la parete scivolare dietro le sue spalle, mentre spinto da quel moto veniva trascinato verso destra. Cadde seduto, non riusciva a ragionare, a capire, il mal di testa era aumentato.
Molto aumentato.
Mentre alzava il capo per vedere quale strano meccanismo avesse azionato appoggiandosi alla parete, riuscì a scorgere soltanto un buco nero nel muro venato di grigio. Poi il mal di testa esplose come un bomba nella sua testa. Le orecchie fischiarono. Il fiato gli morì in gola.
Quando il suo corpo, privo di sensi, si abbandonò appoggiato al muro, la spada gli scivolò di mano e con un leggero rintocco cadde vicino a quel piede che non era suo, a quel corpo che non era suo, in quella stanza che non gli apparteneva affatto…

CITAZIONE
Questa quest è perversa. Ma Melkon! Non credere che mi arrenda facilmente! XD



Edited by Trias lo Stregone - 8/3/2007, 00:19
 
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Melkon
view post Posted on 8/3/2007, 18:11




Dentro al Cubo
Falathar dorme. E' scomodo, e si agita nel sonno. Angoscia e impotenza si manifestano indefinitamente nell'onirico, ineffabile nemico che atterrisce senza lasciare scampo. Non c'è razionalità, non c'è soluzione. Solo sentimento, passione, fastidio, disagio, dolore. Sofferenza che resta, fino al risveglio e alla ri-presa conoscenza. Sofferenza che sarà dimenticata dopo pochi attimi di veglia. Sofferenza tuttavia realee presente, ma non avvertibile realmente nel presente. Sofferenza che resta solo come sbiadito ricordo, vaga impressione di un indefinito passato, leggero presentimento di un'ombra futura.
Falathar si sveglia. Stiracchia un braccio, poi l'altro, apre un occhio. Il cervello si connette, il sistema esce dallo stand-by, un impulso scorre lungo tutto il corpo, gelido brivido bollente, un avvertimento scatta automatico per mettere il cacciatore all'erta, i pensieri si attivano, i primi imput vengono inviati, le prime considerazioni elaborate, le prime domande poste, le prime risposte date.
Non sono nel mio appartamento, ho un gran male alla testa ma non ne conosco la causa, anche la gola mi brucia ma perché? Sono in una stanza, l'unico colore che mi circonda è il verde delle pareti e il cachi dei miei abiti. I miei abiti, color cachi? Io non ho vestiti di questo colore!
Falathar si alza. Di scatto, dopo aver deciso di essere sveglio: a volte la situazione aiuta la volontà debole! Si guarda meglio attorno, stringendo gli occhi per il dolore alla testa.
Sono in una stanza cubica, totalmente verde. Ci sono sei lastre al centro di ogni faccia: o non si esce, o quelle sono porte, spero. Che... schifo
Non gli piace questo luogo, non gli piace non avere il controllo della situazione, non gli piace non sapere il perché delle cose, non gli piace doversi porre domande di cui sa di non conoscere le risposte. No, non gli piace, ma non nega la realtà. Nonostante tutto il disagio, e la rabbia, e il resto, si adatta, anche se non gli piace: parafrasando un saggio, contro i fatti non si discute [100 gold a chi mi sa citare esattamente frase originale e autore]
Falathar si guarda meglio intorno. E nota un oggetto posato a terra a pochi passi da lui: è un'arma, una semplice spada di pessima fattura, in acciaio, senza filo e decisamente poco efficacie, ma pur sempre un'arma. Brutta, semplice, stereotipata, stranamente indefinibile. Avete presente l'immagine che viene immediatamente in mente pensando alla parola "spada"? Ecco, una cosa del genere, un attrezzo quasi finto, quasi idealizzato, quasi più un concetto che una realtà!
Falathar la raccoglie. E mentre si avvicina e il suo braccio si allunga verso terra, rabbrividisce. Il disagio non è solo dato dalla situazione, è dato da se stesso. Si guarda le mani, poi si palpa le braccia, il corpo, il volto. Ed è tutto sbagliato, è tutto squadrato, è tutto impreciso, non è lui! Si passa una mano sul mento, e non trova la barba; si passa una mano in testa, e sente dei capelli innaturali, incredibilmente corti; si passa una mano sul petto e lo trova sagomato in modo sommario; si passa terrorizzato una mano in mezzo alle gambe, e... beh, diciamo che non è di certo felice.
Ca**o di buddha, membro di segugio, min***a di jonny, pezzo di bue, stica, stami, argh!!!!
Falathar si butta in ginocchio. Avete presente tutto quello che ho detto prima riguardo al "contro i fatti..."? Beh, ci sono casi in cui, nonostante questa consapevolezza, l'autocontrollo va a ramengo, e la cosa miglire da fare è aspettare qualche minuto, sciacquarsi metaforicamente la faccia (anche perché acqua in giro Falathar non ne vede), e tornare a ragionare. Che poi, meglio sarebbe non lamentarsi mai della propria condizione, che potrebbe sempre andare tutto peggio. Per esempio, potrebbe mettersi a piovere. Dentro un cubo? Anche, perché no? Dopotutto, ne stanno succedendo di cosa bizzarre, che se piovesse non sarebbe neanche troppo strano. Ma per fortuna, o per sfortuna, a seconda, il cacciatore non mi sta ad ascoltare, e nemmeno è distratto da quesiti come "il formaggio con le pere è femmina?"
[Qualche minuto dopo]
Falathar si riprende. Più o meno diciamo, per quanto uno possa riprendersi. Comunque, ri-raccatta l'arma, si avvicina al primo pannello che vede, si arrampica per raggiungerlo e lo sfiora; questo scorre di lato, lasciandogli intravvedere un'altra stanza, un altro cubo, viola. Non ha molte chance, elementi in giro non ce ne sono, l'unica cosa che può fare è imboccare lo stretto tunnel grigio e scendere dalla parte opposta, entrando nel cubo vuoto viola. Poi, il mal di testa si fa pià forte, picchia con violenza terribile, e Falathar ...puff... smette di essere coscientemente cosciente.


CITAZIONE
QM 1.2
I quattro a postare ora saranno Eragon Master, Eva Delunay, Hati e Chri~ (non necessariamente in quest'ordine). Siete anche voi in un cubo, esattamente come descritto per gli altri, con tanto di mal di testa, corpo non vostro, eccetera. Piccola differenza, più che "svegliarvi", il vostro è un "prendere conoscenza", per intenderci come quando uno si riprende dopo che sta fissando qualcosa senza guardarla perché perso nei suoi pensieri. Le altre differenze:

Eragon Master
il tuo cubo è di una tenue luce verde, simil neon; sei seduto nel centro del cubo; hai la spada in mano.
Eva Dalunay
sei in piedi, vicina ad una lastra; il colore del cubo è a piacere, ma se dovessi aprire quello dietro di te scopriresti che è azzurrognolo; anche tu hai la spada in mano; altra cosa da puntualizzare: il corpo resta vagamente maschile.
Hati
il cubo è bianco con venature grigie in movimento; sei accasciato contro un muro; la spada è ai tuoi piedi
Chri~
il cubo è viola; hai la spada in mano; sei in piedi in un punto non meglio definito.

Ad un certo punto del vostro post, mentre siete ancora in questo cubo, vi troverete un mostro: un secondo prima non c'era, il secondo dopo c'è. Prendete un mostro a scelta tra quelli di energia bianca disponibili per il clan toryu. Da puntualizzare il fatto che anche il mostro è stereotipato, squadrato, una macchietta insomma. E' aggressivo, armato, e combatterà. Fate un po' quello che volete, concludete poi il post o cambiando stanza dopo averlo sconfitto (prima no, le porte infatti si bloccano da quando lo vedete finché non schiatta), o restando lì dopo averlo sconfitto, o morendo voi. Enjoy

 
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Chri~
view post Posted on 8/3/2007, 19:49




§Damnation§



Sensazione ambigua, mai provata fino a quel momento. Realtà o semplice sogno?
Prendere conoscenza e trovarsi in un cubo, com' era possibile?
Tutte domande che necessitavano d' una risposta. Altair, in piedi, con sguardo attonito e vacuo, sembrava che si fosse svegliato appena da un lungo ed estenuante sogno ad occhi aperti di cui non ricordava più niente, come se la memoria gli avesse giocato un brutto scherzo.
Sbattè rapidamente le palpebre come per scrollarsi di torno il fastidio che provoca la sensazione di tener per troppo tempo gli occhi aperti.
Avrebbe preferito non farlo...
La vista, prima appannata, tornò alle condizioni originali. Altair venne colpitò da una luce tanto fioca quanto fastidiosa di un color viola perlaceo. Si guardò attorno lentamente alla ricerca d'un qualcosa di famigliare o che lo avrebbe ricondotto ad un pensiero più logico possibile,... ma niente. Era circondato da pareti che collegate fra loro formavano quel cubo dove al centro, si trovava lui.
Il mal di testa fu la prima cosa che avvertì, era impossibile trascurarlo per via del continuo fastidio che provocava, per di più insieme all'emicrania si aggiungeva il mal di gola, che purtroppo anch' esso era difficile da dimenticare.
Cosa cavolo era? Dove si trovava? Perchè a lui?
Ancora incerto fra sonno o realtà si diresse verso la parete che si trovava di fronte a lui. La guardò attentamente. Gli diede un pugno.

"Cazzo!"



Imprecò, ma nessun suono uscì dalla sua bocca.
Era impaurito. Aveva capito che non era un sogno, il dolore alla mano glielo faceva intuire, e soprattutto l'emicrania e il mal di gola, ma come mai non riusciva a sentire la propria voce? Eppure percepiva le proprie labbra muoversi.
Inutile pensare in quel momento, avrebbe solo accentuato il mal di testa.
Solo dopo pochi minuti si accorse che nella mano destra impugnava una spada, o per meglio dire pezzo di ferro.
Lama irregolare con impugnatura quasi inesistente, se quella si poteva definire spada, allora un ramo d'albero poteva essere paragonato ad un bastone magico.
Oltretutto era anche pesantuccia, comunque sia era l'unico oggetto "fisico" che regnava nella stanza oltre a lui; il suo cervello non eseguì nemmeno il tentativo di chiedersi il perchè della presenza di quell' arma, tanto nessuna risposta gli sarebbe giunta.
Si guardò e notò che i vestiti non erano i soliti, la sua tunica bianca era scomparsa e al suo posto c'era un vestito color cachi di pessimo gusto, continuò a far finta di niente cercando di cconvincere se stesso che era solo un sogno... un gran brutto sogno... un in-CUBO.
Si massaggiò la mano con cui aveva inutilmente sferrato il pugno.
Percepì un tuffo al cuore. La mano non era la sua!!! Come del resto tutto il corpo!
La mano era d'un color bianco pallido, lavorata, quasi intagliata come fosse di legno, assomigliava molto a quella di un manichino.
Questa era la goccia che fece traboccare il vaso, provò a urlare, ma con vani risultati, aumentò solamente il mal di gola.
Si sedette in un angolo e stette lì, fermo, aveva paura, non voleva crederci, avrebbe preferito ritenersi un pazzoide, ma per sua sfortuna sapeva benissimo che non lo era, era totalmente cosciente.
I minuti passarono come fossero anni, i secondi si muovevano con fare lento nella linea immaginaria del tempo, sempre che quel luogo avesse una sua logica spaziale e temporale.
Socchiuse gli occhi, sperando con tutto il cuore che quel luogo fosse frutto dell' immaginazione di un povero ladro.
Li riaprì. Ma nulla, tutto era come prima.
Al centro della stanza, una strana figura poligonale, somigliante ad una macchia marrone si materializzò dal nulla, prendendo piano piano le sembianze di un ipotetico goblin, solo che era squadrato come fosse formato da tasselli di un mosaico i quali si stavano piano piano componendo per formare la figura finale di un goblin.
SPOILER (click to view)
Classe: Mostro minore
Razza: Goblin
Altezza: 1,50 m
Peso: 75 kg
Energia: Gialla
Punti di forza: Molto veloce e abbastanza potente, buona resistenza agli attacchi fisici e a urti di qualsiasi tipo, la sua pelle è dura e difficile da tagliare.
Punti deboli: Debolissimo alla maggior parte degli attacchi magici, sprovvisto di armatura, il peso dell’ascia a volte rischia di sbilanciarlo, è stupido.
Arma: Ascia da guerra. Altezza: 75cm. Ascia molto pesante e difficilmente maneggevole, può infliggere però pesanti danni.
Abilità: Non possiede alcuna abilità.


Altair si alzò dal piccolo angolo che costituiva il suo pensatoio personale.
Guardò con curiosità quella strana figura poligonale che ricambiava lo sguardo, ma per i suoi gusti sembrava fin troppo reale.
Era armato di una pesante ascia in ferro arrugginito ed era privo di armatura, e queste caratteristiche non erano un buon segno.
Non sapendo se aveva intenzioni pericolose o meno, Altair preferì seguire la strada della cautela, impugnò saldamente la lama e aspettando una probabile mossa da parte della creatura.
Così fu.
Quella figura dalle sembianze di goblin, si scagliò verso il ladro che per sua fortuna si trovava pronto pronto. L' ascia nemica eseguì un movimento verticale dall' alto verso il basso per cercare di tagliare a metà Altair, che ebbe tutto il tempo di spostarsi alla sua destra in modo tale che il goblin potesse diventare un appettitoso bersaglio.
L' ascia ricadde pesantemente, era difficile, se non impossibile fermare uno di quei fendenti, inutili come la grezzuria che caratterizzava la bestia.
Altair non aspettò oltre, era riuscito a spostarsi con un piccolo scatto, a destra, ed ora poteva colpire facilmente il nemico. La sua lama si conficcò dietro la nuca della creatura che cadde a terra per il colpo subito.
Decise assolutamente di infierire sul goblin, con una serie di affondi conficcò più volte la lama nel petto e nel torace dell'avversario. La sua pelle poteva essere dura, ma non impenetrabile, non poteva sicuramente non venire trafitta da attacchi che erano spinti dalla frustrazione che in quel momento si era impossessata del ladro, incapace di darsi spiegazioni dei fatti e delle cose che lo circondavano.
Il goblin era morto da un pezzo, ma gli affondi continuavano a tartassarlo, Altair stava impazzendo, lo sentiva stava perdendo il controllo, voleva scoprire cosa doveva in quel posto, almeno capire il motivo per cui doveva trovarsi li, bastava un segnale, un qualsiasi fottutissimo segnale che avesse un minimo di logica apparente,... in fondo non era chiedere molto.
Si accasciò a terra ansante per la rabbia e la fatica, il mal di testa era diventato una tortura e il mal di gola quasi non lo faceva respirare.
Allungò una mano in direzione della carcassa, per estrarre la spada, decise di rimanere fermo in un angolo e soprattutto in piedi in modo tale da non ritrovarsi sorprese inaspettate come quella appena accaduta.
Si diresse verso uno dei quattro angoli e con grande fatica, appoggiandosi alle pareti, si tirò su in piedi.
Il tempo passava, anche se non dava segni del suo passaggio, ed ogni minuto equivaleva ad una fucilata alle tempie, il mal di testa si trasformò in dolore acuto e costante.
Non seppe quanti tempo trascorse, ma di una cosa ne era certo, il mal di testa non gli permetteva di pensare.
All'improvviso perse conoscenza, come se gli avessero staccato la spina, rimanendo in piedi in quell' assurda posizione, come un robot disattivato.
 
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Hati
view post Posted on 8/3/2007, 22:06




Si svegliò, o meglio, riprese coscienza come dopo essersi concentrato intensamente su qualcosa. Hati si sentiva strano, decisamente non bene ed un fastidioso mal di testa gli impediva di mettere totalmente a fuoco i pensieri.
Si trovava accasciato, appoggiato di schiena al muro. Cercò di sforzarsi per capire dove si trovava; si alzò lentamente, mentre osservava attorno a lui nient'altro che pareti, che venivano a formare una stanza cubica, quasi claustrofobica e completamente vuota. Cineree venature pulsanti attraversavano le pareti di quel posto così strano, da fargli credere di trovarsi in qualche strano sogno. Ma il peggio era appena cominciato, se ne accorse alzandosi lungo il muro. Quando appoggiò la mano alla testa, essa gli passò davanti agli occhi: non era certo la sua mano quella! Osservò tutto attentamente: non era più lui, era come finito in una sorta di strana marionetta, vestita alla bell'e meglio tra l'altro...
Era stupito, mentre la mano gli toccava la fronte, come per capire cosa stesse succedendo, non riusciva a concentrarsi, il suo mal di testa non gli permetteva nulla. Avrebbe voluto imprecare, ma non riuscì: oltre al suo corpo, anche la sua voce era sparita e sentiva un mal di gola tremendo, ogni volta che cercava di parlare, ma tanto era da solo, nno avrebbe di certo avuto bisogno di comunicare. Però non sentiva con se la presenza dell'altra anima, di colui che lo ospitava nel proprio corpo...

*Almeno c'è un lato positivo...*

Pensò sarcastico tra se e se, mentre alla frustrazione si sostituiva la malinconia. Non si capacitava di poter fare pensieri simili in una situazione così: pareva di trovarsi dentro un incubo, o dentro una qualche sorta di perverso gioco mentale, forse era tutto un enigma... Ma l'emicrania non gli permetteva di elaborare alcuna soluzione.
Cercò di avanzare, in qualche modo finchè non vide qualcosa ai suoi piedi: sembrava una spada, se così si poteva definire. La lama era grezza e l'aspetto non era proprio dei migliori. Sarebbe stato più semplice ferire qualcuno anche utilizzando un coltello da cucina... Il giovane la raccolse e se la rigirò tr ale mani, osservandola con attenzione. Di sicuro la peggior arma che avesse mai visto.
Concentrò quindi lo sguardo sulla stanza ed ecco che, praticamente dal nulla, era apparso un mostriciattolo, una caricatura di qualche creatura reale, sempre che quel "mondo" fosse falso. Un lupo, anzi uno Worg stilizzato stava poco distante da lui, ringhiando furiosamente. In poco meno di un istante gli saltò addosso: era ancora intorpidito e stordito a causa di tutto, quindi finì disteso sotto il lupo, riuscendo però a bloccarlo col piatto della spada, prima che potesse mordergli la giugulare. Sforzandosi spinse indietro l'arma e sferrò un poderoso calcio all'animale che fu lanciato poco lontano.

*Che ci fa qui questo dannato animale adesso?!*

Pensava, mentre rabbia e frustrazione si univano e la sua presa sulla spada, nella mano sinistra aumentava. Non sopportava di essere attaccato ma amava colpire per primo. Forse lui e quell'animale si assomigliavano, fra tutti quelli esistenti Hati non avrebbe potuto che essere un lupo, un lupo che ulula verso la luna, inseguendola pieno di desiderio, come poi faceva il giovane.
Già, non doveva mai distogliere lo sguardo dal suo obiettivo, doveva giungere sulla luna e anche quell'esperienza così strana, non era che una fugace prova di passaggio, verso il suo obiettivo finale, nient'altro che un semplice scalino per giungere al suo sogno.
Forse cogliendo questa sua somiglianza col lupo, lo affrontò con rispetto, al contrario di quanto faceva di solito mentre l'ira iniziale si spegneva lenta. Il suo carattere era così, anche per un particolare simile, era capace di cambiare il proprio atteggiamento nei confronti del proprio avversario, fosse esso uomo o bestia. Si mise in guardia, impugnando la spada con entrambe le mani e sollevandola lievemente, deciso a combattere.
Il lupo si scagliò di nuovo verso di lui ma Hati, con un rapidissimo movimento avanzò facendo una rapida piroetta su se stesso e spostandosi a sinistra. I due ora si davano le spalle. Il ragazzo si girò e guardò il lupo, accasciarsi ferito al suolo, senza cedere: nel contrasto era riuscito a sferrargli un fendente proprio sul fianco, ma era evidente che quella spada non era un granchè: se avesse avuto la sua, il povero animale sarebbe già morto da un pezzo.
Il lupo saltò, cercando di prenderlo alla giugulare nuovamente ed il ragazzo, deciso a dargli il colpo decisivo, si abbassò lievemente e lo infilzò dal basso, con un colpo rapido e indolore, trapassandogli il cuore di netto e uccidendolo.
Si intristì, pensando di aver ucciso qualcosa di simile a lui, anche se storpiato in caricatura da chissà quale mente malata. Si guardò intorno per un attimo ma il mal di testa, di cui si era praticamente dimenticato nel corso del combattimento, esplose d'un botto, diventanto insopportabile. Il ragazzo lasciò cadere la spada e si afferrò la testa con entrambe le mani, gli pareva che si stesse spaccando in due, il dolore era immane. Fece per gridare rivolgendo il volto al soffitto, ma ancora una volta non uscì alcun suono dalla gola, provocando solo altre fitte acute che, unite a quelle del cranio, gli fecero perdere conoscenza. Le braccia si accasciarono lungo il corpo e la testa si lasciò andare molle in avanti. Era rimasto in piedi, anche se era svenuto ormai.

 
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Eragon Master
view post Posted on 10/3/2007, 23:22




Legault rimise a fuoco il mondo, dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre. Gli sembrava solo un secondo fa quando, seduto sullo sgabello di una lussuosa taverna in città, scolava l' ennesimo bicchiere di birra. Ora invece osservava una stanza mai vista, di forma perfettamente cubica, la cui unica fonte di illuminazione erano le pareti stesse che rilucevano come neon smeraldo.

Anzichè la maniera in cui era finito in qul luogo, il suo primo pensiero fu il pesante mal di testa che gli offuscava la mente. Ogni istante era come ricevere una mertellata in pieno cranio. Richiuse gli occhi un istante, portandosi una mano alla testa per scostare i capelli dal volto. Ma... non aveva i capelli!

Si guardò stupito le mani: non erano le sue. Il corpo dentro il quale stava, non era propriamente umano, ma più paragonabile ad una marionetta, ad una bambola vestita da una bambina con manie di onnipotenza. Infatti cosa ci faceva la sua anima in quel corpo? Era un chissà quale gioco del destino oppure solo l' ennesima sbronza?

Decise di non pensarci, tantopiù che il dolore al cervello non glielo permetteva. Come se non bastasse ora era affiancato da un mal di gola cresciente, che andava di pari passo con il suo umore: sempre peggio.

Si alzò velocemente, accorgendosi solo in quel momento della spada. Ovvio che non se ne fosse accorto prima: la spada era nella destra e lui era mancino. Ecco un errore ed anche una conferma! Non era stato lui, infatti, a mettere la spada nella sua mano, altrimenti l’ avrebbe messa logicamente nella sinistra. Spada poi era un termine piuttosto generoso. Piuttosto sembrava un pezzo di ferro sgrossato alla bell' e meglio, senza adeguata tempratura, poco affilato e quasi staccato dall' esile impugnatura in legno che l' accompagnava.

Girò su sè stesso per guardare il cubo verde nel quale era capitato. Si avvicinò ad una delle facce del cubo, posandovi sopra una mano. La superficie era liscia e fredda; quelli non erano neon veri, ma solo un effetto ottico. Improvvisamente udì un runghio alle sue spalle. Si girò di scatto, cambiando la mano in cui impugnava la spada. Dietro di lui era apparsa una macchia grigia, che quasi sicuramente prima non c’ era: purtroppo era impossibile esseri sicuri persino di una cosa così banale con quel mal di testa che gli attanagliava il cervello.

Osservò meglio la nuova minaccia e, forse per uno scherzo dei suoi occhi, quella macchia assunse la forma di un lupo stilizzato. Un Worg.
SPOILER (click to view)
Classe: Mostro minore
Razza: Lupo
Altezza: 1,45 m alla spalla ~ Lunghezza: 2 m
Peso: 80 kg
Energia: Gialla
Punti di forza: Veloce, agile e potente, difficile da colpire e da evitare è anche molto furbo e intelligente, tanto da macchinare piani per poter colpire con certezza il proprio avversario, prima di fallire e trovarsi in posizione sfavorevole.
Punti deboli: Purtroppo ha una scarsa resistenza, sia fisica che magica, e, essendo fondamentalmente un lupo, si lascia predominare facilmente dall'istinto.
Arma: Nessuna. I suoi artigli e le sue zanne, durissimi e in grado di provocare pesanti danni se vanno bene a fondo.
Abilità: Non possiede alcuna abilità.

Il negromante gli si avvicinò di qualche passo. Avrebbe pronunciato parole di sfida se fosse stato in forma, ma il dolore alla gola non glielo permetteva. Ad ogni respiro gli usciva solo un piccolo fischio dalla gola, mentre le parole restavano bloccate come da un grumo.

L’ animale feroce lo squadrò con odio, le fauci spalancate ed i denti aguzzi ben in vista; aveva inarcato la schiena e aveva il pelo ritto, come i gatti quando sono spaventati. Legault sapeva che si preparava ad attaccare. Cercò di correre verso il lupo per avere almeno il vantaggio della rpima mossa, ma non fu abbastanza svelto. La bestia gli balzò addosso affondando con vigore le zanne su di lui. Per fortuna Legault riuscì a spostarsi in tempo verso sinistra, facendo si di venire colpito al braccio destro.

Quando i denti penetrarono nel suo strano corpo, cercò di emettere un grido di dolore, ma ne uscì soltanto un rantolo strozzato. Preso dalla rabbia, diede un possente pugno al Worg con l’ elsa della spada. Questa scricchiolò leggermente all’ impatto, minacciando di rompersi in mille pezzi. Per sua fortuna resistette all’ urto sul muso dell’ animale, che mollò la presa e si elevò su due zampe per attaccarlo con gli artigli. Probabilmente gli aveva fatto male almeno da fargli imparare a non usare le zanne.

Stavolta però, Legault era pronto: abbassò la schiena e piegò le gambe, portandosi sotto il lupo. Stavolta questo non aveva posibilità di schivare, così sulle due zampe. Con un preciso affondo, Legault infisse la spada nel ventre del lupo, sempre con i denti stretti. Il mal di testa non gli permetteva di concentrarsi, ma nonostante questo riusciva ancora a svolgere le azioni di combattimento, ripetute ormai tanto spesso da risultargli meccaniche.

Il Worg, colpito a morte, si accasciò all’ indietro al suolo. Senza estrarre la spada, il negromante la mosse in su e in giù, descrivendo cerchi e righe all’ interno del corpo dell’ animale, squartandolo completamente anche per sfogare la sua rabbia. Dopo parecchi di quei movimenti decisi, si fermò e tolse la spada dal corpo del nemico. Neppure una goccia di sangue la bagnava.

Appendendo il braccio destro al fianco, si appoggiò stremato al muro dietro di lui, respirando affannosamente. Ogni contrazione dei polmoni era una fitta alla gola, insopportabile.

Improvvisamente un pannello nella parete alla quale si era appoggiato si aprì scivolando di lato, rivelando il passsaggio ad un altro cubo tinteggiato di rosso. Il ragazzo si spostò di scatto osservando il nuovo buco, incerto se attraversarlo o meno In quell’ istante, però, il mal di testa aumentò vertiginosamente, come se gli avessero appena trapassato il cervello con un chiodo arrugginito. Senza rendersene conto perse conoscenza all’ impiedi, abbandonandosi come un burattino a cui erano stati tagliati i fili.
 
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Eva Delunay
view post Posted on 11/3/2007, 17:04




Bianco sporco sfuocato, sfumato: bianco che non ha nulla se non il suo nulla.
Una figura umana immobile con lo sguardo fisso avanti a sè perso nel vuoto, in piedi in in una postura stabile, surrealmente statica. Poi un battito di palpebre, veloce impercettibile...
Finalmente rumore di silenzio, odore di nulla...
Risvegliata da una trans inspiegabile piano riprese le funzionalità motorie che le erano mancate insieme a quelle mentali per chissà quanto... Il timore di spezzare quel silenzio col proprio movimento l'orrore del non ricordare nulla, del realizzare di non aver il controllo di sè del proprio... Quello non era il suo corpo.
Mani quasi tremanti afferrarono quei cenci color cachi, l'arancione marcio di un frutto in decomposizione... Sempre più affannatte cercavano Eva ed invece trovavano un uomo senza petto senza fianchi una disgustosa forma anonima... C'è qualcosa di peggio del non essere nessuno?
Infilò le mani sotto alla maglia come se al di sotto dei vestiti potesse ritrovare sè, ma nulla...
Aveva da subito lasciato cadere quella spada che aveva in mano per cercarsi, non si era nemmeno accorta di tenere quell'arma, non aveva nemmeno fatto caso al rumore che questa aveva fatto cadendo... Nulla importava fino a chè non avesse capito.
L'orrore verso sè stessa era immenso ed il bianco sterile cominciava a girarle attorno sempre più velocemente, ovunque lei volgesse lo sguardo in cerca di un responsabile trovava bianco... Nauseante, sterile bianco.
Una martellante fitta alla testa la affannava, la voce si sentiva solo in qualche misero gemito sgomento che quel male alla gola le rendeva doloroso...
Abbassò infine lo sguardo ad incontrare l'unico oggetto della stanza. Perchè quella spada era lì chi l'aveva messa lì? A cosa serviva?
Fu il primo movimento del suo nuovo corpo, piano si piegò sulle ginocchia sino a raggiungere l'oggetto. Ora poteva toccarla con mano, poteva carezzare una cosa ruvida in mezzo a tutto quel liscio.
L'espressione della cacciatrice si fece sorpresa e curiosa, le sue nuove dita passavano con un lieve sfiorare sull'elsa quando la sua nuova scoperta sensoriale venne interrotta da un suono. Un verso gorgheggiato e modulato che le richiamò lo sguardo con immediatezza.
Le pupille prive di luce della ragazza incontrarono la curiosa figura stilizzata di un coboldo fermo dall' altra parte della stanza. I due si osservarono a lungo, la bestia inclinò la testa prima su di un lato poi sull'altro sul flessuoso e lungo collo, la studiava come gli stessi occhi inespressivi di Evalo studiavano a sua volta. Qual'era la creatura più strana tra i due?
SPOILER (click to view)
Classe: Mostro minore
Razza: Coboldo
Altezza: 75 cm
Peso: 20 kg
Energia: Gialla
Punti di forza: Molto veloce ed agile, ha dei grandissimi riflessi e una grande abilità nel nascondersi e nell'attaccare a sorpresa. Ha anche una grande resistenza alla magia. Non attacca mai da solo. Grande padronanza del suo coltello.
Punti deboli: Bassissima forza fisica, scarsa resistenza, sia fisica che magica. Scarsa padronanza della sua picca.
Arma: La sua lunga picca e un coltello umano, da lui manovrato come una spada, viste le dimensioni.
Abilità: Non possiede alcuna abilità.

Le presentazioni finirono fra i due con un chiaro gesto della bestiuola, un modulato gorgheggio non più curioso, ma aggressivo fece alzare lentamente Eva con la spada abbassata nella destra...
Non si chiese come quella cosa fosse entrata, come fosse spuntata da un momento all'altro, lì nulla aveva senso... Lì nulla era reale e tutto poteva avvenire...
Il coboldo si piegò sulle zampe ed in quel momento la cacciatrice capì che ora la bestia le sarebbe saltata addosso.
La picca venne abbandonata, probabilmente la bestiuola aveva capito che gestire quell'arma in uno spazio così ridotto era contro producente, e subito corse in sua direzione a coltello sguainato...
In un istante le fu addosso travolgendola col suo misero peso, si era ritrovata a terra disarmata con l'animale addosso che cercava di pugnalarla... Era velocissimo, non era riuscita a seguirne i movimenti, da quando un misero coboldo da solo era riuscito a metterla nei guai? Era colpa del suo nuovo corpo, ecco cos'era. Istintivamente era riuscita a deviare il colpo diretto al suo viso con un goffo movimento del braccio che venne squarciato dalla lama con un brutto taglio orizzontale di una decina di centimetri di lunghezza.
Il coboldo perse l'arma in quell'azione fortuita, il coltello scivolò in lungo sul pavimento fermandosi a debita distanza dai due. La bestiola priva di degna forza fisica ora si trovava a lottare a mani nude con Eva che ora più che mai era mossa dal'esasperazione del tutto. In un veloce gioco di mani i due ingaggiarono un combattimento in cui avrebbe vinto chi per primo avesse raggiunto la gola od il viso dell'altro.
Le mani della bestia raggiunsero il collo di Eva e cominciarono a stringere, ma le mani della ragazza che avevano braccia più lunghe raggiunsero il muso del coboldo, aveva intenzione di spezzargli il collo con un colpo secco, ma si rese conto solo allora che non poteva contare sulla sua normale forza fisica, se ne rese conto non riuscendo a contrastare la forza oppostale dal mostro; la bestia stringeva sempre più ed il respiro cominciava a mancare.
Le mani di Eva che stringevano il tondo cranio di rettile scesero sino a che i pollici della ragazza non incontrarono gli occhi vitrei della bestia e vi affondarono dentro sempre più... Un caldo liquido denso dallo scuro colore indefinibile sgorgò dalle orbite del coboldo che ora si dimenava graffiandola ed emettendo striduli suoni agghiaccianti, gli artigli di una delle sue mani impazzite le graffiò il tondo zigomo del viso e finalmente la bestia si acquietò spirando lentamente.
Il respiro di Eva affannato era ora l'unico suono nella stanza, sopra di lei l'esanime corpo del mostro...
Alcuni istanti, alcuni miseri istanti per riprendersi dallo shock prima di scansare il cadavere da sè.
Si tirò a sedere emettendo un silenzioso gemito e guardò il suo braccio ferito sanguinare; Era un brutto taglio, ma non troppo penalizzante dopotutto... Strappò una manica alla sua maglietta e fasciò grossolanamente la sua ferita, presto il color cachi s'imbevve del sangue assumendo una tinta meno obrobiosamente anonima, qualcosa di reale di vivo allora lì c'era...
Si osservò attorno a controllare la situazione, la spada era a terra poco distante dai due... Doveva averla persa quando la bestia le era saltata addosso... Senza alzarsi si stese a recuperarla meccanicamente, d'istinto senza chiedersi se le potesse servire o meno, poi si voltò a cercare il coltello del coboldo vicino alla lastra al centro della stanza. Si trascinò sino a lì senza alzarsi perchè temeva di scoprire di non avere le forze per farlo, raccolse il coltello quindi appoggiò la mano sulla lastra quadrata del pavimento.
Non appena sfiorò quello sportello questo si aprì rivelando un piccolo tunnel che portava ad un'altra stanza di sotto.
La quantità di domande che le affollavano il cervello erano notevoli e non servivano a nulla... Solo le domande giuste danno responsi utili, in questa situazione vi erano troppe domande e a nessuna aveva una risposta, e non l'avrebbe avuta almeno sino a quando non avrebbe recuperato la sua memoria...
Piano senza nemmeno notare le altre possibili aperture nella stanza scese la scala a muro del tunnel tenendo in una mano la spada e fra i denti il coltello con l'intenzione di scoprire cosa ci fosse sotto senza però voler rischiare di farsi scoprire da chi o cosa ci fosse eventualmente sotto... Avrebbe solo dato un'occhiata, non sarebbe scesa e se le cose si fossero messe male sarebbe tornata su...


CITAZIONE
E' un problema il mio aver rubato il coltello al coboldo? La sola spada era un po' troppo bruttina ù_ù

 
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Melkon
view post Posted on 11/3/2007, 18:09




CITAZIONE
QM 1: Appendice
Belli, mi sono piaciuti i vostri post, mi sembra abbiate colto (quasi) appieno il senso della situazione. In particolare, alcuni di voi hanno usato delle metafore o similitudini particolarmente incisive, e che rispecchiano perfettamente quello che avevo in mente! Evito di volere la perfezione che su questa terra sarebbe utopia, quindi non sto ad appuntarvi ogni singola cosa non perfettamente in linea con l'idea che ho della quest: vi chiedo solo di cercare di intendere benevolmente le descrizioni che vi lascio, e di non cercare al loro interno vuoti descrittivi che vi possano servire per rendere ulteriormente bizzarra la situazione; e tuttavia, questo è solo un consiglio, ché in fondo magari avete ragione voi..!
Tornando IG, no Eva, nessun problema, anzi speravo proprio che qualcuno provasse a rubare l'arma al proprio avversario, forse perché è la cosa che avrei fatto io. Ma tanto, c'è un particolare che non so quanto potrà farti/vi piacere: ossia che una volta che i mostri sono stati sconfitti, scompariranno assieme al loro equipaggiamento e alle eventuali tracce organiche che hanno lasciato nel cubo, sulle vostre armi o su di voi; come erano "arrivati", se ne vanno.
QM 2.1
Oramai avrete capito (ovviamente mi riferisco ai giocatori, non ai vostri rispettivi pg!) come funziona la cosa, ovvero il senso delle coppie. Benissimo, ora tocca ancora a Ray, iperauron, Murony e Falathar (serve ripetere, non necessariamente in quest'ordine?), che riprendono conoscenza, esattamente come era successo nel post precedente ai loro colleghi, trovandosi esattamente nelle condizioni in cui rispettivamente Eragon Master, Eva Delunay, Hati e Chri~ si sono lasciati. In particolare, le ferite e tutto il resto sono rimasti! Secondariamente, avete una cognizione, molto vaga e più a livello di sogno o di visione che di realtà percepita, delle azioni che il vostro alter-ego ha compiuto; mi raccomando, niente più di una vaga idea, e nessun controllo sui pensieri ma solo sulle azioni fisiche, a metà tra un osservatore esterno e se stessi mossi come marionette.
La prima cosa che sentite è una voce che rimbomba ovattata, viene da tutte le parti, o forse direttamente da dentro di voi, non lo sapete. Dice: "La Verità è Illusione".
Poi fate un po' quello che volete, come al solito, state fermi se vi pare, cambiate cubo se avete voglia, attraversatene anche due o tre se proprio non sapete cosa fare. Basta che la cosa successiva che incontriate sia una trappola. A scelta, lame rotanti, gas asfissianti, filo spinato, acido, un'altra a scelta: come volete, purché sia una trappola mortale. Salvatevi senza ferite, lasciatevi colpire, moriteci dentro: in ogni caso, finite il post subito dopo averla affrontata. Enjoy

 
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view post Posted on 12/3/2007, 19:36
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~ Be smart or be Dead ~


Hop.
Eccolo. Eccolo di nuovo lì. Perché... se n'era mai andato? Bella domanda. Ormai non si raccapezzava più in quello stupidissimo gioco, che gli pareva più una sorta di tortura indetta contro di lui da chissà chi, al solo scopo di divertirsi. Tutto ciò, purtroppo, non fece altro che alimentare la sua ira.
Cos'era successo mentre lui era "Svenuto"? Qualcosa era successo di sicuro... ne era certo! Rovistando fra gli archivi della sua dolorante mente riusciva a raccapezzare brandelli di quello che lui, o meglio, il suo corpo, aveva combinato da quando aveva perso i sensi.
Se non fosse successo nulla infatti, non si sarebbe potuto procurare nemmeno quella fastidiosissima ferita al braccio destro!
Squadrando il braccio si potevano infatti notare diversi buchi e un tratto di carne lacerata, come se fosse finito tra le fauci di una qualche belva feroce... un lupo, forse. Perché lì c'era un lupo... c'era? E dov'era finito il cadavere? Perché si trovava accanto a un muro se quando era svenuto si trovava al centro della stanza? Ma soprattutto... perché stava tenendo la spada nella mano sinistra?
Bah.
Spostò la lama nella destra, e cercò di rattoppare tutto quello che vagamente riusciva a ricordare delle "sue" azioni precedenti... ma niente. Vedeva solo quello che poteva essere un combattimento contro un lupo, ma nulla più. Vedeva e sentiva il suo corpo muoversi, ma non ricordava di aver mai fatto nulla di simile, né di aver pensato di farlo.
Abbandonò lungo il fianco la mano sinistra che aveva alzato alla fronte, cercando di ricordare qualcosa.
Inutile. E la cosa lo faceva andare in bestia... possibile che capitassero tutte a lui???
La sua espressione si deformò in una smorfia iraconda, e, dopo qualche ringhio sommesso e muta imprecazione, batté con violenza un pugno contro il muro accanto a se, facendo risuonare un tonfo in tutta la "stanza".
Senza accorgersene, aveva appena colpito uno di quei pannelli che, scorrendo, l'avrebbero portato in un altro cubo... o così almeno immaginava.
Squadrò attraverso quel passaggio con stizza, e al di là vide un altra stupida stanza, dalle pareti di un tenue colore grigio, come illuminate da una lampada sporca e rovinata, che spesso perdeva di tensione per poi tornare a risplendere a tutta forza.
C'era qualcosa di diverso, però... ignorando il silenzio che rimbombava nelle sue orecchie come un tuono improvviso e concentrandosi su ciò che vedeva, scorse l'ombra di qualcosa nell'altra stanza... un altro piccolo cubo. O almeno così pareva.
All'improvviso, una voce si fece sentire all'interno della stanza. Ovattata, come quella stupida luce.
"La verità è illusione... la verità è illusione..."
Alzò un sopracciglio e cercò di ignorarla. Non gli interessavano quegli stupidi consigli.
...
Attese per qualche secondo, immobile, squadrando nell'altra stanza e voltandosi ogni tanto per studiare quella in cui si trovava.
Irato, sbuffò. Che cos'aveva da perdere? In fondo dall'altra parte pareva esservi qualcosa... e poi lui odiava il verde.
Piuttosto innervosito, quindi, si accucciò e si arrampicò nel buco per passare dall'altra parte, benché odiasse profondamente chinarsi... anche solo per attraversare cunicoli più stretti del normale.
Giunto dall'altro lato, la prima cosa che saltò ai suoi occhi, o meglio, alle sue orecchie, fu lo stesso, identico silenzio della stanza precedente, e solo in seguito ciò che l'attendeva al centro della stanza.
Al centro di essa si trovava, infatti, un cubo di vetro.
Un semplicissimo, normalissimo e piuttosto piccolo cubo di vetro posto al di sopra di un piedistallo, in modo che si trovasse ad "Altezza d'uomo".
Reprimendo l'ira che stava per montare nuovamente in lui alla semplice vista di un ulteriore cubo, studiò attentamente ciò che stava innanzi a lui.
Su ogni lato, tranne quello d'appoggio e quello superiore, vi erano due fori grandi abbastanza per farci passare mano e avambraccio, per raggiungere l'interno dello stesso, circondati da inquietanti anelli di ferro. Al centro del cubo, invece, vi era un oggetto che il ragazzo non avrebbe potuto definire con chiarezza. Si trattava infatti di una sfera pulsante, di colore rosso, che emanava una potentissima aura magica. Tanto grande che solo uno stupido non se ne sarebbe accorto.
Possibile che tutto quello che stava passando fosse dovuto a quello stupido artefatto? In fondo se "La verità era veramente illusione" il tutto poteva essere dovuto a un qualche strano oggetto magico.
No... doveva esserci qualcosa sotto.
Attese per qualche istante. Fermo, immobile, pensando al da farsi, ma più rimuginava più l'ira in lui cresceva, alimentata anche da quel fastidiosissimo mal di testa, che si faceva sempre più crescente.
Ricordava che l'ultima volta che il mal di testa aveva raggiunto il picco più alto aveva perso i sensi... doveva sbrigarsi.
Le alternative comunque erano poche. C'era un oggetto magico davanti a lui, non protetto da niente e nessuno, che aspettava solo di essere preso. Lo attendeva sicuramente una trappola... ma stando fermo non avrebbe comunque risolto nulla.
Sollevando un sopracciglio, scrutò uno dei fori entro i quali la "scatola" lo obbligava a far passare una mano, per raggiungere la sfera al suo interno.
Col cazzo che avrebbe infilato la mano lì dentro...
Strinse le dita lungo la spada e la alzò verso l'alto, innanzi alla scatola.
Avrebbe fatto a modo suo.
Senza attendere un solo attimo, calò la lama smussata contro l'oggetto in vetro, con l'intento di frantumarlo completamente. Il suono che ne derivò non fu però "Crash", bensì "Clang". Con sua sorpresa infatti, il cubo di vetro era intatto. Per nulla scheggiato.
abbassò la spada e poggiò la mano libera lungo la fronte, distendendola e cercando di calmarsi.
Avrebbe dovuto aspettarselo... che stupido.
Il suo sguardo calò ancora una volta sui fori che davano sull'interno della scatola di vetro, circondati da anelli di metallo.
Sbuffò.
Non vi erano alternative, allora.
Lentamente, infilò una mano all'interno del foro, lasciando che strisciasse come un serpente, scoprendo che vi passava senza alcun problema... anzi, che il suo braccio era talmente magro da potervisi infilare senza neppure il rischio di incontrare l'anello di metallo che circondava il foro, dal quale si guardava attentamente di toccare o anche solo sfiorare con la propria pelle... movimento che gli costava uno sforzo immane, soprattutto considerando che il suo braccio tremava per la tensione.
Ben presto, le sue dita incontrarono la sfera rossa e si chiusero su di essa. I suoi occhi si riempirono di orgoglio e sul suo volto si aprì un soddisfatto sorriso mentre sentiva l'oggetto pulsare sul suo palmo.
Perfetto. Tutto finito.
Ritirò la mano più lentamente, sicuro di se stesso ma, proprio nel momento in cui tutto pareva andare per il verso giusto, qualcosa accadde. La sfera racchiusa nelle sue mani svanì nel nulla, dissolvendosi in una sorta di polvere rossastra.
Non ebbe il tempo di stupirsi perché proprio in quel momento gli anelli iniziarono a chiudersi sistematicamente uno dopo l'altro, velocemente, lasciando al posto del precedente foro una sottile lamina di metallo. Clang, clang, clang, ben presto toccò al suo e, forse un po' per lo stupore, forse perché non fu abbastanza veloce, quando l'anello si chiuse andò a incontrare l'avambraccio di Ray nel suo mezzo, penetrando violentemente nella carne.
Un muto urlo di dolore uscì dalla sua gola, mentre inarcava la schiena e alzava il volto verso il soffitto.
Troppo! Troppo! Troppo! La lama continuava a chiudersi sul suo braccio, sempre più lentamente, scavando nelle sue carni e provocandogli una sofferenza tanto grande da fargli credere di essere caduto all'inferno, troppo consistente, troppo reale per poter credere che tutto quello che lo circondava era solo un'illusione.
Cercò di tirare fuori il braccio a forza, ma l'unica cosa che ottenne fu quella di provocarsi un dolore ancora maggiore, e spalancò le labbra ancora una volta, in un urlo straziante che non raggiunse la gola.
AAAAAAARGH! Non poteva! Non doveva arrendersi!
Un lento rivolo di sangue iniziò a colare dall'anello, fuoriuscendo e gocciolando lungo il pavimento.
Tirò ancora, ma era tutto inutile.
Ancora una volta.
E ancora. E ancora. E ancora.
"Urlò" un'altra volta, e sentì il braccio divelto da quella lama, che penetrava sempre più nelle sue carni.
Tirò un'altra volta ancora.
La lama si fece più profonda, e lui, perdendo ormai la forza per urlarle, digrignò i denti stringendo l'unica cosa alla quale poteva aggrapparsi. La spada.
La spada. La spada. La spada.
Il suo sguardo e i suoi occhi, lucidi di lacrime per il dolore, si fissarono sulla lama che aveva lì accanto.
No.
Doveva esserci un'altra soluzione.
La lama penetrò nella carne, e ancora una volta chiuse gli occhi "Urlando" la sua ira alle pareti.
Si ritrovò ad ansimare, colto da quella sofferenza che ormai dominava il corpo intero, ramificandosi e serpeggiando nelle sue vene a partire dal braccio, raggiungendo ogni muscolo.
Tirò ancora, senza risultato.
Doveva esserci un'altra soluzione.
Chiuse gli occhi e le palpebre umide si incontrarono, mentre digrignava i denti.
Un'altra... soluzione.
La lama penetrò ancora.
Colpì la scatola con la spada, inutilmente. Questa rispondeva a ogni suo colpo con un sonoro "Clang", senza scheggiarsi né nemmeno dare un minimo segno di volersi rompere.
Il dolore si fece ancora più acuto, e sentì il metallo sfiorare l'osso.
Respiro dopo respiro, la consapevolezza che quella fosse l'unica soluzione possibile si fece strada in lui, come un suggerimento diabolico.
Era inutile. Tutto inutile.
Alzò la lama verso l'alto, ponendola sopra al braccio.
Oh sì... gliel'avrebbe fatta pagare anche per questo, a quello stronzo che lo aveva chiuso lì dentro.
Calò la lama con tutte le sue forze.
Zack.
Cadde indietro, e con lui la spada, che produsse un fastidioso rimbombo metallico impattando contro il terreno. La mano che la teneva, in compenso, aveva trovato un moncherino sanguinante da proteggere e si chiudeva su di esso, divenendo ben presto rossa, e poi più scura ancora mentre il sangue disegnava un tortuoso percorso sul terreno.
Pareva quasi stupido vederlo lì contorcersi, piegarsi su se stesso, strisciare per terra con le lacrime agli occhi tenendosi il moncherino immerso però in un totale silenzio, la bocca ad urlare una muta protesta verso colui che l'aveva imprigionato lì dentro.
Doveva... riprendersi... doveva...

[...]


Pochi minuti dopo, quando il dolore si era attenuato quel tanto che bastava, Ray si ritrovava in piedi innanzi alla scatola, la spada nella mano sinistra, l'unica rimasta, e la maglietta fatta a brandelli per fungere da fasciatura a quelll'avambraccio che oramai era divenuto un moncherino gocciolante di sangue.
Faceva effetto vedere la propria mano e metà del proprio avambraccio davanti a se... ma Ray già più non li vedeva. Troneggiante nella stanza, aveva perso i sensi ancora una volta, in piedi, e l'unico suono che vi dominava, muto e non, era quella fastidiosa voce ignorata per tutto il tempo dal ragazzo, che mesta ripeteva "La verità è illusione... la verità è illusione."
 
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Trias lo Stregone
view post Posted on 14/3/2007, 23:12




«Bravo Murony!»
~Duello nel Cubo~

«L'uomo può sopportare le disgrazie quando esse sono accidentali e vengono dal di fuori, ma soffrire per le proprie colpe è l'incubo della vita.»
Oscar Wilde

Fu un’orribile sensazione.
Una spada lo trafisse al cuore e sentì il muscolo vitale spaccarsi in due e il sangue invadergli l’interno del corpo e fuoriuscire all’esterno e bagnargli i vestiti. Sentì il calore della vermiglia linfa invadergli il resto del corpo, fu una sensazione orribile.
Rabbrividì.
Spalancò gli occhi, la bocca aperta in un silenzioso urlo di dolore. Rimase così un paio di secondi, convinto di morire, percependo quella terribile sensazione ancora vivida nel suo corpo, finché quella non scemò lentamente e poi sparì. Quando Murony abbassò lo sguardo a controllare la sua ferita si accorse che era stata soltanto un sogno più a livello di percezione fisica che psicologica.
Dopo quella terribile esplosione di emicrania era svenuto e da allora non ricorda più nulla a parte quella strana sensazione di esser stato trafitto da una spada.
A proposito di spada…
Il suo sguardo si posò automaticamente sulla lama bianca, così imperfetta ma bella e vivace grazie alle venature che si muovevano sinuose lungo la lama in ipnotici mulinelli e fulminei scatti. Solo allora si accorse che no qualcosa non quadrava affatto. I suoi occhi scivolarono lungo le sue gambe dritte e i suoi piedi poggiati a terra. Era in posizione eretta?... no, non era possibile… si ricordava bene che si era appoggiato al muro e poi seduto prima che di svenire. E allora che ci faceva lì in mezzo? Al centro della stanza in piedi, e poi come diavolo aveva fatto a svenire e rimanere perfettamente in piedi?
Dannazione!
Come se non bastasse proprio in quel momento scoppiò di nuovo quel terribile mal di testa, paragonabile forse a una bestia feroce, una terribile bestia feroce che dilaniava il suo cervello con i suoi affilati e infuocati artigli. Portò la testa fra le mani, stringendo forte le tempie e cercò di non pensare a quel terribile dolore. Pochi secondi dopo, forse grazie al suo metodo o grazie a la figura che gli apparve davanti agli occhi quando li riaprì, quel mal di testa si calmò leggermente, diventano per lo meno sopportabile.
Quella figura apparteneva a un bambino di appena nove dieci anni, che guardava Murony con i suoi grandi occhi neri, luccicanti e intelligenti, che sembravano riuscissero a scrutare fin dentro l’anima. A marcare ancora di più quel temibile sguardo vi erano delle profonde occhiaie che scavano il viso del bambino rendendolo scarno, un po’ malaticcio, pallido. Aveva una capigliatura nera come il carbone completamente in disordine che sembravano più un arbusto bruciacchiato che una massa di capelli. Il bambino lo osservava con la testa leggermente inclinata verso la spalla destra con un espressione apatica sul volto.
Per un attimo gli sembrò un fantoccio, la sua pelle pallida quasi bianca gli fece pensare che fosse uno sfortunato come lui, però i suoi occhi, i suoi capelli avevano qualcosa di vivo, di naturale. Quando il bambino si mosse raddrizzando la testa Murony fu sicuro che non era un falso ma una vera e propria persona… o almeno lo sperava…
Il bambino gli sorrise, un dolce sorriso infantile.

«Seguimi… Murony»


La sua voce ferma e sicura, quasi non fosse quella di un bambino, proferì queste parole che suonavano più come un suggerimento che come un ordine. Non seppe resistere, mentre il bambino si muoveva verso il tunnel, Murony lo seguì. Il giovane si arrampicò e cominciò a strisciare nelle anguste e circolari pareti del piccolo corridoio seguito a ruota dal ladro.
Murony non capiva perché lo seguiva, quel bambino aveva qualcosa di strano negli occhi, molto strano. Era più un istinto primordiale che una decisione quello di andar dietro al bimbo.
Il ragazzino raggiunse l’estremità opposta del tunnel e si buttò con un piccolo balzo atletico, atterrando oltre la visuale del ladro.
Murony ebbe un tuffo al cuore, aveva uno strano presentimento.
Quando raggiunse anche lui la fine del tunnel si affacciò all’interno di un secondo cubo, questa volta completamente bianco, un bianco brillante che infastidiva gli occhi e sembrava aumentare il mal di testa in maniera esponenziale. Chiuse le palpebre. Le riaprì sperando che si trovasse in un altro luogo, ma non accadde nulla. Una terribile sensazione di pedante claustrofobia cominciò a pressargli e attanagliargli il cuore.
Nella stanza non c’era nessuno, il bambino era sparito, al suo posto un opprimente, monotono, fobico bianco.
Dannazione!
Sentì montare il mal di testa.
Decise di scendere nel candido cubo e cercare di pensare a come uscire piuttosto che commiserarsi. Diede le spalle all’uscita e si calò sul liscio pavimento, quando si voltò e il suo sguardo tornò all’interno del nuovo cubo. Qualcosa non andava. Per terra al centro della stanza c’era un ammasso di stracci scuri. Un lungo mantello nero avvolgeva una figura terribilmente familiare. Murony riusciva a intuirne le forme. Si avvicinò lentamente, nonostante non volesse farlo, e chissà perché, nemmeno lui lo avrebbe saputo spiegarlo, allungò la mano verso il tessuto nero e tirò.
Un viso pallido, degli occhi vitrei, vuoti, grigio perla. Come la Luna.
La bocca del corpo alieno di Murony si aprì ma non emise l’urlo che avrebbe voluto. Beh in realtà non subito. Quel grido, la sua voce, arrivò con qualche secondo di ritardo e venne emessa dalle pareti del cubo come in un terribile incubo.
Mentre la sua stesa voce gli straziava la mente, il cuore e i timpani, le sue mani candide andarono alla bocca e salirono verso i capelli. Cominciò a scuotere la testa. No. Non era possibile.
Lì per terra, ai suoi piedi, che non erano suoi, c’era lui. Sì il vero Murony o almeno il corpo. Era morto! Lui era morto. Ma come faceva a essere lì, no non era possibile.
Con occhi inorriditi distolse lo sguardo dal suo stesso cadavere riverso sul pavimento bianco del cubo. Chiuse gli occhi.
Sparisci! Sparisci! Sparisci!
Si voltò di scatto a guardare il punto dove prima giaceva il suo corpo. Non c’era più, emise un muto respiro di sollievo. Prima che potesse riprendersi dallo shock, qualcosa si mosse attorno a lui.
Alzò gli occhi di scatto e con quelli il corpo.
Proprio di fronte ai quattro lati del cubo si sollevarono, partoriti dal terreno, quattro specchi completamente piatti. Non riflettevano nulla erano argentei e… vuoti.
Deglutì.
Si avvicinò lentamente, tremante, allo specchio che aveva di fronte. L’immagine che vide nella lastra lucida lo sconvolse. Murony, quello vero, lo guardava terrorizzato dallo specchio. Vedeva se stesso come era normalmente, senza quel corpo stilizzato e leggermente abbozzato.
Un attimo prima lo fissavano degli occhi argentei, così familiari, e poi un paio di luminosi, terribili, maniacali, vermigli occhi. Due ali dietro la schiena della sua immagine riflessa. No.
Takuda!
Di fatti era proprio, lui, le labbra dell’immagine nello specchio si inarcarono leggermente in un folle sorriso, aprì la bocca e cominciò a ridere, qualche secondo di ritardo e la voce maniacale di Takuda si sparse per tutto il cubo.
Murony fece un passo indietro, guardandosi attorno.
Negli altri tre specchi c’erano altri tre Takuda completamente sincronizzati che ridevano. Prima che potesse fare qualcosa, tremante, con la spada in mano, gli specchi cominciarono a muoversi in circolo. Prima lentamente poi sempre più veloce. Non fu l’unica cosa che cambiò nel cubo. Il colore delle pareti da bianco divenne giallo, verde, rosso, viola, azzurro, grigio. Sempre più veloce.
Era un incubo!
Le luci a intermittenza gli colpivano gli occhi come frustate, e gli specchi continuavano a girare, e la risata di Takuda a risuonare nella stanza.
Murony sperò che finisse, che finisse a più presto, si afferrò la testa e cadde a terra in ginocchio. Basta, basta, basta!
Le luci si fermarono e il cubo tornò bianco.
Gli specchi si rimisero al loro posto.
Murony guardò lo specchio che aveva di fronte.
Adesso vedeva una persona che indossava una maschera. Quella maschera era la faccia di Murony, il vero volto di Murony.
Il ladro non riusciva a capire più nulla.
Stava impazzendo.
Si guardò attorno, anche negli altri tre specchi c’erano tre personaggi che indossavano delle sue maschere ma erano vestiti in modo diverso.
Tornò a guardare lo specchio di fronte. Urlò in silenzio.
Proprio come si infrange l’acqua la piatta superficie dello specchio si era infranta e da questa frattura liquida faceva capolino il volto mascherato. Poi il busto. Poi le braccia che si protesero in avanti armate delle armi che Murony conosceva così bene. Le sue armi. Poi il piede destro e infine quello sinistro toccarono il terreno.
Era circondato.
Anche le altre tre figure erano uscite dagli specchi che adesso si dissolvevano dietro di loro.
Le mani dei quattro personaggi viaggiarono e raggiunsero la maschera che portavano al volto. La afferrarono e la tolsero lentamente.
Quello che gli stava di fronte adesso, con quella macabra decorazione in mano era Takuda che sorrideva dolcemente.
Murony si voltò a destra e sussultò.
Ray gli sorrideva mefitico, anche lui con la maschera e la spada in mano.
Murony si voltò a sinistra.
Un bambino dai capelli biondi, vestito di verde proprio come gli altri due gli sorrideva follemente.
Murony si voltò per guardarsi le spalle.
Quel bambino con i capelli e gli occhi neri che lo aveva condotto lì, lo guardava apatico, era disarmato, in mano aveva solo la copia del volto del ladro.
La voce di Takuda risuonò dalle pareti:

«La Verità…»


Ray aggiunse:

«È…»


Il bambino vestito di verde:

«Solo…»


Il ragazzino dai capelli neri:

«Illusione.»


Non ebbe nemmeno il tempo di assimilare quello che aveva sentito che il bambino vestito di verde si lanciò contro di lui a folle velocità, rideva, una risata infantile. Terribile. Quando lo raggiunse Murony non se ne accorse nemmeno.
Il bambino balzò di lato e calò su di lui sferrandogli un pugno. La testa sembrò esplodere. La forza del colpo lo schiantò in avanti, mandando il cranio a sbattere contro il pavimento del cubo. Il mal di testa esplose. Murony vide bianco.
Da quel momento in poi non capì più nulla. Sentì la risata del bambino e la sua voce petulante dire: “Questo è da parte di Calintz!” poi un secondo colpo lo raggiunse allo stomaco. Mentre la forza dell’attacco lo lanciava contro il muro opposto intravide Ray che lo osservava soddisfatto. Era stato lui. Prima che potesse raggiungere la parete opposta un secondo colpo gli arrivo alla schiena. Takuda. Murony andò a sbattere contro qualcosa un’altro muro, non sapeva bene quale. Panico. Sofferenza. Il mal di testa lo stava distruggendo. Basta… basta…
Sentì dei passi arrivare.
Basta!
Aveva ancora la spada in mano. Aprì gli occhi. Il bambino, Calitz, si lanciava contro di lui, sorridendo. Si alzò e menò un fendete in avanti. Il bambino balzò, con una piroetta evitò il colpo. Gli atterrò sulle spalle e gli afferrò il collo facendo perno sul corpo di Murony. Il ladro gemette quando il pugno di Ray lo raggiunse allo stomaco e un secondo, e un calcio sul volto. Cadde all’indietro mentre il peso del bimbo si sollevava dalle sue spalle. Sbatté la testa contro il muro.
Sentì delle catene sfregare.
Takuda!
Qualcosa sferzò l’aria.
Murony chiuse gli occhi.
Vi fu un rumore soffuso, leggero.
Aprì le palpebre: istintivamente aveva portato la spada di fronte a sé e aveva fermato il colpo. Non per la verità non l’aveva fermato, ma tagliato.
Sì, Takuda, infatti gli aveva lanciato contro una delle Lame di Afanes, Murony portando la sua rozza spada, chissà come aveva mozzato la catena. Già l’aveva mozzata. Abbassò lo sguardo, e vide che l’arma di Takuda si stava ricomponendo come se nulla fosse accaduto.
Un attimo di lucidità.
Murony con un movimento fulmineo, afferrò la catena che adesso fluttuava di fronte a lui. La tirò. Il processo di riparazione si bloccò e Takuda di fronte a lui rimase senza una Lama, mentre Murony aveva di nuovo fra le mani qualcosa di utile.
Il ladro afferrò la sua Lama di Afanes con la mano destra, mantenendo comunque la presa sulla spada bianca nella sinistra ben salda. Si legò velocemente la catene attorno al braccio in modo da non averla di impicciò quando alzò lo sguardo Ray era su di lui. Uno scatto e si abbassò evitando un fendente della spada del suo capo.
Era tutto un livido, ogni movimento gli costava fatica.
Contemporaneamente sulla destra lo raggiunse Calintz che tentò di sferrargli un pugno diretto al volto. Con ci riuscì. Il fendete di Murony sferrato con la Lama appena ottenuta gli tagliò la mano come burro. Il bambino urlò.
Murony sgusciò da sotto un secondo fendete di Ray e si portò al centro del cubo. Si voltò a guardare i due avversari, ansimante. Non erano sicuramente reali, Ray non era così stupido, avrebbe sicuramente utilizzato qualche infido stratagemma per ucciderlo. No, quello non era Ray.
Un ultimo urlo e il bambino si dissolse in una nuvola di fumo bianco.
Il capo del Toryu non perse tempo, lo attaccò frontalmente. Cercando di ignorare il mal di testa e i lividi, tentò un disperato tentativo di evitare il velocissimo fendente. Non ci riuscì, la spada gli penetrò nella carne del braccio sinistro, la recise e si allontanò, lasciando una profonda ferita. Murony provò a gridare, ma era muto.
Non poteva perder tempo.
Ray gli saltò di nuovo addosso, ma Murony fu rapidissimo si abbassò, accucciandosi per terra mentre Ray spiccava un balzo per attaccarlo frontalmente. Il primo colpo che Murony sferrò, dal basso verso l’alto fu diretto allo stomaco del nemico, con la spada bianca, ignorando il dolore al braccio. Non accadde nulla la spada si dissolse a contatto con il corpo di Ray. Come era possibile? Non si preoccupò più di tanto. Partì con un secondo fendete proprio mentre il suo stesso capo clan gli cadeva addosso. Questa volta il colpo fu sferrato con la Lama rubata e attraversò il nemico. Il falso Ray guardò incredulo Murony prima di dissolversi come aveva fatto precedentemente il bambino.
Murony ansimò.
Takuda, dov’era Takuda?
Lo seppe subito dopo.
La Lama gemella a quella che Murony adesso teneva in mano calò verso il suo collo.
Murony fu veloce come un cobra, portò la spada bianca davanti alla traiettoria della spada avversaria che a contatto con la lama bianca si dissolse.
Quindi la spada rozza poteva dissolvere le armi del nemico, ma non poteva ferire direttamente i nemici. Mentre le stesse armi nemiche erano le uniche a poter ferire quei falsi.
Bene.
Murony si alzò proprio mentre, la Lama di Takuda si ricomponeva. Fu un movimento fulmineo del braccio. Lanciò la spada rubata contro il suo alter-ego. L’arma viaggiò nello spazio che divideva i due avversari e raggiunse il cuore di Takuda.
Anche lui si dissolse come se non fosse mai esistito.
Murony cadde a terra, ansimante.
Era conciato male.
Pieno di lividi.
Con profonda ferita al braccio sinistro.
E il mal di testa ancora più forte di prima.
Alzò lo sguardo e si trovò davanti il bambino dai capelli neri che lo aveva condotto lì. Il ragazzino parlò:

«Bravo Murony! Non ti preoccupare adesso sverrai e io comparirò soltanto quando tu tornerai in te. Ah ricordati bene il mio nome: Trias, va bene?»


Murony non poté rispondere era già svenuto. Trias scomparve e lasciò il corpo vuoto in mezzo al cubo.
Di nuovo…

CITAZIONE
Allora XD
Devo dire che mi sono divertito *0*
Hati ti faccio un breve resoconto.
Lividi dappertutto, dolorante, una profonda ferita al braccio sinistro e in uno stato psicologico confusionale, sconvolto.
Divertiti! X'D



Edited by Trias lo Stregone - 14/3/2007, 23:41
 
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iperauron
view post Posted on 18/3/2007, 21:31




Daelan aprì gli occhi, e rimase immobile, guardandosi intorno.
Si rese conto di essersi mosso, in quegli istanti di assenza.
Non sapeva nè come nè perchè, ma ora si ritrovava in un altro cubo, identico a quello in cui si era precedentemente risvegliato, salvo per il colore: ora le pareti erano tinte di un brillante e fastidioso arancione.

Si accorse, come se finora fosse stato in un silente stato di dormiveglia, di essere ancora nel passaggio tra un cubo e l'altro, appeso alla scala.
Si lasciò cadere a terra, sicuro di atterrare in piedi: un errore.
Atterrò goffamente, impacciato nel gestire quel corpo non suo, e per mantenere l'equilibrio appoggiò il braccio sinistro a terra: Una profonda fitta di dolore gli attraversò il corpo, e istintivamente tolse il braccio da quella posizione, cadendo sul fianco.
Mentre con la mano stringeva l'arto nel punto di massimo dolore, al tatto riconobbe qualcosa di strano: stoffa.

Abbassò lo sguardo, notando la strana fasciatura color cachi, che ora, impregnata del liquido vermiglio, aveva assunto una tonalità più scura.
Almeno, quegli abiti disgustosi erano serviti a qualcosa.
Raccolse la spada, che aveva necessariamente dovuto lasciar cadere per afferrare l'altro braccio, e si alzò in piedi lentamente, maledicendo quell'improvviso vorticare di immagini confuse che gli attanagliava la mente.
Da quel turbinio di ricordi riuscì ad estrapolare un'immagine precisa: Qualcuno che combatteva contro un mostro, forse un coboldo.
Scosse la testa, un pò per distogliersi da quei pensieri, un pò per scacciare via quel fastidioso mal di testa.
Riprese a guardarsi intorno, ansioso di trovare qualche differenza dai cubi precedentemente attraversati: nulla.
Lancio una maledizione verso chi lo aveva coinvolto in quella folle situazione, e lanciò un pugno al terreno, dimenticandosi della ferita: Questa riprese a sanguinare, e dal lembo di stoffa, ormai zuppo, colavano solitarie gocce di sangue.
Avrebbe voluto urlare, ma, come al solito, non ci riuscì.

Avanzò verso la parete davanti a lui, la spada stretta nella mano destra, e toccò il quadrato nella parete: questo, come prima, si spostò di lato, rivelando un altro passaggio.
Lo attraversò in fretta, in una dimostrazione di ostinata testardaggine: pur sapendo che andava incontro all'ignoto, non voleva arrendersi.
Il dolore pulsante alla mente, il fastidioso mal di gola che lo costringeva a deglutire ogni pochi secondi, non esistevano più: Daelan aveva semplicemente estraniato la sua parte umana, divenendo una creatura di puro istinto ed impulsività.
E questa parte, feroce e imprevedibile, ora lo costringeva a spostarsi da un cubo all'altro senza rendersene conto, come se fosse in una sorta di trance: Quando riprese il controllo di sè, si ritrovò al centro di una stanza dalle pareti color ossidiana.
Non sapeva quanti cubi aveva attraversato in quei momenti di estraniazione, ma sapeva perchè aveva ripreso il controllo delle sue facoltà mentali: Infatti ora ogni parete, invece di essere una semplice superficie piatta e monocromatica, portava disegnati dei cerchi dai bordi bianchi, tangenti l'uno all'altro.
Era una vista strana, quasi ipnotica: ritrovarsi dall'assenza più totale di qualsivoglia decorazione a queste particolari forme lo confondeva.
Doveva esserci qualcosa, sotto.
E infatti, come a fugare ogni suo dubbio, da uno dei cerchi più vicini al punto da cui era entrato scaturì una colonna completamente bianca, che a velocità pazzesca si schiantò contro il muro opposto, centrando perfettamente i contorni di uno dei cerchi in esso disegnati.
Si rese conto che, se una di quelle colonne lo avesse colpito, non avrebbe avuto scampo.
Era una trappola.

Corse verso la parete davanti a lui, desideroso di fuggire da quella stanza, ma l'entità che gestiva quel luogo, o forse puramente il caso, decise di impedirglielo: Infatti da un cerchio alla sua destra proruppe un'altra colonna, bianca come l'avorio.
Daelan si gettò in terra, ed osservò muto la colonna attraversare lo spazio dove fino a pochi secondi prima c'era la sua testa.
Si guardò intorno con uno sguardo terrorizzato, cercando di analizzare la situazione, di trovare un punto in cui le colonne non potesso raggiungerlo.
Non c'era.
Ogni singolo centimetro delle pareti di quella stanza era attraversato da un cerchio, di diametro pari a circa 30 centimetri, ed era lo stesso in ogni direzione, qualunque parete si osservasse.
Era la fine.

Si alzò in piedi e scattò verso la porta poco distante, in un impeto di furia causatogli dall'istinto di sopravvivenza.
Non potè compiere più di pochi passi che un'altra colonna, stavolta dal pavimento, andò ad attraversare lo spazio, fermandosi contro la parete opposta.
Daelan, miracolosamente, era riuscito a schivare quell'attacco, gettandosi in avanti e divaricando le gambe, facendo passare la colonna fra di esse.
Sentì un rumore sordo sopra di lui, e rotolò verso destra, evitando per un soffio che la sua testa venisse schiacciata contro il pavimento.
Un altro assalto, e ancora, ancora, ancora una volta.
Ormai le colonne filavano come proiettili, mancando Daelan quasi sempre di pochi centimetri, a volte a causa dell'agilità del mezzodemone, altre semplicemente per sua fortuna.

L'uscita ormai era una cosa irraggiungibile ed astratta per il cacciatore, il suo unico pensiero era sopravvivere.
L'ennesimo proiettile del destino, sotto forma di colonna, comparve dal muro davanti a lui.
Questo stava ad un'altezza di circa 90 centimetri dal terreno, e Daelan per evitarlo fu costretto a gettarsi indietro, cadendo violentemente a terra.
Un'altra colonna, questa proveniente dalla parete alla sua sinistra e parallela al terreno, tentò di colpirlo.
Daelan, per evitarla, fu costretto ad inarcare la schiena, facendola passare sotto di lui, ritrovandosi quindi in una sorta di posizione "a ponte".
L'ennesima colonna, questa proveniente dal soffitto, cadde verso il mezzodemone, che ebbe abbastanza presenza di spirito per buttarsi di lato: La colonna frantumò le altre due, spezzandole ognuna in due parti.
Parti che, misteriosamente, rimasero nella posizione originale, salvo per i detriti causati dall'impatto.

Il mezzodemone cominciava seriamente ad essere stufo di tutto ciò.
Riprese a correre verso la parete più vicina, muovendosi ormai per pura ostinazione, deciso a non crepare come un cane(pensiero particolarmente umiliante se si considera che Daelan è una specie di felino, NdA).
per l'ennesima volta, due colonne scaturirono dalle pareti alla sua destra, e una di queste colpì la sua gamba, facendogli perdere l'equilibrio e fratturando l'osso.
Cadde a terra violentemente, e rimase immobile in quella posizione per alcuni secondi, ansimante.
Stava per morire...

eppure l'idea non lo sconvolgeva.
Anzi, quasi desiderava di morire, desiderava di mettere fine a quell'orrore, di dare una fine alle sofferenze.
E così fu.

Una colonna, originatasi esattamente sotto il suo addome, lo colpì violentemente, mozzandogli il fianto.
Pochi secondi dopo era schiacciato da entrambe le parti, tra il soffitto e la colonna, la colonna vertebrale spezzata.
Nell'ultimo istante di lucidità prima dell'oblio, pensò che la morte non gli sarebbe dispiaciuta affatto.
 
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Melkon
view post Posted on 23/3/2007, 15:56




I can't live without you
on my own, lies a photograph,
please come back and stand by me.

Naked Against It
Il suono di una melodia, una triste canzone si leva solitaria come le piccole note abbandonate su un pianoforte impolverato, come pennelli abbandonati dietro la televisione, come il viso segnato dalla smorfia del sorriso. Una canzone che suona solo per un uomo, il cui livello di sana follia è diventato abitudine, perché è la follia che rende lucidi anziché ottenebrare, è ciò che rende uomini e non manichini, è ciò che ancora contraddistingue Falathar dal corpo che muove, ed è ciò che gli impedisce di sentirsi reale nel Cubo. Attacca nuovamente la spina, ritorna a guardare ciò che l'apparenza gli mostra essere vero, torna ad osservare pareti violacee e null'altro, torna a posare gli occhi su un qualche cosa di cui prende atto con diffidenza. Ora non più arrabbiato, perché ha superato la prima naturale reazione che naturalmente si ha alla conoscenza di una notizia spiacevole. Ha superato il momento in cui l'unica cosa che si vorrebbe è prendere a pugni ogni essere umano o non che ti passa accanto, insultare ogni evento, sputare contro il cielo per accusare la forza di gravità. Ora è triste. Falathar è, fondamentalmente, triste, e quasi, forse vorrebbe piangere; ma non lo può fare, perché da molti anni nessuna lacrima solca più il suo volto apparentemente bonario. Non ha pianto vedendo i suoi fratelli sotto la tortura di aguzzini senza nome nè onore, non ha pianto nel vedere le speranza concrete cadere sotto i colpi dell'indifferenza di coloro che si dicevano amici, non ha pianto nel fango di Talya, non ha pianto nel fumo a Rinelbo; non pinagerà nemmeno ora. Ma quell'abominio cubico che grossolanamente definisce la sua testa non è sufficiente per esternare ciò che dentro lo lacera, che non è il dolore fisico, non è il fastidio e il disagio alla testa, alla gola, agli arti, non è la sensazione di formicolìo che lo pervade tutto senza interruzione e senza tregua: ciò che lo lacera è il cupo sentire di una depressione che ritmica torna talvolta, scatenata dalla nuova prigionìa. Che cosa teme dunque? La gabbia. Sentirsi nuovamente imprigionato senza una vera ragione, essere rinchiuso per il solo fatto che vive, che vive coerentemente con le scelte che ha preso e con gli ideali che difende. Teme la gabbia perché l'ha vissuta e ne è sfuggito, e perché fratelli non ne sono sfuggiti, e perché altri fratelli non ne sfuggiranno mai più. Ed ora che ancora questa situazione è stata evocata con tale forza, egli non ne può rimanere indifferente, perché è uomo.
Falathar, prendi coraggio! Falathar, sai di non essere mai realmente solo! Falathar, alzati, combatti te stesso, vita militia est, scegli il tuo stendardo...
Già è in piedi il Cacciatore, ma metaforicamente siede, caduto, colpito; ma si alza, alza la testa

Alza la testa devi difenderti,
cambia il sentiero che ti ucciderà
Ritorneranno prima poi a prenderti,
la loro anima ti perseguiterà

La debolezza viene spazzata via come le nuvole scure da un uragano, forte e terribile: don't stop me now. C'è ancora molto da fare, magari questa serie di cubi ha una fine, magari il susseguirsi dei colori ha un senso, magari c'è qualcosa che può fare per uscire, magari si padron Falathar, magari si. Tenta un'altro cubo, si muove a fatica ma si muove, goffamente, combattendo un passo dopo l'altro contro la sua stessa mente, contro i muscoli stilizzati che non rispondono come dovrebbero, contro il corpo che non è il suo e si rifiuta di avanzare agli standard che Falathar impone. Un'altra stanza, un colore grigio fumo si muove lungo le pareti sembrando quasi fumo vero, creando effetti realistici ed impressionanti, ma nella foga l'uomo neanche li esamina, avanza come un ossesso, incapace di vedere ciò che gli sta davanti. Tutto ciò che ha guadagnato in quei pochi momenti di autoconvincimento, non basta. Si trova in mezzo al cubo, trascinando le gambe con fatica e dolore, digrignando i pochi denti perfetti, quando un suono sibillino giunge alla sue orecchie, prima tenue, poi sempre più forte fino a diventare quasi assordante. Si gira su se stesso Falathar, sgranando gli occhi, minacciando il vuoto con la mano che non afferra la spada, stringendo convulsamente le nocche in un pugno bianco che di minaccioso ha ben poco. Un odore giunge poi alle perfette narici, sintetizzato e inviato al cervello che lo interpreta e lo riconosce: fumo, vero e proprio fumo. Ed infatti il cubo inizia a riempirsi di fumo, proveniente da qualche sconosciuta fonte nelle pareti. Falathar, sei stato avventato, lo sai. Il Nemico che devi combattere è come questo fumo: è subdolo, impalpabile, non può essere sconfitto con le armi che una fucina ti mette a disposizione, e tuttavia è reale, lo puoi quasi vedere, ti acceca, ti indebolisce, e alla fine ti ucciderà, per sempre. Lo sapevi, non mentire a te stesso, non lo fare. Perché sai benissimo di che cosa parlo...
E mentre soffoca, cade a terra nuovamente, impotente. Non può sfuggire a questo fumo, sfiora anche il pannello centrale al suo fianco con una mano, ma questo resta inesorabilmente chiuso. Il respiro si fa di secondo in secondo più difficile, il fumo mortale lo attanaglia, entra nei polmoni e li occupa, brucia ancora e ancora nella gola, fa tossicchiare l'uomo che non reagisce nemmeno più, non può più. Ha mollato la spada che è caduta vicino a lui con un rumore metallico, ha chiuso anche gli occhi che non sono più costretti a fissarsi in un vortice grigio e nero di denso gas. Si chiede, se ora sarà ammesso insieme ai fratelli che già hanno superato il confine e riposano nei Campi Elisi; si chiede se rivedrà Jan, Bobby, Alain; si chiede se rivedrà anche lei un giorno, quando la vecchia giungerà anche da lei; non si risponde, non vuole più neanche rispondersi: forse sa che non gl'importerà di lei, e che la musica che sentiva aveva ragione; e questa torna a suonare, torna a suonare nella sua mente, ma stavolta qualcos'altro si mescola alle beffarde parole e si perde all'interno di esse

I can't live [...la...] without you
on my [...verità...]own, lies a photograph,
please [...è...]come back and stand [...illusione...]by me.

CITAZIONE
QM 2.2
Bene bene, è il turno di Eragon Master, Eva Delunay, Hati e Chri~. Vi trovate dove i vostri colleghi vi hanno lasciato, chi con un arto di meno, chi ridotto decisamente male, chi morente. Al solito, fate un po' quel che volete, compatibilmente con le vostre condizioni. In ogni caso, a un certo punto del vostro post comparirà un tizio vestito di blu armato di una spada pregiata dello stesso colore. Tutte le descrizioni del tizio, della spada e del resto sono assolutamente libere; da notare solo che questo non è abbozzato come gli altri, ma sembra a tutti gli effetti una persona vera. Vi dirà: "la morte è vita" con un tono uguale a quello della frase dei vostri colleghi. Indi, vi darà il colpo di grazia con la sua spada. Lo so, le istruzioni sono un po' restrittive e non lasciano molto spazio per l'interpretazione, ma questa prima parte della quest non poteva essere altrimenti. Comunque, dal prossimo post avrete molto più spazio libero per l'azione, prometto! Enjoy

 
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20 replies since 5/3/2007, 14:16   808 views
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