Rise of the Whisper. - Il confine superato.
Pour le Roi,
Pour le Pays,
Pour le Souverain.
A turbare il silenzio piuttosto pesante che si era venuto a creare ci pensarono le urla terrorizzate ed indecifrabili provenienti dalla vegetazione limitrofa. Successe tutto così velocemente che non mi resi nemmeno bene conto di cosa, effettivamente, avvenisse davanti ai miei occhi.
Portai istintivamente la mano sulla spada passando oltre i prelati per proteggerli dall'eventuale aggressione, ma tutto ciò che vidi furono due persone, un uomo ed una donna dall'aria atterrita, fuggire a rotta di collo inseguiti da un grosso cane brado. In vita mia avevo visto solamente poche bestie tanto maestose e possenti: abbastanza alto da poter tranquillamente essere scambiato per un piccolo cavallo, e feroce almeno cento volte tanto, li stava inseguendo deciso a banchettare con le loro carni. Patrick, giovane ed accorato, parve volersi lanciare in prima persona al salvataggio di quei due disgraziati ma, per sua fortuna, il vecchio intercedette dicendo parole sagge, seppur terribili.
I Corvi erano in una situazione molto, troppo, precaria per potersi inimicare anche un semplice
cane degli Insonni, dato che se li avessero trovati a trasgredire alle leggi del nuovo regime la loro fine sarebbe stata ben peggiore della morte. Inoltre erano semplicemente sacerdoti, non guerrieri e non soldati, le loro capacità di difesa nei confronti di quel mostro sarebbero state pressoché nulle... spettava a me accollarmi la responsabilità di agire direttamente contro la guardia.
Non era sicuramente quello il modo più intelligente di iniziare la mia nuova vita, anzi, mettersi apertamente contro i signori di Basiledra era una di quelle cose che avrei sconsigliato anche al più stupido degli sciocchi... ma c'erano due vite di mezzo e mai avrei permesso ad una bestia di ghermirle.
Non davanti ai miei occhi.
Mi voltai verso Patrick, il più giovane e forte dei tre, rivolgendomi direttamente alla sua persona in maniera tale che si premurasse di aiutare i suoi compari.
«
Quel cane avrà un padrone, buttatevi a lato della strada, ora! »
Temevo che il cacciatore che accompagnava il segugio sarebbe sbucato dal bosco da un momento all'altro: se volevo gettarmi a capofitto contro il cane dovevo evitare che potesse collegare i Corvi a me. Se anche mi avessero fatto prigioniera o catturata non avrebbero avuto prove per accusare quei tre di essere miei complici.
«
Se mi ferma la Guardia Insonne noi non ci conosciamo, io non vi ho mai visto e voi disapprovate le mie azioni, state defilati sino a che non vi chiamo io. »
Mentre parlavo mi rendevo chiaramente conto che, in caso di problemi, sarei stata completamente sola ma non mi importava. Se il Sovrano aveva messo sulla nostra strada quei due c'era un buon motivo ed io non ero nessuno per dubitare del suo operato. Dovevo agire secondo coscienza, al resto avrebbe provveduto la sua immensa misericordia.
Sfoderai la spada brandendola saldamente con la mano destra e caricai il cane urlandogli contro a squarciagola per attirare la sua attenzione e distrarlo dai poveretti terrorizzati.
Si girò, bloccandosi sulle zampe, nell'esatto istante in cui gli arrivai abbastanza vicina da costituire una minaccia. Era ben addestrato, lo si poteva vedere da tante piccole cose, a partire dalla postura difensiva e imprevedibile, finanche al suo sguardo fisso non su di me ma sulla lama della mia spada. Doveva essere abituato a lottare contro uomini armati, dato che abbassò la testa ringhiando ma non si degnò di indietreggiare minimamente nonostante le mie urla e la minaccia dell'acciaio.
Visto da vicino faceva maledettamente paura: era grosso, muscoloso, con un collo imponente e zanne che avrebbero potuto mutilare un uomo adulto con un singolo morso, il tutto coronato da un manto candido che mal si addiceva alla ferocia trasudata dal suo ringhio. Non avevo la più pallida idea di come atteggiarmi, di che postura usare, di quali colpi tentare. Sapevo cavarmela contro uomini grossi e nerboruti, contro individui corazzati sin alle ossa, ma mai prima di allora avevo dovuto confrontarmi con una bestia simile. Ero nel panico.
«
Non voglio farti del male! Torna dal tuo padrone, via! »
Tentai, molto ingenuamente, di intimidire la bestia puntandola con la spada ma quella, in risposta, cercò di azzannare la lama snudando ancora di più le zanne. Involontariamente gli avevo fatto capire che non ero troppo decisa, che aveva una posizione di vantaggio nei miei confronti, e come ogni bestia sa fare ne approfittò iniziando ad avanzare e preparandosi a sferrare un attacco. Mettendo una zampa davanti all'altra, con una perizia maniacale nel suo incedere, mi fissava con due occhi di un azzurro straordinario, quasi al pari dei miei, come a volermi sfidare a fare la prima mossa, a dimostrargli ciò che sapevo fare. Col senno di poi, invero, avrei dovuto rendermi conto che mi stava solamente studiando per capire dove ero più vulnerabile, ma nella beata ignoranza della mia
prima volta mi lasciai adescare come una giovinetta.
Portai avanti una gamba, allungando il busto e cercando l'affondo con la punta della spada. Volevo cercare di ferirlo in maniera che fuggisse, non avevo sul serio intenzione di ucciderlo, non all'inizio almeno, ma quello schivò senza troppa difficoltà e si limitò a ringhiarmi sottecchi. Mi sentivo inetta nell'aver fallito a quella maniera ed allora riprovai, con maggiore decisione, provando un colpo discendente, dall'alto verso il basso, mirando alla scapola e per pura fortuna il colpo andò quasi a segno, seppure di striscio, aprendo una lieve ferita che tinse di cremisi il pelo niveo.
Ringhiò, più forte, ma non parve provare nemmeno a guaire. Si era reso conto che potevo fargli male, che non ero una preda tanto facile come quei due fuggiaschi che aveva inseguito sin lì e questo lo mandava su tutte le furie.
Si mosse rapidamente di lato piegando le zampe e spiccò un balzo verso di me: le fauci spalancate e lo sguardo furente, riuscì quasi a mordermi sulla spalla, se non che mi abbassai leggermente evitando il peggio e lasciando che le zanne impattassero nel rigido metallo. Tuttavia, nel ricadere, il cane badò bene di spingermi a terra usando il peso di tutto il suo corpo sospeso a mezz'aria, una forza incredibile per un animale a cui non riuscii a resistere finendo di schiena sul terreno.
Il dolore era sopportabile, al pari di una brusca caduta, ma il rischio di venire aggredita una volta a terra mi fece scattare sulla difensiva nel giro di un istante. Provai a tirarmi in piedi, ma il peso della corazza e lo stordimento del colpo mi resero tutto impacciato e difficoltoso, al punto da permettere all'animale di attaccarmi mentre ero più vulnerabile.
Ero ancora carponi per terra quando mi resi conto che un paio di enormi denti acuminati stavano per raggiungere il mio volto ma, alzando una mano, eressi un piccolo scudo blu, traslucido, che mi protesse dall'assalto e lasciò il segugio perplesso e incapace di capire come mai i suoi denti non avessero dilaniato la mia carne. Ululò, incredulo, esternando il suo disappunto con l'ennesimo ringhio, mentre con non poca fatica tornavo in posizione eretta e mi preparavo a contrattaccare.
Se ancora non capivo molto bene come lottare ad armi pari con una bestia, indubbiamente, mi ero resa conto di essergli immensamente inferiore sotto il punto di vista fisico. Era possente, robusta e veloce. Poteva gettarmi a terra con enorme facilità e non sembrava accusare eccessivamente le ferite, anzi, probabilmente il dolore acuiva solamente la sua rabbia e la sua ferocia, quindi avrei dovuto accantonare i sentimentalismi animalisti cercando di uccidere quel mostro in maniera rapida. Prolungare quello scontro mi avrebbe indubbiamente portato alla morte.
«
Credi che io abbia paura di te, segugio? » lo aizzai, volevo che attaccasse. «
Vieni a prendermi, sono qui! »
Menai un fendente verso il muso, in modo da confonderlo e renderlo più propenso a reagire istintivamente, e la cosa parve avere successo perché dopo una veloce schivata si protrasse in avanti cercando di raggiungere le mie gambe. Lo attaccai di nuovo, stavolta facendo in modo che la spada cadesse dall'alto ma, a metà corsa, piegai il polso per farle cambiare angolo riuscendo ad aprirgli una seconda, e più seria, ferita sul fianco. Guaì, evidentemente colpita laddove non si aspettava, ed io non persi tempo avvicinandomi di un passo per sferrare un violento pugno col braccio corazzato verso il fianco appena ferito: slanciai il colpo con tanta forza da sentire i muscoli della spalla tendersi in maniera poco naturale e bruciare, intensamente, nell'esatto istante in cui le mie nocche impattarono contro la cassa toracica della bestia.
Sentii chiaramente le costole inclinarsi sotto quel colpo, ma sapevo che non sarebbe mai bastato a metterla fuori gioco. Un animale di quel genere non era un semplice segugio, un cane da caccia, ma un vero e proprio guerriero addestrato per combattere sino all'ultimo... ed è quello che avrebbe fatto con me.
Lì, a pochi centimetri l'uno dall'altra, potevo capire che stavo combattendo contro una creatura intelligente, assennata, dotata di una capacità combattiva e logica che sfidava non solo la mia, ma quella di qualsiasi creatura senziente in grado di brandire un'arma. Mi scoprii sorpresa, per non dire ammaliata, da tanta forza e combattività al punto da abbassare un attimo la guardia e, miseramente, farmi cogliere in fallo.
Il cane brado mosse di scatto la testa addentandomi saldamente l'avambraccio destro, impedendomi di usare la spada e stringendo abbastanza forte da impedirmi persino di mantenere una salda presa sull'arma. Era come scatenato, reso completamente folle dalla rabbia e dal dolore. Le zanne all'interno della carne facevano male, bruciavano come l'inferno, e nulla riuscì ad impedirmi di tirare un poderoso urlo di dolore, cadendo in ginocchio sotto agli strattoni delle fauci.
Andai nel panico, completamente. Non riuscivo più a muovere il braccio, sentivo la carne cedere ad ogni secondo sotto la stretta ferrea del mastino, non mi restava altro da fare se non colpire, con la mano libera e ricoperta dallo spesso strato metallico, la testa della bestia.
Uno, due, tre colpi ma non accennava a lasciarmi andare. Il sangue aveva preso a lordare l'imbottitura sotto la corazza, mentre la mia presa sulla spada si faceva sempre più debole e dolorosa, quindi decisi di colpire con tutte le forze che avevo e di concentrare il mio attacco sull'occhio del canide.
Caricai il pugno, che s'irrorò di una tenue luce bluastra, abbassandolo come un maglio sul muso della bestia, colpendola direttamente sopra una delle orbite. L'urto fu brutale e, involontariamente, serrò le mascelle con ancora più forza conficcando ancora più in profondità i denti, ma alla fine si staccò barcollando e con un occhio inservibile, se non completamente disfatto.
Non accennò al dolore provato, quasi come mi stesse sfidando ad attaccare nuovamente, o forse aveva il cervello talmente confuso a causa del colpo da non riuscire nemmeno a rendersi conto di quanto stava accadendo... ma non potevo lasciarlo riprendere. Dovevo agire, subito, ed eliminarlo adesso che era vulnerabile, senza dargli tempo di riprendersi. Ero certa che anche con un occhio completamente inservibile, diverse costole rotte e due tagli per niente trascurabili avrebbe facilmente potuto avere la meglio su di me e, ovviamente, non volevo che ciò accadesse.
Mi tirai in piedi a fatica, barcollando per il trauma al braccio e la massiccia perdita di sangue, pronta a porre fine a quell'indecente combattimento. Era straordinario come tutti gli anni di addestramento con mercenari veterani lautamente pagati e tanto chiacchierati come "esperti del settore" fossero serviti a niente, una volta nella pratica. Nessuno mi aveva preparata al dolore, alla vista del sangue, alla scarica di adrenalina... persino le mie movenze erano stupidamente legnose, impacciate, poco ponderate. Sembravo una ragazzina che, per la prima volta sui tacchi rubati alla madre, prova a camminare. Incespicavo, barcollavo, riuscivo a stento a portare a segno i colpi in maniera decisa e pulita, quando nelle sessioni di scherma sembravo una promessa della spada. La realtà faceva paura ed io, da brava ignorante, avevo creduto di sapere molto più di quanto in realtà mi era stato insegnato.
«
Excusez-moi, bestia... ma devo prendere la tua vita prima che tu lo faccia con la mia. »
Scattai rapidamente, brandendo l'arma con entrambe le mani per sopportarne il peso nonostante il braccio ferito, mentre alle mie spalle appariva l'immagine soffusa e fumosa di un grosso leone dal manto dorato, intento a ruggire contro il cane brado. Quella sensazione, quell'ideale di potenza e coraggio, mi rinfrancò lo spirito fiaccato e alleviò il dolore della carne, permettendomi di sfruttare il varco offerto dalla paura instillata nel nemico: alzai la lama e la abbassai subito dopo, prepotentemente, contro il collo dell'animale. Il fascio di muscoli, nervi e ossa era talmente spesso e robusto che, nonostante tutta la mia forza, il peso della lama e la totale distrazione della bestia, non riuscii a tagliargli di netto la testa, finendo per ferirlo mortalmente e lasciarlo agonizzante sull'erba.
Ne rimasi scioccata, non credevo lo sarei stata, ma così accadde. La vista di quella creatura, splendida e candida, chiazzata di sangue in parte suo ed in parte mio, mi dava un lieve voltastomaco. Scioccamente avevo creduto di essere più forte, di riuscire a gestire meglio la possibilità di togliere una vita, ma forse il mio percorso in tal senso era ancora tutto in salita e non dovevo lasciarmi deviare da timori e incertezze. Oggi mi avrebbe spaventato uccidere un cane, domani un uomo, ma alla fine della storia sarei divenuta esattamente quello che occorreva al Sovrano, con o senza i miei tentennamenti.
Ansimando e tenendomi stretta la zona ferita sul braccio con la mano libera, lanciai uno sguardo alla ricerca dei fuggitivi e dei miei sacerdoti, pregando che non fosse arrivato nessuno ad aggredirli mentre ero intenta a combattere. Sapevo che i cani bradi non andavano in giro da soli, tanto meno quelli addestrati al combattimento come quello che giaceva a terra morente, e di conseguenza a breve sarebbe apparso qualche patrono Insonne deciso a scuoiarmi viva per ciò che avevo fatto. Con il poco fiato che mi era rimasto in corpo, ansimando, cercai di mettere in guardia i fuggitivi.
« Fu-fuggite! Non si fermeranno, ma posso... darvi un poco di vantaggio! »
Se fossi stata giusto un pochino più saggia avrei dato retta a padre Michael, rimanendomene in disparte, ma solamente a fatto compiuto iniziai a rendermi conto di quanto grave, effettivamente, fosse stato il mio agire. Mi ero macchiata di un crimine decisamente serio nei confronti della guardia, per non parlare del fatto che qualcuno avrebbe gradito strapparmi gli occhi per quanto avevo fatto al segugio, o peggio...
Forse avrei potuto ancora salvarmi, magari dandomi alla macchia e passando per le foreste, anche se con quella ferita al braccio ci avrebbero messo meno di un battito di ciglia a stanarmi. Ero davvero molto, molto vicina a farmi massacrare senza nemmeno aver mai visto il profilo di Basiledra.