Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

~ Ymshling. Dicotomia di un Sogno.

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view post Posted on 15/12/2014, 16:01
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Madre. Gli incubi erano tornati a fargli visita quella notte. Del resto, il Fauno non cercava nemmeno di porre resistenza, ormai; li considerava il segno divino della madre, il suo modo per contattare i propri figli e far sapere loro che era ancora viva, da qualche parte e che in nessun modo avrebbero dovuto abbandonare la loro ricerca. Li spaventava per richiamarli a sé. Molti avrebbero avuto non pochi dubbi sulla legittimità di un tale metodo, molti ma non Poh, che aveva imparato, con il tempo - e ne aveva avuto molto, di tempo - che le vie della divina Kjed sono oscure ed infinite, e la loro ragione d'essere non poteva e non doveva cadere nella comprensione della mortalità. Era una sorta di prova intermedia che, assieme alle tante altre prove cui erano sottoposti i figli del gelo, testava la loro determinazione e la devozione verso la madre Kjed. Quanto erano motivati a continuare nella loro ricerca? Abbastanza da rimanere all'oscuro di tutto, avrebbe risposto il Fauno. Abbastanza da lasciare che un essere superiore possa decidere il suo destino, guidando i fili della sue esistenza nelle trame oscure degli incubi notturni che da sempre lo prosciugavano di ogni energia. Anche in posti dove il Fauno non avrebbe mai pensato la Madre potesse inviare lui segnali; il deserto era un luogo così inospitale, ma la sua desolazione ben differiva da quella delle terre della Madre, dove il Gelo e la solitudine avevano trascinato ogni barlume di vita.

Si vedeva in piedi, ancora una volta spettatore di una scena che non avrebbe mai saputo decifrare con esattezza. La figura gentile della bambina in bianco era accerchiata da decine e decine di ombre intente a privare quel corpo perfetto della sua purezza; mani ed altre estensioni del corpo si inoltravano nella nebbia dell'indecenza e sfioravano i lineamenti soffusi della Madre, riducendo la scena ad una fusione di corpi che convergevano in quelli della stessa. Pohrrient era estremamente conscio del fatto che si trattasse di un sogno - lo era davvero? - eppure avrebbe tanto voluto intervenire, isolando il corpo di sua madre, lasciando che tutta la purezza potesse essere assorbita dalla sua astinenza. Avrebbe voluto toccarla, baciare ogni angolo del suo corpo, entrare in lei e liberare tutti gli affanni e le preoccupazioni che negli anni aveva accumulato per trovarla. Una volta esaurito il proprio desiderio, poi, si sarebbe lentamente accasciato sul suo seno, lasciando che il tocco gentile della donna potesse accarezzare il suo corpo statuario e liberarlo di ogni dubbio. L'avrebbe introiettata, per trovarla.
Ma non poteva. Non lo avrebbe fatto, perché non erano quelli i piani della Madre - quali erano, invece, non lo sapeva nemmeno lui.

E quando la sua mente tornò alla realtà cui era abituato, si rese conto che non tutto era poi così diverso; riusciva ancora a vederla, la figura bianca della madre, con toni ben più soffusi ed eterei, intenta ad inoltrarsi oltre le dune di sabbia che separavano il Fauno da una grande oasi d'acqua. Rivolse uno sguardo sofferente al suo compagno scheletrico, intento a fissare atono un piccolo falò sulla sabbia, poi si alzò con fatica e si spinse verso l'oasi, incantato dalla purezza emanata dalla figura di sua Madre. Dove mi stai portando? Ti ho forse trovato, Madre? La risposta assunse caratteri estremamente insoliti per il Fauno, che accettò l'opera di Kjed senza alcuna remora. Ai piedi di un grande albero, proprio sulle sponde della piccola insenatura d'acqua, soggiaceva una figura ben diversa nei toni - cupi, distorti e sinistri - rispetto a quelli della Madre, ma simili nella loro consistenza; appariva come un fantasma, una sorta di illusione che racchiudeva in sé l'essenza stessa dell'anima e dei sogni. Per qualche secondo lo stesso Pohrrient si chiese se stava assistendo ad un miraggio o meno.

« Questo è ciò a cui mi hai condotto.. » si inginocchiò lentamente di fronte all'eterea figura. « Se questa è la guida che mi porterà da te, allora sono pronto a seguirla.
Accetta questo umile mortale come tuo compagno di viaggio, emissario del Gelo.
»


CITAZIONE
Scena privata tra me e alchimista e savior. Si prega di non intervenire, se non previa richiesta via MP.


Edited by Y u - 23/2/2015, 21:08
 
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view post Posted on 15/1/2015, 16:58

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Svegliati

...

Lòthspell aprì gli occhi, richiamato dall'eco remota nella sua mente.
Il paesaggio, attorno a lui, non mutò: le tenebre lo avvolgevano ancora come un sudario d'oscurità in grado di eclissare perfino le stelle più luminose. Il concetto stesso di occhi, del resto, non aveva alcun senso, come anche quello di mente. Lì, nell'Oneiron, il Viandante non aveva forma nè materia. Era soltanto un'idea, un concetto. Pura potenza in attesa di essere trasformata in atto.
Era, in poche parole, un sogno.

« Sai, ho scoperto l'ironia, di recente. La trovo una cosa meravigliosa. » Commentò in tono pacato, la voce venata da una lieve inflessione di divertimento. « Il sognatore che chiede al suo sogno di svegliarsi. » Era quello il punto in cui le sue labbra si sarebbero increspate in un sorriso beffardo.

« Non lo trovi anche tu... ironico? »

Theras. E' lì che devi cercarmi.

Proseguì la voce in quel suo mormorio a stento udibile. Era del tutto atona e impossibile da definire: poteva trattarsi di una bambina con gli occhi ancora colmi di speranza come di un vecchio dal volto solcato dalla sofferenza. In realtà non era neanche umana, o quantomeno non assomigliava a quelle delle altre persone incontrate da Lòth nel corso dei suoi viaggi. Era il gorgoglio di un fiume, il sibilo del vento, l'acciottolio della ghiaia, il frusciar di foglie. Era tutto questo e molto altro e niente di ciò.

Thera- « Sì, ho capito, » la interruppe.

Erano giorni ormai che la voce ripeteva quella parola, con insistenza sempre maggiore. In quel lasso di tempo Lòth non era rimasto a far niente: aveva scandagliato le visioni che germogliavano e sfiorivano attorno a lui, aveva solcato i sogni degli essere viventi ed esplorato i loro pensieri, fino a quando non aveva trovato ciò che gli interessava. Ora sapeva dove doveva andare. Ora era pronto.
Un varco spaziale sbocciò dalle tenebre davanti a lui, si dischiuse nel vuoto come i petali azzurri di un fiore notturno. Oltre di esso scorgeva un paesaggio indistinto eppure allettante.

Lòthspell, il Viandante dei Mondi, il sogno,
varcò il portale.

~

Y M S H L I N G
dicotomia di un sogno

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Una leggera brezza gli accarezzò il volto etereo e impalpabile.
Inspirò a fondo cercando di non lasciarsi sfuggire neppure il più flebile sentore. Profumo di ossa triturate, cenere e sabbia. Era l'odore dell'immensità, della desolazione. Ma c'era anche altro: la fragranza liquida dell'acqua, l'aroma dolciastro dei fiori e, più lontano ma in avvicinamento, il tanfo di una qualche bestia indefinita. Aveva già sperimentato quelle sensazioni, nelle sue infinite peregrinazioni: un deserto, lo seppe prima ancora che i suoi occhi finissero di formarsi nel tumulto ribollente del suo volto, un ammasso di sottili filamenti d'ombra che si torcevano e attorcigliavano per comporre la trama delle sue mortali fattezze. Del resto, quel mondo di carne corruttibile e materia in decomposizione richiedeva una forma più appropriata, più... concreta - ma non troppo, almeno per ora.
Lòthspell si erse in tutta la sua statura, una figura perentoria e dissonante nella monotonia del paesaggio. Il suo corpo era pura notte, più nera di quella distesa sul mondo circostante; i suoi occhi pallidi come la luce lunare che risplendeva su di lui. Le membra erano spettrali ed evanescenti, quasi che un soffio di vento più deciso potesse disperderle via nell'universo.
Si guardò intorno: nel cielo, dove lampeggiavano le stelle, si librava una maestosa creatura delle ampie ali membranose: essere reale di quel mondo, o residuo di un sogno che dall'Oneiron l'aveva seguito fin laggiù? Difficile a dirsi. In ogni direzione si allargava il deserto, sconfinato. Da una parte dolci dune dai crinali arrotondati si estendevano a perdita d'occhio, una uguale all'altra, fino all'orizzonte; dall'altra complesse formazioni rocciose si ergevano dalla sabbia, archi e obelischi di dura arenaria. Lui però si trovava su un rilievo al centro di una specie di conca naturale bordata da un pendio circolare alto una decina di passi, come il cratere lasciato sulla terra dal pugno chiuso sferrato da un gigante. L'oasi era piccola ma accogliente, con una pozza d'acqua cristallina, palme profumate e una rigogliosa vegetazione; più in là, scorse quello che riconobbe come un pozzo.
Si curvò per raccogliere una manciata di sabbia; i granelli erano fini e ruvidi, sfregavano sulla sua pelle d'ombra mentre li lasciava ricadere; una sensazione strana, ma non spiacevole. Con le mani a coppa attinse al laghetto: l'acqua era gelida e lo colse di sorpresa, mandandogli un brivido lungo il corpo. Sensazioni, stimoli, percezioni. Ogni colore, ogni sfumatura, suono, profumo, ogni minimo dettaglio costituiva per lui un microcosmo di esperienze che non smettevano mai di affascinarlo, limitato com'era nel suo interagire col reale dalla propria essenza onirica.

Non prestò da subito attenzione alle parole del fauno, assorto com'era nei suoi pensieri; solo quando l'eco della sua voce si fu inaridita fra la sabbia Lòthspell abbassò lo sguardo per appuntarlo con fredda curiosità sulla creatura prostrata ai suoi piedi. Lo credeva forse un dio? Non sarebbe stato troppo lontano dal vero, perchè tale era rispetto a quell'ammasso di carne sfaldata e pelo arruffato, così come a tutti gli altri esseri soggetti al dominio implacabile del tempo e del decadimento. Lo studiò per qualche istante: aveva figura vagamente umanoide, ma le gambe caprine con zampe dure come zoccoli e un grugno animalesco; gli arti superiori, da bestia, terminavano in minacciose grinfie artigliate. Nei grandi occhi acquosi scintillava la fiamma di un'intelligenza ferina, più istinto che ragione.

« Emissario del Gelo? Lòthspell è il mio nome » precisò il Viandante. « E tu chi saresti, strana creatura? »

Gli chiese, mentre con un gesto di accondiscendente superiorità lo invitava a rialzarsi. Al suo fianco, la notte si coagulò in una massa di tenebra informe, risucchiando la luce delle stelle e i suoni dell'universo, prima di partorire dal suo grembo scuro un nuovo essere d'ombra. L'ultimo arrivato era ben più imponente del Viandante, possedeva un fisico massiccio e lunghi arti poderosi. Il suo corpo era un conglomerato di fluida oscurità che vorticava pigra e lenta in superficie.

« Come vedi, non mi serve un compagno di viaggio. Lui è Tanæquil » annunciò indicando il golem d'ombra.

« O forse dovrei dire, io sono Tanæquil. Siamo parti della stessa entità, perfetta e finita in sè e per sè. »

Il suo tono era indulgente, come di un adulto che debba spiegare a un bambino qualcosa di ovvio per lui ma incomprensibile a quest'ultimo.

« Niente che tu possa capire, cucciolo. »

 
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view post Posted on 21/1/2015, 19:17
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« Il mio nome è Pohrrient, Lòthspell, servo della grande madre Kjed, figlio del Gelo e adepto del cerchio della Luna. » un fare ed un tono stranamente solenni; non tipici del Fauno, senz'altro. « La Madre opera su piani ed estensioni che nessuno conosce; sono sicuro che ti abbia aiutato a raggiungere questo luogo. A raggiungermi, affinché tu possa condurmi dove risiede l'origine del suo potere. »

Posso schiacciarlo in qualche secondo, aveva pensato per qualche attimo. Di fatto, era sicuro non avrebbe avuto alcun problema a disfarsi di quella creatura e del suo seguito ombroso; la sua devozione a Kjed glielo impediva, però. Pur non avendo alcuna prova reale che quello potesse essere un messaggero del Gelo, il Fauno avrebbe fatto di tutto affinché quella creatura - una reliquia - lo accompagnasse nel luogo dove Kjed conservava la sua forza, in attesa di qualcuno che avesse potuto liberarla.
In attesa di Pohrrient, suo figlio.

« Anche se tu non lo sai, lei ti ha scelto per portarmi questo messaggio ed è mio compito ora accompagnare te ed il tuo riflesso d'ombra. Questa è la mia missione di vita, non posso venire meno ai miei obblighi. » certo, l'ascoltatore occasionale avrebbe scorto fierezza nelle sue parole, eppure, molto in profondità si potevano ascoltare le grida di una bestia sommessa, in gabbia. Una bestia che gridava per la propria libertà, castigata da un voto ormai centenario. « Ma prima di legare il mio viaggio con te, ho bisogno di sapere la tua storia.. Lòthspell. »
Ho bisogno di sapere chi sei e se posso fidarmi di te, nascondevano le sue parole. Se infatti era legato a lui a causa del suo voto al Gelo, questo non gli impediva di nutrire sospetti circa il suo conto. Il suo fisico, in fondo, ricordava quello di un'eterea bugia raccolta in un velo trasparente di tessuto.
Chi sei, Lòthspell?



Edited by Y u - 22/1/2015, 21:41
 
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view post Posted on 23/2/2015, 00:24

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« E così vuoi sapere la mia storia, figlio del Gelo? »

Rimase in silenzio, ad ascoltare i tenui suoni della notte: il palpito della brezza serale, il fruscio della sabbia che scivolava su se stessa, il mormorio delle increspature sull'acqua del lago.
In alto, sopra di loro, si accese una fiammata siderale che solcò la volta celeste come una lacrima. Lòthspell la indicò al fauno, ma quella, improvvisa com'era avvampata, così si spense in un attimo.

« Una volta ho visitato una terra i cui abitanti avevano questa usanza: se avvistavano una stella cadente, esprimevano un desiderio, convinti che si sarebbe realizzato. »
Esordì in tono indulgente, quasi a esprimere un sentimento pietoso per credenze tanto sciocche.
« Legavano i loro sogni al destino delle stelle, fiduciosi nell'avvenire. Non ebbi cuore di dir loro la verità. »
Scosse la testa, sconsolato.

« Quei bagliori effimeri, in realtà, non sono altro che sogni morenti. Ogni volta che una persona si risveglia e le sue fantasie oniriche hanno fine, il sogno deflagra trascendendo la dimensione dell'Oneiron, e lo puoi vedere solcare il cielo come bagliore repentino. Nel momento in cui il loro desiderio nasceva... quegli uomini ne stavano invece celebrando la morte. »

Il messaggio sottinteso era chiaro, almeno per Lòth. La missione a cui Pohrrient diceva di aver legato la propria vita, con ogni probabilità non era altro che un insieme di vagheggiamenti e fantasie irrealizzabili. La sua stessa convinzione che lui, il Viandante, fosse stato mandato lì per volere di quella Kjed era pura follia. Eppure preferì tacere su quel punto, impietosito dalla rozza natura dell'interlocutore. La sua primitiva intelligenza forse non avrebbe neanche colto il significato inespresso dietro quelle parole, ed era meglio così. Inoltre, non gli dispiaceva avere al suo fianco una creatura autoctono che lo aiutasse ad orientarsi in quel vasto e nuovo mondo, almeno all'inizio. Decise di accontentare la sua richiesta circa le proprie origini.

« So tutto questo perchè anche noi, » spiegò indicando Tanæquil, « siamo un sogno, generato da uno sconosciuto abitante di questa terra. In principio la mia esistenza non era altro che attesa della fine, condizione comune a tutti quelli che ritenevo miei simili. Ma ben presto realizzai di essere diverso: mentre i giorni si dilatavano in millenni e contraevano in istanti, mentre interi universi sorgevano e si eclissavano attorno a me, io rimanevo immutabile, contro ogni legge e aspettativa. Decisi allora di lasciare l'Oneiron per intraprendere la ricerca del mio sognatore e fare luce sulla mia superiore natura. »

Mentre parlava, studiava attentamente l'espressione ferina sul volto del fauno; se gli stava raccontando tutto quello, era soprattutto per osservare la reazione di una creatura così selvatica e ingenua innanzi a rivelazioni di tale portata. Il pensiero lo incuriosiva e divertiva.

« Visitai molti mondi nelle mie peregrinazioni. Il primo ti sarebbe piaciuto, figlio del Gelo: era una landa glaciale avvolta in una perenne bufera di neve che infuriava su una terra ricoperta da ghiacciai eterni. Molto più appropriato, » aggiunse con una sfumatura ironica, « di questo arido deserto, o sbaglio? »


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« Nutrivo buone speranze su quel mondo, ma alla fine non trovai altro che un varco spaziale formatosi spontaneamente sulla vetta di una montagna innevata a causa del rarefatto tessuto dimensionale che... »

Si interruppe bruscamente, atteggiando le tenebre del suo volto in un'espressione dispiaciuta.

« Ti chiedo perdono: non era mia intenzione annoiarti con discorsi che non puoi comprendere. In breve, continuai il mio viaggio a lungo fino a giungere, poco fa, qui dove mi vedi. So per certo che colui che cerco si trova su questo continente, ma in tutta onestà dubito che questa madre di cui parli abbia a che fare con me. »

Alla fine concluse: « Allora, ti ha soddisfatto la mia storia? »

Sorrise, divertito al pensiero di far credere al fauno che la sua approvazione importasse qualcosa.

 
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view post Posted on 23/2/2015, 01:49
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i prossimi passi saranno costellati da nuovi incontri, figlio mio;
una creatura a te simile nell'aspetto e nel desiderio, con la quale potrai aprirti come con nessun altro;
un emissario del gelo, figlio del sogno e maestro della verità, che ti aiuterà a raggiungermi;
un elfo, infine, nella città del sapere, che ti darà informazioni più precise circa il mio nascondiglio;
li incontrerai, e ognuno di loro sarà indispensabile per la tua ricerca,
pezzi preziosi per il puzzle che ti stai apprestando a completare.


___ _ ___

Dunque, pensò il Fauno, Lothspell non era altro che il riflesso di un sogno; l'altra faccia di una moneta proveniente dal reame dell'onirico, lì dove sua madre avrebbe potuto operare in piena libertà. Quella, ai suoi occhi, non era che un'ulteriore conferma del legame che lo avvicinava alla madre Kjed. Del resto, non era un caso se aveva trovato due emanazioni del suo dominio in così poco tempo e in uno spazio così ridotto. Kjed era stata lì, ella glielo aveva rivelato in sogno e tutto era andato come aveva predetto: il simile, l'emanazione, la conoscenza. I piani del Gelo erano così chiari alle sue intenzioni che si chiedeva se potesse essere davvero così lineare la sua ricerca. Si interrogava ed in tale interrogativo si tormentava sulla possibilità che stesse seguendo una falsa pista, ancora una volta, come tutte le volte. Ancora una volta però, il pensiero di poter perdere inutilmente tempo negò tutti i dubbi presenti nella sua mente, riportandolo alla sua missione di vita.

« Una storia molto interessante, Lòthspell. » disse, con tono sincero e pacato. Non aveva mai incontrato una creatura così affascinante. « La Madre può aiutarti nella tua ricerca, ne sono sicuro. Ti condurrò al cuore della conoscenza di Theras, lì dove risiede l'interezza del sapere. Un luogo a me molto caro, nel quale la Madre ha predetto incontrerò un uomo in grado di aiutarmi. »
Si voltò verso il piccolo viale sabbioso che aveva attraversato per raggiungere Lòthspell.
« Prima di raggiungere Lithien, però, vorrei farti conoscere un mio simile. »
Avrebbe percorso insieme al suo nuovo compagno la strada verso il piccolo falò dove lo scheletro stava riposando, dunque li avrebbe presentati al meglio delle sue possibilità, distraendo il suo amico dall'attività cui si stava dedicando.
« Lui è Caelibarh, abitante del deserto. Ci aiuterà ad uscire da queste lande abbandonate, per raggiungere la città della conoscenza. »
Avrebbe aspettato la mattina seguente per mettersi in cammino. Sarebbe tornato lì dove tutto aveva avuto inizio, nel luogo che per primo aveva dissacrato il dominio della Madre Kjed.
Il freddo dell'Edhel già accarezzava il suo corpo, al solo pensiero. Lithien lo aspettava.

 
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