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Atto III
(Vahram [pensato, lingua aramana], Malzhar, Montu, Shimmen, Sapp, Idir, Misdra, Jhadar, Akym.)
Sotto il sole battente del mezzogiorno, Vahram sedeva a gambe incrociate sul costone composto da sabbia compattata, osservando la vasta sequela di rupi e avvallamenti crivellati da gallerie incastonati tra i monti ferrosi. Taccuini di diversi colori stavano aperti sulle sue ginocchia, e lui di tanto in tanto intingeva la penna nel calamaio e scriveva qualcosa sulle pagine sporche e stropicciate. La cava era deserta, come gli era stato detto e come si aspettava. Gran parte dei minatori era stata rispedita a casa, giacché nessuno osava più mettere piede in quel luogo dopo la comparsa del demone. Demone... in verità le informazione che era riuscito a raccogliere a riguardo non lo soddisfacevano per niente. Aveva interrogato Akym, il datore di lavoro delegato della miniera, Misdra, il capo delle sue guardie, e alcuni dei pochi manovali che avevano deciso di rimanere, eppure nessuno era stato in grado di fornire una descrizione precisa della creatura. Alcuni parlavano di un mostro dotato di corna e zanne, altri di una lucertola sputafuoco, altri ancora di un’ombra informe che inglobava e condannava all’oblio chiunque toccasse. Insomma, nessuna di queste testimonianze si rivelò esaustiva, tantomeno soddisfacente. Venendo alle conclusioni, la creatura in questione poteva essere qualunque cosa; forse non si trattava nemmeno un demone. In fondo cosa poteva saperne quel gruppo di bifolchi di demonologia o zoologia? Probabilmente avrebbero gridato “al demone” pure di fronte a un cinghiale deforme. Forse avevano a che fare con un ghoul, con un gauth, oppure avevano invaso il territorio di un mephit o di un qualche altro elementale della terra. Possibile... ma nulla era certo. Tanto per peggiorare la faccenda, alcuni minatori risultavano dispersi. I loro compagni avevano raccontato che si erano avveduti della loro assenza subito dopo essere fuggiti dalla miniera; probabilmente erano rimasti intrappolati sottoterra o dispersi nel labirinto di gallerie. Non era nemmeno da escludere che fossero stati sbranati dal mostro. In ogni caso, le possibilità di trovarli vivi sembravano esigue, ma con un po’ di fortuna non del tutto escludibili.
Akym era un giovane smilzo dagli occhi fieri. Il sua figura curata e ben vestita, che stonava alquanto con l’aspetto degli altri uomini intorno a lui, lasciava intendere che fosse di nobili origini. Una certa fanciullesca ingenuità traspariva dal suo sguardo e dal suo sorriso affabile, nonostante egli tentasse di nascondere questa manchevolezza dietro a maldestri atteggiamenti alteri e affabili. Mostrava un atteggiamento bendisposto verso di loro, al contrario di Misdra, un militare dal volto di granito, visibilmente avvezzo alle ostilità delle terre selvagge, il quale non smetteva di lanciar loro occhiate sospette, per nulla convinto dalle apparentemente eque proposte di Sapp. Invero anche Vahram aveva molti dubbi su quali fossero le reali intenzioni dell’orchetto, difatti non aveva detto loro nulla riguardo il perché avesse deciso di prendersi a carico una missione tanto rischiosa. Aveva sentito che nella cava lavoravano anche un gran numero di pelleverde. Ipotizzò più di una volta che questo fattore avesse a che fare con i disegni del goblin, ma erano solo congetture senza fondamento. Aveva combattuto contro i pelleverde anni addietro, quando era ancora un mamūluk, durante la grande campagna del Nord perpetrata dall’Impero Sulimano. Aveva imparato a conoscere bene l’orgoglio della loro razza: mischiarsi agli esseri umani per loro equivaleva al tradimento, e gli orchi delle comunità tribali solitamente troncavano ogni rapporto con i traditori, allontanandoli dai loro villaggi e marchiandoli come reietti. Ma era vero anche che neppure Sapp disdiceva la compagnia degli umani. Nonostante non potesse evitare di pensarci, a Vahram non importava realmente di tutto ciò. Aveva suggellato un patto, e un ex schiavo guerriero lo avrebbe onorato fino in fondo; aveva una reputazione da difendere, dopotutto. Tra l’altro veniva pagato profumatamente e questo gli bastava per eseguire il compito assegnatogli senza fare domande.
Continuò ad annotare informazioni e dettagli riguardanti il luogo e le persone che aveva incontrato sul posto e stendendo un resoconto dell’attuale stato della missione finché non giunse l’ora di riunirsi agli altri. Aveva pure ricopiato in modo stilizzato la rudimentale mappa dalla miniera che Akym aveva consegnato loro.
Era la sua prassi. La prassi di Al Patchouli. Dopotutto era un professionista.
La squadra si addentrò a passo deciso nelle cupe e umide gallerie della miniera. Non partirono da soli: Akym assegnò in loro ausilio Jhadar, uno dei membri della sua guardia personale. Anche Misdra si unì alla compagnia, probabilmente per tenerli d’occhio piuttosto che per amore della causa. Prima di entrare, furono forniti loro diversi metri di corda e lanterne ad olio, più fiaschette di combustibile di riserva. Vahram si premunì anche di riempire un paio di borracce d’acqua fresca e si procurò provviste sufficienti per alcuni giorni, oltre a munirsi di una nutrita varietà di armi e sostanze alchemiche adatte per ogni occasione; non si poteva sapere quanto tempo sarebbero rimasti là sotto. Avanzava in testa al gruppo insieme a Montu e a Jhadar, il taccuino blu con la mappa ricopiata in mano, la corda messa a tracolla e la lanterna accesa infilata sulla sommità del tridente. I cunicoli di una miniera non erano un posto rassicurante, ma non si trattavano certo dell’ambiente peggiore in cui si fosse infilato. La situazione sembrava apparentemente tranquilla, sebbene il cammino fosse appena agli inizi, e Vahram avanzava cauto ma deciso, non mostrando alcun segno d’inquietudine. Al contrario di lui, lo stregone Malzhar sembrava invece in difficoltà: incedeva barcollando, guardandosi intorno angosciato, come stesse vedendo ad ogni angolo mostri invisibili agli occhi degli altri. L’aramano non lo disturbò, suppose si trattasse di una qualche fobia, me avesse voluto proseguire insieme a loro, avrebbe dovuto farsi forza.
Ad un certo punto si ritrovarono di fronte a un bivio. La galleria si divideva in due direzioni differenti. Indecisi su quale fosse la strada migliore da prendere, i membri della compagnia studiarono il terreno sabbioso e l’aria proveniente da ognuna delle due aperture, ma senza alcun risultato. Allora Vahram abbassò le palpebre e si concentrò, cercando il calore ormai tanto familiare del liliale fantasma che infestava il suo corpo alla stregua di un parassita. Lo spirito di Giselle si destò dal torpore, infiammando nuovamente la simbiosi tra in due corpi. Il cavaliere percepì l’energia concentrarsi nelle sue pupille. Appena li riaprì, i suoi occhi si erano illuminati di un rosso fiammeggiante, come se una pira accesa stesse ardendo in ognuno di essi. Energia spettrale vi scorreva, donandogli la capacità ultraterrena di scrutare il tepore delle anime dei vivi e la magia insita nelle aure delle creature incantate.
«Scorgo segni di vita in profondità.» Dichiarò, guardando verso il terreno.
Fiammelle distanti apparivano in basso, sotto i loro piedi. I minatori dispersi erano forse ancora vivi? Oppure non si trattavano di umani? Di certo c’era qualcosa – o qualcuno – sul fondo della miniera, sfortunatamente però erano troppo sparpagliati per fornire qualche indizio su quale fosse la strada migliore da seguire.
«Io ho un metodo infallibile.» Disse infine, risoluto. Avrebbe affidato la decisione alla dea Fortuna.
Si fece avanti e appoggiò la base della lancia a terra di fronte al bivio, in modo che l'asta fosse perfettamente verticale. Chiuse gli occhi e si concentrò, stringendola come se le stesse infondendo+ un qualche potere mistico. Dunque la mollò, lasciandola cadere. La lancia calò a terra in mezzo alla polvere con la punta rivolta verso la via a destra. Vahram borioso indicò agli altri il cunicolo con un gesto eloquente della mano, come per dire: "Visto? È questa la via giusta".
«Allora andiamo, e non impieghiamo qui altro tempo prezioso. Teniamo la stessa formazione di prima , direi...» Suggerì Shimmen, impaziente.
«Allora, da questa parte? Bene! Forza, forza, lavoro comincia ora.» Aggiunse Sapp con voce squillante, esortando i suoi mercenari ad aprirgli la strada.
Nessun’altro obiettò. Ebbene si proseguì lungo il budello selezionato dal caso.
Non passò molto tempo prima che incontrassero un nuovo problema. Una voragine larga quanto un carro da fieno troncava il pavimento della galleria. La mappa stranamente non lo segnalava. Su un lato, un angusto cunicolo laterale portava verso un’altra direzione. Ancora una volta si ritrovarono dubbiosi sul da farsi. Vahram gettò una grossa roccia nella buca per sincerarsi che non ci fossero trappole o minacce sul fondo: il masso cadde con un tonfo sulla sabbia, poi silenzio. Sembrava sicuro. Ad un certo punto il guerriero Montu propose una bizzarra soluzione: estrasse una buffa bambolina di pezza con uno spillo infilzato nel petto e la animò di fronte agli occhi sorpresi di tutti, scheggiò un listello dalla sua torcia e glielo mise nella manina, così da fornirgli una fonte di luce. Le ordinò di entrare nello stretto budello, fare un breve sopralluogo e tornare a riferire. Senza esitazione, l’omino di pezza obbedì e si avviò dentro il buco. Il lumino che si portava dietro continuò a evidenziare la sua posizione prima di sparire infine dietro l’angolo di roccia scavata. Misdra sbuffò irritato. Con tono piccato iniziò a lamentarsi senza peli sulla lingua della poca motivazione del gruppo. Aggiunse che non erano molto lontani dall’entrata, pertanto si sarebbe potuto tornare indietro a recuperare delle assi per superare la fossa. Infastidito dal suo atteggiamento, Vahram si voltò verso di lui.
«Se abbiamo davvero a che fare con un demone, è sempre meglio usare prudenza. Certo, mentre parliamo sotto di noi i minatori dispersi stanno rischiando la vita, ma non è una scusa per agire di fretta e avventatamente.» Analizzò la situazione. «Attraversare questo crepaccio con delle assi? Siete voi gli esperti del luogo, aperes. Intendete dire che questo percorso è più diretto?» Indicò il tunnel sventrato dalla voragine.
«Diretto, lo è. In fondo al corridoio c'è il pozzo per i piani inferiori. Poi, voi vi siete offerti per questo lavoro, io solo detto la mia.» Brontolò Misdra in tutta risposta, per poi andare a sedersi brontolando sopra un masso.
Lemme lemme la bambolina nel frattempo era tornata dalla sua avanscoperta. Col suo spillino scarabocchiò sulla sabbia una piccola mappa di ciò che aveva esplorato. A quanto sembrava, in quella direzione la galleria proseguiva e si diramava ancora in vie secondarie, che apparentemente si allontanavano però dai loro obiettivi. Si tornò a discutere. La buca non era eccessivamente larga, con un balzo e un tocco di fortuna forse era possibile superarla. Questa soluzione era però improponibile, giacché: primo, coloro che indossavano equipaggiamento pesante difficilmente sarebbero riusciti nell’impresa; secondo, si sarebbero trovati ad affrontare il medesimo problema anche al ritorno, senza contare il fatto che nel caso si fossero trovati a fuggire di gran carriera dal mostro o da altri pericoli, saltare la voragine in fretta e furia si sarebbe rivelato un azzardo potenzialmente mortale.
«Torniamo indietro a prendere delle assi, ci metteremo sì e no quindici minuti.» Vahram espose la sua opinione. «Se Misdra afferma che la via più diretta per le profondità è oltre la fossa, mi fido. Non sappiamo dove portino le vie laterali; potrebbero condurci fuori strada, costringendoci a vagare per ore. Fossi in voi, per amor della certezza, quindici minuti li spenderei volentieri.»
Tutti concordarono. Ordunque si tornò indietro a recuperare un’abbondante quantità di tavole di legno sufficientemente lunghe per superare il baratro. Le si posizionò accuratamente e ben puntellate l’una di fianco all’altra, e si proseguì.
Camminarono ancora per una quarantina di minuti, con Sapp in coda che non la smetteva di saltellare elettrizzato da una parte e dall’altra continuando a parlare in aardens. Giunsero infine al pozzo principale della miniera. La struttura a torre del montacarichi si ergeva solida e intatta sopra la fossa, ma inspiegabilmente le corde si erano strappate... o meglio, erano state recise. Vahram guardò giù nel pozzo. La luce della lanterna non illuminava che pochi metri, più sotto il buio inglobava tutto come una barriera impenetrabile.
«Quanto è profondo il pozzo?» Domandò Vahram a Misdra.
«A quindici metri si ferma, poi prosegue per altri cinquanta metri. Grosso modo ogni livello è a quindici metri sotto il precedente.» Spiegò il soldato.
L’aramano continuò a scrutare pensoso verso il fondo delle tenebre. I suoi occhi iniettati del rosso ardente di Giselle brillavano nella penombra. Le aure che riusciva a scorgere sembravano trovarsi sparse in un ampia zona all’incirca al livello del fondo del pozzo, ma come aveva detto Misdra, la miniera giocava scherzi. La roccia o altri fattori potevano star interferendo con la sua vista. Si tolse dunque la corda dalla spalla e si rivolse agli altri.
«Uniamo le funi. Forse ne abbiamo abbastanza.» Suggerì.
Solo a Vahram, Malzhar, Montu e Shimmen avevano fornito delle corde. Gli altri non si erano presi nemmeno la briga di portarsene dietro; sprovveduto da parte loro. I quattro avventurieri stesero le loro funi sul terreno, ne legarono assieme le estremità e a intervalli regolari vi fecero dei nodi, così da potervicisi arrampicare sopra con più facilità. Allora Idir, uno dei due beduin, iniziò a misurarne la lunghezza complessiva usando l’avambraccio come unità di misura.
«Hoer moeder...» Giunto alla fine della corda, bestemmiò in aardens. «Sono ventiquattro cubiti e mezzo. Non ci arriviamo, ce ne mancano sei abbondanti.»
«Shevaher! È ridicolo! Non abbiamo altro?!» Imprecò Vahram, con sensibile tono seccato e incredulo.
Il beduin scosse la testa. «Portiamo con noi solo corda da rete, ma non è abbastanza resistente per sostenere un uomo.»
Al Patchouli girò in tondo intorno al pozzo, scrutando ogni angolo e ogni struttura nelle vicinanze alla ricerca di qualcosa che potesse fungere da prolunga o comunque fosse in grado di tirarli fuori in qualche modo dalla situazione incresciosa in cui si trovavano. Anche gli altri discutevano, cercando una soluzione. Avevano circa dodici metri di fune. Tornare ancora una volta indietro per un misero pezzo di cordame era fuori questione. Sarebbe stato più sensato farlo per recuperarne una sessantina di metri e raggiungere direttamente il fondo del pozzo, ma questo avrebbe comportato problematiche non indifferenti: sarebbero dovuti scendere a uno a uno onde evitare il rischio di rompere la corda. In quel frangente qualunque pericolo avrebbe potuto coglierli indifesi. Era meglio procedere con calma, con cautela, piuttosto che calarsi fin da subito tra le profondità delle fauci del mostro, da cui non sarebbero potuti fuggire tanto facilmente. Quando gli occhi dell’aramano si posarono sulle funi recise penzolanti dalle carrucole, si convinse di aver risolto parte del problema.
«Forse quelle cime sono ancora utilizzabili.» Richiamò l’attenzione degli altri, indicando i meccanismi dell’argano. «Potrebbero bastare almeno per raggiungere il livello inferiore. Vado a prenderle.» Disse, sperando che una volta raggiunti i livelli inferiori, trovassero un cunicolo che portasse verso il fondo della miniera.
Si tolse l’equipaggiamento più pesante che indossava e lo ripose in un angolo, così da avere più libertà di movimento, poi slegò la sua fune dalle altre se la mise nuovamente a tracolla. Si arrampicò dunque con prudenza sulla torre dell'argano, con la lanterna tra i denti. Giunto nei pressi della carrucola, vicino al soffitto, si assicurò con la corda alla trave di legno, in modo da evitare ogni rischio di cadere di sotto mentre operava. Fatto questo, una alla volta sganciò le carrucole e le buttò a terra vicino ai compagni, cosicché potessero recuperare il cordame rimasto.
«Ci siamo. Messi insieme questi sono otto cubiti abbondanti. In tutto adesso arriviamo a trentadue.» Dichiarò Idir con tono soddisfatto, dopo aver misurato il nuovo materiale.
«Bene.» Vahram balzò giù dalla torre atterrando in ginocchio sul pavimento di detriti con un gran tonfo. «Abbiamo i nostri quindici metri. Ora, se nessuno ha altro da aggiungere, non perdiamo altro tempo.»
Passò lo sguardo su tutti i membri della compagnia, cercando il loro assenso. Poi legò le vecchie corde alle nuove, ne assicurò un’estremità intorno a una delle travi di sostegno della torre dell’argano, in basso vicino al terreno, e gettò l’altro capo giù nel baratro. Fatto questo si rizzò in piedi e si volse verso agli altri, fregandosi le mani.
«Lav e, aperes.» Dichiarò infine nella sua strana lingua, guardando a uno a uno i suoi compagni con un sorriso appagato stampato sul volto.
«Decidiamo l’ordine di discesa e andiamo. Io scendo per primo.»
~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~ Fascia: Rossa Pericolosità: D
CS: (4) 2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tempra
Basso 5% | Medio 9% | Alto 18% | Critico 36% | ~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~ Corpo (Illeso): Illeso.
Mente (Illesa): Illesa.
Energie: 100-9= 91% | ~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~ Armi: Yen Kaytsak: Infoderata sulla schiena. Spada: Infoderata. Arco (15): Infoderato. Pistola (5): Infoderata.
Armature: Brigantina. Oggetti: Biglia dissonante. |
~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~ [Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.
[● Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.
[● Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.
[● Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.
[● Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.
ᴥ Ricordo di cenere [Malus Passivo] Vahram avrà nei suoi ricordi la mente di una bambina a lui sconosciuta che brucia tra le fiamme; non conta come un'influenza passiva, ma come un semplice spunto narrativo. Il guerriero ricorda anche il nome della bambina: Giselle
[Passiva Psionica (Obnublia i sensi dei nemici in prossimità)] Assecondando quella memoria, quel lutto mai affrontato e superato, Vahram saprà rievocare parte del dolore e della pena a cui non ha potuto opporsi. Appena sarà sua intenzione farlo, la cappa comincerà a perdere cenere dalle bruciature senza che alcuna fiamma la arda. La sottile polvere grigia si solleverà come nebbia offuscando i sensi di chi sarà abbastanza vicino al portatore pur potendovi scorgere attraverso. La sintomatologia della cenere avrà valenza di malia psionica passiva e difendibile in quanto tale.
[Passiva (La cenere può essere usata per portare attacchi fisici)] Ma la cenere potrà essere anche adoperata per altri fini, per infliggere un bruciante dolore, lo stesso che la piccola Giselle dovette sopportare nel suo piccolo inferno in terra, poiché nessun demonio – o quasi – raggiunge la malvagità insita nell'uomo. Vahram sarà infatti in grado di utilizzare la cenere posatasi sul terreno e quella ancora per aria come fosse un'arma, manipolandola a suo totale piacimento. Ustionanti al contatto, gli attacchi non avranno valenza di tecnica ma solo di attacco fisico, la loro potenza sarà direttamente proporzionale alle Capacità Straordinarie in suo possesso e potranno avere origine solo nelle sue strette vicinanze.
~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~
[● Percepire vita (Pergamena Ladro Esplorazione) ~ Consumo Medio] La tecnica ha natura magica. Al pari di molti spettri, Giselle è in grado di percepire dal piano etereo il calore delle aure dei viventi o l’energia sprigionata da creature animate al pari di fuochi in mezzo al buio della notte. Allo scopo di individuare e inseguire intrusi e obiettivi e tenere sotto il proprio controllo il proprio dominio, può estendere i propri sensi oltre ogni limite umano. Essendo il suo spirito in simbiosi con Vahram, ella può condividere con lui questa capacità. La sua percezione potrà procedere fino a chilometri di distanza, potendo agguantare l'aura di individui nascosti in regioni inconcepibilmente lontane. La tecnica consiste in un auspex passivo dispiegato in un area incredibilmente vasta. Le applicazioni di questo potere sono innumerevoli, e trovano utilità specialmente nel corso di missioni complesse, di individuazione o inseguimento. Questa capacità permane per due turni.
~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~ Eccomi. Scusate se ho imbastito autoconclusivamente alcuni dialoghi con i png ai fini dell'esecuzione delle azioni descritte in confronto. In ogni caso, non faccio nulla di diverso rispetto a ciò che ho scritto appunto in confronto: al bivio attivo la tecnica Percepire vita (Media) per scrutare le aure in lontananza, poi vado a destra. Davanti alla voragine torniamo indietro per recuperare le assi e le utilizziamo per proseguire. Al pozzo, salgo in cima alla struttura dell'argano, sgancio le carrucole e le getto ai miei compagni in modo da recuperare la corda che penzola ancora da esse. Infine leghiamo il tutto e lo assicuro a uno dei piedi della struttura di legno e, come concordato, mi calo per primo. Devo ammettere che inizialmente ero tentato di tornare indietro e prendere 60 metri di corda per arrivare direttamente sul fondo, ma poi ci ho ripensato. Troppi rischi, sopratutto al ritorno. PS: dimentico qualcosa? Ah, sì! La lanterna a olio è super bellissima! *Scruta l'orizzonte attento a eventuali mortali in arrivo*
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