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Roots, contest di dicembre 2014 - Condanna

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view post Posted on 31/12/2014, 21:35
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koneko no baka
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montagne

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Roots



Sopra le montagne, un sole pallido sorgeva prendendosi la calma e l'ampiezza del cielo terso e senza accenni di nuvole. La luce gloriosa colorò la volta celeste di chiaro, spazzando via il colore incerto dell'alba e sostituendolo con turchese acceso. Gabar contemplò la valle sorridendo appena, i suoi occhi di cristallo si confondevano e mescolavano con il creato e le montagne. Conosceva ogni vetta ed ogni sentiero di quel luogo grazie alle sue lunghissime ricerche e passeggiate in cui coglieva le migliori erbe e funghi per poi preparare estratti e tisane, impacchi e infusi che vendeva alle donne del villaggio. In ciò che faceva era formidabile, un vero e proprio genio. Aveva persino finito gli studi prima degli altri apprendisti, impressionando i suoi maestri ed i suoi genitori. Spesso, i compaesani gli dicevano che se solo fosse vissuto in un luogo meno isolato e più popolato avrebbe potuto fare la fortuna, magari al servizio di qualche potente o nobile. Ma il ragazzo amava troppo la sua terra e con i pochi sogni che aveva in testa la vita che conduceva era più che adatta a lui.
Si ravviò i capelli ramati che gli erano caduti sul viso, ribelli nella brezza fresca mattutina. Poi, afferrato il consueto cesto di vimini – quello che era stato intrecciato da Amanda – si era diretto verso la strada maestra del paesello in cui viveva. Per un tratto avrebbe proseguito diritto e senza pendenza per poi tuffarsi in una ripida discesa fino ai piedi della collina su cui il villaggio era situato. Ogni volta che da piccolo aveva percorso quella via, gli era sempre parso come se il mondo non potesse far altro che finire, oltre quella discesa; la valle era troppo bella per essere dissacrata dalla presenza umana.
Fissava l'orizzonte mentre camminava, senza accelerare o rallentare. Poi di fronte a lui, una figura poco importante si era stagliata oltre la soglia del paesaggio toccabile. Una ragazza ammantata di blu camminava nella sua direzione, lentamente, quasi trascinandosi. D'un primo momento non si rese conto del fatto che stesse barcollando, fino a quando non la vide accasciarsi contro il muro di pietre di una casa. Aumentò istintivamente il passo raggiungendola e si chinò a guardarla. Le sue vesti erano logore e sporche, annerite in alcuni punti, come se fossero state bruciate. Ne sfiorò i bordi senza capire. Lei per tutta risposta alzò lo sguardo, facendo sbucare il visino pallido dal cappuccio della cappa.
« Stai bene? » chiese Gabar, improvvisamente con la gola secca.
La ragazza mosse le labbra senza produrre suono, portando una mano al ventre e facendo una smorfia sofferente. Il giovane la guardò allarmato, « Tu... » la ragazza annuì con un gemito. La aiutò a rialzarsi, cingendole le spalle con un braccio e i due si incamminarono, barcollando leggermente.



La stanza era immersa in una tiepida penombra quando la ragazza aveva aperto gli occhi, diverse ore dopo essere stata trovata quella mattina. Un caminetto era acceso accanto a lei e un delizioso profumo di timo e rosa canina le stuzzicava il naso che si trovò ad arricciare. Si mise a sedere, puntellandosi sui gomiti e poi sulle mani, appoggiando infine le spalle al morbido schienale verde scuro del piccolo divano su cui era stata adagiata. Il mantello le era stato tolto, così come le scarpette di cuoio. Entrambi gli indumenti erano stati accuratamente posizionati davanti al fuoco e cosparsi di fiori. La giovane li aveva guardati con una faccia stranita e poi si era guardata attorno con diffidenza ma al contempo curiosità.
« Non troppo in fretta, per carità. » la voce giunse tranquilla da un'altra stanza, probabilmente la cucina, « Hai rischiato davvero molto, o almeno, così ha detto mia madre. ». « E tua madre sarebbe...? » ribatté la ragazza, con appena un pizzico d'ironia. Gabar balzò nel piccolo soggiorno, la sorpresa dipinta sul volto, « Pensavo non riuscissi davvero a parlare. » esclamò. Poi continuò, cogliendo l'opportunità senza pensarci due volte, « Chi sei e cosa ci fai qui? Cosa ti è successo? Voglio dire... ovvietà a parte. ». La ragazza lo guardò sgranando occhi, in attesa, come ponderando quali alternative avesse al rispondere alle domande del giovane. Poi rilassò le palpebre che si abbassarono impercettibilmente, « Il mio nome è Idéin. » sussurrò con una strana malinconia. « Sono qui per caso, voglio dire, non conosco questo posto. Cercavo solamente un luogo sicuro dove stare. » aggiunse poi abbassando lo sguardo. « Mi dispiace solo che tu mi abbia dovuta trovare così, è stato piuttosto imbarazzante. » gemette infine con frustrazione.
Gabar fece un gesto fluido con la mano, sorridendo un poco. « Cosa ti è successo? » chiese poi con voce gentile. La ragazza avrebbe dovuto avere qualche anno meno di lui, i suoi tratti delicati ancora ricordavano quelli di una bambina. Idéin sospirò, portando senza pensare una piccola mano al ventre. « È successo un po' di tempo fa, qualcosa come due mesi. » attaccò lei, con voce pacata, « Sono fuggita dal mio paese natale, se così si può dire. Non riuscirei a considerarlo tale, comunque. » aggiunse con disprezzo. Il ragazzo la guardò senza capire, volendo chiedere qualcosa, ma un fischio acuto richiamò la sua attenzione, e il giovane si precipitò in cucina, scusandosi per l'improvvisa fuga.
Quando rimise piede nel soggiorno, reggeva un piccolo vassoio violetto con sopra elegantemente disposti una dozzina di biscottini e due larghe tazze di uno strano infuso profumato. Sorrise con aria colpevole e si sedette su una poltroncina di vimini, adagiando la piccola e deliziosa opera d'arte su un tavolino quadrato. Fece i dovuti onori di casa, porgendo tazza, limone e biscotti alla giovane e incrociando di nuovo i suoi occhi di smeraldo. « Ti prego, continua. » disse dolcemente.


•••



Idéin era una mezz'elfa dai capelli color cioccolato e dagli occhi verdi come la foresta. Nessuno aveva mai conosciuto i suoi genitori, nel villaggio dov'era nata, ma tutti avevano sempre potuto ricordarsi il maledetto giorno in cui era venuta alla luce. Inizialmente era stata premurosamente affidata ad una levatrice, ma quasi subito allontanata per via della strana aura che la poverella emanava; inspiegabilmente, attorno a lei capitavano i peggiori eventi e sfortune. Dire che attirasse incidenti sarebbe stato un eufemismo: Idéin attirava disgrazie. E inoltre, la ragazza diceva di vedere e sentire cose, persone, esseri che nessun altro nemmeno immaginava. La sua presenza metteva a disagio i compaesani che la evitavano accuratamente, togliendole persino il saluto. Nessuno avrebbe mai pensato di desiderarla accanto, e per questa sua problematica e scomoda diversità, la ragazza veniva derisa e insultata. E se dapprima si era trattato solo di male parole superstiziose e spaventate, dopo qualche tempo si era passato persino a pesanti offese sulla sua razza e sul suo sangue impuro. Fu allora allontanata dal villaggio, condannata ad una vita di solitudine per quell'aspetto della sua persona, condannata da sé stessa e da qualcosa che mai avrebbe desiderato.
Venne raccolta da un giovane studioso, un ragazzo dai capelli corvini che viveva solo in una modesta casetta staccata dal villaggio. E questo diede una svolta alla vita della giovane mezz'elfa, che trovò un amico per la prima volta nella sua vita.
Vaokrys era una persona semplice, senza pregiudizi pronti ad essere scagliati. Le tipiche orecchie lunghe e appuntite da elfo facevano capolino da una nuvola di capelli neri che gli nascondevano parzialmente gli occhi verdi e il suo corpo esile si stagliava in tutto il suo metro e novantasette di altezza. Nemmeno lui ricordava quanti anni avesse, nonostante i suoi tratti fossero rimasti quelli di un giovane uomo. Accogliere Idéin era stato come una piccola fortuna per lui, ma questo lo avrebbe realizzato solo dopo qualche tempo, quando il suo cuore fino ad allora vuoto avrebbe iniziato ad avvicinarsi sempre di più a quello della ragazza. Passavano le giornate lentamente, facendosi compagnia nel silenzio di una vita senza uno scopo preciso, godendosi la natura tranquilla attorno alla loro dimora e coltivando i pasti nel piccolo orto a sud dove il sole scaldava dolcemente la terra. Parlavano a voce bassa nei momenti più intimi, quando nessuno avrebbe potuto sentirli e ogni sera, prima di coricarsi, Vaokrys sedeva nel soggiorno di fronte a Idéin e con gentilezza le chiedeva di parlare con gli altri esseri attorno a loro. La ragazza si intratteneva dunque in cordiali conversazioni che parevano a senso unico, affascinando l'elfo ogni volta di più.
Crescendo, Idéin aveva imparato molte cose da sé stessa e con l'aiuto di Vaokrys. L'elfo era l'unica persona veramente amichevole con lei e ben presto la ragazza finì per affezionarsi inesorabilmente, per poi innamorarsene senza potersi nemmeno imporre il contrario. Amava le loro conversazioni, il loro modo di parlare libero e cordiale, amava lui e i suoi gesti gentili e aggraziati. Le carezze che scivolavano sulle sue guance al sorgere del sole, svegliandola dolcemente dai sogni e portandola in un mondo ora perfino migliore. E quel suo sguardo di ammirazione e meraviglia quando la osservava parlare con le altre persone... nessuno l'aveva mai guardata così. E tutto questo provocava nella ragazza emozioni così forti ed incontrollabili che avrebbero potuto farla esplodere in un istante, un istante meraviglioso ed eterno di un bacio posato delicatamente sulla sua fronte appena prima di dormire. E quando durante la notte ci pensava non dormiva per lo stomaco che si agitava al ritmo del suo cuore euforico. I due avevano continuato ad avvicinarsi impercettibilmente giorno dopo giorno, fino a quando la passione non li aveva travolti senza preavviso, trascinandoli con sé verso pericolosi e dubbi orizzonti.
Il giorno in cui il corpo di Idéin aveva cessato di funzionare come al solito, ingranando nuovi ritmi, fu un giorno funesto. E tempo dopo in qualche modo anche il villaggio lo venne a sapere e ingaggiò una silenziosa e feroce guerra contro la ragazza e l'amato; nessuno avrebbe voluto un'altra cosa come Idéin tra i piedi. Ma tra loro ritenevano che cacciarla non sarebbe stato abbastanza, tra loro erano sicuri di essere stati oltraggiati ed in qualche modo gravemente offesi. Così decisero di eliminare ogni traccia di quello sgradevole evento che sfregiava la storia del rispettabile villaggio e la notte della riunione tra i più anziani, organizzarono l'uccisione dei due ragazzi. L'avrebbero fatto sembrare un incidente, quindi diedero fuoco alla casetta vicino alla foresta e tornarono nelle loro dimore ad osservare l'orrendo spettacolo senza rimpianti, coricandosi infine e mettendo a tacere le coscienze sporche ed ignobili.
Ma quella notte, svegliata dalle grida allarmate nella sua testa, Idéin riuscì a salvarsi e fuggì dal villaggio dopo un caotico e orribile ultimo istante tra lei e l'elfo che l'aveva amata e cresciuta.


•••



Le finestre vennero chiuse e oscurate con pesanti tende ocra quando il sole cadde dietro alle montagne. La giovane notte aveva un aspetto assente, una nota grave nelle sue rade nuvole viola. Gli occhi di Gabar si unirono un'ultima volta al cielo prima che il giovane raggiungesse la ragazza stesa sul suo piccolo divano. Le sue palpebre erano abbassate e il tuo petto si alzava e abbassava ad un ritmo tranquillo, stava dormendo ancora. Il ragazzo sospirò sonoramente, lasciando andare la tensione. La vicenda di Idéin l'aveva colpito così tanto che gli pareva quasi fosse successa a lui, ma in fondo, era sempre stato facilmente attaccabile dalle emozioni. Prese la coperta di lana più spessa dal baule accanto al divanetto e la stese sulla ragazza con delicatezza. Stette ad osservarla, preso alla gola da una forte tristezza, compassione forse. Non doveva essere stato facile per lei, con quel suo difetto. Nascere con una simile sfortuna aveva deviato con arroganza il suo destino, spingendola a poche e sconvenienti scelte che l'avevano portata sino a lì. In un certo senso, non aveva avuto scelta.
Scosse la testa e si avviò verso la sua piccola camera. Mentre pregava in silenzio nel suo letto, decise che l'avrebbe aiutata, senza curarsi dei rischi e degli ostacoli che tal gesto avrebbe comportato. E se un domani Idéin avesse dato alla luce un'altra creatura come lei, lui l'avrebbe cresciuta e accudita con onore. Le avrebbe insegnato ad apprezzarsi per la sua diversità e ad esserne fiera. L'altra Idéin avrebbe amato il prossimo e si sarebbe fatta volere bene, avrebbe avuto scelte e seconde opportunità che chiunque dovrebbe avere il diritto di avere, avrebbe trovato la sua strada senza che la sua storia fosse stata scritta in anticipo da persone che la temevano e disprezzavano. L'altra Idéin sarebbe nata diversa, ma nessuno le avrebbe imposto di essere sana, nessuno l'avrebbe isolata o cacciata. Sarebbe nata libera da ogni persona superstiziosa col dito puntato, da ogni pregiudizio, da ogni condanna.
Pensava a questo, Gabar, quando chiuse gli occhi scivolando in un sonno appena irrequieto. Non conoscere il futuro della fragile creatura che sarebbe nata una manciata di mesi dopo salvò per il momento il suo cuore dallo spezzarsi.


Ho colto l'occasione di questo contest per presentare uno stralcio del background del mio pg. Mi è servito più che altro per riprendere la mia attività sul forum dopo qualche mese di assenza.
 
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