Renaud
Basiledra.
"Finalmente."
Il giovane Renaud si esibì in un sorriso a trentadue denti mentre varcava per la prima volta nella vita i cancelli della capitale. Da quando aveva abbandonato la sua fattoria erano trascorse quasi due settimane nel corso delle quali il giovane aveva camminato incessantemente verso ovest, per ricominciare una nuova vita all'ombra dei palazzi della capitale.
L'emozione gli strinse lo stomaco in una specie di tenaglia invisibile, tanto che il giovane fu costretto a darsi un pizzicotto sul braccio sinistro, per sincerarsi della realtà della situazione.
I suoi occhi cominciarono a vagare fulminei dovunque potessero e la sua mente si sforzò di registrare al meglio tutto quello che vedeva.
Ciò che lo colpì più di ogni altra cosa, fu la moltitudine di persone che calcavano le strade piastrellate della città. A Joylan, il villaggio dal quale proveniva, vivevano qualcosa come trenta persone e lui, dall'alto dei suoi ventidue anni, aveva avuto modo di conoscerli tutti.
"E invece adesso sei da solo, senza conoscere nessuno."
Il pensiero non lo spaventava neanche un po'.
Al contrario, l'idea che ognuna di quelle persone avesse una vita propria, degli affari privati, degli affetti e che vivesse a modo suo delle avventure personali lo eccitava.
Quell'emozione gli riportò alla mente la serata in cui, dopo l'incontro con il bardo, aveva deciso di abbandonare la sua fattoria e di mettersi in viaggio.
Quella serata, Renaud era diventato il Viandante senza meta, colui che viaggia soprattutto per il piacere del viaggio, piuttosto che per l'attrazione che prova verso la sua meta.
Improvvisamente, il ramingo si sentì stanchissimo.
Tutta la fatica del suo viaggio, compresa quella del duello con i due banditi, gli si riversò addosso come l'acqua che sgorga da una fonte.
La ferita al petto, infertagli dalla spada di uno dei suoi avversari ricominciò a pulsare, e il lampo giallo del dolore passò davanti agli occhi di Sin.
"Bravo coglione, così impari a volerti medicare da solo.Il Viandante sbuffò mentre si guardava intorno, alla ricerca di una locanda in cui rifocillarsi.
Qualche giorno prima, dopo aver aiutato l'anziano signore e sua figlia contro i briganti che li avevano assaliti, la giovane si era offerta di medicare la sua ferita, che si era rivelata essere non molto estesa ma abbastanza profonda da arrecargli un discreto fastidio.
"Una persona normale avrebbe accettato senza pensarci... Era pure una bella ragazza!
Ma tu no, tu avevi fretta di raggiungere la città. Bravo coglione me lo sono già detto?"In realtà, c'era un motivo più nobile che lo aveva indotto a rifiutare le amorevoli cure della donzella.
Renaud non lo avrebbe mai ammesso a se stesso, ma era stato tutto dettato dalla sua superbia e dal suo orgoglio. Poiché pensava di essere in grado di sopravvivere da solo in ogni occasione, accettare un aiuto esterno avrebbe denudato la sua debolezza e la sua incapacità di badare a sé. Quindi signorina, mi dia ago e filo, arrivederci e grazie.
Rattoppato com'era, Sin si trascinò fino alla locanda più vicina, una bettola non molto differente da quelle dei villaggi intorno al suo insediamento in cui trascorreva le serate invernali, ed entrò spingendo la porta.
La taverna lo accolse con lo stesso caloroso benvenuto che si era augurato di ricevere.
"Oh no, non un altro accattone."Trattenendo a stento le risate, il giovane alzò la mano sinistra in segno di resa e rispose:
"Non sarò l'uomo più ricco di Dortan, ma posso permettermi di pagare la consumazione, glielo assicuro."Renaud non ascoltò mentre l'oste, un corpulento uomo sulla quarantina, si scusava con lui e gli spiegava della difficoltà di tenere lontani vagabondi e poveracci, ma accese nuovamente il cervello solamente quando l'uomo gli chiese cosa volesse ordinare.
"Mi porti una zuppa di patate e un po' d'acqua, gentilmente."Avrebbe voluto gustarsi un massiccio arrosto di cervo con un po' di vino rosso, ma dovette accontentarsi di poco. Non navigava certo nell'oro, da quando era divenuto un Ramingo.
Dopo essersi seduto al tavolo in fondo, Renaud si prese la testa fra le mani e attese, ascoltando i rumori del suo stomaco.
All'interno dell'osteria, oltre a lui e all'oste obeso, c'era soltanto una coppia di giovani amanti che si scambiavano baci ed effusioni con ostentato compiacimento.
Improvvisamente, la ragazza smise di baciare il giovinetto e si mise a guardare oltre una delle finestre, come imbambolata.
"Amos, quello lì non è il pazzo che poco fa correva sui tetti?"Sin avrebbe volentieri smesso di ascoltare, ma la domanda della giovane lo fece sobbalzare.
A Basiledra la gente correva sui tetti?