Adrenalina. Calore. Sudore. I vampiri avanzavano per la cittadina compatti alla ricerca di un indizio che li guidasse, un odore familiare, uno sputo di traccia. La notte copriva i loro movimenti silenziosi e i predatori se ne beavano accogliendola e sfruttandola a loro vantaggio. Gli abitanti non dovevano sapere delle cacce che saltuariamente avvenivano fuori dalle loro case, mentre loro riposavano stretti nelle loro coperte speranzosi di non essere presi dalla piaga almeno per un'altra notte. Gabriel si muoveva per secondo, seguendo uno dei suoi compagni incaricato di individuare la preda. Dentro di lui l'agitazione si faceva spazio crescendo ad ogni minuto passato nell'incertezza. L'avrebbero trovata? L'avrebbero uccisa? Avrebbero fallito? Il conte chiuse la mente a quelle domande che avrebbero trovato risposta a breve e si concentrò sui suoi sensi. Il freddo di quella notte gli penetrava nelle ossa nonostante non fosse realmente così intenso.
« Avanti trovala! »
Il vampiro ignorò il comando e continuò ad annusare l'aria passo dopo passo. La tensione presente vibrava nell'aria come note stonate, la pressione e l'incertezza inibiva in parte il cacciatore in testa al gruppo. La via continuava ma loro si infilarono in un vicolo laterale, lontani dal rischio di essere visti. Le finestre e le porte sbarrate si susseguivano una dopo l'altra, i muri rovinati correvano paralleli stringendo i fianchi del gruppo.
« Dannazione trovala! »
L'ansia del vampiro cresceva, come la sensazione di essere nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. La luna si liberò delle nuvole che la coprivano e cominciò a sbirciare tra le vie della città, illuminando dove poteva l'avanzare dei cacciatori. I corpi si muovevano morbidi e tesi allo stesso istante. Una scarica improvvisa attraversò il corpo del conte, un brivido tanto forte quanto chiaro nel suo significato. La presenza della contessa era di nuovo nell'aria, ma non dove lui sperava di sentirla. Una fitta di paura afferrò lo stomaco di Gabriel mentre realizzava ciò che fino a quel momento era stata solo una sensazione. La mano si strinse forte nella spalla del vampiro in testa al gruppo facendolo piegare da un lato per l'inaspettata sofferenza.
« Il castello... Ainwen... torniamo indietro! ORA! »
Il gruppo si mosse all'unisono aumentando il passo e portandolo quasi ad una corsa sfrenata in direzione del castello dove era risuonata la presenza della contessa. Il cuore di Gabriel batteva a ritmi raramente sfiorati, il tempo scorreva più lento rendendo quella corsa dolorosamente infinita. Il cancello si aprì di fronte a loro e i vampiri si divisero alla ricerca della donna che fino a quel momento era rimasta nascosta ai loro sensi. Era vibrata per un solo singolo istante, un giro di luce di un faro, quanto bastava per allertare tutti e riempirli di paura. Il conte irruppe nel castello aprendo le porte quasi a spallate, fece gli scalini a due a due e si fiondò nella stanza in cui aveva lasciato l'oracolo. Quel che vide lo gelò all'istante. La finestra aperta faceva entrare il freddo che fino a poco prima l'aveva attanagliato per le strade. A terra, scomposta in una posizione disarticolata, giaceva la donna-bambola che l'oracolo usava per vedere. Poco più in là, il mantello rosso riposava ai piedi della poltrona che fino ad un'ora prima aveva accolto il corpo della ragazza ma che ora aveva lasciato andare. Di Ainwen nessuna traccia. Un odore vagamente familiare giunse alle narici del conte, un odore che lasciava pochi dubbi: il profumo della contessa. Gabriel afferrò il mantello e lo sollevò da terra. Lo sguardo gli cadde su dei graffi impressi sulla superficie rossa della stoffa causandogli un nuovo brivido di paura. D'istinto corse alla finestra speranzoso di vederla andar via, di sapere di essere ancora in tempo per raggiungerla, ma niente. Il giardino era vuoto, se non per il vecchio vampiro che controllava i dintorni della struttura. Una sensazione di sconforto gli si mosse dentro ma lui la scacciò cercando di ragionare sul da farsi. Poco dopo uscì di corsa dalla stanza e si diresse verso l'unico posto conosciuto collegabile alla contessa. La locanda aprì le sue porte al passo del vampiro e l'ostessa l'accolse emozionata riconoscendo il volto del suo conte. L'espressione gli cambiò non appena gli arrivò contro la valanga di domande a cui tentò di rispondere come poteva. La contessa aveva lasciato Ardeal in carrozza la sera prima insieme ai servi. Stronzata. Pista sbagliata. Gabriel tornò di volata al castello per poi uscire di nuovo a caccia con il vampiro che prima dirigeva il gruppo. Questa volta non si sarebbero fermati, questa volta avrebbero cacciato fino ad assaggiare il dolce sapore metallico del sangue.
« Conte Gabriel Voltura. Credevo amasse passare la notte con l'Oracolo e non a caccia come un animale. »
Quella voce gli penetrò nella schiena prendendolo di sorpresa. I due vampiri si voltarono all'istante verso l'uomo che aveva attirato la loro attenzione. Erano a caccia già da un po' quando furono fermati dal tizio appoggiato al muro di una casa e avvolto in un mantello che doveva essere verde smeraldo. Il conte sospirò rabbioso e si lanciò in avanti perdendo la pazienza. La mano si strinse con forza intorno al collo dello straniero mentre la voce uscì bassa e roca.
« Chi diavolo sei. »
Non era una domanda, era un'affermazione. Non ammetteva non risposte, esigeva la verità. L'altro non oppose resistenza e per di più sorrise sinceramente. La sua mano si poggiò delicatamente sulla spalla del conte.
« Il mio nome è Ho Igoo. Ma Ainwen mi chiamava la spia. Cosa agita i tuoi sonni, conte? Fai meglio a dirmelo prima che lo scopra da solo. »
Quella risposta spiazzò completamente Gabriel. Si era aspettato un servo della contessa pronto a ricattarlo in qualche modo, un lacchè maledetto da sgozzare dopo avergli estorto la posizione della donna.
« Ainwen... in che modo sei legato a lei? »
Il sorriso dell'uomo si allargò ancor di più mentre la confusione del conte aumentava. Chi si trovava davanti? Poteva fidarsi?
« Noi eravamo i suoi servi, Gabriel. I suoi guardiani, i suoi mercenari, i suoi occhi e le sue mani. Lo eravamo, prima che tu ce la portassi via. E lo siamo ancora, in attesa che lei ti sfugga e torni da noi »
La sfrontatezza con cui quelle parole vennero pronunciate sbatté contro l'impazienza di Gabriel. Non aveva tempo per prendersela per qualche stupida frecciatina, aveva urgenze più importanti a cui dover far capo.
« Oh. Ma forse questo è stato indelicato da parte mia. Quindi te lo chiederò chiaramente. Dov'è? »
Successe qualcosa di inaspettato. Lo straniero si contorse improvvisamente in un'acrobazia elaborata e cercò di saltare in braccio al conte. Gabriel lasciò la presa al collo dell'uomo assecondando i suoi movimenti e attese. Il corpo della spia passò in mezzo al suo incontrando solo fumo nero. Se quel contatto avesse potuto trasmettere anche le sensazioni Ho Igoo avrebbe percepito il fastidio intenso provato da Gabriel in quel momento. Il corpo del conte si ricompose subito dopo e lo straniero evitò di rovinare a terra ricorrendo ad un'altra complicata acrobazia. Dopo un secondo di silenzio il vampiro si voltò a fissare l'uomo.
« Non ho tempo per giocare. Ainwen è stata rapita. »
Era vero, in un qualsiasi altro momento quell'uomo sarebbe stato massacrato sul posto, ma non aveva tempo né energie da sprecare per punire quell'insolenza.
Inoltre vista la difficoltà del momento ogni aiuto era ben accetto.
« Ti aiuteremo a trovarla. Torna al tuo palazzo, arriveremo lì. »
Non passò che un'ora dall'incontro con la spia prima che quattro uomini si presentassero al cospetto del conte. Gabriel li accolse in uno dei tanti saloni del castello. Un unico tavolo al centro riempiva lo spazio, dietro il quale sedeva il vampiro. Gabriel cercava di mantenere un atteggiamento sicuro, ma la verità era che la sua tensione arrivava alle stelle. I quattro sfilarono davanti ai suoi occhi posizionandosi al bordo opposto del tavolo. Il primo di tutti era la spia, Ho Igoo. La sua pelle olivastra e gli occhi dorati gli concedevano una particolarità fuori dagli schemi, caratteristiche difficili da gestire per una spia che voleva passare inosservata. Il suo atteggiamento era delicato e non sembrava particolarmente preoccupato della situazione, cosa che infastidì non poco il conte. Dietro di lui avanzava il gigante rosso, Akela. L'aveva già incontrato tra le tombe del suo cimitero qualche tempo prima, il giorno in cui gli aveva sottratto Ainwen. Non doveva essergli andata giù la questione perché l'atteggiamento era estremamente chiaro: scontroso e incazzato. Affianco all'omone si muoveva una donna vestita con un abito non proprio elegante ma comunque di nobile foggia. Un abito che sarebbe andato più che bene negli ambienti della sua corte. La particolarità che gli risaltò all'attenzione fu però un'altra. Gli occhi della ragazza erano di un viola acceso, caratteristica assai rara, soprattutto in una donna. Accanto a lei un uomo del tutto insignificante a differenza degli altri. Sarebbe risultato un uomo normalissimo in un altro contesto, ma vista la situazione destò l'interesse del conte proprio per quell'anonimato stridente con le altre tre personalità. Il disagio che provava però era ben evidente e questo incuriosì ancora di più il vampiro.
« La ringrazio di averci ricevuti, Conte. Come ben sa siamo qui per ritrovare la nostra signora, che pare essere...scomparsa. »
« Che pare ti abbiano rapito sotto il naso, stronzo. »
Gabriel spostò di scatto lo sguardo sul gigante che lo aveva appena insultato e un fastidio interno prese a sbattergli contro gli organi. La reazione però non ci fu. Non era il momento. Ma quando sarebbe arrivato quell'uomo l'avrebbe pagata cara.
« Come lei, siamo molto interessati al che venga ritrovata. Quindi ci consideri a sua disposizione, per quanto è in nostro potere. »
Akela borbottò qualcos'altro che stavolta non raggiunse le orecchie del conte.
« E' evidente che tra noi vi siano dei dissapori. Ma li metteremo da parte fino a quando Lady Ainwen non sarà tornata. Poi spetterà a lei decidere chi meglio possa proteggerla. »
Gabriel attese qualche istante in silenzio considerando quanto gli era stato detto e cercando di non farsi influenzare dal fastidio provocatogli dal gigante. La contessa conosceva lui e i suoi vampiri, ne poteva percepire la presenza. Loro invece avrebbero potuto agire ai suoi ordini nell'anonimato più assoluto. Sfruttando questo vantaggio forse avrebbe potuto farcela. Il suo sguardo passò in rassegna tutti e quattro i presenti prima di parlare.
« Il potere di chi l'ha rapita va molto oltre i vostri semplici muscoli... »
Lo sguardo gli cadde su Akela nel pronunciare quelle parole volute.
« Se è stata strappata a me potete star certi che si tratta di una situazione grave. Proprio per questo accetto il vostro aiuto. »
L'incontro proseguì ancora per una mezzoretta prima che tutti si avviassero a svolgere i loro compiti assegnati, tutti tranne l'uomo insignificante che il conte tenne lì qualche istante in più. Nella solitudine della stanza vuota, Gabriel cercò di capire qualcosa di più su quell'uomo e sui suoi compagni. Kaa, quello era il suo nome, si rivelò una bocca sciolta e le informazioni arrivarono. Parlò delle sue capacità di cercatore di tracce, delle caratteristiche mutaforma della ragazza, del ruolo di spia di Ho Igoo e dell'attitudine al comando di Akela. Il vampiro ascoltò con attenzione e dopo aver assimilato quelle informazioni lo congedò lasciandolo al suo compito. Da quel momento la partita iniziava e il conte cominciava a calare le sue carte. Sperò vivamente di avere una mano più forte della contessa.
Gabriel si lasciò cadere sulla poltrona abbandonandosi al tepore consolatorio del fuoco da poco acceso. Le sue ricerche per le stanze del castello non avevano portato a nulla se non all'esclusione della presenza della contessa intorno a lui. La prima stanza che aveva controllato era proprio quella di Ainwen e vi aveva trascorso qualche minuto in più del dovuto ad osservare la finestra su cui aveva letto il messaggio della contessa. Per la prima volta dopo circa duecento anni si ritrovava a provare dei veri sentimenti per qualcuno. Poteva mentire a sé stesso quanto voleva, ma non sarebbe riuscito a negare il suo interesse sentimentale verso la ragazza. Ainwen. Il ruolo dell'oracolo era la motivazione con cui la teneva lì, ma il piacere della sua presenza era la vera ragione. Forse era per quello che ancora non le aveva chiesto nulla sul suo futuro. Non voleva realmente sapere, non fino in fondo. Quello che non sapeva era cosa pensasse lei di lui. Era sicuro che se avesse voluto avrebbe potuto fuggire in qualche modo ma lei ancora non l'aveva fatto. Al contrario sembrava trarre un minimo di piacere nelle conversazioni con lui. Cominciava a fidarsi, a capire che non le sarebbe stato fatto alcun male, almeno prima che si presentasse la contessa. La mente del conte si perse nell'immaginare tutte le crudeltà di cui sarebbe stata capace quella maledetta, quanto potesse far soffrire Ainwen gratuitamente per il solo scopo di giocare con lui, di impartirgli una stupida lezione che non avrebbe attecchito, non più. L'alba era ormai vicina e a breve sarebbero tornati i suoi uomini con i risultati delle ricerche. Una parte di sé sperava vivamente di poter esultare del ritrovamento avvenuto, un'altra ben sapeva che non sarebbe stato così facile. Si sdraiò ancora di più sulla poltrona cercando di godere di quel poco di calore proveniente dal caminetto. Si coprì con la coperta rossa che qualche ora prima ricopriva il corpo di Ainwen. Il suo sguardo si fermò sui graffi rimasti sulla stoffa. Nella sua testa risuonarono le parole di Kaa. Ainwen era stata portata via nel sonno o comunque senza che opponesse resistenza. In quel momento il buio la circondava, priva della sua bambola non avrebbe potuto vedere. Non era ferita, non c'erano tracce di sangue, per il momento.
La porta si aprì e Jakala fece qualche passo all'interno della stanza. Gabriel voltò il suo sguardo verso di lei notando che il suo viso era rilassato esattamente come l'aveva visto ad inizio della notte, non sembrava affatto stanca. La ragazza fece rapporto riferendo di non aver trovato nulla se non un aumento delle fosse scavate. Non c'era da stupirsene, i servi della contessa si procuravano il cibo esattamente come lui e i suoi familiari. Jakala riferì inoltre dell'inutilità di Akela in un compito del genere, vista la sua difficoltà a vedere al buio. Gabriel sbuffò e tornò a fissare il fuoco senza rispondere. La discussione era finita. La ragazza attese qualche istante poi lasciò la stanza e il conte alla solitudine.
La porta si aprì nuovamente, questa volta entrò nella stanza il vecchio vampiro, con in braccio un cadavere che appoggiò delicatamente sul pavimento al centro della stanza. Gabriel si alzò di scatto lasciando la coperta sulla poltrona e si avvicinò al corpo.
« E questo cos'è? »
Il corpo era completamente devastato. Ricoperto ovunque di tagli e morsi. Il viso in parte sfigurato, i vestiti completamente rovinati. Il vecchio abbassò lo sguardo evitando il contatto con gli occhi del conte e parlò a voce bassa.
« E' uno dei servi della contessa. L'abbiamo trovato che cercava di nutrirsi e... beh l'abbiamo fermato. »
Il silenzio calò nella stanza mentre Gabriel osservava il vecchio cercando di capire cosa fosse successo. Lo sguardo tornò sul cadavere e sulle ferite.
« L'avete fermato? Che cazzo vuol dire l'avete fermato? L'avete torturato per farvi dare delle informazioni, non è così? Ora sapete dove si trova la contessa, Vero? »
Il vecchio spalancò gli occhi al sentire quel linguaggio inusuale per il conte e si strinse ancora di più nelle spalle.
« No non abbiamo fatto in tempo a chiedergli nulla, è morto troppo in fretta! Io ho cercato di fermarli, io ho tentato! Ma erano affamati e non mi hanno voluto dare ascolto... »
Il messaggero malcapitato ebbe l'impressione che la stanza si oscurasse e che il fuoco del camino si affievolisse perdendo tutta la sua brillantezza. Raramente aveva visto il conte veramente arrabbiato come quella volta.
« Erano... affamati? Lascia qui il cadavere e vattene prima che mi venga voglia di ricordarmi che sapore ha il tuo sangue. »
Il vecchio non se lo fece ripetere due volte e lasciò la stanza con un inchino frettoloso e scoordinato. Gabriel rimase di nuovo solo in compagnia dello scoppiettio del fuoco. Tirò un calcio sul costato del cadavere prima di risedersi sulla poltrona con lo sguardo rivolto verso le fiamme. Così lo trovò Ho Igoo quando entrò nella stanza per riferire quel che aveva saputo. Parlò ad una statua immobile per tutto il tempo. Parlò dei movimenti della contessa alla locanda prima del rapimento, parlò della carrozza abbandonata e della possibile presenza di altri vampiri al suo servizio oltre ai due che portava con sé. Rivelò di aver assistito allo scempio dei suoi vampiri compiuto sulla preda catturata e lo avverti del probabile aumento di attenzione da parte dei restanti servi della contessa. Lasciò la stanza dopo aver guardato per un'ultima volta il cadavere al centro della stanza. Gabriel tornò a muoversi solamente quando fu di nuovo solo. Dalla finestra entravano le prime luci dell'alba e il paesaggio tornava a vivere dei suoi colori. Lo sguardo del conte si perse tra le montagne, gli occhi leggermente lucidi e un'espressione decisa sul viso.