Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Riprendersi ciò che si è perso!, Contest Mensile - Gennaio - Conquista

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view post Posted on 8/1/2015, 14:09

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Riprendersi ciò che si è perso!




Re Erein passeggiava nelle serre di palazzo soffermandosi di continuo ad osservare alcune delle mostruosità li presenti. C'erano fiori larghi e carnosi, dal colore rosso così vivido da sembrare sangue appena versato. Emanavano un odore pungente e sgradevole come d'immondizia lasciata marcire al sole. Dalle foglie verde acido colava una linfa densa e nerarastra che il sovrano raccolse su una lama di puro acciaio. Un attimo dopo, l'inflessibile metallo parve ribollire per poi coprirsi di una ruggine insolita e ingorda che lo divorò lasciando intatta solo l'impugnatura.
«Rovina della Forgia» - sussurrò mentre gli occhi gli brillavano di quella fierezza che tutti i padroni di fantasmagorici giardini possiedono. Passò avanti ed osservò un ciuffo di sottili e deliziosi steli eterei che pulsavano di una luce fatua e bellissima. Sparsi come piccoli gioielli, fiorellini argentei profumatissimi e delicati. Lo stregone badò bene a non sfiorare quelle piante così innocenti all'apparenza nemmeno con la mano guantata. Sapeva che quell'arbusto stillava uno dei più infidi e potenti tossici esistenti in natura tanto da meritarsi il nomignolo di "Ammazza Dame", perchè molte erano state le Lady imprudenti che avevano afferrato quella pianticella sofisticata e bellissima per poi morirne. Quella era una pianta prodigiosa e rara per davvero. Ogni parte poteva costituire la fortuna o la disgrazia di qualcuno. I fiori e le bacche, opportunamente trattati, producevano una droga in grado di anestetizzare con poche gocce un cavallo; una goccia mescolata a miele grezzo, valeriana, camomilla e succo della radice di liquirizia dava vita ad una pozione in grado di indurre un sogno dolce e rigenerante. Ma era sufficiente eccedere di poco perhè quel calore soporifero si mutasse in gelo perenne: ogni muscolo, organo o apparato smettevano di funzionare donando una morte rapida, dolce ma inevitabile. Non esisteva antidoto. Lo stelo della pianta era la parte peggiore: velenoso al semplice tocco, non c'era modo di sfuggire alla morsa bruciante della sottile rugiada che continuamente lo bagnava.
L'alto sacerdote e monarca della perduta Deyrnas udì lo scalpicio familiare di Gregory Northwood, Sceriffo del Regno e sua guardia personale nonchè una delle poche persone di cui si fidasse davvero. Aveva udito la campana suonare per la sesta volta e già sapeva quali tristi nuove il suo fido servitore era giunto a portare.
Lo fermò dal pronunciare la funerea notizia alzando la mano. «Non è necessario, non sono diventato sordo Gregory. So perfettamente cos'è successo e ricordarmelo non migliorerà di certo il mio bruciore di stomaco.» detto questo si chinò verso un altro arbusto. L'aspetto era davvero tremendo: un groviglio di rovi grassi e con spine lunghe quanto una daga traboccante di bacche rossastre e deformi. Erein ne raccolse una e iniziò a masticarla stocendo la bocca al sapore amaro.
«Questa invece lo farà. .. Il volgo la chiama Prugna del Cerusico. Combatte molti disturbi dai più comuni dolori di capo ai reumatismi, dalle infide artriti agli stomaci scombussolati. E' preziosa, resistente, praticamente si coltiva da se ma è estremamente aggressiva nei confronti delle altre piante, ragion per cui qualche idiota ha iniziato a muovergli guerra facendola scomparire quasi del tutto da Teras.»
Lo Sceriffo osservò sbalordito il suo padrone in quella veste così bucolica. Ci provò, ci mise tutto se stesso per non domandarglielo ma alla fine le parole gli uscirono di bocca con buona pace dell'etichetta.
«C'è troppa puzza persino per voi Altezza, deve avervi ubriacato il cervello! Fuori di qui la gente muore e voi pensate a fare cosa? »
Erein scoppiò in una risata grassa che lo costrinse a piegarsi sulle ginocchia. Probabilmente non avrebbe dovuto ridere, non era opportuno data la natura del messaggio che il suo attendente gli aveva appena comunicato ma l'aria li dentro era satura di così tanti effluvi ottundenti da inibire qualsivoglia capacità di autocontrollo.
«Cosa faccio? Conto i quattrini che ricaveremo vendendo questi piccoli tesori una volta fuori di qui razza di testone! Come credi che manderemo avanti il Regno giunti su Theras? Vendendo il tuo bel faccino alle grasse dame di Basiledra perchè lo torturino con pizzicotti unti e baci bavosi? Oppure potremmo metterci tutti in fila e lasciare che...»
No, quello non era decismante un esempio che andava bene per la bocca di un sovrano regnante ... e nemmeno per quella di uno scaricatore di porto. Gregory era esterrefatto. Non l'aveva mai sentito parlare a quella maniera, ma del resto non aveva mai nemmeno visto un uomo sorbire tutti quei vapori intossicanti e rimanere in piedi. A lui già girava la testa ed era lì da poco meno di una manciata di minuti. Si guardò intorno e vide una brocca piena di pura e scintillante acqua cristallina, senza pensarci due secondi la versò sulla testa di argento fuso del suo signore sperando che rinvenisse un po'.
Erein rimase letteralmente ghiacciato da quell'estemporanea doccia fredda. Guardò per un attimo allibito il suo servitore e poi esplose in un'altra frastortante risata.
«Usciamo di qui, in fretta o dovrai trascinarmi. E' un luogo malsano, dannatamente malsano. Ma quando mai una miniera d'oro è stata salutare?»
Era la prima cosa sensata che Gregory aveva sentito pronunciare in tutta la giornata.
Fuori dalla serra Erein Dewin sembrò riacquistare un po' di lucidità così lo Sceriffo di riazzardò a riproporre la domanda di poco prima, domanda a cui venne controbbattuta la medesima risposta anche se formulata in termini assai più decorosi.
«Non scherzavo, certo il linguaggio non era proprio quello dell'etichetta ma il senso era quello. » - confermò il re - «Deyrnas è in rovina, niente di più che un desco per fantasmi e ombre piene di rancore e follia. Non è abitabile e non lo sarà mai più. L'Isola apparirà poco più avanti al centro del lago. Inutile dire che i campi cirostanti non produranno che erbacce e pietre per lustri, anni se tutto va bene. Non abbiamo miniere, non abbiamo denaro, abbiamo solo legname, pietra e pesce. Robaccia, insomma. La mia piccola serra è piena di tesori, venduti al giusto offerente potrebbero fruttarci molto denaro e ne abbiamo un disperato bisogno. »
Lo Sceriffo ascoltò trasecolato quel cinico e freddo calcolo del suo signore. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo, all'epoca in cui complottare contro Loghan il Traditore era l'unica occupazione di entrambi. In quel periodo la differenza tra Erein il Re e Erein il Tiranno era sottile, così sottile che persino lui faticava a trovarla. Dopo l'Esilio il suo amico e re era cambiato. Era diventato riflessivo, placido, attento e scrupoloso. L'Isola nutriva le pance dei cittadini, placava gli spiriti bollenti e ribelli e rendeva superflua qualunque scelta che fosse crudele o anche solo vagamente latrice di turbamenti. Era un mondo ovattato, quello in cui vivevano, un mondo che era riuscito ad addomesticare persino lo spirito ardente del suo sire. Ma all'alba della fine di quella prigionia lo spettro del Re Stregone tornava ad aleggiare sul Erein e la cosa spaventò non poco persino lui.
«E' questo che siamo diventati? Mercanti di veleni?»
Chiese infine con tono caustico. L'ochiata tiepida che lo stregone gli rivolse fu assai più eloquente di molte parole.
«Vendere spade sembrerebbe meno immorale? I semplici del mio giardino possono curare un uomo quanto ucciderlo. L'uso che ne fa chi l'acquista è un peso che sopporterà la sua coscienza non la mia.»
Il discorso era chiuso. Punto. Non c'era altro da aggiungere in merito. Mentre la camminata proseguiva la campana suonò ancora. Allora qualcosa si ruppe in Erein, lasciando trasparire di nuovo il lato umano a cui Gregory era devoto.
«Avvelenerei tutta Theras pur di farla smettere!!!»
L'aveva detto con rabbia, con una sorta di collera che bruciava solo all'interno feroce, impietosa, senza mai trasparire. Gregory sapeva dare un nome a quella tempesta di lava e veleno che imperversava nell'animo del suo signore: rimorso. Si dava la colpa per quello che accadave alla sua gente, si malediceva per ciò a cui li aveva condotti, si sentiva le mani imbrattare di sangue per ogni singola vita che il Sortilegio estingueva e non sapeva darsi pace. Ricordò il terrore della prima campana, quando Erein non sapeva chi fosse il macapitato. Si commosse al pensiero di quando il Re confessò di temere per i pochi amici rimasti, di non riuscire a tollerare l'idea che il successivo suono gli portasse via lui o qualcuno dei volti familiari della corte. In fondo, molto in fondo, abbastanza in fondo da essere nascosto a molti ma non a tutti Erein era ancora il ragazzo crudelmente costretto dalla vita a scegliere: sopraffare o essere soprafatto.
«Non pensare che io abbia dimenticato. Non credere che io cancelli dalla memoria il prezzo che i Quattro Regni e il suo Re mi hanno imposto per sopravvivere. Credi che sia solo quella maledetta campana a spingermi a voler uscire di qui così in fretta?»
Quelle parole turbarono Gregory ancora di più, ancor più profondamente. Il Re intercettò lo sguardo dell'amico e sospirando spiegò.
«Non biasimarmi, io voglio che i miei sudditi vivano ma non mi illudo che una volta giunti fuori di qui la loro vita sarà migliore anzi... Dovranno combattere per sopravvivere. Ogni singolo giorno.» - scandì - «Tanti di loro moriranno. Non potrò proteggerli.» - sospirò scuotendo la testa con una tale disperazione che Gregory non potè reprimere l'istinto di afferrargli una spalla. Stava per rassicurarlo, per dirgli che tutto sarebbe andato bene, che era un buon sovrano per il suo popolo quando il tono di voce del Re mutò pelle. Divenne quasi un sussurro roco e sibilante, simile al trillare inquietante della coda di un serpente a sonagli «Ecco perchè devo prepararmi, manipolare, complottare ...»
Ser Gregory aveva ormai peso il filo del discorso, tutte quelle parole sembravano follia, pazzia indotta dall'aver inspirato troppo a lungo i miasmi stramaledetti di quelle ancor più stramaledette erbacce.
«P-preparsi? Prepararsi a cosa?»
Negli occhi del Re Stregone balenò una luce. Gregory tremò quando la riconobbe, l'aveva vista molte volte e mai le cose erano andate a finire bene.
«Non è ovvio? Alla conquista! Sono andato via come un mendicante, di notte, di nascosto, umiliato. Mi riprenderò ciò che è mio, ciò che mi è stato tolto. Non importa se dovrò leccare i piedi di qualche Lord o Lady, non mi interessa se dovrò inchinarmi al Re fino a spezzarmi la schiena. Riconquisterò ciò che è mio. Per mia madre, per mio padre, per i mie antenati. Per il mio popolo.»
Gregory sentì il cuore del suo sovrano battere all'impazzata e non seppe quale dei molti fusi in uno solo stesse parlando ora ... Quello di Mornie la Strega? Di Gwalch Glas Mago e Re decaduto? O quello di Erein? Quello che Gregory sapeva con certezza era che ormai il tempo delle blandizie e delle graziose giornate a fingersi cavalieri dei tempi che furono erano ormai distanti. Avrebbe fatto meglio a lucidare le sue lame, ad affilarle per bene.
Ne avrebbe avuto bisogno.



 
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